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Il segmento testuale umanisti è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 207Analitici , di cui in selezione 6 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Giovanni Mari, Ritratti critici contemporanei. Louis Althusser in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: [...]e, la posizione di Althusser in questa fase, e piú in generale nella congiuntura, può essere compresa proprio a partire dal tipo di connessione che egli stabilisce tra il xx Congresso e lo sviluppo dell'interesse attorno agli scritti giovanili di Marx. La connessione è la seguente: la critica del « culto della personalità » e delle « violazioni della legalità socia
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lista » da un lato, e, dall'altro, le varie interpretazioni umanistiche del pensiero di Marx elaborate a partire dai suoi scritti giovanili, sono espressione di una medesima ideologia. Dell'« ideologia giuridica e filosofia borghese », la cui struttura è caratterizzata dall'« opposizione della Persona (Libertà = Volontà = Diritto) e della Cosa » (EA, p. 16). Il xx Congresso, in altre parole, avrebbe favorito, con le proprie « pseudospiegazioni » interamente sovrastrutturali della deviazione staliniana, la diffusione nel movimento operaio delle interpretazioni ideologiche e filosofiche umanistiche del marxismo (umanesimo marxista, filosofia marxista dell'uomo, [...]

[...]ono espressione di una medesima ideologia. Dell'« ideologia giuridica e filosofia borghese », la cui struttura è caratterizzata dall'« opposizione della Persona (Libertà = Volontà = Diritto) e della Cosa » (EA, p. 16). Il xx Congresso, in altre parole, avrebbe favorito, con le proprie « pseudospiegazioni » interamente sovrastrutturali della deviazione staliniana, la diffusione nel movimento operaio delle interpretazioni ideologiche e filosofiche umanistiche del marxismo (umanesimo marxista, filosofia marxista dell'uomo, umanesimo socialista, umanesimo reale, ecc.). « Dopo il xx Congresso, un'ondata apertamente di destra si diffuse... Si strappò nuovamente ai socialdemocratici e ai preti... lo sfruttamento delle opere giovanili di Marx, per ricavarne una ideologia dell'Uomo, della Libertà, dell'Alienazione, della Trascendenza, ecc.... L'ortodossia, come dice J. Lewis, ne fu quasi sommersa: non il `pensiero' di Stalin, che continuò, e continua da parecchio tempo, ad andare avanti indisturbato, nelle sue basi, nella sua `linea' e in alcune delle[...]

[...]ui non ci soffermeremo, riguarda il tipo di critica che Althusser compie dello stalinismo: perché se per un verso egli non esita a denunciare l'« ammorbante e implacabile sistema di governo e di pensiero » di Stalin, per l'altro non intende ridurre né Stalin né la III Internazionale alla « deviazione staliniana », ed ammette l'esistenza di « meriti » storici di Stalin. Una posizione, in altre parole, che non intende fare, come invece fanno certi umanisti marxisti, tabula rasa di una complessa esperienza del movimento operaio, e che per molti versi si può ricondurre a certe posizioni del Pcc. Quello teorico è rappresentato dalla tesi dell'« antiumanesimo teorico di Marx », del rifiuto, cioè, di Marx della « pretesa teorica » della concezione umanistica (radicata nella tradizione della « grande filosofia classica ») di spiegare la storia e la politica a partire da un'« Essenza dell'Uomo ». Marx non parte dall'uomo e dal Soggetto (soggetto razionale, economico, morale, giuridico e politico), bensí dal modo di produzione, dalle forze produttive, dai rapporti di produzione, dalla lotta di classe, dalla sovrastruttura, ecc. Per Althusser, comunque, il carattere antiumanista della teoria marxista non esclude affatto l'assunzione da parte del movimento operaio di una ideologia umanistica (e con altri caratteri): l'ideologia è un fenomeno permane[...]

