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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 325

Brano: [...]segno generale (su Venezia e oltre Venezia) non venne colto.

Quanto meno, si può dire che le ambizioni del grande capitale vennero confuse con le generiche e patetiche aspirazioni al « dominio commerciale e strategico del l’Adriatico », di cui c’è traccia nel numero 11 (1914) della Voce della Patria, un giornale tra l’irredentista e il nazionalista pubblicato proprio a Venezia tra 1913 e 1915.

Dopoguerra e fascismo

Il movimento fascista veneziano fu uno tra i primi in Italia. Esso fu infatti costituito il 27.3.1919 nella sede del Gazzettino (giornale di ispirazione democratica) e le origini del movimento vanno ricercate localmente nell’ambito di quel fascismo “urbano” che fu una delle componenti del complesso fenomeno. Il fascismo veneziano nacque infatti da gruppi di ex combattenti vicini alle posizioni dell’interventismo democratico (v. Interventisti), che puntavano a rivalutare la vittoria nel contesto di un partito di massa, al quale i reduci avrebbero dovuto fornire nerbo e sostanza. All'origine del fascio veneziano si trovavano uomini come Guido Bergamo (v.) e Mario Baseggio, di provenienza repubblicana, che non potevano non puntare a collocare il nuovo movimento in quell’area della sinistra democratica nella quale, a Venezia, spiccava il gruppo della Democrazia sociale. La prima riunione si tenne nei locali del “Gazzettino” che, nella recente esperienza della guerra, era stato su posizioni coerenti con l’originario spirito democratico del fondatore e proprietario Giampietro Talamini. La Democrazia sociale fu il polo, intorno al quale fu tentata l'operazione di trasformazione della carica politica innov[...]

[...]i tenne nei locali del “Gazzettino” che, nella recente esperienza della guerra, era stato su posizioni coerenti con l’originario spirito democratico del fondatore e proprietario Giampietro Talamini. La Democrazia sociale fu il polo, intorno al quale fu tentata l'operazione di trasformazione della carica politica innovativa dell’interventismo democratico e cercata la congiunzione con il movimento fascista. In sostanza, per tutto il 1919 il fascio veneziano si presentò come un’appendice secondaria dell’area interventista egemonizzata dalla Democrazia sociale.

Alle elezioni del novembre 1919, candidato di quest'area fu Silvio Trentin (v.), che fu eletto deputato e al quale propriamente si doveva l’idea di un nuovo partito di massa avente come nerbo gli ex combattenti e capace di agire in funzione di un radicale rinnovamento della vita politica del paese.

Che nei primi mesi il fascio veneziano non avesse fisionomia propria e fosse subalterno alla Democrazia sociale, è tra l’altro provato da una lettera che nel l’apri le 1919 Trentin scrisse a Benito Mussolini, allora sem

plice direttore del Popolo d’Italia (v.) : in essa, colui che sarebbe stato uno dei più fieri oppositori del fascismo scriveva al futuro dittatore come « nell’attuale strazio senza requie» guardasse a lui «come l’artefice sicuro della rinascita ».

Nessuna “illusione ottica”, in un uomo come Trentin. L’esperienza del fascismo urbano a Venezia era infatti del tutto simile ad altre esperienze di fascismo urbano [...]

[...]essuna “illusione ottica”, in un uomo come Trentin. L’esperienza del fascismo urbano a Venezia era infatti del tutto simile ad altre esperienze di fascismo urbano che andavano maturando nelle città dell’Italia settentrionale. Per chi aveva guardato al nuovo movimento con speranze analoghe a quelle di uomini di sicura fede democratica come i Baseggio, i Bergamo e i Trentin, le delusioni non tardarono del resto a venire.

Di specifico, il fascio veneziano ebbe però qualcosa d’altro che va messo in adeguato rilievo. Tra i suoi aderenti furono anche uomini di provenienza radicale, come Piero Marsich e Giovanni Giuriati, Ferruccio Florioli della Lena e Raffaello Levi.

