Brano: [...]ione della società in dominio di classe ha un estremo bisogno di un ultimo dominio di classe capovolto: gli oppressi governano gli oppressori. Un male alla rovescia e, perciò, in definitiva, un bene, purché sappia, a sua volta, raddrizzarsi, per essere finalmente un bene autentico e senza residui.
(*) Nota; La numerazione dei capitoli non ê progressiva, ma corrisponde a quella delle domande cui ciascun capitolo si riferisce.
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Tuttavia non si potrebbe, credo, sostenere che il termine « dittatura del proletariato » chiarisca limpidamente la coincidenza dei mezzi e dei fini e che lo Stato di dittatura, come si é realizzato in URSS, sia possibile intenderlo alla maniera gramsciana di Stato futuro « in nuce », anticipazione sostanziale dello Stato autenti camente socialista. Rimane, inutile negarlo, e la sincerità del termine ci aiuta, nella « dittatura del proletariato » sovietica una « contradictio in adjecto » in una certa misura irreparabile. Contraddizione, che nel leninismo e nel primo stalinismo prese forma nel[...]
[...]enza dei mezzi e dei fini e che lo Stato di dittatura, come si é realizzato in URSS, sia possibile intenderlo alla maniera gramsciana di Stato futuro « in nuce », anticipazione sostanziale dello Stato autenti camente socialista. Rimane, inutile negarlo, e la sincerità del termine ci aiuta, nella « dittatura del proletariato » sovietica una « contradictio in adjecto » in una certa misura irreparabile. Contraddizione, che nel leninismo e nel primo stalinismo prese forma nella teoria: mano a mano che il potere dittatoriale della classe operaia si sarebbe andato affermando, tanto più violenta sarebbe diventata la resistenza della classe exdominante, ora oppressa.
Dice Lenin: « La dittatura del proletariato é la guerra più eroica e più implacabile della classe nuova contro un nemico più potente, contro la borghesia, la cui resistenza é decuplicata dal fatto di essere stata rovesciata » (« La malattia infantile »). E Stalin nel 1924, citando il pezzo, conferma: « La borghesia ha le sue ragioni per fare dei tentativi di restaurazione, perché, dopo es[...]
[...]unque, niente affatto accentuarsi della resistenza delle antiche classi, niente ultimi, e perché ultimi, disperati e pericolosissimi guizzi della borghesia per tornare nellle vecchie acque privilegiate, ma estinzione graduale, persuasione, assorbimento nelle acque comuni, pacificate. Il proletariato, liberando se stesso, libera l'intero genere umano dalla macchina capitalistica che lo ha dimidiato e irrazionalmente assillato.
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La dittatura del proletariato in Cina porta al limite minimo la sua contraddizione interna, è già per la massima parte anticipazione, durante il processo, del risultato; propone, mentre si afferma, la democraticità del fine; tende alla corrispondenza di « mezzo » a « risultato ». In Mao la dialettica è addolcita (ne fa testo la sua teorica della contraddizione), è uno strumento di graduale evoluzione progressiva. In Stalin la dialettica degli opposti fu considerata l'essenza della storia: le cose si fanno contro gli avversari, costruire è combattere, non si danno passi avanti se non demolend[...]
[...] del fine; tende alla corrispondenza di « mezzo » a « risultato ». In Mao la dialettica è addolcita (ne fa testo la sua teorica della contraddizione), è uno strumento di graduale evoluzione progressiva. In Stalin la dialettica degli opposti fu considerata l'essenza della storia: le cose si fanno contro gli avversari, costruire è combattere, non si danno passi avanti se non demolendo una resistenza nemica.
E qui forse la radice più sottile dello stalinismo, che si manifesta nella sua deformazione estrema: se gli avversari non ci sono più, si inventano. Per Stalin la verità si afferma sul suo « contrario ». La dialettica non può essere mai pacifica risoluzione di un contrasto interno, ma lotta esterna. Esterne sono tutte le posizioni che non coincidono con la « linea », e perciò nemici, « altri », stranieri, coloro che non le corrispondono appieno. Non esistono differenze, ma neppure sfumature fra il nemico o l'obbiettore o il proponitore di varianti. Ma decidere la « linea » netta non è cosa di poco momento, bisogna accentrarla, non lasciare ma[...]
[...]ttono le prede belliche, Io Stato è l'oggettivazione del già fatto, dell'acquisito.
Il Partito va avanti, apre sempre, la sua intransigenza è la garanzia del fine. Il Partito è attivo, lo Stato passivo. Il Partito anticipatore, lo Stato muro alle spalle. Il Partito è il massimo, lo Stato è il minimo.