[...] storia e la politica a partire da un'« Essenza dell'Uomo ». Marx non parte dall'uomo e dal Soggetto (soggetto razionale, economico, morale, giuridico e politico), bensí dal modo di produzione, dalle forze produttive, dai rapporti di produzione, dalla lotta di classe, dalla sovrastruttura, ecc. Per Althusser, comunque, il carattere antiumanista della teoria marxista non esclude affatto l'assunzione da parte del movimento operaio di una ideologia umanistica (e con altri caratteri): l'ideologia è un fenomeno permanente della società (anche di quella comunista) con precise funzioni pratiche e l'atteggiamento nei suoi
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confronti va stabilito volta per volta con criteri strettamente politici (si può fare « Una (eventuale) politica marxista dell'ideologia umanista », PM, p. 206). Ciò che lo studioso francese combatte è dunque soltanto la riduzione del marxismo ad una ideologia umanistica, sia perché il marxismo non è un'ideologia (è una filosofia e una scienza della storia), sia perché tale riduzione farebbe cadere il marxismo sotto l'influenza dell'ideologia dominante, essendo l'umanesimo una componente essenziale dell'offensiva ideologica della borghesia volta a mettere da parte la lotta di classe in nome dell'Uomo. Ebbene questo gruppo di tesi che qui abbiamo assai schematicamente ricordato, e che si presentano sostanzialmente identiche in tutta la prima fase della ricerca di Althusser, sono elaborate dal filosofo francese proprio a partire dai suoi interventi sul giovan[...]

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deviazione staliniana come economicismo coperto dall'umanismo è conquistata da Althusser solamente nel secondo periodo della propria ricerca, precisamente nel 1972 (Réponse à J. Lewis). Mi soffermerò soltanto sulla prima questione. Althusser mantiene ferme nei due periodi della propria ricerca, sia la periodizzazione dell'itinerario politico teorico del giovane Marx (momento liberale e razionalistico hegeliano fino al 1842; momento umanistico comunitario di stampo feuerbachiano fino al 1845; passaggio al comunismo ed al materialismo rivoluzionario a partire dal 1845). Sia il concetto di
« rottura epistemologica », per designare un fatto interno a tale itinerario (la discontinuità teorica tra la scienza marxista della storia e la sua preistoria hegeliana e, soprattutto, feuerbachiana) ed insieme per sottolineare tutta la « specificità » e « novità » della fondazione del materialismo storico (Marx apre il « continenteStoria », precedentemente occupato dalle ideologie e dalla filosofia della storia, alla scienza: un evento teorico[...]

[...]forme » del marxismo, quella teorica e quella ideologica, anche nel pensiero del filosofo non si toccano mai.
Ma vediamo, i principali risultati conseguiti da Althusser nella ricerca sull'ideologia. Accenno all'analisi dei caratteri dell'« ideologia dominante », dell'ideologia che serve all'egemonia borghese, individuata essenzialmente nell'umanismo teorico. Non si tratta, naturalmente, di misconoscere i meriti storici della « grande tradizione umanistica » che ha saputo affermare, al

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l'inizio dell'era moderna, un'idea laica e terrena della dignità e della libertà dell'uomo contro la Chiesa e le ideologie religiose. Ciò che ad Althusser preme rilevare è l'origine e la funzione di classe di tale umanesimo (storicamente non separabile dalla borghesia in ascesa) che trova le sue espressioni piú elaborate nella « filosofia classica » e nell'economia politica borghese. Entrambe volte alla ricerca di una spiegazione della storia e della società fondate teoricamente sull'idea di un « soggetto originario », su « un concetto[...]



da Sebastiano Timpanaro, Il Marchesi di Antonio La Penna in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...]ibile esteso (cfr. La Penna, p. 84 s.). In uno degli ultimi scritti dedicati a questo problema (ora in Umanesimo e comunismo, Roma, Editori Riuniti, 19742, p. 389) ribadiva: « Lingua morta, dunque, la lingua latina: ma in questa lingua parla al mondo una delle piú grandi letterature: e certamente la piú universale » 6.
6 Accanto all'argomento, piú tipicamente marchesiano, dell'« universalità », compare in questi scritti anche la tesi classicistaumanistica, secondo la quale l'arte classica è l'unica che può essere gustata solo nella lingua originale e non in traduzioni, laddove in Shakespeare o in Tolstoj « la grandiosità e la ricchezza della scena e l'immensa forza suggestiva della rivelazione umana s'impongono su ogni vizio di forma » (Umanesimo e comunismo, p. 397). Ma, a parte quell'accenno stranamente sprezzante a « ogni vizio di forma » in autori grandissimi, è facile obiettare che la maggiore o minore traducibilità delle opere artistiche si misura caso per caso, e anche a seconda del genere letterario, non già con una contrapposizione [...]