Soprattutto Piero Marsich va ricordato, perché del fascismo veneziano fu l’ideologo e trascinatore per così dire “eretico”. Dannunziano, egli non accettava le mete e i postulati mussoliniani, ma quelli, in quel momento diversi, di Gabriele D'Annunzio (v.).

Tuttavia, in breve volger di tempo, l’esperimento del fascismo urbano fallì, qui come nel resto d'Italia, fino al punto che il fascismo di matrice agraria, ivi compreso quello della provincia di Venezia, “circondò” il fascio urbano e gli fece perdere i connotati iniziali per assimilarlo, sia pure a prezzo di squilibri, lacerazioni e scissioni, alla realtà del fascismo agrario e alla sua concezione della lo[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 330

Brano: [...]glie valore al fatto che le forze politiche organizzate si dimostrarono punto fermo ormai nell’avvio di quella lotta armata contro l’invasore, che le autorità ufficiali non vollero fosse opera comune di eserciti e popoli.

Fallito il tentativo del “Comitato antifascista”, fu facile ai tedeschi occupare il 12 settembre Venezia senza colpo ferire e, al loro seguito, riapparvero i fascisti che si erano vanificati dopo il 25 luglio.

Il fascismo veneziano rinacque, com’era da attendersi, riallacciandosi a un mitico “diciannovismo”, in posizione di rottura con i Volpi e i Cini (non a caso inclusi nell’elenco dei “traditori” del 25 luglio, poi perseguiti e arrestati, ma più tardi sottrattisi alla vendetta con la fuga e l’espatrio). La costituzione del nuovo fascio repubblicano fu opera del federale Eugenio Montesi (arrestato nei 45 giorni di Badoglio), con velleità conciliatrici nell’intento di collocare Venezia in una specie di piano “limbale”, separato dalla realtà della guerra civile, in una pace barattata dalle autorità fasciste con la prome[...]

[...] civile, in una pace barattata dalle autorità fasciste con la promessa, da parte degli antifascisti, di non ribellarsi. Di ciò e di come preservare Venezia dagli orrori della guerra civile, si discusse il 29 settembre durante una riunione in Municipio, alla quale parteciparono fascisti e nonfascisti, ma alla presenza anche di qualche uomo di spicco deH’antifascismo: in quell’occasione si potè verificare lo stato di isolamento del rinato fascismo veneziano, abbandonato dal grande capitale e dalla Chiesa, e destinato a rendersi tragicamente incredibile anche agli occhi delle mas* se con i suoi proclami “socializzatori”.

Neppure a Venezia, “città di governo” della Repubblica Sociale Italiana (v.), con gli uffici del Ministero dei Lavori pubblici e di parte di quello della Cultura Popolare, con l’istituto LUCE e le produzioni cinematografiche, con tutto il loro seguito professionale e mondano, poteva esserci altro che la lotta, inevitabilmente armata, tra fascisti e tedeschi da un lato, e antifascisti dall’altro. Quindi Venezia fu “città della [...]

[...] con gli uffici del Ministero dei Lavori pubblici e di parte di quello della Cultura Popolare, con l’istituto LUCE e le produzioni cinematografiche, con tutto il loro seguito professionale e mondano, poteva esserci altro che la lotta, inevitabilmente armata, tra fascisti e tedeschi da un lato, e antifascisti dall’altro. Quindi Venezia fu “città della Resistenza”, anche se le organizzazioni antifasciste tennero

conto delle peculiarità del caso veneziano, introducendo tra i loro obiettivi dichiarati la salvaguardia non solo della città e delle attrezzature industriali, ma anche dei numerosi e importanti enti pubblici con i loro archivi.

Peculiarità della Resistenza veneziana

A parte gli aspetti di cui si è detto, la Resistenza armata a Venezia e nel suo territorio nacque con difficoltà, crebbe lentamente e non fu fenomeno immediato né spontaneo, anche se si sviluppò nell’ambito di una generalizzata avversione al fascismo.

