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da Cesare Luporini, La metodologia del marxismo nel pensiero di Antonio Gramsci in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30

Brano: LA METODOLOGIA DEL MARXISMO
NEL PENSIERO DI ANTONIO GRAMSCI
Questo titolo — « la metodologia del marxismo nel pensiero di Gramsci » — potrebbe dar luogo ad un equivoco che è bene eliminare subito. Si potrebbe, cioè, essere indotti ad attribuirci l'intento di ricostruire ciò che è essenziale, filosoficamente, nel pensiero di Gramsci, quale uno sforzo di intendere e interpretare il marxismo alla stregua di una pura o mera metodologia (salvo, naturalmente, a vedere di che cosa esso sarebbe la metodologia).
Tentativi di questo genere, nei riguardi del marxismo, furono fatti, com'è noto, nel passato ed hanno tutta una storia che non sarebbe punto lecito giudicare e tanto meno liquidare in blocco e in astratto, cioè indipendentemente dal contesto di problemi e di indirizzi ideali, e dalle concrete situazioni culturali, in cui sorgevano. Si tratta, apparentemente, di una questione vecchia, ed a qualcuno verrà fatto di ricordare come il Croce, nei suoi scritti intorno al marxismo della fine del secolo, addirittura negasse che il marxismo, o più esattamente il « materialismo storico » (con la qual[...]

[...]nsiderare un « metodo », nel mentre che gli toglieva anche il carattere di « teoria », riducendolo a empirico « canone d'interpretazione storica » (1). Ove, allo storico delle idee, soprattutto interessa la convergenza delle due negazioni, che appare sintomatica di un certo atteggiamento di pensiero in formazione. Infatti più tardi il Croce verrà identificando la « teoria », anzi, la filosofia (tutta la filosofia, cioè la sua filosofia) con la « metodologia della storia ». Quell'abbassamento del marxismo da « metodo » a « canone » conteneva, a fortiori, anche la negazione (con
(1) B. CROCE, Materialismo storico ed economia marxistica, Bari, 19275 (Cfr. particolarmente le pp. XI, .9, 13, 15, 79, 86, 111).
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tro il Labriola con cui Croce era in discussione) che esso fosse una « filosofia », ossia una autonoma concezione delle realtà (2).
Nel clima filosofico odierno la parola « metodologia » si presenta carica di nuove suggestioni e riferimenti determinati a dottrine e tendenze filosofiche che erano ancora poco sviluppate neg[...]

[...] della storia ». Quell'abbassamento del marxismo da « metodo » a « canone » conteneva, a fortiori, anche la negazione (con
(1) B. CROCE, Materialismo storico ed economia marxistica, Bari, 19275 (Cfr. particolarmente le pp. XI, .9, 13, 15, 79, 86, 111).
182 CESARE LUPORINI
tro il Labriola con cui Croce era in discussione) che esso fosse una « filosofia », ossia una autonoma concezione delle realtà (2).
Nel clima filosofico odierno la parola « metodologia » si presenta carica di nuove suggestioni e riferimenti determinati a dottrine e tendenze filosofiche che erano ancora poco sviluppate negli anni di Gramsci e comunque, allora, inoperanti in Italia. Si tratta di interessi sorti su un terreno diverso da quello della ricerca storica e delle scienze umane (politica, economia, sociologia, psicologia ecc.), anche se oggi essi tendono in qualche modo ad investirle: e precisamente delle indagini di carattere logico e «linguistico» intorno alle strutture intime e ai procedimenti delle scienze matematiche e fisiche. Tali indagini sembrano comportare u[...]

[...]nze umane (politica, economia, sociologia, psicologia ecc.), anche se oggi essi tendono in qualche modo ad investirle: e precisamente delle indagini di carattere logico e «linguistico» intorno alle strutture intime e ai procedimenti delle scienze matematiche e fisiche. Tali indagini sembrano comportare un atteggiamento mentale diametralmente opposto a quello ora indicato nel Croce della maturità, per cui tutta la filosofia si risolve in un'unica metodologia (la metodologia, almeno in assunto, della conoscenza del concreto, ossia della « storia »). Se queste tendenze filosofiche rimasero, in quelli che erano allora i loro inizi (e più esattamente dovremmo dire: in quella che fu la loro prima fase di svolgimento), ignote a Gramsci, sarebbe errato, credo, affermarle estranee in modo radicale alla sua mentalità. Effettivamente i
quaderni del carcere » si presentano assai ricchi di osservazioni, spunti, suggerimenti critici particolari, di carattere « metodologi co » relativi a settori o campi determinati dall'indagine scientifica (ancorché non riguardanti direttam[...]

[...] sarebbe cosa da incoraggiarsi e, voglio aggiungere, quel clima filosofico odierno in cui respirano, anche nel nostro paese, buona parte delle giovani generazioni degli specialisti di filosofia, dovrebbe essere a ciò particolarmente favo
(2) Op. cit., p. 90.
(3) A. GRAMSCI, II materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, p. 136. II passo è, caratteristicamente, citato da Ludovico Geymonat nel saggio Caratteri e problemi della nuova metodologia (in Saggi di filosofia neorazionalista, Torino, 1953, pp. 7374).
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revole. Indubbiamente quegli spunti sono indicativi di alcuni fra gli interessi più originali di Gramsci (4). Essi tuttavia non sono isolabili, se li si vuole intendere e non fraintendere, se non si vuole commettere cioè una sopraffazione intellettuale, dalla metodologia del marxismo come vive ed opera in Gramsci: cioè del procedimento effettivo con cui egli elabora i concreti problemi di cui si occupa. Rilevare questa effettiva, esplicita o implicita, metodologia, é il primo compito; ed é ciò a cui qui si cerca di recare un contributo.
Ora, proprio a questo punto potrebbe sorgere l'equivoco a cui mi riferivo in principio. Conviene perciò dichiarare subito che il marxismo non è per Gramsci soltanto un « metodo » ma è una filosofia, in quanto integrale e « generale » concezione della realtà, o, come egli suole dire, sulle orme del Labriola, « concezione del mondo » (5). Il momento metodico (riferito sia al conoscere, sia al pratico agire) e il momento « concezione del mondo » si condizionano e provano reciprocamente, nel pensiero di Gramsci, e non sono[...]

[...]'elemento « saggezza » (Weisheit, Weltweisheit),
(7) Cfr. I. M. BOCHENSKt, Europäische Philosophie der Gegenwart, Bern 1951, p. 32. « Sowohl die mathematische Logik als auch die Phänomenologie sind vor allem Methoden, nicht inhalhiche Lehren. Beide sind aus einer Besinnung auf die Grundlagen der Wissenschaften hervorgegangen und versuchen, diese durch eine rationale Methode neu zu begründen ».
(8) Il materialismo storico ecc., cit., p. 24.
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chiamare filosofia ogni tendenza di pensiero, ogni orientamento generale ecc. e neppure ogni concezione del mondo e della vita ». Siamo sul terreno, potremmo dire, almeno come atteggiamento di
fondo, delle odierne filosofie metodologiche. « Tuttavia aggiun
ge Gramsci — c'è una differenza tra il filosofo specialista e gli altri specialisti: che il filosofo specialista si avvicina più agli altri uomini di ciò che avvenga per gli altri specialisti. L'aver fatto del filosofo specialista una figura simile, nella scienza, agli altri specialisti, é appunto ciò che ha determinato [...]