Sotto questo schema di ferro l'URSS ha realizzato la costruzione di una nuova incredibilmente grandiosa società. Ma ad un nodo doveva arrivare lo stalinismo, e cioè al punto in cui, ottenuto lo sviluppo quantitativo e risolti i problemi strutturali, la stessa effi
ROBERTO GUIDUCCI 47
cienza produttiva sarebbe stata condizionata da maggiori libertà; al momento, in breve, in cui la dittatura del proletariato, otte nuto il ricupero storico dell'arretratezza in cui versava la vecchia Russia, si sarebbe trovata di fronte alla necessità, per continuare il suo cammino, di produrre, nella nuova Russia, una democrazia organica come strumento di lavoro e di progresso.
Ma, per ottenere questo, occorreva spezzare la macchina degli opposti su cui si reggev[...]
[...]polizia segreta si stava ormai rivelando come un inutile bagaglio. Le spie americane, posto che fossero arrivate a Mosca, potevano essere consegnate da attivi boysscouts ai vigili urbani. L'enorme apparato di pressione comincia a girare a vuoto. Non c'è ormai proporzione fra lo sforzo ed il numero di t< pud » di grano che si producono in più. Anzi, essi diminuiscono. Le leve della storia sono ormai altre, più indirette, dal braccio più lungo. Lo stalinismo si esaurisce nella morte fisica di Stalin ed ha inizio il « nuovo corso ». Sarà la competizione pacifica, l'emulazione autentica basata sui verificabili risultati del lavoro a produrre una « selezione » naturale delle iniziative e dei dirigenti. E così per la politica estera: una impostazione di impegno all'interno non è determinabile unicamente dallo stato di « vigilia » bellica. Non bisogna riuscire soltanto perché ci si deve poter difendere bene. Si deve riuscir bene per non aver bisogno di difendersi o perché la possibilità della difesa sia implicita nella forza del sistema. La vittoria p[...]
[...]o di difendersi o perché la possibilità della difesa sia implicita nella forza del sistema. La vittoria può consistere semplicemente nelle realizzazioni esemplari, nell'oggettivare la propria superiorità in fatti insieme sovrastrutturali (civiltà) e strutturali (preminenza economicoorganizzativa).
Se c'è sempre il rischio che l'avversario competitivocoesistente si vesta da Marte proprio nel momento in cui si accorgerà di soc
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combere nella gara pacifica, questo rischio non è maggiore di quello di averlo continuamente di fronte uguale e contrario. Proprio il momento in cui l'avversario dovesse decidersi alle vie di fatto sarebbe anche il momento in cui è minore, più debole, più incerto. Sarebbe già perduto di « diritto », prima che di « fatto ».
Detto questo, la critica del XX Congresso al « culto della personalità » non appare che il corollario moralistico di una ben precisa concezione politica. Si è affermato molte volte, a giustificazione, che il « culto » era la manifestazione tattica dell'unità del partito e[...]
[...]i « dittatura del proletariato » e con quello di « centralismo democratico ». Il Partito è l'organo supremo di direzione della classe operaia che, attraverso di esso, instaura la sua dittatura impadronendosi dello Stato come strumento coercitivo sulle vecchie classi in dissoluzione. Corrisponde questo schema alla realtà sovietica di oggi ? Il XX Congresso critica in questo schema la degenerazione della direzione collegiale
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in direzione personale. E sta bene. Ma il concetto di collegialità fin dove si deve estendere ? Quale é il grado di compartecipazione direzionale che si intende raggiungere ? In breve, come devono essere considerati i 193 milioni di sovietici che rientrano genericamente nel gruppo dei « senza partito » ? Se di fatto i termini dell'antagonismo di classe sono superati, quale senso ha la. preminenza partitica sullo Stato? Non deve tendere, viceversa, lo Stato ad oggettivare, appunto, questa assenza di suddivisione di classe in un « corpus » omogeneo ed egualitario di cittadini, i quali nei quar[...]
[...]uno secondo le sue capacità, ad ognuno secondo il suo lavoro), superabili solo nella società comunista teorizzata da tutti i classici del marxismo (da ciascuno secondo le sue capacità, ad ognuno secondo i suoi bisogni). E probabile che, appunto per evitare le possibilità del formarsi di correnti interessate nel proprio « particulare » (ad esempio, questione dei contadini rispetto agli operai), nell'URSS si tenga così fermo il
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principio del Partito unico, come depositario di una solidarietà generale senza concessioni. In questo senso l'unicità del Partito supera appunto la pluralità esistente nella società borghese, che esprime una gamma di precisi interessi e li rappresenta. Caso nel quale non si può certo affermare che la volontà generale si possa esprimere perché esiste la pluralità dei partiti. Al contrario, la pluralità non esprime che la rottura delle volontà, degli interessi antagonistici e di classe. Sgomberato perciò il campo dalla trappola parlamentaristica con tutti i corollari della libertà apparente, [...]
