Brano: [...]glie valore al fatto che le forze politiche organizzate si dimostrarono punto fermo ormai nell’avvio di quella lotta armata contro l’invasore, che le autorità ufficiali non vollero fosse opera comune di eserciti e popoli.
Fallito il tentativo del “Comitato antifascista”, fu facile ai tedeschi occupare il 12 settembre Venezia senza colpo ferire e, al loro seguito, riapparvero i fascisti che si erano vanificati dopo il 25 luglio.
Il fascismo veneziano rinacque, com’era da attendersi, riallacciandosi a un mitico “diciannovismo”, in posizione di rottura con i Volpi e i Cini (non a caso inclusi nell’elenco dei “traditori” del 25 luglio, poi perseguiti e arrestati, ma più tardi sottrattisi alla vendetta con la fuga e l’espatrio). La costituzione del nuovo fascio repubblicano fu opera del federale Eugenio Montesi (arrestato nei 45 giorni di Badoglio), con velleità conciliatrici nell’intento di collocare Venezia in una specie di piano “limbale”, separato dalla realtà della guerra civile, in una pace barattata dalle autorità fasciste con la prome[...]
[...] civile, in una pace barattata dalle autorità fasciste con la promessa, da parte degli antifascisti, di non ribellarsi. Di ciò e di come preservare Venezia dagli orrori della guerra civile, si discusse il 29 settembre durante una riunione in Municipio, alla quale parteciparono fascisti e nonfascisti, ma alla presenza anche di qualche uomo di spicco deH’antifascismo: in quell’occasione si potè verificare lo stato di isolamento del rinato fascismo veneziano, abbandonato dal grande capitale e dalla Chiesa, e destinato a rendersi tragicamente incredibile anche agli occhi delle mas* se con i suoi proclami “socializzatori”.
Neppure a Venezia, “città di governo” della Repubblica Sociale Italiana (v.), con gli uffici del Ministero dei Lavori pubblici e di parte di quello della Cultura Popolare, con l’istituto LUCE e le produzioni cinematografiche, con tutto il loro seguito professionale e mondano, poteva esserci altro che la lotta, inevitabilmente armata, tra fascisti e tedeschi da un lato, e antifascisti dall’altro. Quindi Venezia fu “città della [...]
[...] con gli uffici del Ministero dei Lavori pubblici e di parte di quello della Cultura Popolare, con l’istituto LUCE e le produzioni cinematografiche, con tutto il loro seguito professionale e mondano, poteva esserci altro che la lotta, inevitabilmente armata, tra fascisti e tedeschi da un lato, e antifascisti dall’altro. Quindi Venezia fu “città della Resistenza”, anche se le organizzazioni antifasciste tennero
conto delle peculiarità del caso veneziano, introducendo tra i loro obiettivi dichiarati la salvaguardia non solo della città e delle attrezzature industriali, ma anche dei numerosi e importanti enti pubblici con i loro archivi.
Peculiarità della Resistenza veneziana
A parte gli aspetti di cui si è detto, la Resistenza armata a Venezia e nel suo territorio nacque con difficoltà, crebbe lentamente e non fu fenomeno immediato né spontaneo, anche se si sviluppò nell’ambito di una generalizzata avversione al fascismo.
Per capire cosa sia stata la Resistenza veneziana, si devono tener presenti due fatti: da Un lato, che ; il 25 lu[...]
[...]enti due fatti: da Un lato, che ; il 25 luglio e I'8 settembre avevano posto sul futuro corso delle cose quella che sarà chiamata un’“ipoteca conservatrice”; dall’altro, che il filo unificante le diverse vicende resistenziali dipendeva dal rapporto dialettico tra spinte al rinnovamento e spinte alla continuità.
L’ipoteca conservatrice nasceva dalle vicende riguardanti Volpi e Cini, che dimostravano come la struttura di comando del capitalismo veneziano (e veneto) si fosse dissociata dal fascismo e, attraverso Mentasti, intrattenesse rapporti, destinati a intensificarsi e a ramificarsi, con il mondo cattolico. Come verrà ufficialmente riconosciuto dal C.L.N. regionale veneto all'indomani della Liberazione, il Cini aiutò finanziariamente la Resistenza con somme considerevoli, appoggiando in tal modo con sincerità di atteggiamento politico e volontà di partecipazione la lotta antifascista. Anche Volpi e Achille Gaggia si mossero in sintonia con Cini, il che rese la Resistenza veneziana più composita e problematica di quanto non sia apparso tal[...]
[...]tosto che estese a convergenze ideali e politiche. La Resistenza veneziana fu, come quella veneta, un fatto di popolo, non di una frazione o di una particolare organizzazione, e forse più che altrove fu quindi un fenomeno complesso nelle sue mete e nelle sue aspirazioni, diverse, mediabili ed effettivamente in gran parte mediate, ma non procedenti da un’unica volontà.
Inizio della guerra partigiana
Mentre alcuni esponenti dell’antifascismo veneziano (Arduino Cerutti, Renato Maestro, Renzo Sullam) passavano la linea del fronte per andare verso il Sud a impegnarsi nella ricostruzione del nuovo Stato democratico, il C.L.N. provinciale iniziò la propria attività tra molte difficoltà, alcune proprie a ogni partito, altre relative all’unione di essi. Il P.C.I. a Venezia poteva godere dei frutti non troppo remoti dell’azione di Girolamo Li Causi (v.), Borin e Longobardi, tuttavia aveva alle spalle una classe operaia priva di esperienze di lotta e organizzative che verranno acquisite per forza di cose e solo lentamente. Per qualche mese i comuni[...]