Brano: IL CONGO BELGA NEL NAZIONALISMO AFRICANO
Dal punto di vista dell'osservazione politica vi sono due Africa: un'Africa vista nel complesso, come continente, con problemi comuni ad ogni sua parte, ed é l'Africa più conosciuta, che viene in genere identificata col mondo coloniale, che presenta le zone mondiali culturalmente ed economicamente più depresse, che polarizza sempre più la rivalità politicoeconomica delle potenze attratte dalla sua posizione geografica e dalle sue crescenti possibilità di produttrice di materie prime e di mercato di assorbimento; e un'altra Africa, meno unitaria e più caratterizzata nelle parti. con [...]
[...]piano sono soprattutto i paesi — Ghana, Guinea, Nigeria — che hannoraggiunto o sono prossimi a raggiungere il primo e fondamentale obiettivo dell'indipendenza.
Naturalmente, l'armonia di posizioni tra i diversi nazionalismi. africani, da facile e pronta qual é sul terreno della lotta anticoloniale, si inceppa non poco allorché si passa all'esame del coordinamento strutturale tra i nuovi stati, dei lineamenti territoriali o culturali o umani del nazionalismo africano, dei mezzi per individuare e tutelare le singole nazionalità. Come suole accadere, sulla varietà di prese di posizione incidono interessi locali e tribali, talune cristallizzazioni di esperienze compiute durante il regime coloniale, particolari valutazioni degli interessi collettivi connessi alla. origine sociale dei gruppi politici impegnati nella discussione, certa differenziata impostazione dei problemi derivante dalla situa zione economica e dal grado di sviluppo culturale di ciascuna popolazione.
Sotto gli aspetti culturale sociale politico, non è possibile immaginare area più [...]
[...]pettare, ma toglie d'altra parte ogni punto di riferimento sicuro per il successo politico delle iniziative da prendere, rende problematico l'innesto di idee moder, ne sulla vecchia organizzazione di vita, minaccia continui trabocchetti a costruzioni statali o nazionali che pur rispondono a premesse e impulsi di genuina validità. La realtà é che, a differenza del continente asiatico, in Africa, specie nell'Africa nera, ha pre
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valso la civiltà tribale, la formazione di gruppi umani ristretti e isolati i quali, anche se eccellenti culturalmente, non hanno mai posseduto la tecnica di trattare grandi spazi, di unificare e amministrare grandi concentrazioni umane. Soltanto oggi, per la prima volta, gli africani si pongono il problema della organizzazione unitaria di vaste aree africane; ma se lo pongono in uno stato d'anima emotivo concitato quale può derivare dal ritrovarsi dopo una latta assai aspra contro la potenza coloniale — talvolta resa più aspra dalla resistenza psicologica e sociale di parte del[...]
[...] di definirsi nazionalmente.
A tre dei molti congressi riunitisi di recente conviene accennare, come a quelli che meglio hanno puntualizzato i due aspetti dell'attuale evoluzione africana, la rottura cioè del vincolo di dipendenza coloniale e la organizzazione politica dell'Africa divenuta arbitra della sua vita.
Il primo si è svolto a Accra capitale del Ghana dall'8 al 13 dicembre 1958 sotto la presidenza d'una forte personalità dell'odierno nazionalismo africano, il kenyese Tom Mboya. Preceduto (1522 aprile), nella stessa Accra, da una conferenza degli stati già giunti all'indipendenza, e definito « conferenza panafricana » in effetti vi hanno preso parte, attraverso duecento delegati, venticinque paesi del continente — il congresso ha presentato un netto obiettivo anticoloniale, ha mirato cioè a preparare, secondo l'espressione del suo promotore, il primo ministro ghanese Kwame Nkrumah, « l'assalto finale all'imperialismo e al colonialismo ». La dichiarazione conclusiva della conferenza è perentoria nell'atto di accusa contra il regime colo[...]