[...] rinnovati particolarismi, pur in una società senza classi, ma autentiche e diverse alternative costruttive.
Qualche marxista ortodosso potrebbe, a questo punto, obiettare che il marxismo è scienza e quindi la sua determinazione, nascendo da un piano di scientificità, esclude le alternative, risolte ogni volta in una determinazione oggettivamente fondata. Occorre rispondere subito che qui affiora uno degli aspetti più sottili e pericolosi dello stalinismo ideologico: la scienza è una ed é quella che si fa, così che le altre alternative vanno eliminate perché non possono essere scientifiche. Da cui il ben fondato sospetto che l'eliminazione delle altre possibilità non derivi tanto dalla loro inutilità (in ogni caso lo spreco vaviloviano sarebbe stato ben piccolo rispetto alle preminenze lysenkiane), ma dal fatto che solo in questo modo si rende non verificabile e quindi non dubitabile l'asserzione dell'unicità della scienza.
Non avendo a suo tempo né difeso la scienza economica staliniana, né la genetica lysenkiana, possiamo oggi con tranquill[...]
[...] come strumentalità pluralistica.
Si giunge così immediatamente al concetto di sviluppo democratico come può essere concepito nel socialismo: non piú come composizione di forze strutturali precise, di cui quella economicamente dominante è anche necessariamente la risultante e la vincitrice (società borghese), né come forza unica, solidale e disinteressata, in ogni caso, appunto perché unica (solidarietà nel positivo e nell'errore), tipica dello stalinismo, ma come sviluppo in cooperazione, disinteressato perché solidale, ma pluralistico nelle iniziative e nell'esperimentazione consentita (purché fondata su ricerche di fatto e scientificamente documentate) fra cui trascegliere via via il meglio e generalizzarlo (mediazione fra autonomia e pianificazione).
Dunque, forse, non pluralità partitica, né gioco fra governo e opposizione, quanto pluralità di iniziative, nel quadro di una
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pianificazione funzionale, nella costruzionedissoluzione dello Stato socialista (1).
(1) Leggendo questo saggio inI bozze l'amico Fort[...]
[...]a come sviluppo in cooperazione, disinteressato perché solidale, ma pluralistico nelle iniziative e nell'esperimentazione consentita (purché fondata su ricerche di fatto e scientificamente documentate) fra cui trascegliere via via il meglio e generalizzarlo (mediazione fra autonomia e pianificazione).
Dunque, forse, non pluralità partitica, né gioco fra governo e opposizione, quanto pluralità di iniziative, nel quadro di una
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pianificazione funzionale, nella costruzionedissoluzione dello Stato socialista (1).
(1) Leggendo questo saggio inI bozze l'amico Fortini mi ha dato la seguente nota che ottimamente contribuisce ad approfondire il punto in questione:
Invece di ripetere le tesi puerili di chi afferma la inevitabilità e la necessità di tutto quel che è accaduto nell'età stalinista come di chi, negan dole, non pub più arrestarsi sulla via delle ipotesi retroattive, è meglio domandarsi (come ha fatto recentemente un giovane filosofo marxista, A. Mazzone) quale sia oggi ii senso, alla luce delle esperienze sovi[...]
[...] dole, non pub più arrestarsi sulla via delle ipotesi retroattive, è meglio domandarsi (come ha fatto recentemente un giovane filosofo marxista, A. Mazzone) quale sia oggi ii senso, alla luce delle esperienze sovietiche e nostre, del « fondamento obiettivo dell'accordo tendenzialmente unanime di un gruppo sociale omogeneo dal punto di vista di classe » e del « principio regolativo della produzione di decisioni universalmente valide ». Infatti lo stalinismo è meno un regime, un costume, una 'tirannia' che una accelerazione (parzialmente erronea: origine pratica dell'errore) della teoria della necessità
o meglio della 'tendenziale unanimità' che è di Marx e di Lenin. Anzi è probabilmente da spiegarsi, tale accelerazione, col non risolto meccanicismo sempre latente nel marxismo. Dalla pretesa marxista di rendere razionale
e verificabile, cioè scientifica, la dottrina della società (o economia politica) discende la nozione di Partito secondo Lenin, cioè di un organismo qualificato a farsi interprete scientifico della realtà e quindi quella di un[...]
