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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 99

Brano: [...]i di Nuto Revelli, di Italo Calvino (v.), di C. Levi, di U. Vittorini, di Cesare Pavese, di V. Pratolini, Oreste Del Buono, Domenico Rea). Questa letteratura si distaccava, per la sua intenzione di essere più vicina alle masse popolari, da quella sorta dalla grande corrente della « poesia pura » che pur aveva dato origine a versi ispirati alla lotta (Quasimodo, Saba, lo stesso Eugenio Montale, Gatto).

Dibattiti e polemiche

Il dibattito sul realismo e il neorealismo si andava intanto sviluppando sulle riviste « Il ’45 », Società diretta da Ranuccio Bianchi Bandinelli (v.) e Romano Bilenchi, il « Calendario del popolo » di G. Trevisani, Cinema nuovo di Guido Aristarco, mentre le riviste Numero e Pittura preparavano il passaggio da « Corrente » a « Realismo », il cui primo numero è del giugno 1952.

La larga diffusione degli scritti di Antonio Gramsci, la conoscenza di massa dei poemi di Paul Eluard (v.) (famosissima la poesia Liberté) e di Majakovski, l'inaugurazione del Piccolo Teatro di Milano di Paolo Grassi e Giorgio Strehler con la rappresentazione de\VOpera da tre soldi e gli altri drammi di B. Brecht, la fondazione della Casa della Cultura a Milano e gli interventi e i dibattiti sul realismo alla Radio italiana trasferirono i temi del realismo dall'ambiente degli intellettuali al più largo pubblico.

Dopo l'estate incandescente del

1948 che aveva visto l'attentato a Paimiro Togliatti, l'Alleanza della Cultura a Bologna organizzò nel Palazzo di Re Enzo (settembreottobre 1948) una grande mostra di pittori che si richiamavano alla lotta antifascista. Da quella mostra, come accadeva in tutti i campi, venne una divisione ideologica tra « realisti » e « astrattisti ». Si prese come spunto un trafiletto apparso sulla rivista del P.C.I. Rinascita e firmato da Roderigo di Castiglia, attribuito a Togliatti.

La divisione in effetti no[...]

[...] Congresso della Pace svoltosi nella Sala Pleyel a Parigi (1949) e poi al Congresso di Varsavia contro la guerra atomica (dicembre 1950), mentre l’aggressione americana in Corea (giugno 1950) aveva inasprito il conflitto tra i due campi in Europa e in America, dando luogo a quel periodo che fu detto della « guerra fredda ».

La politica culturale del P.C.I., diretta da Mario Alicata (v.) e Carlo Salinari, prese allora posizione in favore del « realismo » con varie sfumature che andarono dall’intervento del leader sindacale Giuseppe Di Vittorio al Congresso della cultura popolare (svoltosi a Bologna nel 1952), in cui si auspicava una unione stretta, ma non limitativa della libertà d'espressione, tra masse popolari e artisti, a concetti più ideologici affermati dagli artisti comunisti nelle sedi dei Festival de l'Unità, del Festival internazionale della Gioventù a Berlino (1951), e a polemiche, del resto molto civili, tra critici derfe opposte parti (in particolare Val secchi e Arcangeli, De Grada e De Micheli) sulle pagine de « l’Unità », do[...]

[...]a una unione stretta, ma non limitativa della libertà d'espressione, tra masse popolari e artisti, a concetti più ideologici affermati dagli artisti comunisti nelle sedi dei Festival de l'Unità, del Festival internazionale della Gioventù a Berlino (1951), e a polemiche, del resto molto civili, tra critici derfe opposte parti (in particolare Val secchi e Arcangeli, De Grada e De Micheli) sulle pagine de « l’Unità », dove si prese posizione per un realismo critico, che si differenziava dal realismo socialista propagandato in U.R.S.S. da V. Kemenov e dai Gherassimov.

La rivista « Realismo »

In quel clima sorse la rivista « Realismo >» (giugno 1952) che prese a riferire gli esempi principali del movimento (murali di pittori da Va

lenza a Viareggio, mostre e premi d’arte da Suzzara a Vado Ligure, dibattiti filosofici ed estetici). Il pensiero di G. Lukàcs e di Antonio Banfi (v.) con un ripensamento dell’arte nazionalepopolare preveduta da Gramsci fu lasse portante della rivista, che si occupò della grande mostra di Picasso a Roma e a Milano e di tutte le manifestazioni (mostre di Van Gogh, Pellizza), in cui veniva avanzata una lettura della recente storia (ma anche della passata, per esempio il Caravaggio) nella nuova [...]

