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Il segmento testuale nazionalisti è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 351Analitici , di cui in selezione 12 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Paolo Alatri, Il Governo Nitti e la questione adriatica in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...]gli inglesi (Wilson ormai conta poco, aggiunse Guggenheim, e « non potrà impedire ai banchieri e agli industriali di aiutare il vostro Paese in cui essi hanno piena fiducia »); e di interessi della « Cunard Line » britannica a Fiume parlò Harold Spencer, ex corrispondente del New York Herald (10).
Se sulla diplomazia americana poté esercitare influenza la pressione di gruppi economici e finanziari, non si creda che in Italia la vasta agitazione nazionalistica per Fiume non avesse le sue radici in ben individuabili interessi costituiti. Vivo era in particolare l'interesse degli armatori triestini a monopolizzare il corn
(7) Cfr. per es. ALCESTE DE AMBRIS, La questione di Fiume, Roma, La Fionda. 1920, pp. 3536.
(8) GIULIO BENEDETTI, La pace di Fiume. Dalla Conferenza di Parigi al Trattato di Rapallo, Bologna, 1924, p. 113.
(9) II Messaggero, 24 febbraio 1920.
(10) L'Idea Nazionale, 7 novembre 1919.
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mercio dell'Alto Adriatico, controllando Fiume. Non a caso l'irredentismo fiumanodannunziano ebbe i[...]

[...]sviluppo; e ciò si poté constatare e confermare quando più tardi gli jugoslavi, perso il controllo di Fiume, ne attuarono l'isolamento e lasciarono vuoti e inutilizzati i capaci e moderni magazzini del bacino Thaon di Revel (13), determinando l'asfissia economica che mortificò il porto e la vita della città nei decenni successivi.
Nitti, per aver preso sul problema fiumano e adriatico in genere un atteggiamento che non coincideva con quello dei nazionalisti, divenne il bersaglio delle più feroci e ingiuste accuse: uno di essi, Armando Hodnig, il fondatore della Vedetta d'Italia, lo
(11) In proposito cfr. lo scritto di GAETANO SALVEMINI nella Quarterly Review del gennaio 1918, ora nel volume Dal Patto di Londra alla Pace di Roma. Documenti della politica che non fu fatta, Torino, Gobetti, 1925, p. 97; ed anche il suo articolo su Il problema di Fiume nell'Unità del 23 novembre 1918, ora nel volume L'Unità di Gaetano Salvemini a cura di Beniamino Finocchiaro, Venezia, Neri Pozza, 1958, p. 543.
(12) Cfr. Les délibérations du Conseil des Quatre (24[...]

[...]l Governo Nitti. Un quesito che è giusto porsi, ma al quale non é possibile dare una risposta netta e univoca, é il seguente: l'impresa dannunziana costituì un elemento positivo o negativo per la soluzione del problema adriatico? Se ci limitiamo all'aspetto strettamente fiumano di quel problema, possiamo affermare che D'Annunzio, inserendo nella situazione un fatto compiuto sul quale si articolò la vasta mobilitazione psicologica organizzata dai nazionalisti, impedì ai negoziatori una soluzione che non implicasse il rispetto e la difesa dell'italianità di Fiume. E lecito tuttavia presumere che anche senza quel fatto compiuto nessun governo italiano avrebbe abbandonato Fiume agli jugoslavi, mentre la soluzione annessionistica, che era quella per cui si battevano D'Annunzio e i nazionalisti, non fu per allora realizzata perché non poteva esserlo. D'altra parte, in una prospettiva più ampia, cioè guardando all'intero problema adriatico e non alla sola questione di Fiume, il pronunciamento militare capeggiato da D'Annunzio, e l'elemento di rottura che egli inserì nella legittimità diplomatica internazionale, non attenuarono ma anzi resero certamente più acerba l'opposizione di Wilson a una sistemazione favorevole alle richieste italiane che al Presidente degli Stati Uniti sembrava basata sulla sopraffazione del più debole da parte del più forte (15): e in tal senso i negoziatori i[...]

[...], 53 e 340.
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a Salata (20) — tanto che più tardi molti di essi dovevano passare armi e bagagli alla collaborazione col fascismo. Bisogna pur sottolineare il fatto che a contatto con la situazione qual era, specialmente quando si trattava di misurarsi con gli Alleati nelle trattative diplomatiche, quegli uomini erano costretti ad acquistare un realismo che era il naturale nemico di ogni atteggiamento nazionalistico. Uno di essi, Salvatore Barzilai, parlando al Senato il 15 dicembre 1920 sul Trattato di Rapallo, diede un riconoscimento prezioso di questo stato di cose: «Chi ebbe l'occasione di trovarsi a Parigi nel 1919 non può, in sua coscienza, moltiplicare le esigenze e accrescere le censure verso i negoziatori del Trattato di Rapallo. Non può per senso di onestà! »; e dopo aver indicato il carattere contraddittorio delle richieste italiane (Patto di Londra più Fiume): « Allora io ebbi il fondato dubbio che la pace italiana non si sarebbe potuta stringere senza una formula di compromesso: ogni più s[...]

[...]; e dopo aver indicato il carattere contraddittorio delle richieste italiane (Patto di Londra più Fiume): « Allora io ebbi il fondato dubbio che la pace italiana non si sarebbe potuta stringere senza una formula di compromesso: ogni più sincero sforzo da molti, da troppi fu fatto, ma era fatale che un compromesso dovesse suggellare la pace »;
(20) Per quanto riguarda Badoglio, vi è un episodio che dimosrra come egli si tenesse in contatto con i nazionalisti anche nel periodo in cui collaborava con Nitti. Durante la Conferenza di San Remo, Badoglio istallò a Villa Devachan un plastico delle Alpi Giulie; Foch, appena lo ebbe osservato, esclamò: « Non c'è da scegliere fra due o più confini. Qui il confine è uno ». Ora, questa osservazione del generale francese, che non poteva essere a conoscenza se non di Badoglio (tanto che VANNA VAILATI la riferisce nel Badoglio racconta, Torino, Ilte, 1955, scritto sulla base di colloqui avuti col vecchio maresciallo d'Italia), la troviamo già riferita dal giornale dei nazionalisti human La Vedetta d'Italia (12 [...]

