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Il segmento testuale siciliani è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 693Entità Multimediali , di cui in selezione 58 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Entità Multimediali)


da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 523

Brano: [...] di stato maggiore dell’esercito, n.d.r.], in visita al campo di Cesano, parlando ai soldati ha detto, tra l’altro, che Cesano sarebbe diventato un centro di addestramento per volontari e partigiani. Essendo a conoscenza delle disumane condizioni delle nostre caserme, ha assicurato che si sarebbe provveduto a un loro restauro per renderle abitabili nel giro di pochi giorni. A due giorni di distanza da questo discorso sono arrivati a Cesano 1.500 siciliani, renitenti di leva, arrestati dai carabinieri e convocati qui. Questi siciliani, in condizioni fisiche impressionanti, in condizioni igieniche demoralizzanti, vestiti sommariamente, parte scalzi, tutti senza cappotto, sono stati ammassati nelle nostre caserme, riempiendole fino all'inverosimile. A tutt’oggi non hanno ricevuto altro che un pezzetto di sapone. Non hanno divise e non hanno potuto fare un bagno che li liberasse dal sudiciume accumulato nel peregrinare da caserma a caserma, su carri bestiame scoperti...

« ... Il giorno 11 gennaio, nel pomeriggio avanzato, i siciliani, con le coperte distese sulle spalle infreddolite per proteggersi dalla neve, scalzi o con[...]

[...]oni igieniche demoralizzanti, vestiti sommariamente, parte scalzi, tutti senza cappotto, sono stati ammassati nelle nostre caserme, riempiendole fino all'inverosimile. A tutt’oggi non hanno ricevuto altro che un pezzetto di sapone. Non hanno divise e non hanno potuto fare un bagno che li liberasse dal sudiciume accumulato nel peregrinare da caserma a caserma, su carri bestiame scoperti...

« ... Il giorno 11 gennaio, nel pomeriggio avanzato, i siciliani, con le coperte distese sulle spalle infreddolite per proteggersi dalla neve, scalzi o con simulacri di calzature, in segno di protesta si sono avviati all’uscita della caserma e, dopo aver disarmato la sentinella, si sono avviati sulla strada per disertare. Di fronte alla loro massa (700800) è stato inutile ogni intervento. Per più di un’ora abbiamo assistito all’esodo di questi italiani stracciati e infreddoliti, con gli ufficiali che guardavano in silenzio senza poter far nulla. Noi abbiamo fatto il pos? sibile per trattenerli...

« ... Ma ora ecco altri fatti. In caserma non c’è più pos[...]

[...]serma e, dopo aver disarmato la sentinella, si sono avviati sulla strada per disertare. Di fronte alla loro massa (700800) è stato inutile ogni intervento. Per più di un’ora abbiamo assistito all’esodo di questi italiani stracciati e infreddoliti, con gli ufficiali che guardavano in silenzio senza poter far nulla. Noi abbiamo fatto il pos? sibile per trattenerli...

« ... Ma ora ecco altri fatti. In caserma non c’è più posto, dopo l’arrivo dei siciliani. Non esistono divise, non esistono porte, finestre, acqua, illuminazione, sapone, viveri, coperte, paglia, ecc.. Ebbene, continuano ad arrivare altri uomini. E questi uomini (diverse centinaia) sono i volontari, i volontari delle Brigate Garibaldi, i senesi della "Spartaco Lavagnini ,r. Il primo scaglione di circa 150 uomini arriva il 10 gennaio, verso le sette di sera. Questi uomini vengono accolti in caserma con la massima costernazione, come fossero piovuti dal cielo... Fa molto freddo e umido. I volontari hanno viaggiato tutto il giorno su camion scoperti. Vengono scaricati davanti all'Uf[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 179

Brano: [...]ti; e. lo Stato italiano non sottopone a critica, a giudizio, a controllo, i suoi organi esecutivi: il suo liberalismo cede di fronte al moschetto dei suoi agenti, di fronte all'azione loro s'arresta l'autorità dei suoi giudici » (Ordine Nuovo, 14.1.1921, n. 24). Segue un elenco dei più gravi eccidi di lavoratori e cittadini democratici commessi in Italia dal 1893 ai nostri giorni.

