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Il segmento testuale socialismo è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 2529Analitici , di cui in selezione 99 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da (Nove domande sullo stalinismo) Arturo Carlo Jemolo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: [...]a fondo. Altrimenti si rischia di usarla ancora una volta tatticamente (la tattica anticulto, iconoclasta) senza che essa dia tutti i frutti che può dare.
La morale può essere la spia (non americana) della politica comunista. La tattica del « culto », nel quadro di una morale marxista, doveva essere indice che qualcosa di grosso non andava nella politica. Invece no: ci si diceva che eravamo così piccoloborghesi da non capire che, nel paese "del socialismo, quello che per noi poteva apparire un « culto religioso » era autentico amore per un uomo cui tanto ogni sovietico corrispondeva.
Capzioso gioco, se il corrispondere non può avere ovviamente per un socialista che il senso della pariteticità, una volta rotti i rapporti di soggezione e di alienazione. Per cui se certamente molto c'era da ammirare nell'uomo sovietico, il molto era appunto
ROBERTO GUIDUCCI 49
nell'uomo minuscolo (Stalin = un cittadino qualunque), nel cittadino ignoto, vivo per, e soprattutto, nella collettività. Dunque, morale sì, per il socialismo, anzi affermazione decisiva[...]

[...]tico corrispondeva.
Capzioso gioco, se il corrispondere non può avere ovviamente per un socialista che il senso della pariteticità, una volta rotti i rapporti di soggezione e di alienazione. Per cui se certamente molto c'era da ammirare nell'uomo sovietico, il molto era appunto
ROBERTO GUIDUCCI 49
nell'uomo minuscolo (Stalin = un cittadino qualunque), nel cittadino ignoto, vivo per, e soprattutto, nella collettività. Dunque, morale sì, per il socialismo, anzi affermazione decisiva che la morale marxista esiste e deve corrispondere esattamente ai principi cui nessuna tattica può far concessioni di sorta, ma morale che non si ferma alla moralistica e pretende la scienza (morale politica, non astratta), cioè la traduzione storicistica della denuncia e, di più, l'adeguamento esplicito di una politica e delle sue forme all'istanza morale pronunciata.
2) Stato e Partito.
La concezione della «dittatura del proletariato» è l'unica formula che sembra consentire una teorizzazione della diarchia PartitoStato nell'URSS, che si dà normalmente per scont[...]

[...]raggiungere ? In breve, come devono essere considerati i 193 milioni di sovietici che rientrano genericamente nel gruppo dei « senza partito » ? Se di fatto i termini dell'antagonismo di classe sono superati, quale senso ha la. preminenza partitica sullo Stato? Non deve tendere, viceversa, lo Stato ad oggettivare, appunto, questa assenza di suddivisione di classe in un « corpus » omogeneo ed egualitario di cittadini, i quali nei quaranta anni di socialismo si sono formati una coscienza ed una responsabilità sociale sulla cui esistenza non ci possono essere più dubbi ?
E qui le nostre domande vengono a confluire con quelle poste da Nenni nel suo saggio «Luci ed ombre del Congresso di Mosca » (« Avanti! », 2531956), domande che interamente sottoscriviamo. « E ancora il partito, nella sua struttura attuale, lo strumento adeguato per coordinare e guidare l'azione creativa (non nel solo senso manuale o tecnico) di codesti milioni di uomini ? Il partito deve stare, come sta, sopra lo Stato ? » « A quarant'anni dalla Rivoluzione d'ottobre la ' vita n[...]

[...]gico dell'unicità scientifica scende la giustificazione dell'unicità delle decisioni (e, detto per inciso, in questo quadro giustificativo rientrano le concezioni della teoria del riflesso, l'ontologizzazione metafisica della dialettica, l'indistinzio
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ne fra evoluzione naturale e progresso controllato, di cui si trovano ancora ampie tracce alla base degli ultimi scritti di Stalin, in particolare nei a Problemi economici del socialismo nell'URSS del 1952).
Viceversa proprio il mondo socialista che, operando il passaggio dal piano della necessità a quello della libertà, attraverso la risoluzione radicale dei conflitti di classe, si può concedere una concezione possibilistica della scienza. Se in gran parte le regole della libertà sono in una società borghese ben delimitate dalla pressione degli interessi, é nel mondo socialista che può nascere un autentico gioco di interessi diversi per la libertà.
Vediamo, quindi, per la società socialista prospettarsi una possibilità pluralistica, ma non tanto nella tradizionale incarnaz[...]

[...]ibilistica della scienza. Se in gran parte le regole della libertà sono in una società borghese ben delimitate dalla pressione degli interessi, é nel mondo socialista che può nascere un autentico gioco di interessi diversi per la libertà.
Vediamo, quindi, per la società socialista prospettarsi una possibilità pluralistica, ma non tanto nella tradizionale incarnazione partitica (che resta, tuttavia, necessaria nella società borghese anche per il socialismo, finché perdurino i termini della lotta di classe), quanto, piuttosto, in una alternativa di correnti, rappresentative non già di interessi, ma di possibilità realizzative diverse di un fine che resta comune. Il che comporta il presupposto di una solidarietà non intaccabile, oggettivata nello Stato prima, nel costume poi, e una diversa concezione della scienza (e della cultura) intesa come strumentalità pluralistica.
Si giunge così immediatamente al concetto di sviluppo democratico come può essere concepito nel socialismo: non piú come composizione di forze strutturali precise, di cui quella[...]

[...]o, in una alternativa di correnti, rappresentative non già di interessi, ma di possibilità realizzative diverse di un fine che resta comune. Il che comporta il presupposto di una solidarietà non intaccabile, oggettivata nello Stato prima, nel costume poi, e una diversa concezione della scienza (e della cultura) intesa come strumentalità pluralistica.
Si giunge così immediatamente al concetto di sviluppo democratico come può essere concepito nel socialismo: non piú come composizione di forze strutturali precise, di cui quella economicamente dominante è anche necessariamente la risultante e la vincitrice (società borghese), né come forza unica, solidale e disinteressata, in ogni caso, appunto perché unica (solidarietà nel positivo e nell'errore), tipica dello stalinismo, ma come sviluppo in cooperazione, disinteressato perché solidale, ma pluralistico nelle iniziative e nell'esperimentazione consentita (purché fondata su ricerche di fatto e scientificamente documentate) fra cui trascegliere via via il meglio e generalizzarlo (mediazione fra auto[...]

[...] è di doverci trovare oggi a ripetere, davanti agli avversari ghignanti, ciò che già Metello sapeva a memoria e non dubitava sarebbe mai stato dimenticato. Non accettia mo peraltro di metterci « alla scuola occidentale » solo perché questi nostri avversari hanno potuto verificare in noi solo un passaggio attraverso una parte dei loro errori permanenti, farci dire e farci fare qualcuna delle loro abituali crudeltà, che sono ancora oggi, mentre il socialismo se ne libera, sulle bocche (e sulle bocche dei fucili) degli oppressori del popolo spagnolo, dei colonialisti francesi e inglesi, degli sfruttatori delle fabbriche e delle campagne italiane e greche, degli industriali guerrafondai tedeschi. Dà tali maestri il socialismo ha già imparato abbastanza. Ciò che invece ci riguarda è la potenzialità occidentale, la possibilità di una sua invenzione rivoluzionaria, di un suo destino diverso e più complesso. Qui c'è tutto il nostro lavoro originale da compiere e tutta una eredità civile da conservare trasponendola al di là del salto qualitativo.
Un lavoro per noi e per altri (anche per i sovietici) dacché crediamo che, oggi, solo una ripresa panoramica, una risistemazione dei valori, una reinterpretazione del « nuovo mondo » per mutarlo di « nuovo », potrà consentire quel radicale passo avanti che speriamo, che ci oc[...]

[...]ni di parti diversissime sulla situazione determinatasi nel '17 in Russia, è difficile pensare che non fosse necessario un punto di trapasso rivoluzionario, una strumentazione dittatoriale per operare il salto, per avviare la macchina, tradizioni storiche russe ed educazione « orientalistica » di Stalin a parte.
della macchina che interessa parlare, e non ci sembra di dover spaventare gli storici dicendo che lo stalinismo fu « una delle vie del socialismo» in URSS, che una serie di circostanze determinò, e non la dialettica assoluta della storia, ma la dialettica appunto, relativa all'Unione Sovietica di allora, con gli uomini di cui disponeva, con le sue condizioni strutturali, con il suo grado di capacità e preparazione scientifica ed ideologica di affrontare i problemi. I veri dubbi che ci assillano (e ci interessano perché li sentiamo suscettibili di sviluppo per noi) sono quelli che derivano dall'aver constatato lo stato di permanenza di un regime di trapasso, quando non solo le prime vittorie furono conseguite, ma le ultime, forse conclu[...]

[...]sere la misura del suo pane, secondo quanto, anche per il suo esplicito contributo, si riesce a fare. Scompare la figura giudicante e insieme irresponsabile. La grande piramide staliniana sta per rovesciarsi. In alto, i Soviet. In basso, le apparecchiature coordinatrici, funzionali, operative, del piano a servizio dei Soviet.
6) Si può parlare dell'inizio dell'estinzione dello Stato ? Di primo passaggio dalla fase inferiore alla superiore ? Dal socialismo
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al comunismo ? La concezione staliniana era, come abbiamo prima accennato, basata su due cardini. Necessità del sistema centralistico della dittatura del proletariato per far fronte alla « latta di classe » prima, all'«accerchiamento capitalistico » poi.
Fin dal 1936 Stalin stesso chiariva essersi estinta ogni lotta di classe nell'URSS (e la Costituzione era la codificazione di questa vittoria), oggi Krusciov afferma: «si é formata sull'arena internazionale una vasta ' zona della pace ' che comprende, oltre i paesi socialisti, gli Stati non socialisti, europei e asiatic[...]

[...]unque, direttiva e ideologica della rivoluzione, viene ad assumere nelle circostanze attuali un aspetto diverso. Con lo sciogliersi dello Stato coercitivo in Stato amministrativofunzionale il compito del Partito inteso come creatore, ordinatore, sollecitatore dello Stato viene ad attenuarsi. Il criterio di determinazione e di scelta del proprio destino si spartisce nelle infinite volontà del cittadino sovietico, educato per quasi mezzo secolo al socialismo, ed ormai adulto.
L'evoluzione del socialismo non può più essere una evoluzione guidata e tutelata dall'alto. Il nemico interno, l'avversario oggettivo, forte della forza inerziale ed oppósitiva delle cose, è scomparso.
Stalin diceva già nel rapporto al XVII Congresso del Partito: « Invocare le cosiddette condizioni oggettive non è più ammissi
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bile ». « Dopo che la giustezza della linea del Partito é stata confermata dall'esperienza di molti anni, e la volontà degli operai e dei contadini di appoggiare questa linea non lascia più dubbio, la funzione della cosidetta condizione oggettiva si è ridotta al minimo, mentr[...]

[...]no » fossero realmente esistiti in URSS, se il sistema socialista li avesse veramente prodotti o sopportati ai più alti posti di responsabilità negli anni della Rivoluzione e in quelli della costruzione successiva, se « spie del nemico e agenti del capitalismo » avessero potuto per semplice gioco professionale elaborare teorie marxiste anche originali o comunque tecnicamente elaborate, ci sarebbe stato da disperare nell'uomo in quanto tale e nel socialismo anche.
Magari fosse stata possibile una spiegazione razionale dei fatti in questo senso! Viceversa non lo era e l'altra ipotesi si affacciò subito: divergenze politiche, errori politici. È terribile che il sistema debba essere così drastico verso chi commette errori — si pensava — ma le condizioni oggettive ancora lo richiedono. La rivoluzione ha il suo prezzo. E fa parte del suo prezzo anche il dare una qualificazione degradante di chi sbaglia: definitiva e senza residui deve essere la sua eliminazione sia fisica che morale. La « base » altrimenti non avrebbe potuto capire, non avrebbe pa t[...]

[...]va necessariamente adeguare tutta l'ideologia, perché qualsiasi apertura di discorso critico avrebbe immancabilmente aperto anche quello sulle epurazioni (come oggi avviene), e non si sarebbero più potute sopportare quelle spiegazioni ufficiali che a qualsiasi razionalità erano estranee e ripugnavano. Così il « caso dei processi » ebbe i riflessi più gravi forse proprio in questo: l'estremo limite di una posizione autocratica, mentre avviliva il socialismo compiendo questi atti, con la spiegazione che ne imponeva e l'omertà conseguente, lo portava, come ogni connivenza, al silenzio.
La controprova di questa spiegazione della « credenza non creduta » ci é stata data dal modo in cui furono accolte in « privato » da molti comunisti le « riabilitazioni ». Esse sono considerate verità note da tempo, ossia ovvietà che, finalmente, una nuova situazione consente di dire. Se ieri per le condanne non furono chieste prove perché non sarebbero state date, oggi non si chiedono le controprove che sarebbero date volentieri, perché ciò comporterebbe una fatic[...]

[...]politica estera e sull'internazionalismo.
La compresenza di ipotesi e di sforzi può, in un razionale coordinamento e in una unitarietà di intenti, cooperare ed anche accelerare il processo cui si vuol tendere, anche piú di una unitarietà forzata e costretta. È quanto, dopotutto, accadde nella « politica estera » del periodo staliniano in cui, pur essendo preminente la linea della conservazione e dell'irrobustimento della « politica interna » (« socialismo in un solo paese »), l'URSS concorse e cooperò alla conservazione della democrazia e alla estensione delle rivoluzioni comuniste negli altri paesi, anche se questo le poté costare di fatto la « guerra mondiale » prima e la « guerra fredda » poi. E la « ricerca della sicurezza », che rimase il carattere saliente di tutta la politica estera staliniana, non si può far ricadere, come fa ad es. volentieri il Deutscher, in una forma di « egoismo » russo via via sacrificante ogni rivoluzione altrui per la con
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servazione della propria. Anche il pur riservatissimo Beloff ammette [...]