[...]a Devachan un plastico delle Alpi Giulie; Foch, appena lo ebbe osservato, esclamò: « Non c'è da scegliere fra due o più confini. Qui il confine è uno ». Ora, questa osservazione del generale francese, che non poteva essere a conoscenza se non di Badoglio (tanto che VANNA VAILATI la riferisce nel Badoglio racconta, Torino, Ilte, 1955, scritto sulla base di colloqui avuti col vecchio maresciallo d'Italia), la troviamo già riferita dal giornale dei nazionalisti human La Vedetta d'Italia (12 maggio 1920) e da Robetro Forges Davanzati nell'idea Nazionale (16 maggio 1920).
Tuttavia, nei mesi durante i quali fu Commissario straordinario militare nella Venezia Giulia, Badoglio, se non rinnegò l'antica amicizia per D'Annunzio, nutri verso di lui sentimenti di diffidenza per il suo incoraggiamento al pronunciamento militare, dei quali vale come testimonianza tutta la sua corrispondenza con Nitti. In particolare, nel colloquio che ebbe il 5 dicembre 1919 a Udine con Preziosi e Sinigaglia, Badoglio disse: « Non parliamo nemmeno delle controproposte di D'Ann[...]

[...]mutilata'. Con tutto questo, rimane il fatto che né gli errori dei negoziatori italiani, né la mala volontà di Lloyd George e di Clemenceau, né la ostilità di Wilson arrecarono alcun danno reale alla nazione italiana. La mancata annessione della Dalmazia all'Italia non era da deplorare. La Dalmazia non avrebbe accresciuto né le ricchezze né la sicurezza d'Italia. Era un paese povero e roccioso, abitato da più di mezzo milione di slavi fieramente nazionalisti. C'era una maggioranza italiana solo nella città di Zara, e fuori di Zara non più di ventimila italiani dispersi in un mare slavo. Minoranze nazionali annesse contro voglia non costituiscono guadagno per nessun paese. Avesse occupato la Dalmazia, l'Italia avrebbe dovuto mantenervi una parte notevole del suo esercito in permanente attrezzatura di guerra per tenere soggiogata la popolazione slava ostile. Nel caso di altra guerra europea, in cui fosse implicata l'Italia, questa sarebbe stata obbligata ad
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reva raggiungere un accordo che sgombrasse i[...]

[...]zionalismo esasperato, nel dannunzianesimo ritornante, il pericolo da isolare e colpire, quello che veramente avrebbe sviato l'Italia dalla cooperazione con le nazioni, ben più che non il rumoroso massimalismo o il cattolicesimo politico organizzato ».
(26) Quando nella prima meta di dicembre 1918 si era cominciato a parlare, in seno al Governo OrlandoSonnino di cui facevano parte sia Bissolati che Nitti, delle condizioni di pace, i criteri antinazionalisti esposti dal primo erano stati condivisi da
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pretesto ai nazionalisti, che in lui vedevano uno dei loro veri e maggiori avversari, per lanciare contra di lui una furiosa campagna denigratoria, senza esclusione di colpi. Tuttavia la tesi sostenuta dai nazionalisti e ribadita da Caviglia (27) che l'esercito si mise in stato di sedizione e di virtuale colpo di Stato per reagire alle provocazioni tollerate da Nitti non regge: la sedizione era già in atto prima ancora che Orlando cadesse, e semmai, durante i suoi dodici mesi di governo, Nitti riuscì a riportare un po' d'ordine, utilizzando uomini che godevano di largo prestigio sia nell'esercito che tra i nazionalisti, come Badoglio e lo stesso Caviglia. Ma non si valuterà mai abbastanza i1 peso che ebbe la vasta mobilitazione, anzi la vera e propria congiura nazionalista e militarista contro la quale Nitti si adoperò: già nel '19 fu fatta una specie di prova generale di quella che tre anni dopo, quando fu sanata la divisione tra ex interventisti ed ex neutralisti e attraverso tale riunificazione le forze dirigenti tradizionali ripresero in pieno il controllo della situazione (28) e puntarono sull'eversione degli ordinamenti parlamentari, doveva essere la « marcia su Roma ». Le destre nazionaliste hanno un[...]

[...]ogno organico di « questioni nazionali » su cui montare le agitazioni: sia per giustificare il programma di riarmo e di potenziamento delle forze armate, sia per avere una leva mediante la quale tentare, al momento opportuno, di sollevare l'insurrezione contro il governo parlamentare. Ciò in Italia come in Francia o in Jugoslavia. Infatti, se il conflitto per Fiume, in gran parte artificiosamente gonfiato dopo la guerra, costituì la bandiera dei nazionalisti italiani, non è da credere che le stesse resistenze ad un'equa e moderata soluzione del conflitto non vi fossero da parte del nazionalismo jugoslavo, altrettanto cieco e irresponsabile di quello italiano. Dati i termini del problema fiumano, e più in generale di quello adriatico, data cioè l'intricata struttura etnica dei territori in contestazione, la questione di Fiume era in qualche modo ideale per potercisi ac
quest'ultimo: cfr. l'appunto bissolatiano del 24 dicembre 1918 citato da R. COLAPIETRA, op. cit., pp. 26768.
(27) E. CAVIGLIA, op. cit., pp. 5658.
(28) Cfr. GIAMPIERO CARocci, St[...]

[...] pp. 910.
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canire fra opposti nazionalismi: essa si prestava magnificamente a quella mobilitazione che gli estremisti di destra riuscirono a realizzare nel 1919. Certo, favorendo l'esaltazione patriottica che rendeva impossibile o almeno più difficile l'accordo, e quindi protraendo la contesa e con essa la mobilitazione, e di conseguenza ostacolando la ricostruzione economica su basi di normalità, i nazionalisti facevano gli interessi di cento grandi industriali contro quelli della grande maggioranza del Paese. Ma intanto diffondevano un veleno destinato a mettersi in circolazione nell'organismo nazionale per non più uscirne e dare i suoi frutti tossici negli anni seguenti. Per tutto il 1919, intanto, la vita dello Stato costituzionale, rappresentativo, parlamentare si svolse come sopra un vulcano, pronto ad esplodere in un terremoto da un momenta all'altro: il colpo di Stato era nell'aria, era una minaccia concreta; la « marcia di Ronchi » poteva benissimo trasformarsi in una « marcia su Roma », e p[...]

[...]li anni seguenti. Per tutto il 1919, intanto, la vita dello Stato costituzionale, rappresentativo, parlamentare si svolse come sopra un vulcano, pronto ad esplodere in un terremoto da un momenta all'altro: il colpo di Stato era nell'aria, era una minaccia concreta; la « marcia di Ronchi » poteva benissimo trasformarsi in una « marcia su Roma », e più di una volta sembrò che cosí stesse per avvenire.
Nitti era agli antipodi di ogni atteggiamento nazionalistico e di ogni velleità eversiva delle istituzioni e ciò era sufficiente perché le destre lo accusassero di « disfattismo ». L'Idea Nazionale giunse ad imputargli, non appena ebbe assunto il potere, di essere « l'anti combattente » (29), ciò che era ben difficile dire dell'unico uomo politico italiano che, pur non essendosi abbandonato a demagogiche promesse come Salandra con il suo slogan « la terra ai contadini », aveva concretamente operato per istituire una rete di provvidenze in favore dei combattenti. Ma Nitti non era l'uomo del combattentismo professionale, al quale si sapeva che avrebbe [...]

