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Il segmento testuale positivismo è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 567Analitici , di cui in selezione 21 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Sebastiano Timpanaro, Il Marchesi di Antonio La Penna in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...]enna dedica il cap. viii, uno dei piú penetranti del suo libro, Marchesi conduce contro lo « studio delle
IL « MARCITESI » DI ANTONIO LA PENNA 633
fonti » una polemica che, in ciò che ha di giusto, è una battaglia di retroguardia, perché critica un metodo di scomposizione meccanica dell'opera d'arte e di riduzione del poeta a imitatore passivo dei suoi antecessori, che non era stato proprio nemmeno di tutta la filologia positivistica (anche il positivismo aveva avuto, nelle scienze naturali e umane piú ancora che nella filosofia, i suoi uomini d'ingegno e di genio) e che, comunque, era stato già superato proprio dalla migliore filologia tedesca (se con qualche seria ricaduta in un discutibile neoumanesimo e nazionalismo, non importa qui discutere). Di quel ben piú complesso e raffinato modo di porre il problema del rapporto tra l'opera poetica e i suoi antecedenti, che aveva prodotto già esempi insigni nel commento del Wilamowitz all'Eracle di Euripide o nella Kunstprosa e in altre opere di Norden o in lavori, pur discutibili per altri lati, d[...]

[...]a, o addirittura all'atto puro di Gentile.
Subito dopo, la collocazione muta alquanto: Marchesi, piú che all'idealismo neohegeliano, è avvicinato, sia pure indirettamente, « a forme di irrazionalismo di ispirazione nietzschiana e poi bergsoniana », e distaccato, anche se non del tutto, dal crocianesimo. Infine La Penna rammenta che
IL « MARCHESI» DI ANTONIO LA PENNA 651
già nella giovinezza catanese Marchesi « aveva respirato l'aria del tardo positivismo, che diventava sempre piú agnostico [...1; probabilmente alcuni fili uniscono lo scetticismo e l'irrazionalismo di Marchesi col tardo positivismo agnostico e vagamente religioso ».
Non bisogna imputare a oscillazioni o incoerenze del giudizio di La Penna le oscillazioni e le incoerenze che vi furono effettivamente in Marchesi. Io credo, tuttavia, che l'interpretazione di La Penna sia troppo sforzata in senso idealistico, e che Marchesi abbia non soltanto assorbito da giovane, ma sostanzialmente conservato fino all'ultimo un'impostazione ideologica e culturale (e, piú largamente, « umana », psicologica) tardopositivistica. Credo, anche, che di questo tardo positivismo a cui Marchesi appartenne non si debba mettere in risalto soltanto c[...]

[...]ni o incoerenze del giudizio di La Penna le oscillazioni e le incoerenze che vi furono effettivamente in Marchesi. Io credo, tuttavia, che l'interpretazione di La Penna sia troppo sforzata in senso idealistico, e che Marchesi abbia non soltanto assorbito da giovane, ma sostanzialmente conservato fino all'ultimo un'impostazione ideologica e culturale (e, piú largamente, « umana », psicologica) tardopositivistica. Credo, anche, che di questo tardo positivismo a cui Marchesi appartenne non si debba mettere in risalto soltanto ciò che è, in qualche modo, preidealistico (o meglio prespiritualistico), ma anche ciò rispetto a cui il successivo idealismo e spiritualismo rappresentò una frattura e una svolta. E, pur riconoscendo ovviamente che il tardo positivismo ebbe connotati suoi propri, non dimenticherei che certi aspetti che si trovano nella Weltanschauung di Marchesi sono presenti in alcuni notevoli filoni del positivismo fin dall'inizio.
Sarò costretto a ricordare cose che non costituiscono alcuna novità (fra l'altro, c'è attualmente un rifiorire di studi sul positivismo, e il poco che rammenterò apparirà, ad un tempo, scontato e troppo generico); ma il mio scopo è soltanto di dare alcuni punti di riferimento per la collocazione della personalità di Marchesi, e di mostrare come quelle contraddizioni che giustamente, come si è visto, La Penna ha messo in risalto nella figura del suo autore non siano tutte e soltanto contraddizioni « personali », ma si ritrovino appunto nella cultura positivistica.
Certo, se si pensa al positivismo come scientismo o come sia pur parziale ripresa di motivi illuministici e laici dopo l'età romantica, Marchesi appare del tutto lo[...]

[...]oco che rammenterò apparirà, ad un tempo, scontato e troppo generico); ma il mio scopo è soltanto di dare alcuni punti di riferimento per la collocazione della personalità di Marchesi, e di mostrare come quelle contraddizioni che giustamente, come si è visto, La Penna ha messo in risalto nella figura del suo autore non siano tutte e soltanto contraddizioni « personali », ma si ritrovino appunto nella cultura positivistica.
Certo, se si pensa al positivismo come scientismo o come sia pur parziale ripresa di motivi illuministici e laici dopo l'età romantica, Marchesi appare del tutto lontano. Ma istanze religiose, di tipo estremamente vario, sono inerenti a gran parte del positivismo. A noi qui non interessano tanto le varie « religioni della scienza » o « dell'umanità » (da Comte a Haeckel), quanto piuttosto quelle concezioni dualistiche in cui da un lato si descriveva una realtà fisica, l'unica conoscibile, in termini materialistici e negatori di ogni antropocentrismo, dall'altro si ammetteva una zona di « mistero » inaccessibile alla conoscenza e si assumeva dinanzi a tale zona una posizione agnostica che non escludeva la fede religiosa. Sappiamo tutti che Herbert Spencer, uno dei fondatori del positivismo, al di là di un universo concepito materialisticamente ed evolu[...]

