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Il segmento testuale tiano è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 45Analitici , di cui in selezione 2 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Norberto Bobbio, Umberto Calosso e Piero Gobetti in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]amore » che « trattata a mo' di idillio diventa goffo come un'Arcadia plebea »6.
A chi sfogli l'annata del giornale il contrasto fra l'ilare e scanzonato Calosso
3 Nel centenario dei Promessi Sposi, in « Il Baretti », iv, 1927, n. 4, p. 19.
4 Sarmati era il nome di famiglia della madre. Sapegno ricorda che Calosso lo aveva adottato anche perché la Sarmazia richiamava la Russia patria della rivoluzione.
5 Ed ora si può leggere nel volume gobettiano degli Scritti di critica teatrale, curato da G. Guazzotti, Torino, Einaudi, 1974, pp. 429430.
6 Scritti di critica teatrale, cit., pp. 428430. Sul teatro di Niccodemi Gobetti tornò altre volte e ne trasse un saggio che comparve nell'Opera critica, Torino, edizioni del Baretti, 1927, parte II, pp. 92105, ora anche in Scritti di critica teatrale, cit., pp. 601605.
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e il serioso Gobetti che si alternano nelle cronache teatrali appare evidentissimo. I giudizi di Calosso sono generalmente benevoli anche per le commedie che si capisce benissimo egli considera delle sciocch[...]

[...]ultura promossa dalla nostra rivista La rivoluzione liberale ed effettuare il nostro proposito di severo e preciso lavoro per la formazione di una rinnovata coscienza politica ». Nel primo elenco di conferenzieri compaiono Salvemini con una conferenza sul partito popolare, Burzio su Giolitti, e Mario Sarmati, appunto Calosso, su « comunismo e intelligenza ». Da quel che si può capire il tema proposto da Calosso era una risposta al tentativo gobettiano di far rivivere attraverso la nuova rivista il partito degl'intellettuali salveminiano. Ma se è pericoloso far congetture sul suo contenuto, tanto piú che la conferenza non dovette essere mai tenuta, si può dare per certo che Gobetti non solo non era stato punto dalla paternale di « l'Ordine Nuovo », ma riteneva utile, anche dopo la non benevola accoglienza del suo programma, valersi dell'appoggio che alla nuova rivista poteva venire da parte degli amici comunisti.
L'idea che solo il contatto diretto col movimento operaio avrebbe trasformato il dottrinario astratto in un combattente per la b[...]

[...] stato punto dalla paternale di « l'Ordine Nuovo », ma riteneva utile, anche dopo la non benevola accoglienza del suo programma, valersi dell'appoggio che alla nuova rivista poteva venire da parte degli amici comunisti.
L'idea che solo il contatto diretto col movimento operaio avrebbe trasformato il dottrinario astratto in un combattente per la buona causa è un tema costante della polemica comunistica nei riguardi dell'attivismo ideologico gobettiano, ed è ormai diventato un luogo comune che la maturazione politica dell'adolescente fondatore di « Energie nove » sia avvenuta attraverso la collaborazione al giornale comunista. Del resto egli stesso riconobbe lealmente quanto dovesse alla sua amicizia con Gramsci e alla conoscenza diretta delle lotte operaie torinesi. A distanza di piú di vent'anni lo stesso Calosso riprende il tema nella prefazione del 1945, anzi ne fa il nucleo centrale della sua rievocazione. Prima del contatto con la classe operaia la cultura di Gobetti era prezzoliniana, gentiliana, missiroliana (« Prezzolini, Gentile, [...]

[...]invano. (Poco prima lo aveva definito « religioso laico » 9.)
Questo ritratto può sembrare oggi un po' di maniera dopoché sul pensiero di Gobetti e sulle sue fonti sono state scritte centinaia di pagine. Ma può sembrare di maniera proprio perché è stato ripetuto da allora infinite volte, e non si può dire che gli studi successivi l'abbiano cambiato tanto da renderlo irriconoscibile. Personalmente credo che il nucleo resistente del pensiero gobettiano sia salveminiano ed einaudiano, ed alla fin fine piú einaudiano che salveminiano, e alla lunga di ascendenza cattaneana con un di piú di giovanile ribollimento che gli veniva dalla consuetudine con Alfieri. Occorre dire che sui rapporti fra Gobetti e « l'Ordine Nuovo » Calosso era già intervenuto una volta e piú a lungo, prima
9 'Piú tardi lo stesso Calosso si definirà « cristiano mazziniano » (dalla relazione di Mariangiola Reineri al convegno su menzionato).
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della prefazione del 1945, in un articolo di ricordi gramsciani pubblicato sui
« Quaderni di Giustizia e Libertà » nel 1933 lo. Lontani ormai i tempi della sua collaborazione al giornale dei comunisti torinesi, giudica quella esperienza con simpatia ma anche con un certo distacco e muove a quel foglio lo stesso rimprovero di « dottrinarismo » che da ordinovista aveva mosso a Gobetti. Giunge addirittura ad attribuire a questo dottrinarismo la scissione del 1921: « una colpa, comune a tut[...]