[...]e ha significato universale. «Formare la personalità » significa, ci dice Gramsci, dar « coscienza dei rapporti in cui si entra a far parte » (rapporti storicosociali), nel loro aspetto « necessario », ossia condizionante, e anche nel loro aspetto « volontario » : poiché si tratta di modificarli. « L'uomo attivo di massa — egli scrive (e va sottolineato il termine «attivo») — opera praticamente, ma
(10) Op. cit., p. 4.
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non ha una chiara coscienza teorica di questo suo operare che pure è un conoscere il mondo in quanto lo trasforma ». Ed aggiunge: « La sua coscienza teorica anzi può essere storicamente in contrasto col suo operare » (11).
L'operare praticamente, che già richiede in se stesso un conoscere, é il punto di leva e di riferimento (« una lotta di classe che già esiste », avevano detto di « esprimere » i fondatori del marxismo nel Manifesto) per la modificazione della « concezione del mondo » (della «coscienza teorica »), onde portarla a coerenza con le esigenze e i presupposti di[...]

[...]oncetto tradizionale di « filosofia ». (E certo tale espressione potrà fare arricciare il naso a chi non sa staccarsi da quest'ultimo). Ossia, è una filosofia che, nella storica concretezza del suo svolgimento, attinge dal movimento delle masse, dalle esperienze di esso e della sua direzione, la sua stessa ragione di essere e gli elementi del proprio sviluppo critico. Ma questo fatto, ossia questo legame fra la coscienza in trasformazione di
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grandi masse umane e la criticità filosofica (che naturalmente ha molteplici gradi ed elementi di mediazione) è un fatto assolutamente nuovo e rivoluzionario nella storia, il quale modifica le dimensioni stesse del filosofare (introducendo in esso quello che potremmo dire un nuovo parametro, un coefficiente ulteriore che muta i precedenti rapporti) e con ció trasforma anche la figura tradizionale del filosofo individuale, per dar luogo a quello che Gramsci chiama « il filosofo democratico », cioè al « filosofo convinto — com'egli dice — che la sua personalità non sia limitat[...]

[...]eguire passivamente alla rivoluzione politica e sociale,. ma essa deve venire operata e perseguita attivamente e consapevolmente da chi dirige (e comprende tanto la fase prerivoluzionaria e prestatale, quanto quella postrivoluzionaria e statale, con le grandi differenze fra l'una e l'altra). Gramsci ha sentito molto acutamente la complessità dei problemi che si propongono ad una classe subalterna quando essa si trasforma in classe autonoma e
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dirigente: « dal momento in cui un gruppo subalterno diventa realmente autonomo ed egemone — egli dice — nasce concretamente l'esigenza di costruire un nuovo ordine intellettuale e morale» (15). Nel quadro di tali questioni, strettamente saldato al l'interesse politico, emerge il costante interesse educativo di Gramsci, non più rivolto ora ai singoli, ma tale che investe tutto il contenuto democratico del comunismo come movimento reale: il nesso fra dirigenti e diretti, governanti e governati, educatori ed educati, su cui egli ripetutamente ritorna.
Ma quella nozione gramsc[...]

[...]governati, educatori ed educati, su cui egli ripetutamente ritorna.
Ma quella nozione gramsciana del marxismo come a riforma intellettuale e morale » di massa ha anche un altro campo di validità. Essa collega idealmente il comunismo, inteso appunto come movimento reale, ad altri fenomeni storici di un certo tipo, consentendo di cogliere gli elementi di analogia e di segnare nello stesso tempo le radicali differenze (essa serve perciò tanto alla metodologia storiografica quanto alla 'prospettiva o previsione del futuro, nella cui elaborazione entriamo come parte attiva e volontaria). Vi sono state infatti nella storia altre riforme intellettuali e morali di massa, che avevano profonde radici sociali e furono accompagnate, seguite e anche precedute, da particolari e varie elaborazioni concettuali, filosofiche, metafisiche. Gramsci ha sempre presente il cristianesimo e soprattutto, in un contesto storico più vicino a noi, la riforma protestante e l'illuminismo (nei caratteri e ripercussioni di massa di quest'ultimo; e Gramsci ne sottolinea, come a[...]

[...]i rapporti sociali, e perché nega l'uomo in generale: infatti i rapporti sociali sono espressi da diversi gruppi di uomini che si presuppongono, la cui unità è dialettica, non formale ». E ancora precisa: « Si può anche dire che la natura dell'uomo è la 'storia' se appunto si dà a storia il significato di ' divenire', in una ' concordia discors' che non parte dall'unità, ma ha in sé le ragioni di una unità possibile ».
(17) Op. cit., p. 31.
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Perde allora senso, dal punto di vista marxista, — attraverso questa negazione dell'uomo in generale — la domanda « che cosa è l'uomo » ? All'opposto, possiamo dire: essa acquista un significato concreto che è un significato di movimento, o svolgimento consapevole, e come tale essa, potremmo aggiungere, è indirizzante, pratica, regolativa. « Se ci pensiamo — scrive Gramsci — vediamo che ponendoci la domanda che cosa è l'uomo, vogliamo dire: che cosa l'uomo può diventare, se cioè l'uomo può dominare il proprio destino, può ' farsi', può crearsi un vita ». Quella domanda « è n[...]

[...]o, alla rivoluzione filosoficometodologica compiuta da Marx e da Engels negli anni fra il 1843 e il 1846, e che li condusse alla conquista del « materialismo storico ». Tale posizione, in quel medesimo passo
(21) a Neanche "la facoltà di ragionare" o lo "spirito" — aggiunge Gramsci — ha creato unità e può esser riconosciuto come fatto "unitario", perché concetto solo formale, categorico D.
(22) K. MARx, 11 capitale, Vol. I, Sez. IV, n. 89.
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del Capitale, Marx la contrappose allo « astratto materialismo » di tipo « scientificonaturalistico » (egli ha in mente gli scienziati del suo tempo, « portavoce » di siffatto materialismo, nonché le correlative « rappresentazioni astratte e ideologiche » che essi mettono fuori « non appena si arrischiano al di là della loro specialità »). Questa é anche la posizione di Gramsci: «L'umanità che si riflette in ogni individualità é composta di diversi elementi: 1) l'individuo; 2) gli altri uomini; 3) la natura. Ma il 2° e 3° elemento non sono così semplici come potrebbe apparir[...]