[...]dell'umanità » (da Comte a Haeckel), quanto piuttosto quelle concezioni dualistiche in cui da un lato si descriveva una realtà fisica, l'unica conoscibile, in termini materialistici e negatori di ogni antropocentrismo, dall'altro si ammetteva una zona di « mistero » inaccessibile alla conoscenza e si assumeva dinanzi a tale zona una posizione agnostica che non escludeva la fede religiosa. Sappiamo tutti che Herbert Spencer, uno dei fondatori del positivismo, al di là di un universo concepito materialisticamente ed evoluzionisticamente postulava il famoso « Inconoscibile » e non negava la religione, e che Emil Du BoysReymond, fautore di un meccanicismo addirittura laplaciano, riconosceva poi l'esistenza dei « sette enigmi del mondo », di fronte ai quali la scienza doveva dire non soltanto ignoramus, ma ignorabimus.
In un settore del tardo positivismo (un settore rappresentato, almeno in Italia, piú da letterati e studiosi di discipline umanistiche che da scien
SEBASTIANO TIMPANARO
652

ziati della natura) questa concezione dualistica, che in quanto tale, come si è visto, compare già nel primo positivismo, assume una carica di « sgomento cosmico » e di ansia per il destino effimero dell'uomo. Due poeti e studiosi pur molto diversi l'uno dall'altro, Pascoli e Graf, esprimono spesso questo bisogno religioso all'interno di una cultura che è ancora nettamente positivistica; lo stesso si può dire di un autore a cui il Marchesi fu molto vicino nei suoi anni giovanili, Mario Rapisardi (cfr. La Penna, p. 7 s.; si pensi specialmente al Giobbe di Rapisardi; e si tengano presenti le affinità che risultano dal carteggio GrafRapisardi pubblicato da Carmelina Naselli in « Archivio storico per la Sicilia ori[...]

[...]a per il Leopardi, a fare di Lucrezio un poeta « religioso », a negare l'entusiasmo scientifico e la lucidità razionale che nel suo poema coesistono sempre con la tragicità, e che sono anch'essi fonti di poesia — fu enunciata da H.J.G. Patin in un saggio dal sottotitolo brillante: Du poème de la Nature. L'Antilucrèce chez Lucrèce (in Études sur la poésie latine, I, Paris 1868, p. 117 ss.) e ottenne molta fortuna, perché s'inseriva assai bene nel positivismo angosciato dell'ultimo Ottocento. Un documento significativo di questo tipo di lucrezismo è, pur con un certo ritardo, il libro di Spartaco Borra, Spiriti e forme affini in Lucrezio e in Leopardi (Bologna 1911). Ma anche un lucreziano, tutto sommato, piú « entusiasta » che « desolato » come l'anticlericalissimo Gaetano Trezza, nel suo Lucrezio (Firenze 1876', la ed. 1870) diceva: « In quella calma che ti pare olimpica senti un'acre inquietudine che ti accusa un dolore dominato ma non vinto », parlava di « sgomento dell'infinito », di « pianto compresso », e asseriva che proprio per questa con[...]

[...]ell'angoscia suscitata dal materialismo, dell'infelicità umana che nessuna filosofia o scienza potrà mai sanare, domina incontrastata; ed è ulteriormente accentuata, come mi fa notare Dante Nardo, nella quinta edizione della Storia in confronto alle precedenti (cfr. 8a ed., rist. 1961, i, pp. 223225). Interpretazioni diverse di Lucrezio, che frattanto erano state enunciate, non avevano avuto influsso su Marchesi.
Pur con tutti i nessi fra tardo positivismo e neoidealismo, uno spartiacque rimane abbastanza netto: la filosofia e, piú in generale, la visione del mondo che prevale nel primo Novecento rappresenta una rivincita dell'antropocentrismo e una tendenza alla dissoluzione della materia come limite alla libertà e al « potere » dell'uomo. In Croce e in Gentile, la natura è ridotta a mero oggetto di conoscenza (o di conoscenzaazione) umana; tutto ciò che nell'uomo vi è di debole e di effimero è attribuito all'« io empirico », pura astrazione, mentre l'Io assoluto riassume tutti i caratteri della divinità; in Bergson (come nei suoi piú mediocri[...]

[...]vinità; in Bergson (come nei suoi piú mediocri precursori francesi) permane, anzi da ultimo si accentuerà, la trascendenza, ma la natura è smaterializzata, investita di vitalismo, cessa quindi di ergersi di fronte all'uomo come forza ostile. Rispetto a questo spartiacque, Marchesi rimase « al di qua ». La filosofia antipositivistica del Novecento era trionfalistica: negava la scienza ottocentesca, ma negava anche il « mistero », e disprezzava il positivismo come un'epoca di decadenza filosofica. Marchesi, se non si sentiva appagato dalla scienza, ancor piú era irritato dal trionfalismo della filosofia: dall'aspra invettiva contenuta in un saggio del 1910 (SM, ir, p. 669 s., messa in rilievo anche dal La Penna, p. 36) alla drastica asserzione, nel già citato discorso del 1956, che « le costruzioni filosofiche del pensiero puro sono tutte fallite » (Umanesimo e comunismo, p. 32), il suo atteggiamento a questo riguardo non ha mutamenti, in un'Italia in cui la maggior parte dei critici letterari e degli storici filosofeggiava, anche se spesso la cul[...]

[...]n ragione, apparire prezioso a Togliatti: di qui quelle parole troppo ditirambiche (in un uomo intelligente e, al tempo stesso, freddo e privo di senso dell'amicizia) per essere sincere.
7. Marchesi socialista nel primo Novecento. — Avendo accennato al Marchesi politico, siamo ancora una volta (l'ultima) ricondotti al clima tardoottocentesco della sua formazione. In quegli intellettuali a cui lo abbiamo accostato (Rapisardi, Graf, Pascoli) il « positivismo bisognoso di religione » si collega con una morale della fraternità, che sfocia in un socialismo umanitario, oscillante tra la rivolta anarchica e il solidarismo cristianomassonico, privo di ogni rigorosa base marxista. Che di questo tipo sia stato il socialismo iniziale di Marchesi, si comprende bene dalla lucida sintesi che nel cap. i del suo libro il La Penna ricava dai documenti a nostra disposizione (io ho soltanto dei dubbi su un presunto legame tra il socialismo di Marchesi e l'esaltazione, che in lui riaffiorò poi sempre, del libero amore e il suo senso di fastidio per l'amore coniuga[...]