Eccidi del Regno d’Italia (18931946)

Repressione dei Fasci siciliani

Nel 189394 si hanno in Sicilia feroci repressioni contro i manifestanti affamati e contro i Fasci siciliani (v.).

1893

20 gennaio: a Caltavuturo (Palermo), 13 dimostranti uccisi e numerosi feriti.

6 marzo: a Serradifalco (Caltanissetta), 2 manifestanti contro brogli elettorali uccisi, altri feriti e arrestati.

3 agosto: ad Alcamo (Trapani), 1 dimostrante ucciso.

10 dicembre: a Giardinetto (Palermo), 11 manifestanti contro le tasse uccisi, numerosi feriti.

21 dicembre: a Lercara (Palermo), 11 manifestanti uccisi.

1894

1 gennaio: a Pietraperzia (Enna), 8 manifestanti uccisi.

2 gennaio: a Gibellina (Trapani), 14 dimostranti uccisi e numerosi feriti.

3 gennaio: a Marineo ([...]

[...]numerosi feriti.

3 gennaio: a Marineo (Palermo), 18 dimostranti uccisi e decine di feriti.

4 gennaio: viene proclamato in tutta la Sicilia lo stato d'assedio.

5 gennaio: a Santa Caterina Villarmosa (Caltanissetta), 14 cittadini uccisi e numerosi feriti. Dalla Sicilia le dimostrazioni si allargarono al continente, specie nella Lunigiana.

6 gennaio: a Carrara, 9 uccisi e 51 feriti. Seguirono numerosi processi, lo scioglimento dei Fasci siciliani, le spietate condanne

; di centinaia di lavoratori.

Lotte contro la fame

Nel 1898 esplosero tumulti popolari che si estesero per tutta l'Italia, dalla Sicilia alla Lombardia, in seguito alle dure condizioni di indigenza dei lavoratori.

1898

25 gennaio: a Voltri (Genova), due giovani operai (Domenico Russi e Stefano Siri) uccisi e numerosi feriti.

23 febbraio: a Modica (Ragusa), 2 contadini uccisi e numerosi feriti durante una dimostrazione al grido di « Pane e lavoro ».

2 maggio: a Piacenza, durante una dimostrazione di affamati, l'operaio Pompeo Schiavo ucciso e numerosi[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 476

Brano: I

Separatismo siciliano

prospettiva, la capacità politica di vedere al di fuori dello spazio geografico insulare, quando non cadevano in preda a una sicilianite di natura isterica o causata da ancestrali complessi panici. In questi limiti si irretivano sia i separatisti della corrente aristocraticoagraria (l’ala oltranzista del sicilianismo, capeggiata dai Tasca e dai Carcaci) sia quella moderata e trasformista di Andrea Finocchiaro Aprile, sia ancora quella repubblicana e democratica che faceva capo all’avvocato partinicese Antonino Varvaro.

Per contro l’occupazione alleata e la lotta antifascista, alla quale i siciliani avevano pur dato un loro contributo e a volte notevole, soprattutto col nutrito gruppo di antifascisti della provincia di Palermo (v.), avrebbero potuto consentire (ma solo in parte ciò avvenne) un’elaborazione di tipo nuovo sulle prospettive aperte alla Sicilia dalla caduta del fascismo, nonché sul significato assunto dalla Resistenza e dai valori di democrazia su cui essa si reggeva.