[...]ria di fatto accompagnò la politica estera dell'URSS. Tale imprudenza oggi si ribalta in sicurezza e se il più diretto « accerchiamento socialista », la zona « neutrale », l'alleanza pacifica della « maggioranza » mondiale
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sono un fatto compiuto dalle rivoluzioni negli altri paesi, ciò giova all'URSS più che un maggior livello economico ed una maggiore facilità diplomatica. E la politica delle « vie nazionali » al socialismo e lo scioglimento « tattico » del « Cominform », che, per un certo aspetto, la liberano di fronte all'Occidente da dirette responsabilità nelle rivoluzioni altrui, ancora una volta la vincolano ad una « internazionale socialista », oggettivamente reale e paritetica, dalla quale non avrebbe senso che si esentasse, perché tale esenzione sarebbe anche la negazione della sua forza interna e della sua stessa natura.
10) Critica e autocritica.
Per questo dobbiamo rispondere ad una decima domanda non prevista, una domanda supplementare. « A che titolo parliamo noi oggi, critichiamo, verifichiamo l[...]

[...]olo parliamo noi oggi, critichiamo, verifichiamo la posizione dell'URSS ? Con quali doveri ? Con quali diritti ? ».
La risposta è breve. Non potremmo criticare e verificare l'URSS senza cadere, qualunque sia il grado della nostra buona féde, in una posizione ad essa antitetica, cioè nelle vesti dei suoi avversari, se non ne parlassimo nel campo socialista, se non pensassimo che tutto questo sia un lavoro comune, un collaborare allo sviluppo del socialismo.
I « consigli » all'URSS non hanno senso, se non sono sempre anche « consigli » per noi, e così pure le critiche, se non sono sempre anche critiche alle responsabilità che ci assumiamo solidarmente all'oggetto del nostro discorso. Parlare dell'URSS senza cadere in una posizione ad essa ostile od anche indirettamente opposta e nociva, é parlare non di un'URSS in sé, ma di un'URSS in noi, a cui siamo nettamente e senza residui legati nel quadro di un internazionalismo socialista. Di qui anche, e solo di qui, íl nostro diritto: ci è lecita la critica, perché é anche un'autocritica, ci sono leci[...]

[...]ultura » possa criticare con « neutralità » l'operato dell'Unione Sovietica, sia l'altra di non essere « autorizzati » al discorso, perché, pur appartenendo di fatto al « blocco storico » marxista, critichiamo l'URSS senza essere iscritti ad alcun partito di sinistrá (e forse per questo ci interessa tanto la posizione delle centinaia di milioni di cittadini sovietici o delle democrazie popolari, che sono senza partito pur essendo all'interno del socialismo).
Ai primi ci permettiamo ricordare che é ormai verificabile scientificamente nella storia che se la cultura non è necessariamente partitaria, essa é sempre politica e quindi impegnata; ai secondi che, se la cultura é sempre politica, il marxismo non é e non deve essere necessariamente partitario.
Per i secondi aggiungiamo, per quanto riguarda il contenuto di questo e di altri scritti critici marxisti sullo stalinismo, che non pensiamo assolutamente che siano privi di errori, di valutazioni parziali, ecc. Anzi, pensiamo che errori ci siano e che solo un lungo discorso, qui appena iniziato, [...]

[...]condi notiamo infine che, se per noi la fine del periodo staliniano è la chiusura di un'epoca oggettivamente costruttiva, non intaccata dai suoi errori che in misura particolare e ristretta, tuttavia l'esperimento che da questi errori possiamo trarre e non dobbiamo perdere é che se la verità non può, in un mondo diviso ed ancora oppresso, essere neutrale e anonima, essa non può neppure essere anonima e neutralizzata perché oppressa. E che per il socialismo unicamente un suo svolgersi in una « storia critica » é la sostanziale garanzia di una sua autentica e risolutiva « critica della storia ».
ROBERTO GUIDUCCI
ARTURO CARLO JEMOLO
Cari amici,
non sono in grado di rispondere a molte delle vostre do
mande perché non ho conoscenza adeguata dell'argomento.
Mi limiterei a queste osservazioni.
1. Ciò che segue in Russia mi pare confermi una osservazione che già parecchi di noi formulavano molti anni or sono: non potersi parlare genericamente di tutti i totalitarismi, ma doversi distinguere quelli di vera origine rivoluzionaria (nel significato [...]



da (Nove domande sullo stalinismo) Giuseppe Chiarante in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: [...] società russa ovvero costituiscono un decisivo passo avanti teorico e pratico per lo sviluppo 'del sistema mondiale?
3) Quale significato ha e quali problemi investe l'attuale tentativo di superamento degli schemi staliniani ?
I
L ormai generale, fra gli uomini di cultura di ogni parte politica, l'accordo nell'individuare le caratteristiche distintive dell'opera di Stalin: da un lato la tesi della possibilità di una compiuta edificazione del socialismo in un solo paese; dall'altro la forma particolarmente rigida di direzione politica. Lo stalinismo, quindi, può essere considerato nel suo complesso un momento necessario della rivolu
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zione sovietica solo nella misura in cui si riesca a dimostrare: 1) che la tesi sull'edificazione socialista in un solo paese era una verità scientificamente accertabile; 2) che da essa derivava, in via di stretta necessità, un grave irrigidimento nel sistema di gestione del potere.
Il primo punto di questa dimostrazione non parrebbe, in sé, molto arduo e complesso. Gran parte d[...]

[...]una verità scientificamente accertabile; 2) che da essa derivava, in via di stretta necessità, un grave irrigidimento nel sistema di gestione del potere.
Il primo punto di questa dimostrazione non parrebbe, in sé, molto arduo e complesso. Gran parte degli stessi avversari di Stalin, infatti, pressati dall'eloquenza dei successi sovietici, non possono ormai evitare un riconoscimento dell'esattezza della posizione staliniana sull'edificazione del socialismo in un solo paese. Ma, anche a voler trascurare l'obiezione classica dei trotskisti (i quali insistono nel sostenere che la rivoluzione non si è trasmessa all'Occidente perché con troppa tepidezza e troppi errori si è perseguito tale obiettivo), rimane di fatto che se non si approfondisce l'analisi sulla natura e sulle implicazioni di questa tesi di Stalin, non si può neppure cogliere il significato complessivo della sua politica e tanto meno storicamente comprendere gli aspetti più coercitivi e autoritari della sua gestione del potere.
Tutti coloro infatti — fra i critici del grande rivoluzi[...]

[...]ndisce l'analisi sulla natura e sulle implicazioni di questa tesi di Stalin, non si può neppure cogliere il significato complessivo della sua politica e tanto meno storicamente comprendere gli aspetti più coercitivi e autoritari della sua gestione del potere.
Tutti coloro infatti — fra i critici del grande rivoluzionario, socialdemocratici o radicali di sinistra che fossero — che pur hanno ammesso l'esattezza del principio dell'edificazione del socialismo in un solo Stato, hanno però sempre considerato tale linea una semplice scelta politica suggerita dalle circost ‘ize, che, come tale, non mutava i termini sostanziali dei proble _1 rivoluzionari. Diveniva.
allora logico che, nella misura in cui stalinismo si allontanava
dagli schemi di direzione politica consueti al marxismoleninismo, se ne denunciasse la degenerazione, la involuzione illiberale.
Ma, a mio avviso, così non é. La tesi staliniana sull'edificazione del socialismo rappresenta — almeno a me pare — l'accertamento scientifico di una situazione storica per molti aspetti non previs[...]

[...]però sempre considerato tale linea una semplice scelta politica suggerita dalle circost ‘ize, che, come tale, non mutava i termini sostanziali dei proble _1 rivoluzionari. Diveniva.
allora logico che, nella misura in cui stalinismo si allontanava
dagli schemi di direzione politica consueti al marxismoleninismo, se ne denunciasse la degenerazione, la involuzione illiberale.
Ma, a mio avviso, così non é. La tesi staliniana sull'edificazione del socialismo rappresenta — almeno a me pare — l'accertamento scientifico di una situazione storica per molti aspetti non prevista da Marx o da Lenin, e che era tale, per le sue concrete condizioni,. da comportare una forma molto rigida di gestione del potere.
Certo questa « novità » della posizione staliniana viene faticosamente in luce, oscurata come é dagli sforzi di Stalin stesso e di
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tutta la cultura sovietica, che ha teso per lunghi anni a negare ogni soluzione di continuità, sia pure formale, fra la linea e la dottrina di Lenin e quelle del suo continuatore. Ma ove si sbaraz[...]

[...] che avrebbe dovuto, necessariamente e a breve scadenza, investire l'Occidente capitalistico e trovarvi il suo reale epicentro. Anche nel brano famoso dello scritto «Sulla parola d'ordine degli Stati Uniti d'Europa », più volte utilizzato da Stalin, non è difficile avvertire questa ambivalenza nella sua posizione: «L'ineguaglianza dello sviluppo economico e politico è una legge assoluta del capitalismo. Ne risulta che è possibile la vittoria del socialismo, all'inizio, in alcuni paesi capitalistici o anche sn un solo paese capitalistico preso separatamente. Il proletariato vittorioso di questo paese, espropriati i capitalisti e organizzata la produzione socialista, si solleverebbe contro il resto del mondo capitalista, attirando a sé le classi oppresse degli altri paesi, spingendole a insorgere contro i capitalisti, intervenendo, in caso di necessità, anche con la forza armata contro le classi sfruttatrici e i loro Stati » (3).
Questa ambivalenza della sua posizione I .gin la risolveva, in verità, attraverso la sua ferma convinzione che il pro[...]

[...]ialista. In tal modo l'URSS non era più semplicemente il punto di avvio di un processo che subito avrebbe trovato al di fuori delle sue frontiere il proprio principale sostegno, ma rappresentava un'esperienza rivoluzionaria autonoma, il naturale punto di applicazione delle forze proletarie al livello da esse raggiunto nel 1917, il sicuro fondamento di ogni nuovo, futuro tentativo. Diveniva perciò necessario disporsi a costituire fino in fondo il socialismo poggiando sulle sole energie locali, senza cioè poter « giovare dell'aiuto economico del proletariato occidentale al potere » (Trotski) e sotto la pressione di uno schieramento imperialistico ricostituito nella sua unità e nella sua forza.
Da quel momento la tesi marxiana secondo la quale la rivolu' zione rappresentava il punto conclusivo del naturale sviluppo capitalistico e doveva quindi combattere la sua prima e decisiva battaglia entro l'ambito dei paesi economicamente progrediti veniva definitivamente superata. E, su questa base, è facile comprendere come l'innovazione staliniana, al di[...]

[...]tto, letterale e scolastico del secondo ? Non é questa, metodologicamente, una nuova e ancor più decisiva battaglia (anche se simile a quella condotta da Lenin sul problema della pace di BrestLitowsk contro l'astrattismo dottrinario di un Bukarin) per ridurre realmente il marxismo alla sua esatta funzione di c scienza dello sviluppo della società » ?
Analoga considerazione può riferirsi al problema del superamento del determinismo. Edificare il socialismo in un solo paese, in condizioni economiche arretrate, trascinando enormi masse non proletarie, sotto la pressione dei tentativi controrivoluzionari della borghesia internazionale: é questo un disegno che, quanti altri mai, sottolinea le capacità dell'uomo, della classe, del partito, nel mutare il mondo circostante, nel superare gli ostacoli creati dalla storia e dalla natura.
Quella frase di Lenin, che fu più volte utilizzata da Zinoviev, e Ho già avuto occasione di dire: per i russi, in confronto ai paesi avanzati, é stato più facile iniziare la grande rivoluzione proletaria; ma sarà per es[...]

[...]maturazione statuale, era chiamato a sollecitare la rottura dell'egemonia liberalborghese e insieme a correggere la logica catastrofica del processo capitalistico.
Da quanto sono venuto fin qui esponendo penso si possa, ragionevolmente, dedurre una spiegazione e una giustificazione storica delle stesse forme di direzione politica staliniana.
Quali erano, infatti, sul piano dei concreti problemi di politica
(6) Stalin, I problemi economici del socialismo in URSS, pag. 9.
GIUSEPPE CHIARANTE
26 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
interna le dirette, gravissime conseguenze che derivano dalla necessità di edificare, con le sole forze sovietiche, una integrale società socialista ? Analizziamole cercando di seguire a grandi linee lo sviluppo cronologico della politica di Stalin.
In primo luogo la rinuncia alla rivoluzione mondiale comportava necessariamente una fiera lotta all'interno del partito bolscevico. Non dobbiamo infatti dimenticare, da un lato, quanto quella tesi suonasse nuova alla sensibilità ideologica dei quadri leninisti e, dall'altro, com[...]

[...]svolto e che in effetti nell'ultimo ventennio è stata a più riprese formulata da diverse correnti politiche e culturali,
e in particolare dalla socialdemocrazia di sinistra. Si può infatti obiettare: ammettiamo pure che l'opera di Stalin rappresenti la necessaria linea di sviluppo, nelle concrete condizioni in cui si trovava l'Unione Sovietica, della rivoluzione leninista del 1917. Ciò non toglie che essa rappresenti una via di edificazione del socialismo adeguata soltanto alla situazione di un paese arretrato quale era la Russia, e perciò di gran lunga inferiore alla via, gradualistica nei suoi metodi e rispettosa nella sua sostanza dei classici istituti dello Stato liberale, indicata già da tempo dall'interpretazione socialdemocratica del marxismo.
E chiaro qual è il corollario che discende da questa tesi: la rivoluzione sovietica non è in alcun modo un fatto di' valore mondiale
e perciò da essa ben poco ha da apprendere l'evoluto socialismo europeo; anzi la Russia stessa, colmato il distacco che la separava nel grado di sviluppo economico[...]