[...]ni neoilluminismo fondato sull'uomo come singe malfaisant non potrà che arretrare di fronte alle note, hegeliane, conseguenze di ogni illuminismo del genere, e farsi conservatore; e d'altra parte l'ottimismo marxista fallisce nella misura in cui ignora tutta la microscopica complessità dei conflitti umani, e affrontando meccanicamente il rapporto fra strutture e sovrastrutture dimentica il carattere universale della contraddi
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cato senza esclusioni. La ripresa leninista, oltre che un valore sentimentale, è un modo di ottenere una autorevole e insindacabile conferma dei passi in avanti, delle aperture effettuate.
Così l'effettiva battaglia delle idee ( e dei fatti) non trova una sua chiarificazione moderna. Sopra il duello fra novatori ed eventuali resistenti sta la ben più fragorosa battaglia celeste fra le figure mitiche di Lenin e di Stalin. Ed in questo senso, accanto alla denuncia degli errori d'ortodossia, sta una serie di premurose raccomandazioni a non ideologizzare, a non staccare la teoria dalla pratica,[...]
[...]ificazione positiva: che l'elaborazione di fondo sia rimandata in sede opportuna agli Istituti di storia e di filosofia, nuovamente aperti alla critica, all'attività creativa. Determinandosi scientificamente, il linguaggio potrà tornare ad avere un senso univoco e preciso e l'ideologia riprenderà fiato e potrà modellarsi senza equivoci ed ambivalenze.
Diciamo costruirsi e non semplicemente ricostruirsi sia del linguaggio, sia dell'ideologia. Lo stalinismo presenta uno iato nell'elaborazione dell'ideologia socialista; la sua identificazione dell'avversario con tutti gli avversari (con il peggiore degli avversari), visti come statici, sagome fisse e nere tutte uguali nell'uguaglianza dell'essere per « essere colpite », non gli consenti lo sviluppo di una dialettica « sublimata » all'interno, che desse una nuova dimensione alle contrapposizioni, una nuova « teoria dell'errore », una diversa verifica della verità. Per questo il suo linguaggio è rimasto un linguaggio bellico, alle volte da trincea (ed anche alcuni suoi atti). Per noi marxisti occid[...]
[...]nizioni di queste azioni) abbiano trovato una, anche se solo formale, rispondenza di verità nei commenti di allora del « Corriere della Sera ». Che cioè il comunismo sia sceso per qualche momento ad un punto tale da poter essere giudicato, con una certa verosimiglianza, dal peggiore anticomunismo.
Come è possibile che il giudizio su alcuni processi delittuosi che oggi danno le pubblicazioni sovietiche, concordi, almeno nella
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forma, ai giudizi (non della migliore), ma della, ancor fresca di fascismo, nostra democrazia borghese apparente ? È che l'ideologia e la prassi socialiste erano, in alcune loro parti, scadute al livello dell'avversario, che contavano, con falsa astuzia, di eliminare usando le sue stesse armi. Ma per l'ideologia e per la prassi marxista ogni uomo è infinitamente recuperabile, non esiste limite al rifarsi una vita, alla riabilitazione. Per il marxismo è esclusa la pena di morte e la punizione detentiva, il processo persecutorio, l'estorsione della verità e la confessione della menzogna, procu[...]
[...]entamente le diverse interpretazioni di parti diversissime sulla situazione determinatasi nel '17 in Russia, è difficile pensare che non fosse necessario un punto di trapasso rivoluzionario, una strumentazione dittatoriale per operare il salto, per avviare la macchina, tradizioni storiche russe ed educazione « orientalistica » di Stalin a parte.
della macchina che interessa parlare, e non ci sembra di dover spaventare gli storici dicendo che lo stalinismo fu « una delle vie del socialismo» in URSS, che una serie di circostanze determinò, e non la dialettica assoluta della storia, ma la dialettica appunto, relativa all'Unione Sovietica di allora, con gli uomini di cui disponeva, con le sue condizioni strutturali, con il suo grado di capacità e preparazione scientifica ed ideologica di affrontare i problemi. I veri dubbi che ci assillano (e ci interessano perché li sentiamo suscettibili di sviluppo per noi) sono quelli che derivano dall'aver constatato lo stato di permanenza di un regime di trapasso, quando non solo le prime vittorie furono cons[...]
[...]orse conclusive, quando, cioè, venne a cessare nell'URSS lo stato oggettivo di lotta di classe.
E ciò ci rimanda a quanto accennavamo sopra (ed ancora ci limitiamo ad accennare), alla funzione dei vari istituti agenti nell'URSS e soprattutto dei due assolutamente preminenti: il Partito e lo Stato.