[...] che ha luogo dal 16 al 23 marzo 1959 a Ibadan, capitale della Nigeria occidentale e sede della più attrezzata università dell'ovest africano, sotto l'egida del Congresso per la libertà della cultura. Il tema di studio della riunione, « Governo rappresentativo e progresso nazionale », consente di esaminare, tra gli altri, i problemi della tribù, della nazione e della federazione. Universitari e uomini politici, partendo dalla
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constatazione che i nuovi stati africani sorgono da una geografia politica arbitraria artificiosa, dettata in gran parte dal giuoco di spartizione e di equilibrio di potenza dei governi coloniali nel sec. XIX, si sforzano di individuare l'entità dell'ostacolo creato dalle diverse esperienze politiche e dalle diverse situazioni linguistiche e culturali al raggruppamento dei nuovi organismi nazionali. Lo studio del problema porta al tentativo di definire la « personalità africana », al confronto tra la teoria del panafricanismo di Giorgio Padmore, la teoria della negrità di Leopol[...]
[...]zioni che ha dominato le discussioni. La risoluzione finale suggerisce di: ristudiare scientificamente la storia dell'Africa; formare gruppi di storici; istituire archivi e biblioteche; riprendere in esame i sistemi associativi di base e soprattutto la democrazia comunitaria per elaborare forme nuove di vita comune; orientarsi nel grande intreccio di oltre seicento lingue e dialetti dell'Africa, scegliendo per i suoi elementi
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comuni quella lingua (swaili, bambara, ulof, malgascio, senegalese) che possa diventare in breve lingua continentale attraverso l'insegnamento obbligatorio in tutte le scuole africane; curare il passaggio dalla forma orale a quella scritta delle opere letterarie; sviluppare il dialogo ai fini d'una comprensione reciproca tra le religioni cattolica, protestante, musulmana e animista prevalenti in Africa. In definitiva il congresso dice agli africani: siate cattolici, siate marxisti, siate fedeli a qualsiasi ideologia che soddisfi le vostre esigenze intellettuali e morali, ma afri[...]
[...](Maghreb unito), la Federazione della Rhodesia e del Niassa, il progetto britannico di federazione dell'Africa orientale (Kenya Tanganika e Uganda) avviato dalla creazione dell'East Africa High Commission che coordina ventotto rami amministrativi dei tre territori tra cui i trasporti aerei le dogane la difesa le poste i servizi radiofonici le ferrovie le comunicazioni fluviali la statistica e l'istruzione superiore, la Federa
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zione etiopoeritrea, l'integrazione del Togo britannico nel Ghana, l'annessione del territorio di mandato dell'Africa sudoccidentale extedesca da parte del Sudafrica, la richiesta sudafricana d'incorporazione dei Protettorati britannici di Basutoland Bechuanaland
e Swaziland; e, in data più vicina, il progetto di federazione tra Ghana e Repubblica di Guinea «come nucleo della creazione degli Stati Uniti dell'Africa occidentale », la Federazione del Mali tra Senegal e Sudan e i progetti di Unione Benin (Dahomey Niger
e Togo) e di Stati Uniti dell'Africa latina (Africa equatori[...]
[...]perno talvolta non su impulsi nazionali ma su preoccupazioni tribali o su interessi settoriali sia economici sia personali. Spesso il movimento centrifugo si sviluppa in vista di altri e più connaturali raggruppamenti: è il caso delle popolazioni somale dell'Etiopia, che parteciperebbero volentieri a quella Confederazione della grande Somalia che dovrebbe raggruppare, secondo progetti attribuiti al presidente egiziano Nasser,
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le tre Somalia (francese, britannica e in amministrazione fiduciaria italiana), l'Eritrea, l'Ogaden e parte del Kenya.
Un terzo elemento determinante della evoluzione dell'Africa è il problema dei rapporti interrazziali. Tale problema si presenta con caratteristiche diverse in Algeria, nel Sudafrica, nell'Africa centrale britannica (Rhodesia) e nell'Africa orientale britannica (Kenya), ma in tutti e quattro questi territori provoca la stessa conseguenza di allontanare nel tempo la formazione di stati africani indipendenti, e rappresenta quindi il settore in cui la colonizzazion[...]
[...] la assoluta identificazione dei due interessi, sul piano dei coloni: « l'Algerie c'est la France ». Tanto più agevole è stata l'identificazione per il fatto che la ricchezza mineraria del sottosuolo sudalgerino, ognora più ampia di promesse positive, ha dato solidi puntelli al patriottismo algerino. Ciò però interessa la formulazione d'una politica della Francia per l'Algeria, indica il sopravvento preso in Francia dalle correnti più avverse al nazionalismo arabo, ma non imposta una soluzione valida anche per l'altra parte, o meglio, prospetta una soluzione opposta agli obiettivi degli algerini arabi, lasciando quindi alla prova di forza la decisione del problema. « C'est que l'Europe », osservava J. Amrouche durante l'assemblea della Società europea di cultura a Parigi nel settembre 1953, « hors d'Europe est l'antiEurope; elle est contre l'Europe, renie l'Europe ».
