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Il segmento testuale marxista è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 2241Analitici , di cui in selezione 101 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Georg Lukacs, Inchiesta sull'arte e il comunismo. Introduzione agli scritti di estetica di Marx ed Engels in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...] che prima ci intendiamo sull'indole di tale sistematicità, quale risulta dalle idee
(*) Ringraziamo l'editore Einaudi alla cui cortesia dobbiamo l'autorizzazione a pubblicare il presente scritto. Esso farà parte di un volume del Lukács di prossima pubblicazione.
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filosofiche di Marx ed Engels. Qui non abbiamo naturalmente modo di soffermarci a spiegare la teoria della sistematizzazione marxista, e ci limitiamo ad attirare l'attenzione del lettore su due punti di vista che essa comporta. Ii primo consiste in ciò, che il sistema marxista — in netto contrasto con la moderna filosofia borghese — non si distacca mai dal processo unitario della storia. Per Marx ed Engels non vi é che una sola scienza unitaria, lal scienza della storia, che concepisce l'evoluzione della natura, della società, del pensiero ecc. come un processo storico unitario, di cui si propane di scoprire le leggi sia generali che particolari (cioè concernenti singoli periodi). Ciò non implica però a nessun patto — e sempre in netto contrasto col pensiero borghese moderno — un relativismo storico. L'essenza del metodo dialettico consiste appunto nel fatto che in[...]

[...]za del metodo dialettico consiste appunto nel fatto che in essa l'assoluto e il relativo formano una unità inscindibile: la verità assoluta presenta degli elementi rela~ tivi, legati al luogo, al tempo e alle circostanze; e inversamente la verità relativa, in quanto sia verità vera, cioè rispecchi la realtà con fedele approssimazione, ha una validità assoluta.
Necessaria conseguenza di tale punto di vista è il rifiuto, da parte della concezione marxista, di riconoscere la netta separazione e l'isolamento dei singoli rami della scienza che sono di moda nel mondo borghese. Né la scienza, né % singoli suoi rami, né l'arte hanno una storia autonoma, immanente, che promani esclusivamente dalla loro dialettica interna. L'evoluzione di tutti questi campi è determinata dal corso della storia della produzione sociale nel suo insieme, e solo su questa 'base possono essere spie gati in modo veramente scientifico i mutamenti e gli sviluppi che si manifestano in ognuno di essi. Certo questa concezione di Marx ed Engels, che duramente contraddice tanti mo[...]

[...]ossono dunque essere intese e spiegate soltanto nel quadro di tutte le connessioni storiche dell'intera sistema. La formazione e lo sviluppo della letteratura sono una parte del processo storico totale della società. L'essenza e il valore estetico delle opere letterarie, e quindi della loro azione, é una parte di quel processo generale e unitario per cui l'uomo si appropria del mondo mediante la sua coscienza. Dal primo punto di vista l'estetica marxista e la storia marxista della letteratura e dell'arte sono una parte del materialismo storico, mentre dal seconda punto di vista sono una applicazione del materialismo dialettico: in entrambi i casi però una parte speciale, peculiare, di questo tutto, con definite leggi specifiche, con definiti principi estetici specifici.
I principi più generali dell'estetica e della storia letteraria del marxismo li troviamo dunque nella dottrina del materialismo storico. Solo con l'aiuto del materialismo storico si possono comprendere il sorgere dell'arte e della letteratura, le loro leggi di sviluppo, i diversi indirizzi, l'asc[...]

[...]rciò dobbiamo subito cominciare col porre alcune questioni generali e fondamentali del materialismo storico. Ciò non solo ai fini della necessaria fondazione scientifica, ma anche perché proprio in questo campo dobbiamo distinguere con particolare nettezza il vero marxismo, la vera concezione dialettica del mondo, dalla sua volgarizzazione a buon mercato, la quale pro prio in questo campo ha forse discreditato nel modo più spiacevole la dottrina marxista agli occhi di una vasta cerchia di persone.
G. LUKÁCS INTRODUZIONE AGLI SCRITTI DI MARX ED ENGELS
E noto che il materialismo storico scorge nella base economica il principio direttivo, la legge determinante dello sviluppo storico. Dal punto di vista di questa connessione con il processo di sviluppo le ideologie — tra cui l'arte e la letteratura — figu
rano soltanto come superstrutture che lo determinano in via se
condaria.
Da questa fondamentale constatazione il materialismo volgare trae una conseguenza meccanica ed erronea, e cioéche intercorra tra struttura e superstruttura un semplice[...]