Per capire cosa sia stata la Resistenza veneziana, si devono tener presenti due fatti: da Un lato, che ; il 25 lu[...]

[...]enti due fatti: da Un lato, che ; il 25 luglio e I'8 settembre avevano posto sul futuro corso delle cose quella che sarà chiamata un’“ipoteca conservatrice”; dall’altro, che il filo unificante le diverse vicende resistenziali dipendeva dal rapporto dialettico tra spinte al rinnovamento e spinte alla continuità.

L’ipoteca conservatrice nasceva dalle vicende riguardanti Volpi e Cini, che dimostravano come la struttura di comando del capitalismo veneziano (e veneto) si fosse dissociata dal fascismo e, attraverso Mentasti, intrattenesse rapporti, destinati a intensificarsi e a ramificarsi, con il mondo cattolico. Come verrà ufficialmente riconosciuto dal C.L.N. regionale veneto all'indomani della Liberazione, il Cini aiutò finanziariamente la Resistenza con somme considerevoli, appoggiando in tal modo con sincerità di atteggiamento politico e volontà di partecipazione la lotta antifascista. Anche Volpi e Achille Gaggia si mossero in sintonia con Cini, il che rese la Resistenza veneziana più composita e problematica di quanto non sia apparso tal[...]

[...]tosto che estese a convergenze ideali e politiche. La Resistenza veneziana fu, come quella veneta, un fatto di popolo, non di una frazione o di una particolare organizzazione, e forse più che altrove fu quindi un fenomeno complesso nelle sue mete e nelle sue aspirazioni, diverse, mediabili ed effettivamente in gran parte mediate, ma non procedenti da un’unica volontà.

Inizio della guerra partigiana

Mentre alcuni esponenti dell’antifascismo veneziano (Arduino Cerutti, Renato Maestro, Renzo Sullam) passavano la linea del fronte per andare verso il Sud a impegnarsi nella ricostruzione del nuovo Stato democratico, il C.L.N. provinciale iniziò la propria attività tra molte difficoltà, alcune proprie a ogni partito, altre relative all’unione di essi. Il P.C.I. a Venezia poteva godere dei frutti non troppo remoti dell’azione di Girolamo Li Causi (v.), Borin e Longobardi, tuttavia aveva alle spalle una classe operaia priva di esperienze di lotta e organizzative che verranno acquisite per forza di cose e solo lentamente. Per qualche mese i comuni[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 326

Brano: Venezia

Lido, danneggiata dalle mancate spole dei vaporetti fra la città e il centro balneare veneziano. In quell’episodio emerse un primo sintomo di avvicinamento tra fascio veneziano e borghesia finanziaria locale, avvicinamento che nella mobilitazione fascista a favore di Fiume (v.) acquisterà contorni ancor più precisi e consistenti.

Assai numerosi furono gli scontri dei fascisti con gli avversari politici nel 1920, e basti ricordarne uno: quello del 22 luglio, quando a un corteo socialista venne impedito con bombe a mano di raggiungere piazza S. Marco che, da allora, fu praticamente proibita agli antifascisti. A questi rimasero in città, per così dire, le due roccheforti di via Garibaldi (a un centinaio di metri dall’Arsenale) e campo Santa Margherita.

Le elezion[...]

[...]useppe Volpi aveva, e si

trovò a praticare, per ciò che riguardava lo sviluppo dell’antica Serenissima.

Volpi, che con l’avvento del fascismo e la sua trasformazione in regime esercitò la propria leadership su di esso, in un rapporto talvolta contraddittorio con Giovanni Giuriati (basti pensare alla lunga lotta per la conquista della proprietà del “Gazzettino”), portò una visione unilaterale, ma non spregevole dello sviluppo del territorio veneziano, cui del resto si era dedicato fin dall età giolittiana.

Alle soglie della Seconda guerra mondiale, si potrà dire che tutto ciò che era a Venezia apparteneva a Volpi di diritto, e che nulla poteva accadere a Venezia senza che egli ne fosse iniziatore, testimone, notaio: Volpi come “doge”, insomma. Ma ii processo attraversò tutti gli anni Venti e Trenta e non potrà dirsi concluso neppure con la fine del regime fascista.