Si ha l'impressione che ancor oggi il Partito sia in perenne gestazione, che il suo sforzo sia una infinita e interminabile crea
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zione dello Stato. Ma che la nascita non abbia o non possa o non debba aver luogo. La Costituzione ci dice il contrario, ma la realtà é evidente. Il Partito indica la politica dello Stato, il Partito stabilisce i termini e i programmi della pianificazione, il Partito svolge la politica interna ed estera, ecc. Non appena lo Stato non realizza, o non realizza secondo le quantità stabilite, o si inceppa o rallenta, il Partito interviene, sollecita, ridimensiona, controlla.
Ecco la parola: il Partito non solo governa, ma controlla. Nello stalinismo le due funzioni essenziali erano assorbite in [...]
[...]tuzione ci dice il contrario, ma la realtà é evidente. Il Partito indica la politica dello Stato, il Partito stabilisce i termini e i programmi della pianificazione, il Partito svolge la politica interna ed estera, ecc. Non appena lo Stato non realizza, o non realizza secondo le quantità stabilite, o si inceppa o rallenta, il Partito interviene, sollecita, ridimensiona, controlla.
Ecco la parola: il Partito non solo governa, ma controlla. Nello stalinismo le due funzioni essenziali erano assorbite in una sola persona: governo autoritario, controllo autoritario. Esiste una ragione in questa « reductio ad unum » ? Esisteva. Fra le possibili vie di una « dittatura di classe » necessaria nel periodo di trapasso, si era scelta la più breve e tradizionale: quella del potere concentrato. L'idea della scientificità, data per implicita e scontata nel marxismo, oscurò la possibile visione di una organizzazione scientifica da costruirsi. Oggi, di fronte al quesito di come possa accadere che in una fabbrica sovietica, diretta da tecnici eccellenti, sollec[...]
[...]oveva giungere (Mikoian lo afferma a proposito dell'agricoltura), allorché la giustificazione della lotta, intesa ancora come eliminazione di un nemico incombente o nascosto nelle file, si sarebbe svuotata di significato. Ciò non poteva accadere che quando, ormai esaurite le differenze di classe, la società sovietica, raggiunto un maggior benessere materiale ed una elevazione culturale, si fosse fatta cosciente della sua nuova misura.
Finito lo stalinismo, gli eredi hanno preso non poche contromisure che già stanno dando (le statistiche confermano) i loro frutti:
1) Dalle forme di « controllo » meramente sollecitativoautoritario si sta passando a forme di « controllo operativo». Dice, ad esempio, Krusciov a proposito dell'agricoltura: «Nel nostro Stato socialista tutto é determinato dai piani, che i colcos e i sovcos attuano in tempo, senza aspettare che gli addetti agli ammassi li sollecitino ». « Il controllo operativo degli ammassi deve essere invece affidato alle SMT e le centinaia di migliaia di addetti agli ammassi devono essere impiega[...]
[...]dai piani, che i colcos e i sovcos attuano in tempo, senza aspettare che gli addetti agli ammassi li sollecitino ». « Il controllo operativo degli ammassi deve essere invece affidato alle SMT e le centinaia di migliaia di addetti agli ammassi devono essere impiegati nella produzione » (« XX Congresso del PCUS », Atti, pag. 116). Il controllo sarà dunque affidato ad organi già impegnati nel processo tecnico. D'ora innanzi sarà
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chiaro che se il « controllo operativo » darà indici di produzione più bassi del previsto o dell'auspicato, non vorrà dire che c'é un vizio nella volontà costruttiva (da punire, liquidare, ecc.), ma un vizio tecnicoorganizzativo che occorrerà correggere.
2) Si stanno affacciando, pur nella conferma del sistema cen tralistico, le prime misure decentrative. Si é cercato di dare maggiori compiti ai ministeri delle repubbliche federate. « L'esperienza é stata indubbiamente positiva: la direzione delle imprese é diventata più concreta, più operativa, l'iniziativa delle organizzazioni delle repub[...]
[...] dei cittadini, o appartenenti alla vecchia classe dominante o ancora impreparati ad un autogoverno.
Nel momento attuale il rapporto dovrebbe tendere a raddrizzarsi: dal controllo dello Stato sul cittadino al controllo del cittadino sullo Stato; e precisamente grazie alla risoluzione del problema delle garanzie per il rispetto del piano attraverso le forme di un « controllo operativo » anticipante forme complete di « autocon
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trollo tecnico » nel quadro dell'organizzazione scientifica generale. (E val la pena forse di aggiungere qui, a scanso di possibili equivoci, che quando parliamo di scienza o di tecnica o di organizzazione scientifica o di strumenti tecnici intendiamo questi termini all'interno del concetto marxista secondo il quale la scienza e la tecnica, come del resto tutta la cultura, non sono fatti « neutri » o « neutrali », ma sempre politicamente determinati, anche se aperti a diverse alternative).