Negli stessi termini, sostanzialmente, il gruppo etnico bianco del Sudafrica pone il problema della minoranza bianca in una so
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cietà di colore in espan[...]
[...]uietudine spirituale, aspirazioni fittizie sproporzionate alla realtà del loro intimo processo evolutivo, così appare irreale la loro previsione che i gruppi etnici di colore del Sudafrica siano con l'apartheid tagliati fuori dal movimento di emancipazione politica delle popolazioni africane e si adagino nell'indefinita accettazione della supremazia della minoranza.
Partendo dalla constatazione che l'indirizzo sudafricano ha
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per sola conseguenza l'esasperazione dei rapporti razziali e che, se rinvia il problema dell'emancipazione indigena, lo porrà però a suo tempo in termini non di conciliazione di interessi e di vantaggiosa coesistenza ma di violenta eliminazione del gruppo bianco — e se io tiro troppo la corda dalla parte mia », ha ricordato di recente un alto funzionario coloniale belga, «il giorno in cui sono costretto a lasciarla, ebbene, essa va molto lontano anche dalla parte opposta » —, la Gran Bretagna si é sforzata di avviare i suoi territori dell'Africa centrale e orientale, anche su so[...]
[...]erienza di collaborazione interrazziale, di partnership. Al tentativo di conciliazione di interessi hanno nociuto e nuocciono, tuttavia, certa tendenza delle autorità locali britanniche a considerare la partnership come un mezzo di prolungamento del governo coloniale e l'evidente impulso di alcuni settori di coloni a trasformarla in uno strumento avente gli stessi fini dell'apartheid, la permanente supremazia della minoranza bianca. Se perciò il nazionalismo africano è in aperta lotta contro le posizioni di indubbio contenuto colonialistico, quali si affermano a Algeri e a Pretoria, diffida di un interazzismo che non ha rotto con tutte le velleità colonialistiche. Nella sua autobiografia Kwame Nkrumah oppone a Aggrey, il cui insistente messaggio politico è la collaborazione tra le razze bianca e negra, la tesi che tale collaborazione e può esistere soltanto quando la razza negra tratta su un piede di uguaglianza con la razza bianca » e che « soltanto un popolo con un governo proprio può pretendere uguaglianza, razziale o di altra natura, con un a[...]
[...]rdere le residue posizioni di governo coloniale, sia pure adattandole alle nuove situazioni di fatto, e la esigenza, alla quale sono più sensibili i governi come lo statunitense che non hanno in Africa posizioni coloniali da difendere, di non compromettere i futuri rapporti di collaborazione
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con la comunità di stati africani, e di non lasciare che si convoglino vieppiù verso i governi comunisti interessi e simpatie del nazionalismo africano già fortemente influenzato dall'aperta solidarietà comunista alle sue aspirazioni e dalla dottrina marxista circa la lotta nazionale dei popoli oppressi dall'imperialismo. Della volontà conservatrice, adattata alla mutata situazione dell'equilibrio delle forze, sono manifestazioni, oltre all'impegno di riforme delle singole potenze coloniali — che ha negli accennati programmi federativi e nella recente creazione della Comunità francoafricana esempi di rilievo — gli sforzi per affrontare con piani concordati i problemi difensivi ed economicosociali riguardanti il continente nero. In c[...]
[...]ione dei loro problemi, di legare i propri interessi ai loro interessi in divenire, di stabilire un rapporto, possibilmente una conciliazione, tra le loro esigenze e i propri interessi politicoeconomici, di precisare in definitiva la propria linea di condotta di fronte ai vari aspetti in cui si articola la realtà africana, dal problema dell'autonomia dei territori dipendenti a quello degli aiuti necessari ai paesi sottosvilup
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patì, dalla discriminazione razziale in alcuni territori alla possi bilità e ai principi basilari di stati plurirazziali.