Per Volpi, Venezia doveva essere contemporaneamente polo di sviluppo deH'industria pesante, in contrasto non insanabile con il modello di sviluppo diffuso che nella regio[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 332

Brano: [...]di crisi, peraltro non del tutto negativamente, perché ebbe modo di meditare sull’accaduto e di elaborare nuove forme di lotta. Si comprese che non erano più sufficienti le azioni militari e che occorreva piuttosto rafforzare la consapevolezza politica del movimento. Di qui l'accrescimento delle funzioni di comando dei C.L.N. (regionale e provinciale, ancora insieme a Venezia), lo stendersi della rete degli Esecutivi militari provinciali (quello veneziano era composto da Bastianetto, Guido Calò del P.C.I., Emilio Scarpa e Fermo Solari (v.) del P. d'A., che svolgeva anche funzioni regionali), il rafforzarsi delle formazioni con caratteristiche territoriali e la nascita di gruppi di sabotatori.

Un “salto di qualità” fu rappresentato dagli scioperi del marzo 1944. Preceduti da una lunga e metodica preparazione, essi ebbero un valore ben al di là delle motivazioni economiche e sociali poste alla loro base. Dal dicembre 1943 al febbraio

1944 non erano mancate a Marghera e alla Giudecca, a Favaro, a Mira e a Martellago agitazioni spontanee, ri[...]

[...]le organizzazioni territoriali che andavano costituendosi nel territorio della provincia.

Guerriglia e rappresaglie

Nella primavera del 1944 si pose per la Resistenza veneziana anche il problema dei rapporti con il mondo rurale, questione ineludibile data l’impostazione che si era dovuto conferire alla lotta. Ma anche a causa dell'estrazione cittadina dei suoi quadri e dell'ipoteca conservatrice subita dalla scelta unitaria, l’antifascismo veneziano non seppe parlare ai contadini in modo persuasivo. Scarsi furono perciò i legami reali (cioè consapevoli e qualificanti sul piano politico) instaurati tra la Resistenza veneziana e il mondo rurale. Furono scarsi e difficili, ma non del tutto inesistenti, come ad esempio nel Portogruarese: ma, anche qui come altrove, non sempre la Guerra di liberazione venne pienamente compresa. Numerosi furono gli episodi di deterioramento di rapporti tra partigiani e contadini, benché l’alleanza fosse saldata attraverso le parole d'ordine del boicottaggio degli ammassi e del rifiuto delle leve della R.S.I.. [...]

[...]inazioni di spie e attività di sfiancamento del nemico a Venezia.

Fu appunto da queste azioni che trasse pretesto il nemico, vistosi ormai alle corde, per compiere le feroci rappresaglie dell’estate. Queste ebbero l’effetto di anticipare a Venezia la crisi che si abbatterà in autunno sulla Resistenza veneta. Ma i fatti dell’estate non sarebbero del tutto comprensibili senza far mente ai mutamenti nel frattempo avvenuti aH’interno del fascismo veneziano: la destituzione del federale Montesi, “reo” di aver polemizzato pubblicamente e su posizioni moderate contro l’oltranzista Roberto Farinacci (v.) proprio sul tema dell'atteggiamento da tenere con gli antifascisti e la popolazione, e l'allontanamento del peraltro equivoco prefetto Celso Luciano. L'allontanamento di questi personaggi diede mano libera ai fascisti più facinorosi e l'arrivo a Venezia (come nuovo prefetto) di un tristo figuro come Piero Cosmin, che già aveva fatto la sua parte all’epoca della resa dei conti nel processo di Verona del gennaio, fecero scoccare l'ora della lotta sen[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 334

Brano: [...] Piave si muoveva la Brigata “Piave” che, erede dei gruppi originariamente organizzati da Attilio Rizzo negli ultimi mesi del 1943, dopo una serie di travagli e di trasformazioni aveva infine trovato, nel gennaio 1945, sotto il comando di Giovanni Finotto, la propria unità su posizioni autonome rispetto ai partiti, benché fosse avvertibile un suo più marcato rapporto con la Democrazia cristiana. Infine, aH'estremo nord del territorio provinciale veneziano, in stretto collegamento con le formazioni del Sandonatese operavano le Brigate “Pellegrini”, “Ruspo” e “Iberati”, di matrice garibaldina nella maggioranza dei loro componenti.