[...]la prima rivoluzione socialista della storia. Un riconoscimento tardivo? A dire il vero, Calosso aveva pubblicato in appendice alla raccolta degli scritti gobettiani del 1945 le pagine che Einaudi aveva scritte in memoria di Piero, pubblicate su « Il Baretti » un mese dopo la morte (nel n. del 16 marzo 1926), segno che l'incontro fra maestro e discepolo che Einaudi rappresenta mirabilmente in quelle pagine lo aveva colpito. Giacomo Noventa, gobettiano a suo modo, recensendo gli Scritti attuali in quel giornale personale che era la « Gazzetta del nord », disse che la raccolta, preceduta da « un discorso molto superficiale » di Calosso, era riscattata dalla pubblicazione dei ricordi einaudiani « in tutto degni del geniale economista che tutti conoscono; e del moralista e del filosofo, che troppo pochi hanno saputo finora riconoscere nell'economista piemontese » 12. Un rimprovero che non si può estendere a Calosso, di Einaudi grande ammiratore, come dimostra l'episodio della lettera che egli scrisse al « Corriere della sera » del 13 aprile 19[...]

[...]e ne trassero due libri, L'anarchia di Vittorio Alfieri e La filosofia politica di Vittorio Alfieri, dei quali il secondo fu pubblicato (1923) prima del primo (1924). Il tema alfieriano richiederebbe un ampio discorso sulla fortuna di Alfieri nella tradizione letteraria piemontese che è fuori dal mio tiro. Da ricordare almeno la nota in cui Calosso citò il libro dell'« amico » Gobetti, se non altro perché riprende il tema del gentilianesimo gobettiano in cui ci siamo già imbattuti. La filosofia che Gobetti trova nell'Alfieri sarebbe secondo Calosso la filosofia dell'atto, e la filosofia dell'atto si identifica col liberalismo. Ma se il liberalismo è attivismo e Alfieri è un liberale, sono tutti liberali, Gioberti come Mazzini, Marx come Torquemada 13 Un giudizio ingiusto, e bisogna pur dirlo, anche senza mordente (non ostante l'intenzione di mordere). Un caso in cui palesemente Calosso è stato tradito dal gusto della boutade. Tanto piú ingiusto in quanto l'Alfieri di Gobetti non è un liberale ma un libertario, molto piú vicino all'anarchic[...]



da [Gli interventi] Paolo Spriano in Studi gramsciani

Brano: [...] di sollecitazione arbitraria dei testi che proprio Gramsci ripudiava e che si tende, da qualche parte, a fare a sue spese su alcune proposizioni assunte come espressione di affermazioni generali di dottrina, valide universalmente.

Brevemente intendo ricordare che ce un angolo visuale illuminante sulla questione : quello della esperienza stessa della alasse operaia torinese nel primo ventennio del nostro secolo, soprattutto nel decennio giolittiano e .prima della guerra mondiale. Varrà 'la pena di ricordare, infatti, che gli articoli gramsciani dell’Ordine Nuovo, stesi nel fuoco della lotta, in una situazione quale quella del ’19’20, che non ho qui bisogno di richiamare (anche dopo quanto è stato detto da alcuni relatori e da alcuni intervenuti nella discussione), erano rivolti precisamente a quegli operai538

Gli interventi

torinesi, « in carne ed ossa », per usare una famosa espressione gramsciana, scritti per loro, sulla base della loro esperienza vissuta.

Uno studio sul periodo in cui un proletariato moderino si forma a Tor[...]

[...]intomatici. Fra tutti — a parer mio — forse il più significativo è quello di un mancato incontro profondo, rivoluzionario, tra le idee socialiste (e l'organizzazione del Partito) da un lato, ed il moto spontaneo che nasce spesso prepotentemente dal seno stesso delle fabbriche, dall’altro. E non solo e non tanto, per i limiti generali ideologici e politici del riformismo italiano, della corrente dominante nel socialismo italiano nel periodo giolittiano, ma, più precisamente, più pertinentemente, per le caratteristiche della sezione socialista locale. Essa era dominata da un riformismo che, assai più che altrove, si rivelava quasi esclusivamente a carattere elettoralistico e parlamentar istico {il che non escludeva un notevole grado di spirito settario nella pratica), si manifestava più di ogni altro distaccato dal movimento reale delle masse. E le masse 'erano in movimento. Già all’inizio del periodo di grande sviluppo delle forze produttive, già dal 1901 fimo ai grandi scioperi del 1906 e poi dell’11, del ’12, del ’13, la vivacità della lo[...]

[...]si può esercitare ‘l’operaio organizzato, tutta La massa operaia, quasi anticipando cosi quei temi sul rapporto tra operai ed intellettuali organici e tradizionali, che svilupperà in seguito, prima indite tesi sulla questione meridionale e poi nei Quaderni.

L’educazione teorica: essa, secondo me, viene anche ad assumere un valore molto importante da un altro punto di vista. La concezione che era apparsa tipica del riformismo nel periodo giolittiano, e anche del sindacalismo, al suo punto di approdo, era stata una concezione che intendeva il sistema capitalistico come destinato ad una naturale evoluzione: gli uni — i riformisti — insistevano suH’evoluzione per appoggiare la tesi gradualista dell’inserimento del movimento operaio nello sviluppo della società borghese; gli altri — i sindacalisti — la concepivano come elemento preparatore, nell’attesa messianica di una soluzione catastrofica. Al fondo, cera un punto comune tra le due concezioni, un corollario pratico: l’inutilità, o peggio, il danno per il movimento operaio di inserirsi in [...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine tiano, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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