[...] paese arretrato quale era la Russia, e perciò di gran lunga inferiore alla via, gradualistica nei suoi metodi e rispettosa nella sua sostanza dei classici istituti dello Stato liberale, indicata già da tempo dall'interpretazione socialdemocratica del marxismo.
E chiaro qual è il corollario che discende da questa tesi: la rivoluzione sovietica non è in alcun modo un fatto di' valore mondiale
e perciò da essa ben poco ha da apprendere l'evoluto socialismo europeo; anzi la Russia stessa, colmato il distacco che la separava nel grado di sviluppo economico dalle più progredite nazioni dell'Occidente, è a sua volta destinata, per uscire dall'ancor barbarica autocrazia staliniana, ad assumere le più « civili » strutture politiche delle moderne democrazie occidentali.
Quest'obiezione, che conduce, necessariamente, a misconoscere il grande valore della rottura storica operata dalla Rivoluzione d'Ottobre e a patrocinare una sbrigativa liquidazione di tutta l'esperienza politica staliniana (e al fondo anche di quella leninista), è stata variamente for[...]

[...]torna a ripresentarsi nella mente di molti critici ed osservatori, sia pure sotto una veste più raffinata e scaltrita di quella tradizionale.
Nel periodo fra le due guerre, infatti, una simile valutazione della rivoluzione sovietica portava fatalmente, date le difficoltà in cui ancora questa si dibatteva, a considerarla quasi esclusivamente come un fatto « asiatico », da cui nessun contributo neppure indiretto poteva venire all'edificazione del socialismo in Occidente. Dopo il grande concorso portato dalla Russia alla guerra antifascista e le vicende internazionali degli ultimi anni, una simile posizione é divenuta invece difficilmente sostenibile: e così oggi la socialdemocrazia di sinistra (si pensi, ad esempio, ad un Bevan o al gruppo francese di France Observateur) é stata portata ad assumere nei confronti dell'URSS un atteggiamento che appare, almeno in superficie, meno frettoloso e meglio criticamente fondato. Da parte di tale corrente, infatti, si tende ora a riconoscere che l'Unione Sovietica può svolgere, a determinate condizioni, un [...]

[...] il giudizio di fondo, e quindi l'affermazione della decisa inferiorità, dovuta all'estrema arretratezza delle condizioni di partenza del processo rivoluzionario, dello Stato stalinista rispetto all'assetto statuale proposto dalla socialdemocrazia più avanzata.
A dimostrare l'estrema debolezza di questa obiezione potrebbe anche esser sufficiente — mi pare — il richiamo a quanta si é detto in precedenza riguardo al problema dell'edificazione del socialismo in un solo Stato. Si é visto infatti come tale dottrina rappresenti non già il frutto.di una scelta empirica, per ciò stesso teoricamente non più valida di altre possibili scelte, ma sia il logico punto d'arrivo della costruzione di una teoria politica scientificamente determinata (e quindi non più genericamente ideologica) sulla rivoluzione socialista e sulle sue condizioni obiettive in una particolare fase storica. E si è pure visto come, fra le concrete condizioni che hanno portato in URSS nell'era staliniana all'adozione di metodi di governo di
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accentuata r[...]

[...] e staliniana. sull'argomento. La dittatura del proletariato non va confusa — affermano preliminarmente Lenin e Stalin — con la conquista violenta del potere. «La rivoluzione può vincere la borghesia, abbatterne il potere anche senza la dittatura del proletariato — scrive Stalin nei Principii del leninismo —, ma la rivoluzione non può schiacciare la resistenza borghese, salvaguardare la vittoria e procedere oltre verso la vittoria definitiva del socialismo se a un certo momento del suo sviluppo non si crea un organo speciale: la dittatura del proletariato, suo appoggio fondamentale » (7).
La dittatura non é dunque necessaria al proletariato per conquistare il potere, ma piuttosto perché, una volta compiuta tale conquista, sia possibile procedere alla demolizione delle basi economicosociali della divisione della società in classi e così aprire la strada ad una più ampia libertà. I motivi su cui tale necessità si fonda possono cosí essere sintetizzati (mi attengo, per ora, alle formulazioni date al problema da Lenin e Stalin in,relazione alla si[...]

[...]tto, la rottura di una serie di posizioni economicosociali cristallizzate, di cui fruiscono non solo la grande e media borghesia, ma anche la piccola borghesia e il medio ceto. Lo strumento politico della dittatura del proletariato si manifesta perciò necessario per poter condurre avanti vittoriosamente un processo di sviluppo tanto faticoso (cfr.: Lenin, Discorso agli operai ungheresi: «Lo scopo [della dittatura del proletariato] é di creare il socialismo, di eliminare la divisione sociale della società in classi, di fare di tutti i membri della società dei lavoratori, di togliere la base ad ogni sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo. Questo scopo non può essere raggiunto di colpo: esso esige un periodo abbastanza lungo di transi
(8) Lenin, Opere, vol. XXIII pag. 354.
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zione dal capitalismo al socialismo, perché la riorganizzazione della produzione è cosa difficile, perché occorre del tempo per operare delle trasformazioni radicali in tutti i campi della vita, perché la forza enorme dei costumi economici piccoloborghesi può essere superata soltanto attraverso una lotta lunga e accanita » (9).
e) Infine, non va dimenticato che lo Stato socialista si viene edificando sotto la pressione della borghesia internazionale che fa gravare su di esso una continua minaccia di guerra; e ciò comporta inevitabilmente restrizioni e sacrifici.
Questo lungo richiamo alle tesi di Lenin e Stalin sulla dittatur[...]

[...]inevitabilmente restrizioni e sacrifici.
Questo lungo richiamo alle tesi di Lenin e Stalin sulla dittatura del proletariato mi è parso necessario perché ritengo che esso ponga bene in luce come, nello sviluppo della rivoluzione sovietica, tale forma di gestione del potere non sia stata il frutto di una scelta empirica, ma abbia rappresentato scientificamente ii necessario passaggio per il superamento della società classista e l'edificazione del socialismo: e abbia segnato quindi, sotto questo aspetto e nel senso indicato, anche un decisivo passo avanti sulla strada della libertà. E del resto, la teoria leninista sull'estinzione dello Stato, anche da Stalin mai ripudiata, non sta proprio a rappresentare, pur con i suoi evidenti limiti di sapore anarchicheggiante, come la meta cui necessariamente tende quel processo rivoluzionario che ha la dittatura del proletario come suo momento, sia proprio la crescita della libertà ?
D'altra parte, il decisivo significato che ha avuto, anche sul piano mondiale (nel senso di render possibile l'uscita dall'a[...]

[...]al loro sbocco catastrofico: laddove invece l'esperienza sovietica ha stabilito un punto fermo da cui é oggi possibile muovere per un ordinato sviluppo dell'assetto mondiale.
É per questo che la vicenda politica staliniana, anziché essere considerata come un fenomeno tipico di un paese arretrato, va storicamente collocata come un fatto di indubbio valore universale. Certamente oggi, spezzatosi l'accerchiamento capitalista e superata la fase del socialismo in un solo Stato, anche il concetto di dittatura del proletariato può essere, non solo nella teoria ma anche nella pratica, progressivamente depurato dei suoi caratteri oppressivi e violenti, e venire inteso soprattutto come la dottrina della necessaria egemonia del proletariato all'interno di un fronte di alleanza che fornisca una base stabile per l'edificazione del socialismo. E del resto Stalin stesso, nei Principi del leninismo, scriveva già nel 1924: u Certo in un avvenire lontano, se il proletariato vincerà nei principali paesi capitalistici e se l'attuale accerchiamento capitalistico sarà sostituito da un accerchiamento socialista, una via pacifica di sviluppo sarà del tutto possibile per alcuni paesi capitalistici, in cui i capitalisti, di fronte a una situazione internazionale sfavorevole, giudicheranno opportuno fare essi stessi delle concessioni serie al proletariato» (10).
Ma ciò che anche nella nuova situazione rimane valido é il nucleo essenziale dell[...]

[...]ficato: é chiaro infatti che un sistema politico durato per tanti anni lascia dietro di sé cristallizzazioni e bardature che, anche quando si rivelano non più adeguate al nuovo stato di cose, non possono essere demolite senza contrasti e senza lotte.
Qual é il motivo che rede oggi necessaria una revisione della politica staliniana ? Essenzialmente il fatto che il periodo storico cui tale politica rispondeva, e cioè la fase dell'edificazione del socialismo all'interno di un solo Stato é oggi definitivamente chiusa. Logicamente tale fase è terminata sin dal momento della conclusione vittoriosa della guerra antifascista; su un piano storico più empiricamente determinato, é stato il successo della rivoluzione in Cina che ha sanzionato in modo non piú rifiutabile la rottura del mercato mondiale capitalistico e il consolidamento di un mondo socialista ormai in grado di porre la sua candidatura a forza egemone dello sviluppo politico.
In questa situazione i metodi di governo accentuatamente
GIUSEPPE CHIARANTE 39
rigidi e autoritari usati da Stalin[...]



da Roberto Pertici, Giovanni Amendola: l'esperienza socialista e teosofica (1898-1905) in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - marzo - 31 - numero 2

Brano: [...]. Poi l'antagonismo con la Francia: Bismarck, la guerra. (...) Un vecchio (Crispi), un forte vecchio autoritario e terribile — i nostri padri che erano stati, poniamo, garibaldini, ne parlavano col rispetto, un po' confidenziale, che si ha per il vecchio compagno, quello della prima ora, e dell'ora culminante. In questo modo l'anima del vegliardo settantenne si comunicava a quella di un bambino italiano di dieci anni. (...) Bisognava arrivare al socialismo prima del '98 — e passare oltre la politica dopo il '900 — per trovarsi all'unisono col ritmo piú profondo della vita nazionale. E molti giovani sono passati per questo cammino: nel '98 andammo a deporre corone nella camera ardente di Cavallotti, come in pellegrinaggio 5.
4 Antonio Fogazzaro. Saggi e giudizi, numero unico, giugno 1911, Firenze, tip. E. Ducci, p. 13.
5 Francesco Crispi, « La Voce », 26 gennaio 1911; ora in Amendola e «La Voce », a cura di Giuseppe Prezzolini, Firenze, Sansoni, 1973, pp. 2178.
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Dunque: garibaldinismo, il Crispi rivoluzionario del 1860[...]

[...]i di cui si ricordavano le glorie garibaldine del 1860, la battaglia da sinistra contro il trasformismo di Depretis, l'anticlericalismo ed al contempo la professione di fede in Dio, le esaltazioni dei valori morali, le sdegnose ripulse dell'ateismo materialistico 6. Insomma, nell'adolescenza di Amendola sembrano coesistere anticlericalismo e nuova religiosità, libero pensiero e suggestioni mistiche, azione politica e riforma morale: anche il suo socialismo giovanile è plasmato, in molti aspetti, da queste coordinate culturali.
Ci restano poche e generiche notizie di questa milizia socialista e le stesse testimonianze della moglie e del figlio Giorgio non concordano del tutto '. Tuttavia sembra indubitabile, anche sulla base del frammento autobiografico testé citato, che Amendola sia arrivato al socialismo prima del '98; da un accenno contenuto in una lettera inviatagli da Alfred Meebold nel 1904 (Kühn, p. 67), si coglie la notevole influenza che, in tutta questa fase, esercitò il pensiero di Napoleone Colajanni. In verità, a proposito dello studioso siciliano, si può parlare di socialismo solo in senso lato: anche se la sua posizione fu spesso vicina a quella dei socialisti, sul piano teorico egli non giunse mai ad accettare una concezione classista della società. In questo mazzinianesimo rivisitato, il giovane Amendola trovava un naturale sviluppo degli atteggiamenti radicali, ereditati dalla tradizione risorgimentale, tipici della sua famiglia, e soprattutto una
6 Sugli ambienti protestanticomazziniani operanti nel Risorgimento sono ancora da leggere le pagine di GIORGIO SPINI, Risorgimento e protestanti, Napoli, E.S.I., 1956. Per le attese suscitate dalla presa di Roma in [...]

[...] ai tempi nostri, Roma, Doxa, 1929, pp. 489.
7 Kün x , pp. 145; GIORGIO AMENDOLA, Una scelta di vita, Milano, Rizzoli, 1976, p. 82.
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forte accentuazione degli aspetti umanitari e morali dell'ideale socialistico, ai quali egli stesso era molto sensibile: « Colajanni non ha mai cessato di annettere importanza grandissima alle considerazioni morali — avvertiva Georges Sorel nella sua prefazione alla versione francese di Il Socialismo — e su questo punto essenziale si separava dai marxisti di quel tempo » a. Proprio nella seconda edizione di questo libro, avvenuta presso Sandron nel 1898, il Colajanni aveva dato prova della centralità di questi suoi interessi, aggiungendo un intero capitolo dedicato alla questione della Morale del socialismo ed eliminando i passi piú spiccatamente spenceriani della prima edizione. Nel nuovo capitolo, l'autore cercava, fra l'altro, di dimostrare che « il sentimento, l'elemento etico non contraddice, ma completa la critica materialistica della società presente » (p. 178), facendosi banditore di un socialismo inteso come lotta per rendere piú libera la spiritualità umana, di cui non a caso additava in John Ruskin l'apostolo piú caloroso e geniale.
Profondo interesse suscitò in Amendola anche l'ideale socialistico di Saverio Merlino. Nell'articolo Il misticismo contemporaneo (13 febbraio 1900), in polemica col « socialismo rivoluzionario » del Ferri, Amendola riporta una lunga citazione del « revisionista » napoletano in cui si afferma che « ... il socialismo non è una dottrina, ma è una tendenza, un complesso di sentimenti e di idee che agitano gli animi, mutano i costumi e tendono a mutare in meglio, cioè a rendere piú eque le relazioni fra gli uomini... Niente di ciò che appartiene al perfezionamento vuoi dell'individuo, vuoi della società, è estraneo al socialismo ». Questa definizione è tratta dall'articolo introduttivo della « Rivista critica del socialismo » 9, che il Merlino pubblicò per tutto il 1899; rivista eclettica, in cui il giovane Amendola poteva trovare una concezione di fondo ostile al marxismo cosí nel campo delle teorie economiche come in quello delle idee filosofiche, ferma nella convinzione che il socialismo sia in definitiva il portato di un'idea di giustizia in continua espansione, piú che di stringenti contraddizioni economiche e sociali.
Se si può parlare dunque di un socialismo giovanile di Giovanni Amendola, si trattò certamente di un socialismo lontano da Marx, dalla lotta di classe, dal materialismo; un socialismo inteso come elevazione morale, evoluzione delle coscienze, riforma delle intelligenze, che — come dice Amendola nello stesso articolo — « non è una dottrina, non è un sistema aprioristico, ma è un grande movimento di elevazione umana, che ha invaso e conquistato tutti gli uomini, coscienti od incoscienti ». Questo filone socialistico non si sente e non vuol essere espressione di una classe, ma diventa speranza, aspirazione di tutta l'umanità. Ciò che preme ad Amendola è di mostrare che un socialismo cosí inteso non è in contrapposizione alle emergenti correnti spiritualistiche. A suo
8 GEORG[...]