Tra il febbraio e il marzo 1945 quest’ordine di battaglia si andò definendo, nel rispetto delle direttive del Corpo volontari della libertà (v.). In forza di queste, gli Esecutivi regionali e provinciali furono trasformati in Comandi regionali e provinciali; furono create le Zone, con la tendenza a farle coincidere con le unità operative; e, con l’istituzione dei Comandi Piazza, si distinse la realtà delle città da [...]

[...]ò dalle azioni di sabotaggio ai colpi propagandistici, destinati a incidere a livello psicologico, per mettere in luce agli occhi della popolazione la capacità del movimento armato di agire nonostante l’occhiuta vigilanza nemica.

La beffa del Teatro Goldoni Tra gli episodi più significativi a questo livello di lotta va ricordata la cosiddetta “beffa del Teatro Goldoni”, la sera del 12.3. 1945. Da tempo si replicava nel massimo teatro di prosa veneziano la commedia Vestire gli ignudi di Luigi Pirandello, recitata dalla compagnia ZareschiCrisman. Quella sera assistevano allo spettacolo numerosi militari tedeschi e “repubblichini”. Nel pieno corso della recita improvvisamente apparvero sul palcoscenico tre uomini armati del Fronte della Gioventù, ai quali l’azione era stata affidata anche per ricordare Francesco Biancotto. Altri partigiani sorvegliavano le uscite del teatro e altri ancora erano in platea, mescolati fra gli spettatori. I tre giovani (Franco Arcai li, Ottone Padoan e Ivone Chi nel lo) avanzarono sul proscenio, da dove Chine!lo t[...]

[...]eamente in azione il 20 aprile, dieci giorni dopo l’inizio dell’offensiva alleata contro la Linea Gotica.

Alle formazioni partigiane si ponevano due diversi obiettivi tattici: le forze della provincia, non diversamente da quelle del resto della regione, dovevano disarticolare il dispositivo nemico per impedire ai tedeschi di attestarsi sulle linee trasversali di difesa che, in corrispondenza dei numerosi corsi d’acqua esistenti nel territorio veneziano, erano state predisposte al

lo scopo di ritardare l’avanzata degli Alleati e consentire alle principali unità la ritirata in Germania.

I partigiani della città dovevano invece agire in modo da preservare non solo un patrimonio storico e artistico senza pari, ma anche gli impianti industriali di Porto Marghera e il porto, che era stato minato dai tedeschi. Questo secondo obiettivo era sotto alcuni aspetti ancora più arduo del primo, non foss’altro perché i piani di mina erano stati segretamente predisposti dai tedeschi, quindi erano del tutto ignoti a chi doveva neutralizzare le cariche.[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 536

Brano: [...] aggiunti. Scomparvero nella deportazione il già ricordato dirigente dell'Interclub di Odessa Livio Amedei e l’anarchico Francesco Ghezzi (v.). Subirono la stessa sorte il tipografo Francesco Allegrezza di Ancona, l’operaio Ezio Biondini (alias Merini) di Udine, l’operaio Remo Bolognesi di Imola, Guido Bucciarei li di Modena, Gaetano Cavalli di Vicenza, Renzo Cavani di Modena, il torinese Emani Civalleri (v.), Aurelio Cogrossi di Alessandria, il veneziano Carlo Costa (v.), l’istriano Francesco Depangher, Attilio Donadio di Taranto, Goffredo Felice (alias Roffredo) di Alessandria, Ludovico Garaccioni, l’operaio Arduino Lazzaretti di Lastra a Signa, Domenico Lo Conte, Cesare Lombardi di Alessandria, il marittimo Mario Lo Russo di Bari, l’operaio Cafiero Lucchesi di Prato, il toscano Dino Maestrelli, l'operaio Angelo Maglio di Genova, il bibliotecario Riccardo Papa di Comerio (Varese), il torinese Francesco Prato lv.), il marittimo veneziano Angelo Rossi, il tipografo Giuseppe Venini di Sondrio.

