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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 475

Brano: Separatismo siciliano

1945, dai partigiani della Divisione “Belluno”.

Nel dopoguerra scrisse un libro di ricordi: Quando ero capo della polizia (1946).

A.Per.

Sentinelli, Alfredo

N. a Fabriano (Ancona) il 22.1.1905; calzolaio.

Attivo in seno all’organizzazione comunista in provincia di Ancona, nel

1927 fu assegnato per 3 anni al confino.

Fu nuovamente confinato per 5 anni nel 1931 e ancora una volta nel

1938, sotto l’accusa di « tentato espatrio clandestino a scopo politico », per altri 3 anni.

Dopo 1*8.9.1943 ha preso parte alla Guerra di liberazione nel Fabrianese, come comandante d[...]

[...]ai tedeschi e deportata in Serbia, ma ben presto fuggì dal lager e tornò illegalmente a Lubiana. Prese parte alla Guerra di liberazione, svolgendo fino al febbraio 1945 importanti funzioni direttive nel Litorale sloveno e a Trieste.

Nel dopoguerra ha continuato a ricoprire incarichi di primo piano nelle organizzazioni di partito e combattentistiche, nella Unione Socialista e nelle assemblee parlamentari in Jugoslavia.

M.Pah.

Separatismo siciliano

Il movimento politico tendente a staccare dallo Stato italiano la Sicilia, per farne sede di una organizzazione statale del tutto autonoma e indipendente, è uno dei fenomeni più singolari caratterizzanti la storia di questa regione. La sua singolarità sta nel fatto che il separatismo siciliano, a differenza di quanto si registra in altre storie regionali, ha rappresentato un momento di rottura rispetto alla storia e alla cultura nazionale, alTinterno del quale eventi e aspirazioni secolari sono pervenuti a esiti clamorosi e significativi per il loro proporsi sempre e comunque in una direzione antiunitaria, se non proprio antistatale.

Cenni storici

Insurrezioni e tumulti contro lo stato centralizzato si verificarono nell’isola già a partire dal secolo XVII: dai tumulti di Giuseppe D’Alesi alla rivolta palermitana e siciliana del 1709; dai moti del 1820 e del 1848 a quelli del [...]

[...]si subalterne, la quale si differenzi dalle problematiche di quelle stesse classi riscontrabili in altre aree geografiche della Penisola e dell’Europa. Del resto, anche il separatismo basco o quello irlandese si manifestano in situazioni completamenté diverse, anche se hanno in comune il fatto di esplodere come fenomeni periferici dello Stato o presentano analogie con situazioni africane o asiatiche. Ma la fondamentale differenza del separatismo siciliano rispetto ad altri sta forse nel suo carattere episodico e improvviso, tanto facile a nascere quanto a smorzarsi. In realtà, esso si è sempre manifestato come un’espressione tipica di crisi dello Stato centrale, nei momenti di transizione da una dominazione all’altra, da un sistema istituzionale all’altro. Inoltre esso si è presentato come mero fenomeno di chiuso rivendicazionismo di classi privilegiate o di ceti intellettuali con personali aspirazioni democratiche, insoddisfatti del presente, ma incapaci di prospettare delle soluzioni al di fuori di un’ottica insularistica.

Il separatismo [...]

[...]ilegiate o di ceti intellettuali con personali aspirazioni democratiche, insoddisfatti del presente, ma incapaci di prospettare delle soluzioni al di fuori di un’ottica insularistica.

Il separatismo degli anni Quaranta

Le vicende che caratterizzarono l’ultima vampata separatistica, dall’occupazione alleata dell’isola (1943) alla strage di Portella delle Ginestre (v.) nel 1947, confermano il carattere classista e velleitario del separatismo siciliano. C’era allora nei separatisti l’immediata percezione della disgregazione del vecchio Stato nazionale e fascista, come dimostrava la loro dichiarata disponibilità a soluzioni federative, ma mancava il senso di una reale

475



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 685

Brano: [...]hia classe politica, le liste di minoranza dichiaratamente antifasciste riscossero significativi successi: il Partito del lavoro ottenne 3.000 voti (6.196 in tutta la Sicilia) e l'Alleanza proletaria 2.578 voti (10.000 in tutta la Sicilia). Risultarono eletti il professor Lombardo Pellegrino, noto esponente del democraticismo borghese, e Francesco Lo Sardo che, entrato nel P.C.d’I. insieme ai terzinternazionalisti, fu il primo deputato comunista siciliano.

