Brano: [...]ella spiegazione. Così hanno ragionato Frazer, Tylor, Durkheim, Brunschvicg, Kelsen e tutti coloro che istituiscono un confronto critico tra la difettosa ed ingenua filosofia della natura implicita nella magia e nel mito, e la ben diversamente raffinata e complessa filosofia che si desume dalla scienza naturale moderna. Sappiamo bene che non vi può essere oggi concorrenza, in sede scientifica, tra magia e scienza, tra mito e ragione. Nella fenomenologia storica in cui si originano e prendono il sopravvento le tecniche scientifiche e i comportamenti razionali, i rudimentali e superstiziosi comportamenti magici, con le loro arcaiche tecniche miticorituali, non possono che apparire comportamenti arretrati, sprovvisti di autentico valore culturale, connessi a tecniche storicamente inadeguate e divenute quindi retrive.
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Vi é per) da chiedersi se in questi studi la prospettiva metodologica e storica non potrebbe essere diversa, meno dogmatica e chiusa, e se la conquista di una nuova prospettiva, più dialettica, più aperta, meno v[...]
[...]gere anche nel mito la presenza di valori culturali che non vengono in luce fino a quando l'universitas dei valori culturali viene fatta coincidere unicamente con la struttura, le categorie e le tecniche desunte dal comportamento che chiamiamo scientifico e logico. In una visione più sensibile alla pluridimensionalità delle forme culturali si può affacciare l'ipotesi che vi sia stata, ancora vi sia, e vi possa in futuro essere, nella ricca fenomenologia del mito, una forza luminosa e chiarificatrice di cui l'uomo si giova nell'intendere e fondare i momenti più critici e significativi della propria esistenza. Si tratta cioè, in sede storica, di rintracciare il senso e il valore che il mito ha avuto per il cosiddetto uomo « precategoriale ». E tale senso e tale valore si dischiudono solo attraverso un'analisi non preconcetta dei mitologemi, rinunciando a proiettare ab initio nella mens dell'uomo che vive l'esperienza mitica le nostre preoccupazioni scientifiche e filosofiche più recenti. Solo rispettando la « scala » dei fenomeni mitici, non c[...]
[...]biettiva e conserva alcuni valori fondamentali, il problema della sua distruzione globale è un proposito assurdo.
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Perché l'esperienza mitica si rinnovi fecondamente, essa non deve esser vissuta come una irreale fictio, come una favola in cui non si crede
e che si escogita per gioco. E occorre altresì che la funzione mitica non venga provocata artificialmente sollecitando gli uomini a tacitare i loro poteri critici. Nella fenomenologia del mito ci può essere una ricomparsa del mito non solo destituita di ogni valore culturale, ma, addirittura, paragonabile a un regresso, a una caduta, a un ritorno patologico. Questo fenomeno avviene, ad esempio, in molti miti moderni resuscitati ad arte, per calcolo politico, allo scopo di inculcare l'inganno
e la menzogna, facendo leva sulla ingenuità e sulla sancta simplicitas degli uomini. Proprio nel ventesimo secolo abbiamo assistito a una funesta resurrezione di miti, creati e diffusi artificialmente allo scopo di servirsene come instrumentum regni. Una ragion di stato priva di scrup[...]
[...]nta circa eventi svolti e personaggi vissuti in illo tempore, ma anche tutto ciò che si trova in relazione diretta o indiretta con tali eventi e con. personaggi primordiali ». (op. cit., p. 430). Cose sostanzialmente non diverse ci dicono LévyBrühl nella sua Mythologie primitive (1935), Kerény in tutta la sua opera dedicata allo studio della mitologia, il Preuss nell'opera Der religiöse Gehalt der Mythen (1933), il Van der Leeuw nella sua fenome nologia della religione intitolata La religion dans sono essence et ses manifestations (1948).
I miti sono per i primitivi — precisa LévyBrühl — storie realmente
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accadute, storie che appartengono a un piano di verità. Ma la loro verità non è quella degli avvenimenti quotidiani. Noi chiamiamo vera la storia di Napoleone e di Cesare, e non vera quella di Pantagruel o di Don Chisciotte. Non è di questa verità appartenente alla storia o alla cronaca che parlano i primitivi. I loro miti sono storie effettivamente accadute, ma accadute in uno spazio, in un tempo, in un mondo distinti dal[...]