Si tratta di un elenco puramente indicativo, anc[...]

[...]cesco Depangher, Attilio Donadio di Taranto, Goffredo Felice (alias Roffredo) di Alessandria, Ludovico Garaccioni, l’operaio Arduino Lazzaretti di Lastra a Signa, Domenico Lo Conte, Cesare Lombardi di Alessandria, il marittimo Mario Lo Russo di Bari, l’operaio Cafiero Lucchesi di Prato, il toscano Dino Maestrelli, l'operaio Angelo Maglio di Genova, il bibliotecario Riccardo Papa di Comerio (Varese), il torinese Francesco Prato lv.), il marittimo veneziano Angelo Rossi, il tipografo Giuseppe Venini di Sondrio.

Si tratta di un elenco puramente indicativo, ancora molto incompleto, intatti esiste un elenco di 125 deceduti lasciato da Paolo Robotti e tuttora gelosamente custodito negli archivi del P.C.I.. Circa 200 sarebbero invece le vittime secondo una ricerca condotta da Guelfo Zaccaria (G.Z., 200 comunisti tra le vittime dello stalinismo, ed. Azione Comune, Milano, 1964). Dante Cornei i, nel suo appassionato lavoro di indagine, fa ascendere a 226 gli italiani « morti di freddo, di fame e di stenti » nei lager staliniani. Una più accurata e r[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 331

Brano: [...]ora fatto parte Egidio Meneghetti (v.) e Silvio Trentin (tornato dalla Francia ai primi del mese) per il

P. d’A.f Concetto Marchesi (v.) per il P.C.I., Mario Saggin per la D.C. e Alessandro Candido per il P.S.I.. Per il periodo in cui operò a Venezia, ne fecero parte veneziani quali l’azionista Attilio Casi11i e il democristiano Giovanni Ponti, il che comportò anche momenti di confusione nelle competenze.

Al di fuori dell'orbita del C.L.N. veneziano si mossero, ad esempio, missioni militari giunte in città dal sud: fu il caso della Missione “Argo” di Giordano Bruno Rossoni, che operò in contatto con un gruppo di resistenti facente capo a Guido Dall'AgnoI e aveva un genere di logica di tipo militare, volutamente staccata dall’impostazione politica propria del C.L.N.. Anche le azioni di sabotaggio delle linee ferroviarie, che ebbero per protagonisti Bartolomeo Meloni e Lindoro Rizzi, più che alla struttura unitaria, fecero capo al Partito d’Azione.

Per rafforzare e rendere operante la struttura unitaria, si erano tenuti il 7.10.1943 un [...]

[...]sto l'intero movimento partigiano a quell’epoca.

Inoltre, essendo la provincia veneziana del tutto pianeggiante, il C.L.N. riteneva più opportuno avviare i militanti verso la montagna, più adatta a operazioni partigiane, per aggregarli alle formazioni mobili che là venivano costituendosi. Questa “emigrazione” ebbe come luoghi deputati le province di Belluno e di Treviso, tanto che l'avvio della lotta partigiana in Cadore si deve in pratica al veneziano Alessandro Gallo (v.) ; tra i fondatori del primo distaccamento, dal quale soraerà la Divisione Garibaldi “Nannetti” (v.), furono i veneziani Cesare Lombroso e Giovanni Giavi che, come s'è detto, alla fine del 1943 avevano dato vita sulle pendici del Monte Grappa alla Brigata “Matteotti”.