[...]it., pp. 112 sgg.
(34) R. ALBRECHTCARRIÉ, op. cit., p. VI (nella « Premessa editoriale » di JAMES T. SHOTWELL).
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per le questoni di maggior rilievo che esso implicava, il problema di Fiume avrebbe potuto essere messo da parte dagli storici come relativamente insignificante, ma il suo peso sulla sistemazione della pace nel suo insieme, come sulla successiva storia d'Italia, fu di durevole importanza ».
Per la mobilitazione dei nazionalisti e dei fascisti di tutta Italia che si realizzò attorno ad essa, « dall'ottobre del 1918 al settembre del 1919 Fiume si comporta veramente — come scrive un dannunziano (35) — da legionario e da fascista verso Croati e Alleati, contro Clemenceau e contro Wilson, nei confronti del sempre titubante e sempre commosso Orlando, e contro le preoccupazioni, le insidie e il cinismo rinunziatario di Nitti ».
In Fiume — prendendo il nome della città come simbolo di quella mobilitazione — si incontrano i rappresentanti delle varie frazioni del nazionalismo e del sovversivismo di destra: accanto al figlio[...]

[...]sopra di qualunque istituzione fondamentale dello Stato, della magistratura, del Parlamento; un'istituzione alla quale tutti s'inchinano: la retorica. E una forza che non ho mai posseduto. Noi abbiamo parlato tanti anni in tono superlativo e comparativo, che abbiamo persino dimenticato il tono positivo ».
(38) Non solo II Secolo, giornale radicale di Milano, ma anche il Corriere della Sera, conservatore ma avverso al programma annessionista dei nazionalisti e dei dannunziani, commentarono la caduta del ministero Orlando, nei loro editoriali del 21 giugno 1919, con parole aspre verso il « presidente della Vittoria » e auspicando un nuovo Ministero che abbandonasse la retorica verbalistica e facesse sul serio la smobilitazione, realizzasse le necessarie riforme e seguisse una politica più concreta. Tuttavia il 25 giugno 11 Messaggero, sulla base dei primi commenti al nuovo Ministero Nitti, notava come tutti fossero o si mostrassero scontenti, « ma per cause opposte, per ragioni che si elidono a vicenda » che fu un po' il destino di quel Governo.
[...]

[...] socialista non seppe imboccare decisamente né l'una né l'altra strada. Le due correnti si paralizzarono a vicenda, nessuna delle sue soluzioni possibili fu tentata.
Nell'auspicare una collaborazione coi socialisti, con alcuni dei quali intratteneva rapporti attraverso il suo segretario particolare Magno, Nitti guardava naturalmente quasi esclusivamente ai riformisti. Più di una volta egli espresse l'opinione che i suoi veri avversari fossero i nazionalisti e non i socialisti, anche se questi ultimi
(39) Limitandoci alla questione fiumana, e al solo scopo di dare un'indicazione tipica della confusione di idee che regnava tra i massimalisti, ricorderemo il modo in cui l'Avanti! reagì alla spedizione dannunziana (ediz. piemontese, 28 settembre 1919): titolo su tutta la pagina: « La rivoluzione nazionalista prodromo di quella proletaria »; articolo di fondo: contro chi sostiene che la rivoluzione non si può fare perché c'è l'esercito, « Fiume ci ha dato la prova che l'esercito non è inespugnabile, che l'esercito può passare ai ribelli, che tutto d[...]



da Enrica Pischel, Considerazioni sulla nuova fase della politica asiatica in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]ari o urbani) in una società sostanzialmente socialista; se e fino a che pinto i tentativi progressivi condotti dalle forze borghesi più avanzate rimangano nell'ambito del nazionalismo borghese progressista e dove divengano invece una nuova e quanto mai « diversa » via al socialismo; come possa essere conciliata la denuncia del « revisionismo » da parte del mondo marxistaleninista con il tentativo di operare pacificamente il trapasso dai regimi nazionalisti progressisti a quelli socialisti.
Chi scrive non presume di dare risposte a questi problemi, ma intende soltanto esaminare alcuni fenomeni ed alcune indicazioni che possano rendere più facile lo sforzo di interpretare in futuro gli sviluppi tuttora in corso in Asia. Molto si é scritto da Bandung in poi sul problema dei paesi sottosviluppati ed in particolare sul contributo e le soluzioni che dovrebbero fornire le potenze o le forze sociali che fanno parte del mondo capitalista
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per consentire ai paesi asiatici di ottenere il miracolo dello sviluppo senza passare attraverso[...]

[...]er*`Ic`sviluppo, a mettere a nudo le componenti sociali contrastanti che la lotta per la mera indipendenza politica aveva invece fuso e fatto apparire affini. D'altra parte — fenomeno parallelo ma non meno decisivo — i partitiicomurústi di uestiy Eaesi vanno mutando loro posizioni, e cercano di inserirsi, come rttore indispensabile ar proseguimento della politica di indipendenza e sviluppo, nella dialettica in corso nei dominanti raggruppamenti nazionalistiborghesi. Questo tentativo di rendere indispensabile l'appoggio comunista per il proseguimento della pianificazione viene portato innanzi su due piani: da un lato come appoggio dall'esterno al settore progressivo dell'attuale gruppo dirigente, in modo da consentirgli di premere da posizioni di forza per attuare il programma rinnovatore, dall'altro come formazione di un'alternativa ca
36 ENRICA PISCHEL
pace di dirigere quella stessa politica di sviluppo che i movimenti nazionalisti fossero costretti a lasciar cadere.
Il paese dove lo sfaldamento del vecchio gruppo dirigente nazionalista potr[...]

[...]o di rendere indispensabile l'appoggio comunista per il proseguimento della pianificazione viene portato innanzi su due piani: da un lato come appoggio dall'esterno al settore progressivo dell'attuale gruppo dirigente, in modo da consentirgli di premere da posizioni di forza per attuare il programma rinnovatore, dall'altro come formazione di un'alternativa ca
36 ENRICA PISCHEL
pace di dirigere quella stessa politica di sviluppo che i movimenti nazionalisti fossero costretti a lasciar cadere.
Il paese dove lo sfaldamento del vecchio gruppo dirigente nazionalista potrà avere conseguenze più importanti per la situazione mondiale è naturalmente l'India, L'India di oggi é assai diversa dall'India di Bandung e più avanzata di allora sulla via dell'industrializzazione e della democrazia progressiva, comunque più lontana dal passato feudale e dal fanatismo religioso: tuttavia l'urgenza di certe scelte sociali fondamentali é oggi in India assai più pressante di quanto fosse tre anni fa ed il rinvio nelle decisioni da prendersi potrebbe implicare, ora c[...]