[...]ci ed estetici). Il pensiero di G. Lukàcs e di Antonio Banfi (v.) con un ripensamento dell’arte nazionalepopolare preveduta da Gramsci fu lasse portante della rivista, che si occupò della grande mostra di Picasso a Roma e a Milano e di tutte le manifestazioni (mostre di Van Gogh, Pellizza), in cui veniva avanzata una lettura della recente storia (ma anche della passata, per esempio il Caravaggio) nella nuova chiave del pensiero realista.

« Neorealismo » e realismo

A questo punto, mentre i partecipanti del movimento si professavano « realisti » (da Guttuso a Treccani, da Francesco Jovine (v.) a Pratolini, da Lizzani a Visconti) il termine « neorealismo » cominciò a prendere quota come limite della poetica realista. Dopo la morte di Stalin (1953), il « realismo » italiano, seguito in varie parti del mondo, si differenziò sempre più dal « realismo socialista » che continuava in Unione Sovietica e nel mondo socialista, fino alla Cina di Mao, per tutta l’epoca di Kruscev e oltre. Nelle arti figurative, il prevalere delle poetiche « informali >» fino all’avvento della PopArt (Popular Art) americana, costrinse il « realismo » a una serie di compromessi attraverso i quali crebbe tuttavia una generazione di giovani artisti che tendevano a esprimere in termini figurativi il senso dell’angoscia e della precarietà dei valori contemporanei. Il fenomeno si estese alla letteratura ed al cinema, ma ciò coinvolgendo un discorso più generale che non era per niente assimilabile al « neorealismo » degli anni Cinquanta. Questo rimase quindi come la dizione impropria (più corretta quella pura e semplice di « realismo ») del più importante movimento nelle arti dell'Italia del secondo dopoguerra, con diffusione culturale nell'Europa e nel mondo.

R. D. G.

Neosocialismo

Corrente minoritaria del movimento operaio francese, formatasi nel 1933 all'interno del Partito socialista (S^F.I.O.]/ e della Confédération Général du Travail (C.G.T.). Le sue basi ideologiche si trovano nel libro Audelà du marxisme, pub

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 66

Brano: Realismo socialista

ni avevano avuto modo di esprimersi e di entrare in contraddittorio con altre teorizzazioni sull essenza e sui compiti della ricerca e della produzione intellettuale in una società socialista: ad esempio, Lunaciarskij (v.) enunciava la necessità di un’arte “proletaria”, specifica della classe operaia e che, come tale, potesse contrapporsi ai prodotti della cultura borghese; Block invece tendeva a circoscrivere l’essenza della cultura proletaria nell’azione e nella lotta rivoluzionaria: da parte sua, Majakowskij (v.) sosteneva infine una posizione più dialettica, affermando che l[...]

[...]ale sovietica negli anni Venti, ma non ebbe più spazio quando si venne imponendo sulla concezione dell’arte e della letteratura proletaria quell’intransigenza burocratica che raggiunse forme aberranti soprattutto a partire dal 1934.

L’arte del regime

Nel volgere di pochi anni vennero infatti condannate anche le posizioni moderate come quelle di Gorkij, al quale fu presto impedito di esercitare ogni tentativo di mediazione, e il concetto di realismo socialista divenne uno degli elementi fondamentali deH’armamentario ideologico dell’età staliniana.

Per queste ragioni, certa pubblicistica occidentale ha spesso considerato il concetto di “realismo socialista” come una trovata di Stalin per assoggettare i letterati sovietici e i comunisti in genere alla sua dittatura. In realtà, il sistema ideologico dello stalinismo fu qualcosa di più complesso di quanto tale pubblicistica abbia saputo mettere in luce. È vero che lo scrittore francese e Premio Nobel André Gide (che partecipò come osservatore straniero al Congresso del 1934), pur riconoscendo lo stato di necessità e di autodifesa in cui si trovava in quegli anni l’Unione Sovietica, si pronunciò decisamente contro i pericoli di una letteratura asservita e avvilita da una nuova forma di c[...]

[...]n luce. È vero che lo scrittore francese e Premio Nobel André Gide (che partecipò come osservatore straniero al Congresso del 1934), pur riconoscendo lo stato di necessità e di autodifesa in cui si trovava in quegli anni l’Unione Sovietica, si pronunciò decisamente contro i pericoli di una letteratura asservita e avvilita da una nuova forma di conformismo comunista, ma non si deve dimenticare che l'affermarsi in Unione Sovietica del concetto di “realismo socialista” segnava anche una presa di posizione ideologica contro i risultati e le proposte artistiche, letterarie e culturali, ritenute “decadenti”, del modernismo occidentale e delle avanguardie.