Paimiro Togliatti, in un articolo pubblicato su l'Unità del 3.9.1944, attribuiva la propaganda separatista a « scarni gruppi reazionari, appartenenti, per lo più, alla classe dei latifondisti o legati ad ess[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 425

Brano: [...].12.1950. Studente di Legge a Palermo e a Bologna, esordì poco più che ventenne sulla scena deH’anarchismo come banditore delle posizioni più estreme e nel gennaio 1891, al Congresso anarchico di Capolago (Svizzera), sostenne i principi del terrorismo che mise poi in pratica in tutta Italia, attirandosi arresti e condanne che lo tennero in carcere (fino al 1924) per ben 13 anni. Fra una carcerazione e l’altra partecipò nel 1894 al moto dei Fasci siciliani e, nel 1910, alle occupazioni di terre nel Palermitano. Nello stesso anno, trasferitosi a Pisa, assunse la direzione de L'Avvenire anarchico e si batté contro la guerra di Libia, poi contro l'intervento dell 'Italia nella Prima guerra mondiale.

Nel primo dopoguerra combattè contro lo squadrismo fascista in Sicilia. Nel 1921 diede alle stampe il

quindicinale anarchico II Vespro siciliano, forse la più coraggiosa tribuna di denuncia del fascismo e delle sue violenze apparsa nell'isola a quel tempo.

Soppresso il giornale nell'ottobre

1923, Schicchi fu nuovamente carcerato, ma riuscì [...]

[...]le.

Nel primo dopoguerra combattè contro lo squadrismo fascista in Sicilia. Nel 1921 diede alle stampe il

quindicinale anarchico II Vespro siciliano, forse la più coraggiosa tribuna di denuncia del fascismo e delle sue violenze apparsa nell'isola a quel tempo.

Soppresso il giornale nell'ottobre

1923, Schicchi fu nuovamente carcerato, ma riuscì a evadere e si rifugiò in Tunisia. Da qui, dopo aver lanciato un proclama insurrezionale ai siciliani, nell'agosto 1930 preparò uno sbarco in Sicilia insieme a due compagni di fede: i trapanesi Salvatore Renda (v.) e Filippo Gramignano. Ma il comandante della nave aveva segnalato l’iniziativa alla polizia e i tre furono arrestati appena scesi a terra. Deferiti al Tribunale speciale, il 16.4.1931 vennero condannati: a 10 anni di reclusione Schicchi, a 8 anni e 9 mesi Renda, a 6 anni Gramignano.

Durante il processo gli imputati si comportarono con grande fierezza, riaffermando I loro princìpi.

Liberato nel 1937, fu inviato al confino per 5 anni e successivamente internato. Nel 1942 (ormai[...]

[...]nato. Nel 1942 (ormai settantasettenne) date le sue gravissime condizioni fisiche ottenne di essere ricoverato in una clinica palermitana, dove sopravvisse al fascismo. Tutt’altro che domo, aH'indomani della caduta del regime il vecchio anarchico riprese la lotta, pubblicando tra il settembre 1944 e il novembre 1945 quattro opuscoli di polemica antimonarchica e di denuncia, dal titolo “Conversazioni sociali”.

Capo riconosciuto degli anarchici siciliani, stimato dagli stessi avversari, collaborò con socialisti e comunisti improntando a principi di collaborazione unitaria il suo mensile culturale L'Era nuova edito a Palermo dal 1946 al 1949.

Si spense ottantacinquenne, dopo aver trascorso quasi vent’anni nelle patrie galere e aver combattuto per l'intera esistenza contro l'ingiustizia sociale.

M.Gi.

Schiffrer, Carlo

N. a Trieste il 10.4.1902, ivi m. l'8.2. 1970; insegnante.

Di famiglia tedesca trapiantata a Trieste, studiò all'Università di Firenze, dove si laureò con una tesi sull’irredentismo triestino. Allievo di Gaetano Sal[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 22

Brano: [...]rigenti dei rispettivi paesi, andava ricercata la ragione della vittoria del fascismo in Italia e del nazismo in Germania. Vacirca sosteneva quindi che le stesse classi dirigenti italiane, o per lo meno importanti settori di esse, mal sopportavano il regime mussoliniano.