Non c'è alcun segno che gli stati del blocco occidentale, nel. loro complesso, si siano posti, per risolverlo, il problema d'una concreta politica africana, nei numerosi rivoli in cui questa si scinde e va coordinata. A cominciare dagli stati che mantengono controlli sovrani su settori dell'Africa — se si esclude in parte la Gran Bretagna che segue da vicino e senza apriorismi le varie situazioni del continente —, la cui politica africana sembra ridursi a un[...]
[...]erplessità politiche e psicologiche dello stato colonizzatore nel passare da una politica di puro governo coloniale a un riconoscimento degli interessi preminenti indigeni, sono oggi individuabili nel Congo belga nella fase di avvio, di prima maturazione. La problematica di questi aspetti di vita è meno vivace e perentoria che in altri territori africani, ma per ciò stesso può essere colta nella sua più umana e logica radice.
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Forse in nessun altro territorio africano, quanto nel Congo, il regime coloniale ha trovato un ambiente più comodo e adatto per insediarsi e svilupparsi. Il Congo appariva davvero come un vastissimo « territorium nullius », isolato dall'esterno coi suoi appena sessanta chilometri di costa rispetto agli oltre novemila chilometri di frontiere terrestri, frazionato politicamente con la sua serie di tribù sparse in grandi spazi e divise da migliaia di chilometri di fitta foresta equatoriale e, se a contatto, ostili l'una a l'altra per ancestrali rivalità. I circa cinquecento trattat[...]
[...]eguono un anno dopo Bukavu, Stanleyville, Coquilhatville e Luluaburg — nessun cambiamento viene apportato alla situazione costituzionale. Il Congo è come pietrificato, politicamente; i marosi che agitano, con due guerre mondiali e rivoluzioni, le acque europee e coloniali, si frantumano sulle dighe massicce che sembrano circondare il grande spazio umano del Congo. Entro il loro recinto il tempo pare essersi fermato e continua
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l'età dell'oro del mondo coloniale. Un belga, J. Labrique, ha puntualizzato di recente nel parigino Le Monde gli elementi costitutivi dell'idilio coloniale congolese, la ricetta pratica di quello che egli definisce « paternalismo integrale » del regime coloniale belga : « Lo StatoProvvidenza e l'ImprenditoreProvvidenza vigilano, con la collaborazione delle missioni cattoliche, sul benessere materiale e morale dell'indigeno. Questi é curato gratuitamente da quando é nel seno materno e dalla fanciullezza fino al letto di morte. È fornito di, alloggio dal suo imprenditore o benefic[...]
[...]lare e irritante che nel Sudafrica, e senza quel gusto della teoricizzazione del proprio programma politico che allarma gli osservatori e scuote psicologicamente i « pazienti », l'orientamento di governo nel Congo belga é una forma di apartheid. Suscita perciò uno scandalo interno la pubblicazione nel 1957, ad opera di Van Bilsen, professore all'università cola niale di Anversa, di un Piano trentennale per l'emancipazione del
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Congo; e costituisce uno scandalo internazionale la decisione dell'Assemblea generale dell'ONU, durante la sessione del 1952, di raccomandare al Comitato per le informazioni sui territori non autonomi — creato nel 1949 col compito di esaminare i dati forniti dalle potenze amministratrici sulle condizioni economiche sociali e culturali dei territori loro sottoposti — di raccogliere anche indicazioni dettagliate sul modo in cui le popolazioni indigene godono del diritto all'autodecisione. Il Belgio, punto sul vivo, dichiara di non volere più partecipare ai lavori del Comitato. Ema[...]
[...]era vita della colonia ed é arbitra delle direttive di governo. Non é, il Congo, colonia di popolamento, non serve per obiettivi strategici, ma funziona come una coraggiosa impresa economica e la sua ragion d'essere é legata alla tutela degli interessi economici che vi si sono trasferiti e sviluppati. La finalità della colonia del Congo spiega bene la politica belga nel Congo. Probabilmente, se Bruxelles avesse la certezza che la formazione d'un nazionalismo congolese e il suo sbocco nella creazione di uno stato africano non alterassero le condizioni di espansione dell'iniziativa industriale, lo sforzo ombroso di neutralizzare qualsiasi evoluzione politica dei congolesi farebbe posto a una maggiore flessibilità di vedute politiche. La preoccupazione politica di salvaguardare il patrimonio economio, inoltre, suggerisce l'accettazione, nel 1944, di un accordo con gli Stati Uniti — accordo rinnovato alla sua scadenza, dopo dodici anni — che trasferisce a questi ultimi l'intera disponibilità della produzione di uranio :del Congo, la più alta del mond[...]