da Roberto Pertici, Giovanni Amendola: l'esperienza socialista e teosofica (1898-1905) in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - marzo - 31 - numero 2

Brano: [...]il giovane Amendola poteva fondere in uno movimenti profondamente diversi, unificati in qualche modo soltanto da una netta avversione verso lo scientismo positivistico ed il materialismo marxistico, venati di non infrequenti nostalgie per società non « abbrutite » dal macchinismo e dall'espansione della tecnica.
Dagli articoli comparsi su « La Capitale » traluce anche l'impostazione filosofica del pensiero dell'Amendola diciottenne: contro il « positivismo aprioristico », egli simpatizzava per un « positivismo sano ed equilibrato ». Si tratta, di fatto, di un'adesione che comincia ad incrinarsi ed in cui affiorano sempre piú suggestioni mistiche e spiritualistiche; per lui, in definitiva, esser positivista vuol dire semplicemente muoversi all'interno del miglior pensiero europeo identificato nella « linea ComteSpencerArdigòStuart Mill », far proprie le sue recenti acquisizioni, non tanto aderire ad un sistema chiuso, che pretenda di far « monopolio di scienza ». Amendola fa i conti anche col positivismo italiano. Non c'è dubbio, per esempio, che egli senta tutta la problematica della scuola positiv[...]

[...]o, di un'adesione che comincia ad incrinarsi ed in cui affiorano sempre piú suggestioni mistiche e spiritualistiche; per lui, in definitiva, esser positivista vuol dire semplicemente muoversi all'interno del miglior pensiero europeo identificato nella « linea ComteSpencerArdigòStuart Mill », far proprie le sue recenti acquisizioni, non tanto aderire ad un sistema chiuso, che pretenda di far « monopolio di scienza ». Amendola fa i conti anche col positivismo italiano. Non c'è dubbio, per esempio, che egli senta tutta la problematica della scuola positiva di diritto penale e del pensiero del Lombroso e che avverta l'esigenza, tipica della scuola, di privilegiare la prevenzione rispetto alla punizione: la vecchia giustizia punitiva non è riuscita a spezzare la spirale del delitto, dimostrando che « o la giustizia punitiva è un sistema errato, o essa non è piú adatta agli odierni bisogni della società (...). Tutti dovrebbero accorgersi che poiché la repressione non vale, la prevenzione è assolutamente necessaria » (Spigolature tristi, 30 gennaio 190[...]

[...]ontemporaneo, cit.). Ma a differenza del Troilo, che aveva sottolineato anche il carattere degenerativo e regressivo rispetto al pensiero positivo del fenomeno del misticismo, Amendola non esita a dichiarare che esso è « superiore alla scienza del passato, nello stesso modo che è inferiore alla scienza dell'avvenire di cui contiene i germi ». Questa « scienza dell'avvenire » sarà quella che avrà compreso la lezione che scaturisce dalla crisi del positivismo: essa dovrà rinunziare alla propria pretesa di monopolio dogmatico del sapere, al suo sorriso di sufficienza, che spesso diventa scherno, per tutta una serie di fenomeni che non riesce a spiegare. Tuttavia Amendola è anche molto lontano dalle posizioni antiscientifiche che stavano emergendo in alcuni esponenti della cultura europea: per lui la « bancarotta della scienza » di cui parlava Brunetière, è una frase che « ha fatto fortuna, ma non per questo è diventata meno antipatica e antimoderna »: il problema del rapporto fra la conoscenza razionale e la religiosità mistica sarà uno dei rovelli[...]

[...]na, ma non per questo è diventata meno antipatica e antimoderna »: il problema del rapporto fra la conoscenza razionale e la religiosità mistica sarà uno dei rovelli di tutto il pensiero di Amendola. Il giovane giornalista de « La Capitale » vive insomma un dissidio, che, con dimensioni incomparabilmente maggiori, comincia a travagliare la coscienza europea: l'abbandono dello scientismo positivistico, la riscoperta, spesso emergente dal seno del positivismo migliore, dei valori dell'inconscio, dell' « irrazionale », del misticismo religioso. Lo sbocco traumatico di tale crisi sarà per Amendola l'ingresso nella Società Teosofica.
Egli aveva già preso in esame, nei primi due articoli comparsi sul quotidiano romano, i principi e l'organizzazione della Società; nel primo (La Società Teosofica, 16 dicembre 1899), Amendola dimostrava una conoscenza discreta delle dottrine teosofiche; nel secondo (27 dicembre) era riportata un'intervista concessa dal bramino Roy Chatterij, venuto a Roma per una serie di conferenze, ed in questa conversazione si manife[...]

[...]ce intellectuelle, émotionelle et morale, dans l'affirmation de la vie de l'esprit ... La chose qui m'a toujours attiré la plus dans la théosophie a été la possibilité de s'opposer au matérialisme occidental — à ce triste materialisme qui produit tant d'égoisme, tant de violence et tant de doleur et d'injustice (Kühn, pp. 579).
La lunghezza della citazione ci pare giustificata dall'importanza della questione: Amendola parte dall'oscillation fra positivismo e spiritualismo, fra intelletto e spirito, in cui si era dibattuto negli ultimi anni e di cui gli articoli su « La Capitale » sono in qualche modo una testimonianza; è una crisi esistenziale fatta di disorientamento, di solitudine e di sofferenza, che lo spinge ad un senso religioso della vita, ad una viva esperienza del sacro. Ha rifiutato di dare a questa crisi una risposta basata sull'émotion, su un irrazionalismo estetizzante, prigioniero del divenire, perché egli andava cercando un ubi consistam sicuro, un fondamento assoluto. Ecco ciò che ha cercato e gli è parso di trovare nella teosof[...]