[...]liche. L'esistenza di una forma simbolica, chiamata mito e caratterizzata da una sua particolare struttura, che è possibile descrivere come un mondo unitario, non significa che i contenuti della coscienza mitica siano sempre i medesimi, né che sia possibile cristallizzare il significato e la funzione del mito prescindendo dalle condizioni storiche particolari in cui sorgono i mitologemi. In altre pa
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role, come esiste una fenomenologia e una storia dell'arte, del linguaggio, della religione, così, allo stesso titolo, esiste una storia e una fenomenologia del mito. Questa storia e questa fenomenologia sono capitoli della cultura umana perché i mitologemi non sono pure e semplici emozioni in cui si scarica l'ansia, la paura, l'angoscia dell'uomo immerso nelle situazioni esistenziali o da esse travolto, bensì costituiscono forme, simboli, immagini in cui le emozioni sono espresse, obiettivate
e risolte in creazioni culturali, trasfigurate cioè in valori che appartengono alla storia e si incorporano, come il linguaggio, le istituzioni, le norme giuridiche, nella realtà di ciò che si é soliti, dopo Hegel o Dil they, chiamare lo « spirito obiettivo ». I pericoli di dissolvere il mito con una a[...]
[...] in una realtà che ci rifiutiamo di riconoscere come un regno assurdo e angoscioso nel quale saremmo scagliati per i decreti di un dio ostile e straniero.
Il LévyBrühi non ha voluto, se non con timidi cenni, sviluppare il problema della partecipazione fuori dall'ambito della mentalità primitiva. Questa scrupolo fa onore alla sua probità scientifica. Negli stessi Carnets il LévyBrühl si avventura molto raramente e con estrema cautela nella fenomenologia moderna della partecipazione. Egli afferma soltanto che l'esperienza della partecipazione esercita un suo compito nella religione, nella metafisica, nell'arte e anche nella concezione complessiva della natura (cfr. op. cit., p. 260), ma lascia intravedere che la partecipazione, da lui studiata nel mondo delle culture primitive, costituisce il nucleo emozionale di un'esperienza sui generis e index sui assai diversa dall'esperienza fondata sull'uso dei concetti, sulla regolarità del
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le sequenze fenomeniche e sulla fissità delle forme. Questa esperienza LévyBrühl l'ha chiamat[...]
[...]torica della partecipazione e la costante presenza in essa di un substrato mitico che ne costituisce il fondamento e quasi il principio di chiarificazione. Non si cerchi in una ricerca complessa e difficile come questa un insieme di definizioni precise e rigide. Lo stesso LévyBrühl, dopo una lunga vita tutta dedicata allo studio di tali problemi, confessava di trovarsi di fronte a una serie di difficoltà non risolte. Egli accusava la nostra terminologia filosofica e psicologica di essere crudamente inadeguata ad esprimere i rapporti complessi che esistono tra
mito », « partecipazione », « categoria affettiva del soprannaturale », « esperienza mistica ». L'esperienza mistica é infatti inseparabile dalle credenze e dai miti, ed anche il sentimento e la rappresentazione del soprannaturale si configura ed esprime nei miti. L'ultimo LévyBrühl si proponeva dunque uno studio psicologico e sociologico della partecipazione, e questo studio si sarebbe trasformato in una nuova ricerca approfondita intorno al significato e al valore del mito.
Potremmo[...]
[...]sulla « omogeneità » della mente umana pur nella varietà delle forme fenomenologiche in cui la mente storicamente si obiettiva. Il LévyBrühl, Mircea Eliade, Rudolf Otto, Walter Otto, Carlo Kerény e molti altri, sono sensibili soprattutto all'elemento di eterogeneità e discontinuità esistente tra esperienza « primitiva », « sacrale », « mistica », da un lato, ed esperienza razionale, profana, logicoconcettuale dall'altro. Il problema di una fenomenologia della ragione si allarga qui nel problema più vasto, e in certo senso più drammatico, di una fenomenologia dell'esperienza. Esisterebbero cioè non solo vari tipi di ragionamento, ma addirittura vari modi di essere nel mondo. Da quest'ultimo punto di vista la ragione stessa e le sue varie tecniche logiche e scientifiche potrebbe essere considerata uno dei modi di essere nel mondo, una delle forme
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fondamentali di comportamento storico per fronteggiare la crisi esistenziale dell'uomo. I due metodi della omogeneità e della eterogeneità, rispondenti a un duplice interesse della ragione, vanno oggi, a proposito del mito, messi tra loro a confronto e integrati, onde evitare una duplice[...]