« James Joyce o il realismo socialista? », era l’angosciante e dogmatica domanda retorica con cui Karl Radek (v.) intitolò la propria relazione al citato Congresso degli scrittori sovietici.

Se infatti l’arte sovietica si dichiarava unica erede della grande arte del passato, nasceva il problema di un rapporto con l’altro erede diretto di quel patrimonio storico: il “modernismo” occidentale. La cultura sovietica non poteva certo associarsi alla violenta repressione che Hitler stava conducendo contro i prodotti “degenerati” dell’arte moderna, né riuscì a far proprie le visioni di aperto interscambio che il realismo cri[...]

[...]egli scrittori sovietici.

Se infatti l’arte sovietica si dichiarava unica erede della grande arte del passato, nasceva il problema di un rapporto con l’altro erede diretto di quel patrimonio storico: il “modernismo” occidentale. La cultura sovietica non poteva certo associarsi alla violenta repressione che Hitler stava conducendo contro i prodotti “degenerati” dell’arte moderna, né riuscì a far proprie le visioni di aperto interscambio che il realismo critico di Bertolt Brecht (v.), Otto Dix, Georg Grosz e altri artisti occidentali avevano instaurato con le vicende dell’avanguardia. La soluzione, semplicistica e anche più funzionale al potere in U.R.S.S., fu perciò quella di ignorare totalmente i prodotti della cultura e dell’arte contemporanea occidentale, imponendone autoritariamente l’ignoranza. La strada intrapresa condusse così il mondo culturale sovietico nel vicolo cieco della critica accanita verso ogni aspetto dell’arte e della cultura dell’Occidente: la falsa alternativa posta da Radek condusse non soltanto a ignorare in U.R.S.S.[...]

[...]quella di Kafka, di Sartre e, via via, di gran parte della cultura filosofica, artistica e letteraria del mondo europeo ed americano.

Il rifiuto aprioristico di ogni proposta culturale proveniente dall’estero trovava sostegno ideologico nella coincidenza con la lotta che il mondo del “socialismo realizzato” stava conducendo a ogni livello contro il mondo capitalistico, dal quale si sentiva assediato. Fu a partire da tali considerazioni che il realismo socialista giunse ad individuare come qualità più importante e più preziosa, anzi come unica qualità indispensabile a un’autentica arte rivoluzionaria, il contenuto ideologico esplicito dell'opera stessa. La priorità di questo contenuto ideologico esplicito condusse sempre più gli artisti sovietici a considerare il proprio impegno solo come uno strumento al servizio di una trasformazione della società verso il comuniSmo.

Il risultato inevitabile di tale operazione, assolutamente contraddittoria con il concetto stesso di arte, fu che la quasi totalità della produzione artistica sovietica de[...]

[...] eretiche e bor

ghesi venivano considerate quelle tematiche esistenziali, psicologiche e soggettive che si scostavano dai temi celebrativi del lavoro, della lotta rivoluzionaria, della definizione deH’uomo socialista, della costruzione di una nuova società comunista.

Se, per queste ragioni, è comprensibile che la critica occidentale si sia spesso scagliata con vigore polemico nella denuncia dei prodotti educativi, edificanti e retorici del realismo socialista, bisogna anche dire che non mancarono nel mondo comunista alcuni artisti i quali seppero piegare con la forza di un talento artistico autentico le direttive ideologiche loro pervenute. Questo avvenne non solo per artisti di ispirazione comunista operanti fuori dall’U.R.S.S. come i già citati Brecht, Dix, Grosz e inoltre Eluard Heartfield (v.), Rafael Alberti (v.) o, in America, Diego Rivera (v.), Alfaro Siqueiros (v.), Ben Shahn, ma anche nella stessa Unione Sovietica. Esempi significativi furono Ejsenstein nel cinema, Gorkij nella letteratura, Daineka in pittura, Sciostakovic nell[...]

[...].R.S.S. come i già citati Brecht, Dix, Grosz e inoltre Eluard Heartfield (v.), Rafael Alberti (v.) o, in America, Diego Rivera (v.), Alfaro Siqueiros (v.), Ben Shahn, ma anche nella stessa Unione Sovietica. Esempi significativi furono Ejsenstein nel cinema, Gorkij nella letteratura, Daineka in pittura, Sciostakovic nella musica, El Lisinskij nella grafica, Leonidov e Ginzburg nell’architettura.

Influenza esterna all’U.R.S.S.