[...]lle coscienze, riforma delle intelligenze, che — come dice Amendola nello stesso articolo — « non è una dottrina, non è un sistema aprioristico, ma è un grande movimento di elevazione umana, che ha invaso e conquistato tutti gli uomini, coscienti od incoscienti ». Questo filone socialistico non si sente e non vuol essere espressione di una classe, ma diventa speranza, aspirazione di tutta l'umanità. Ciò che preme ad Amendola è di mostrare che un socialismo cosí inteso non è in contrapposizione alle emergenti correnti spiritualistiche. A suo
8 GEORGES SOREL, Prefazione al « Socialismo » di Colajanni, in Saggi di critica del marxismo, pubblicati per cura e con prefazione di Vittorio Racca, MilanoPalermo, Sandron Ed., 1903, p. 383.
9 LA RIVISTA (ma S. Merlino), Un po' di prefazione, «Rivista critica del socialismo », I, fasc. I, 1 gennaio 1899, pp. 34.
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giudizio, non dagli ambienti cattolici, che potrebbero essere in qualche modo sospetti di nostalgie oscurantistiche, scaturiscono quelle correnti: « il misticismo, ... il vero grande movimento spirituale rinascente negli uomini dopo la istaurazione del sistema positivo, ci viene dai socialisti e dagli anarchici », per cui esso « non potrà dire all'Ibsen e al Tolstoi: voi siete dei mistici reazionari », ma dovrà ammettere che « il misticismo non è un frutto della reazione borghese, ma un movimento essenzialmente moderno ». Da cer[...]

[...]misticismo non è un frutto della reazione borghese, ma un movimento essenzialmente moderno ». Da certi ambienti socialistici ed anarchici nasce, dunque, secondo Amendola, lo « spirito nuovo »: con tutta probabilità, egli alludeva non solo a Merlino, ma a Ruskin e William Morris, Edward Bellamy e Benoit Malon, Jean Jaurès ed Annie Besant, ed in Italia ad Ernesto Bignami e Giuseppe Rensi 10. Partendo da una nozione cosí generica di misticismo e di socialismo, è chiaro che il giovane Amendola poteva fondere in uno movimenti profondamente diversi, unificati in qualche modo soltanto da una netta avversione verso lo scientismo positivistico ed il materialismo marxistico, venati di non infrequenti nostalgie per società non « abbrutite » dal macchinismo e dall'espansione della tecnica.
Dagli articoli comparsi su « La Capitale » traluce anche l'impostazione filosofica del pensiero dell'Amendola diciottenne: contro il « positivismo aprioristico », egli simpatizzava per un « positivismo sano ed equilibrato ». Si tratta, di fatto, di un'adesione che comin[...]



da (Nove domande sullo stalinismo) Valdo Magnani in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: VALDO MAGNANI
1. Nel secondo dopoguerra, malgrado l'immenso e legittimo prestigio dell'Unione Sovietica per il suo decisivo concorso alla vittoria, le conseguenze funeste dei metodi di Stalin apparivano sempre più gravi. La rottura della solidarietà pur viva durante la guerra — tra comunismo sovietico e socialismo occidentale, il conflitto con la Jugoslavia rivoluzionaria, la necessità di ripetuti processi terroristici nei paesi di democrazia popolare, la guerra di Corea e il conseguente riarmo dell'Occidènte sotto il . comando americano, questi ed altri fatti, come l'arretratezza di alcuni settori tecnici e culturali sovietici, erano sintomi allarmanti di una situazione che poteva volgere al peggio. Gli attuali dirigenti del PCUS, dopo la morte di Stalin, in ragione della loro ormai scoperta e diretta responsabilità, hanno presa più viva coscienza della necessità di rivedere impostazioni ormai superat[...]

[...]e scritta ? La risposta a questa domanda, nel campo socialista, é fondata su una estensione temporale del momenta di eccezionalità della rivoluzione nelle condizioni particolari della Russia del 1917 e dopo, sia in considerazione della situazione interna del paese, sia in considerazione dell'atteggiamento di tutto il resto del mondo verso il primo Stato in cui i capitalisti sono stati espropriati. La necessità di intraprendere la costruzione del socialismo in un solo paese e precisamente in un paese di violentissimi contrasti di classe e quindi esplosivo (ciò che ha permesso la vittoria dei bolscevici nella rivoluzione e nella successiva guerra civile), ma grandemente arretrato nei confronti dell'occidente europeo stabilizza per un lungo periodo la fase delle via lenze e delle illegalità tollerate per aprire la strada ad una sostanziale democrazia. L'affermazione di Nenni che ora sta per chiudersi il periodo del « comunismo di guerra » corrisponde a questa tesi. Essa é certo valida per l'impostazione del problema, ma, mi sembra che l'analisi de[...]

[...]vuto il loro presupposto negli interessi particolari di alcune caste burocratiche in urto con gli interessi generali della società sovietica. Così si spiega, in termini non fatalistici ma tali da contenere l'indicazione di una lotta positiva da condurre, il prevalere di tesi erronee in alcuni settori, ivi compresa la politica estera. (Ad esempio la tesi tipicamente cominformista, che identificava, dopo la seconda guerra mondiale, la vittoria del socialismo nel mondo con l'estensione del potere statale e militare sovietico. Come é noto questa concezione staliniana sta all'origine del conflitto con la Jugoslavia socialista). Nel passaggio dal comunismo di guerra alla NEP, alle forme di centralizzazione burocratica esasperata, alla ricerca, ora intrapresa, di forme decentrate con accentuazione delle autonomie vi è l'indicazione di una problematica nuova, la problematica di una società socialista in quelle particolari condizioni.
In secondo luogo occorre vedere le forme particolari, russe, in cui si è espresso il tentativo di conciliare i principi[...]

[...]viluppo, lo ricongiunge, cancellando l'immobilismo dogmatico, con la dottrina marxista vivente che é fame di realtà in sarcastica polemica con tutte le apologie, ristabilisce i contatti dialettici e fecondi con tutto il movimento socialista e democratico mondiale. Il carattere particolare dello sviluppo sovietico viene così affermato e valutato come esperienza drammatica e irripetibile, ma di inestimabile valore nel cammino dell'umanità verso il socialismo.
III. Non è la morte di Stalin la caduta dello stalinismo. Nessuno ha tentato di sostituirsi a Stalin cercando di eliminare i concorrenti per riprendere le tradizioni metodologiche e politiche del dittatore. La scomparsa dell'autocrate é stata il catalizzatore di un movimento di fondo che lentamente montava. I successori se ne sono fatti portatori proclamando appunto non la fine del «culto di Stalin » ma la fine del « culto della personalità » e determinando quella svolta del cui significato stiamo discutendo. L'analisi delle condizioni nelle quali lo « stalinismo » si è affermato contiene i[...]

[...]rghe e ai processi non solo in quanto sopprimevano o riducevano all'impotenza sostenitori di tendenze diverse ma in quanto pretendevano di imporre la falsa accusa di tradimento, di spionaggio ecc. Tuttavia — ecco la tragedia dell'antistalinismo nel mondo sovietico e in quello comunista sinceramente convinto della necessità preliminare di difendere lo. Statoguida — era possibile tradurre in una politica, cioè in una azione efficiente a favore del socialismo la rivolta moralmente giusta ? Per avere chiari i termini dell'angosciosa alternativa si può pensare all'opposizione morale, nella sfera capitalistica, alla disumana ferocia delle forme di sfruttamento delle donne dei bambini degli operai nei decenni dell'industrialismo nascente. La maggior parte di coloro che erano sensibili al richiamo morale si limitavano a cercare di essere più buoni nell'ambito del sistema, i pochi che tentavano un'opposizione politica erano per lo più giudicati traditori, delinquenti e così via. L'analogia, poiché solo di questo si tratta, sta ad indicare che se il prob[...]

[...]gini proprio in questa coscienza dell'impassibilità di trasformare la propria testimonianza di verità (moralmente non solo ineccepibile, ma eroica) in un atto politico positivo ai fini della rivoluzione socialista in cui si crede e a cui si è dedicata la vita. Nel conflitto la persona soccombe in un martirio che è il simbolo del travaglio di una società alle doglie del parto.
Dopo la seconda guerra mondiale finisce la fase della costruzione del socialismo in un solo paese. Parecchi stati sono sulla via del socialismo, in una serie di altri la necessità e la possibilità di trasformazioni socialiste si pone immediatamente. I rapporti tra i partiti comunisti fuori dell'URSS e gli altri settori del movimento operaio e democratico — già vivificati dalla politica unitaria dei fronti popolari contro il fascismo — si pongono, dove i partiti comunisti sono diventati grandi organismi di massa, sotto il profilo della realizzazione di una politica nazionalepopolare cui l'egemo
VALDO MAGNANI 91
nia ideologicopolitica dello Statoguida é sempre più estranea. Per l'URSS più ancora, a mio parere, dell'aumentata produzio[...]

[...] e democratico di tutto il mondo. Il problema morale a cui si accennava sopra é diventato problema politico, un problema la cui soluzione dialettica é già definita nei suoi contorni. 11 dilemma stalinismoantistalinismo segna l'origine storica della problematica nuova ma perde ogni rilievo proprio con la caduta dello stalinismo. I termini della soluzione stanno invece nella necessaria diversità delle vie percorribili da ogni paese per giungere al socialismo mentre viene mantenuta la solidarietà generale tra i movimenti popolari e democratici di tutto il mondo (problema della pace).
A questa nuova fase si é passati non senza lotte, momenti di estrema tensione e di rischio. Il momento o stalinista » dell'URSS, superato dalla guerra vittoriosa e dai nuovi rapporti di forza stabilitisi nel mondo, aveva aumentato perciò stesso il suo carattere coercitivo. Il divario con la nuova realtà andava crescendo e lo stalini
92 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
smo si imponeva verso l'esterno come elemento deformatore del corso rivoluzionario in atto nelle democra[...]

[...]nel mondo, aveva aumentato perciò stesso il suo carattere coercitivo. Il divario con la nuova realtà andava crescendo e lo stalini
92 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
smo si imponeva verso l'esterno come elemento deformatore del corso rivoluzionario in atto nelle democrazie popolari. I processi, oggi sconfessati, indicavano che la politica stalinista sfiorava il limite di un atteggiamento imperialistico nei rapporti tra Stati socialisti o avviati al socialismo. Il conflitto russojugoslavo segnava la maturità politica del problema, indicandone i termini e la possibile soluzione. I partiti comunisti italiano e francese, rinvigoriti e inseriti nella storia del loro paese attraverso la guerra popolare di liberazione si vengono a trovare in una posizione ambigua poiché mentre sono sospinti a diventare l'elemento indispensabile —e forse principale — di un sistema di alleanze socialiste e democratiche la vecchia impostazione li impaccia fino a rendere inefficiente la politica cui pure giustamente aspirano.
La condanna del « culto della personalità » é du[...]

[...]ialismo storico é interpretazione del mondo al fine di mutarlo e pone quindi al centro della storia l'attività umana creativa dei suoi fini nella
VALDO MAGNANI 93
coscienza delle sue concrete condizioni. La svolta segnata dalla condanna del «culto della personalità» allontana l'ideologia dalle secche di una concezione chiesastica che intendeva gustificare l'idoleggiamento di una società presentata come perfetta, apre la dialettica concreta del socialismo nella nostra storia di oggi.
Nelle discussioni del XX Congresso i continui richiami al nuovo della vita sottolineano che l'appello ai principi, al leninismo, non sono un ritorno a schemi del passato ma una forma di lotta co:ltro una concezione chiusa in nome di un marxismo creativo aperto all'esperienza. « In tutti i casi Lenin non si ispirava a un dogma, non si sentiva legato a parole d'ordine che avevano perduta la loro vitalità, ma prendeva l'avvio dalle esigenze della vita che non possono rimanere immutate... Pile) esistere la scienza senza creazione ? No, senza creazione si ha soltanto [...]

[...]cchio... Sappiano i militanti del fronte ideologico che il partito non può più ammettere che si resti indietro rispetto alla vita... » (dall'intervento di Mikoian). « La soluzione viene data dalla vita, dalla esperienza dei singoli paesi, e il marxismo riesce a trionfare e trionferà nella misura in cui dimostra di essere veramente non un dogma, ma una guida per l'azione, di saper dare una soluzione a tutti quei problemi che nella marcia verso il socialismo sorgono, in paesi e in condizioni diverse » (dal rapporto di Togliatti sul XX Congresso).
IV. L'acquisizione ideologica e politica da parte dei partiti comunisti della diversità delle vie che conducono al socialismo costituisce il presupposto dei rapporti che stanno già sviluppandosi tra i partiti comunisti e gli altri settori del movimento operaio e democratico. Questo principio condanna infatti ogni forma di intervento negli affari interni di un paese e taglia alla radice le pretese imperialistiche. Esso è anche a mio parere il presupposto necessario per prendere in esame la diversità delle istituzioni nel quadro delle quali si può concretare la marcia verso il socialismo e lo stesso sviluppo di una società socialista (una società dove i capitalisti in linea generale sono stati espropriati).
Per defin[...]