L’affermazione elettorale ebbe riscontro nella base cittadina: il successo riscosso a Messina dal « movimento del soldino » (così denominato perché i suoi aderenti solevano portare all'occhiello la moneta con I effige del re) promosso dal Partito del lavoro, quantunque coagulasse all’insegna dell’antifascismo forze eterogenee e non avesse svolto una corretta analisi sulla natura di classe del fascismo, costituiva un sintomo inequivocabile di rifiuto di massa del nuovo regime. Tale rifiuto fu espresso ancora più chiaramente in occasione dell’assassinio di Giacomo Matteotti, allorché l’inte[...]

[...]to che la battaglia antifascista era il nodo centrale dello

scontro di classe in Italia, mantenne invece saldi legami con gli interessi reali dei lavoratori nelle campagne e in città, attirandosi pesanti repressioni.

Fin dal luglio 1923, insieme ai dirigenti dell’Esecutivo nazionale del P.C.d’I. era stato arrestato Pietro Pizzuto, seguito nel 1924 da Gnudi e da Oreste Weigert. Il 1926 vide l’attacco inferto contro l’intero gruppo dirigente siciliano: insieme ai comunisti catanesi vennero arrestati Francesco Lo Sardo e Umberto Fiore che, nel 1928, furono condannati dal Tribunale Speciale a 8 anni di reclusione ciascuno. Lo Sardo morirà in carcere, a causa dei patimenti subiti.

Le condanne dei dirigenti comunisti servirono a chiarire il ruolo di classe del fascismo nel Meridione, dove il travagliato incontro col trasformismo si era concluso positivamente per il nuovo regime: nelle gerarchie del P.N.F. entrarono i rappresentanti dei ceti economici conservatori e le consorterie locali che, nel nuovo sistema, vedevano la stabilità sociale.[...]

[...]rovenienti da uno Stato conservatore.

Il Partito comunista, come i superstiti gruppi socialisti e del Partito Popolare, si sforzarono di tener viva l’organizzazione clandestina e di essere presenti tra i lavoratori. In conseguenza delle condanne inflitte agli esponenti del gruppo dirigente comunista, il lavoro di ricomposizione si svolgeva tra difficoltà crescenti anche perché il fascismo, fatte proprie le tecniche repressive del clientelismo siciliano, colpiva quotidianamente, perfino nella vita familiare, gli oppositori, per creare intorno a essi il vuoto sociale e umano.

La storia dell’antifascismo messinese è segnata dalla lotta ostinata di operai, artigiani e intellettuali [Abate, Sceni, Chiliemi, Fusco, Sal

vatore, Romano, Cannarozzo, Bonaccorso, Pino e altri) i quali seppero resistere a persecuzioni e lusinghe. L’esempio di dignità offerto dagli antifascisti divenne punto di riferimento dello scontento popolare, mentre le figure degli oppositori arricchivano il patrimonio di quella cultura di ribellismo popolare che aveva la su[...]

[...] quella cultura di ribellismo popolare che aveva la sua matrice nell’epopea garibaldina.

Nei quartieri popolari e nei centri di campagna la politica economica del regime era esiziale per gli interessi dei lavoratori. Le corporazioni fasciste non riuscirono mai a svolgere un’opera di equilibrio tra le categorie sociali, e le avventure belliche a ripetizione non potevano certo entusiasmare le classi meno abbienti. L’antico rancore del contadino siciliano contro la guerra e contro lo Stato veniva anzi rinvigorito da ogni nuova conquista « imperiale ».