[...]erialisticamente ed evoluzionisticamente postulava il famoso « Inconoscibile » e non negava la religione, e che Emil Du BoysReymond, fautore di un meccanicismo addirittura laplaciano, riconosceva poi l'esistenza dei « sette enigmi del mondo », di fronte ai quali la scienza doveva dire non soltanto ignoramus, ma ignorabimus.
In un settore del tardo positivismo (un settore rappresentato, almeno in Italia, piú da letterati e studiosi di discipline umanistiche che da scien
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ziati della natura) questa concezione dualistica, che in quanto tale, come si è visto, compare già nel primo positivismo, assume una carica di « sgomento cosmico » e di ansia per il destino effimero dell'uomo. Due poeti e studiosi pur molto diversi l'uno dall'altro, Pascoli e Graf, esprimono spesso questo bisogno religioso all'interno di una cultura che è ancora nettamente positivistica; lo stesso si può dire di un autore a cui il Marchesi fu molto vicino nei suoi anni giovanili, Mario Rapisardi (cfr. La Penna, p. 7 s.; si pensi specialmente[...]

[...]Lucrezio (La Natura, Milano 1880, Torino 18822, questa seconda volta con una prefazione di Trezza, in cui si esalta Lucrezio piú come « lirico » che come espositore dell'epicureismo). La versione, malgrado qualche enfasi rapisardiana e qualche caduta stilistica, è tutt'altro che disprezzabile. In una curiosa epistola in versi A Lucrezio premessa alla traduzione (curiosa perché incomincia con un ragguaglio sulle edizioni critiche del poema, dagli umanisti fino al Lachmann, molto lodato dal Rapisardi in sonanti endecasillabi, e al Munro) il poeta latino è esaltato come distruttore della superstizione, precursore di Galileo e di Darwin; e del motivo dell'Antilucrèce non c'è traccia. Ma, nel Rapisardi, prometeismo antireligioso e aspirazioni religiose si alternarono sempre, e già pochi anni dopo, nella prefazione e nella chiusa del Giobbe e nelle Poesie religiose, risuonano accenti di quel lucrezismo tardoottocentesco.
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conferenza marchesiana su Lucrezio del 1950 e nel capitolo della Storia dedicato a Lucrezio q[...]

[...]logista come critico letterario. Il Graf è figura ancora poco studiata; quando uscirà il saggio a lui dedicato da Girolamo de Liguori (di cui ho potuto leggere una parte ancora inedita), anche certe caratteristiche e certe contraddizioni di Marchesi ne usciranno, penso, meglio chiarite. E per quel ché riguarda gli italianisti e i medievalisti di fine Ottocento, non si dimentichi che nella produzione giovanile di Marchesi la filologia medievale e umanistica prevalgono, come quantità e anche come valore, sulla filologia classica, seguendo l'esempio di Remigio Sabbadini, anche lui, malgrado le cure date al testo di Virgilio, migliore studioso dell'umanesimo che della letteratura latina antica. Di questa produzione giovanile di Marchesi tratta in modo eccellente il La Penna nel cap. ir del suo saggio, e io non ho nulla da aggiungere; qualcosa, piú oltre, dirò del Marchesi filologo classico.
Con ciò non intendo certo sostenere che Marchesi abbia trascorso la maggior parte della sua vita intellettuale chiuso dentro una corazza tardopositivistica, [...]