[...]uisce il presupposto dei rapporti che stanno già sviluppandosi tra i partiti comunisti e gli altri settori del movimento operaio e democratico. Questo principio condanna infatti ogni forma di intervento negli affari interni di un paese e taglia alla radice le pretese imperialistiche. Esso è anche a mio parere il presupposto necessario per prendere in esame la diversità delle istituzioni nel quadro delle quali si può concretare la marcia verso il socialismo e lo stesso sviluppo di una società socialista (una società dove i capitalisti in linea generale sono stati espropriati).
Per definizione un regime socialista deve essere democratico:
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la fonte del potere deve essere la volontà popolare e l'esercizio del potere deve avvenire con la partecipazione più larga possibile dei cittadini.
Le caratteristiche di sviluppo del regime sovietico dall'affermarsi dello stalinismo alla condanna del culto della personalità hanno messo in luce che ciò non avviene automaticamente con l'espropriazione dei capitalisti, ma costituis[...]

[...]ta — le imprese sono tutte nazionalizzate — nel quale il decentramento e le autonomie alimentano lo sviluppo di una democrazia diretta che culmina in una Camera dei produttori che affianca il parlamento a suffragio diretto e segreto.
Diverso mi sembra debba essere oggi il discorso per i paesi capitalistici. Dico oggi perché é soltanto ora, in questo secondo dopoguerra, nella nuova situazione internazionale, che si profila la via pacifica per il socialismo. Si pensa cioè che sia meno probabile che i gruppi capitalistici dominanti, da soli o con l'aiuto straniero, siano disposti a scatenare la guerra civile contro una maggioranza che intacchi a fondo i loro privilegi. In queste condizioni e dopo le esperienze del mondo già socialista non si pone da nessuna parte la prospettiva di un salto ad un tipo di « comunismo di guerra )>. Anche i paesi sovietici del resto dalle situazioni di indiscriminata collettivizzazione sono poi tornati a forme intermedie procedendo a zigzag nella costruzione degli elementi della società socialista. Né va dimenticato [...]

[...]ione, in relazione alla varia estensione di una opposizione parlamentare. Quali caratteristiche poi acquisteranno via via i vari partiti e come si definiranno i loro rapporti nel corso della trasformazione strutturale della società é cosa che solo il corso degli eventi potrà determinare. E chiaro per) che agni modificazione non potrà che ampliare in forme varie il carattere democratico che senza soluzione di continuità é connaturato al corso del socialismo nei paesi più progrediti.
VALDO MAGNANI



da Sebastiano Timpanaro, Il Marchesi di Antonio La Penna in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...]ritico formulerà per Livio e Sallustio) ci dà attraverso l'arte la verità ». Nel Tacitoz (p. 243)
640 SEBASTIANO TIMPANARO
Marchesi distingue tra il giudizio dello storico sui propri personaggi, che può essere falso, e la rappresentazione che egli ne dà « nel momento vivo dell'azione »: qui la verità si rivela, anche contro le intenzioni dell'autore.
Ma piú che alla storia politica e sociale (che, con insanabile contraddizione rispetto al suo socialismo, rappresenta per Marchesi sempre qualcosa di effimero e di angusto) l'arte dà il suggello della verità alla « natura umana », che è formata da individui, ciascuno diverso dall'altro, ma accomunati proprio dalla loro solitudine, finitezza, infelicità. Il rapporto tra arte e « natura umana » è (pur con oscillazioni che il La Penna nota a p. 35 e di cui indica felicemente la formulazione che piú sembra corrispondere alla prevalente convinzione di Marchesi) un po' diverso da quello tra arte ed eventi storici. La funzione, per cosi dire, caratterizzante e immortalante dell'arte rimane essenziale; [...]

[...]elligente e, al tempo stesso, freddo e privo di senso dell'amicizia) per essere sincere.
7. Marchesi socialista nel primo Novecento. — Avendo accennato al Marchesi politico, siamo ancora una volta (l'ultima) ricondotti al clima tardoottocentesco della sua formazione. In quegli intellettuali a cui lo abbiamo accostato (Rapisardi, Graf, Pascoli) il « positivismo bisognoso di religione » si collega con una morale della fraternità, che sfocia in un socialismo umanitario, oscillante tra la rivolta anarchica e il solidarismo cristianomassonico, privo di ogni rigorosa base marxista. Che di questo tipo sia stato il socialismo iniziale di Marchesi, si comprende bene dalla lucida sintesi che nel cap. i del suo libro il La Penna ricava dai documenti a nostra disposizione (io ho soltanto dei dubbi su un presunto legame tra il socialismo di Marchesi e l'esaltazione, che in lui riaffiorò poi sempre, del libero amore e il suo senso di fastidio per l'amore coniugale: il libero amore come lo concepisce Marchesi è troppo collegato al disprezzo per la donna, vagheggiata solo come oggetto di fugace piacere, come etèra: una Anna Kuliscioff, una Anna Maria Mozzoni non sarebbero piaciute affatto a Marchesi) .
Con l'umanitarismo e con un pessimismo di fondo coesisteva, in molti di codesti intellettuali, una convinzione nella « fatalità » dell'avvento al potere del proletariato. Questa convinzione era, com'è noto, tipica del marxismo de[...]

[...]el proletariato. Questa convinzione era, com'è noto, tipica del marxismo della Seconda Internazionale (e del resto non era stata affatto estranea, seppure in forma meno schematica, agli stessi Marx ed Engels; e il volontarismo dei marxisti occidentali novecenteschi produsse poi, e tuttora produce, aberrazioni ben peggiori). Ma in chi si sentiva legato tuttora, per molti aspetti di cultura e di « umanità », alla civiltà borghese, la necessità del socialismo poteva non coincidere con la sua desiderabilità, con la speranza in un mondo anche culturalmente e umanamente piú libero e
IL « MARCHESI» DI ANTONIO LA PENNA 659
(compatibilmente con certi aspetti duraturi della « condizione umana ») piú felice: poteva essere semplicemente qualcosa da accettare in quanto ineluttabile, come un fenomeno della natura, come l'evoluzione biologica a cui molti socialisti di quell'epoca accostavano lo sviluppo storicosociale. Negli anni Novanta, Arturo Graf, aderendo al socialismo, scriveva a Turati: « Io accetto tutta, ne' suoi fondamenti, la dottrina socialista;[...]

[...]a speranza in un mondo anche culturalmente e umanamente piú libero e
IL « MARCHESI» DI ANTONIO LA PENNA 659
(compatibilmente con certi aspetti duraturi della « condizione umana ») piú felice: poteva essere semplicemente qualcosa da accettare in quanto ineluttabile, come un fenomeno della natura, come l'evoluzione biologica a cui molti socialisti di quell'epoca accostavano lo sviluppo storicosociale. Negli anni Novanta, Arturo Graf, aderendo al socialismo, scriveva a Turati: « Io accetto tutta, ne' suoi fondamenti, la dottrina socialista; non per la promessa che arreca di una maggiore felicità avvenire (io credo a una infelicità crescente col crescere della coscienza); ma perché riconosco in essa l'anticipazione teoretica di un fatto assolutamente ineluttabile, voluto dalla legge di evoluzione, e che certo sarà il fatto piú grande e piú mirabile della storia umana » (F. Turati attraverso le lettere di corrispondenti, per cura di A. Schiavi, Bari, Laterza, 1947, p. 116).
Simili adesioni al socialismo, per lo piú, durarono poco. Ai primi del No[...]

[...] promessa che arreca di una maggiore felicità avvenire (io credo a una infelicità crescente col crescere della coscienza); ma perché riconosco in essa l'anticipazione teoretica di un fatto assolutamente ineluttabile, voluto dalla legge di evoluzione, e che certo sarà il fatto piú grande e piú mirabile della storia umana » (F. Turati attraverso le lettere di corrispondenti, per cura di A. Schiavi, Bari, Laterza, 1947, p. 116).
Simili adesioni al socialismo, per lo piú, durarono poco. Ai primi del Novecento, Pascoli non era piú socialista da tempo, e Graf cessò di esserlo. Non fu questa la parabola di Marchesi. Eppure anche in lui, accanto alla componente umanitaria, ebbe un notevole peso quel fatalismo che abbiamo notato or ora nella lettera di Graf a Turati. Ancora nel 1956, un anno prima della morte, rievocando in un discorso la sua adesione al socialismo, la attribuiva da un lato a un profondo senso di giustizia offeso per la miseria dei contadini siciliani, dall'altro (dopo brevi fasi di proudhonismo e di mazzinianesimo) alla lettura del Manifesto: una lettura in cui il momento « fatalistico » e avalutativo acquistava uno spicco preponderante. « Quell'opuscolo [ ... ] non parla di ciò che è bene e di ciò che è male, ma di ciò che avviene e diviene nella società umana; non parla in nome del diritto naturale o della ragione suprema, ma in nome di una realtà che, piaccia o n o , bisogna riconoscere nel fluire stesso delle cose E...]. Diceva ciò[...]

[...]accade, non ciò che dovrebbe accadere: ciò che accade necessariamente. E qui sentivo la forza di quelle parole, in questo imperativo della necessità » (Umanesimo e comunismo, p. 30 s.).
Qui ancora la necessità è vista come qualcosa che dà incentivo alla lotta; e quel « piaccia o no » non autorizza certo a pensare che al giovane Marchesi degli anni Novanta (e tanto meno al Marchesi vecchio che rievocava quel lontano se stesso) la prospettiva del socialismo « non piacesse ». Ma in un articolo del 1908 su Orazio (SM, ii, pp. 545561) la concezione fatalistica conduce Marchesi a enunciazioni che vanno assai al di là della lettera di Graf a Turati. Questo articolo non è sfuggito a La Penna, che giustamente parla di « riflessioni sorprendenti sul socialismo » (p. 43); ma se le incoerenze tra aristocraticismo individualista (col correlativo disprezzo del volgo) e aspirazione al socialismo accompagnarono Marchesi per tutta la vita — con qualche attenuazione, ma attenuazione soltanto, negli ultimi anni —, qui mi sembra che si assista a un vero momento di acuta crisi. Marchesi proprio in quell'anno era consigliere comunale socialista (eletto in una lista democratica) a Pisa; e i suoi pochi interventi, per lo piú
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dedicati a problemi amministrativi, ma comunque non deroganti da una linea politica socialista (e uno, anche, pacatamente ma nettamente contrario alla degenerazione del patriottismo in sciovinismo guerrafondaio), sono
stati pubblicati recenteme[...]

[...]anche, pacatamente ma nettamente contrario alla degenerazione del patriottismo in sciovinismo guerrafondaio), sono
stati pubblicati recentemente, purtroppo senza adeguato corredo di notizie sull'attività politica piú generale da lui svolta in quel periodo (C. Marchesi, Interventi al Consiglio comunale di Pisa, Pisa, Amministrazione provinciale, 1978).
_ Eppure, in quell'articolo Marchesi separa nel modo piú crudo l'idea dell'ineluttabilità del socialismo (una ineluttabilità che tuttavia non esclude un periodo ancora non breve, e altrettanto necessario, di dominio dei borghesi, « portentosi dominatori di due epoche e fattori straordinari di due civiltà », p. 561) dalla sua efficacia benefica. Anzi, l'avvento del socialismo è preveduto chiaramente, almeno nella sua prima fase, come un disastro: « Si può essere socialisti per sincerità di dottrina economica e per buona notizia di procedimenti sociali; cosí come il geologo può prevedere una eruzione e il fisico una tempesta: senza che affermi perciò il beneficio o la bellezza del fenomeno naturale che si compirà » (p. 558). Di fronte a questo nuovo ordine sociale, in cui « chi piú lavora si affermerà su chi meglio lavora » (ibid.: cioè il bruto e inintelligente lavoro manuale avrà il sopravvento sul meno faticoso ma piú « meritevole » lavoro intellettuale!), March[...]

[...]riusciamo a far rivivere, « con i canti della Georgica immortale, il sorriso e lo scherno della sapienza oraziana » (p. 561). Si noti il dilemma: o una poesia populistica e retorica, o la reviviscenza della grande poesia antica. Una cultura, una poesia nuova che si innalzi un po' al di sopra dell'Inno dei lavoratori è esclusa a priori da Marchesi.
Il 1908 cade in un periodo in cui gran parte dell'intelligencija italiana, che si era accostata al socialismo durante la reazione di Crispi e di Pelloux e ancora nei primissimi anni del nostro secolo, ridiventa « borghese »: c'è chi si spinge al nazionalismo e prepara già un clima prefascista; ma il distacco dal socialismo fu compiuto anche da studiosi seri e onesti come Salvemini, Ciccotti e molti altri. Non è azzardato, credo, supporre che Marchesi, pur rimanendo iscritto al Partito socialista, abbia fortemente risentito dell'atmosfera antisocialista di quegli 'anni.
Quell'articolo del 1908 dette luogo (lo ricorda, anche se fugacemente, Piero Treves, art. cit., pp. 141,146) a una replica di Alessandro D'Ancona, Malinconica visione dell'avvenire (« Giornale d'Italia », 26 luglio 1908 = Ricordi storici del Risorgimento italiano, Firenze [1914], p. 541 s.). Il conservatore, ma non reazionario D'Ancona ebbe buon[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] A. Zanardo, Il «manuale» di Bukharin visto dai comunisti tedeschi e da Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]retazioni del marxismo filosofico si avesse in Italia non solo una tradizione consistente e continua di studi e di interesse, ma neppure una informazione adeguata. Col ritorno della democrazia politica, il problema fu soprattutto di far conoscere i classici del marxismo filosofico, di stimolare allo studio delle esperienze intellettuali che confluirono nel marxismo. Nelle ricerche di storia del marxismo filosofico e più in generale di storia del socialismo internazionale, si muovono ora i primi passi. Siamo ben lontani dal poter arrivare a risultati sistematici, dal potere dare, per quanto ci riguarda, una colloca338

I documenti del convegno

zione storica precisa della critica di Gramsci a Bukharin e dal poter offrire un panorama completo e una valutazione esatta delle prese di posizione che si sono avute nei partiti socialisti e in seno alla Terza Internazionale intorno al Manuale popolare. Anche il materiale a cui si può accedere in Italia permette una documentazione esauriente soltanto per il socialismo e il comuniSmo tedeschi.

Tut[...]