[...]uti chiamando « materialismo dialettico » in forma tale che questo rimanga sempre aperto ai nuovi resultati e ai metodi in trasformazione delle scienze della natura, verificandoli e discutendoli in un'adeguata concezione filosofica. Esigenza, se non erriamo, che fu proprio posta dai classici, in particolare dallo Engels, il quale si occupò più da vicino di tali questioni. E ciò contro ogni contrazione scolasticodogmatica del marxismo stesso.
La metodologia marxista di Gramsci, che si affinò, sotto questo riguardo, nella discussione critica ciel manuale del Bukharin (24), ed ha come filo conduttore la persuasione profonda della integrale autonomia filosofica del marxismo (senza perciò tagliare i fili che storicamente lo congiungono alla precedente tradizione di pensiero), ci tiene ben lontani dal rischio suddetto. Qui é necessario aggiungere che, se é vero che il marxismo come rivoluzione filosofica é coincidenza di naturalismo e umanismo (i quali nella loro compiutezza si convertono l'uno nell'altro), può darsi che vi sia in Gramsci, di fatto, [...]

[...] e umanismo (i quali nella loro compiutezza si convertono l'uno nell'altro), può darsi che vi sia in Gramsci, di fatto, soprattutto per ragioni di interna polemica (contro le penetrazioni di materialismo metafisico nel marxismo), una certa attenuazione dell'istanza o componente naturalistica rispetto a quella umanistica, uno squilibrio in questo senso. Chi scrive lo ritiene. A Gramsci interessò soprattutto il lato
(24) Op. cit., pp. 117168.
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umano (e quindi anche ideologico, superstrutturale, storico) della questione dell'oggettività, attorno a cui le sue riflessioni sono di grande importanza e originalità. Ma per quanto concerne il grave problema del nesso fra questa oggettività e la naturalità si é ormai come al margine estremo dei suo interesse e della sua meditazione. E non é detto che qui non si verifichi qualche oscillazione o incertezza. Gramsci é sempre lontanissimo dal contentarsi di ripetere formulazioni precostituite, per quanto esse possano apparire suggestive e pregnanti. Egli si sforza sempre di pe[...]

[...] 1819).
(27) Importante, ad esempio, a questo riguardo la nozione gramsciana di quella che è la filosofia di un'epoca: a Dal punto di vista che a noi interessa, lo studio della storia e della logica delle diverse filosofie dei filosofi non è sufficiente. Almeno come indirizzo metodico, occorre attirare l'attenzione sulle altre parti della storia della filosofia; cioè sulle concezioni del mondo delle grandi masse, su quelle dei più ristretti
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quella dimensione nuova del filosofare (non ha nulla a che vedere, ad esempio, con una identificazione verbale di tipo attualistico).
Anche la polemica contro l'idealismo, che si svolge in Gramsci attraverso una serie estremamente differenziata di motivi (legati in gran parte a circostanze della cultura italiana, e special mente alla discussione cól crocianesimo), e conduce a una serie di « traduzioni » e di recuperi dal « linguaggio speculativo » della filosofia idealistica a quello concretamente storicistico del marxismo, é innanzi tutto argomentata e fondata sulla « impo[...]

[...]emento di svihippo e di conquista continua delle sue più profonde implicazioni. E ciò nel quadro di una lotta ideale in cui sono presenti non solo e non tanto astratti termini ideologici (schematizzati
(30) Ció vale soprattutto nei confronti dell'idealismo, o « neohegelianesimo », italiano del Croce e del Gentile, che prese l'avvio, alla fine del secolo, dalla discusssione col marxismo ed a quella é' sempre rimasto, in qualche modo, legato.
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ai loro estremi in idealismo e in un certo tipo di materialismo),
ma concreti portatori di essi, da un lato gli « intellettuali ' puri elaboratori delle ideologie delle classi dominanti », dall'altro le masse popolari, in certo modo depositarie del « senso comune ». Quella lotta ideale in cui il marxismo esplica e sviluppa, di fatto, la sua autonomia filosofica, si presenta così immediatamente come momento necessario di una complessa lotta reale. In Gramsci questo nesso non va mai perduto, non è mai obliato.
Quel medesimo nesso determina, ci sembra, il suo modo di concepir[...]

[...]lo in riferimento polemico alle sistemazioni filosofiche tradizionali e non coinvolga in modo essenziale la discussione col « senso comune ». La nozione di « senso comune » diventa perciò fondamentale.
Essa, nel contesto gramsciano, é ben più complessa del convenzionale riferimento che sotto tale denominazione serve molto spesso ai filosofi per indicare un presunto atteggiamento staticamente contrapposto alla «criticità» della filosofia o della metodologia scientifica (salvo, eventualmente, a considerarlo, in ultima analisi, con essa conciliabile). Il « senso comune » non é per Gramsci univocamente rappresentabile e riducibile nei suoi contenuti, come se fosse l'espressione di un atteggiamento naturale. Esso é sempre, per lui, « prodotto storico » che contiene, stratifica e cristallizza contraddittoriamente le più varie eredità passive del passato: oltre, naturalmente, agli elementi attivi da liberare ed elaborare (31). Esso é il terreno su cui esercitano la loro azione e la loro
(31) Cfr., per la discussione del senso comune, Il materialismo [...]

[...] per ragioni di opportunità o concretezza politica ed educativa, ma per quel che il « sen
(32) «... per le grandi masse della popolazione governata e diretta la filosofia o religione del gruppo dirigente e dei suoi intellettuali si presenta sempre come fanatismo e superstizione, come motivo ideologico proprio di una massa servile ».
(33) LENIN, Il significato del materialismo militante (trad. it. in MarxEngelsmarxismo, Roma, 1952, p. 445).
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so comune » racchiude di positiva esperienza storica delle masse subalterne (la « cultura democratica » in esse storicamente immanente e da liberare, come aveva dichiarato Lenin) e in ultima analisi, per la struttura stessa genericamente umana del senso comune, per gli elementi di sperimentalismo che esso contiene, risultato e condizioni del pratico operare.
La critica dunque dei contenuti ereditari del « senso comune » si appoggia, dialetticamente, su di esso e muove non alla sua distruzione, che sarebbe proposito insensato, ma alla sua riforma e sostituzione con una conce[...]