[...] aspirante tale, apprezzò anche, oltre che per le sue doti di affettuosa cordialità, Francesco Flora (cfr. Franceschini, op. cit., p. 51). Su un piano diverso si colloca la sua amicizia con Togliatti: sincera indubbiamente da parte di Marchesi, non altrettanto, credo (qui dissentirei da La Penna, p. 87), da parte di Togliatti. Difficilmente un marxistacrociano come Togliatti può avere scritto con sincerità che Marchesi fu « il piú profondo degli umanisti e il piú audace dei pensatori moderni » (cfr. La Penna, p. 103). Bisogna, credo, ripensare al grande bisogno di intellettuali di prestigio che il Pci ha avuto sempre, dal '45 ad oggi, data la sua linea politica « nazionale », onnicomprensiva, anticlassista. Se gli intellettuali di prestigio erano piú « umanisti » che marxisti, tanto di guadagnato: non c'era il rischio che entrassero in conflitto col partito esigendo quella coerenza ideologicopolitica che esso, in conformità alla sua linea, non doveva possedere; e contribuivano a gettare un ponte verso l'intelligencija borghese, a dimostrarle che, pur di non discutere le scelte politiche, si poteva appartenere al PCi o fiancheggiarlo rimanendo « borghesi ». Intellettuali di questo stampo oggi sono legione: si può dire che ormai l'unica vera difficoltà ad aderire al Pci, per un cittadino italiano, è di avere idee comuniste e di aspirare a metterle in [...]

[...]a sul terribile prezzo che ciò costerà: perdita dell'« amore », vuoto « al posto di Dio che irraggiava di beatitudine le anime delle sue creature e dell'imperadore che movea oste per la sua gente » (curioso, sul finire di questo articolo oraziano, questo rimpianto « medievale »). Che avremo al posto di tutto ciò? « I nuovi
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canti del lavoro? Oh forse, no. » L'unica speranza è che « noi » (noi intellettuali umanisti) riusciamo a far rivivere, « con i canti della Georgica immortale, il sorriso e lo scherno della sapienza oraziana » (p. 561). Si noti il dilemma: o una poesia populistica e retorica, o la reviviscenza della grande poesia antica. Una cultura, una poesia nuova che si innalzi un po' al di sopra dell'Inno dei lavoratori è esclusa a priori da Marchesi.
Il 1908 cade in un periodo in cui gran parte dell'intelligencija italiana, che si era accostata al socialismo durante la reazione di Crispi e di Pelloux e ancora nei primissimi anni del nostro secolo, ridiventa « borghese »: c'è chi si spinge al n[...]

[...]hiamo cosi i commenti scolastici muniti di piú o meno sporadici contributi criticotestuali: un genere ibrido, ma nel quale dettero alcune buone prove il Terzaghi, il Galante ed altri) dell'Orator di Cicerone, del Tieste di Seneca, del De magia di Apuleio, dell'Ars amatoria di Ovidio; .considera con maggiore benevolenza alcune ricerche su codici di autori antichi (molte di piú, e piú fruttuose, il Marchesi ne compi su codici di autori medievali e umanistici) e in particolare mette in risalto il valore degli studi sugli scolii a Persio (SM, II, pp. 907983); sottolinea che un progresso criticotestuale assai notevole fu compiuto dal Marchesi con l'edizione di Arnobio (Torino 1934, 19532). Tuttavia anche riguardo a quest'ultima il La Penna ammonisce che « va lodata con misura », e vi ravvisa il difetto di tutta la critica testuale marchesiana, l'indirizzo troppo conservativo, di cui fornisce (a p. 30 e in un'appendice a pp. 101103) parecchi esempi, discutendo intelligentemente vari passi e proponendo anche qualche suo contributo persuasivo.
Sia l[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] S. G. Graziano, Alcune considerazioni intorno all'umanesimo di Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]a, di economia si annodano in unità organica » '. « La filosofia della prassi è lo " storicismo " assoluto, la mondanizzazione e terrestrità assoluta del pensiero, un umanesimo assoluto della storia » 2.
Quale rapporto implica l'umanesimo totale di Gramsci con la componente naturalistica del marxismo? Non si tratterà tanto di rilevare, con una considerazione piú facilmente immediata, il rivolgersi preminente del pensiero di Gramsci aile scienze umanistiche e storiche — a quelle cioè che, come scrive Gramsci in una nota 3, « si riferiscono all'attività storica dell'uomo, al suo intervento attivo nel processo vitale dell'universo » — quanto di definire il significato che, in esso, queste assumono rispetto alle scienze naturali, o piú esattamente, quanto le prime si estendono dialetticamente nelle altre nella considerazione del rapporto uomonatura. Si tratterà di esaminare con quale nesso viene considerato quell'« intervento attivo » dell'uomo nel « processo vitale dell'universo », alla luce di uno storicismo integrale, e del significato che vi[...]