La vicenda del realismo socialista non coinvolse le arti e la cultura soltanto all’interno dell’Unione Sovietica e dei paesi passati sotto il suo controllo. Intorno al problema ebbe a svilupparsi un dibattito ideale, politico ed estetico coinvolgente numerosi artisti dei paesi occidentali nel dopoguerra fino agli ultimi anni Cinquanta. In quel periodo, segnato dal clima di contrapposizione ideologica della guerra fredda, i temi ricorrenti nel dibattito artistico e culturale tornarono a essere quelli del rapporto tra arte e ideologia, tra politica e cultura, tra impegno sociale e impegno creativo; ed è chiaro che, in[...]

[...]redda, i temi ricorrenti nel dibattito artistico e culturale tornarono a essere quelli del rapporto tra arte e ideologia, tra politica e cultura, tra impegno sociale e impegno creativo; ed è chiaro che, in quelle circostanze, pesarono non poco le valutazioni e i giudizi teorici che continuavano a giungere dall’Unione Sovietica.

In Francia si accesero polemiche tra gli stessi intellettuali comunisti, come quella tra Garaudy, sostenitore di un “realismo senza frontiere” e Aragon (v.), più fedele alle interpretazioni sovietiche. In Italia, la polemica tra Elio Vittorini e Paimiro Togliatti sulle pagine del Politecnico (v.) prese l’avvio proprio dalla necessità di chiarire il rapporto tra politica e cultura, così come il dibattito sul realismo nelle

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 67

Brano: Rebagliati, Giuseppe

arti figurative giunse a creare non poche lacerazioni nel fronte degli artisti italiani che pur erano usciti con posizioni unitarie dalla lotta di liberazione contro il fascismo. Bisogna comunque dire che in Italia, come pure nel resto d'Europa, anche chi si richiamava più direttamente al concetto di realismo socialista poneva nette differenziazioni rispetto alle intransigenti interpretazioni sovietiche: basti ricordare, a questo proposito, l’importanza attribuita dagli artisti realisti italiani a un pittore come Picasso (v.) che, a Mosca, veniva invece bollato di “deviazionismo” decadente e borghese. Il concetto di realismo socialista acquistò quindi valenze interpretative diverse, allontanandosi sempre più dalle rigide definizioni sovietiche: in Italia si preferì parlare di “neorealismo” o di “realismo” toutcourt o, come nel caso di Renato Guttuso (v.), di “nuovo realismo”, definendo tale concezione artistica con la formula gramsciana: « Contenuti sociali e forme nazionali ». Si rivendicava in tal modo una chiara autonomia rispetto alle posizioni sovietiche; si riconobbe come determinante il rapporto con le proposte delle avanguardie e in special modo con la poetica del cubismo picassiano; ma soprattutto si parlò di realismo come metodo e atteggiamento conoscitivo, più che come dettato e prescrizione formale.

Queste distinzioni, introdotte da una visione dialettica del problema, non furono tuttavia sufficienti a ricucire la lacerazione apertasi nel mondo occidentale tra gii stessi intellettuali di sinistra: lacerazioni rimaste nei decenni successivi, anche dopo il 1956, quando le risoluzioni del XX Congresso del P.C.U.S. posero all'ordine del giorno la necessità di liberarsi dallo stalinismo, quindi del superamento di quegli atteggiamenti dogmatici che avevano condizionato gran parte del dibattito culturale, l[...]

[...]o occidentale tra gii stessi intellettuali di sinistra: lacerazioni rimaste nei decenni successivi, anche dopo il 1956, quando le risoluzioni del XX Congresso del P.C.U.S. posero all'ordine del giorno la necessità di liberarsi dallo stalinismo, quindi del superamento di quegli atteggiamenti dogmatici che avevano condizionato gran parte del dibattito culturale, la produzione artistica e intellettuale in molti paesi.

Dopo il 1956 il concetto di realismo socialista è andato perdendo quel ruolo polarizzante che aveva avuto nel pensiero e nel lavoro degli intellettuali comunisti negli anni precedenti la Seconda guerra mondiale e immediatamente successivi. Si può dire che, a partire dal 1956, sia cominciato quel faticoso lavoro di ricupero di posizioni e conoscenze che l’ideologia del realismo socialista aveva viziato e messo in dubbio. Una strada diversa, impronta

ta ai principi di un nuovo umanesimo, veniva così aperta per affrontare i grandi problemi insorgenti anche a livello soprastrutturale durante l’opera di costruzione di una società socialista.

A.Pi.