La Seconda guerra mondiale

Nel 1940, l’annuncio dell’entrata in guerra accanto alla Germania nazista fu accolto con un certo entusiasmo da alcuni settori della borghesia, mentre tra i lavoratori fu subito ben chiaro che si andava verso la catastrofe. Il prolungarsi degli eventi bellici accelerò poi la crisi di sfiducia, mentre l’inettitudine e la corruzione della pubblica autorità costringevano i cittadini a ricercare individualmente le vìe della sopravvivenza. La guerra colpì duramente la [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 442

Brano: [...]litare alleato, fu di privilegiare una direzione politica che, in un primo momento, favorì le tendenze separatistiche esplose anche a Partinico dopo il luglio 1943, salvo poi predisporre il terreno ai più forti gruppi dirigenti della Democrazia cristiana.

Il separatismo trovò a Partinico una particolare connotazione perché qui venne a maturare nel corso di alcuni anni uno dei principali fronti su cui si giocarono le sorti dell’indipendentismo siciliano, cioè il Movimento indipendentista siciliano democratico repubblicano, guidato dal partinicese Antonio Varvaro.

Dal 1946 al 1947 avvenne la scissione dal M.I.S. (Movimento per l’indi pendenza siciliana) di Andrea Finocchiaro Aprile, comportando un clamoroso successo alle elezioni regionali del 20.4.1947, nelle quali il M.I.S.D.R. si affermò localmente co\

Primo Maggio a Portella della Ginestra (1948)

me primo partito, seguito dal Blocco democraticoliberale qualunquista e dalla Democrazia cristiana. Che queste elezioni rappresentassero a Partinico una vittoria popolare (in una Sicilia che aveva visto la vittoria del Blocco del p[...]

[...]listi e comunisti, subì infatti un crollo notevole anche rispetto alle precedenti comunali del 27.10.1946, durante le quali l’astensionismo separatista aveva causato la mancanza di affluenza alle urne del 65% degli elettori. C’era, occorre dire, in quella situazione una mancanza complessiva di prospettiva politica credibile, fortemente condizionata da una ideologia sicilianista che, nel Varvaro, si legava all’antico costituzionalismo federalista siciliano senza però riuscire a impostare una propria linea realistica di fronte alla disgregazione dello Stato nazionale: fatto che determinava una assoluta incapacità di vedere oltre

10 spazio geografico insulare.

In quella situazione di vuoto avvenne la tradizionale ricomposizione del Blocco agrario e reazionario che utilizzò il banditismo, prima militarizzato nell'E.V.I.S., come strumento di repressione contro le sedi contadine.

11 22.6.1947 il bandito Salvatore Giuliano assaltava le sedi del P.C.I. e delle Camere del lavoro, uccidendo a Partinico i dirigenti comunisti Vincenzo Lo Iacono e[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 476

Brano: I

Separatismo siciliano

prospettiva, la capacità politica di vedere al di fuori dello spazio geografico insulare, quando non cadevano in preda a una sicilianite di natura isterica o causata da ancestrali complessi panici. In questi limiti si irretivano sia i separatisti della corrente aristocraticoagraria (l’ala oltranzista del sicilianismo, capeggiata dai Tasca e dai Carcaci) sia quella moderata e trasformista di Andrea Finocchiaro Aprile, sia ancora quella repubblicana e democratica che faceva capo all’avvocato partinicese Antonino Varvaro.

Per contro l’occupazione alleata e la lotta antifascista, alla quale[...]

[...]chio individuava tre obiettivi principali: accentuare il processo di democratizzazione dell’isola; risolvere il problema della terra; affrontare la dilagante disoccupazione.

Non si può dire che nei quarant’anni trascorsi da allora (e nel corso dei quali la questione separatista non è stata più sollevata) gli obiettivi indicati da Togliatti siano stati raggiunti. Anche ciò dimostra il carattere strumentale, puramente ideologico del separatismo siciliano: una bandiera alzata dalle classi dominanti quando si tratta di assicurarsi, nelle fasi di transizione storica, la continuità di potere; uno slogan obsoleto, quando questa continuità sia stata infine riconosciuta e garantita, si intende a spese delle classi subalterne.

G.Ca.

Sequi, Eros

N. il 15.10.1912 a Possagno (Treviso) ; docente universitario. Laureato in Filologia classica all 'Università di Pisa nel 1934, residente in Jugoslavia dal 1942, ai primi di ottobre del 1943 fu arrestato e internato per alcune settimane dagli ustascia. Riacquistata la libertà, raggiunse i partigiani e[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 285

Brano: [...]moralmente Giolitti.

