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Il segmento testuale neoidealismo è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 63Analitici , di cui in selezione 3 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] G. Petronio, Gramsci e la critica letteraria in Studi gramsciani

Brano: [...]ificato di dogmi, ma neppure dissolvendolo in un revisionismo eversore, sibbene svolgendolo alla luce dei progressi della cultura europea, arricchendolo e rinsanguandolo di quanto il pensiero moderno aveva prodotto, senza per. questo rinnegarne i principi e lo spirito. Cosí operando Gramsci veniva ad attuare quel ritorno al marxismo, di cui piú volte, nel secondo decennio del secolo, avevano parlato i socialisti italiani, consci dei pericoli del neoidealismo, convinti della impossibilità di combatterlo con le armi ormai spuntate del positivismo, proclamanti la necessità di rifarsi ai principi di Marx ed Engels, per adattárli alle nuove esigenze della vita sociale e culturale italiana, ma incapaci, poi, di svolgere essi quel compito di cui pure avvertivano l'urgenza 1.
1 Per qualche esempio dr. A. SCHIAVI, «Per la cultura socialista», in Critica sociale, XXII, 1912, p. 147 sgg.; T. CoLucci, « A proposito di filosofia della storia e di marxismo », ivi, XXIII, 1913, p. 268 sgg.
Giuseppe Petronio 227
Gramsci svolse lui questo compito, e sono not[...]

[...]tivano l'urgenza 1.
1 Per qualche esempio dr. A. SCHIAVI, «Per la cultura socialista», in Critica sociale, XXII, 1912, p. 147 sgg.; T. CoLucci, « A proposito di filosofia della storia e di marxismo », ivi, XXIII, 1913, p. 268 sgg.
Giuseppe Petronio 227
Gramsci svolse lui questo compito, e sono noti i termini nei quali lo pose: elaborazione, o rielaborazione, di una filosofia della prassi, che tenesse si conto delle conquiste particolari del neoidealismo, ma che queste conquiste assumesse organicamente in un sistema tutto diverso di principi; fondazione di un AntiCroce e di un AntiGentile, che ripetesse per i due filosofi dell'idealismo italiano quanto già i fondatori della filosofia della prassi avevano compiuto per Dühring. $ logico, allora, che lo studioso di Gramsci debba oggi ricercare, nei volumi delle opere di lui, quanto della iniziale posizione « tendenzialmente crociana » è rimasto di non bruciato, ma debba soprattutto indagare quanto vi è invece di nuovo, di coscientemente diverso; è logico, soprattutto, che debba, indipendentement[...]

[...]tti, anche se, almeno nelle righe riportate qua su, ancora negativi piuttosto che positivi.
Ma anche i termini positivi, dell'affermazione dopo la negazione, ci sono, e sono chiari, sicché l'antitesi CroceGramsci risiede nello spirito piú profondo delle due opere, in quella concezione del mondo che è dietro ogni sistema di pensiero e gli dà la sua impronta precisa.
La prima netta distinzione è nel fatto che il Gramsci, ritornando, al di là del neoidealismo italiano, al pensiero marxista, ritornava, in ultima analisi, alla dialettica hegeliana degli opposti, sia pure rimessa sulla testa, negando la crociana dialettica dei distinti e riemergeva cosí l'arte, e quindi la critica, in quella storia da cui il Croce le aveva cautelosamente allontanate. L'arte, per Gramsci, è forma, ma una forma condizionata dal suo contenuto, i1 quale contenuto è sempre storicamente determinato. Perciò Gramsci, in antitesi netta con Croce, mentre sottolinea sí la necessità di non confondere il giudizio storico (che è un giudizio di contenuti) con il giudizio estetico ([...]

[...]ono ideologie progressive; ma, intanto, per servire ognuna la propria ideologia, l'una diviene critica della pura forma, della distinzione netta tra poesia e nonpoesia, tra struttura e poesia, e via dicendo, le altre si atteggiano come critiche dei contenuti e delle forme tutt'insieme, e tendono a fondere struttura e poesia in un tutto organico. Ecco, dunque, perché dicevamo assurdo affermare che per Gramsci si possano conciliare crocianesimo (o neoidealismo) e marxismo; il problema di Gramsci è
invece quello di giungere ad una fase ulteriore e nuova storicamente
aggiornata — del marxismo, che riassotira in sé, in una sintesi superiore, il neoidealismo. In una pagina di Estremo interesse egli si chiese una volta quale dovesse essere l'atteggiamento della filosofia della prassi di fronte a Croce e a Gentile, e concluse: « in realtà si riproduce ancora la posizione reciprocamente unilaterale e criticata nella prima tesi su Feuerbach, tra materialismo e idealismo e come allora, sebbene in un momento superiore, è necessaria la sintesi in un momento di superiore sviluppo della filosofia della prassi » 1. E la critica letteraria alla quale Gramsci aspira, quella di cui tratteggia le linee ideali e che qualche volta consegue, è una critica in cui,[...]