[...]amente, per chissà quale forza extraumana, nessun cambiamento avverrebbe mai. La storia invece è una continua lotta di individui e di gruppi per cambiare ciò che esiste in ogni momento dato, ma perché la lotta sia efficiente questi individui e gruppi dovranno sentirsi superiori all'esistente, educatori della società... » 5.
Il continuo richiamo critico di Gramsci contro le velleitarie astrattezze, con una coerenza nella sua vita che colpisce, è umanistica affermazione della ragione e dell'attività concreta. Ragione non come funzione astratta e volontà come negazione del velleitarismo. « Occorre... violentemente attirare l'attenzione nel presente cosí com'è, se si vuole trasformarlo. Pessimismo dell'intelligenza, ottimismo della volontà » 6. « L'ot
1 M. S., p. 127.
2 Mach., p. 86.
8 M. S., p. 98.
4 P., p. 203.
5 P., p. 203.
6 P., p. 6.
158 1 documenti del convegno
timismo non è altro, molto spesso, che un modo di difendere la propria pigrizia, le proprie irresponsabilità, la volontà di non far nulla. È anche una forma di fatalismo e d[...]

[...]mento rinnovatore sorto nell'XI sec. e in quello della funzione politicosociale degli intellettuali in Italia, è valutato come espressione di « uno strato di intellettuali che sente e rivive l'antichità e che si allontana sempre piú dalla vita popolare », astraendosi dal vivere i'l presente e con
Salvatore Giacomo Graziano 161
tribuendo cosí al progressivo decadimento della nuova classe borghese 3. I:n questo senso di « casta cosmopolita » gli umanisti, staccati dal popolonazione, non superarono le concezioni universalistiche romana e medioevale in modo particolare. « Classe intellettuale di portata europea » , non caratterizzandosi come forza nazionale, gli umanisti in Italia esercitarono una funzione cosmopolita reazionaria. La funzione progressiva fu dall'Umanesimo esercitata all'estero dove partecipò alla formazione de
Stati moderni 2. il movimento progressivo che inizia dopo il Mille — scrive Gramsci — « proprio in Italia è decaduto e proprio coll'Umanesimo e il Rinascimento che in Italia sono stati regressivi mentre nel resto d'Europa il movimento generale culminò negli Stati nazionali... » 3. E cosí in un'altra nota: « Il contenuto ideologico del Rinascimento si svolse fuori d'Italia, in Germania e in Francia, in forme politiche e filosofiche: ma [...]



da [Gli interventi] Gilbert Moget in Studi gramsciani

Brano: [...]oncezione della cultura, benché sia quella di un umanesimo tradizionale aperto quanto è possibile, non ha abbandonato il miraggio di quell’uomo da ritrovare, di quella permanenza di una natura umana o dell’uomo, già tipica della concezione rinascimentale. L’ambiguità che c’era nel Rinascimento, paganesimocristianesimo, è scomparsa, ma la concezione della cultura, in un radicale come Alain, è praticamente rimasta la stessa.

A questa concezione umanistica tradizionale, Gramsci oppone la concezione della cultura quale può impostarla, appunto, la filosofia della prassi. È una concezione totale, universale, la quale non può essere scissa dalla stessa filosofia della prassi, quindi dalla storia, dalla pratica. La concezione di Gramsci mi pare tipica di una sua volontà di cogliere la realtà nel suo complesso, dando alla filosofia della prassi un nuovo sviluppo, e il carattere particolare di una ricerca che opera sul terreno nazionale. La concezione di Gramsci apre prospettive nuove, pur rimanendo sempre legata a una concezione del mondo e dell’uo[...]

[...]ilosofie. Ma la filosofia della prassi che è necessariamente immersa nell’ambiente culturale nazionale può, come forza egemonica, sicura dei suoi criteri, assimilare nel corso della lotta gli elementi positivi delle correnti avverse e, superandoli, dar loro un nuovo significato.

