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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 160

Brano: [...]azione, inquadrato nella Divisione paracadutisti “Nembo”. Pur essendo addetto al vettovagliamento, partecipò volontariamente a numerose, rischiose azioni. Durante una di queste, mentre dirigeva al

lo scoperto il tiro di una mitragliatrice, rimase colpito a morte. Alla sua memoria è stata conferita la Medaglia d’oro al valor militare.

Riccardi, Marco

N. a Monza (Milano) il 25.4.1904, m. a Chiasso (Como) il 29.9.1935; negoziante.

Antifascista, nel 1929 emigrò per lavoro in Francia, dove si collegò con i fuorusciti italiani e si iscrisse al Partito socialista. Nel 1932 accettò l’incarico di rientrare in Italia dalla Svizzera, nei pressi di Luino, per introdurre clandestinamente materiale di propaganda antifa

scista stampato in Francia. Ripetè più volte tali viaggi finché, individuato dalla polizia, fu arrestato e inviato per 5 anni al confino. Prosciolto nel 1934, aderì al Centro interno socialista fondato da Rodolfo Morandi, svolgendo attività di collegamento con i dirigenti socialisti in esilio e assumendo l’incarico di fiduciario del Gruppo operaio socialista clandestino di Milano. Il 29. 9.1935, mentre si recava sopra Como per ritirare al confine svizzero un ciclostile e un pacco di materiale di propaganda inviato in Italia (tramite un contrabbandiere) da Giuseppe Faravelli, tradito da una spia Ricc[...]

[...]do attività di collegamento con i dirigenti socialisti in esilio e assumendo l’incarico di fiduciario del Gruppo operaio socialista clandestino di Milano. Il 29. 9.1935, mentre si recava sopra Como per ritirare al confine svizzero un ciclostile e un pacco di materiale di propaganda inviato in Italia (tramite un contrabbandiere) da Giuseppe Faravelli, tradito da una spia Riccardi venne sorpreso e ucciso da una pattuglia della Milizia confinaria fascista. La sua salma fu tumulata in una tomba anonima nel cimitero di Como e la famiglia venne informata della sua morte solo quaranta giorni più tardi. Molto altro tempo ci volle per poterla traslare nel Cimitero di Milano.

La notizia della caduta di Marco Riccardi fu pubblicata il 30.11.1935 dal Nuovo Avanti! stampato a Parigi e sollevò commossa partecipazione. Pietro Nenni, nell'“Almanacco socialista” del 1936, pure edito a Parigi, ne ricordò la vita spesa al servizio del P.S.I. e per la causa antifascista.

Lib.Cav.

Riccardi, Raffaello

N. a Mosca nel 1899, m. a Roma

il 9.12.1977; r[...]

[...]itero di Como e la famiglia venne informata della sua morte solo quaranta giorni più tardi. Molto altro tempo ci volle per poterla traslare nel Cimitero di Milano.

La notizia della caduta di Marco Riccardi fu pubblicata il 30.11.1935 dal Nuovo Avanti! stampato a Parigi e sollevò commossa partecipazione. Pietro Nenni, nell'“Almanacco socialista” del 1936, pure edito a Parigi, ne ricordò la vita spesa al servizio del P.S.I. e per la causa antifascista.

Lib.Cav.

Riccardi, Raffaello

N. a Mosca nel 1899, m. a Roma

il 9.12.1977; ragioniere.

Ex ufficiale di complemento, nel

1920 si incontrò con Benito Mussolini a Milano per trattare una fornitura di armi agli squadristi. Più tardi fondò a Pesaro (v.) il settimanale fascista L’Ora. Capo dello squadrismo pesarese, collegato e sostenuto, tramite il fascismo anconetano, dagli agrari e in particolare dalla Banca Agricola Italiana, alla fine del 1921 venne arrestato perché responsabile (fra le tante altre azioni squadristiche compiute nelle Marche) deH’uccisione dell’antifascista Giuseppe Valenti, perpetrata I’8 ottobre di quell’anno a Fossombrone. Liberato dopo la marcia su Roma, divenne segretario federale del Partito fascista a Pesaro. Nel 1926 Riccardi operò nella provincia la saldatura tra fascismo e potere economico, facendo aderire al P.N.F. l’intero gruppo dirigente della Camera di commercio, industria e agricoltura pesarese. Nello stesso tempo costrinse alla pubblica abiura (o aH’esilio) la maggior

parte dei dirigenti locali dei partiti democratici. Nel 1926 sposò a Roma la marchesina Lina Antaldi. Accentuando un anticlericalismo di maniera, rafforzò ed estese rapidamente la propria influenza politica, che però venne contestata all’interno dello stesso partito, tanto da rendere necessario l’intervento med[...]

[...]i locali dei partiti democratici. Nel 1926 sposò a Roma la marchesina Lina Antaldi. Accentuando un anticlericalismo di maniera, rafforzò ed estese rapidamente la propria influenza politica, che però venne contestata all’interno dello stesso partito, tanto da rendere necessario l’intervento mediatore da Roma di un ispettore del P.N.F. per una serie di scandali e corruzioni verificatisi nel capoluogo pesarese a metà degli anni Trenta.

Gerarca fascista

Nominato sottosegretario alle Comunicazioni dal 9.7.1928 al 12.9.1929, poi sottosegretario all’Aeronautica fino al novembre del 1933, fu infine ministro al dicastero degli Scambi e valute dal 31.10.1939 al 6.2.1943. Pubblicò in quegli anni una serie di libri e studi, tra cui Gli scambi commerciali nel regime fascista (1939). In occasione del Patto d’acciaio RomaBerlino (1939) subì un’accentuata involuzione politica, divenendo uno dei fautori del “partito della guerra”.