[...]itica, dall'altro si mantengono pronti a succedere eventualmente al Congresso: quali siano tuttavia le loro prospettive di giungere a dirigere un fronte di sinistra comprendente il Congresso e come essi prevedano di po ter trasformare in un'economia socialista la molteplice struttura di settori sociali a carattere diverso attualmente alla base della economia indiana è difficile dire.
La vecchia prospettiva della « collaborazione con i movimenti nazionalisti borghesi per dirigere la loro lotta contro le forze feudali ed imperialiste » non è necessariamente in contraddizione con le esigenze che i comunisti indiani si trovano ad affrontare: essa anzi sembra si possa considerare tuttora la radice delle loro posizioni. Tuttavia le tesi che furono usate in Cina nei confronti del Kuomintang nel 192527 (ed anche in quel caso è assai discutibile il successo ottenuto) sono ovviamente insufficienti oggi nei confronti del Congresso che ha ottenuto, proprio nella lotta per attuare la fase borghesedemocratica ed antimperialista della rivoluzione successi assa[...]

[...]e ha guidato la lotta per l'indipendenza politica, collaborando con i comunisti fino al 1948 e rompendo poi con essi attraverso una repressione violenta che li estromise dall'attiva elaborazione della politica di governo e, in Birmania, li esclude tuttora ufficialmente dalla legalità, é un grupo borghesenazionalista a tendenze progressive e stataliste. La ragione sociale di questo progressismo va probabilmente ricercata nel fatto che i movimenti nazionalisti bir
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mano e indonesiano sono stati espressi non da una borghesia capitalistica, bensì da quei gruppi di burocrati, di intellettuali e di piccoli borghesi, in gran parte spostati, che il dominio colaniale ha creato ovunque e che furono spinti al radicalismo politico proprio dalla lotta contro il colonialismo.
Di qui la possibilità di fondere, durante la lotta per l'indipendenza politica, questi gruppi borghesi con forze genericamente « popolari », benché non proletarie (perché il proletariato era nei paesi asiatici minori tanto esiguo quanto l'industria moderna, mentre nume[...]

[...]vita politica ed il controllo dello Stato sono per la classe borghese di questi due paesi il mezzo di detenere una. fonte di potere, non soltanto politico ma anche economico. Lo Stato, con le sue strutture semicollettivistiche e burocratiche, il « mezzo di produzione » che questa classe controlla, così come altre borghesie controllano il capitale e le imprese private. Ma proprio sul piano politico si sono recentemente create le diflicol tà per i nazionalisti progressivi indonesiani e birmani: per salvarsi dall'attacco dei loro avversari di destra, che riel caso della.
CONSIDERAZIONI SULLA NUOVA FASE DELLA POLITICA ASIATICA 52
Indonesia sono forze confessionali legate ad interessi particolaristici e semifeudali e nel caso della Birmania sono semplicemente il settore più abbiente della nuova borghesia burocratica, essi hanno dovuto rinunciare a tenere al bando dalla gestione degli affari e dalla vita politica le forze comuniste e filocomuniste, che nel 1948 gli stessi nazionalisti avevano ritenute superflue per la loro vittoria e pericolose per i[...]

[...]avversari di destra, che riel caso della.
CONSIDERAZIONI SULLA NUOVA FASE DELLA POLITICA ASIATICA 52
Indonesia sono forze confessionali legate ad interessi particolaristici e semifeudali e nel caso della Birmania sono semplicemente il settore più abbiente della nuova borghesia burocratica, essi hanno dovuto rinunciare a tenere al bando dalla gestione degli affari e dalla vita politica le forze comuniste e filocomuniste, che nel 1948 gli stessi nazionalisti avevano ritenute superflue per la loro vittoria e pericolose per i loro interessi.
Né in Indonesia né in Birmania questa reimmissione dei comunisti nell'attiva direzione degli affari del paese è ancora avvenuta pienamente. In Indonesia, dove vige in linea di principio un'effettiva democrazia politica, limitata finora soltanto localmente dalle interferenze delle forze reazionarie poi impegnatesi nella secessione antinazionale, il governo attuale é una compagine nazionalista orientata a sinistra che ha l'appoggio dei comunisti e che ha anche stroncato con la forza il tentativo della destra con[...]

[...]i gli sforzi del presidente Sukarno per sancire con la loro partecipazione alla direzione del paese un'alleanza di tipo fronte popolare tra. forze nazionaliste e forze comuniste.
Ora che la secessione armata della destra é stata sconfitta per l'azione tempestiva ed energica dell'esercito, ma anche per le resistenze opposte alla secessione dai gruppi socialmente e politicamente più avanzati dei lavoratori di Sumatra e di Giava, si presenta per i nazionalisti indonesiani la necessità di una scelta a breve scadenza: se essi non consolideranno rapidamente la loro politica progressiva, accantonando i personalismi ed i giochi di partito che sono stati fin qui causa di tante incertezze nella politica economica e sociale indonesiana, il sopravvento potrebbe andare ai militari, la cui fedeltà a quegli ideali di democrazia laica, repubblicana ed unitaria (che sono sempre stati la base delle tesi ideologiche dei nazionalisti indonesiani) si è rivelata assai scarsa proprio in occasione delle secessione separatista di Sumatra
52 ENRICA PISCHEL
alla quale h[...]

[...]onesiani la necessità di una scelta a breve scadenza: se essi non consolideranno rapidamente la loro politica progressiva, accantonando i personalismi ed i giochi di partito che sono stati fin qui causa di tante incertezze nella politica economica e sociale indonesiana, il sopravvento potrebbe andare ai militari, la cui fedeltà a quegli ideali di democrazia laica, repubblicana ed unitaria (che sono sempre stati la base delle tesi ideologiche dei nazionalisti indonesiani) si è rivelata assai scarsa proprio in occasione delle secessione separatista di Sumatra
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alla quale hanno partecipato numerosi militari. Più sintomi inoltre sembrano indicare che la prima vittima di un « potere forte » dei militari sarebbero proprio i gruppi nazionalisti e gli interessi che ad essi fanno capo.
Per evitare la dittatura militare e il conseguente accantonamento di tutte le forze progressive che hanno finora guidato l'Indonesia, i gruppi nazionalisti devono impegnarsi più a fondo per rendere efficiente e stabile l'organizzazione democratica del paese, per iniziare una politica economica di sviluppo che ora è più urgente che mai per colmare i danni economici causati dalla secessione e dalla guerra civile. Ma da questa conferma del metodo democratico e della politica di sviluppo potrebbe trarre vantaggio soprattutto il partito comunista che guarda già alle elezioni che dovrebbero essere tenute nel 1959 come alla grande occasione di un successo di sinistra da ottenersi o attraverso la lotta dei partito comunista da solo, o attraverso un fron[...]