Certamente incideva su tali opinioni l'esperienza della società siciliana, delle ambiguità dimostrate dalle classi dirigenti isolane di fronte al fascismo, della opposizione “sicilianista” che si era sviluppata. Una conseguenza di questa maturazione fu la tematica regionalista e, con essa, la convinzione che il rilancio dell'iniziativa antifascista poteva essere attuato in Italia attraverso il raggiungimento dell’unità su base territoriale (e regionale) di gruppi sociali differenti fra loro ma ugualmente ostili al regime. Su questa ipotesi Vacirca si trovava d’accordo con Giuseppe Lupis, da sempre su posizioni moderate.

Nel 1936 Vacirca e Lupis (a sua

volta arrivato in America dopo numerose peregrinazioni in Europa), d’accordo con Carlo Rosselli progettarono un piano [...]

[...]altri, gruppi fortemente orientati in senso regionalistico.

Gruppi clandestini

A capo di questi gruppi erano due intellettuali che avevano partecipato alle lotte contadine del primo dopoguerra: l’avvocato Raffaele Di Martino (18861964), ex dirigente del Movimento Combattenti, e l’avvocato Anni bai e Milito (18791962), socialista. I due saranno poi, nel 1944, dirigenti del Movimento per l’indipendenza della Sicilia.

Ma la scelta in senso sicilianista, vissuta come aspirazione a fondare una politica autonoma dei ceti medi isolani in alternativa al fascismo, rappresentava anche una censura rispetto alle lotte contadine.

A testimoniare sulle lotte che i contadini e i braccianti avevano condotto solo pochi anni prima, a Ragusa erano rimasti in pochi: l’operaio comunista Paolo Cafà (1912), il sarto anarchico Giorgio Nabita (18761938), Carmelo Nifosi (19061962), Guglielmo Rosa (18891958), e infine l’avvocato Giovanni Cartia (18941959), ex combattente e socialista che si adoperava nei tribunali in difesa di qualche antifascista; con quest’[...]

[...]cialista che si adoperava nei tribunali in difesa di qualche antifascista; con quest’ultimo era Salvatore Molè (18801973), anch’egli avvocato e socialista.

Dal 1926 la repressione creò grossi vuoti nelle organizzazioni clandestine e non era facile che altri occupassero il posto di lotta degli arrestati. Particolarmente infausto fu il 1928, anno in cui furono processati davanti al Tribunale speciale e condannati a pesanti pene ben 32 comunisti siciliani, tra cui il ragusano Emanuele Giudice. L’antifascismo dell’isola subiva così un colpo durissimo.

Negli anni successivi i tentativi di ricostruire una rete cospirativa si dimostrarono sempre più difficili. Per rilanciare il movimento clandestino si tentò di inviare quadri addestrati dall’estero: nel 1933 rientrò dall'Argentina Vincenzo Cappel

lo (1897) un militante socialista emigrato nel 1926, che nell’emigrazione aveva preso contatti con i comunisti. Cappello agì indisturbato fino al 1942, anno in cui fu scoperto e mandato al confino.

L’azione di Santonocito

Nel 1934 rientrava a [...]

[...] seguito a una delazione, la polizia riuscì ad arrestare Santonocito e altri 18 membri del suo gruppo, mandandoli al confino per vari anni. Ma ormai, nel 1939, nessuna azione poliziesca poteva impedire che lo scontento popolare dilagasse in aperto dissenso.

Inflazione e disoccupazione imperversavano specialmente nel Mezzogiorno e né guerre coloniali né imperi né propaganda potevano più illudere la gente. Gran parte degli stessi ceti dirigenti siciliani cominciarono a prendere le distanze dal fascismo e dalla sua politica chiaramente asservita alla Germania. In quegli anni cominciò a germogliare l’antifascismo delle nuove generazioni cresciute sotto il regime. In

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 373

Brano: [...]re altri dirigenti palermitani (Francesco Davi, Eduardo Luciano, Ignazio Puglisi, Gioacchino Liga, Gaspare Rotondo e l’ebanista Francesco Lo Porto) furono condannati a pene non meno dure. Molti altri furono inviati al confino.