Ce anche un punto importante della cultura, come la concepisce Gramsci, a cui vorrei fare un accenno: è l’aspetto morale. E ritroviamo qui ciò che abbiamo detto degli umanisti moderni, scegliendo Alain come esempio tipico.

Si è già insistito sull’alta moralità di Gramsci; diremo solo che in lui la morale viene considerata proprio in funzione di una concezione assoluta dell’umanesimo, di una concezione universale della cultura: seGilbert Moget

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l’uomo è il processo dei suoi atti, se l’uomo è responsabile, tale concezione progressiva dell’uomo, che non dipende da una « natura umana », ma che pone l’uomo signore del proprio destino, non può non legare alla cultura una norma di vita. Anzi la filosofia della prassi è l’unica concezione che possa sistemare q[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] G. Petronio, Gramsci e la critica letteraria in Studi gramsciani

Brano: [...]i, l'unità tra intellettuali e popolo. Si tratta perciò di riandare la storia passata italiana a cogliere le vicende
e le ragioni del distacco tradizionale tra gli uni e gli altri, per scoprire in esse le cause di certi malanni, che furono si storici o storicocivili (dominazioni straniere, mancata unità nazionale, arretratezza economica,
e via dicendo), ma furono anche, per la stessa ragione, nello stesso momento, culturali: cultura falsamente umanistica, accademismo letterario, Arcadia, brescianesimo, e cosí via dicendo.
In questo modo le classi subalterne, escluse fino allora dalla storia letteraria, vi entrano di pieno diritto, e la storia della letteratura diventa una storia nazionalepopolare. Le aveva escluse la storiografia romantica, compreso il De Sanctis, senza forse una precisa coscienza; le aveva escluse coscientemente il neoidealismo italiano, che aveva affermato con orgoglio i diritti della propria classe, sola protagonista di storia. Ora invece queste classi subalterne invadono se non il proscenio lo sfondo; non parlano qualc[...]

[...]i della classe vinta, che non aveva saputo uscire dai limiti corporativi e crearsi tutte le superstrutture di una società integrale. Solo che questa elaborazione fu " campata in aria ", rimase patrimonio di una casta intellettuale, non ebbe contatto col popolonazione. E, quando in Italia il movimento reazionario, di cui l'Umanesimo era stato una premessa necessaria, si sviluppò nella Controriforma, la nuova ideologia fu soffocata anch'essa e gli umanisti (salvo poche eccezioni) dinanzi ai roghi abiurarono » 1: dove le intuizioni della storiografia romantica e desanctisiana sul carattere formale della letteratura rinascimentale trovano una conferma e una spiegazione, e mille fatti rimasti « mitici » diventano « storici », si fanno chiari nel loro significato storicoculturale: valga per tutti il casoMachiavelli, di cui Gramsci riesce a fissare, forse per primo, il profondo rapporto con la situazione storica italiana ed europea 2.
Lo stesso sguardo educato alla comprensione dialettica della storia ed alla considerazione della parte che in essa [...]



da Bruno Bongiovanni, Ritratti critici contemporanei. Maximilien Rubel in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]oscritti marxiani, i quali sono stati pubblicati quando ormai ii sistema « marxista » era già costruito. Lo sforzo dei commentatori, quindi, mano a mano che si pubblicavano nuovi elementi, nuove tessere del grandioso mosaico incompiuto, era rivolto ad inserire a forza questi stessi elementi nel sistema ormai esistente: i nuovi segmenti venivano adoperati come pezze d'appoggio per le diatribe interne tra « deterministi » e « volontaristi », tra « umanisti soggettivisti » e « materialisti oggettivisti », tra « idealisti » e « positivisti », per usare le etichetteingiurie filosofiche che le diverse scuole « marxiste » si sono scagliate l'un l'altra appoggiandosi ai Manoscritti o all'Ideologia tedesca, ai Grundrisse o al Capitolo VI inedito. La pubblicazione degli inediti non favoriva un ritorno a Marx, ma un'integrazione degli inediti stessi nel « marxismo ». Si può dire, invece, che i due volumi delle Oeuvres di Marx dedicati all'Economia costituiscono un vero ritorno a Marx, con tutti i limiti riconducibili allo stato delle fonti, limiti che R[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine umanisti, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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