Reana del Rojale

Comune sparso di circa 5.000 abitanti in provincia di Udine, a 10 km dal capoluogo e comprendente 8 frazioni con sede comunale a Remugnano, Reana è storicamente legato alle vicende del medio Friuli. Entrato a far parte del Regno d’Italia nel 1866, durante la Prima guerra mondiale fu occupato per ol[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 98

Brano: [...]ch? Geduldet? Eine Dokumentatione Herausgegeben vom Bundesvorstand der Vereinigung Demokratischer J uri sten und vom Praesidium der VVN — Bund der Antifaschisten in der BRD 1978 (Anticostituzionale? Criminale? Tollerato? Una documentazione pubblicata dal Presidio federale dell'Unione Giuristi Democratici e dal Presidio del VVN/Lega degli antifascisti nella R.F.T.,

1978).

Giuseppe Gaddi, Neofascismo in Europa, La Pietra 1975.

W. G.

Neorealismo

Movimento culturale affermatosi in Italia, aH’indomani della Seconda guerra mondiale, nel campo delle arti figurative, del cinema e della letteratura. Esso tentò di saldare quel divorzio tra arte e pubblico, tra cultura e vita, che le tendenze intellettualistiche e solitarie deH'impressionismo, del simbolismo e deH'ermetismo avevano determinato con il loro rifiuto della realtà.

L'Italia del secondo dopoguerra, grazie alla vitalità della presenza delle masse operaie e contadine che si erano appena liberate dal fascismo, fu uno dei terreni più fecondi del movimento « realista », il quale [...]

[...]lettualistiche e solitarie deH'impressionismo, del simbolismo e deH'ermetismo avevano determinato con il loro rifiuto della realtà.

L'Italia del secondo dopoguerra, grazie alla vitalità della presenza delle masse operaie e contadine che si erano appena liberate dal fascismo, fu uno dei terreni più fecondi del movimento « realista », il quale venne chiamato

« neorealista » per l’aggancio che subito gli fu riconosciuto con i precedenti del « realismo » dell’arte democratica del l’Ottocento (Honoré Daumier, Gustave Courbet, JeanFrangois Millet, Pel lizza da Volpedo, Angelo Morbelli, ecc. nel* le arti figurative; Emile Zola, Giovanni Verga nella letteratura; Vittorio De Sica, Cesare Zavattini, Luchino Visconti come promotori del dramma sociale nel cinema). II movimento si riconobbe tuttavia in fenomeni analoghi che si erano svolti in tutto il mondo e che riaccesero in Italia un nuovo dibattito, una grande fiducia, un prezioso patrimonio di speranze. Il pensiero russo di Nikolaj Cernyscevskji e di Bielinskj, l'affermazione di una tradizione [...]

[...], per la difesa delle fabbriche contro la ristrutturazione capitalistica, per la distruzione del latifondo e la conquista della terra divennero contenuti di pittori da Renato Guttuso (v.) a Ernesto Treccani, da Gabriele Mucchi ad Armando Pi zzi nato e Tettamanti; di cineasti da Giuseppe De Sanctis a Carlo Lizzani (v.), da Francesco Rosi a Gillo Pontecorvo, mentre, nelle lettere, Vasco P rat oli ni impostava con « Metello » il romanzo storico del realismo.

Nel campo della critica, intesa come agitazione di idee più che fredda osservazione di fenomeni, Carlo Salinari e Antonello Trombadori, Raffaele De Grada (v.) e Mario De Micheli (v.), Guido Aristarco e Giulio Trevisani (che creò la rivista II Calendario del popolo), portarono avanti un discorso che trovò infine nella rivista mensile Realismo (19521954) e poi nel settimanale Il Contemporaneo la sua base permanente di dibattito. (Si veda anche la voce Arte e Resistenza).

Pittura

Il neorealismo in pittura, oltre a richiamarsi alla tradizione dell'Ottocento di Daumier, Courbet e Millet, si propose di rivisitare, con oc

chi diversi da quelli dei « novecentisti », già superati dal movimento di Corrente (v.)f l'arte italiana del passato nell’alta continuità da Giotto a Masaccio, da Caravaggio a Gemito e Pel lizza. Furono accolti come immediati precedenti i « muralisti » del Messico (v.), gli artisti rivoluzionari Diego Rivera, José Clemente Orozco, Davide Alfaro Siqueiros, nonché Pablo Picasso di « Guernica » (v.), di « La Guerra e la Pace », del « Massacro in Corea » (la guerra in C[...]

[...]agio dell’occupazione militare alleata, ma ancora agli episodi di guerra e sempre più al disordine morale e sociale del dopoguerra, come Riso amaro di Giuseppe De Sanctis, Gioventù perduta di Pietro Germi, Il Bandito e Senza pietà di Alberto Lattuada, Caccia tragica di G. De Sanctis, Il sole sorge ancora di Aldo Vergano.