[...]i una classe dirigente (cioè di uno Stato) equivale alla creazione di una Weltanschauung. L'espressione che il proletariato tedesco è l'erede della filosofia classica tedesca come deve essere intesa? Non voleva indicare Mari l'ufficio storico della sua filosofia divenuta teoria di una classe che sarebbe diventata Stato? Per Ilie' questo è realmente avvenuto in un territorio determinato ». Cfr. op. cit., p. 32 e passim.
(36) Op. cit., p. 39.
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riografici, che si è costretti a tralasciare, si collega a questa affermazione. Sono i problemi relativi alla realtà e storicità delle soprastrutture (la discussione di Gramsci con lo storicismo idealistico è in gran parte legata a questo tema), alla eredità storicoculturale, al nesso fra ideologia, scienza, filosofia, e, ancora una volta, fra filosofia e politica; sono i problemi, soprattutto, relativi alla questione della oggettività (e correlativamente della soggettività, non solo individuale ma di gruppo), intorno ai quali Gramsci, come si , è accennato, presenta sugge[...]



da [Le relazioni] C. Luporini, La metodologia del marxismo nel pensiero di Gramsci in Studi gramsciani

Brano: Cesare Luporini

LA METODOLOGIA DEL MARXISMO NEL PENSIERO DI GRAMSCI

Questo titolo — « la metodologia del marxismo nel pensiero di Gramsci» — potrebbe dar luogo ad un equivoco che è bene eliminare subito. Si potrebbe, cioè, essere indotti ad attribuirci l'intento dì ricostruire ciò che è essenziale, filosoficamente, nel pensiero di Gramsci, quale uno sforzo di intendere e interpretare il marxismo alla stregua di una pura o mera metodologia (salvo, naturalmente, a vedere di che cosa esso sarebbe la metodologia).

Tentativi di questo genere, nei riguardi del marxismo, furono fatti, com’è noto, nel passato ed hanno tutta una storia che non sarebbe punto lecito giudicare e tanto meno liquidare in blocco e in astratto, cioè indipendentemente dal contesto di problemi e di indirizzi ideali, e dalle concrete situazioni culturali, in cui sorgevano. Si tratta, apparentemente, di una questione vecchia, ed a qualcuno verrà fatto di ricordare come il Croce, nei suoi scritti intorno al marxismo della fine del secolo, addirittura negasse che il marxismo, o più esattamente il « materialismo storico » (con la qu[...]

[...]ve, allo storico delle idee, soprattutto interessa

1 B. Croce, Materialismo storico eà economia marxistica, Bari, 19275 (cfr. particolarmente le pp. XI, 9, 13, 15, 79, 86, 111).446

Le relazioni

la convergenza delle due negazioni, che appare sintomatica di un certo atteggiamento di pensiero in formazione. Infatti più tardi il Croce verrà identificando la « teoria », anzi, la filosofia (tutta la filosofia, cioè la sua filosofia) con la « metodologia della storia ». QucH'abbassamento del marxismo da « metodo » a « canone » conteneva, a fortiori, anche la negazione (contro il Labriola con cui Croce era in discussione) che esso fosse una «filosofia», ossia una autonoma concezione delle realtà1.

Nel clima filosofico odierno la parola « metodologia » si presenta carica di nuove suggestioni e riferimenti determinati a dottrine e tendenze filosofiche che erano ancora poco sviluppate negli anni di Gramsci e comunque, allora, inoperanti in Italia. Si tratta di interessi sorti su un terreno diverso da quello della ricerca storica e delle scienze umane (politica, economia, sociologia, psicologia ecc.), anche se oggi essi tendono in qualche modo ad investirle: e precisamente delle indagini di carattere logico e « linguistico » intorno alle strutture intime e ai procedimenti delle scienze matematiche e fisiche. Tali indagini sembrano comportare[...]

[...]e umane (politica, economia, sociologia, psicologia ecc.), anche se oggi essi tendono in qualche modo ad investirle: e precisamente delle indagini di carattere logico e « linguistico » intorno alle strutture intime e ai procedimenti delle scienze matematiche e fisiche. Tali indagini sembrano comportare un atteggiamento mentale diametralmente opposto a quello ora indicato nel Croce della maturità, per cui tutta la filosofia si risolve in un’unica metodologia (la metodologia, almeno in assunto, della conoscenza del concreto, ossia della « storia » ). Se queste tendenze filosofiche rimasero» in quelli che erano allora i loro inizi (e più esattamente dovremmo dire: in quella che fu la loro prima fase di svolgimento), ignote a Gramsci, sarebbe errato, credo, affermarle estranee in modo radicale alla sua mentalità. Effettivamente i Quaderni del carcere si presentano assai ricchi di osservazioni, spunti, suggerimenti critici particolari, di carattere « metodologico» relativi a settori o campi determinati dall’indagine scientifica (ancorché non riguardanti direttamente[...]

[...]che e fisiche, di cui Gramsci non aveva esperienza), ed è di lui l’affermazione che « ogni ricerca ha un suo determinato metodo e costruisce una sua determinata scienza » 2. Farli oggetto di studio e di svolgimento non vi è dubbio che sarebbe cosa da incoraggiarsi e, voglio aggiungere, quel clima filo
1 Op. cit., p. 90.

2 M. S., p. 136. Il passo è, caratteristicamente, citato da Ludovico Geymonat nel saggio « Caratteri e problemi della nuova metodologia » in Saggi di filosofia neorazionalista, Torino, 1953, pp. 7374.Cesare Luporini

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sofico odierno in cui respirano, anche nel nostro paese, buona parte delle giovani generazioni degli specialisti di filosofia, dovrebbe essere a ciò particolarmente favorevole. Indubbiamente quegli spunti sono indicativi di alcuni fra gli interessi più odginali di Gramsci1. Essi tuttavia non sono isolabili, se li si vuole intendere e non fraintendere, se non si vuole commettere cioè una sopraffazione intellettuale, dalla metodologia del marxismo come vive ed opera in Gramsci: cioè del procedimento effet[...]

[...]esare Luporini

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sofico odierno in cui respirano, anche nel nostro paese, buona parte delle giovani generazioni degli specialisti di filosofia, dovrebbe essere a ciò particolarmente favorevole. Indubbiamente quegli spunti sono indicativi di alcuni fra gli interessi più odginali di Gramsci1. Essi tuttavia non sono isolabili, se li si vuole intendere e non fraintendere, se non si vuole commettere cioè una sopraffazione intellettuale, dalla metodologia del marxismo come vive ed opera in Gramsci: cioè del procedimento effettivo con cui egli elabora i concreti problemi di cui si occupa. Rilevare questa effettiva, esplicita, o implicita, metodologia, è il primo compito; ed è ciò a cui qui si cerca di recare un contributo.

Ora, proprio a questo punto potrebbe sorgere l’equivoco a cui mi riferivo in principio. Conviene perciò dichiarare subito che il marxismo non è per Gramsci soltanto un « metodo » ma è una filosofia, in quanto integrale e « generale » concezione della realtà, o, come egli suole dire,, sulle orme del Labriola, « concezione del mondo » 2. >11 momento metodico (riferito sia al conoscere, sia al pratico agire) e il momento « concezione del mondo » si condizionano e provano reciprocamente, nel pensiero di Gramsci, e non so[...]

[...]governati, educatori ed educati, su cui egli ripetutamente ritorna.