[...]ione indigena non interessa che come massa di manodopera alla quale assicurare un graduale miglioramento di vita ma non una libertà capace di turbare l'ordinato ritmo produttivo. Tutti sono imbarcati su una stessa nave e tutti hanno il solo dovere di produrre sempre più e sempre meglio. E in effetti gli indici di produzione agricola e industriale del Congo mostrano un progresso costante. Se in agricoltura 14 mila coloni
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coordinano il lavoro di 350 mila negri, con forti produzioni di cotone caffè gomma cacao essenze pregiate, nell'industria la marcia produttiva è più spettacolare: 192 milioni di tonnellate di rame, 14 milioni di tonn. di stagno (la seconda cifra nel mondo), 5 milioni di tonn. di cobalto (il 75% della produzione mondiale), 89 milioni di tonn. di zinco, il 56% della produzione mondiale di diamanti industriali, una forte aliquota di tungsteno, e poi la ricordata maggiore produzione mondiale di uranio, estratto nei giacimenti di Shinkolobwe da un minerale che ne contiene dal 60 all'80%[...]
[...] nella collaborazione degli indigeni. Al pesante sgretolamento dell'edificio coloniale per ogni dove in Africa, viene contrapposto l'armonioso cammino congolese. Soltanto i fatti contano, e il Congo é li a smentire chi corre dietro a idee di ineluttabilità del dissolvimento coloniale. Il Congo prospera perché non vi sono teste calde politiche, e le teste calde politiche non germinano perché la potenza coloniale sa tenere l'am
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biente disinfestato moralmente e sa rendersi conto che occorre assicurare a tutti lavoro e dare graduali soddisfazioni alla esigenza di miglioramento materiale e spirituale degli indigeni.
Concentrazione di operai nei grossi centri abitati, in conseguenza dell'industrializzazione, contatto di questi operai con i colleghi bianchi, formazione di una piccola borghesia commerciale e impiegatizia, vicinanza di territori politicamente in fermento, concorrono tuttavia a trasformare sempre più l'ambiente congolese, costituiscono le consuete premesse al passaggio del regime coloniale in[...]
[...]con un programma più radicale, che prevede l'indipendenza immediata e la partenza dei bianchi. Due gruppi politici si fanno portavoce di questo programma: il Movimento nazionale congolese fondato da Patrizio Lumumba, e, più autorevolmente, l'Associazione dei Bakongo per l'unificazione, la conservazione e l'espansione della lingua Kikongo, che si trasforma poco più tardi in Associazione degli originari del Basso Congo (Abako).
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La vivacità delle manifestazioni politiche di questi gruppi e l'ampiezza di adesioni che essi raccolgono nell'ambiente indigeno cancella subito l'oleografica e falsa immagine di un Congo estraniato dall'irrequietudine nazionalista africana. Non resta al governo belga che dare una prova, sia della sua volontà non di escludere una evoluzione politica del Congo ma soltanto di graduarla sulla base di una educazione amministrativa della popolazione, sia del fatto che nell'attuale malcontento per lo status quo non sono implicati che sparuti gruppi di persone mossi più da spirito d[...]
[...]elettorale non spinge il governo belga ad abbandonare la politica dello struzzo e a valutare obiettivamente la realtà al di fuori dei luoghi comuni di comodo e della naturale pigrizia conservatrice, ma accresce perplessità e suggerisce piuttosto propositi di più ferma resistenza, non bene mascherati dagli accenni ai necessari adattamenti della politica indigena (dichiarazione governativa del 18 novembre 1958 e costituzione
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d'un gruppo di lavoro per lo studio dei problemi politici nel Congo Belga).
Sul più accentuato dinamismo dell'Abako influisce indubbiamente anche l'ulteriore sviluppo nazionalistico dei vicini territori dell'Africa equatoriale francese, che giunge all'epilogo vittorioso con la nuova costituzione francese dell'ottobre 1958. È proprio alle porte di Leopoldville, a Brazzaville, che il gen. de Gaulle annunzia solennemente la sua politica di rottura radicale con il vecchio colonialismo in Africa. Alla testa dei due territori del Congo e dell'UbanghiSciari, divenuti stati indipendent[...]