Di lui, Galeazzo Ciano il 25.3.1940 scrisse nel suo “Diario” che, « da quando Mussolini parla chiaramente di entrare in guerra, lo stesso Riccardi non osa più dire le verità sgradite come ha fatto per molto tempo ».

Come ricorderanno lo storico F.W. Deakin e Ruggero Zangrandi, nel corso del conflitto Riccardi era ritenuto informatore dei tedeschi: infatti, sebbene inesatte, interessate e a volte esagerate, le notizie giungevano a Berl[...]

[...]rno operato da Mussolini il Riccardi venne sostituito con Oreste Bonomi, egli fece atto di sottomissione al dittatore scrivendogli una accorata lettera.

In questo documento, tuttora inedito, Riccardi scrisse: « Permettemi, Duce, di esprimervi con il cuore di sempre i sensi della mia più viva gratitudine per avermi consentito d’essere, in questi anni di guerra, Vostro diretto collaboratore [...] Voglio confermarvi con decisione e schiettezza fascista e squadrista che Voi potete sempre contare sulla mia devozione, sulla mia fedeltà e, se necessario, sulla mia vita ».

Dopo il rimpasto venne inviato al fronte. Il 23.8.1943 fu arrestato per ordine di Badoglio insieme ad altri noti gerarchi. Liberato dai tedeschi dopo I’8 settembre, riparò con gli altri camerati in Germania e qui concluse la propria parabola politica.

G.F.Be.

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 637

Brano: [...] consorterie liberali e fascisti mai completato. Non a caso fu costituita ['Associazione democratica pistoiese (dietro la quale probabilmente erano i vecchi capi liberali come Fèrdinando Martini, i Philipson e i Morelli Gualtierotti), con un costante, andhe se astratto, richiamo alle libertà e ai valori istituzionali.

Nel marzo 1922 Filippo Divinimi annunciò la convocazione dei segretari dei fasci per costituire la Federazione circondariale fascista e precisò l’atteggiamento da tenere nei confronti deH’Associazione democratica, diffidando i fascisti a farne parte, pena l’espulsione dal P.N.F., Idalberto Targioni non potè imporre la propria egemonia e, mentre si preannunciava anche a Pistoia un compromesso tra le varie frazioni della classe dirigente, prese provvisoriamente il sopravvento la frazione più intransigente e violenta capeggiata da Enrico Spinelli.

AN’inizio del 1922 l’attacco fascista fu ancora diretto prevalentemente contro le organizzazioni comuniste e socialiste, ma cominciarono a verificarsi violenze sempre più frequent[...]

[...] precisò l’atteggiamento da tenere nei confronti deH’Associazione democratica, diffidando i fascisti a farne parte, pena l’espulsione dal P.N.F., Idalberto Targioni non potè imporre la propria egemonia e, mentre si preannunciava anche a Pistoia un compromesso tra le varie frazioni della classe dirigente, prese provvisoriamente il sopravvento la frazione più intransigente e violenta capeggiata da Enrico Spinelli.

AN’inizio del 1922 l’attacco fascista fu ancora diretto prevalentemente contro le organizzazioni comuniste e socialiste, ma cominciarono a verificarsi violenze sempre più frequenti anche contro singoli esponenti del clero (Bottegone, Piteglio, Ferruccia, San Michele Agliana), nonché contro sedi e organizzazioni cattoliche (Spazzavento e Seano).

Dopo il fallimento dello sciopero legalitario dell'agosto, le organizzazioni socialiste e comuniste nelle campagne erano praticamente distrutte.

L’attacco massiccio contro i cattolici cominciò all'indomani della marcia su Roma (Badia a Pacciana, Montemagno, Montemurlo, Montecatini, M[...]

[...] Ferruccia, San Michele Agliana), nonché contro sedi e organizzazioni cattoliche (Spazzavento e Seano).

Dopo il fallimento dello sciopero legalitario dell'agosto, le organizzazioni socialiste e comuniste nelle campagne erano praticamente distrutte.

L’attacco massiccio contro i cattolici cominciò all'indomani della marcia su Roma (Badia a Pacciana, Montemagno, Montemurlo, Montecatini, Massa, Cozzile etc.), All’inizio del 1923 il controllo fascista nel Pistoiese era quasi completo. Si procedette al rinnovo di diversi consigli comunali, fra cui quello di Pistoia, e il « listone » formato da fascisti e liberalmassoni vinse facilmente contro le liste cattoliche

o socialiste (dove fu possibile presentarle). Il connubio liberalfascista fu tuttavia di breve durata e, ben presto, gli stessi liberali che un tempo erano ai vertici del potere locale (cioè i Philipson, i Morelli Gualtierotti e i fìosadi) sominciarono a essere perseguitati. La lotta di Spinelli e dei suoi ca

merati si estese poi ai massoni, seguendo le direttive provenienti da Roma, e cominciarono a essere epurati dalle file del partito persino i fascisti della prima ora, cioè Lenzi, Giovanni Martini, Filippo Civinini e lo stesso Nereo Nesi (più tardi reintegrato nel P.N.F.). La storia contorta del fascismo pistoiese si concluse nel 1926 con l’estromissione del[...]