Quella nozione gramsciana del marxismo come « riforma intellettuale e morale » di massa ha anche un altro campo di validità. Essa, collega idealmente il comuniSmo, inteso appunto come movimento reale, ad altri fenomeni storici di un certo tipo, consentendo di cogliere gli elementi di analogia e di segnare nello stesso tempo le radicali differenze (essa serve perciò tanto alla metodologia storiografica quanto alla prospettiva o previsione del futuro, nella cui elaborazione entriamo come parte attiva e volontaria). Vi sono state infatti nella storia altre riforme intellettuali e morali di massa, che avevano profonde radici sociali e furono accompagnate, seguite e anche precedute, da particolari e varie elaborazioni concettuali, filosofiche, metafisiche. Gramsci ha sempre presente il cristianesimo e soprattutto, in un contesto storico più vicino a noi, la riforma protestante e l’illuminismo (nei caratteri e ripercussioni di massa

1 Af. Sp. 80.Cesare Luporini

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di que[...]

[...]i chiamando « materialismo dialettico » in forma tale che questo rimanga sempre aperto ai nuovi resultati e ai metodi in trasformazione delle scienze della natura, verificandoli e discutendoli in un’adeguata concezione filosofica. Esigenza, se non erriamo, che fu proprio posta dai classici, in particolare dallo Engels, il quale si occupò più da vicino di tali questioni. E ciò contro ogni contrazione scolasticodogmatica del marxismo stesso.

La metodologia marxista di Gramsci, che si affinò, sotto questo riguardo, nella discussione critica del manuale del Bukharin1, ed ha come filo conduttore la persuasione profonda della integrale autonomia filosofica del marxismo (senza perciò tagliare i fili che storicamente lo congiungono alla precedente tradizione di pensiero), ci tiene ben lontani dal rischio suddetto. Qui è necessario aggiungere che, se è vero che il marxismo come rivoluzione filosofica è coincidenza di naturalismo e umanismo (i quali nella loro compiutezza si convertono l’uno nell’altro), può darsi che vi sia in Gramsci, di fatto, sopra[...]

[...]lemico alle sistemazioni filosofiche tradizionali e non coinvolga in modo essenziale la discussione col «senso comune». La nozione di «senso comune» diventa perciò fondamentale.464

Le relazioni

Essa, nel contesto gramsciano, è ben più complessa del convenzionale riferimento che sotto tale denominazione serve molto spesso ai filosofi per indicare un presunto atteggiamento staticamente contrapposto alla « criticità » della filosofia o della metodologia scientifica (salvo, eventualmente, a considerarlo, in ultima analisi, con essa conciliabile). Il « senso comune » non è per Gramsci univocamente rappresentabile e riducibile nei suoi contenuti, come se fosse l’espressione di un atteggiamento natmale. Esso è sempre, per lui, « prodotto storico » che contiene, stratifica e cristallizza contraddittoriamente le più varie eredità passive de) passato : oltre, naturalmente, agli elementi attivi da liberare ed elaborare 1. Esso è il terreno su cui esercitano la loro azione e la loro presa le ideologie dominanti di gruppi e di classi (in cui, per esem[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] A. Zanardo, Il «manuale» di Bukharin visto dai comunisti tedeschi e da Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]della società, « un tentativo di ricavare sperimentalmente le leggi di evoluzione della società umana in modo da prevedere l’avvenire con la stessa certezza con cui si prevede che da una ghianda si svilupperà una quercia », « un tentativo di descrivere e classificare sistematicamente fatti storici e politici, secondo criteri costruiti sul modello delle scienze naturali » 1. Si pretende di concepire la realtà con un’astrazione schematica, con una metodologia e una logica « esistente in sé e per sé » 2. Criticare questa posizione non significa rinunciare alla comprensione intellettuale, cadere in forme di nominalismo nella concezione della

1 M. S., p. 125.

2 M. S., p. 62.Aldo Zanctrdo

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realtà o della conoscenza1, bensì porre fra sociologia e storia, schema e attività concreta, tecnica e pensiero in atto, assoluto e relativo (secondo la forma in cui il problema volta a volta si presenta a Gramsci) un rapporto articolato, dialettico2. Implicite a questa impostazione storicistica sono, per un verso, la tesi che il mondo umano è qualco[...]

[...]nsiero in atto, assoluto e relativo (secondo la forma in cui il problema volta a volta si presenta a Gramsci) un rapporto articolato, dialettico2. Implicite a questa impostazione storicistica sono, per un verso, la tesi che il mondo umano è qualcosa di specifico, di vivente, di originale rispetto alla natura, tale che con il suo trasformarsi rende a lungo andare vuoti gli schemi che se ne traggono, per altro verso,, la tesi che il marxismo è una metodologia della storia, un conoscere che aderisce alla realtà che si modifica, un conoscere che ha un rigoroso aspetto sperimentale.

Ma non ci si ferma a questa critica teorica, a questo storicismo elementare. Si ha anche un’analisi storicoconcreta. La schematizzazione sociologica è tanto più grave oggi perché oggi le leggi statistiche, empiristiche, valide entro certi limiti «fino a quando le grandi masse della popolazione rimangono essenzialmente passive » 3, sono venute a perdere la loro verità relativa. Ora le masse sono organizzate in grandi partiti,, si muovono in modo critico e consapevole, e[...]

[...]ffermando che la filosofia della prassi è indipendente da ogni altra corrente filosofica, è autosufficiente, è il solo che abbia cercato di costruire scientificamente la filosofia della prassi » 5. Il marxismo deve diventare « una totale e integrale concezione del mondo, una totale filosofia e teoria delle scienze naturali » 6; « deve trattare tutta la parte generale filosofica, deve svolgere quindi coerentemente tutti i concetti generali di una metodologia della storia e della politica, e inoltre dell’arte, dell’economia, dell’etica e deve nel nesso generale trovare il posto per una teoria delle scienze naturali » 7.

1 Ai. Sp. 14.

2 Ai. S., p. 19.

3 Ai. S., pp. 13, 20. Purtroppo non ho potuto vdere l’articolo di Mirsky da

cui Gramsci dice di avere avuto queste notizie.

4 Ai. S., p. 131.

5 Ai. S., p. 79.

6 Al. S.f p. 157.

7 M. S., p. 128.366

I documenti del convegno

Questo sviluppo non può avvenire fuori della storia della cultura e della filosofia. Sono da respingere le sommarie e presuntuose valutazioni negative [...]

[...]arxismo, la sua incompiutezza, l’importanza di Hegel e del neohegelismo, non pare possano sussistere dubbi sull’ambiente intellettuale che Gramsci respira.