[...]ra è più urgente che mai per colmare i danni economici causati dalla secessione e dalla guerra civile. Ma da questa conferma del metodo democratico e della politica di sviluppo potrebbe trarre vantaggio soprattutto il partito comunista che guarda già alle elezioni che dovrebbero essere tenute nel 1959 come alla grande occasione di un successo di sinistra da ottenersi o attraverso la lotta dei partito comunista da solo, o attraverso un fronte tra nazionalisti e comunisti. Rinviando le elezioni il partito nazionalista si troverebbe alla mercé di quei gruppi musulmani di centro destra, che, pur avendo sostenuto e fomentato la secessione, si sono poi astenuti dal parteciparvi sperando di poter agire come arbitri e mediatori tra un governo incapace di reprimere la rivolta ed i ribelli incapaci di ottenere una vittoria decisiva; indicendole esso deve assicurarsi un successo a sinistra in modo da non rinnovare il paralizzante equilibrio di forze opposte emerso dalle elezioni del 1955.
i' Il problema dei rapporti tra il gruppo nazionalista progresr sivo[...]

[...]he in India, dove le concessioni e la mediazione di Nehru e soprattutto la forza coesiva rappresentata dalla sua 1 personalità hanno finora rinviato quella rottura con le forze 1 di destra, che invece il radicalismo di sinistra e l'atteggiamento politico di Sukarno hanno favorito. Un appoggio da sinistra, anche a prezzo di concessioni politiche e sociali è quindi più urgente ed indispensabile (e forse anche ideologicamente più accettabile) per i nazionalisti indonesiani che per Nehru.
A differenza di quanto avviene in India, la collaborazione
CONSIDERAZIONI SULLA NUOVA FASE DELLA POLITICA ASIATICA 53
tra nazionalisti e comunisti indonesiani, (se non sarà stroncata da uria dittatura militare) non sembra destinata a porre problemi ideologici nuovi al movimento comunista nel suo complesso: questa collaborazione rientra infatti nelle vecchie tesi sulla necessità di unire comunisti e nazionalisti nella lotta contro le sopravvivenze economiche del dominio coloniale (siano esse controllate dai decrescenti interessi olandesi o dai nuovi interessi delle compagnie petrolifere americane) e contro i residui delle forze confessionali e separatiste semifeudali. La debolezza economica e ideologica del nazionalismo indonesiano e l'atteggiamento di sinistra delle nuove leve nazionaliste permettono inoltre di prevedere la possibilità di un'effettiva direzione comunista in un'alleanza di questo genere, secondo le tesi di Stalin e di Mao. La probabilità di portare al successo un'alleanza nazionalist[...]

[...]so un'alleanza nazionalistacomunista attraverso una vittoria elettorale anziché attraverso la lotta armata non costituisce di per sé un nuovo elemento nella teoria dei fronti popolari per i paesi semicoloniali e si inserisce logicamente nell'evoluzione di tutti i movimenti comunisti asiatici a favore del metodo democratico per la conquista del potere.
Più incerta é la situazione birmana e più recente la collaborazione tra filocomunisti e gruppi nazionalisti di sinistra (che tali sono le forze della Lega antifascista per la libertà del popolo, nonostante le loro professioni di fede in un socialismo più o meno fabiano). La rottura del gruppo, che fin qui resse la Birmania con un regime che in sostanza potrebbe essere definito di partito unico, é stata consumata soltanto all'inizio di giugno e solo allora, fratturatosi il potere monopolizzato in precedenza dalla Lega e dalla rete delle sue organizzazioni di massa, é stato necessario per i nazionalisti progressivi ricorrere ai voti dei filocomunisti fino allora tenuti al bando. L'aspetto principale [...]

[...]lla Lega antifascista per la libertà del popolo, nonostante le loro professioni di fede in un socialismo più o meno fabiano). La rottura del gruppo, che fin qui resse la Birmania con un regime che in sostanza potrebbe essere definito di partito unico, é stata consumata soltanto all'inizio di giugno e solo allora, fratturatosi il potere monopolizzato in precedenza dalla Lega e dalla rete delle sue organizzazioni di massa, é stato necessario per i nazionalisti progressivi ricorrere ai voti dei filocomunisti fino allora tenuti al bando. L'aspetto principale della nuova situazione consisterà probabilmente nella definitiva liquidazione della lotta armata infierita dal 1948 in poi tra governo e partito comunista ufficiale, nel ritorno del partito comunista stesso alla legalità e nella sua fusione con le forze filocomuniste rimaste nella legalità ed ora alleatesi con i nazionalisti progressivi.
Questo mutamento nelle posizioni dei comunisti birmani,
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nonostante la scarsa entità che l'evento riveste rispetto alla situazione mondiale, è il più recente e sintomatico coronamento del processo svoltosi in Asia da Bandung in poi attraverso il prevalere degli sviluppi e degli interessi interni sulle ripercussioni di fatti e situazioni verificatisi fuori dello spazio di ciascun Stato asiatico. La rivolta dei comunisti birmani e la guerra ci vile da essi mossa al regime nazionalista progressivo di . Rangoon non era i atti giustificata dalla situazione interna,[...]



da Voce enciclopedica di G.Pr [Giovanni Primavera], Siria in Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S)

Brano: [...]vogliare gran parte del bilancio dello Stato nelle spese militari, con grave pregiudizio per lo sviluppo economico complessivo del paese.
Cenni storici
Sede di antiche civiltà e bene amministrata dagli occupanti arabi tra il VII e il XV secolo, dal 1516 la Siria venne occupata dai turchi, subendo da allora un processo di decadenza protrattosi fino al dissolvimento dell'Impero Ottomano seguito alla Prima guerra mondiale. Già da alcuni decenni i nazionalisti arabi lottavano per l'indipendenza del paese e il 30.9.1918 i guerriglieri beduini, capeggiati da Faisal (figlio del re dell'Arabia) e dall'agente britannico D.H. Lawrence, a fianco delle truppe inglesi comandate dal maresciallo E. Hinman Allenby (futuro alto commissario per l'Egitto e il Sudan), entrarono a Damasco. Nel luglio 1919 il Congresso nazionale siriano, riunito nella Capitale, rivendicò l'indipendenza politica per uno Stato comprendente i territori degli attuali Siria, Libano, Giordania e Israele, da erigersi In unica monarchia costituzionale sotto Faisal, ma tale progetto fu respi[...]