[...]tellettualismo, la convin zione, cioè, dell'« impotenza dell'intelletto ad illuminarci sui grandi problemi della morale e della vita » e la consapevolezza che solo « l'intuizione si trova all'altezza dei problemi filosofici e religiosi ». Come si vede, la teosofia di Amendola attinge ai temi della polemica antipositivistica, che cominciavano a diffondersi nella cultura filosofica di quegli anni; ma per un altro verso è un frutto caduco del tardo positivismo, soprattutto nella pretesa di voler estendere i metodi ed i procedimenti della scienza sperimentale a campi che le sono necessariamente preclusi. Pur nella loro contraddittorietà, queste posizioni mostrano un inizio di approfondimento della moderna filosofia europea: l'intuizione a cui il giovane teosofo riconosce il primato ha manifestamente nell'intuizione schopenhaueriana la sua ispiratrice piú immediata. È proprio il filosofo di Parerga e Paralipomena, che influenza maggiormente l'Amendola di questi anni, ma anche Kant è già presente: del filosofo di Königsberg vengono sottolineati i meri[...]



da Eugenio Garin, Gramsci nella cultura italiana in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30

Brano: [...]irci ed insegnarci, Ma la sua luce s'è spenta e noi non vediamo ancora chi per noi potrà sostituirla... » Ne La Città Futura (Numero unico, Torino 11 febbraio 1917), ove pure riporta un lungo testo di Salvemini sul concetto di cultura, nel riprodurre anche un testo di Croce Gramsci lo chiama « il più grande pensatore d'Europa in questo momento ». E più oltre (Margini, 6), a proposito del « socialismo scientifico » di Claudio Treves, rimanda al « positivismo filosofico u (a questa concezione non era scientifica, era solo meccanica, aridamente meccanica... ne è rimasto il ricordo scolorito nel riformismo teorico... un balocco di fatalismo positivista »).
GRANISCI NELLA CULTURA ITALIANA 159
sua, essere « il ritmo del pensiero in sviluppo più importante delle singole affermazioni casuali ».
Al qual proposito é forse opportuna, in margine agli avvertimenti metodologici prima sottolineati, ancora qualche postilla sulla questione più volte dibattuta della frammentarietà dei ' quaderni'. Che Gramsci si rendesse conto del pericolo insito in essa, risu[...]

[...] suo spirito, la sua tradizione ». La rivoluzione non va mai contro il moto storico: é il punto in cui il processo rompe gli argini che lo volevano chiudere — in cui gli istituti già elaborati come strumenti si irrigidiscono in barriere: é ve
in riferimenti generici, che, come nel caso de La città, mostrano un desiderio di letture piuttosto che letture già fatte. Certo, acuto com'era, Gramsci si rese ben conto che anche in posizioni legate al « positivismo » non mancavano temi fecondi (basterebbero i richiami a Vailati, l'accenno alla teoria della «previsione» in Limentani ecc.). Ma la sua battaglia era altrove.
(19) O.N. 7 (7 giugno 1919).
166 EUGENIO GA1tIN
ramente, per usare ancora un'espressione gramsciana, « la protesta del divenire storico contro ogni irrigidimento e ogni impaludamento del dinamismo sociale ». E prosegue: « la critica marxista all'economia liberale é la critica del concetto di perpetuità degli istituti economici e politici; é la riduzione a storicità e contingenza di ogni fatto, é una lezione di realismo agli astrattis[...]

[...]l tempo é il segno della responsabilità di un dibattito, il discorso polemico col discorso più efficace, a cui perciò stesso si lega, é anche il lavoro storicamente più costruttivo — il solo veramente costruttivo.
Sarebbe ben difficile negare oggi, nello spostarsi di una discussione, che certe valutazioni gramsciane dì importanti movimenti sono particolarmente insufficienti o almeno discutibili: basterebbe pensare all'atteggiamento di fronte al positivismo, e, per altro verso, all'apprezzamento del modernismo. Nel primo caso, anche se probabilmente converrebbe andar molto cauti, _per non incorrere in frettolose revisioni, e tener distinte cose distinte, e rendersi ragione di pur sempre validi temi polemici (e andare magari a rileggersi il Marx di Loria, del 1902) (30), é certo che
(30) Cfr. A. Loxln, Marx e la sua dottrina, Palermo, Sandron, 1902, p. 64 (da un art. del 1 aprile 1883): a Carlo Marx... è la, produzione fatale dell'età.. Era il 1840. La vecchia metafisica era morente, il nuovo positivismo non era ancor nato. Era dunque troppo tar[...]

[...]nverrebbe andar molto cauti, _per non incorrere in frettolose revisioni, e tener distinte cose distinte, e rendersi ragione di pur sempre validi temi polemici (e andare magari a rileggersi il Marx di Loria, del 1902) (30), é certo che
(30) Cfr. A. Loxln, Marx e la sua dottrina, Palermo, Sandron, 1902, p. 64 (da un art. del 1 aprile 1883): a Carlo Marx... è la, produzione fatale dell'età.. Era il 1840. La vecchia metafisica era morente, il nuovo positivismo non era ancor nato. Era dunque troppo tardi per essere metafisico, troppo presto per essere positivista. Studioso della filosofia hegeliana, ei tentò ringiovanirla, associandola all'indagine delle scienze storiche e giuridiche; e più tardi, quando il nuovo indirizzo della scienza ebbe vasto trionfo, egli si immerse nell'investigazione realistica, studiò la vita sociale, e tentò di innestare nel tronco delle sue teorie filosofiche le immense nozioni positive, che aveva acquisite. Ma l'antico indirizzo del suo pensiero e de' suoi studi non fu
GRAMSCI NELLA CULTURA ITALIANA 173
Gramsci risenti[...]