2) L'autocontrollo ha la sua essenza e la sua intrinseca possibilità di funzionamento a patto che il c[...]
[...]sto esame avrà già origine il nuovo piano. Così che le scelte individuali di primo grado (« protocollari ») non saranno, dunque, come si sarebbe potuto sospettare, arbitrarie o bizzarre, ma già rese coscienti dei termini complessivi che il piano tende a includere e mediare.
In tal modo il piano può essere contemporaneamente lo strumento di determinazione della « volontà generale » e l'attuazione responsabile di essa nell'autogoverno civile.
Lo stalinismo, nato e formatosi nel periodo primo e più aspro 'dell'instaurazione dall'alto della pianificazione, non aveva forse sufficientemente avvertita la maturità del cittadino sovietico, non aveva calcolato, o saputo calcolare, o giustamente misurare, il livello di capacità dell'uomo comune che egli stesso aveva portato a questo nuovo stadio. I primi risultati positivi del decentramento ed i primi esperimenti di studio del piano dal basso indicano viceversa che in URSS si è già raggiunto un punto in cui può essere adottato gradualmente il sistema di determinazione democratica della pianificazione. E[...]
[...]nica, portano con sé' un nuovo rapporto fra piano e autonomia. Anche qui ci si può avvicinare tendenzialmente al rovesciamento del sistema praticato nell'epoca staliniana. La più grande preoccupazione (e la ragione dell'accentramento) era quella di poter determinare per ragioni politiche generali la parte che competeva alla produzione di beni strumentali e quella che riguardava i beni di consumo. Bisognava evitare la tendenza
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« spontaneistica » dell'aumento dei secondi, per tener conto degli obbiettivi di fondo che solo i primi consentono di realizzare.
Il cittadino sovietico ha certamente ormai compreso quali sono. le necessità dei beni strumentali anche nel consentire un sostanziale e duraturo aumento di quelli di consumo, e avverte certamente le opportunità dei servizi generali. La pianificazione dunque, anche perdendo la determinazione dall'alto ed avviandosi ad assumere il suo autentico posto, e cioè un posto funzionale e operativo, non cesserebbe per questo di possedere i requisiti generali necessari una v[...]
[...]origine leninianastaliniana, sciolti i quali ci si avvia alla condizione favorevole per l'autonomizzazione dello Stato o per una sua nuova impostazione democratica.
« Solo la forma sovietica di Stato », ci dice lo stesso Stalin, «facendo partecipare in modo continuo e incondizionato le organizzazioni di massa dei lavoratori e degli sfruttati al governo dello Stato, é in grado di preparare quella estinzione dello Stato, che é
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uno degli elementi essenziali della futura società senza Stato, della società comunista » (Q.d.L. pag. 49, vol. II). Lo Stato, estinguendosi, non annulla se stesso come organizzazione, ma come istituto coercitivo. Lo Stato autoritario della dittatura del proletariato si scioglie (non si liberalizza) in uno « Stato funzionale », in una nuova forma organizzativa, operativa e quindi democratica senza residui. « Invece del governo sugli uomini, si avrà l'amministrazione delle cose e la direzione dei processi di produzione » commenta Engels nell'« An.tidühring ».
L'antica concezione roussoiana d[...]
[...]livello operativo deve comportare anche una sua diversa concezione dei rapporti con lo Stato: ridurre la sua tutela in esso per aver modo di parteciparvi concretamente. Non sovrapporsi ai Soviet, ma entrarvi « costituzionalmente ».
Se lo Stato sta smobilitando gli apparati centrali, non sarà più possibile agendo su di essi agire su tutta la nazione. Lo Stato sta andando nei Soviet bassi, decentrati, sempre più autonomi. Ë là
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che deve andare il Partita. Se la pianificazione non si dovrà più determinare nelle alte sfere, ma nei luoghi di decisione democratica della base, é ancora là che il Partito dovrà essere presente.
Il che significa che il superamento dei difetti del Partito é in questo percorso. Se la risoluzione di essi sta in una nuova organizzazione questa non potrà dar luogo ad un'altra operazione autoritaria, storicamente superata, che condurebbe oggi certamente a gravi insuccessi pratici.
Superata la lotta di classe e allentato l'accerchiamento capitalistico, l'evoluzione dell'URSS sta superando anche[...]
[...]o stesso corso, Stalin insegnava: « Il Partito é lo strumento della dittatura del proletariato. Da questo deriva che, con la scomparsa delle classi, con l'estinguersi della dittatura del proletariato, deve estinguersi anche il Partito » (Q.d.L. pag. 92).
8) Evoluzione discontinua ed evoluzione lineare.