[...]za politica per uno Stato comprendente i territori degli attuali Siria, Libano, Giordania e Israele, da erigersi In unica monarchia costituzionale sotto Faisal, ma tale progetto fu respinto dalle potenze colonialiste che si contendevano il dominio dell'intero settore. In effetti fin dal 1916 (accordo segreto SykesPicot) i governi di Francia e Gran Bretagna avevano deciso di spartirsi tra loro tutta la vasta regione, tradendo le promesse fatte ai nazionalisti arabi per indurli a combattere i turchi: in base al piano segreto già previsto, Iraq, Palestina e Transgiordania passarono così sotto tutela britannica, mentre Siria e Libano furono affidati a un "mandato" francese che praticamente riduceva entrambi i paesi a uno stato di soggezione coloniale.
Nella nuova situazione, il Congresso nazionale siriano proclamò l'indipendenza della SiriaPalestina, ri
conoscendo il diritto del Libano a una certa autonomia, ma tale decisione non venne accettata dalla Francia e, nel luglio dello stesso anno, un corpo di spedizione francese occupò Damasco. Faisal, e[...]

[...]ga e nel 1921 divenne, al servizio del governo britannico, re dell'Iraq (v.).
L'occupazione francese
Per meglio controllare la complessa situazione siriana, i francesi divisero amministrativamente il paese in quattro "stati" (Damasco, Aleppo, la zona Alauita, il Jebel AdDuruz). Inoltre essi formarono lo "stato" del Grande Libano unendo una parte dell'ex provincia (vilayet) ottomana della Siria con la provincia di Beirut e il monte Libano, ma i nazionalisti siriani si opposero a queste decisioni e per tacitarli, nel 1924, i francesi accettarono che Aleppo e Damasco venissero riunite. Fra il 1926 e il 1927 i drusi si ribellarono a loro volta e l'insurre, zione si estese fino a raggiungere Damasco, che venne bombardata dai francesi.
Nel 1928, con l'autorizzazione della potenza mandataria, fu infine eletta un'assemblea costituente. I nazionalisti, che in essa avevano ottenuto una larga maggioranza, vararono una costituzione contraria al mandato, ma le autorità francesi ne rifiutarono il riconoscimento, imponendone un'altra molto più moderata che manteneva la divisione amministrativa da essi prevista. Nel 1932 le elezioni politiche videro l'affermazione delle forze moderate, pesantemente sostenute dai francesi, ma l'anno seguente, in risposta alle fortissime proteste dei nazionalisti, contrari all'elezione di un presidente della repubblica collaborazionista, i francesi sospesero addirittura la costituzione.
Nel 1936, dopo un altro periodo di rivolte (peraltro endemiche) venne concluso tra i siriani e le autorità di occupazione un trattato che prevedeva l'inclusione dello Stato alauita e di quello druso nella repubblica siriana, ma tale trattato non fu mai ratificato dal Parlamento francese. Ulteriori proteste dei nazionalisti si ebbero nel 1939, in seguito alla cessione della zona di Alessandretta alla Turchia.
Dopo l'inizio della Seconda guerra mondiale truppe britanniche e della Francia Libera occuparono di comune accordo Siria e Libano. Per assicurarsi l'appoggio dei nazionalisti allo sforzo bellico, nel settembre 1941 il generale francese Catroux proclamò l'indipendenza formale della Siria, comprendente tutti i quattro Stati (Aleppo, Damasco, zone alauita e drusa), rinviando però l'attuazione pratica del provvedimento alla fine della guerra. Nel marzo 1943 venne ripristinata la costituzione e, nelle elezioni del luglio, il Blocco nazionale conquistò la maggioranza, eleggendo alla presidenza della repubblica Shukri Al Quwali. Le truppe francesi abbandonarono il paese nel 1946.
Secondo dopoguerra
La sconfitta dei paesi arabi nella guerra araboisraeliana del 1948 (v. [...]

[...]a gli intellettuali e i ceti medi progressisti. L'adesione alla R.A.U.
e l'infelice esito di tale esperienza avevano provocato all'interno del nuovo partito gravi tensioni, esplose nel colpo di stato dell'8.3.1963, sostenuto appunto dalla sua ala radicale.
In seguito al colpo di stato del marzo 1963 si formò un governo guidato dal colonnello (ora generale) Feisal Al Atassi e risultò costituito da una coalizione di "ba'thisti", di militari e di nazionalisti filonasseriani. Quando questi ultimi, il 18.7. 1963, tentarono con un nuovo colpo di stato di impadronirsi completamente del potere, furono sconfitti
e il loro fallimento rinforzò il Ba'th, che portò alla presidenza del C.N. C.R. Amin Al Hafiz. Nell'aprile 1964 fu promulgata una nuova costituzione (provvisoria) che assegnava il potere legislativo al C.N.C.R. e vennero al tempo stesso avviate misure di nazionalizzazione e di ri, forma agraria di tipo socialista. Queste misure provocarono in diverse parti del paese (soprattutto fra gli artigiani e i commercianti della città, per lo più sunniti[...]



da Francesco Cataluccio, Il Congo Belga nel nazionalismo africano in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...]a in una so
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FRANCESCO CATALUCCIO
cietà di colore in espansione. La differenza dall'Algeria è che qui ìl problema è affrontato nella fase finale dell'evoluzione politica indigena ed ha il carattere della caotica e pur puntigliosa reazione a un destino imminente — reazione che é incapace di scorgere e tentare un piano di compromesso —, mentre nel Sudafrica l'impegno della minoranza bianca è rivolto a stroncare in sul nascere ogni velleità nazionalistica della maggioranza negra, a bloccare tutte le vie capaci di portare alla maturazione d'una coscienza politica degli indigeni di colore. L'apartheid o separazione delle razze è lo strumento di tale politica. Il governo nazionalista sudafricano, che ne é l'assertore, parte da una posizione critica verso gli stati colonizzatori europei i quali, con le loro velleità di assimilare, di seminare nell'ambiente indigeno i valori culturali morali religiosi sociali dell'Europa, hanno preparato la strada alla rivolta, all'emancipazione delle popolazioni sottoposte al controllo coloniale, e afferma che n[...]