[...] Biblioteca di scienze sociali e politiche », n. 32, nel 1900, Croce aveva riunito i suoi a saggi critici » su Materialismo storico ed economia marxista (e nella stessa collana il liliale ' positivista' Tarozzi si incontrava con l'ineffabile Enrico Ferri. I sarcasmi di Engels, o di Labriola, erano ben lontani dal raggiungere l'amena leggerezza di quei valentuomini: nel confronto dei quali — non si dimentichi — si collocava Croce. Del resto sul e positivismo » è da rileggere sempre tutta la lettera di Labriola a Engels del '94 (Roma 1949, pp. 14650).
(31) P. 16 (cfr. 1. 28 sgg.; L.V.N. 2045; R. 6 sgg.).
174 EUGENIO GARIN
suoi debiti verso interpreti e critici (che per Machiavelli, ad esempio, vanno dal De Sanctis al Croce e al Russo), si colgono bene le differenze della sua posizione, e la sua originalità (32). Ché, se amò singolarmente Dante, fu in rapporto a Machiavelli che venne precisando metodi e posizioni. Mentre la concezione politica di Dante gli apparve «importante solo come elemento dello sviluppo personale di Dante », in Machiavelli[...]



da [Le relazioni] E. Garin, Gramsci nella cultura italiana in Studi gramsciani

Brano: [...], che tanto ancora avrebbe potuto dirci ed insegnarci. Ma la sua luce s’è spenta e noi non vediamo ancora chi per noi potrà sostituirla... ». Ne La città futura, ove pure riporta un lungo testo di Salvemini sul concetto di cultura, nel riprodurre anche un testo di Croce* Gramsci lo chiama « il più grande pensatore d’Europa in questo momento ». E più oltre (« Margini » 6), a proposito del « socialismo scientifico » di Claudio Treves, rimanda al « positivismo filosofico » (« questa concezione non era scientifica, era solo meccanica, aridamente meccanica... ne è rimasto il ricordo scolorito nel riformismo teorico... un balocco di fatalismo positivista » ).

2 P., p. 130.400

Le relazioni

ma di lavoro tracciato cosi organicamente, e con si ampio respiro, nella ben nota lettera del 19 marzo 1927. Dell’inattuabilità di quel piano Gramsci si accorse subito : e non tanto per gli ostacoli materiali — mancanza di libri, impossibilità di compiere indagini preliminari — ma soprattutto per la condizione « mentale » in cui era costretto («mi è molto d[...]

[...] è comprensibile. Ma una meditazione approfondita non risulta; il nome di Cattaneo (« giacobino con troppe chimere in testa »,

come lo chiama in una lettera nel ’31) compare nei volumi delle opere una diecina di volte circa, e sempre in riferimenti generici, che, come nel caso de La

città, mostrano un desiderio di letture piuttosto che letture già fatte. Certo,,

acuto com’era, Gramsci si rese ben conto che anche in posizioni legate al « positivismo » non mancavano temi fecondi (basterebbero i richiami a Vailati, l’accenno alla teoria della « previsione » in Limentani ecc.). Ma la sua battaglia era altrove.

1 O. N., pp. 78.406

Le relazioni

«protesta del divenire storico contro ogni irrigidimento e ogni impaludamento del dinamismo sociale ». E prosegue : « la critica marxista alla economia liberale è la critica al concetto di perpetuità degli istituti umani economici e politici; è la ridiuzione a storicità e contingenza di ogni fatto, è una lezione di realismo agli astrattisti pseudoscienziati».

Non è facile staccarsi da ques[...]

[...] tempo è il segno della responsabilità di un dibattito, il discorso polemico col discorso più efficace, a cui perciò stesso si lega, è anche il lavoro storicamente più costruttivo, il solo veramente costruttivo.

Sarebbe ben difficile negare oggi, nello spostarsi di una discussione, che certe valutazioni gramsciane di importanti movimenti sono particolarmente insufficienti o almeno discutibili: basterebbe pensare all’atteggiamento di fronte al positivismo, e, per altro verso, all’apprezzamento del modernismo. Nel primo caso, anche se probabilmente converrebbe andar molto cauti, per non incorrere in frettolose revisioni, e

1 M. S., pp. 75 sgg., 25, 21 sgg. (per la distinzione forze materialiideologie, contenutoforma, distinzione «meramente didascalica», cfr. M. S., p. 49).412

Le relazioni

tener distinte cose distinte, e rendersi ragione di pur sempre validi temi polemici (e andare magari a rileggersi il Marx di Loria, del 1902) 1, è certo che Gramsci risenti di tutto quel moto culturale che caratterizzò i primi due decenni del secolo,[...]

[...]a meditazione gramsciana,

« L’Italia — osserva Gramsci — ebbe e conservò... una tradizione culturale Che non risale all’antichità classica, ma al periodo dal Trecento al Seicento, e che fu ricollegata all’età classica dalFUmanesimo e dal Ri
1 A. LORIA, Marx e la sua dottrinay Palermo, Sandron, 1902, p. 64 (da un art. del 1 aprile 1883): «Carlo Marx... è la produzione fatale dell’età... Era il 1840. La vecchia metafisica era morente, il nuovo positivismo non era ancor nato. Era dunque troppo tardi per essere metafìsico, troppo presto per essere positivista. Studioso della filosofia hegeliana, ei tentò ringiovanirla, associandola all’indagine delle scienze storiche e giuridiche; e più tardi, quando il nuovo indirizzo della scienza ebbe vasto trionfo, egli si immerse nell’investigazione realistica, studiò la vita sociale, e tentò di innestare nel tronco delle sue teorie filosofiche le immense nozioni positive, che aveva acquisite. Ma l’antico indirizzo del suo pensiero e de’ suoi studi non fu cancellato. Malgrado la sua cognizione meravigliosa [...]

[...]lioteca di scienze sociali e politiche», n. 32, nel 1900, Croce aveva riunito i suoi « saggi critici » su Materialismo storico ed economia marxista (e nella stessa collana il liliale « positivista » Tarozzi si incontrava con l’ineffabile Enrico Ferri). I sarcasmi di Engels, o di Labriola, erano ben lontani dal raggiungere l’amena leggerezza ^ di quei valentuomini : nel confronto dei quali — non si dimentichi — sì collocava Croce. Del resto sul « positivismo » è da rileggere sempre tutta la lettera di Labriola a Engels del ’94 (Roma, 1949, pp. 14650).'Eugenio Garin

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nascimento », ossia, aggiungeremmo noi, attraverso un preciso programma pedagogicopolitico1. Fedele a questa impostazione, Gramsci venne articolando la sua visione della storia italiana intorno a Machiavelli e al Rinascimento, al Risorgimento e alla lotta culturale del primo Novecento. E proprio nella sua analisi di questi punti nodali, e nei suoi debiti verso interpreti e critici (che per Machiavelli, ad esempio, vanno dal De Sanctis al Croce e al Russo), si colgono bene le[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] A. Massucco Costa, Aspetti sociologici del pensiero gramsciano in Studi gramsciani