[...]zzazioni che costituiranno importanti punti di riferimento e di collegamento sociale fino alla Resistenza. A parte le Casse rurali che continuarono a svolgere la loro attività, rimasero nelle loro mani numerose filodrammatiche, gruppi corali e bande musicali, tutti centri di aggregazione popolare, per non parlare dei circoli di Azione cattolica, degli oratori parrocchiali e così via. Tra i gruppi di cattolici che tennero vivo il sentimento antifascista nel Pistoiese si ricordano quelli facenti capo a Vittorio Amadori, a Gerardo Bianchi, e a sacerdoti come il canonico Marini e don PelJegrineschi.

I socialisti massimalisti (molti dei quali furono costretti all’esilio), i riformisti, i repubblicani e i liberali scomparvero di fatto come forze politiche organizzate. Rimasero sulla breccia i comunisti, anche se un dirigente come Ermindo Gargini fu costretto a emigrare in Francia, dove resterà fino alla morte. La direzione locale del P.C.d’l. sarà successivamente assicurata da Ita

lo Carobhi, poi da Dino NiccoJai e, nel 1927, da Dino Fabbri[...]

[...]ono costretti all’esilio), i riformisti, i repubblicani e i liberali scomparvero di fatto come forze politiche organizzate. Rimasero sulla breccia i comunisti, anche se un dirigente come Ermindo Gargini fu costretto a emigrare in Francia, dove resterà fino alla morte. La direzione locale del P.C.d’l. sarà successivamente assicurata da Ita

lo Carobhi, poi da Dino NiccoJai e, nel 1927, da Dino Fabbri» tutti ex ferrovieri licenziati dal regime fascista e costretti, per sopravvivere, a fare i commessi viaggiatori. Nell’estate del 1924, durante la crisi Matteotti, i comunisti stabilirono i primi contatti con gli ambienti repubblicani, in particolare con il segretario della sezione Giuseppe Corsini.

Nell’ottobre 1924 si svolse a Sant’Agostino una riunione, alla quale parteciparono Ugo Trinci e altri dirigenti comunisti locali, per organizzare il lavoro di partito clandestino. Nell’estate del 1925, in una riunione svoltasi a Firenze sotto la presidenza di Paimiro Togliatti e alla quale parteciparono anche i pistoiesi Carobbi, Niccolai e Bucc[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 586

Brano: [...]maneva un movimento d’opinione circoscritto a élites che esaurivano gran parte del proprio impegno nel dibattito politico e culturale, a livelli spesso non accessibili a chi non fosse dotato di preparazione specifica; e con lo sforzo, semmai, di allargare senza preclusioni la cerchia dei partecipanti a tali scambi di opinione, ma non certo di svolgere un vero e proprio lavoro organizzativo.

Nel 1934 un altro colpo fu assestato dalla polizia fascista al centro giellista di maggior prestigio esistente in Italia, a Torino: vennero arrestati Sion Segre,. Leone Ginzburg, Barbara Allason, Carlo Mussa Ivaldi, Camillo Pasquali, Giovanni Guaita e molti altri. Il 6.11.1934 Segre e Ginzburg (che di fatto era l’esponente principale del gruppo) furono condannati a 4 anni di carcere ciascuno. Renzo Giua sfuggì all’arresto riparando in Francia. Ciò che rimaneva del gruppo torinese sopravvisse grazie all’attività di Michele Giua, Massimo Mila, Vittorio Foa, Alfredo e Giannetto Pere///, Vindice Cavali era, Piero Zanetti e pochi altri scampati alle retate[...]

[...]duati, arrestati e condannati poco più di un anno dopo.

Il principale strumento di propaganda del movimento divenne il settimanale Giustizia e Libertà.

« Giustizia e Libertà » settimanale

Il primo numero uscì a Parigi il 18.5.1934, dopo il fallimento di una pubblicazione dal titolo II giornale degli operai e dedicata ai problemi dei lavoratori, che Rosselli aveva iniziato nel marzo 1934, prima ancora di uscire dalla Concentrazione antifascista, suscitando nei socialisti aspre reazioni e l’accusa di aver violato gli accordi che rimettevano esclusivamente alla Concentrazione ogni attività all’estero, talché il giornale non era andato oltre l'edizione di lancio. In realtà il movimento non sarebbe stato in grado di sostenere un'iniziativa tanto ambi

ziosa, quale quella di creare una tribuna di problemi operai in concorrenza coi socialisti e con i comunisti.

Invece il nuovo settimanale, animato dall'energia e dalle brillanti doti giornalistiche di Rosselli, aperto a collaborazioni di notevole prestigio politico e culturale, si riv[...]

[...]arte del movimento di farsi promotore di un'organizzazione insurrezionale unitaria delle sinistre, impegnata a suscitare moti di forze in armi nel Paese.

Diaspore e dissidi interni provocarono un isolamento, dal quale il movimento uscì in parte solo allo scoppio della guerra etiopica che, rendendo più evidenti i traguardi cui mirava il fascismo, rinserrò i ranghi degli oppositori. I giellisti condussero un'indomita polemica contro l’impresa fascista e colsero l’occasione per infittire gli appelli rivolti a tutta l’emigrazione antifa

scista di assumere una più drastica iniziativa rivoluzionaria in Italia. Nel frattempo l’Ovra portava a compimento la nuova operazione, cui già si è fatto cenno, contro l’organizzazione giellista torinese. Con il concorso del noto scrittore alla moda Dino Segre [Pitigrilli], il 15.5. 1935 la polizia mise le mani sui superstiti esponenti del movimento clandestino. Deferiti al Tribunale speciale, furono condannati: Michele Giua e Vittorio Foa, a 15 anni di reclusione; Vindice Cavallera e Alfredo Perelli, a 8 anni; Massimo Mila, a 7 anni; Giannotto Perelli e Augusto Monti, a 5 anni. Oltre 200 persone f[...]