Lo sciopero del marzo 1944

Allo svanire delia speranza di un rapido sopraggiungere degli Alleati e alla conseguente riassunzione delle redini del potere da parte dei nazifascisti, fecero seguito i primi colpi della repressione: si ebbero i

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da [L'estro armonico / Antonio Vivaldi], p. 2Copertina (Disco vinile

Brano: [...]di luglio del 1741, cosi povero e dimenticato che la sua scomparsa non provocò la minima eco. Solo nel 1938, a due secoli di distanza, un

ricercatore italiano riuscì a individuare il lugo e la data di questa miserevole fine.

La riscoperta della musica di Vivaldi, a lungo dimenticata, ha avuto inizio nel secolo scorso, quando, tornata alla luce l'opera di J. S. Bach, i concerti di Vivaldi da lui trascritti attirarono l'attezione sul maestro veneziano. Fino ad oggi, sono state inventariate circa 560

suoi lavori strumentali, oltre una quarantina di opere teatrali e quasi altrettanta musica sacra.

Nell'opera strumentale figurano più di 460 concerti, un centinaio dei quali furono pubblicati, quando Vivaldi era ancora in vita, nelle nove raccolte op. Ili, IV, VIXII e in parecchie raccolte collettive. La riedizione degli altri è attualmente in corso.

L'Estro Armonico op. Ili, costituisce il primo libro di concerti di Vivaldi. Le raccolte precedenti erano composte di sonate a tre (op. I; 1705) e di sonate par violino e basso

continuo[...]



da [Otello/Giuseppe Verdi], p. 2Copertina (Disco vinile

Brano: [...] Cipro cadde nelle mani dei Turchi.

ATTO PRIMO. SCENA 13

L’ostemo del castello. Una taverna con pergolato; nel fondo si vedono gli spalti e il mare. E* sera, infuria un uragano con lampi, tuoni, agitazione di flutti. La nave di Otello (tenore), nominato da poco governatore dell'isola. è in balia delle onde (“Una vela! Un vessillo!). Vicino agli spalti si affollano abitanti dell’isola e castellani, fra i quali: Roderigo (tenore). gentiluomo veneziano innamorato di Daadauona (soprano) a quindi geloso di Otello che l’ha appena sposata; Jago, alfiere (barìtono), anch’egli ostile al nuovo duce perché ha promosso Cassio (tenore) capo di squadra; quindi Montano (basso), predecessore di Otello nel governo dell'isola. Jago medita come rovinare al suo padrone la prima notte di nozze, anche se finge fedeltà e obbedienza leale ad Otello. Intanto la tempesta si quieta, quasi ascoltando la preghiera del popolo adunato (“Dio, fulgor della bufera!”). La nave di Otello accosta ed egli dalla scala della spiaggia sale sullo spalto seguito da marinai e sold[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 149

Brano: [...]ita, come il pittore Ciri Agostoni, morto a 22 anni mentre preparava un’azione partigiana nel

lo studio del pittore albanese Ibrahim Kodra; o come Bruno Becchi, caduto l’11.9.1944 nel corso di una azione partigiana. Oltre ai già citati Kodra, Sassu e Guttuso, parteciperanno attivamente alla Resistenza gli udinesi Afro Basaldella e Armando Pizzinato, i fiorentini Vinicio Berti e Renzo Grazzini, i milanesi Ennio Morlotti ed Ernesto Treccani, il veneziano Emilio Vedova; mentre Corrado Cagli, sorpreso a Parigi dallo scoppio della guerra e costretto ad emigrare negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni antisemitiche, prenderà parte alla Guerra di liberazione combattendo in Belgio ed in Germania, come artigliere nella

I Armata statunitense.

In questo periodo, oltre alle opere satiriche, tra cui vanno citati i disegni antitedeschi di Aldo Finzi e Franco Rognoni; oltre a quelle surrealistiche del già citato Orsatti e

Tono Zancanaro: Gibba Gaetana tale e quale. 1943

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successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine veneziano, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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