Nel gabinetto Salandra Orlando riprese a tessere la trama dei rapporti col Vaticano: ad esempio, trovandosi a dover applicare per la prima volta nelle circostanze di guerra la « legge delle Guarantigie », assicurò tutte le rappresentanze diplomatiche e il mantenimento di tutte le relazioni. Conciliante, si disse, per temperamento,

Io era probabilmente anche per i non limpidi interessi che lo legavano al complesso mondo siciliano. Nel luglio 1916, nel ministero di Paolo Boselli, succeduto a Salandra, Orlando assunse il dicastero degli Interni. A dimostrazione della benevolenza di cui godeva in Vaticano, Benedetto XV chiese al governo italiano di mantenere con lui e non con il nuovo ministro di Grazia e Giustizia le relazioni intercorrenti fra la Chiesa e lo Stato. la « questione romana » stava assai a cuore a Orlando e ciò era motivo quindi di considerazione nei suoi confronti da parte del papato. Sottoposto a duri attacchi per il suo passato giolittiano dagli ambienti interventisti e da quelli pseudorivoluzionari (se[...]

[...]io del 1917 Orlando

dovette sottoporre la propria posizione al giudizio del Consiglio dei ministri, ma ne uscì con un voto di fiducia.

Il « Presidente della Vittoria »

L’aggravarsi della situazione militare italiana nel giugno 1917 e quindi il precipitare degli eventi nell’ottobre, con la rotta di Caporetto, determinarono la caduta del fiacco ministero Boselli e la chiamata di Orlando a presiedere un gabinetto, nel quale l’uomo politico siciliano conservò anche il dicastero degli Interni.

In quel frangente egli venne fatto apparire come se incarnasse le risorse di resistenza della nazione di fronte ai rovesci militari, allo scoramento e all’opposizione che la dissennata condotta della guerra avevano diffuso nel Paese. Al convegno interalleato di Rapallo, Orlando dichiarò che l’Italia si sarebbe difesa a costo di far retrocedere tutte le sue forze fino alla Sicilia; il 22.12.1917 ripetè alla Camera tale concetto e la sua figura cominciò ad ammantarsi di un’epica determinatezza. Comunque, per dimostrare la propria risoluzione, pochi [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 339

Brano: [...]liati.

Dopo il rifiuto degli Alleati di intervenire con i loro carri armati, si costituì un forte nucleo di sappisti per investire in modo coordinato la zona. Armati di rivoltelle, fucili e di un mitragliatore, dopo aver circondato la casa colonica da ogni cavedagna e da tutte le scoline, i sappisti accesero un combattimento durato diverse ore, finché i tedeschi si arresero. Il primo scontro costò la vita a due sappisti: Francesco Lentini (un siciliano di 17 anni) ed Enzo Pirotti, poco più che ventenne. L'attacco risolutivo del pomeriggio costò 6 feriti: Mario Marchi detto “al Pasturen”, Luigi Arbizzani, Dino Cesari, Luigi Cussini, Lino Lipparini e Sergio Mazzoni). Sul podere Sarti rimase ferito Raffaele Sabattini.

Nello stesso giorno (22 aprile) due partigiani sangiorgesi, rastrellati alcuni giorni prima e incarcerati a San Giovanni in Persiceto, furono trucidati, insieme ad altri patrioti, in località Cavezzo di Modena: Adelio Cacciari e Luigi Catalucci.

In quel giorno i tedeschi lasciarono sul terreno sangiorgese 25 morti. Intanto [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 17

Brano: [...]zazione comunista clandestina di Napoli veniva segnalata (con 120 iscritti e la diffusione di un migliaio di copie de /'Unità) come una delle più consistenti del Mezzogiorno. Poco dopo essa subì numerosi arresti, mentre la situazione nelle fabbriche andava facendosi sempre più difficile per la attiva presenza dei sindacati fascisti. I funzionari del Centro estero del partito continuarono tuttavia a seguire l’organizzazione napoletana. Tramite il siciliano Nicola Potenza e soprattutto dopo i viaggi a Parigi compiuti da due giovani intellettuali napoletani (Emilio Sereni e Manlio Rossi Dori a) i con

Giorgio Amendola (a sinistra) davanti alla libreria Detcken & Rochall di Napoli (1929)

tatti poterono essere ripresi.