(Si veda la voce Cinema e Resistenza).

Letteratura

I primi testi letterari che possono essere riferiti al sorgente neorealismo sono « L'Agnese va a

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 110

Brano: [...]rittore e poeta antifascista francese. N. a Parigi il 22.11.1897. Ritornato dalla guerra 191418 con l’animo disgustato e in rivolta contro la realtà di un mondo che vedeva fondato sulla violenza e sull’oppressione, diede vita (con Paul Éluard, André Breton, Tristan Tzara e altri) al movimento surrealista.

« Abbasso il mondo, io ne costruisco uno più bello! » era stato il suo primo grido di rivolta nel poema Feu de joie (1920). In realtà il surrealismo, movimento poetico e letterario fondato sul culto dell'irrazionale e sorto come espressione di una protesta individuale a sfondo anarchico contro il vecchio mondo, non era legato ad alcun ideale positivo: alcuni surrealisti resteranno così prigionieri del loro nichilismo iniziale, mentre altri — come appunto Aragon — nell'approfondire la ricerca giungeranno alla consapevolezza che non basta distruggere il vecchio mondo, ma occorre edificarne uno nuovo. Neppure nei momenti di più accesa ribellione Aragon accettò mai di annullare con un colpo di spugna l’intero passato della cultura: condivise [...]

[...], mentre altri — come appunto Aragon — nell'approfondire la ricerca giungeranno alla consapevolezza che non basta distruggere il vecchio mondo, ma occorre edificarne uno nuovo. Neppure nei momenti di più accesa ribellione Aragon accettò mai di annullare con un colpo di spugna l’intero passato della cultura: condivise la rivolta dei surrealisti, il loro desiderio di demolizione, la sfida a tutte le costrizioni, ma al tempo stesso seppe trarre dal realismo tutto ciò che portava in sè di liberatore per la poesia come mezzo di conoscenza e di scoperta identificantesi con la vita. Per questa strada Aragon sentì il bisogno di col legare la battaglia per un’arte nuova alla lotta di classe e al movimento rivoluzionario.

Nel 1925 la guerra condotta dai colonialisti francesi nel Marocco lo aiutò a vedere ancora più chiaramente la realtà della lotta di classe; in quello stesso anno denunciò su « Clarté » (la rivista di H. Barbusse) la subordinazione dei monopoli

intellettuali dell'editoria, del teatro e della stampa ai monopoli economici.

Il 6.[...]

[...]subordinazione dei monopoli

intellettuali dell'editoria, del teatro e della stampa ai monopoli economici.

Il 6.7.1927 aderì al Partito comunista francese. Alla fine del 1930 partecipò a Karkov alla prima conferenza internazionale degli scrittori rivoluzionari. Al suo ritorno daM’Unione Sovietica scrisse il poema Front rouge (Fronte rosso), che gli costerà un processo sotto l’imputazione di « terrorismo ». Successivamente, la rottura col surrealismo Io portò alla conquista del « mondo reale », ciò che significò per lui lotta contro l’individualismo anarchico e il nichilismo. Nel 1933 iniziò la collana Du monde réel (Del mondo reale) con la pubblicazione di Les cloches de Bàie (1935); seguirono Les beaux quartiers (1937), Les voyageurs de l’impérialeì (1943) e il ciclo Les communistes (19391945).

Le opere di A. si collocano nella grande tradizione del romanzo francese e si caratterizzano per la confluenza che in esse si trova tra l’attenta analisi storica e l’indagine psicologica dei personaggi, alla luce dei rapporti tra individuo e s[...]

[...](1937), Les voyageurs de l’impérialeì (1943) e il ciclo Les communistes (19391945).

Le opere di A. si collocano nella grande tradizione del romanzo francese e si caratterizzano per la confluenza che in esse si trova tra l’attenta analisi storica e l’indagine psicologica dei personaggi, alla luce dei rapporti tra individuo e società. Aragon rivendica con forza la totalità del mondo reale; essere realista significa per lui essere militante e il realismo non consiste certo nel copiare la natura ma nell'esprimere il movimento e la vita. È considerato il poeta della Resistenza francese. Lo scrittore che nel maggio 1940 tracciava le note sulla disfatta [Le crèvecoeur, 1941) era soldato e combattente a Dunkerque, e il poeta che suonava la Diane francaise (1945) era stato uno degli organizzatori della Resistenza a Lione, a Nizza e a Parigi. In occasione del suo sessantesimo compleanno ha ricevuto il Premio Lenin, conferitogli in omaggio alla sua attività « per il rafforzamento della pace tra i popoli ». Nel 1962 ha scritto una Histoire de l’U.R.S.[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 332