[...] dal potere dare, per quanto ci riguarda, una colloca338

I documenti del convegno

zione storica precisa della critica di Gramsci a Bukharin e dal poter offrire un panorama completo e una valutazione esatta delle prese di posizione che si sono avute nei partiti socialisti e in seno alla Terza Internazionale intorno al Manuale popolare. Anche il materiale a cui si può accedere in Italia permette una documentazione esauriente soltanto per il socialismo e il comuniSmo tedeschi.

Tuttavia è proprio in Germania che è più viva l’attenzione per gli aspetti filosofici del marxismo, è li che sono più numerosi, più colti e attivi gli intellettuali legati al movimento operaio. In tutta la Seconda Internazionale e nella Terza fin verso il ’30, il marxismo teorico è essenzialmente un fatto tedesco o russo. Anche le riviste socialiste e

comuniste italiane e francesi fra il ’20 e il ’30 mostrano il peso che

hanno avuto i quadri intellettuali del movimento operaio tedesco nella elaborazione delle questioni filosofiche e scientifiche. La ricchezza[...]

[...]torical Materialism. A System of Sociology. New York, International Publishers, 1925.

3 La théorie du matérialisme historique. Manuel populake de sociologie marxiste. Paris, Editions sociales internationales, 1927.

4 Per l’Italia sono note le pagine di EUGENIO CURIEL in Classi e generazioni nel secondo Risorgimento, Roma, 1955.Aldo Zanardo

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In Germania il libro non trovò molta attenzione da parte socialista. Le grandi riviste del socialismo tedesco e austriaco, attente per altro alle esperienze economiche e politiche sovietiche, non ne parlarono. Mancava, in campo socialista, lo stimolo a fare un’analisi particolareggiata di un’opera russa di marxismo filosofico, sia perché l’interesse per le questioni filosofiche era scarso ed eclettico e per lo più limitato ad alcuni esponenti di tendenze neocriticiste, sia perché delle cose sovietiche stavano in primo piano i problemi politici della rivoluzione, dello Stato, dell’economia, sia infine perché la socialdemocrazia aveva un altissimo concetto del livello del suo sviluppo teorico. [...]

[...]luzione, dello Stato, dell’economia, sia infine perché la socialdemocrazia aveva un altissimo concetto del livello del suo sviluppo teorico. La discussione con il comuniSmo sovietico, soprattutto dopo la conquista del potere da parte dei bolscevichi (fra i menscevichi cerano Plekhanov, Axelrod, la Sassulic, cioè coloro che avevano avuto rapporti strettissimi con i tedeschi), si articolò essenzialmente fra i due poli di democrazia o dittatura; di socialismo che viene quando sono maturate le sue condizioni economiche e sociali, quando il proletariato è già una maggioranza ed è ideologicamente compatto, e socialismo che viene prima delle sue condizioni, riflusso di quel bakunismo che Marx ha combattuto, potere violento di una minoranza non dissimile dal regime prussiano o zarista; socialismo che tiene conto dell’intero sviluppo della dottrina e socialismo fermo alle posizioni astratte del Manifesto. Rivoluzione russa e rivoluzione tedesca sono due cose diverse. Entro questo ambito di problemi si mossero (per fermarsi a coloro che hanno scritto le cose più significative), Bernstein, Otto Bauer, fini per muoversi Kautsky, dopo alcune esitazioni, e si mosse anche, per un periodo di durata controversa e con tutte le differenze immaginabili, Rosa Luxemburg. Mehring, che assunse una posizione diversa, non ebbe il tempo di elaborarla.

Sia pure con ritardo e in modo meno appariscente per la non rigidezza della tradizione filosofica della socialdemo[...]

[...] interessante rintracciare attraverso la vastissima letteratura socialdemocratica sull’Unione Sovietica il formarsi di questa distinzione. Sembra che essa appaia nella sua forma matura relativamente tardi, verso il ’25’27. Nel ’27, quando uscirà la prima traduzione tedesca di Materialismo ed empiriocriticismo,340

I documenti del convegno

sarà resa definitiva dalla polemica con cui venne accolta dagli intei' lettuali socialisti o vicini al socialismo di tendenze neocriticiste (Max Adler 1, Siegfried Marck...2).

In un articolo del ’25, Eine materialistische Geschichte des menschlichen Denkens, che è una recensione alla traduzione ' tedesca di un libro di Bogdanov3, Kautsky critica nei marxisti russi il semplicismo,, il non uscire dalla conoscenza dottrinaria di Marx, il muoversi fra principi astratti, l’essere incapaci di vedere il terreno su cui poggiano quei principi e quindi all’occasione di arricchirli, l’essere sostanzialmente gli esponenti rigorosi di una tradizione colta. Una più specifica distinzione fra marxismo filosofico sovi[...]

[...]nire nella catastrofe.

Non era molto e non era certo qualcosa di coerente e di concentrato ciò che, sul piano filosofico, si poteva utilmente trattenere del marxismo socialdemocratico tedesco, ma qualcosa, specialmente dagli ultimi tentativi di combinazione col kantismo e da una giusta interpretazione del problema della Erganzung, si poteva cavare e poteva essere fatto valere contro il marxismo sovietico. Non è vero che, fra la concezione del socialismo come completamento di un processo e quella del socialismo che deve in parte creare le sue condizioni, non ci potesse essere, sul piano filosofico, uno scambio utile. La posizione del problema gnoseologico, alcuni elementi di criticismo, l'accentuazione dello storicismo materialistico, sociologico, un certo senso di distinzione fra politica e filosofia, il senso storico che permea anche gli scritti più divulgativi di Engels, potevano ben servire a moderare il materialismo metafisico di alcuni sovietici e lultrasoggettivismo di alcuni tedeschi. Qualcosa dell’eredità filosofica della socialdemocrazia si ritroverà certo negli intellettuali comunisti che[...]

[...] condizioni per lo sviluppo di una concezione del mondo, che sono impliciti in qualunque tentativo di popolarizzazione di una dottrina. Nostro proposito è illustrare brevemente la critica politica e la critica filosofica al Manuale e cercare di tirare alcune conclusioni.

Cominciamo dalla critica politica. È dalla discussione sul senso comune che emerge netta la contrapposizione di due modi diversi di concepire il marxismo, il proletariato, il socialismo. Per Bukharin il marxismo si sviluppa in continuità con il senso comune, con gli elementi materialistici, realistici, acritici del senso comune; viene a essere una forma di sistemazione del senso comune. Ciò che a lui sembra importare è ridurre lo scarto fra il senso comune e il marxismo: dei due termini che ispirano la parte migliore dell’azione politica della Terza Internazionale — le masse e il livello intellettuale a cui vanno innalzateAldo Zanardo

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(cioè la nozione di cosa è civiltà, cultura) — Bukharin sembra tener conto solo del primo. Queste masse, spontaneamente, nelle loro[...]

[...]omponente culturale umanistica che si è detta, la complessa nozione di civiltà implicita in questa cultura. È poi rilevabile l'assimilazione, in un impianto che è e rimane rivoluzionario, di quei motivi (elaborati soprattutto dalla tradizione socialdemocratica occidentale) che del rapporto partitomasse sottolineano gli aspetti di raccordo, di stretto contatto. È chiara infine la presenza della concezione, tipica della Seconda Internazionale, del socialismo come coronamento di un’opera di civiltà. Ma questa civiltà non è concepita come un alto grado di sviluppo economico o come un lontano punto

1 Si veda in particolare la lettera a Gorki del 7 febbr. 1908 {Opere, Roma, voi. 34, 1955, p. 295) : « Si può, si deve legare la filosofia con l'orientamento del lavoro di partito? con il bolscevismo? Penso che ora questo non si possa fare. Lasciamo che i nostri filosofi di partito lavorino ancora per un certo tempo sulla teoria, che discutano e... arrivino a mettersi d’accordo. Per ora propenderei a tenere queste discussioni filosofiche fra materialis[...]

[...]scontro, come forse si potrebbe pensare, una elaborazione teorica manchevole della generalizzazione. Non è insomma che in Gramsci non riceva trat
scientifica autonoma. La causa principale di questo era di natura politica, il governo zarista cioè pensava che sociologia significasse una dottrina rivoluzionaria e socialista. Perciò confiscò perfino la Dynamic So dolo gy di L. Vard, perché la ritenne uno scritto propagandistico del terrorismo e del socialismo... Dal 1909 la sociologia viene formalmente introdotta come una disciplina autonoma nel piano di insegnamento dell’Istituto psiconeurologico e di P. F. Lesgaft di Pietrogrado... Nelle Università tuttavia la sociologia fu riconosciuta sotto il nome di sociologia soltanto nel 1917... Il governo comunista, dopo la rivoluzione bolscevica, ebbe verso la sociologia un atteggiamento molto benevolo perché credeva che la sociologia e il manifesto comunista di Karl Marx, che sociologia e comuniSmo, fossero cose identiche... Ben presto tuttavia i capi comunisti compresero il loro errore e che la sociolo[...]



da George Lukacs, La mia via al marxismo [traduzione di Ugo Gimelli] in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]eanche allora vedevo il significato del materialismo per la con" cretizzazione e l'unificazione, per l'impostazione coerente dei problemi dialettici. Arrivai solo fino a una priorità — hegeliana — del contenuto rispetto alla forma e cercai di sintetizzare, su base essenzialmente hegeliana, Hegel e Marx in una «filosofia della storia ». Questo tentativo acquistò una particolare sfumatura dal fatto che nel mio paese, in Ungheria, l'ideologia del « socialismo di sinistra » più influente era il sindacalismo di Erwin Szabos. I suoi scritti sindacalisti dettero ai miei « tentativi di filosofia della storia », accanto a più di un elemento positivo (ad esempio la conoscenza, fatta attraverso lui, della Critica del programma di Gotha), una nota accentuata di astratto soggettivismo e pertanto eticizzante. Tagliato fuori, in quanto intellettuale universitario, dal movimento operaio illegale, non potei prendere visione, durante il conflitto, né degli scritti spartachisti né di quelli di Lenin sulla guerra. Lessi invece, con effetti profondi e duraturi, le [...]

[...] arricchivano la cultura marxista e l'oppressione dogmatica di una burocrazia tirannica su ogni pensiero autonomo era da ricercarsi nel regime stesso di Stalin e pertanto anche nella sua persona.
Tuttavia quando si trattava di prender posizione rispetto a questi fatti, ogni persona riflessiva doveva partire dalla situazione storica del momento, che era quella dell'ascesa di Hitler e della preparazione della sua guerra di annientamento contro il socialismo. Mi è sempre stato ovvio che ad ogni decisione che tale situazione imponeva dovesse subordinarsi incondizionatamente tutto, anche ciò che a. me personalmente era più caro, anche l'opera stessa della mia vita. Io ritenevo che il compito principale della mia vita consistesse nel bene impiegare la concezione marxistaleninista in quei campi che io conoscevo, nel farla progredire nella misura in cui ciò fosse imposto dalla scoperta di nuovi dati. Ma poiché al centro del periodo storico in cui . si svolgeva questa mia attività si trovava la latta per l'esistenza dell'unico stato socialista e quindi[...]

[...]nte era più caro, anche l'opera stessa della mia vita. Io ritenevo che il compito principale della mia vita consistesse nel bene impiegare la concezione marxistaleninista in quei campi che io conoscevo, nel farla progredire nella misura in cui ciò fosse imposto dalla scoperta di nuovi dati. Ma poiché al centro del periodo storico in cui . si svolgeva questa mia attività si trovava la latta per l'esistenza dell'unico stato socialista e quindi del socialismo stesso, io subordinavo ovviamente ogni mia presa di posizione, anche riguardo alla mia propria opera, alle necessità del momento. Questo tuttavia non significò mai una capitolazione davanti a tutte quelle tendenze ideologiche che si sono formate, propagate e infine dissolte nel corso di questa lotta. Nello stesso tempo non dubitavo che non soltanto un'opposizione era allora fisicamente impossibile, ma che essa avrebbe molto fa
8 GEORG LtTKÁCS
cilmente potuto divenire un aiuto intellettuale e morale per il nemico mortale, per l'annientatore di ogni civiltà.
Perciò io fui costretto a condurr[...]

[...] di liquidare l'antica alleanza e di avvicinarsi politicamente e ideologicamente agli exnemici. Già a Ginevra Jean R. de Salis e Denis de Rougemont si presentarono con idee che tendevano ad escludere la Russia dalla cultura europea. Ma sarebbe stato parimenti cecità ignorare che la reazione a ciò in campo socialista recava in sè molti tratti di quella ideologia la cui estinzione io, e con me molti, mi aspettavo dalla pace e dal rafforzamento del socialismo seguito al sorgere delle democrazie popolari nell'Europa Centrale. Appunto perché io insistevo in questo sforzo che, come ritenevo e ritengo, era imposto dalla nuova situazione internazionale, volli aderire al congresso di Wroclaw (1948), al « Movimento per la pace » e ne sono rimasto fino ad oggi convinto seguace. E' sintomatico che l'argomento da me trattato a Wroclaw fu l'unità e la distinzione dialettica dell'avversario di ieri e di oggi, cioè la reazione imperialistica.
L'anno 1948 rappresentò forse la più importante svolta della storia a partire dal 1917: intendo la vittoria della rivo[...]

[...]unità e la distinzione dialettica dell'avversario di ieri e di oggi, cioè la reazione imperialistica.
L'anno 1948 rappresentò forse la più importante svolta della storia a partire dal 1917: intendo la vittoria della rivoluzione proletaria in Cina. Appunto in seguito ad essa vennero in evidenza
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le contraddizioni decisive nella teoria e nella prassi di Stalin. Giacché oggettivamente questa vittoria significava che il periodo del socialismo in un solo paese — quale Stalin l'aveva difeso a ragione contro Trozki — apparteneva definitivamente al passato; il sorgere delle democrazie popolari nell'Europa Centrale aveva già rappresentato un passaggio alla nuova realtà. Ma soggettivamente fu evidente che Stalin e i suoi seguaci non volevano né potevano trarre dalla situazione internazionale radicalmente mutata le conseguenze teoriche e quindi pratiche. Stalin stesso, da uomo assai accorto, ha, nella sua azione, colto certamente sintomi e momenti della nuova situazione. Tuttavia mai veramente con coerenza, giacché l'idea che essa potess[...]