[...] Vindice Cavallera e Alfredo Perelli, a 8 anni; Massimo Mila, a 7 anni; Giannotto Perelli e Augusto Monti, a 5 anni. Oltre 200 persone furono coinvolte negli arresti e incarcerate per periodi più

o meno lunghi, tanto che l’operazione pose praticamente fine a quella che si può definire la « seconda organizzazione italiana » di G.L.. Da allora il movimento rimase confinato nei suoi nuclei all’estero.

Guerra di Spagna

La lotta armata antifascista in Spagna, provocata nel luglio 1936 dalla rivolta militare di Franco, riaccese in Rosselli e nei suoi compagni speranze che erano state attutite dalle vicende degli ultimi anni, specie dopo la costituzioni in Francia del Fronte popolare (v.), la cui piattaforma risultava agli occhi dei giellisti viziata di moderatismo e trovava riscontro nel patto di unità fra comunisti e socialisti italiani (unità alla quale, dopo il VII Congresso deN’Internazionale Comunista dell’estate 1935, si era venuto assegnando valore di centro propulsivo di più vaste alleanze volte a prefigurare un « blocco nazional[...]

[...] comunisti e socialisti italiani (unità alla quale, dopo il VII Congresso deN’Internazionale Comunista dell’estate 1935, si era venuto assegnando valore di centro propulsivo di più vaste alleanze volte a prefigurare un « blocco nazionale » per abbattere il fascismo e restaurare una democrazia parlamentare).

Il conflitto spagnolo fu interpretato dai giellisti come la grande occasione per erigere una barriera contro il dilagare dell’offensiva fascista e nazista, realizzare una democrazia repubblicana e socialista con istituti rappresentativi e autonomie periferiche gestiti dalle forze popolari, e fornire un esempio di lotta armata suscettibile di risvegliare energie insurrezionali in Italia. Il movimento si fece subito promotore di un’intesa tra le forze di sinistra deN’emigrazione, dagli anarchici ai comunisti e ai repubblicani, per un immediato reclutamento di volontari e per la raccolta di armi e mezzi destinati ai combattenti repubblicani. Ma, salvo l’adesione di nuclei anarchici e di elementi trotzkisti, l’offerta non ebbe i risultati[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 511

Brano: [...] mazziniana e di illuminato liberalismo, alieno dagli antagonismi nazionalistici, Sforza negò la partecipazione italiana al

lo smembramento della Turchia e non condivise i progetti di spedizione antibolscevica in Georgia, nella convinzione che l’esperimento sovietico dovesse compiersi senza interferenze esterne. Come corollario di tali scelte, avviò scambi e accordi commerciali con la Jugoslavia, la Turchia e la Russia.

L’opposizione antifascista

Ambasciatore a Parigi nel 1922, nell'ottobre di quell’anno, dopo la marcia su Roma, si dimise per « incompatibilità » con la politica estera di Mussolini, da lui definita « un semplice sommario di sentimenti e risentimenti ». Una decisione politicamente significativa (un'eccezione nel mondo diplomatico, insieme con Alfredo Frassati e Rino De Nobili) che privò il nuovo capo del governo dell’appoggio di una personalità di primo piano.

Scelta la via deH’antifascismo, Sforza la percorse senza cedimenti, collaborando con Giovanni Amendola nell’Unione Nazionale e pronunciando in Senato, dopo [...]

[...]assaporto revocato e poi restituito, un'aggressione.

Nell'emigrazione

In Francia, in Belgio (patria della moglie Valentina d'Errembault), In Gran Bretagna e negli Stati Uniti Sforza si appartò dalle iniziative politiche del fuoruscitismo democratico, pur mantenendo legami personali con Carlo Rosselli, Emanuele Modigliani, Gaetano Salvemini, Luigi Sturzo, Guglielmo Ferrerò. Nel campo culturale svolse invece un'opera di fecondo stimolo antifascista con saggi, a carattere storico e memorialistico, di vasta risonanza internazionale, con un’assidua colla

Carlo Sforza (1948)

borazione al quotidiano radicale francese “La Dépèche de Toulose” dei fratelli Maurice e Albert Serraut, con conferenze, lezioni e corsi universitari in Europa e negli U.S.A..

Rappresentante tra i più « rispettabili » che l’antifascismo potesse vantare all'estero, il conte fu anche colui « che più e meglio di ogni altro lavorò alla considerazione del fascismo come problema internazionale » (Salvatore! I iM i ra) .

L’abbandono dell'autoisolamento coincise per[...]

[...]i « che più e meglio di ogni altro lavorò alla considerazione del fascismo come problema internazionale » (Salvatore! I iM i ra) .

L’abbandono dell'autoisolamento coincise per Sforza con l’aggravarsi della situazione politica europea, sul finire degli anni Trenta, ed ebbe carattere eminentemente diplomatico, nel duplice tentativo di contrastare la politica di appeasement (v.) perseguita da Francia e Gran Bretagna nei confronti dell'Italia fa’ scista, e anche di scongiurare il prevedibile ed esiziale sbocco bellico della politica estera di Mussolini. In questa prospettiva si situano il discorso di Sforza alla Camera dei Comuni britannica nel 1939, l'incontro riservato con due membri del governo francese nell'agosto dello stesso anno, il suggerimento a Daladier (v.) di intervenire presso il papa per organizzare una conferenza generale sul disarmo e, da ultimo, l’invio a Vittorio Emanuele di una lettera che suonava insieme monito e diffida per le responsabilità che si sarebbe assunto nei confronti del paese e del trono, in caso di avallo de[...]