Brano: [...]nto in apparenza contraddittori, dominano il pensiero gr:msciano nei confronti di questo problema: il primo è il netto rifiuto della sociologia positivistica; il secondo è l'ammissione della possibilità di una sociologia scientifica, ricomprendendo in questo nome piuttosto le scienze sociali che non uno schematismo classificatorio generico e una ricerca di astratte strutture e costanze.
La contraddizione, di fatto, non esiste, poiché proprio il positivismo, e specie alcuni suoi rappresentanti, non avevano, per Gramsci, capito il diritto della scienza non già all'astrattezza arbitraria e sterile, ma alla feconda astrazione euristica.
La critica all'astrattezza fu da Gramsci fatta soprattutto per l'economia, ma ha senso per tutte le scienze, e ancora piú per quelle che meglio aderiscono al processo di sviluppo delle condotte umane nei loro impegni collettivi.
Certo le scienze sociali constatano soltanto, o promuovono le tecni che di un possibile controllo, o dimostrano il prevalere di alcuni valori e la loro inerenza ad aspettazioni particolari[...]

[...] che può ammettere, senza dannosamente interferirvi, la presenza di principi etici nelle formazioni umane, quelle stesse considerate spontanee o naturali. Tali sono le organizzazioni di gruppi, gli interscambi collettivi, che anche il Cattaneo aveva studiato, con piú astrattamente mitica fiducia nella quasi presenza del divino in coloro che « pensano insieme ». La psicologia delle menti associate del Cattaneo, senza cadere nell'entificazione del positivismo durkheimiano, prelude però a un concetto ottimistico degli interscambi mentali in genere, che sarebbero produttivi di verità. Piú cauto, e piú storicamente agguerrito, Gramsci riconosce la funzione positiva possibile delle associazioni umane, ma non ne ignora, al di là della generica funzione formale di attivazione di energie umane, il pericolo contenutistico di una chiusura in princfpi e conoscenze indebitamente cristallizzati e resi assoluti. La via di uscita da questo pericolo sta appunto nella auspicata presa di coscienza e nella unificazione universalistica, non però dogmatica.
« Non pu[...]

[...]atto che essa è in contraddizione con altre concezioni o con altri elementi di altre concezioni, è per Gramsci indispensabile per una sana filosofia, che è inseparabile dalla cultura e da ogni progresso scientifico. Il presente va pensato con un pensiero elaborato per problemi attuali, e non per problemi sorpassati. Pertanto Gramsci, ad onta della sua resistenza alle istanze positivistiche, non poteva rimanere indifferente all'esigenza posta dal positivismo, benché male, di una concreta analisi scientifica della realtà tutta quanta, compresa la realtà sociale che si veniva formando nella lotta politica ed economica e úi margini di essa.
Ne fa fede il suo interesse per la situazione creata in Italia dal dialetto in malte regioni arretrate. Il dialetto non può essere un linguaggio universale, scientifico o filosofico. « Chi parla solo il dialetto o comprende la lingua nazionale in gradi diversi, partecipa necessariamente di una intuizione del mondo piú o meno ristretta e provinciale, fossilizzata, anacronistica in confronto delle grandi correnti [...]

[...] come un momento subordinato, nella propria costruzione. Comprendere e valutare realisticamente la posizione e le ragioni dell'avversario... significa appunto essersi liberato dalla prigione delle ideologie (nel senso deteriore, di cieco fanatismo ideologico), cioè porsi da un punto di vista " critico ", l'unico fecondo nella ricerca scientifica » 1.
Forse Gramsci non intese molto chiaramente l'istanza scientifica proposta, non sempre bene, dal positivismo; e scienza spesso per lui coincide con filosofia critica o con filologia o con storia, mentre una certa diffidenza gli rimane a proposito delle scienze della natura, scienze sperimentali e matematizzabili; sicché si comprende il suo timore, d'altronde giustificato, per l'uso possibile acritico di quello strumento che, in sé, conserva tutto il suo valore, ed è la ricerca statistica, o ricerca delle leggi dei grandi numeri. Egli temeva che vi si perdesse di vista l'umano, e che si ritornasse per tal via ad una concezione meccanicistica e fatalistica, subalterna, della vita e della storia.
Ma l[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] A. Sabetti, Il rapporto uomo-natura nel pensiero del Gramsci e la fondazione della scienza in Studi gramsciani

Brano: [...] pratica... Il pericolo piú grande pare essere rappresentato dal gruppo neoscolastico, che minaccia di assorbire molta attività scientifica sterilizzandola, per reazione all'idealismo gentiliano » 1.
Se non è passibile accettare la posizione assunta dall'idealismo nei confronti della scienza, il rapporto uomonatura e la conseguente fondazione della stessa scienza non possono implicare per il Gramsci il ritorno puro e semplice alle posizioni del positivismo e dello scientismo del secolo scorso, alle concezioni cioè di un materialismo acritico e dogmatico, nel quale quel rapporto non è visto in funzione dell'azione costante che l'uomo esercita sul suo ambiente naturale per modificarlo ed assoggettarlo ai suoi fini umani, ma sulla base dell'accettazione della teoria evoluzionistica intesa nel suo significato meccanico e deterministico. Anzi il Gramsci reagisce a tale tendenza che indubbiamente si delinea nelle forma
1 I., pp. 4647.
Alfredo Sabetti 245
zioni culturali marxistiche piú superficiali e meccaniche, quando denun zia la presentazione c[...]