[...]e economica sia la sola causa attiva e tutto U resto solo effetto passivo. Vi é invece un'azione reciproca sulla base della necessità economica che sempre si afferma in ultima istanza». /
Questo orientamento metodologico del marxismo ha l'effetto di attribuire all'enerz„ia creatrice, a11'attiviitì„ del: saggezo, una parte straordinariamente grande nello sviluppo storico. Il peñsiero cen
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traie della teoria marxista dell'evoluzione storica afferma che l'uomo é divenuto uomo, distinguendosi dalla bestia, mediante il suo lavoro. La funzione creatrice del soggetto si manifesta dunque nel fatto che l'uomo mediante' .i1 suo lavoro, il cui carattere, possibiLlità di sviluppo ecc. sono pelò certamente determinati da circostanze oggettive, sia naturali che sociali — crea se stesso, trasforma se stesso in uomo. Tale concezione dell'evoluzione storica é mantenuta in tutta la filosofia marxista della società, quindi anche nell'estetica. Marx parla in un certo passo del fatto che la musica crea nell'uomo il senso mu[...]

[...]orica afferma che l'uomo é divenuto uomo, distinguendosi dalla bestia, mediante il suo lavoro. La funzione creatrice del soggetto si manifesta dunque nel fatto che l'uomo mediante' .i1 suo lavoro, il cui carattere, possibiLlità di sviluppo ecc. sono pelò certamente determinati da circostanze oggettive, sia naturali che sociali — crea se stesso, trasforma se stesso in uomo. Tale concezione dell'evoluzione storica é mantenuta in tutta la filosofia marxista della società, quindi anche nell'estetica. Marx parla in un certo passo del fatto che la musica crea nell'uomo il senso musicale, e questa concezione fa anch'essa parte della concezione generale dello sviluppo sociale propria del marxismo. La questione qui accennata é così concretata da Marx:
Soltanto l'aggettivo dispiegarsi della ricchezza dell'essenza umana pile> in parte elaborare per la prima volta, in parte per la prima volta creare la ricchezza della sensibilità soggettiva umana: un orecchio musicale, un occhio atto a cogliere la bellezza della forma: insomma, dei sensi per la prima vo[...]

[...]n concreto, ha un suo carattere particolare; che la parallelità verificabile in due evoluzioni non deve mai essere generalizzata meccanicamente; che lo sviluppo di ogni sfera — nel quadro delle leggi che governano la società intera — hat il suo carattere peculiare, le leggi sue proprie.
Se ora vogliamo concretare anche soltanto approssimativamente il principio generale così ottenuto, approdiamo a uno dei più importanti principi della concezione marxista della storia. Nella storia delle ideologie il materialismo storico — anche qui in netta antitesi a ri arxismo volgare — riconosce che il loro sviluppo é ben lungi dall'andar di pari passo col progresso economico della società in forza di un meccanico e necessario parallelismo. Nella stana del comunismo primitivo e delle società classiste, su cui scrissero Marx ed Engels, non è affatto necessario che una società più progredita di un'altra dal punto di vista sociale abbia immancabilmente una letteratura, un'arte, una filosofia più avanzate di questa.
Marx ed Engels insistono energicamente a pi[...]

[...]to dell'arte stessa, é già meno sorprendente che avvenga nel rapporto dell'intero campo dell'arte verso la sviluppo generale della società».
Questa concezione della sviluppo storica esclude nei veri marxisti ogni schematizzazione, ogni ricorso ad analogie o a par ralleli meccanici. Come il principio dell'ineguaglianza di sviluppo si manifesti in un campo e in un periodo qualsiasi della storia delle ideologie, é questione storica concreta cui il marxista può rispondere solo in base a una concreta analisi della situazione concreta. Perció Marx così conclude il ragionamento precedente: <E La difficoltà sta soltanto nella formulazione generale di tali contraddizioni. Non appena vengono specificate, sono già risolte ».
Marx ed Engels si difesero per tutta la vita contra il semplicismo volgarizzatore dei loro cosiddetti discepoli, i quali volevano sostituire alla studio concreto del processo storico concreto una concezione storica fondata su deduzioni e analogie puramente. costruite, e soppiantare i rapporti complessi e concreti della dialettica [...]

