Brano: [...] durante il 1958 si è consumato — relativamente — nell'isola in una proporzione maggiore di quanto si è prodotto.
LA CONTRASTATA EVOLUZIONE DELLA SICILIA 117
rebbe dopo la presentazione del « Piano Vanoni » che ha precisamente tra i suoi obbiettivi principali quello dello sviluppo del Mezzogiorno e del pieno impiego: due obbiettivi essenziali per la Sicilia. Per questi motivi ci sembra che il miglior modo per valutare adeguatamente il problema siciliano sia quello di vedere quali progressi si siano eventualmente verificati in relazione allo sviluppo dell'economia italiana, in questi quattro anni di applicazione dello « Schema Vanoni ».
Il primo punto da esaminare è quello riguardante l'occupazione. Secondo le rilevazioni dell'Istituto Centrale di Statistica le forze di lavoro in Sicilia, al 20 aprile 1959, ammontavano a 1589.000 su una popolazione complessiva di 4.767.000 persone. Il livello di occupazione, ossia il rapporto tra popolazione attiva e popolazione residente, era pari al 33,3%. Alla stessa data, le forze di lavoro in Italia amm[...]
[...]sostituita da quella femminile, e di un avviamento verso le attività industriali e terziarie, in prevalenza, da parte non solo di braccianti o contadini poveri, bensì di disoccupati, sottoccupati e inoccupati che oltre alle nuove leve di lavoro si dirigono verso i centri industriali e amministrativi per trovarvi occupazione (8).
Prima di ricavare da questa analisi sommaria alcune deduzioni, sarà bene accennare all'altra faccia del sottosviluppo siciliano: quella del reddito. Si è già detto come la media del reddito per abitante sia molto bassa in Sicilia, al livello cioè dei paesi sottosviluppati. L'isola la cui popolazione rappresenta il 9,5% del totale nazionale, ha un reddito globale che è appena il 5,6% di quello nazionale. Si capisce quindi che, ogni siciliano contribuisce in media meno di quanto dovrebbe alla formazione del reddito nazionale. Ma ciò potrebbe imputarsi al minor grado di occupazione rilevato nell'isola in confronto alla media nazionale. In realtà non è soltanto questo che determina il divario nei
(8) Occorre avvertire che, data la ristrettezza dei campioni, le cifre totali su cui 'si basano queste osservazioni, non possono considerarsi precise, né completamente attendibili. Tuttavia la contrazione nel ramo dell'agricoltura e l'espansione in quello dell'industria e delle altre attività, insieme con l'assorbimento sia pur limitato de[...]
[...] (lire)
Sicilia Italia Percent. Sicilia Italia
1955 533.486 3.954.000 5,36% 113.957 202.386
1956 583.741 19.790.000 5,41% 123.635 217.725
1957 657.137 11.469.000 5,73% 138.164 229.862
1958 688.627 12.288.000 5,60% 143.633 244.437
Da questi dati, raccolti ed elaborati dal Tagliacarne, sembra doversi desumere che il divario dei redditi procapite tra la Sicilia e l'Italia sia andato aumentando in valore assoluto, sebbene l'incremento medio siciliano sia stato ogni anno proporzionalmente piú elevato di quello italiano (26,3% contro 17,2%). Ossia dovremmo ritenere che, mentre il contributo medio della Sicilia alla formazione del reddito nazionale si mantiene basso, come risulta dalla percentuale variante dal 5,36% al 5,6%, si sono in qualche modo allungate le distanze tra il reddito medio dei siciliani e quello italiano, nonostante il più intenso ritmo di progresso registrato nell'isola. Ad ogni buon conto, non si può negare che vi sia stato in Sicilia, in questi ultimi quattro anni, un aumento del reddito molto maggiore che nel passato, a[...]