[...]abilità che si sarebbe assunto nei confronti del paese e del trono, in caso di avallo della politica bellicista di Mussolini.

L'invasione della Francia e l’intervento in guerra dell’Italia diedero ulteriore slancio all’impegno politico di Sforza. Abbandonata la Francia, dopo un breve soggiorno in Gran Bretagna si stabilì negli Stati Uniti, dove a partire dall'estate 1940

tentò di conquistare la leadership dell’emigrazione democratica antifascista (v. Emigrazione negli Stati Uniti) e di inserirsi autorevolmente nel contesto internazionale per orientare in senso moderato, ma riformista, la politica degli Alleati verso l’Italia.

Malgrado la riconosciuta capacità di previsione e il lucido intuito politico, Sforza non riuscì tuttavia a diventare « una sorta di De Gaulle italiano »: la sua leadership dell’antifascismo fuoruscito rimase dubbia e non priva di attriti; il progetto di ricupero e di mobilitazione delle comunità italoamericane non ebbe successo; l’idea di costituire un governo italiano in esilio, benché fosse approvata dal Con[...]

[...]eati verso l’Italia.

Malgrado la riconosciuta capacità di previsione e il lucido intuito politico, Sforza non riuscì tuttavia a diventare « una sorta di De Gaulle italiano »: la sua leadership dell’antifascismo fuoruscito rimase dubbia e non priva di attriti; il progetto di ricupero e di mobilitazione delle comunità italoamericane non ebbe successo; l’idea di costituire un governo italiano in esilio, benché fosse approvata dal Congresso antifascista di Montevideo (27.8.1942), divenne fonte di contrasti e sospetti. Quanto al coinvolgimento del governo americano in una prospettiva di trasformazione democratica dell’Italia postfascista, Sforza ricevette dal l'amministrazione Roosevelt blandi e ambigui incoraggiamenti, ma dopo essere stato tenuto “in caldo” venne emarginato da ogni concreta possibilità di intervento (A. Varsori).

Secondo dopoguerra

Nell’ottobre del 1943 Sforza ottenne dagli Alleati di poter tornare in Italia, passando per Londra ove ebbe un tempestoso colloquio con Churchill.

In quell’incontro, egli ebbe modo di constatare come per il premier britannico l’intangibilità della monarchia fosse il requisito indiscutibile di ogni soluzione politica per l’Italia. Da quello scambio di vedute ebbe origine i[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 85

Brano: [...]he costituì per alcuni anni un grave freno per l’azione politica del movimento operaio internazionale. Nel 1933 l’avvento di Hitler al potere mise a nudo gli errori, sia la capitolazione della socialdemocrazia che il settarismo dei comunisti; ma la comprensione della grave sconfitta subita dalla classe operaia e l’elaborazione di una politica nuova non furono immediate e diedero, per anni, risultati solo parziali.

Il problema dell’unità antifascista

Il 6.2.1933 si tenne a Parigi una conferenza, alla quale parteciparono socialisti italiani, inglesi (Partito laburista indipendente) e tedeschi che proposero all'I.O.S. e al Comintern di riunirsi per concordare una azione comune contro la guerra e il fascismo.

Il 19 febbraio l’Internazionale socialista pubblicò un appello in cui si diceva disposta a collaborare con il Comintern. Quest’ultimo rispose, una ventina di giorni dopo (appello « Agli operai di tutti i paesi! »), denunciando le responsabilità deH’Internazionale socialista (soprattutto il rifiuto alla proclamazione dello sciopero[...]

[...]fascismo » e dovette passare molto tempo prima che il tema dell’unità tornasse a porsi concretamente alle due Internazionali.

Da Vienna a Parigi

L’Internazionale socialista ebbe gran parte nell'impedire al movimento operaio europeo di esprimere il suo potenziale di lotta contro il fascismo. Ciò venne dimostrato dai fatti del febbraio 1934 in Austria, quando i lavoratori viennesi impugnarono le armi contro l'avvento della dittatura clericofascista di Doilfuss (v.). Il Partito socialdemocratico, che contava ben 600.000 iscritti su una popolazione di circa 6.000.000 di abitanti, rifiutò in pratica lo scontro. La teoria della « violenza difensiva *, elaborata dagli « austromarxisti » Bauer, Deutsch e fìenner (secondo la quale si doveva ricorrere alla lotta armata solo « se una Costituzione fascista fosse stata proclamata senza consultare il Parlamento, se l’amministrazione municipale di Vienna fosse stata sostituita ») si dimostrò pura e semplice demagogia. In quattro giorni la resistenza degli operai viennesi fu spezzata e, in questa occasione, i socialdemocratici non potevano giustificare la sconfitta nemmeno invocando l’argomento del settarismo dei comunisti, che in Austria avevano scarso peso (alle elezioni precedenti avevano raccolto 20.000 voti contro 1.500.000 voti socialdemocratici). L’errore politico dell'intemazionale socialista risultò evidente ed ebbe conseguenze tragiche: n[...]