Brano: [...]lla stessa vastità è connesso, e che può generare numerosi equivoci. L’impostazione, dunque, rischia di essere viziata in partenza, appunto perché l’assunzione di determinati contenuti e istanze non appare più sufficiente oggi (a differenza di alcuni anni fa) come criterio discriminante e neppure come criterio di semplice classificazione. Per molto tempo, infatti, la critica che si ispirava al marxismo e che veniva conducendo la battaglia del neorealismo prima, del realismo poi, ha fondato la sua linea di tendenza su tali criteri, più o meno rammodernati, senza rendersi conto, ad esempio, che certi contenuti nuovi diventano desueti e si svuotano di significato se a comunicarli è un veicolo linguistico ritardato, o analogamente che la vera innovazione

— ideale, culturale, stilistica — può verificarsi anche attraverso i

contenuti apparentemente più tradizionali (per limitarci a due casi tra i tanti).

Le difficoltà deH’analisi

Questa inconsistenza di un metro contenutistico di giudizio risulta evidente soprattutto nel campo della poesia, dove l'esperien[...]

[...]i rottura, ma è stata essenzialmente l’oggetto esterno di una serie di operazioni meramente descrittive, l’occasione di confessioni autobiografiche, la spinta a private riflessioni moralistiche, se non addirittura una sfera di nuove mitologie. Di qui il carattere illusorio di ogni rifiuto delle passate tradizioni culturali — come espressione del mondo politico e morale che si intendeva respingere —, e il riflusso anzi di vecchi retaggi.

Il neorealismo

Un discorso sulla « narrativa della Resistenza », del resto, coincide in gran parte con un riesame del neorealismo, di quel fenomeno letterario (e artistico) cioè, che fu caratterizzato da un vivace « impegno », anche se spesso ingenuamente velleitario, nei confronti della nuova realtà a cavallo della guerra, a cui mancò in primo luogo un radicale mutamento della coscienza e del linguaggio da parte dello scrittore. In generale, poi, le vere innovazioni e i risultati più sicuri che si registrano in quegli anni, rimasero senza seguito, e spesso gli stessi autori che ne furono protagonisti andarono incontro, successivamente, a involuzioni più o meno gravi.

Per dare un quadro completo è necessario spingers[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 435

Brano: [...]in certa misura estremizzazione) della tesi staliniana che portava alla rivalutazione della cultura della borghesia progressista del secolo XIX in contrapposizione al decadentismo del secolo successivo.

Riprendendo anche le ricerche di Franz Mehring, Lukàcs tendeva in primo luogo a ricostruire una tradizione democratica della cultura tedesca da Lessing a Goethe e a Hegel fino a Thomas Mann (v.). Più in generale e in relazione al dibattito sul realismo, la sua ricerca contrapponeva il romanzo realista di Bai zac, Stendhal e 7o/stoi al naturalismo successivo e al soggettivismo delle avanguardie artistiche e letterarie del Novecento.

Dopo la Seconda guerra mondiale, mentre in Occidente e soprattutto tra la cultura francese di sinistra si riaccendeva l’interesse per la sua opera giovanile, Lukàcs rientrò in Ungheria e vi pubblicò i libri che rappresentano la più matura e articolata elaborazione del suo pensiero: Goethe e il suo tempo; Il giovane Hegel; Esistenzialismo o marxismo?; La distruzione defla ragione; Saggi sul realismo; Contributi[...]

[...]le avanguardie artistiche e letterarie del Novecento.

Dopo la Seconda guerra mondiale, mentre in Occidente e soprattutto tra la cultura francese di sinistra si riaccendeva l’interesse per la sua opera giovanile, Lukàcs rientrò in Ungheria e vi pubblicò i libri che rappresentano la più matura e articolata elaborazione del suo pensiero: Goethe e il suo tempo; Il giovane Hegel; Esistenzialismo o marxismo?; La distruzione defla ragione; Saggi sul realismo; Contributi alla storia dell’estetica; Thomas Mann e la tragedia dell’arte moderna.

Il Circolo « Petoefi »

Nel 1956 partecipò alla rivolta ungherese, aderendo al movimento degli intellettuali che si raggruppavano intorno al Circolo « Petoefi » e poi entrando nel governo di Imre Nagy. In conseguenza di ciò



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 436

Brano: [...]» lukàcsiano, la sua scuola ebbe ancora parte notevole nelle vicende politiche ungheresi. Quanto al Lukàcs stesso, egli preferì rinchiudersi in posizioni di distacco dalla politica immediata dando avvio a un ripensamento teorico di cui è ancora difficile valutare le prospettive. M.Not.