[...]nello stesso momento, culturali: cultura falsamente umanistica, accademismo letterario, Arcadia, brescianesimo, e cosí via dicendo.
In questo modo le classi subalterne, escluse fino allora dalla storia letteraria, vi entrano di pieno diritto, e la storia della letteratura diventa una storia nazionalepopolare. Le aveva escluse la storiografia romantica, compreso il De Sanctis, senza forse una precisa coscienza; le aveva escluse coscientemente il neoidealismo italiano, che aveva affermato con orgoglio i diritti della propria classe, sola protagonista di storia. Ora invece queste classi subalterne invadono se non il proscenio lo sfondo; non parlano qualche volta, ma la loro muta presenza colorisce e qualifica il dramma che si svolge piú avanti, cosí come il Convitato di pietra per essere muto non resta però estraneo al dramma, che egli condiziona con la sola sua ombra.
Ecco, allora, che nelle pagine dei Quaderni del carcere è una miniera inesausta di spunti e di temi, altamente suggestivi i piú, che Gramsci ha potuto accennare e porre, non svolger[...]



da Andrea Binazzi, Raffaele Pettazzoni in KBD-Periodici: Belfagor 1984 - 3 - 31 - numero 2

Brano: [...]i, « UItalia religiosa» di R. Pettazzoni, poi in Studi di storia, Torino 1959, p. 793.178

ANDREA BINAZZI

molta cautela e in senso molto generale (per distinguere, per esempio, nettamente il Pettazzoni dalle cosiddette correnti irrazionalistiche) rischia di portare fuori strada e di suggerire la collocazione del Pettazzoni in un’area della quale egli certamente non fece parte.

La sua formazione si svolse lungo linee indipendenti sia dal neoidealismo sia dalle correnti pragmatiste e futuriste che furono all’avanguardia all’inizio del Novecento e dalle quali in vario modo scaturirono gli orientamenti culturali predominanti in tutta la prima metà del secolo in Italia. Dopo gli studi della prima giovinezza compiuti a S. Giovanni in Persiceto, dove era nato nel 1883, si laureò nel 1905 con una tesi sui Misteri cabirici di Samotracia presso la facoltà di lettere dell’Università di Bologna, città « degli studi positivi, dove quello che si presentava come rinnovamento idealistico e addirittura ammodernamento della cultura italiana non aveva fatt[...]

[...]importante campagna di scavi (ne trasse, nel 191011, alcuni brevi saggi rifusi poi, nel 1912, nel libro su La religione primitiva in Sardegna). Gli articoli e gli scritti pubblicati tra il 1910 e il 1912, con un rallentamento tra il 1915 e il 1918 dovuto alla sua partecipazione alla prima guerra mondiale, spesso preparatori di opere più vaste, testimoniano del fatto che i suoi presupposti rinviano a una tradizione culturale lontana da quella del neoidealismo italiano. Ne è la riprova il capitolo intitolato La storia delle religioni della voce Religione dell’Enciclopedia Italiana. La storia delle religioni nasce quando si manifesta un « interesse per le religioni dei popoli stranieri ». Un criterio certamente assai elementare, ma non privo di capacità esplicative e che soprattutto rinvia a una visione tutta mondana della storia delle religioni dove essenziale risulta l’abbandono della distinzione tra religione vera e religioni false (vero il Cristianesimo, false le religioni pagane). Il grande cantiere poi dove fu costruita questa disciplina gli s[...]