In questa operazione — scriverà qualche anno dopo Sicilia Rossa — ebbero un ruolo determinante la mafia e i grossi proprietari: « La grossa mafia si è messa la camicia nera e se l’è presa coi disgraziati. E i lavoratori siciliani della campagna si sono fatti arrestare, calpestare, opprimere in silenzio. Gli uomini politici in cui loro avevano fidato, i De Cesarò, i Pasqualino Vassallo, gli Orlando, li hanno abbandonati. L'errore dei contadini è stato grande e oggi lo pagano caro. Non hanno capito che non si può trovare un alleato nel ricco, nel padrone, che gli alleati devono trovarli tra i poveri, tra gli operai e nel Partito che li difende e rappresenta la classe lavoratrice delle città e delle campagne: il Partito Comunista. Fascismo e grossi proprietari ‘sono la stessa cosa. Gli operai e i contadini devono stringe[...]

[...]a. Fascismo e grossi proprietari ‘sono la stessa cosa. Gli operai e i contadini devono stringere la loro alleanza nelle fila del Partito Comunista, il cui programma è — nelle città come nelle campagne — cacciare via i padroni, togliere via l’oppressione dell’uomo sull'uomo. Fascismo e grossi proprietari sono la stessa cosa. Solo i comunisti possono lottare a fondo contro il fascismo assassino ».

L’obiettivo indicato dal giornale dei comunisti siciliani era la costituzione di « comitati di lotta » che avrebbero dovuto da

re una prospettiva al malcontento delle popolazioni e avere un punto di riferimento nel processo organizzativo clandestino nell’Italia settentrionale.

Antifascismo negli anni dei regime

Un primo momento di riorganizzazione interprovinciale comunista si registrò in Sicilia dal 1931, quando le cellule operanti a Caltanissetta (v.) stabilirono collegamenti con quelle di Palermo, dove agivano Franco Grasso, Antonino Graffeo, Ettore Gervasi, Paolo Arena, Ugo Sellerio, Marcantonio Leca, Simone Fardella e Francesco Davi. A[...]

[...]ran parte degli antifascisti palermitani si legheranno subito alla Resistenza del Nord: dal già citato Pompeo Colajanni a Luigi Cortese (v.) e Di C rollai a nza, dirigenti della lotta partigiana a Parma; dal sottotenente di cavalleria Mimmo Ferrera, palermitano, che insieme ad Adolfo Serafino e quattro suoi compagni, dopo aver raggiunto la vai Chisone, si sacrificò per consentire la ritirata ai suoi compagni di lotta, a tanti altri palermitani e siciliani colti dall’8 settembre nelle regioni del Nord e che qui combatterono la Guerra di liberazione: il partinicese Palazzolo, valoroso protagonista della Resistenza del Veneto; i fratelli Di Dio (v.) che combatterono in vai d'Ossola, il generale Artale, fucilato alle Fosse Ardeatine, e moltissimi altri che si unirono alla Resistenza.

L’occupazione alleata

Ma a parte questi contributi di lotta e di sacrificio, l'antifascismo in Sicilia era venuto maturando e dovette ben presto far fronte alle conseguenze dello sfascio prodotto dal regime nell’economia e sul tessuto produttivo e sociale dell'i[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 466

Brano: [...]tari e, attraverso questi, plasmare l’apparato dello Stato selezionando magistrati, commissari di polizia, marescialli dei carabinieri, intendenti di finanza, uscieri notificatori.