Dal 1929 si ebbe una fase di riorganizzazione che, sotto la guida di Sereni, Rossi Doria, Giorgio Amendola, Eugenio Reale, Luigi Russo, Giorgio Quadro, Mazzeìla, Gennaro Rippa, portò a costituire 12 cellule di officina. Nell’aprile 1931 Amendola, che aveva assunto la guida della Federazione dopo l’arresto di Sereni e Rossi Do[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 15

Brano: [...]tenuto a Sala Consilina, in provincia di Salerno, nell’ottobre 1922. Pochi giorni dopo, la sede de « Il Mondo » in via Santa Brigida, cioè il suo stesso quotidiano, veniva assalita dalle squadre convenute a Napoli per il congresso fascista.

Il fascismo napoletano ebbe un carattere urbano combattentistico, « diciannovista » e repubblicano: un carattere diverso, ad esempio, da quello del fascismo pugliese dove fu di matrice agraria, o da quello siciliano dove si fuse con il vecchio quadro trasformistico. Capo del fascismo napoletano fu Aurelio Padovani, poi morto in oscure circostanze (v. Dissidentìsmo), il quale era di orientamento repubblicano e polemizzava contro il clientelismo e il trasformismo.

Mentre in Terra di Lavoro (oggi provincia di Caserta) avanzava come nelle Puglie il terrorismo degli agrari, a Napoli si faceva strada la corrente nazionalista di Paolo Greco che poi aderì al fascismo di Mussolini scontrandosi con la corrente di Padovani. La tragica fine di quest’ultimo verrà da molti collegata appunto a tale contrasto. Il

[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 683

Brano: [...]ppamenti borghesi avevano anche il compito di reclutare i migliori elementi della borghesia utilizzando le contraddizioni di questa classe per favorire lo sviluppo del movimento operaio. Certo, il sottosviluppo economico e culturale, l’assenza di nuclei industriali (le poche fabbriche dell’isola rimanevano al livello artigianale), la superficiale e incompleta lettura dei testi marxisti concorrevano a determinare le ingenuità del primo socialismo siciliano.

Movimento socialista

Le debolezze del movimento socialista si palesarono ai primi del '900 con l’inadeguata risposta al disegno giolittiano di scissione del movimento operaio. In particolare a Messina ì raggruppamenti politici e le figure più rappresentative del liberalismo locale (fra le quali spiccava Ludovico Fulci) che avevano sostenuto le loro battaglie insieme ai socialisti, identificarono immediatamente i loro interessi con la linea del presidente del consiglio Giovanni Giolitti (v.), intendendo così in senso trasformistico le alleanze democraticosocialiste. Ciò contribuirà a re[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 672

Brano: [...] l’arruolarsi nella speranza di avere « un posto al sole » a guerra finita.

La miseria del Sud servì dunque al fascismo da « giustificazione » delle sue imprese più odiose e fu una base per la formazione di quell’esercito di ventura su cui cercò di fondare il suo « impero ».

La bonifica e la colonizzazione delle paludi pontine, della piana del Volturno, di parte del Tavoliere delle Puglie, della Nurra e, da ultimo, « l’assalto al latifondo siciliano » non determinarono d'altronde quelle modificazioni strutturali e sociali alle quali i fascisti sostenevano di voler mirare: iniziate quando già ormai ci si avviava alla guerra, anche quelle misure servirono più che altro da alibi per giustificare le imprese di aggressione, e soprattutto per scaricare il peso delle trasformazioni sul prevalente se non esclusivo impiego della forzalavoro dei contadini, allettati dal miraggio della proprietà.

Le distruzioni operate dai massicci bombardamenti degli angloamericani e i guasti dovuti al passaggio dei diversi eserciti, nonché all’occupazione degl[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine siciliano, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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