[...]eno invocando l’argomento del settarismo dei comunisti, che in Austria avevano scarso peso (alle elezioni precedenti avevano raccolto 20.000 voti contro 1.500.000 voti socialdemocratici). L’errore politico dell'intemazionale socialista risultò evidente ed ebbe conseguenze tragiche: nella lotta caddero 1.500 operai e altri 10.000 finirono in carcere.

Furono gli avvenimenti di Francia a portare ancora in primo piano il problema dell’unità antifascista. Qui i fascisti delle « Croci di fuoco » e dell 'Action frangaise (v.) avevano preso a pretesto l’affare Stavisky (un caso di bancarotta fraudolenta, nella quale risultarono compromessi noti uomini politici) per scatenare una campagna contro il « marcio parlamentare » e imporre al governo una politica reazionaria.

Tale manovra culminò il 7.2.1934 con un assalto fascista al Palazzo Borbone e ad altri edifici governativi. La pressione popolare, in conseguenza a questa gravissima provocazione, portò il 27.7.1934 alla costituzione di un patto d’unità d’azione tra il Partito comunista francese e quello socialista. Si apriva la strada al Fronte popolare (v.).

Gli avvenimenti francesi portarono a una svolta politica che determinò contrasti e lotte, sia nell’intera nazionale socialista che in quella comunista. Tuttavia, davanti all’offensiva reazionaria, la necessità di una politica unitaria s’imponeva sempre più.

Il 17.8.1934 il Partito comunista italiano e q[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 295

Brano: [...]rgo Regina e nelle campagne di Pozzolo Martesana, dove furono fatti 2.000 prigionieri.

La “Val Toce” rimase a Milano fino al 78 maggio, dopo di che rientrò alle basi di partenza, dove avvenne la smobilitazione.

Valtolina, Giovanni

N. a Sesto San Giovanni (Milano) il 7.8.1910; meccanico.

Membro di un’organizzazione comunista milanese attiva nel 194142, comprendente decine di cellule e in contatto con rappresentanti del movimento antifascista studentesco di Milano e Pavia, fu arrestato. Deferito al Tribunale speciale, il 23.11.

1942 fu condannato a 15 anni di reclusione.

Valvassori, Giovanni

N. a Milano il 10.4.1916; impiegato. Nel luglio 1936 fu arrestato per aver tentato di espatriare clandestinamente in Francia, allo scopo di arruolarsi nelle Brigate Internaziona

li. Deferito al Tribunale speciale, il 25.5.1937 fu condannato a 7 anni di reclusione. Lo stesso giorno venne condannato ad altri 5 anni per un reato commesso in carcere: offese al capo del governo.

Detenuto a Regina Coeli, per aver scritto sui muri dell[...]

[...]fu eletto consigliere comunale a Granarolo Emilia (Bologna) e, dal 1914 al 1920, fu assessore nel comune di Bologna, curando tra l’altro la realizzazione del giornale La Vita Cittadina. Dal 1918 e fino all’avvento del fascismo fu presidente dell’Università Popolare.

Negli anni del regime si ritirò dall’insegnamento, ma continuò l’opera di educatore dando lezioni private.

Già noto come sindacalista nella Associazione dei Professori prefa

scista, dopo il 25.7.1943 con un articolo apparso sul “Resto del Carlino” invitò gli insegnanti a ricostituire questa organizzazione. Durante la Resistenza, sfollato a Castel Maggiore presso Bologna, fu attivo animatore della lotta partigiana, a fianco di Otello Bonvicini (v.). Arrestato dalle Brigate nere con altre 9 persone, venne fucilato contro le mura del Municipio di Argelato.

Vanelli, Lorenzo

N. a Bologna il 22.10.1902, m. a Monterenzio (Bologna) il 28.6.1977; ferroviere.

Dal 1919 iscritto alla Federazione giovanile socialista, passò alla Gioventù comunista nel 1921. Fin dallo scaten[...]

[...]zione

Ad Auriac si occupò come manovale, lavoro che abbandonò dopo 17 giorni perché l’imprenditore non voieva attenersi al contratto di lavoro. Raggiunse Parigi, dove lavorò come lavapiatti e poi come mosaicista. Nel 1924, dopo l’assassinio di Matteotti, fece parte delle Centurie “Camicie rosse", raggruppamenti paramilitari antifascisti sorti in Francia in previsione di un rivolgimento della situazione in Italia. Impegnato nell’attività antifascista fra gli emigrati italiani, nel gennaio

1929 fu espulso dalla Francia. Passò in Belgio e prese dimora a Bruxelles, sotto il falso nome di Mario Calza. Qui aderì al sindacato socialista dei carpentieri e iniziò il nuovo mestiere; si iscrisse a! Partito comunista belga e si impegnò sempre più nell’attività politica, finché venne chiamato a far parte del Comitato direttivo del Partito comunista del Belgio e del Lussemburgo. Fu anche amministratore del settimanale Il Riscatto, organo della Lega italiana antifascista.

Nell'estate del 1931, sorpreso dalla polizia in una riunione comunista, fu [...]

[...] Francia. Passò in Belgio e prese dimora a Bruxelles, sotto il falso nome di Mario Calza. Qui aderì al sindacato socialista dei carpentieri e iniziò il nuovo mestiere; si iscrisse a! Partito comunista belga e si impegnò sempre più nell’attività politica, finché venne chiamato a far parte del Comitato direttivo del Partito comunista del Belgio e del Lussemburgo. Fu anche amministratore del settimanale Il Riscatto, organo della Lega italiana antifascista.