[...]ci da sé il proprio senso»; (Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia, 1948, p. 16). Questa metodologia diventa pericolosa quando i valori culturali del mito vengano proclamati (è il caso di Eliade!) storicamente più attuali e fecondi che non i valori del pensiero storico e scientifico. Ma il modo per neutralizzare tale pericolo consiste nell'evitare tali assurdi confronti nell'aprirsi liberamente alla pluridimensionalità e alla fenomenologia della vita culturale. Come non é possibile trascrivere il linguaggio dell'arte in linguaggio matematico, così non è possibile, se vogliamo continuare a intendere, trascrivere il linguaggio della mitologia, intessuto di immagini e simboli, in un altro linguaggio che parta dalla premessa di rinunciare alle immagini e ai simboli, e di volerli sostituire, ad esempio, con i concetti. In questo senso scrive giustamente Kerény: « La mitologia non è soltanto una maniera d'espressione al cui posto si potrebbe sceglierne un'altra, più semplice e più comprensibile che tutt'al più non si sarebbe potuta a[...]
[...]ti significativi e paradigmatici nei quali l'uomo trova trascritta e chiarita la sua con
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dizione esistenziale sembra ancor oggi vitale ed inesauribile, anche se variano storicamente i modi e le forme di quella ricerca. La preoccupazione costante da cui scaturisce il mito nelle sue forme più arcaiche é, per così dire, di tipo esistenziale. Il mito è una risposta culturale che emerge da una crisi antropologica, anche se la fenomenologia di queste risposte é di una ricchezza sconcertante e fa perfino dubitare della possibilità di conferire al mito un senso unitario. Ritroviamo, come elemento centrale del pensiero mitico, una ricerca di significati, di valori, di partecipazioni, nel senso che LévyBrühl ha dato a quest'ultima parola. La coscienza mitica vuole anche darsi ragione del mondo, capire i suoi fenomeni, ma più che spiegare concettualmente gli eventi della natura e della società, essa cerca di giustificare il significato metafisico del mondo, il suo esser così (Sosein), la presenza attuale dell'esistere ricollegando la[...]
[...]corrente il tentativo di universalizzarli, quasi proiettandoli fuori dalla storia, fuori cioè
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dalla loro stessa matrice. La storia dei valori P, insieme, in termini contraddittori e paradossali, storicismo e destorificazione. Questa aporia per cui il valore, come il mitico Crono distruttore del regno di suo padre Urano, instaura il proprio dominio tentando di annullare la potenza che lo ha generato, la storia, ricorre oltre che nella fenomenologia del valore anche nella fenomenologia del mito.
Occorre chiarire un possibile equivoco. Tra mito e valore vi è parentela ma non equivalenza o identificazione. Non si può sostenere né che la coscienza mitica sia eternamente generatrice di valori, né che i valori coincidano sempre con i prodotti della coscienza mitica. Creature del mito sono anche i figli degeneri, nati da una immaginazione proliferante nell'assurdo e sprovvisti di ogni contrassegno assiologico. La fenomenologia del mito tocca punti di significato assiologico diversissimo e il mito non ha, in alcun modo, la proprietà del re Mida di convertire in oro tutto ciò che tocca. D'altra parte se mitica é la consacrazione dei valori, il processo per cui i valori fatalmente entrano in una magica atmosfera di destorificazione che li erige in modelli, paradigmi, archetipi, esemplari, norme che sovrastano la storia, non é a dire che sia l'investitura mitica per se stessa a creare i valori. Tutt'al più essa li fissa, li stabilizza, li consacra. Il mito è una celebrazione del valore, una specie di suggello metafisic[...]