[...]dovuto tenere Kasavubu, Diomi e Lumumba, è accolto come una sfida contro le aspirazioni nazionali congolesi. La reazione si scatena improvvisa con violenza tumultuosa e acre, investendo disordinatamente beni e persone che siano europei. Per due giorni incendi e saccheggi degli africani si frammischiano a cariche e sparatorie, ad arresti ed uccisioni ad opera della polizia e dei reparti paracadutisti accorsi in rinforzo da
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Kamina. Poi, per diversi giorni ancora, strascichi di disordini e di violenza repressiva qua e là per le località del Congo; ed infine, il gran silenzio del coprifuoco, lo stato d'assedio, le carceri colme di rivoltosi, la ripresa del consueto ritmo di vita.
Le sanguinose giornate del gennaio segnano la comparsa sulla scena politica congolese di una volontà indigena distinta e opposta alla volontà dello stato colonizzatore, e capace di porre sul tappeto il problema dell'autonomia del Congo. L'urto violento con l'amministrazione coloniabelga serve anche a consacrare l'Abako come[...]
[...]noranza bianca stanziata nel Congo. Il panico altera le proporzioni della minaccia alle sue posizioni economiche e sociali, spingendo ad atteggiamenti capaci piuttosto di approfondire il solco razziale che di smussare i motivi di contrasto, facendo vedere la salvezza soltanto in una politica di forza, in una dura repressione di qualsiasi gesto autonomistico degli africani. Non manca, tra coloni e funzionari coloniali, chi non
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condivide l'orientamento basato su impulsi di vendetta, ma é sommerso dalla prevalente tendenza a puntare i piedi, a considerare lo spirito di moderazione come una debolezza foriera di distruzione degli interessi bianchi. Una mozione dell'Association des colons, subito dopo gli incidenti, chiede « la costituzione immediata d'un corpo di protezione armata », reclama « il risarcimento integrale dei danni », domanda che « severe misure siano prese contro tutti i responsabili » e che « lo stato di assedio sia proclamato immedia tamente in caso di ripresa dei disordini »; proclama in[...]
[...]a loro terra e della loro assunzione graduale di responsabilità di governo. La soluzione di questo problema è data, il 13 gennaio, da un programma esposto in un messaggio di re Baldovino e in una dichiarazione alla Camera del primo ministro Eyskens. È un programma sufficientemente chiaro nella sostanza ma espresso in forme « interlocutorie », tali da permettere successivi accomodamenti. Due sono gli obiettivi generali da esso
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espressi: evoluzione politica degli indigeni verso l'autogoverno, e creazione di una comunità belgocongolese che assicuri la presenza duratura del Belgio nella vita del Congo e tuteli permanentemente gli interessi economici belgi nel Congo. Il messaggio del sovrano afferma: « È nostra ferma risoluzione di condurre, senza indugi dannosi ma senza precipitazioni sconsiderate, le popolazioni congolesi all'indipendenza, nella prosperità e nella pace... Pur non esitando ad approvare e assecondare le aspirazioni dei nostri fratelli neri, non possiamo tuttavia dimenticare che il Belgio,[...]
[...]à é che, più numerosa immigrazione bianca o meno, comunismo o meno, il Congo é entrato ormai nel gran movimento di decolonizzazione che domina l'Africa. Il movimento indigeno congolese può essere valutato in modi diversi, come forza politica, può apparire più o meno privo di centro di gravità organizzativo, caotico nei suoi interessi tribali, confuso nei suoi obiettivi nazionali, ma ha raggiunto in modo netto il momento di
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frattura psicologica col regime coloniale. Per incerti che possano essere i modi di convergenza concreti dei suoi impulsi, é certo che si tratta di solidi impulsi di emancipazione. Saranno le circostanze di lotta a esprimere le forze politiche più valide nazionalmente e gli uomini più adatti a esserne guida. E interesse del Belgio con siderare il passaggio da un ordine di cose all'altro non come un tracollo delle sue fortune ma come una evoluzione, per nulla arbitraria, che può consentire l'ulteriore sua presenza, vantaggiosa per i suoi interessi, ove sia posta in atto una pol[...]