Non c'é alcun dubbio che il XX Congresso segni una svolta brusca e che abbia l'apparenza di un « colpo di Stato » anche se,
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curiosamente, solo su un dominio « postumo ». Sotto l'apparenza, c'è anche una precisa e innegabile realtà: l'evoluzione sovietica avviene ancora per sbalzi, per urti, per conflagrazioni.
Di qui il fatto che il «salto» sia stato diretto dall'alto, in certo modo a sorpresa. La « verità » sul cammino, che ha compiuto e sta compiendo, tutto il popolo sovietico é ancora costretto a chiarirsela definitivamente, a trovarla oggettivata sulle « edizioni straordinarie » della notte. D'altra parte, però, il colpo di scena consiste, a nostro avviso, solo nell'enunciazione della verità, non nella verit[...]
[...] che lo superi di fatto ? Occorre ricordare che una verità che cerca
di esprimersi d'un tratto, per la prima volta, tende a manifestarsi con il linguaggio della vecchia, e perciò non è ancora interamente la nuova verità, ma l'esplicazione della sua potenzialità, il suo
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primo passo, l'antitesi, la negazione. Se i discorsi del XX Congresso ed i dialoghi in corso in URSS non sono l'espressione di una forma, seppur diversa, di stalinismo, ma una prima codificazione di una realtà di fatto, oggettiva, di una nuova impostazione sociale e di civiltà, Krusciov non ne è ancora il Platone, sebbene per qualche aspetto tenda ad esserlo, perché il nuovo assestamento della società sovietica deve passare oltre Krusciov ed il Comitato Centrale, ed essere una « costituzione collettiva » che si formuli dalla collaborazione generale degli operai, dei contadini, dei tecnici e dei filosofi dell'Unione Sovietica.
Allora anche i modi e il linguaggio della nuova verità socialista saranno diversi e sarà stato un diverso costume a nutrirli, a colt[...]
[...]costituzione collettiva » che si formuli dalla collaborazione generale degli operai, dei contadini, dei tecnici e dei filosofi dell'Unione Sovietica.
Allora anche i modi e il linguaggio della nuova verità socialista saranno diversi e sarà stato un diverso costume a nutrirli, a coltivarli.
L'ipotesi della posizione del XX Congresso codificatrice di una nuova realtà in movimento positivo scarta sia l'ipotesi del perdurare sotto altra veste dello stalinismo, sia quella secondo la quale il XX Congresso rivelerebbe bruscamente ed esprimerebbe la presenza di una situazione conflittuale di fondo fra varie forze che nell'URSS si contenderebbero il potere. Siamo persuasi che nell'URSS sia veramente cessata la latta di classe e che quindi non esista materia economica per conflitti strutturali (le cause «oggettive» di cui parlava Stalin, nella citazione sopra riportata, riponendo le cause delle deficienze e degli errori « in noi stessi »). Ora proprio la scomparsa delle cause oggettive rende oggettiva la possibilità di una evoluzione lineare nell'URSS, [...]
[...]le condizioni conflittuali oggettive anche se, per così dire, trasposte sul piano del potere politico e non su quello direttamente economico. Il cittadino sovietico, insomma, che ha dato prova di perfetta adesione allo sforzo collettivo con sacrifici enormi, sia nella costruzione industriale ed agricola, sia nella guerra, sia nella ricostruzione recente, potrà rifiutarsi di produrre « nonostante tutto » tanti « pud » di grano
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o tanti pezzi meccanici se, avvertendo un errore nell'impostazione del lavoro o un problema su cui non è sufficientemente persuaso, non avrà altra via di manifestare il suo disaccordo e la sua critica se non quella di agire sulla produzione. La concezione staliniana non ammetteva questo tipo di protesta, che considerava un sabotaggio (anche se c'é un errore, bisogna continuare il lavoro, correggere l'errore senza interromperlo, alla peggio é meglio sbagliare insieme disciplinatamente, che creare una soluzione di continuità) e agiva sulla base con provvedimenti disciplinari e sui responsabili[...]
[...]ica liberalità, ma su una completa, cosciente e responsabile tecnica organizzativa. Ê il traguardo della democrazia come scientificità generale.
7) Sul dogmatismo e sui processi.
Può servire come « reattivo » di partenza per qualche successiva osservazione anche sui legami fra politica del Partito comunista sovietico (e di conseguenza URSS) e politica delle democrazie popolari e dei partiti comunisti occidentali la domanda,
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che spesso si va facendo in questi ultimi tempi: «a cosa si attribuisce il fatto che i comunisti di tutto il mondo abbiano creduto alla versione staliniana ufficiale sui processi e le cospirazioni ».