[...]ell'arte e della letteratura si estendono allo sviluppo generale della società umana. Ma non diversamente da quanta accade nel tentativo di definire scientificamente lo sviluppo economico e le lotte sociali,
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così anche qui il loro principale interesse si rivolge a conoscere ed elaborare i tratti più essenziali dell'epoca attuale, dello sviluppo moderno. Se ora esaminiamo sotto questo rispetto il modo marxista di considerare la letteratura, vediamo ancora più chiaramente quanto importante sia la funzione che spetta al principio dell'ineguaglianza di sviluppo net definire la peculiarità di un periodo qualsiasi. Nell'evoluzione delle società divise in classi il modo capitalista di produzione é indubbiamente lo stadio economicamente più elevato. Ma per Marx è altrettanto indubbio che questo modo di produzione é per la sua stessa essenza poco propizio al fiorire della letteratura e dell'arte. Marx non é il primo e nemmeno il solo a scoprire e descrivere questo stato di cose, ma solo in lui i motivi rea[...]

[...] — potremmo addirittura dire che questa questione lo interessava appena:. Ma chi abbia studiato con la dovuta comprensione e attenzione il a Capitale» e gli altri scritti di Marx, si sarà accorto che alcuni suoi accenni, visti nel quadro della totalità comprensiva, consentono una visione dell'essenza della questione più profonda di quella degli scritti degli anticapitalisti romantici che si sono occupati di estetica per tutta la vita. L'economia marxista riconduce infatti le categorie dell'essere economico, che costituisce la base della vita sociale, là dove esse si manifestano nelle loro forme reali, come rapporti tra uomo e uomo e, attraverso questi, come rapporto della società con la natura. Ma contemporaneamente Marx dimostra anche che tutte queste categorie nel capitalismo appaiono necessariamente in forme reificate e celano
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con questa forma reificata la loro vera essenza, cioè le relazioni tra gli uomini. Nel mettere sulla testa le categorie fondamentali dell'essere umano consi[...]

[...]la moda per cui questa critica conserva sotto ogni aspetto — con le varianti del caso — la sua validità.
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Si sari notato che la nostra analisi, che aveva preso le mosse dalla formazione e dallo sviluppo della letteratura, sta passando quasi insensibilmente a investire dei problemi estetici in senso stretto. Con ciò siamo giunti a toccare il secondo complesso _di problemi della concezione marxista nell'arte. Marx considera estremameite"importante l'indagine delle premesse storiche e sociali della formazione e dello sviluppo della letteratura; ma non sostiene mai che le questioni che la concernono siano così neanche lontanamente esaurite. « Ma la difficoltà non consiste nel capire che l'arte e l'epica greca sono legate a certe forme di sviluppo sociale. La difficoltà è quella che esse continuano a suscitare in noi un godimento artistico e a valere sotto certi aspetti come norma e modello ineguagliabile».
La risposta di Marx alla domanda che egli stesso si pone ha di nuovo un carattere [...]

[...]artistica sono stati orientati in questo senso. La meta di pressoché tutti i grandi scrittori fu la riproduzione artistica della realtà; la fedeltà alla realtà, l'appassionato sforzo di restituirla nella sua totalità e integrità, denotarono per ogni grande scrittore (Shakespeare, Goethe, Balzac, Tolstoi) il .vero criterio della grandezza letteraria.




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Che l'estetica marxista affronti questa questione fondamentale senza rivendicare un'innovazione radicale risulta sorprendente per coloro i quali, senza alcun motivo serio e senza vera conoscenza di causa, accoppiano l'ideologia del proletariato a qualche cosa di assolutamente nuovo, a un « avanguardismo» artistico, e credono che l'emancipazione del proletariato comporti nel campo della letteratura una completa rinuncia al passato. I classici e 1) fondatori del marxismo non hanno mai sostenuto questo punto di vista. Nella loro opinione la lotta emancipatrice del profeta riato, la sua concezione del mondo e la futura [...]