da Sebastiano Timpanaro, Il Marchesi di Antonio La Penna in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...] fazioni, ora vive per se stesso e sente di piú se stesso, ed è meno cittadino e piú uomo » (Storia, II', p. 37).
6. La formazione tardoottocentesca di Marchesi. — Anche per un nemico della filosofia come Marchesi non si può rinunciare a chiedersi in quale clima culturale e ideologico si sia formata (e poi, eventualmente, sviluppata e mutata) la sua visione della vita. Marchesi visse la maggior parte della propria vita in un'Italia dominata dal neoidealismo e in un'Europa nella quale, se l'influsso di Croce e di Gentile non si estese molto, prevalsero correnti, sia pur diverse, di reazione antipositivistica, di spiritualismo, anche di aperto irrazionalismo. Qual è, in questo ambiente, la sua collocazione? Il problema (sul quale La Penna ed io abbiamo avuto scambi d'idee quando il suo saggio era già tutto scritto, ma prima che fosse pubblicato, come egli stesso accenna, con amichevoli parole, nell'Avvertenza iniziale, p. 2) è affrontato brevemente a p. 56 s., prescindendo da altri piú fugaci accenni nel corso del saggio. Sembra dapprima che March[...]

[...]to scritto, ma prima che fosse pubblicato, come egli stesso accenna, con amichevoli parole, nell'Avvertenza iniziale, p. 2) è affrontato brevemente a p. 56 s., prescindendo da altri piú fugaci accenni nel corso del saggio. Sembra dapprima che Marchesi sia visto da La Penna, prevalentemente, come un idealista, non privo di influssi crociani e gentiliani. « Con alcuni residui positivistici conviveva una larga, sostanziale, importante influenza del neoidealismo contemporaneo. » Il materialismo a cui Marchesi diceva di aderire non era insincero né frutto di un semplice equivoco, ma, specialmente negli anni della maturità,
piuttosto velleitario e superficiale [ ...1. Era idealistica la sua sfiducia nella scienza, idealistica la sua rivalutazione quasi misticheggiante dell'individuo come fantasia, creazione artistica, e come coscienza religiosa. Amava citare da Agostino i tre concetti di tempo: presente del passato, presente del presente, presente del futuro; ma il vero ispiratore non è Agostino e neppure il marxismo con la sua concezione dei rapporti[...]

[...]uscitata dal materialismo, dell'infelicità umana che nessuna filosofia o scienza potrà mai sanare, domina incontrastata; ed è ulteriormente accentuata, come mi fa notare Dante Nardo, nella quinta edizione della Storia in confronto alle precedenti (cfr. 8a ed., rist. 1961, i, pp. 223225). Interpretazioni diverse di Lucrezio, che frattanto erano state enunciate, non avevano avuto influsso su Marchesi.
Pur con tutti i nessi fra tardo positivismo e neoidealismo, uno spartiacque rimane abbastanza netto: la filosofia e, piú in generale, la visione del mondo che prevale nel primo Novecento rappresenta una rivincita dell'antropocentrismo e una tendenza alla dissoluzione della materia come limite alla libertà e al « potere » dell'uomo. In Croce e in Gentile, la natura è ridotta a mero oggetto di conoscenza (o di conoscenzaazione) umana; tutto ciò che nell'uomo vi è di debole e di effimero è attribuito all'« io empirico », pura astrazione, mentre l'Io assoluto riassume tutti i caratteri della divinità; in Bergson (come nei suoi piú mediocri precursori fra[...]

[...]udioso dell'umanesimo che della letteratura latina antica. Di questa produzione giovanile di Marchesi tratta in modo eccellente il La Penna nel cap. ir del suo saggio, e io non ho nulla da aggiungere; qualcosa, piú oltre, dirò del Marchesi filologo classico.
Con ciò non intendo certo sostenere che Marchesi abbia trascorso la maggior parte della sua vita intellettuale chiuso dentro una corazza tardopositivistica, insensibile ad ogni influsso del neoidealismo e dell'irrazionalismo novecentesco. La condanna del filologismo (quale appare specialmente nella prolusione del 1923, per poi attenuarsi), la preferenza per la critica letteraria monografica o per la storia come « collezione di monografie », erano aspetti della sua personalità che — uso una felice espressione del La Penna, p. 78, a proposito della Storia della letteratura latina — « convergevano con una certa impostazione idealistica ». E infatti, come ricorda ancora il La Penna, la Storia fu lodata da Croce (cfr. Storia della storiografia italiana nel sec. XIX, ir, Bari 19473, p. 197) ed ebb[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine neoidealismo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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