[...]to meccanico e deterministico. Anzi il Gramsci reagisce a tale tendenza che indubbiamente si delinea nelle forma
1 I., pp. 4647.
Alfredo Sabetti 245
zioni culturali marxistiche piú superficiali e meccaniche, quando denun zia la presentazione che si fa nel Manuale popolare di sociologia marxista del Bukharin della concezione oggettivistica della realtà del mondo esterno, presentazione da lui definita appunto acritica, quale quella del peggiore positivismo'. Egli reagisce contro la posizione che le scienze naturali ed esatte possono venire ad assumere « nel quadro della filosofia della prassi di un quasi feticismo, anzi della sola e vera filosofia o conoscenza del mondo » 2. Appellarsi al senso comune, per sostenere in nome di esso la cosí detta « realtà del mondo esterno », sostiene il Gramsci, contro il soggettivismo e l'idealismo che quella realtà tendono a negare, « ha unsignificato piuttosto " reazionario ", di ritorno implicito al sentimento. religioso » 3. « Poiché tutte le religioni hanno insegnato e insegnano che il mondo, la natura, l[...]

[...] della cultura marxista e quella della cultura borghese in merito al valore da dare alla scienza coincidono. Il feticismo scientifico positivistico, accettato da una certa parte del pensiero marxista nel secolo scorso, è condiviso dalla borghesia dell'epoca. La quale, nel determinismo meccanicistico della scienza positiva, trova modo di esaltarsi come forza naturale, come ordine costituito. Si potrebbe dire che il determinismo meccanicistico del positivismo rappresenti l'ideologia culturale della borghesia all'acme della potenza politica ed economica, tra la prima e la seconda metà del secolo scorso, allorché essa è tutta volta all'affermazione del dominio dell'uomo sulla natura attraverso la potenza tecnica e l'organizzazione industriale in un momento, in cui fare della scienza il fondamento essenziale di tutta la visione del reale significava opporsi al vacuo e vuoto spiritualismo dell'età della Restaurazione ed affermare in tal modo una nuova Weltanschauung piú rispondente agli interessi del nuovo ceto industriale e commerciale. Ben presto pe[...]

[...]vità assoluta delle leggi scientifiche, perché questo finirebbe col negare alla scienza stessa il valore storico e quindi umano che il Gramsci le dà, ciò non implica affatto che esse abbiano valore puramente prammatico, e, se la polemica del Gramsci si volge essenzialmente verso le concezioni materialiste del Bukharin ed egli tende a distinguere nettamente l'atteggiamento del pensiero marxista di fronte al problema indicato da quello assunto dal positivismo e dal materialismo meccanicistico, ciò non implica l'adesione all'idealismo,
e ci pare di aver messo sufficientemente in luce l'essenziale differenza tra le concezioni dell'idealismo e quelle del materialismo storico, cosí come appare chiaro dall'attenta lettura degli scritti del Gramsci. Ma a conferma di questa tesi, sarà utile ricordare un passo, in cui egli, in polemica con il Lukàcs, riconferma la sua posizione coerentemente marxista in merito al problema dei rapporto uomonatura: « È da studiare — egli scrive — la posizione del prof. Lukàcs verso la filosofia della prassi. Pare che il Lu[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] A. Zanardo, Il «manuale» di Bukharin visto dai comunisti tedeschi e da Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]« vita economica moderna », poi, « i fatti particolari sono impazziti » 4, e per un altro* verso si hanno i piani, anch’essi elementi soggettivi estranei agli schemi. È più che mai indispensabile in questo nuovo periodo storico che la conoscenza sia concreta, dialettica, mobile come è mobile il suo contenuto..

Non pare che nella Terza Internazionale, se non in Lenin, sia possibile trovare una critica altrettanto radicale della sociologia, del positivismo, dello scientismo, e, di conseguenza, uno sforzo cosi notevole di mediazione fra idee e cose. Non pare che il marxismo russo o tedesco o francese abbiano vissuto un’esperienza storicistica cosi intensa.. È noto che nell’Unione Sovietica il termine sociologia non ha in genere l’accezione negativa che può avere in italiano5. Certo in Lukàcs si

1 M. S., p. 126.

2 M. S., pp. 6162.

3 M. S., p. 127.

4 M. S., p. 100.

5 Sulla singolarissima storia della sociologia in Russia vedi l’articolo « Die russische Soziologie im zwanzigsten Jahrhundert » di P. SOROKIN in Jahrbuch fùr Soziologie,[...]

[...]le, criticata nella prima tesi su Feuerbach, tra materialismo e idealismo e come allora, sebbene in un momento superiore, è necessaria la sintesi in un momento di superiore sviluppo della filosofia della prassi » 2.

È incontestabile, in questa traccia di sviluppo del marxismo filosofico, la presenza della cultura storica e umanistica europea, della contrapposizione fra dialettica, storicità, criticismo da una parte e metafisica, materialismo, positivismo, realismo ingenuo, dall’altra. Estranea all’impostazione di Gramsci è la distinzione di origine gnoseologica, fra idealismo soggettivo e oggettivo, ripresa da Bukharin3; estranee sono le conseguenze che essa ha comportato per il marxismo nella periodizzazione della storia della filosofia. Manca il periodo moderno, di lotta contro l’idealismo soggettivo, elaborato in connessione con lo sviluppo delle scienze fisiche, che ha trovato la sua definizione classica in Materialismo ed empiriocriticismo. Lenin scrive che Marx ed Engels, che si erano formati alla scuola di Feuerbach, « rivolsero natura[...]

[...]o assoluto della storia. In questa linea è da scavare il filone della nuova concezione del mondo » 2.

Per Gramsci il rapporto MarxLenin, fase primitiva e fase progredita del marxismo, sembra configurarsi essenzialmente come il rapporto scienzaazione 3. Noi viviamo nella stessa amplissima epoca culturale di Marx e in cui, oggi, il marxismo ha da rifare la sintesi fra idealismo e materialismo, ha da entrare nella lotta contro la metafisica e il positivismo condotta dal pensiero europeo più avanzato, portare il marxismo filosofico alla completezza e all’egemonia culturale.

Se si ripensa ai motivi che abbiamo messo in luce, il concetto del partito educatore, la critica alla sociologia e al materialismo metafisico, la fase infantile del marxismo, la sua incompiutezza, l’importanza di Hegel e del neohegelismo, non pare possano sussistere dubbi sull’ambiente intellettuale che Gramsci respira.