[...] territorio, a meno che il gruppo etnico bianco non voglia attendere fatalisticamente il momento della propria totale estromissione; e poiché l'obiettivo di assimilazione non é proponibile in un Sudafrica che ha soltanto 2.906.000 bianchi tra i 14 milioni di abitanti, unica soluzione realistica é la separazione delle razze che mantenga il predominio politico economico e culturale del gruppo etnico bianco. Come è maldestra la cornice morale che i nazionalisti sudafricani danno alla loro politica di apartheid quando sostengono che li preoccupa l'interesse degli indigeni ad approfondire e sviluppare le loro tradizioni culturali, non di snaturarle con esigenze e problemi di altre culture e civiltà, capaci di creare nel loro animo inquietudine spirituale, aspirazioni fittizie sproporzionate alla realtà del loro intimo processo evolutivo, così appare irreale la loro previsione che i gruppi etnici di colore del Sudafrica siano con l'apartheid tagliati fuori dal movimento di emancipazione politica delle popolazioni africane e si adagino nell'indefinita a[...]

[...]ce, ma accresce perplessità e suggerisce piuttosto propositi di più ferma resistenza, non bene mascherati dagli accenni ai necessari adattamenti della politica indigena (dichiarazione governativa del 18 novembre 1958 e costituzione
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IL CONGO BELGA NEL NAZIONALISMO AFRICANO 141
d'un gruppo di lavoro per lo studio dei problemi politici nel Congo Belga).
Sul più accentuato dinamismo dell'Abako influisce indubbiamente anche l'ulteriore sviluppo nazionalistico dei vicini territori dell'Africa equatoriale francese, che giunge all'epilogo vittorioso con la nuova costituzione francese dell'ottobre 1958. È proprio alle porte di Leopoldville, a Brazzaville, che il gen. de Gaulle annunzia solennemente la sua politica di rottura radicale con il vecchio colonialismo in Africa. Alla testa dei due territori del Congo e dell'UbanghiSciari, divenuti stati indipendenti — il secondo col nome di Repubblica centroafricana — membri della Comunità francoafricana, vi sono due personalità, rispettivamente l'abate Youlou e B. Boganda (perito poi in un incidente aereo[...]

[...]entrale — « e sono divenuto ubanguiano. Una parte della mia tribù si trova nel Congo belga, un'altra nell'antico territorio dell'Ubangui e un'altra ancora al Ciad. Ma è la lingua francese e la nostra comune cultura latina che costituiscono per noi dei legami fondamentali. Ed è perciò ch'io credo fermamente all'avvenire di quella che si dovrà chiamare Africa latina, così come si parla di America latina ».
È problematico che possa avere eco fra i nazionalisti congolesi un progetto del genere, come anche del resto quello Lari del
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FRANCESCO CATALUCCIO

Youlou, ma costituisce ugualmente una manifestazione dell'esigenza di avvicinamento, di collaborazione tra le diverse forze politiche di questo settore africano. Se è soltanto frutto della tendenza belga ad attribuire a influenze esterne la perdita della « buona salute » del Congo, l'affermazione di un ministro di Bruxelles relativa alla responsabilità dell'abate Youlou nell'evoluzione dello stato d'animo congolese, è certo però che frequenti divengono i contatti nella seconda metà d[...]

[...]zione di un consiglio legislativo corrispondente ad un senato. Per taluni, a Bruxelles, il programma brucia troppo le tappe, mentre per altri non tiene abbastanza conto delle esigenze sociali ed economiche. Nella colonia invece, come ho già accennato, per motivi diversi esso provoca, sia nell'ambiente africano che in quello bianco, perplessità e, in certi settori, aperta ostilità.
Ma il programma pone come prima esigenza la liberazione dei capi nazionalisti incarcerati, sia perché è la condizione per trarre tutti gli effetti psicologici verso la distensione degli animi che il programma governativo si propone, sia perché quei capi sono i soli validi interlocutori, capaci di dare col loro consenso efficacia pratica al programma stesso. Durante la sua visita nel Congo, il ministro Van Hemelrijk, dopo la ricordata esperienza con i rappresentanti dell'Interfédérale, va a chiedere in carcere a Kasavubu il parere sul programma governativo e gli propone un
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piano in vista dell'indipendenza. Il capo dell'Abako si dichiara favore[...]



da Kabaktceff (delegato dei comunisti bulgari e delegato come membro del Comitato della Terza Internazionale) [traduzione dal francese dell'onorevole Misiano], Discorso Kabaktceff in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...]o (e tale potrebbe parere a chi non conosce le nostre discussioni, a chi non sa come noi poco rispettiamo tutte le autorità, come siamo per eccellenza individualisti ed anarchici di temperamento), queste interruzioni potrebbero far credere che noi non abbiamo argomenti da opporre agli argomenti che questa relazione porta. Tali argomenti sono svolti in una forma alla quale non siamo abitua
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ti, ma dobbiamo abituarci un poco alla forma internazionalistica, dobbiamo abituarci a sentire i compagni nostri degli altri paesi. Siamo abituati ad una forma piú cortese, piú molle, piú aleatoria. D'altra parte invece, altri è abituato ad una forma rude. Accettiamo anche la forma rude: risponderemo con la nostra forma e dimostreremo di avere ragione.
Per queste ragioni, mi unisco completamente alla raccomandazione fatta dal compagno Kabaktceff ed a quella fatta dalla Presidenza del Congresso, acciocché questa nostra adunanza continui ad essere serena, pacifica, tranquilla, ed in essa tutti quanti possano esprimere largamente, con la massima libertà, l[...]

[...] riparare i loro errori e combattere per gli interessi delle masse lavoratrici. Il Congresso, invitando le masse lavoratrici turche e di tutto l'Oriente a sostenere il movimento generale, nazionale e rivoluzionario, chiama i contadini e gli operai della Turchia ad unirsi in organizzazioni indipendenti ed essere pronti a continuare la lotta fino all'emancipazione definitiva ».
Come vedete, la I.C., non soltanto ha respinto ogni legame con i capi nazionalisti turchi e del Partito giovane turco, coinvolti nella guerra imperialistica, ma ha condannato i suoi capi ed ha insegnato alle masse lavoratrici turche di essere caute verso la politica nazionalista delle classi dominanti.
No, compagno Serrati, la I.C. non vi chiede di cessare la lotta contro la borghesia nazionalista ed ancor meno di concludere l'unione con essa. Al contrario vi chiede di lottare con un'energia maggiore, con intransigenza e con coraggio contro la politica nazionalista ed imperialista della borghesia italiana; vi chiede di opporvi con tutte le forze alla politica di confisca d[...]