Il curioso della domanda è che non si chiede « se » i comunisti di tutto il mondo abbiano creduto alla versione ufficiale sovietica delle epurazioni, ma, dato per scontato che i comunisti vi abbiano creduto, ci si meraviglia e si chiede il come mai, il perché.
Ebbene, noi non crediamo assolutamente che i comunisti abbiano creduto alla versione ufficiale dei processi epurativi. E ciò per la rag[...]
[...]e colpe, ma dubitiamo di quella per cui sarebbe stato da sempre agente dell'imperialismo se, per tutta la guerra mondiale, egli fu il responsabile della sicurezza interna dell'URSS e, nell'URSS, finora nessuno aveva rilevato di non aver goduto pienamente di questa sicurezza. Pensiamo che i metodi epurativi di Stalin, che oggi gli si rimproverano, non possano essere riscattati sostituendo, all'arbitrio dell'uno, un non docu
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mentato operare di una direzione collegiale, sia pure teso ad abolire precisamente gli arbitrii passati. E un'altra considerazione ci sembra utile fare sul problema generale. I riabilitati in URSS non solo sono stati riconosciuti innocenti degli addebiti penali a suo tempo loro attribuiti, ma addirittura non responsabili neppure di errori politici che, anche se commessi, avrebbero potuto comportare come pena non certo la morte o una lunga detenzione, ma la semplice perdita delle cariche o la diminuzione del grado.
Da questi fatti si può concludere che anche la loro «politica », poiché una n[...]
[...]re in anticipo quello che sarebbe stata disposta ad offrire spontaneamente ad un certo traguardo di potenza economica interna pienamente conseguita. Malgrado la prudenza staliniana, un'imprudenza rivoluzionaria di fatto accompagnò la politica estera dell'URSS. Tale imprudenza oggi si ribalta in sicurezza e se il più diretto « accerchiamento socialista », la zona « neutrale », l'alleanza pacifica della « maggioranza » mondiale
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sono un fatto compiuto dalle rivoluzioni negli altri paesi, ciò giova all'URSS più che un maggior livello economico ed una maggiore facilità diplomatica. E la politica delle « vie nazionali » al socialismo e lo scioglimento « tattico » del « Cominform », che, per un certo aspetto, la liberano di fronte all'Occidente da dirette responsabilità nelle rivoluzioni altrui, ancora una volta la vincolano ad una « internazionale socialista », oggettivamente reale e paritetica, dalla quale non avrebbe senso che si esentasse, perché tale esenzione sarebbe anche la negazione della sua forza interna e de[...]
[...]r essendo all'interno del socialismo).
Ai primi ci permettiamo ricordare che é ormai verificabile scientificamente nella storia che se la cultura non è necessariamente partitaria, essa é sempre politica e quindi impegnata; ai secondi che, se la cultura é sempre politica, il marxismo non é e non deve essere necessariamente partitario.
Per i secondi aggiungiamo, per quanto riguarda il contenuto di questo e di altri scritti critici marxisti sullo stalinismo, che non pensiamo assolutamente che siano privi di errori, di valutazioni parziali, ecc. Anzi, pensiamo che errori ci siano e che solo un lungo discorso, qui appena iniziato, possa gradualmente scioglierli se condotto collettivamente.
E per i primi ed i secondi notiamo infine che, se per noi la fine del periodo staliniano è la chiusura di un'epoca oggettivamente costruttiva, non intaccata dai suoi errori che in misura particolare e ristretta, tuttavia l'esperimento che da questi errori possiamo trarre e non dobbiamo perdere é che se la verità non può, in un mondo diviso ed ancora oppresso, e[...]
[...]o veramente creduto alla versione ufficiale staliniana sui processi e le cospirazioni, abbiano potuto credere alle autoaccuse.
Penso piuttosto ad una terribile disciplina impostasi, alla necessità per loro di non screditare lo Statoguida.
6. Non so se la critica al culto della personalità porterà ad un mutamento di rapporti tra l'URSS e le cosiddette democrazie popolari. Ciò dipenderà soprattutto dal dato se si accompagni o
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meno a questa critica l'abbandono della idea dello Statoguida, la accettazione di una sostanziale parità di posizione di tutti i partiti comunisti.
7. Penso comunque che non recherà di per sé alcun sensibile mutamento nei rapporti con l'occidente.
Questi rapporti sono segnati: da uno spirito di proselitismo che indubbiamente il comunismo ha e contro cui l'occidente non comunista è deciso a difendersi con ogni mezzo; dalla profonda fede che l'America nutre nella iniziativa privata, nella economia della impresa privata, ch'essa idealizza ed in cui crede di scorgere la base delle libertà.
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