È anche certo che da questa cultura storicistica e umanistica dipendono alcune deficienze, la sottovalutazione della tradizione illuministica, la concezi[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] A. Seroni, La distinzione fra «critica d'arte» (estetica) e «critica politica» in Gramsci, il concetto di «lotta culturale» e le indicazioni metodiche per un nuovo storicismo critico in Studi gramsciani

Brano: [...]distruggere e superare certe correnti di sentimenti e credenze, certi atteggiamenti verso la vita e il mondo; non è critica e storia dell'arte, e non può essere presentato come tale, pena il confusionismo e l'arretramento o la stagnazione dei concetti scientifici, cioè appunto il non conseguimento dei fini inerenti alla lotta culturale » 1.
Proviamoci a rifare il ragionamento, nel citato passo gramsciano evidentemente polemico nei confronti del positivismo, mettendo in rilievo il passaggio conclusivo. Accortamente, a nostro parere, Gramsci pone in primo piano il concetto di lotta culturale e dei fini ad essa conseguenti; e in ciò fare distingue nettamente la critica politica e la critica del costume dalla lotta culturale: cioè la critica politica e la critica del costume non sono che aspetti parziali della lotta culturale, i cui fini pertinenti consistono nella vivificazione e precisazione dei concetti scientifici (nel nostro caso dei principi del giudizio estetico). Ora, che Gramsci ponga l'accento sulla lotta culturale è fatto naturale, logic[...]

[...]ere accuratamente la storia dell'arte e della letteratura » '. Se noi riandiamo col pensiero alla vecchia.
1 Estetica, Bari, 19417, p. 143.
262 I documenti del convegno
Storia della letteratura italiana del Vallardi, pubblicata sotto la direzione di Pasquale Villari (si pensi, soprattutto, a quell'esempio clamoroso che è la Storia della letteratura italiana nel sec. XVI del Canello), ci balza evidente il progresso che segna, nei confronti del positivismo, la notazione crociana. Ma è altrettanto evidente che la distinzione del Croce fra arte ed estraneo all'arte finiva per negare una qualsiasi relazione attiva (cioè dialettica) fra i due ordini di fatti, cristallizzandoli sia in schema di giudizio estetico (poesia e non poesia), sia in schema di metodologia storica (storia dell'arte pura, altre storie nelle quali le opere d'arte sono assunte allo stato documentario). Il rapporto introdotto da Gramsci e il suo concetto della fusione ricostituiscono l'unità fra critica estetica o puramente artistica e lotta per una nuova cultura; non solo, ma, a[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] G. Petronio, Gramsci e la critica letteraria in Studi gramsciani

Brano: [...]lo alla luce dei progressi della cultura europea, arricchendolo e rinsanguandolo di quanto il pensiero moderno aveva prodotto, senza per. questo rinnegarne i principi e lo spirito. Cosí operando Gramsci veniva ad attuare quel ritorno al marxismo, di cui piú volte, nel secondo decennio del secolo, avevano parlato i socialisti italiani, consci dei pericoli del neoidealismo, convinti della impossibilità di combatterlo con le armi ormai spuntate del positivismo, proclamanti la necessità di rifarsi ai principi di Marx ed Engels, per adattárli alle nuove esigenze della vita sociale e culturale italiana, ma incapaci, poi, di svolgere essi quel compito di cui pure avvertivano l'urgenza 1.
1 Per qualche esempio dr. A. SCHIAVI, «Per la cultura socialista», in Critica sociale, XXII, 1912, p. 147 sgg.; T. CoLucci, « A proposito di filosofia della storia e di marxismo », ivi, XXIII, 1913, p. 268 sgg.
Giuseppe Petronio 227
Gramsci svolse lui questo compito, e sono noti i termini nei quali lo pose: elaborazione, o rielaborazione, di una filosofia della pr[...]

[...]le, ma uno può essere artista, e l'altro un semplice untorello » 3; « Ciò che si esclude è che un'opera sia bella, per il suo contenuto morale e politico, e non già per la sua forma in cui il contenuto astratto si è fuso e immedesimato » 4. Dove vi è certo la lezione crociana, e vi è il rifiuto e come il timore di certo schematico
i L. V. N., p. 50.
2 L. V. N., p. 49.
3 L. V. N., p. 6.
4 L. V. N., p. 11.
228 i documenti del convegno
gretto positivismo che l'Estetica del Croce aveva dissolto; ma vi è anche la lezione fruttuosa del De Sanctis, e vi è lo spirito del piú serio marxismo che, con Marx ed Engels, aveva anch'esso continuamente messo in guardia dal sociologismo, dalla confusione tra contenuto e forma, dal passaggio meccanico dal giudizio storico al giudizio estetico'.
Però le stesse frasi che ho citate, e altre consimili che si potrebbero spigolare, lette nel loro contesto, che è il solo modo di leggerle, non sono affatto crociane, e sono, anzi, della concezione crociana dell'arte e della critica un superamento radicale. Tanto che[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] F. Papi, LA concezione della storicità nel pensiero di Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]à oggettiva. Oggettivo significa sempre " umanamente ogge.tivo ", ciò che può corrispondere esattamente a "storicamente soggettivo ", cioè oggettivo significherebbe "universale soggettivo"» 1.
2) Critica al concetto di materia come « substrato » comune a tutto il reale, concezione questa in cui Gramsci riconosce un'ampia permanenza di « pensiero religioso » in senso aristotelicotomista il quale storicamente rivive nell'obiettivismo assoluto del positivismo e nel mito scientista che vi è connesso. Mentre sviluppa questa critica Gramsci scrive: « Secondo la teoria della prassi è evidente che non la teoria atomistica spiega la storia umana, ma viceversa, che cioè la teoria atomistica come tutte le ipotesi e le opinioni scientifiche sono superstrutture » 2.
3) Quest'ultimo punto non è altro che lo svolgimento implicito negli altri due, cioè rifiuto netto e radicale a considerare in un'accezione unilaterale o « obiettivistica » le prospettive scientifiche accettando il processo per cui esse vengono tradotte su un pino metafisico.
Non credo che a q[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine positivismo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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