da Camillo Pisani, Turchia. Un pilastro corroso in KBD-Periodici: Rinascita 1971 - 3 - 12 - numero 11

Brano: [...]iali non esistono) assommano a circa 60.000 uomini; Washington dispone sul territorio turco di cinque basi ufficiali e di un numero imprecisato di basi clandestine, soprattutto in prossimità del confine con l'URSS. All'interno di queste basi e nelle città dove esistono forti nuclei di americani, civili e soldati, questi sono soggetti solo alle leggi americane. E questo spiega perché certe parole d'ordme giovanili, soprattutto quelle di carattere nazionalistico, trovano sovente larga eco anche in ambienti non di sinistra: per esempio settori nazionalisti del Partito repubblicano e anche delle forze armate.
A seguito degli episodi del 20 febbraio e del 3 marzo (il rapimento dei cinque avieri USA, quattro dei quali sono stati rilasciati) è venuto fuori per la prima volta il nome di un « Fronte di liberazione popolare turco ». Su di esso non si hanno al momento altre indicazioni che quelle fornite dallo stesso FLPT in occasione del più recente rapimento: « O il governo si dimette e si creano condizioni serie per difendere la sovranità del nostro paese e garantire il progresso della società turca, oppure le azioni del 20 febbraio e del 3 marzo s[...]



da Romano Ledda (a cura di), Dossier NATO in KBD-Periodici: Rinascita 1969 - 5 - 9 - numero 19

Brano: [...]piegamento nazionale gollista, espressione di un insorgente conflitto interirnperialista, oltre che di una diver nte veduta sui problemi mondiali, ha costituito la spinta principale. Ma a essa se ne sono aggiunte altre, per esempio nella destra della Germania occidentale, determinate dal risentimento e dalla paura che gli impegni globali degli USA comportino un « disimpegno » americano in Europa, che metterebbe in crisi il revanchismo.
Riflussi nazionalisti, esigenze di autonomia nazionale, spinte economiche oggettive, spunti revanchisti, preoccupazioni reazionarie si sono confusi insieme scuotendo le strutture politiche (me
no quelle militari) della NATO. Neanche gli avvenimen
ti cecoslovacchi — che pure
hanno avuto un peso nel « rilanciare » gli impegni milita
ri e far passare antiche ri
chieste degli Stati Uniti agli alleati europei — hanno potuto attenuare la portata di questa crisi nè sminuire le esigenze di una « modifica »
o « riforma » della NATO. Non vi è dubbio, in questo senso, che anche gli Stati Uniti av vertono la necessità d[...]



da g. s., Il nemico di Cipro è la politica inglese [sopratitolo: Intervista con il deputato dell'EKEL Demetriades] in KBD-Periodici: Rinascita 1964 - 3 - 7 - numero 10

Brano: [...]e dà diritto. Ma non devono essere diritti esorbitanti e inaccettabili e soprattutto la minoranza turca deve essere liberata dalla sua condizione di massa di manovra in mano agli sciovinisti ed agli imperialisti stranieri. L'unione del resto era un fatto già realizzato nel sindacato maggioritario di Cipro ove lavoratori greci e turchi difendevano assieme le loro condizioni di vita. E' stata soltanto l'opera sobillatrice dei leaders sciovinisti e nazionalisti turchi che ha prodotto una separazione ed ha costretto i lavoratori turchi ad abbandonare progressivamente il sindacato unitario per tema di rappresaglie che sono arrivate fino all'assassinio ».
« La lotta oggi a Cipro — conc/ude il parlamentare dell'EKEL — non" e fra greci e turchi ma al di là del terrorismo, degli attentati e del tragico bagno di sangue di cui l'isola è teatro, è una lotta dèl popolo di Cipro contro gli imperialisti. Cipro, con le sue basi militari britanniche in cui sono depositate anche armi nucleari, è prigioniera della politica di accerchiamento dell'URSS e di difesa d[...]



da Asiaticus, Due tesi sull'evoluzione dei paesi ex-coloniali. [sopratitolo: "democrazia nazionale" e "Nuova democrazia"] [sottotitolo: Diverse vie di sviluppo per i popoli del Terzo mondo - Dalla democrazia al socialismo. Le prime esperienze storiche in Mongolia, Cina e Turchia - Il ruolo dirigente del proletariato] in KBD-Periodici: Rinascita 1963 - 1 - 26 - numero 4

Brano: [...]ppaiono dunque chiaramente. Ma vale egualmente la pena, ci pare, di precisare il contesto in cui esso è stato elaborato e formulato.
Questo concetto si inserisce innanzitutto, molto nettamente, nella linea generale del XX Congresso del Partito comunista sovietico. Questo congresso si è vigorosamente pronunciato contro gli atteggiamenti settari nei confronti delle borghesie nazionali dei paesi coloniali e dipendenti e nei confronti dei movimenti nazionalisti a direzione non comunista in questi paesi. La dichiarazione degli 81 insiste molto sul fatto che i partiti comunisti di questi paesi accettano, per un periodo che può essere lungo, un regime che non è socialista, e che essi lottano oggi per l'istaurazione di un regime che sia indipendente e democratico.
Il concetto di democrazia nazionale è anche un contributo alla discussione che si è recentemente aperta nel movimento operaio, sulla questione delle vie della rivoluzione nei paesi del Terzo mondo.
La dichiarazione
degli 81 partiti
Infine, e si tratta anche qui di temi che sono attualmente[...]



da Jacques Howlett, I comunisti e la lotta contro il colonialismo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 5 - 1 - numero 8

Brano: [...]ro il colonialismo, ma, per quanto concerne i metodi di questa lotta, esistono due correnti (32): la cor
(32) DAVID DIM', Etudiant africain devant le fait colonial, in «Présence Africaine », n. 14, Paris 1953.
80 JACQUES HOWLETT
rente nazionalista e la corrente progressista. I progressisti, raggruppati nell'associazione degli studenti R.D.A., non separano la propria lotta da quella del proletariato mondiale e del partito che li rappresenta. I nazionalisti, senza sconfessare certe posizioni comuniste, si preoccupano tuttavia di porre in risalto certe differenze del loro atteggiamento di fronte al fatto coloniale. In un articolo il cui titolo è già un programma: u L'unica via d'uscita: l'indipendenza totale. Il solo mezzo: un vasto movimento d'unione antiimperialista » (33), Maghemout Diop esprime nettamente queste distinzioni: l'unanimità circa l'antiimperialismo non impedisce ai comunisti e ai popoli coloniali di avere atteggiamenti differenti di fronte al capitalismo. Gli obbiettivi immediati non sono gli stessi. Per i comunisti, la lotta ess[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine nazionalisti, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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