Negli anni seguiti all’Unità d'Italia e fino al fascismo, la mafia si trovò inserita nelle clientele elettorali dei partiti della Destra storica e poi in quelli della Sinistra storica, via via che andavano al governo. I capimafia furono grandi elettori dei ministri siciliani, dal Crispi al Di Rudinì e a Orlando, ma venivano utilizzati anche dai prefetti di ministri piemontesi come Giovanni Giolitti.

« La mafia — affermava nel 1875 Diego Tafani (procuratore del Regno a Palermo e poi ministro della Giustizia) — non è pericolosa, non è invincibile di per sé, ma perché è strumento di governo ».

Più tardi sarà il repubblicano Napoleone Colajanni a scrivere che « per combattere e distruggere il regno della mafia è neces* sario e indispensabile che il governo italiano cessi di essere il Re della mafia ».

L’analisi dell’intreccio tra mafia e potere statale fu sv[...]

[...]atore del Regno a Palermo e poi ministro della Giustizia) — non è pericolosa, non è invincibile di per sé, ma perché è strumento di governo ».

Più tardi sarà il repubblicano Napoleone Colajanni a scrivere che « per combattere e distruggere il regno della mafia è neces* sario e indispensabile che il governo italiano cessi di essere il Re della mafia ».

L’analisi dell’intreccio tra mafia e potere statale fu sviluppata dai dirigenti dei Fasci siciliani, come testimoniano i discorsi di Giuseppe De Felice Giuffrida in vari dibattiti alla Camera. Non si può dire la stessa cosa del Partito socialista, il quale non raccolse l’eredità dei Fasci siciliani e considerò il fenomeno della mafia come un fatto locale, circoscritto all’azione repressiva degli agrari e non estesa a quella dello Stato. L’incomprensione dei riformisti e dei massimalisti nei confronti della questione meridionale (v.) e dell’autonomismo siciliano impedì loro anche di capire come il compromesso tra la mafia e lo Stato italiano non fosse che un particolare aspetto del più generale compromesso tra la borghesia italiana e.la classe dirigente siciliana.

Gli anni del fascismo

Gli anni del primo dopoguerra furono caratterizzati anche in Sicilia da crisi e da violenti contr[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 374

Brano: [...]ra determinata soltanto dallo stato di guerra (i bombardamenti del 9.5.1943 avevano distrutto a Palermo interi quartieri), ma era anche la conseguenza di una politica economica fascista assolutamente fallimentare per il Meridione, di un’azione di rapina che la tassa sul focatico e quella sul bestiame da lavoro avevano compiuto attraverso un pesante prelievo sui ceti più poveri. Questo insieme di cose spiega il carattere antifascista di massa dei siciliani, emerso ben prima del 25 luglio.

Come farà notare Marcello Cimino, per esempio, nei due comuni palermitani di Bagheria e Lercara lo spirito di smobilitazione nell’esercito e le prese di posizione a favore degli angloamericani precedettero la caduta di Mussolini grazie all’attività di comitati antifascisti unitari. In molti casi, a questi si dovette la favorevole predisposizione del terreno al momento dell’arrivo delle truppe alleate sbarcate sull’isola il 10 luglio e, in alcuni comuni, una scelta popolare, concordata, dei sindaci delle nuove Amministrazioni.

Purtroppo non fu questo il c[...]

[...]orevole predisposizione del terreno al momento dell’arrivo delle truppe alleate sbarcate sull’isola il 10 luglio e, in alcuni comuni, una scelta popolare, concordata, dei sindaci delle nuove Amministrazioni.

Purtroppo non fu questo il caso di Palermo, dove il Governo militare alleato, rappresentato dal colonnel

lo americano Charles Poi etti, il 27.

9.1943 designò nella carica di sindaco Lucio Tasca Bordonaro, rappresentante degli agrari siciliani. A Partinico, l’entrata degli americani era stata invece preceduta, qualche giorno prima, da un assalto alla Casa del fascio e agli ammassi di generi alimentari.