[...]saggio alla nuova realtà. Ma soggettivamente fu evidente che Stalin e i suoi seguaci non volevano né potevano trarre dalla situazione internazionale radicalmente mutata le conseguenze teoriche e quindi pratiche. Stalin stesso, da uomo assai accorto, ha, nella sua azione, colto certamente sintomi e momenti della nuova situazione. Tuttavia mai veramente con coerenza, giacché l'idea che essa potesse significare una rottura coi metodi dell'epoca del socialismo in un solo paese, coi metodi cioé oggettivamente derivati dal continuo stato di pericolo di una Russia industrialmente arretrata, che per() proprio lui aveva spinto ben al di là di questa esigenza, tale idea, dicevo, era del tutto al di fuori della sua cerchia visiva Avvenne allora che il nuovo assetto mondiale, che richiedeva categoricamente una nuova strategia e una nuova tattica, fu avviato con un atto in cui fatalmente si assommavano e acutizzavano la strategia e la tattica antiche: cioè la rottura dell'Unione Sovietica con la Jugoslavia. Ne consegui necessariamente il ritorno ai metodi d[...]

[...]oca dei grandi processi.
A me personalmente il riconoscimento della contraddizione fra il fondamento nuovo e l'ideologia vecchia fu facilitato dalla discussione che sorse in Ungheria a proposito del mio libro Letteratura e democrazia. Dal mio ritorno nel 1945 io, benché non sia mai stato funzionario dirigente in senso organizzativo, mi sforzavo continuamente di trarre dalla nuova situazione le conseguenze del caso, di perseguire il passaggio al socialismo in modo nuovo, graduale, sulla base della convinzione. Gli articoli e i discorsi contenuti nel libro ora rammentato erano dedicati a questo fine e, sebbene oggi io li consideri sotto diversi aspetti manchevoli, non chiari abbastanza né conseguenti, essi si muovevano tuttavia in una direzione giusta. La discussione mostrò la
LA MIA VIA AL MARXISMO 11
completa impossibilità di avere una spiegazione proficua con gli ideologi del dogmatismo.
Il primo grande vantaggio che mi arrecò questa discussione e la ritirata tattica che vi compiei (si era al tempo del processo Rajk) fu di poter abbandonar[...]

[...]sta critica del soggettivismo economico senza che in lui affiori mai il minima sospetto di esserne stato lui stesso il padre spirituale e l'assiduo promotore. D'altra parte in un tale sistema di pensiero possono coesistere pacificamente concezioni che si contraddicono risolutamente. Per esempio, la teoria dei contrasti di classe continui e necessariamente esasperantisi insieme alla presenza tangibile del comunismo, secondo e superiore stadio del socialismo. Dall'accoppiamento di queste affermazioni reciprocamente escludentisi é nata la sua visione da incubo di una società comunista in cui il principio liberatore « Ciascuno secondo la sua capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni » si realizza in uno stato di polizia regolato in forma autocratica ecc. ecc,
Stalin, al quale si deve riconoscere il grande merito di avere difeso contro Trozki il principio leninista del socialismo in un solo paese e di aver così salvato il socialismo in un periodo di crisi interne, ebbe per il periodo iniziatosi col 1948 quasi la stessa incomprensione che aveva ai suoi tempi Trozki per le necessità di sviluppo dell'Unione Sovietica. Che questa arretratezza e incomprensione di Stalin abbia facilitato la condotta della guerra fredda agli avversari imperialistici é cosa che ormai non pochi oggi riconoscono.
Ripeto, qui si doveva descrivere solo lo sviluppo delle mie idee, e anche queste soprattutto in rapporta ai problemi del marxismo. Quanto finora é stato detto di Stalin serviva solo a creare sfondo e atmosfera per una giusta impostazione[...]



da Bruno Bongiovanni, Ritratti critici contemporanei. Maximilien Rubel in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]ricordiamo che nel numero precedente della « Revue Socialiste » del 1947 era stato pubblicato un testo di Léon Blum, dal titolo Révolution socialiste où révolution directoriale? ", risposta socialista alle tesi di James Burnham, il cui libro The Managerial Revolution — del quale oggi sappiamo che fu in gran parte un plagio ai danni di un testo allora sconosciuto dell'italiano Bruno Rizzi 12 — nega che il declino del capitalismo debba condurre al socialismo, al posto del quale comparirà, secondo il sociologo americano, un regime totalitarioburocratico la cui classe dominante verrà costituita, come già accade nella Russia sovietica e come si è intravisto nella Germania nazista e nell'America del New Deal, dai managers e dai dirigenti dell'impresa pubblica e privata, destinati ad essere, in luogo del proletariato, i veri becchini della borghesia e del capitalismo. Léon Blum è un po' spaventato dall'ipotesi terrificante di Burnham, ma reagisce, sul versante socialista democratico, esattamente come agli albori della seconda guerra mondiale Lev Trock[...]

[...]co, esattamente come agli albori della seconda guerra mondiale Lev Trockij, sul versante leninista rivoluzionario, aveva reagito alle identiche tesi di Bruno Rizzi, opponendo cioè l'ottimismo alla possibilità dell'imminente catastrofe burototalitaria, non respinta sul terreno della teoria 13. Léon Blum scrive infatti che le società directoriales (burototalitarie), che pur potrebbero sorgere in un periodo di transizione, si dirigerebbero verso il socialismo « per l'effetto di una sorta di attrazione democratica »: è persino possibile, secondo Blum, che proprio nell'uRs s, considerata da Burnham il modello dei regimi che ovunque stanno per sorgere, questa transizione è forse cominciata a nostra insaputa. Le tesi di Burnham, come si vede, suscitano un notevole interesse ed un dibattito di livello piuttosto elevato si sviluppa all'interno degli ambienti socialisti francesi 14: come in generale di livello elevato è la qualità degli scritti di coloro che scrivono nell'ultimo scorcio degli anni Quaranta sulla « Revue Socialiste », tra i
11 Questo tes[...]

[...]i Arturo Labriola 19. Rosa Luxemburg, sia pure in modo imperfetto, secondo Rubel, ha conciliato il determinismo economico e la spontaneità, riprendendo la teoria marxiana della catastrofe ed interpretandola come barbarie. Rosa Luxemburg, testimone e vittima della barbarie della prima guerra mondiale, ha intuito che la tendenza catastrofica (dove per catastrofe s'intende anche il crollo di tutti i valori) insita nel capitalismo poteva condurre al socialismo, oppure, se in uno sforzo eticorivoluzionario e spontaneo i proletari di tutti i paesi non si sollevavano, alla barbarie. Problema ancora attualissimo, secondo Rubel, giacché se prevale il secondo corno del dilemma luxemburghiano è possibile che
15 Karl Marx et le socialisme populiste russe, in « Revue Socialiste », n. 11, 1947.
16 L'edizione del 1948 presso Rivière e quella del 1970 presso Payot.
17 Cfr. ora CLAUDE LEFORT, Elements pour une critique de la bureaucratie, Droz, Genève 1971, pp. 1129.
18 Per le posizioni del gruppo omonimo prima della fondazione della rivista « Socialisme ou[...]

[...]uesto studio, che percorre gli scritti marxiani oltre il progetto editoriale del Rjazanov pre1917, sino al crollo del secondo Impero ed alla Comune, Rubel tratteggia l'evoluzione della storia francese nell'interpretazione marxiana, il confronto sempre istituito tra Napoleone I e Napoleone III, le valutazioni sulla guerra di Crimea e sul sistema europeo di alleanze con tutti i connessi problemi di storia diplomatica, sul regime pretoriano e sul « socialismo » imperialmilitare del Bonaparte minor, sui rapporti francorussi e sulle affinità tra bonapartismo e zarismo (modello, quest'ultimo, di ogni dispotismo integrale), sulle avventure messicane, sulla fatale guerra francoprussiana. Particolarmente interessanti le pagine che commentano la guerre d'Italie, dove si mette in luce come, di contro a Lassalle, prevalesse in Marx ed Engels l'ipoteca antibonapartista sull'esigenza « nazionale » dell'unificazione italiana 43
L'interesse particolare che il bonapartismo suscita deriva però dall'essere esso da Marx identificato come il momento di supremo ant[...]

[...]le ha fatto di necessità virtú ed è riuscita a mettere in moto un'accumulazione capitalistica di grandi dimensioni senza fare ricorso ai tradizionali uffici della classe borghese. Marx aveva studiato le condizioni sociali della Russia, guardato con interesse ai suoi istituti comunitari ed auspicato che, grazie alla permanenza di tali istituti ed al rapido affermarsi della rivoluzione in Occidente, la Russia potesse avere la ventura di passare al socialismo senza attraversare il necessariamente intermedio purgatorio capitalistico: ma già negli ultimi anni di vita questa possibilità gli appariva remota. Ed ancora piú remota apparve ad Engels, negli anni successivi alla morte di Marx. In ogni caso, la rivoluzione russa avrebbe dovuto essere di tipo costituzionaldemocratico: non c'è alcun dubbio, restando fedeli alla lettera dell'ultimo Engels, che l'ipotesi menscevica fosse quella « ortodossa » e la bolscevica quella « revisionista » 47. Il bolscevismo, secondo Rubel, ha svolto il ruolo giacobino di una borghesia impari al suo compito storico, sen[...]

[...]volto il ruolo giacobino di una borghesia impari al suo compito storico, senza liberalismo e senza regime costituzionaldemocratico, definendo, in forza dell'ideologia « marxista », accumulazione socialista quella che era la consueta e brutale accumulazione capitalistica. Gli studi di Marx sulla genesi storica e sulla crescita del capitalismo sono stati trasformati, soprattutto con l'avvento di Stalin, in ricette economiche per l'edificazione del socialismo: è cosí che lo Stato sovietico, capitalismo d'imitazione per quel che riguarda il materiale tecnologico impiegato, ha in breve tempo utilizzato tutti i metodi di accumulazione descritti da Marx. In questo modo l'Urss, attraverso la dittatura di partito, si è avvicinata alla realizzazione di quel capital sans phrases, privo di ostacoli borghesi, che Marx aveva intravisto ed il suo Stato teocratico, fondato sul doppio terrorismo ideologico e poli
47 Cfr. BRUNO BONGIOVANNI, Introduzione a F. ENGELS, La politica estera degli zar, La Salamandra, Milano 1978, pp. 936.
298 BRUNO BONGIOVANNI
tico,[...]

[...]xologia, ambito di ricerca al cui interno gli studiosi devono improvvisarsi filologi, storici, economisti, sociologi ecc. La MarxForschung s'insinua tenacemente dentro l'intera storia della cultura mondiale degli ultimi centocinquanta anni: né gli antimarxisti, che negano al pensiero di Marx ogni validità ed ogni attualità, né i « marxisti », che ritengono la dottrina ed il sistema conclusi, ritenendo anche, nella loro stragrande maggioranza, il socialismo già realizzato o quanto meno in cammino in questa o in quella parte del pianeta, né gli uni né gli altri, dicevamo, possono eludere la ricerca marxologica, anche se possono, in tacito accordo, censurarne i settori imbarazzanti o mummificarla e trasformarla in stanca accademia. Nell'Avantpropos del numero 5 Rubel conferma che l'azione preliminare della MarxForschung deve essere la rimozione dell'aura religiosa che si è sovrapposta sul pensiero del maestro, il rifiuto del « marxismo » divenuto ideologia di Stato e dogma di partito.
Nel frattempo gli « Etudes de marxologie » traducono o present[...]

[...]leninismo non sono altro che le ideologie dell'accumulazione. Il partito rivoluzionario bolscevico si è fatto veicolo del determinismo oggettivo delle forze produttive in un paese estremamente arretrato e privo di una classe dirigente borghese, autonoma dall'autocrazia e dotata di una chiara visione modernizzatrice. Lo scandalo dell'Ottobre non è comunque la trasformazione dell'uRss in grande potenza imperiale, ma il fatto di propagandare come « socialismo » un processo di accumulazione capitalistica, che, come e piú di quelli che l'hanno preceduto, è stato causa di oppressione e di sofferenze.
d) Partito e proletariato. Ciò che piú conta per Marx, secondo Rubel, è la Selbsttatigkeit, l'autoattività e l'autonomia del movimento di emancipazione. I partiti che si formano di volta in volta sono semplici mezzi per raggiungere questo fine, per assecondare il processo di autoliberazione e di autosoppressione del proletariato in una società senza classi. Il partito storico, organo del proletariato, è invece l'accumularsi delle esperienze di liberazio[...]

[...] Nel movimento reale che tende al comuni
MAXIMILIEN RUBEL 303
smo Marx ha ravvisato, secondo Rubel, le norme di un'etica rivoluzionaria, che è insieme coscienza critica dello stato di cose esistente ed anticipazione del comunismo, entrambe armoniosamente collegate con l'utopia socialista. Ecco perché in Marx coesistono la libertà (etica della rivoluzione) e la necessità (determinismo delle forze produttive), l'utopia e la critica: con Marx, il socialismo non ha proceduto dall'utopia alla scienza, come ha preteso Engels e dopo di lui lo scientismo di marca sovietica. Marx non ha mai rinnegato la tensione utopica insita nel movimento reale, pur analizzando con rigore storicocritico e scientifico le norme di funzionamento del processo di produzione. Del resto, se il socialismo è scienza svincolata dalla utopia è piú che normale che esso divenga ricettario di partito, patrimonio di un'élite che, dall'alto e dall'esterno, s'incarica di portare il sapere agli agenti puramente meccanici della trasformazione sociale. I partiti formali, i movimenti operai politici, lottano per la conquista della democrazia, per le otto ore, per la legislazione del lavoro, per il suffragio universale: il partito storico, che attraversa indenne un'intera fase storica, anticipa il comunismo, mèta finale del lungo processo di autoemancipazione. Il partitoscienza, il partitopotere, si è invec[...]



da (Nove domande sullo stalinismo) Palmiro Togliatti in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: [...]. Per questo era assolutamente necessario che la denuncia degli errori di Stalin venisse fatta, e venisse fatta in modo tale che scuotesse le menti e riattivasse tutta la vita degli organismi su cui poggia il complesso sistema della società socialista. Si avrà così un nuovo progresso democratico di questa società, e questo sarà un potente contributo alla migliore comprensione fra tutti i popoli, alla distensione interna zionale, all'avanzata del socialismo e alla pace.
2. 3. — Mi potrò sbagliare, ma la mia opinione é che non siano oggi da prevedersi, nell'U. S., cambiamenti istituzionali, né che simili cambiamenti debbano derivare dalle critiche formulate in modo aperto dal XX Congresso. Questo non vuol dire che non debbano compiersi modificazioni abbastanza profonde, alcune delle quali, del resto, sono già in atto.
Che cosa si intende, prima di tutto, per cambiamenti istituzionali ? Credo che coloro i quali ne parlano intendano cambiamenti della struttura politica, tali che riportino la società sovietica ad alcune, per lo meno, delle forme d[...]