Nell'estate del 1931, sorpreso dalla polizia in una riunione comunista, fu arrestato e pochi giorni dopo espulso dal Belgio. Due ore più tardi



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 363

Brano: [...]isti in attesa di giudizio. Nell'aprile 1946 il carcere fu teatro di una vera e propria operazione militare, allorché l'ex repubblichino Carlo Barbieri, catturato nel febbraio del 1946 dopo che aveva terrorizzato a lungo, insieme al complice Bozzi e a capo di una sessantina di ex militi della R.S.I. la plaga milanese compiendo efferati delitti, accese nelle celle di San Vittore una rivolta armata. A questa si unì come capeggiatore l’ex gerarca fascista Giuseppe Caradonna (destinato a distinguersi poi anche nelle fila del Movimento Sociale e in veste di deputato al Parlamento della Repubblica). La ribellione, che con tutta evidenza aveva trovato all'esterno del carcere appoggi e mezzi per

essere attuata, potè essere stroncata soltanto con l’intervento di un reparto di artiglieria deH’esercito, che bombardò gli edifici occupati dai rivoltosi.

M.Gi.

Sanzioni

In campo internazionale, provvedimenti previsti dal patto della Società delle Nazioni (v.) nei confronti di quegli Stati membri ritenuti colpevoli di aggressione contro altri S[...]

[...]l carcere appoggi e mezzi per

essere attuata, potè essere stroncata soltanto con l’intervento di un reparto di artiglieria deH’esercito, che bombardò gli edifici occupati dai rivoltosi.

M.Gi.

Sanzioni

In campo internazionale, provvedimenti previsti dal patto della Società delle Nazioni (v.) nei confronti di quegli Stati membri ritenuti colpevoli di aggressione contro altri Stati membri. Sanzioni economiche nei confronti dell'Italia fascista ebbero inizio formale il 18.11.1935 e furono revocate il 4.7.1936, con il che fu in realtà “sanzionata” l'occupazione italiana 6e\V Etiopia (v.).

Le “sanzioni" contro l'Italia

Le sanzioni nei confronti dell’Italia furono decise dalla Società delle Nazioni, su istanza del governo di Addis Abeba, subito dopo l’inizio dell'invasione (3.10.1935) e, su indicazione di un Comitato designato dall’Assemblea, furono applicate a partire dal 18 novembre, formai* mente da 52 paesi. Sulla base dello statuto di Ginevra e con una procedura particolarmente rapida (del tutto nuova, ma rispettosa dei prin[...]

[...]ella politica di “revisione” dei trattati postbellici, garantiti appunto dalla Società delle Nazioni. Quest'ultima era premuta inoltre dall’esigenza di non perdere compietamente la faccia dopo gli insuccessi registrati in Sudamerica, dove si era appena conclusa la cosiddetta guerra del Chaco tra Paraguay (v.) e Colombia, e nel conflitto cinonipponico per la Manciuria (v.). Da parte italiana, nonostante la voce grossa fatta dalla propaganda fa

scista, non v'era peraltro l'intenzione di rompere i ponti con la S.d.N., tanto è vero che il seggio italiano a Ginevra sarà abbandonato molto più tardi, nel dicembre 1937, dopo che la questione etiopica era stata pienamente risolta.

Mentre, di fronte all’impresa fascista in Etiopia, il governo francese di Lavai teneva una posizione moderata e intermedia, sostanzialmente favorevole all'Italia, la Gran Bretagna aveva mobilitato la flotta nel Mediterraneo: una forza imponente di 144 navi da guerra, per 800.000 tonnellate.

Una « superiorità schiacciante », come scrisse Pietro Badoglio — allora capo di stato maggiore generale — al capo del governo, ammonendolo a non esporre il paese a un disastro.

Da parte sua, Mussolini era ben consapevole che la partita decisiva si giocava sul terreno politicodiplomatico, nei confronti degli ex alleati occidentali, oltre c[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 589

Brano: [...]o popolare passò dal 40,6% al 49,6% dei voti, mentre i socialisti calavano dal 31,5% al 19%, con perdita solo parzialmente compensata dal 6,5% di voti raccolti dal neocostituito Partito comunista, che ebbe come organo di stampa “L’Adda”.

I dati delle elezioni dimostrarono anche lo scarso seguito del fascismo nella provincia: nel 1921 il Blocco nazionale, pur con l’apporto dei fascisti, calò infatti dal 27,9% al 24,9% e, nel 1924, il Listone fascista ottenne in Valtellina una percentuale del 45%, contro la media nazionale del 67%. In quell’occasione, nonostante l’impegno liberalfascista d’impedirne il successo, fu eletto alla Camera il candidato popolare avvocato Giovanni Merizzi.

Lotta antifascista

In occasione del Primo Maggio 1923

i lavoratori manifestarono in varie località della provincia la loro protesta e la volontà di celebrare la Festa internazionale del lavoro abolita dal governo fascista. Oltre alle astensioni dal lavoro, a Sondrio furono esposte bandiere rosse e a Chiavenna, essendo stata vietata dalla polizia la vendita di garofani rossi, i lavoratori risposero al divieto infilandosi neH’occhiello della giacca dei ravanelli!

Nel 1926 il P.C. d’I., in preparazione del III Congresso nazionale del partito che si sarebbe svolto a Lione, organizzò il congresso provinciale di Sondrio nella frazione di Sant’Anna. In questa stessa località, nel

1927 venne scoperta una diffusione clandestina de UVUnità” e furono arrestati 9 antifascisti. Di questi, tutti sottoposti a duri inte[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 584

Brano: [...]o processi riguardanti partigiani combattenti e membri delle organizzazioni della Resistenza. Esso aveva due sezioni, una a Milano e l’altra a Torino; funzionò fino alla fine di marzo 1945 e su 420 processi, riguardanti complessivamente circa 2.000 patrioti, emise 1,902 condanne a morte.