Bibliografia: numerosissime opere di Lukàcs sono state tradotte in italiano e precisamente: Goethe e il suo tempo, a cura di E. Burich (Milano 1949); Saggi sul realismo (Torino 1950); Il marxismo e la critica letteraria, a cura di C. Cases (Torino 1953); La lotta tra progresso e reazione nella cultura d’oggi, a cura di G. Dolfini (Milano 1954); Breve storia della letteratura tedesca dal '700 a oggi, a cura di C. Cases (Torino 1956); La letteratura sovietica (Roma 1956); Thomas Mann e la tragedia dell’arte moderna, a cura di G. Dolfini (Milano 1956); Contributi alla storia dell’estetica, a cura di E. Picco (Milano 1956); Prolegomeni a un’estetica marxista, a cura di F. Codino e M. Montinari (Roma 1957); Il significato attuale del realismo critico, a cura di R[...]

[...]nella cultura d’oggi, a cura di G. Dolfini (Milano 1954); Breve storia della letteratura tedesca dal '700 a oggi, a cura di C. Cases (Torino 1956); La letteratura sovietica (Roma 1956); Thomas Mann e la tragedia dell’arte moderna, a cura di G. Dolfini (Milano 1956); Contributi alla storia dell’estetica, a cura di E. Picco (Milano 1956); Prolegomeni a un’estetica marxista, a cura di F. Codino e M. Montinari (Roma 1957); Il significato attuale del realismo critico, a cura di R. Solmi (Torino 1957); La distruzione della ragione, a cura di E. Arnaud (Torino 1959); Il giovane Hegel e i problemi della società capitalistica, a cura di R. Solmi (Torino 1960); Teoria del romanzo. Saggio storico filosofico sulle forme della grande epica, a cura di F. Saba Sardi (Milano 1962); Lenin (1924), a cura di G.D. Negrin (in « Il Filo rosso », 196263; ristampato a Torino nel 1970); L’anima e le forme, a cura di S. Bologna (Milano 1963); Realisti tedeschi del XIX secolo, a cura di F. Codino (Milano 1963); Scritti di sociologia della letteratura, a cura di G. Pian[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 318

Brano: [...]e stesso: « Sono sempre stato persuaso di essere miglior studioso che uomo politico ». E aggiungeva: « Dico uomo politico e non partigiano, perché, come partigiano, mi sembra di essere stato abbastanza bravo ».

Lo studioso

Insegnò letteratura italiana nelle Università di Palermo, Cagliari e Milano; infine tornò a Roma, dove nel 1977 fu eletto preside della Facoltà di Lettere.

Tra i suoi libri più importanti si ricordano La questione del realismo (1960), Preludio e fine del realismo in Italia (1967) e una Storia popolare della letteratura italiana (1962) in più volumi, ripubblicata dieci anni dopo (1972) sotto il titolo Profilo storico della letteratura italiana, una delle migliori opere di impostazione marxista apparse nel dopoguerra.

Salisburgo, Incontri di

Nel castello di Klessheim presso Salisburgo (Austria), nel corso della Seconda guerra mondiale ebbero luogo tre incontri fra Hitler e Mussolini, rispettivamente fra il 29 aprile e il 2.5.1942 il primo, dal 7 al

10.5.1943 il secondo; il 22.4.1944 il terzo.

Incontro del 1942

Nell’aprile del 1942 l’andam[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 50

Brano: [...].A. nutre fin dall’inizio un’avversione istintiva. « Per lui » scrive C. Salinari « il fascismo si manifestò come il trionfo di quelle forze e di quegli aspetti della vita nazionale verso cui aveva sempre avuto diffidenza: il trionfo del ricco sul povero, del potente sul debole, della rettorica sulla verità, della città sulla campagna, di un ordinamento militaresco sulla libertà individuale, della ipocrisia sulla schiettezza ». [La questione del realismo, Milano, 1960, p. 104).

Il suo moralismo « contadino », base di una sovrastruttura ideologica che per comodo di definizione diremo di tipo radicale, troverà sempre sulla strada delle proprie soluzioni la presenza di ben più tortuose indicazioni e richiami. Ma la sua fondamentale onestà non poteva che rifuggire da una concezione del mondo e da una prassi politica che erano la forma più brutale del moderno reazionarismo. Il suo atteggiamento antifascista, non certo dell'ultima ora, e che all'agonia della dittatura gli valse la persecuzione delle autorità naziste, deriva le proprie radici da [...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine realismo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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