Due giorni dopo l’entrata degli Alleati (24.7.1943) sorse a Palermo un comitato antifascista, detto Fronte Unico della Libertà e composto da socialisti, comunisti e repubblicani. Nello stesso tempo ve

niva costituito un Fronte Unico Siciliano Unitario, capeggiato dal vecchio Enrico La Loggia, mentre nascevano i gruppi separatisti facenti capo, in Palermo, ad Andrea Finocchi aro Aprile.

Autonomia e separatismo

All’interno [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 465

Brano: [...]o magistrato presidente di sezione della Corte di Cassazione, ebbe a dire che « c’era da parte di quella mafia antica coerenza, volontà di giustizia, equilibrio morale. La civilizzazione e il progresso hanno determinato la mafia, l’hanno resa strumentale ».

Origini sociali

Queste caratteristiche della mafia non costituiscono certo una spiegazione delle sue origini e queste non vanno neppure ricercate nel carattere « tutto particolare » dei siciliani, nel loro concetto d’« onore »

o nelle loro « tare » razziali, come spesso si insinua, il fenomeno della mafia ha tratto origine dalle particolarità sociali e storiche della Sicilia, dal particolare rapporto via via instauratosi tra le classi dirigenti siciliane e la pubblica autorità o, più in generale, tra la Sicilia e lo Stato italiano.

Nel 1900 Gaetano Mosca scriveva che « lo spirito di mafia si può descrivere in poche parole: esso consiste nel reputare segno di debolezza o di vigliaccheria il ricorrere alla giustizia ufficiale, alla polizia e alla magistratura, per le riparazioni d[...]

[...] e la pubblica autorità o, più in generale, tra la Sicilia e lo Stato italiano.

Nel 1900 Gaetano Mosca scriveva che « lo spirito di mafia si può descrivere in poche parole: esso consiste nel reputare segno di debolezza o di vigliaccheria il ricorrere alla giustizia ufficiale, alla polizia e alla magistratura, per le riparazioni dei torti o piuttosto di certi torti ricevuti ».

Ma il mancato ricorso alla giustizia ufficiale da parte di tanti siciliani è legato al fatto che nella storia della Sicilia, contrassegnata dalle dominazioni straniere, tutti i governi sono stati sempre considerati « estranei » dalle popolazioni. Queste non solo non si sono mai identificate con essi, ma hanno sempre manifestato indifferenza, insofferenza o aperta ostilità nei confronti delle istituzioni e delle strutture di potere.

Dopo il 1860, il governo sabaudo non si staccò sostanzialmente da questa tradizione. D’altra parte esso non sostituì aH’ordinamento feudale (durato in Sicilia più a lungo che altrove) uno Stato democraticoborghese nel quale le popolazi[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 441

Brano: [...]iventavano « gore immonde », tanto che, « a detta degli stessi medici del paese », formavano una causa « occasionale » se non « la prima » delle malattie. Elevatissimo il numero dei cittadini febbricitanti: su 20.000 abitanti, se ne contavano più di 2.000 malati, con una media di 18 decessi al giorno.

La situazione si aggravò ulteriormente dopo la nota crisi agraria del 1897, provocata nel Partinicese da annate agricole disastrose.

/ Fasci siciliani

Allo stato di malcontento generale cercarono di porre rimedio i Fasci siciliani, organizzati nel luogo da Sebastiano Cannizzo, poi da Salvatore Gallo e Stefano Noto. Quest’ultimo era un socialista, nel quale la polizia individuò l'elemento di collegamento tra la locale Sezione del P.S.I. e i dirigenti del capoluogo e dell'entroterra.

In effetti, il gruppo dirigente socialista locale, in stretto rapporto con quello regionale che faceva capo a Bernardino Verro, Nicolò Barbato e Garibaldi Bosco, seguendo la linea legalitaria del movimento che si differenziava dalle posizioni anarchicheggianti del catanese Giuseppe

De Felice Giuffrida, raggiunse risultati organizzativi[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine siciliani, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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