Cola, Cafiero

N. ad Ancona nel 1897; autista. Anarchico, durante la dittatura mussoliniana fu condannato a 20 anni di reclusione per la sua attività antifascista. Detenuto a Volterra e a Soriano del Cimino, fu poi confinato alle Tremiti.

Durante la Guerra di liberazione partecipò attivamente alla Resistenza, combattendo è restando ferito in uno scontro. Ricoprì incarichi di comando nella Brigata « Marche ». È grande invalido della lotta antifa' scista. ,

Colagrande, Pasquale

N. a L'Aquila il 7.3.1911, ucciso dai fascisti a Ferrara il 15.11.1943; magistrato. Inviato a Ferrara nel settembre 1938 come sostituto procuratore del re, si collegò subito con gruppi di antifascisti di varia provenienza. Nel 1941 aderì al Partito d’Azione che poi rappresentò nel primo C.L.N. di Ferrara.

Alla caduta del fascismo, il 25 luglio 1943, si recò personalmente alle carceri di Piangipane e ordinò l’immediata scarcerazione di tutti i detenuti politici ivi trattenuti. Dopo rs.9.1943 partecipò alla lotta di liberazione ed il 7 ottobre, insieme con altri[...]

[...]bandonando per nessun motivo le posizioni. Un tentativo dei tedeschi di entrare in forze nella città fu validamente fronteggiato dai garibaldini delle Langhe, guidati da Nanni Latilla (v.). Nella notte i nazifascisti cedettero e il mattino del 28 il popolo torinese potè salutare le vittoriose divisioni partigiane.

Colarich, Natale

Bozo. N. a Muggia (Trieste) ii 24.12.1908, fucilato a Trieste il 18.9.1944; calzolaio. Comunista, attivo antifascista, partecipò alla lotta clandestina operando rischiosi collegamenti tra il Centro interno e quello esterno del suo partito e dedicando gran parte della sua attività* allo sviluppo del movimento antifascista tra le popolazioni di lingua croata e slovena. Condannato nel 1933 dal Tribunale speciale a 12 anni di reclusione, fu detenuto

Partigiani a bordo di un carro armato montato dagli operai della S.P.A. si dirigono verso l'albergo « «Nazionale » in Torino per snidarvi i fascisti nei giorni della Liberazione

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 372

Brano: [...]scioperi agricoli di Piana dei Greci, San Giuseppe Jato, Sancipirrello, Prizzi e Palazzo Adriano. Agrari e industriali, cementati dalla mafia, reagirono con una lunga serie di delitti: da quello compiuto contro Giovanni Zangara alla uccisione dello stesso Alongi (1.3.1920), cui fece seguito pochi mesi dopo l’assassinio del dirigente delle lotte dei metallurgici di Palermo, Giovanni Orcel.

Scriverà l’anno successivo La Regione, periodico antifascista sorto a Palermo nel 1921: « L’opera di repressione del socialismo, che nella Penisola viene fatta dai fascisti, qui in Sicilia è stata assunta dalla mafia ».

Il terrorismo della mafia non arrestò il movimento che, anzi, ebbe il suo momento più rovente nel settembre 1921, quando i feudi occupati interessavano un’area di 10.365 ettari. L’assalto ai latifondi, che coinvolse anche i comuni della valle del Belice, venne spezzato dall’azione combinata di governo (decreto Micheli, che fissava norme restrittive circa l'occupazione delle

terre incolte), di prefetti come Menziger e Cesare Moni (l[...]

[...]ca nella quale, sotto le sollecitazioni dell’arditismo dannunziano, si acuivano le tensioni nazionalistiche. Queste assunsero forma partitica a opera di Alfredo Cucco, portando il 23.1.1921 all’« adunata » del Teatro Utveggio di Palermo, cui seguì il 24 aprile quella del Fascio di combattimento. Quest'ultimo era stato costituito cinque mesi prima, in seguito a un’assemblea nei locali della Lega commerciale che aveva sottoscritto un « manifesto fascista », dando un ruolo di primo piano al segretario della sezione nazionalista palermitana Giuseppe Fiumara.

II 26 aprile sorse a Palermo la Lega nazionale contro \il bolscevismo e il comuniSmo; seguì, qualche giorno dopo, l’assalto fascista alla Federazione dei metallurgici e, una settimana più tardi, la strage di Castelvetrano: 8 morti e 40 feriti. Si preparò così il terreno, attraverso il quale mafia e squadristi si trasformarono, uniti, in braccio armato del nuovo assetto nazionalfascista, mentre si avviava al tracollo il vecchio orlandismo.

Restarono i socialisti, pur se note

volmente indeboliti nelle campagne, e i nascenti quadri del P.C.d’I. che, a Palermo, ebbero come organo di stampa II Proletario (192122). Erano, fra loro, « leve giovani ed entusiaste di intellettuali, studenti, impiegati, operai, come Giuseppe Berti, Si mone Fardella, Francesco Davi, Salvatore Chi appara, Giuseppe Greco, Gaspare Di Gaetano e Oreste Gianferrara » (Giuseppe Carlo Marino).

Da segnalare anche le posizioni individualiste di « democratici del combattentismo » come Giuseppe Maggiore D[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine scista, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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