[...]e precise, che cosa si proporrebbe di fare. Da tutti è riconosciuto che tosi non si può continuare: ed é comprensibile. La cerealicoltura occupa attualmente più di un terzo della superficie agraria dell'isola; proporzione eccessivamente elevata se si tien conto delle necessarie rotazioni che sono infatti ovunque troppo brevi. Il rendimento quantitativo è molto basso: 11,5 q/ha in media contro circa 35 nella Valle Padana. È vero che il grano duro siciliano é qualitivamente superiore a quello tenero del Nord. Ma a conti fatti il bilancio granario dell'isola è largamente deficitario, giacché le sue esportazioni di « duro » non bastano a compensare le importazioni di « tenero ». Occorre migliorare le tecniche di coltura, riducendo l'area investita a cereali sia per effettuare rotazioni più lunghe sia per far posto a colture più redditizie. Per passare dall'agricoltura estensiva, che si sviluppa sulla maggior parte della superficie dell'isola, soprattutto all'interno, a quella intensiva, che viene praticata lungo la fascia costiera (con un maggiore[...]
[...]obabile — bisognerebbe piuttosto che invocare una legge per giustificarsi, individuare un rimedio per correggere uno stato di cose svantaggioso per l'isola. E sarebbe il modo più persuasivo per dimostrare che l'autonomia non è soltanto necessaria ma anche operante in Sicilia.
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Tutte queste considerazioni non sono che un preambolo al discorso .che più ci interessa: il discorso sulla industrializzazione. Questa è la spina dorsale del problema siciliano. Argomento, dunque, che va affrontato con la massima chiarezza se si vuol vedere sul serio quali sono gli impedimenti e quali potrebbero essere i rimedi per il progresso economico dell'isola. Ma non è facile. A volerne parlare con assoluta sincerità ci si scontra non solo contro una serie di preconcetti e di opinioni belle e fatte, che rispecchiano interessi di parte, bensì contro una quasi inestricabile rete di informazioni contrastanti e di lacune incomprensibili. Con tutta la buona volontà riesce pressocché impossibile, in queste condizioni, formulare un giudizio conclusivo. Il problema è [...]
[...]la centrale Tifeo di Augusta, la disponibilità di energia elettrica nel 1959 ha raggiunto quasi i due miliardi di kWh. Un progresso c'è, dunque, stato in questi anni; un progresso che appare più rilevante se si prende come termine di riferimento la produzione del quinquennio precedente (9). Ma se si prende come termine di confronto la produzione nazionale per abitante, e più ancora il consumo procapite, si ha una nuova conferma del sottosviluppo siciliano (10). Ancora una volta si è costretti a riconoscere che tra la media nazionale e quella regionale c'è un divario che si stenta a colmare al ritmo di sviluppo attuale.
(9) L'aumento dell'energia generata dagli impianti termoelettrici ed idroelettrici in Sicilia dal 1952 al 1959 è veramente considerevole, come risulta dalla seguente tabella compilata in base ai dati pubblicati dal e Notiziario Economico Finanziario Siciliano 1958 » del Banco di Sicilia, integrati, per gli ultimi anni, da quelli resi noti dall'ANIDEL:
Anno Produzione energia elettrica in Sicilia
(milioni di kwh)
1952 1955 1956 1957 1958
Produzione complessiva 537 809 851 988 1.145
% sul totale Italia. 1,8% 2,2% 2,1% 2,3% 2,5%
In valore assoluto, la produzione di energia elettrica nell'isola è, dunque, più che raddoppiata dal 1952, mentre in rapporto al totale della produzione italiana è passata dall'1,8% al 2,5%. Questo progresso trova conferma nell'aumento, altrettanto considerevole, dei consumi, registrato nel 1958, come può vede[...]
[...]e riserve circa altri aspetti del progetto. Tra le critiche che ad esso vengono mosse due sembrano meritevoli di confutazione nell'interesse della Sicilia. Si osserva che il progetto prevede la costruzione di un porto a Gela, a carico della Regione. Quanto verrà a costare quest'opera? Dieci miliardi, secondo alcuni, 20 secondo altri. E una cifra piuttosto grossa, se si pensa alle altre opere non meno necessarie e urgenti che gravano sul bilancio siciliano. Si osserva inoltre che l'entrata in funzione del complesso di Gela potrebbe aggravare la crisi nel settore dello zolfo. La desolfurazione del petrolio grezzo di Gela darebbe luogo a una produzione di zolfo di recupero a costi molto bassi e in concorrenza con quello prodotto dalle miniere siciliane. Rispondono i tecnici dell'E.N.I. che questo danno sarà evitato, poiché lo zolfo di Gela sarà in gran parte utilizzato direttamente 'e per la parte rimanente conferito all'E.Z.I. a un prezzo calcolato facendo la media tra quello dell'E.N.I. e quello delle miniere siciliane. In tal modo l'E.Z.I. pot[...]