È anche certo che da questa cultura storicistica e umanistica dipendono alcune deficienze, la sottovalutazione della tradizione illuministica, la concezione per lo più negativa delle scienze naturali, la considerazione scarsa, benché contenente spunti di grande rilievo, della logica, della metodologia, della problematica del materialismo. Sembra tuttavia che una ricerca orientata a illuminare queste manchevolezze dovrebbe trovare contrappeso nella ricerca degli atteggiamenti polemici che Gramsci ha anche verso gli esponenti delle forme più razionali e realistiche di storicismo, nella ricerca delle effettive diversità fra il marxismo di Gramsci

1 Materialismo ed empiriocriticismo, Roma, 1953, p. 309
2 M. S., p. 159.

3 M. S., pp. 39, 75.368

I documenti del convegno

e lo storicismo, per es., di un Croce o di un Vierkandt. Noi abbiamo mostrato in alcuni punti come l’enunciazione [...]



da [Le relazioni] R. Cessi, Lo storicismo e i problemi della storia d'Italia nell'opera di Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]a —, che altro non è che ideologia, se non si vuole ridurre una concezione del mondo ad una formula meccanica pseudo storica. L’esperienza, su cui si fonda la filosofia della prassi,, non può essere schematizzata; essa è la storia stessa nella sua infinita varietà e molteplicità, il cui studio può dar luogo alla nascita della filosofia come metodo dell’erudizione nell’accertamento dei fatti particolari ed alla nascita della filosofia intesa come metodologia generale della storia.

In questa prospettiva lo storicismo marxista — secondo il pensiero del Gramsci — non poteva essere circoscritto nell’ambito di un rigido economismo del vecchio materialismo, del materialismo volgare, del materialismo empirico — egli soggiungeva — e confuso con lo storicismo eticopolitico dell’idealismo speculativo e neppure con il dogmatismo storicogiuridico tedesco (al quale il Gramsci fa soltanto qualche fuggevole accenno) che ebbe tanta fortuna in Germania.

Critico del materialismo empirico e del positivismo come dell’idealismo speculativo, considerati forme de[...]

[...]in una formulazione astratta, non può essere ridotta ad una sociologia consistente nel collocare una concezione del mondo in un formalismo meccanico apparentemente animato, non ad una filologia che al più può apprezzarsi come filiazione metodologica della storia, non ad una statistica subordinata alla legge dei grandi numeri, della quale non occorre rilevare l’errore politico per il rigido metodo, che la informa, non ad una filosofia intesa come metodologia generale della storia, e che entra piuttosto nell’ambito della storiografia.

La filosofia della prassi concepita nella sua funzione unificatrice è la storia stessa nella sua infinita varietà e molteplicità suscettibile di rappresentazioni attraverso le applicazioni storiografiche essenzialmente metodologiche.

La filosofia della prassi non è un metodo, come non lo è la storia. I valori metodologici, che spesso si riducono a dogmatica casistica, non possono sostituire quelli dialettici di quella. Metodo sono la sociologia, la statistica, passibili di errore per la insufficienza di conosce[...]

[...]esentazioni attraverso le applicazioni storiografiche essenzialmente metodologiche.

La filosofia della prassi non è un metodo, come non lo è la storia. I valori metodologici, che spesso si riducono a dogmatica casistica, non possono sostituire quelli dialettici di quella. Metodo sono la sociologia, la statistica, passibili di errore per la insufficienza di conoscenza, che limita il significato della scienza. E se presupposto scientifico della metodologia storica è solo la capacità astratta di prevedere l’avvenire della società, la storiografia, in questo sforzo, trova motivi di insuperabile476

Le relazioni

limitazione, perché anche senza considerare che la previsione non è atto scientifico di conoscenza, in quanto ciò che sarà, è non esistente ed inconoscibile, la previsione stessa, però, può limitarsi a prevedere la esistenza della lotta, ma non i momenti concreti di essa, risultanti da forze contrastanti in continuo movimento, non riducibili a quantità fisse: e ia quantità diventa qualità.

Con ciò però non credo si possa arrivare [...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] C. Luporini, La metodologia filosofica del marxismo nel pensiero di A. Gramsci in Studi gramsciani

Brano: Cesare Leporini
LA METODOLOGIA FILOSOFICA DEL MARXISMO
NEL PENSIERO DI A. GRAMSCI
(Appunti)
1. Negli scritti di Gramsci s'incontrano molti temi che si possono dire « filosofici » nel senso che appartengono all'ambito tradizionalmente riconosciuto alla filosofia (gnoseologia, morale, logica ecc.). Ma l'importanza filosofica di Gramsci non è connessa a questi temi particolari piú che ad altri che si collegano a vari settori di ricerca (economia, storiografia, politica, linguistica, folklore, ecc.) o piú specificamente propri del marxismo (strutturasovrastruttura, ideologia, egemonia ecc.). Essa è piuttosto da ricercarsi [...]

[...]etto costituisce la persuasione profonda ed il vero filo conduttore di tutta l'elaborazione gramsciana. Il marxismo non è per Gramsci soltanto un metodo, ma è una filosofia in quanto concezione della realtà (« concezione del mondo ») ed indirizzo dell'agire (ideologiapolitica). Il momento metodico e .il momento « concezione del mondo » si condizionano e provano reciprocamente; non sono separabili
Cesare Luporini 39
senza grave deformazione. La metodologia del marxismo, come si presenta in Gramsci, va rilevata non solo dagli elementi espliciti di carattere metodologico (spunti, osservazioni, ecc.) di cui egli è ricco, anche se essi sono indicativi di alcuni tra i suoi interessi piú originali, ma, innanzi tutto, dal procedimento effettivo con cui egli elabora i problemi. L'espressione «filosofia della prassi », usata da Gramsci per ragioni carcerarie in luogo di « marxismo » (tuttavia non sempre), non è una scelta arbitraria o convenzionale, essa è significativa dell'orientamento fondamentale del suo pensiero.
I punti di riferimento essenziali,[...]

[...]e tradizionali (tipizzate ai loro estremi in idealismo e materialismo metafisico) e non coinvolge 1a discussione col « senso comune ». La nozione di « senso comune » diventa perciò centrale.
Essa nel contesto gramsciano è ben piú complessa del consueto riferimento di comodo che sotto tale denominazione serve in generale ai filosofi per indicare un presunto atteggiamento mentale staticamente contrapposto alla « criticità » della filosofia o alla metodologia scientifica (anche se, eventualmente, lo si consideri, in ultima analisi, con esse conciliabile). Il « senso comune » non è in Gramsci univocamente riducibile, nei suoi contenuti: esso è sempre « prodotto storico » che contiene e cristallizza contraddittoriamente le piú varie eredità passive del passato, oltre, naturalmente, gli elementi attivi da liberare e elaborare. $ il terreno su cui esercitano la loro azione e la loro presa le ideologie dominanti di gruppo e di classe che contrastano ad ogni spinta unificatrice della coscienza umana e realizzatrice della integrale umanità dell'uomo. L'a[...]