[...] una omogeneità politica che si esprime con la alleanza tra gli operai e i contadini, ma esiste una forma di unità della vita
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civile e della direzione politica che è sconosciuta e forse nemmeno capita, qui, nel mondo «occidentale ». La stessa nozione di partito é, nella Unione sovietica, qualcosa di diverso da ciò che noi intendiamo sotto questo termine. Il partito lavora e combatte per realizzare e sviluppare il socialismo, ma la sua opera é essenzialmente di natura positiva e costruttiva, non di natura polemica contro un ipotetico oppositore politico interno. L'« oppositore » contro cui si batte è la difficoltà oggettiva da superare, il contrasto da risolvere lavorando; la realtà da dominare, la sopravvivenza del vecchio da distruggere per far avanzare il nuovo, ecc. La dialettica dei contrasti che è essenziale per lo sviluppo della società non si esprime più nella competizione tra diversi partiti, di governo o di opposizione, perché non esiste piú né una base oggettiva (nelle cose), né una base soggettiva (ne[...]

[...]stituzioni, stabilirono una marcata diversità tra il peso del voto degli operai e quello dei contadini, sapevano benissimo che quella non era una norma formalmente democratica. Ma la adottarono perché volevano che fosse anche legalmente garantita alla classe operaia la funzione dirigente che si era conquistata con la rivoluzione, salvando il paese dall'invasione straniera e dalla catastrofe, creando le prime condizioni necessarie all'avvento del socialismo. Raggiunti i primi grandi risultati in questa direzione, quella norma venne soppressa. E le cose vennero dette chiaramente in questo modo, sempre. Venne detto apertamente, cioè, che sopprimendo la disparità del voto si restaurava in pieno la democrazia. Qui, nel famoso Occidente, aspetto mi si chiarisca che rapporto possa mai avere con la democrazia la discriminazione politica tra i cittadini, che un governo di democristiani e socialdemocratici tentò di porre alla base, in Italia, di tutta l'attività governativa, e che è tuttora norma generale di condotta della maggior parte delle autorità de[...]

[...], contro chi aveva esaltato i « sacrifici » fatti dagli operai russi per il successó del piano quinquennale. Non si doveva parlare di sacrifici, dicevano, perché se no cosa avrebbero pensato gli operai in Occidente ? Ma i sacrifici c'erano stati, perché le condizioni di vita negli anni del primo piano erano state molto dure, e la classe operaia non si spaventa affatto se le si spiega che uno sforzo e un sacrificio sono necessari per costruire il socialismo, anzi, questo stimola ed esalta lo spirito di classe della sua avanguardia. È un piccolo episodio, questo, ma dimostra, come dicevamo, un errato orientamento di principio, perché é un errore di principio credere che, ottenuti i primi grandi successi, la costruzione socialista vada avanti da sé, e non attraverso il giuoco di contraddizioni di nuovo tipo, che devono ëssere risolte, nel quadro della nuova società, dalla azione delle masse e del partito che le dirige.
Ne derivarono due principali conseguenze, credo. La prima fu un isterilimento della attività delle masse, nei luoghi e negli orga[...]

[...]persona. Questo va benissimo, ma non è tutto ciò che si deve attendere da loro. Ciò che più oggi importa è di rispondere giustamente, con un criterio marxista, alla domanda sul come gli errori oggi denunciati si siano intrecciati con lo sviluppo della società socialista, e quindi se nello sviluppo stesso di questa società non siano intervenuti, a un certo momento, elementi di disturbo, sbagli di ordine generale, contro i quali tutto il campo del socialismo deve essere messo in guardia, — e intendo dire tutti coloro che già stanno costruendo il socialismo secondo una loro strada,
e coloro che una loro strada stanno ancora ricercando. Si può essere senz'altro d'accordo che i! problema centrale é della salvaguardia delle caratteristiche democratiche della società socialista, ma come si colleghino le questioni della democrazia política e di quella economica, della democrazia interna e della funzione dirigente del partito con il funzionamento democratico dello Stato,
e come lo sbaglio intervenuto in uno di questi campi possa riper
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cuotersi su tutto il sistema, — questo, é ció che bisogna studiare a fondo e chiari[...]

[...]i sono il partito dirigente si é così allargato (comprende la terza parte del genere umano!), che anche per questa parte il modello sovietico non pue) e non deve più essere obbligatorio. In ogni paese governato dai comunisti possono e
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debbono influire in modo diverso le condizioni oggettive e soggettive, le tradizioni, le forme di organizzazione del movimento. Nel resto del mondo, vi sono paesi dove ci si vuole avviare al socialismo senza che i comunisti siano il partito dirigente. In altri paesi ancora, la marcia verso il socialismo è un obiettivo per il quale si concentrano sforzi che partono da movimenti diversi, che però spesso non hanno ancora raggiunto né un accordo né una comprensione reciproca. Il complesso del sistema diventa policentrico e nello stesso movimento comunista non si può parlare di una guida unica, bensì di un progresso che si compie seguendo strade spesso diverse. Dalle critiche a Stalin risulta un problema generale, comune a tutto il movimento, — il problema dei pericoli di degenerazione burocratica, di soffocamento della vita democratica, di confusione tra la forza rivoluzionaria costruttiva e la [...]



da Alberto Caracciolo, A proposito di controllo e democrazia operaia in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]complesse in tutto l'ampio discorso oggi in atto sui problemi di un piano economico centralizzato.
La prima risposta che si potrebbe dare su questo terreno è di ordine puramente ideologico, e come tale non varrebbe conto di menzionarla se non fòsse valida, peraltro, almeno a far riflettere quanti ritengono di dover scegliere le soluzioni politiche sulla base di un criteria di cosiddetta «fedeltà ai principi ». Tale risposta è in sostanza che il socialismo non sarebbe tale se non contenesse precisamente una valorizzazione di tutti gli elementi di autogoverno contra le forme democraticoborghesi di « delega» dei poteri, se esso non significasse rivalutazione della «società civile» rispetto all'imperio della « società politica ».
È anche vero che un'antica pubblicistica, che ha fatto breccia talora nel senso comune, attribuisce al socialismo e al comunismo la caratteristica del massimo accentramento politicoeconomico. Ma è chiaro come questo discorso confonda il fatto della direzione ra
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zionale e sociale dell'economia con una concezione antidemocratica del potere che non c'é né in Marx, né in Lenin, né in nessuna parte della letteratura marxista, neppure nelle interpretazioni della formula « dittatura del proletariato ». Persino Stalin, sotto la cui direzione nell'Unione Sovietica si é sbandato verso il centralismo burocratico, esaltava sul piano teorico il sistema in atto come m[...]

[...]on c'é né in Marx, né in Lenin, né in nessuna parte della letteratura marxista, neppure nelle interpretazioni della formula « dittatura del proletariato ». Persino Stalin, sotto la cui direzione nell'Unione Sovietica si é sbandato verso il centralismo burocratico, esaltava sul piano teorico il sistema in atto come massima espansione di democrazia diretta, egli economisti spiegava, in un famoso scritto, non doversi ricercare la caratteristica del socialismo nella pianificazione, che non ha di per sé alcun significato rivoluzionario. Come ci ammoniva Antonio Gramsci, potere socialista significa anzitutto valorizzazione di tutti gli istituti e le istanze di democrazia dal luogo della produzione al vertice dello Stato. E al limite, troppo dimenticata dai comunisti « ortodossi », sta precisamente la estinzione dello Stato, e una società nella quale, per dirla con Lenin, « tutti avranno imparato ad amministrare ed amministreranno essi stessi la produzione sociale ».
3. Si potrebbe a lungo continuare nella citazione dei luoghi e degli autori in cui l[...]

[...]vërimentö dei'välori e del sostegno cosciente e e masse.
Uri cämbiamento tuttavia non solo non e impossibile, ma sembra rispondere ad esigenze di fondo della società contemporanea. Nella concreta situazione nostra una ripresa di democrazia operaia e di impegno socialista sembra aver bisogno in sostanza di muoversi lungo una triplice direzione per trasformarsi in una spinta effettiva: ha bisogno di far progredire una teoria per la_con quinta del socialismo in « paesi _come l'Italia»; di farespa dere istituti e strumenti di controllo sulla produzione e di intervento
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democratico sul potere; di dar luogo a una coscienza e a un indirizzo
criticamente adeguata in sede partitica e sindacale.
6. Non mi fermerò qui sul problema della teoria: non perché sia di poca importanza, ma perché di tale profondità che si gioverà piuttosto, e già si è giovato, di apporti particolari, puntuali, tratti dall'osservazione e dalla comparazione di singoli fenomeni.
Accennavamo in altro luogo recentemente, riprendendo osservazioni diffuse, di[...]

[...]o la formula di una via democratica che passi attraverso le « riforme di struttura », formula da cui prende le mosse ormai tutta la sinistra socialista. E non sappiamo fino a che punto il Partita socialista da solo si saprà supplire.
Il fatto è che non si può più fermare a queste formule, oggi, né è possibile rifarsi all'originale pensiero gramsciano o restaurare una presunta ortodossia marxiana o leninista per ricavare una strada efficiente al socialismo. L'essenziale è partire dall'osservazione di come si è venuta strutturando negli ultimi decenni la società italiana e, in pari tempo, dei paesi come l'Italia, nei limiti in cui l'analogia sia possibile; accompagnando ed in parte anche precedendo l'azione politica se non si vuole che tradizione, esperienza, attaccamento delle masse, si esauriscano in una battaglia senza prospettive.
7. Al problema della teoria si ricollega immediatamente, ci pare, quello degli istituti e degli strumenti d'azione del movimento operaio. E vi ricollega, in primo luogo, perché la esistenza di forme di controllo s[...]

[...]a cono
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scenza del fatto economico, dall'azienda al mercato: conoscenza che per alcuni racchiuderebbe per intero il problema del controllo. Ma forse questo limite é ancora insufficiente. Perché nel logorarsi degli strumenti propriamentte parlamentari o esclusivamente partitici, dalle forme del controllo e della democrazia operaia sembra prendere consistenza l'idea stessa di una via democratica al socialismo.
Significa, quando diciamo questo, che si voglia con un gioco della volontà o dell'immaginazione, dar vita d'un tratto ai Consigli di fabbrica gramsciani o alla piramide dei Soviet leniniani, dai quali nascerà finalmente il potere socialista? Non di ciò si tratta, evidentemente. Non abbiamo nessuna intenzione di formulare schemi per un nuovo « sistema » di istituti, ben congegnati orizzontalmente e verticalmente, con i loro statuti e regolamenti elettorali, come faceva nel 1920 Nicola Bombacci col suo progetto di Soviet. Quel che occorre é rivalutare, fondandosi sull'esperienza, sulla tradiz[...]

[...]e strutture tradizionali.
I partiti, anche quelli di sinistra, non mostravano malta attenzione verso il movimento, tutto concentrando in altri settori e in altre battaglie. Il principio estremo dell'autogestione, del quale del resto è lecito discutere il significato in una fase di permanenza della proprietà privata dei mezzi di produzione, era affermato quasi soltanto dal Partito d'Azione, debole fra gli operai, e da Lelio Basso sulla rivista « Socialismo ». I'l Partito comunista oscillava fra una concezione tecnicistica ed una più estesamente politica, per la quale avrebbe voluto fare dei Consigli un'ulteriore roccaforte della propria influenza diretta. Ancora un po' diverso il pensiero ufficiale del Partita socialista, incline ad attribuire a questi istituti piuttosto una funzione di controllo che di gestione. « Il Consiglio — sosteneva la relazione Saraceno al congresso del 1946 — è per noi principalmente l'organo di base, l'organo periferico del controllo democratico della produzione. Ma un controllo periferico presuppone necessariamente u[...]

[...] la relazione Saraceno al congresso del 1946 — è per noi principalmente l'organo di base, l'organo periferico del controllo democratico della produzione. Ma un controllo periferico presuppone necessariamente un controllo centrale, un'economia regolata, un minima di pianificazione. Dobbiamo quindi concepire i Consigli di gestione come organi di sburocratizzazione periferica contro i pe
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ricoli del socialismo di Stato, burocratico e centralizzato e in sostanza antidemocratico ».
La situazione spinse i Consigli, piuttosto che a diventare organi di sburocratizzazione, a burocratizzarsi essi stessi. Una seria responsabilità hanno in questo i partiti, e in primo luogo il Partita comunista, incline a considerarli più che altro come strumento accessorio di un'azione che si sarebbe decisa senza toccare la fabbrica, in sede politicoparlamentare o di generali movimenti di masse. Il colpo di grazia, come si ricorderà, fu dato al momento del « Fronte democraticopopolare » del 1948. I Consigli di gestione ve[...]

[...] proletarie. Il problema é più profondo, è più complesso. Quello che può contare, e può dar nuove forze e prospettive a una battaglia socialista in Italia, é una ripresa di controllo della produzione che non sia solo un fatto tecnico ma politico, e di democrazia operaia che non sia solo un fatto di classe ma acquisti peso in una programmazione politica ed economica: una ripresa di iniziative, di valori, che servano a costruire gli elementi di un socialismo inteso come massima autogestione e come massimo autogoverno.
ALBERTO CARACCIOLO


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine socialismo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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