[...]rà trovare solo in parte un'attenuazione se si verticalizzerá la produzione dello zolfo, bruciando direttamente il minerale sul posto per produrre acido solforico. Anche cosí, secondo il parere dei tecnici, l'Italia non potrà affrontare le conseguenze dei M.E.C. per quanto si riferisce alla unificazione delle tariffe doganali nei confronti delle importazioni provenienti da paesi non aderenti alla Comunità: resterà sempre uno scarto tra il prezzo siciliano e quello mondiale. Ora, appunto in considerazione di tale difficoltà, l'Italia si riprometterebbe di chiedere alla stessa Comunità un impegno a contribuire al programma di riconversione dell'industria zolfifera e di assistenza ai disoccupati. Il prodotto di Gela — si chiedono alcuni esperti che criticano il progetto dell'E.N.I. — non priverà il nostro paese di un argomento valido per chiedere, come ne avrebbe diritto, che venga suddivisa fra i sei paesi del M.E.C. la spesa per la riconversione e sovvenzione della produzione zolfifera? E una domanda che invita alla riflessione.
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Facciamo [...]
[...]la produzione petrolifera dovessero polarizzarsi attorno ad Augusta piuttosto che a Ragusa. Ma neanche questa previsione ha trovato l'attesa conferma. Vicino ad Augusta sono sorti, infatti, i grandi complessi della Sincat a Priolo. Pere) Siracusa, che come capoluogo aspirava a diventare un centro industriale é rimasta quella che era: una stupenda città museo. Tranne il cementificio del Barone Pupillo — uno dei rarissimi esemplari di imprenditore siciliano — e lo stabilimento dell'« Eternit Siciliana », più qualche fabbrica minore, non si è visto sorgere null'altro di nuovo in questi anni. Nemmeno il progetto di creazione di una « zona industriale », dopo tante discussioni e opposizioni, si è riusciti a varare. Non si pile, dunque dire che, almeno fino a questo momento, Siracusa abbia saputo ricavare tutti i vantaggi che il sorgere dei grandi complessi industriali sembrava dischiudere.
Per ragioni che si spiegano in parte, tenendo conto della favorevole ubicazione, la città che ha più risentito o utilizzato la benefica vicinanza di Augusta, è [...]
[...] deficienza di capitale e sovrabbondanza di manodopera.
Tornando al quesito che ci si poneva, bisogna riconoscere che nonostante eccezioni come quella di Catania, non si é avuto quello sviluppo dell'industria manifatturiera che per induzione si sperava sarebbe stato determinato o stimolato dal sorgere di alcuni grandi impianti nel settore di base. Le ragioni possono essere varie e cumulative. Scarsità di capitale: si sa che il capitale privato siciliano non é molto ed ha comunque una propensione per gli investimenti più sicuri o più fruttuosi a breve scadenza. A Catania, però, il capitale affluito é in gran parte di provenienza straniera o settentrionale. Non vi è motivo per escludere che ciò possa ripetersi altrove e su più vasta scala. Vi è invece da osservare che sussistono ancora alcune difficoltà nel sistema creditizio, le quali possono rappresentare un serio ostacolo. I crediti che vengono in generale concessi con una oculata valutazione della solvibilità del richiedente sono spesso insufficienti a dar vita ad una attività industriale
[...]