[...]nella sua capacità di esprimere una autonoma elaborazione e direzione culturale) profondamente diversi da quelli che si trovano alla origine del revisionismo idealistico (influenza della direzione ideologica borghese).
La battaglia di Gramsci contro l'idealismo e il revisionismo idealistico ha un posto importante nei suoi scritti e penetra, ancor piú della precedente, in una serie di problemi determinati (storiografici, economici, letterari, di metodologia critica ecc.), una parte dei quali esula dall'ambito della presente relazione. Essa si svolge fondamentalmente nella discussione dello storicismo crociano e rimane esemplare anche se oggi sono in gran parte esaurite le ragioni di quell'Anticroce che Gramsci auspicava. È una battaglia interna alla cultura italiana, ma che ne oltrepassa i limiti per i suoi risultati e il significato metodologico. Essa conduce, per un lato, a ridurre il crocianesimo « alla sua reale portata di ideologia politica immediata » illuminandone il carattere conservatorereazionario e liberaleriformistico (legami con « l[...]



da George Lukacs, La mia via al marxismo [traduzione di Ugo Gimelli] in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]rano bensì ancora presenti, ma tanto assottigliati e impalliditi da essere appena riconoscibili. Secondo l'esempio di Simmel io da un lato distaccavo quanto più era possibile la « sociologia » dal fondamento economico concepito in modo assai astratto, e dall'altro lato nell'analisi « sociologica » scorgevo soltanto lo stadio iniziale della vera e propria ricerca scientifica in materia di estetica (Storia dell'evoluzione del dramma moderno, 1909; Metodologia della storia letteraria, 1910, ambedue in ungherese). I miei saggi apparsi fra il 1907 e il 1911 oscillavano fra questo metodo e un soggettivismo mistico.
Era naturale che in un tale sviluppo della mia concezione del mondo le impressioni giovanili dalla lettura di Marx impallidissero sempre più e finissero per avere una parte sempre minore nella mia attività scientifica. Consideravo Marx non meno di prima l'economista e il « sociologo » più competente; ma economia e _« sociologia » avevano per allora una parte minore nella mia attività. I singoli problemi e le fasi dello sviluppo, nel quale [...]

[...]al '29 al '30 mi dette la speranza che il chiarimento di rapporti HegelMarx, FeuerbachMarx, MarxLenin e la liberazione da una cosiddetta ortodossia plechanovista avrebbero dischiuso nuovi orizzonti alla ricerca filosofica. Inoltre lo scioglimento della Rapp (1932), alla quale io sempre mi ero opposto, apri a, me e a molti altri una vasta prospettiva, quella di una ripresa, non ostacolata da alcun burocratismo, della letteratura socialista, della metodologia e della critica letteraria marxista; in questa speranza occorre sottolineare con pari rilievo le due componenti, l'assenza di limiti imposti da una burocrazia e il carattere marxista leninista. Se aggiungo che noi proprio in quegli anni abbiamo conosciuto le opere fondamentali del giovane Marx, soprattutto i Manoscritti economicofilosofici, come pure i quaderni filosofici di Lenin, avrò enumerato quei fatti che sollevarono grandi speranze al principio degli anni
trenta.
Il fatto che anche allora per una su due idee (a essere otti
(4') Questo a Postscriptum » é stato scritto per il a Sympo[...]

[...] quasi completamente paralizzate. Lo sviluppo delle scienze naturali poteva essere ostacolato assai meno; sebbene anche qui vi siano stati conflitti o addirittura crisi il loro progresso pratico era una questione talmente vitale che non si poteva in alcun modo ostacolarlo, anzi, nel campo della mera applicazione, veniva perfino energicamente promosso. Per quelle discipline le pericolose conse guenze della sterile « citatologia », nei problemi di metodologia o nei concetti base, si manifestavano più marginalmente.
Io non era affatto il solo che conducesse una lotta partigiana ininterrotta contro questo spirito di irrigidimento. Ma a partire dalla morte di Stalin e specialmente dal ventesimo congresso questo complesso di problemi entrò in uno stadio qualitativamente nuovo; finalmente tutti questi problemi furono discussi apertamente, l'opinione pubblica della scienza cominciò ad esprimersi più o meno chiaramente. Anche a questo proposito é impossibile, nel presente abbozzo di autobiografia intellettuale, anche solo accennare a quelle discussioni [...]

[...]i a riassumere brevemente la mia propria opinione. Io credo che oggi ii pericolo più grande per il marxismo sia rappresentato dalle tendenze alla sua revisione. Poiché per decenni tutto quanta Stalin affermava veniva. idéritificato col marxismo e anzi veniva addirittura proclamato il coronamento di esso, gli ideologi borghesi si sono affannati a utilizzare l'erroneità, divenuta evidente, di alcune tesi di Stalin, di. momenti essenziali della sua metodologia, allo scopo di promuovere la revisione anche dei risultati dei classici del marxismo, messi alla pari con Stalin. E poiché questa direzione di pensiero trascina con sé più di un comunista, intellettualmente disarmato per
LA MIA VIA AL MARXISMO t5
la sua educazione schematica e dogmatica, é il caso di parlare di un pericolo molto serio. Fintanto però che i dogmatici rimangono attaccati all'identità sostanziale di Stalin coi classici del marxismo, si troveranno altrettanto disarmati intellettualmente davanti a quelle correnti (con segno contrario) quanto i revisionisti in buona fede. Per la c[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] A. Massucco Costa, Aspetti sociologici del pensiero gramsciano in Studi gramsciani

Brano: [...] scienza, nonostante tutti gli sforzi degli scienziati, non si presenta mai come nuda nozione obiettiva; essa appare sempre rivestita da una ideologia e concretamente è scienza l'unione del fatto obiettivo con un'ipotesi o un sistema d'ipotesi che superano il mero fatto obiettivo. È vero però che in questo campo è relativamente facile distin guere la nozione obiettiva dal sistema d'ipotesi, con un processo di astrazione che è insito nella stessa metodologia scientifica, in modo che si può appropriarsi dell'una e respingere l'altra. Ecco perché un gruppo sociale può appropriarsi la scienza di un altro gruppo senza adottarne l'ideologia » 1.
1 M. S., p. 56.
210 I documenti del convegno
Questa implicanza ideologica, insieme con il significato storico degli accertamenti e degli invenimenti metodologici e tecnici, mostra l'inanità dell'«esperantismo scientifico ». Linguaggi, filosofie, ideologie, scienze, hanno una validità storica, il mancato riconoscimento della quale conduce ai vuoti errori del Saggio di sociologia popolare. Ciò che si può dete[...]

[...]ia » 1.
Anche nella scienza, cercare la realtà fuori degli uomini, inteso ciò nel senso religioso o metafisico, appare nient'altro che un paradosso. Senza l'uomo, la realtà dell'universo non significherebbe nulla. Tutta la scienza è legata ai bisogni, alla vita, all'attività dell'uomo. Tale attività crea tutti i valori, anche scientifici, e trasforma l'oggettività da puro caos o vuoto o nulla, a realtà di pensiero e di linguaggio. La logica, la metodologia, la matematica non sono che strumenti discriminativi in atto e in sviluppo, non attingono una realtà assoluta, non sono nulla in sé, ma neppure rispecchiano astrattamente una oggettività metastorica.
La vecchia sociologia è forse l'espressione piú tipica dell'esperantismo
1 M. S., pp. 5455.
Angiola Massucco Costa 211
scientifico che aveva voluto sostituirsi, con un falso naturalismo, alla filosofia metafisica. Ma la sociologia cosí intesa non è la stessa cosa degli accertamenti sociali, che hanno ben altra concretezza, non usano strumenti immodificabili, non generalizzano a vuoto, non cla[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] N. Vaccaro, La dialettica quantità-qualità in Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]ntro la riduzione della dialettica a logica del movimento in confronto ailla logica della stasi, rappresentata dalla logica formale. Egli avverte cioè che se la dialettica marxista deve essere concepita in tutta la sua novità, le sue categorie da un lato devono essere viste depurate da ogni contenuto speculativo (l’« autoconcetto » ) dall’altro devono essere liberate da ogni valore puramente strumentale, a cui in fondo si riducono la logica e la metodologia formali. Questo non significa negare o sminuire i problemi puramente logici, significa invece collocarli nella loro giusta luce e sulla base del rapporto al contenuto, cioè del valore gnoseologico della categoria.

Per comprendere in tutto il loro valore le indicazioni che Gramsci ci dà a tale proposito richiamiamoci alle riflessioni contenute nella nota intitolata « La tecnica del pensare » \ In tali pagine la considerazione principale è l’affermazione che la dialettica « è un nuovo modo di pensare, una nuova filosofia, ma è anche perciò una nuova tecnica ».

Da questa prospettiva vanno [...]

[...]e del concetto di necessità e regolarità nello sviluppo storico, dalla cui novità dipende il legame del materialismo storico con tutto lo sviluppo del pensiero moderno, nel senso che esso permette di porre il tema del soggetto in termini non speculativi, ma storicamente concreti.

Gramsci esclude decisamente che i concetti di necessità e regolarità nel movimento storico derivino dalle scienze naturali. La loro origine invece va ricercata nella metodologia della scienza economica di Ricardo, per cui i concetti di regolarità e di automatismo perdono ogni carattere di determinismo e meccanicismo. Infatti aH’automatismo nel senso nuovo si giunge partendo dalla rivelazione scientifica dell’apparizione storica di determinate forze prodotte dall’operare umano ed aventi un carattere di permanenza.

L’automatismo viene quindi ad essere prodotto storico, risultato deH’operare umano stesso. Ma proprio con l’averlo riportato senza residui all’interno del mondo umano, se pur è vero che la sua rilevabilità esatta significa la sua indipendenza dall’arbitri[...]



da Recensione di Piero Cudini su Patrick Boyde, Retorica e stile nella lirica di Dante, a cura di C. Calenda, Napoli, Liguori, 1979, pp. 431 in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]tica oltreché nel riconoscimento del concreto, storico valore del suo insegnamento che consente, una volta individuata e recuperata una certa normativa, di valutare attraverso spogli e campionature ben calibrate i rapporti specifici — e dunque gli scarti — tra l'opera letteraria presa in esame e, appunto, la `norma'.
Su questa linea il Boyde ripropone e discute in particolare la stilistica di Spitzer e di Bally per poi accostarsi piuttosto alla metodologia di Michael Riffaterre (di cui si vedano gli Essais de stylistique structurale, Paris 1971), volta a mediare tra le due posizioni precedenti e ad « annettere saldamente la stilistica al territorio della moderna linguistica » (p. 71). Il fattore stilistico può essere individuato e definito solo in rapporto ad un contesto dato, rispetto al quale risulta « di ridotta prevedibilità » (non siamo lontani, come si vede, dal concetto di straniamento del formalismo russo). Poste queste basi, e riconosciuti i debiti verso la stilistica riffaterriana, il Boyde si preoccupa di collocare la sua metodologia[...]

[...]i e ad « annettere saldamente la stilistica al territorio della moderna linguistica » (p. 71). Il fattore stilistico può essere individuato e definito solo in rapporto ad un contesto dato, rispetto al quale risulta « di ridotta prevedibilità » (non siamo lontani, come si vede, dal concetto di straniamento del formalismo russo). Poste queste basi, e riconosciuti i debiti verso la stilistica riffaterriana, il Boyde si preoccupa di collocare la sua metodologia e il suo lavoro entro limiti modesti, ma non per ciò privi di validità: la stilistica, afferma, « può essere benissimo paragonata ad una sorta di statocuscinetto tra la linguistica e la critica letteraria: certo piú di una `terra di nessuno', ma in nessun caso una grande potenza » (p. 78). Entro questi limiti; l'applicazione a Dante lirico di un'accurata indagine stilistica porta da un lato all'individuazione — abbastanza solidamente accertata — delle auctoritates, di quelle opere, cioè, che hanno esercitato sicura influenza nel periodo in cui Dante scrive (opere classiche, artes poeticae, ar[...]



da [Le relazioni] P. Togliatti, Gramsci e il leninismo in Studi gramsciani

Brano: [...]i questo Convegno si è svolto un interessante dibattito circa le affermazioni e la critica di Gramsci alle forze motrici del Rinascimento italiano per l’assenza di giacobinismo. Mi sembra però che un momento particolarmente importante non sia stato messo nellaPaimiro Togliatti

431

giusta luce da chi è intervenuto su questa questione. Non è che Gramsci incolpasse i ceti borghesi di non aver fatto quello che potevano fare. Esulava dalla sua metodologia questo modo di intendere la storia. Quello che egli cerca è invece un’esatta definizione di ciò che questi ceti hanno fatto, il che gli deve servire per dare una definizione esatta della struttura della società italiana, quale esce dalla rivoluzione nazionale. Né si può negare che, nei momenti critici della storia, le classi dirigenti possono fare cose diverse. Lenin applicò questo criterio alla analisi dello sviluppo del capitalismo in Russia, e del modo come avrebbe potuto venire risolta, in particolare, la questione agraria, quale era posta dallo sviluppo secolare dell’economia russa, dall[...]

[...] suo pensiero si ricollega invece piuttosto ad elementi che sgorgano dalle correnti razionalistiche del pensiero politico italiano dell’Ottocento.

Dei principali esponenti di queste correnti nelle relazioni e in alcuni interventi è stato fatto il nome. Sono uomini nelle cui opere regna ancora, si deve riconoscerlo, una grande confusione per quanto riguarda l’indagine sui temi più generali, sui problemi della conoscenza, della filosofia, della metodologia della storia. Si riflette in questa confusione il carattere stentato dell’illuminismo e razionalismo italiano di quel tempo. Da alcuni, almeno, di questi pensatori era però partito un impulso, efficace e potente, alla ricerca della realtà economica e delle forme di organizzazione della società italiana, come si era storicamente formata attraverso i secoli e come si presentava all’inizio del Risorgimento. È secondo questa linea, è in questo alveo che si muove il pensiero di Gramsci. Sarebbe quindi errato considerarlo come una varietà delle concezioni indealistiche allora prevalenti, o, peggio [...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine metodologia, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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