[...] svantaggio. Tutto costa di più in Sicilia rispetto alle regioni più avanzate: a cominciare dalle fonti di energia (scarse le risorse idriche, data la irregolarità delle precipitazioni stagionali e la natura del terreno, e notevole la dispersione degli utenti) per finire con le materie prime e i semilavorati che dovrebbero essere importati (14). La insufficienza delle infrastrutture crea, in partenza, condizioni di inferiorità per un industriale siciliano nei confronti di
(14) È opinione molto diffusa che lo sviluppo industriale sarebbe stato ritardato nel nostro paese dall'alto costo dell'energia elettrica. In realtà, l'incidenza della spesa per l'energia elettrica sul valore del prodotto è in media del 2%. Se si considera, ad esempio, che l'incidenza del costo del lavoro è invece dell'ordine del 50% si deve riconoscere che le spese per l'energia elettrica non influiscono in misura determinante sui costi industriali. Ciononostante è innegabile che una riduzione del costo dell'energia elettrica avrebbe un effetto benefico sullo sviluppo indus[...]
[...] si aggirerebbe attorno ai 280 milioni. Sulla base di quanto risulta dall'esperienza della zona industriale di Catania, stimando che occorrano circa due milioni per la creazione di un posto di lavoro, si potrebbe prevedere un assorbimento globale di 140.000 persone. Questa cifra va però corretta, tenendo presente che l'incremento di occupazione sarebbe superiore per gli effetti moltiplicatori che lo sviluppo industriale esplicherebbe nel mercato siciliano, e va al tempo stesso riferita ad un periodo minimo di tre anni, occorrenti per realizzare un programma di tale portata. Anche così, nella ipotesi di un pieno impiego delle disponibilità teoriche, si arriverebbe, con una stima molto approssimativa, ad una previsione incoraggiante. La Sofis potrebbe contribuire efficacemente a ridurre la disoccupazione nell'isola. Non vi è dubbio, comunque, che essa rappresenti potenzialmente la chiave per la soluzione del problema della massima occupazione in Sicilia. E questo è sentito da tutti.
Ma, per tornare a ciò che non può misurarsi con dati statistic[...]
[...]ATA EVOLUZIONE DELLA SICILIA 161
ingiustizie di una struttura sociale che ha fatto il suo tempo. E necessario, si, liberare la società dalle strozzature che ne impediscono il progresso; ma non è sufficiente, se, compiuto questo passo, non si va avanti verso un aumento costante della produzione fino ad elevare il reddito regionale ad un livello degno di un paese civile.
Non é certo la volontà di lavorare, né l'intelligenza che mancano al popolo siciliano. È mancata purtroppo e continua a mancare per molti la possibilità di impiegarle. Spetta alla classe dirigente dimostrare oggi di essere capace di porre termine a questa dolorosa situazione. L'autonomia investe oggi la Sicilia di una responsabilità diretta. Ma la classe dirigente deve stare attenta a non cedere alla tentazione di una faciloneria che potrebbe costar cara. È inevitabile che in una società in transizione vi siano gruppi e ceti, preoccupati di perdere posizioni di privilegio. È umano che chi sente avvicinarsi il tramonto, cerchi di ritardare o impedire il volgere degli eventi da [...]
[...]tere reale e la Sicilia come mediatori. Con questa mentalità si viene a creare un diaframma artificiale tra l'isola e il resto del paese, senza che si formi una nuova classe dirigente, moderna e responsabile. No, questo non é autonomismo, anche se viene contrabbandato come tale. Questo é un vecchio vizio di uno strato parassitario della società siciliana, contro il quale bisogna stare in guardia.
Conclusione: dietro la facciata dell'autonomismo siciliano si nasconde un equivoco. Nella coalizione di forze e di interessi che ha consentito a Milazzo di dar vita ad un esperimento, ricco di tante promesse, vi era una contraddizione che i comunisti cinesi definirebbero di tipo antagonistico. Tra l'ala destra e l'ala sinistra dello schieramento autonomistico non vi è mai stata una vera intesa sulla via da seguire per il rimodernamento economico e sociale dell'isola; vi é stata una serie di compromessi, avvolti spesso da un trasparente velo di ambiguità. Ci hanno insegnato a scuola che non si sommano addendi che non siano fra di loro dello stesso tip[...]