[...]desideriamo ora chiarificare alcuni tra i momenti più importanti di tale situazione, si affaccia subito la questione: che :' f cosa é quella realtà di cui la creazione letteraria deve essere la fedele immagine speculare? Qui importa soprattutto l'aspetto ne¡ gativo della risposta: questa realtà non é soltanto la superficie del mondo esterno quale viene immediatamente percepita; non sono i fenomeni casuali, momentanei, puntuali. Mentre l'estetica marxista pone il realismo al centro della teoria dell'arte, essa combatte :aspramente al contempo ogni e qualsiasi naturalismo, ogni ten
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denza che si appaghi della riproduzione fotografica della superficie immediatamente percepibile del mondo esterno. Anche in questa questione il marxismo non afferma nulla di radicalmente nuovo e non fa altro che sollevare al livello della massima consapevolezza e chiarezza ciò che da sempre fu al centro della teoria e della prassi dei grandi scrittori del passato.
Ma l'estetica del marxismo 'combatte al tempo stesso con alt[...]

[...] situazioni tipiche, le più importanti tendenze dell'evoluzione sociale ricevono un'adeguata espressione artistica.
A queste osservazioni d'indole generale dobbiamo farne seguire un'altra. Marx ed Engels scorgevano in Shakespeare e Balzac (di fronte, diciamo, a Schiller da una parte e a Zola dall'altra) quella tendenza realistica che meglio corrispondeva alla loro estetica. La scelta di questi grandi scrittori indica di per sé che la concezione marxista del realismo non ha nulla a divedere con la copia fotografica della vita quotidiana. L'estetica marxista auspica soltanto che l'essenza individuata dallo scrittore non venga rappresentata astrattamente, bensì come essenza insita in modo organico nella fervida vita dei fenomeni, dalla cui esistenza individuale essa scaturisce. Ma non é affatto necessario, a nostro parere, che il fe nomeno reso sensibile dall'arte sia attinto dalla vita quotidiana, e nemmeno dalla vita reale in generale. Cioè a dire: anche il più sfrenato gioco della fantasia poetica, la più fantasiosa raffigurazione dei fenomeni, sono pienamente conciliabili con la concezione marxista del realismo. Non é un caso che proprio alcu[...]

[...], bensì come essenza insita in modo organico nella fervida vita dei fenomeni, dalla cui esistenza individuale essa scaturisce. Ma non é affatto necessario, a nostro parere, che il fe nomeno reso sensibile dall'arte sia attinto dalla vita quotidiana, e nemmeno dalla vita reale in generale. Cioè a dire: anche il più sfrenato gioco della fantasia poetica, la più fantasiosa raffigurazione dei fenomeni, sono pienamente conciliabili con la concezione marxista del realismo. Non é un caso che proprio alcune novelle fantastiche di Balzac e di E. Th. Hoffmann si annoverino tra quelle creazioni' artistiche che Marx apprezzava in modo particolare.
Naturalmente c'é fantasia e fantasia, fantastico e fantastico. Per cercare un criterio di distinzione dobbiamo ritornare alla tesi fondamentale della dialettica materialistica: il rispecchiamento della realtà.
L'estetica materialista, che nega il carattere realistico di un mondo delineato con particolari naturalistici quando non vi appaiano le forze motrici essenziali, ritiene naturalissimo che le novelle fa[...]

[...]ispecchiamento della realtà.
L'estetica materialista, che nega il carattere realistico di un mondo delineato con particolari naturalistici quando non vi appaiano le forze motrici essenziali, ritiene naturalissimo che le novelle fantastiche di Hoffmann e Balzac rappresentino delle vette della letteratura realistica perché in esse, proprio in grazia del / l'esposizione fantastica, questi elementi essenziali sono messi in J' risalto. La concezione marxista del realismo afferma che l'arte deve rendere sensibile l'essenza. Non a caso é proprio il concetto del tipo a mettere così chiaramente in risalto questa peculiarità dell'estetica marxista. Da una parte il tipo permette una soluzione
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della dialettica tra essenza e fenomeno propria dell'arte e inesir stente in ogni altro campo, e dall'altra esso rimanda al contempo a quel processo storicosociale di cui la miglior arte realistica costituisce il fedele riflesso. Questa definizione marxista del realismo continua quella linea che grandi maestri del realismo, come Fielding, rivendicavano alla loro prassi artistica: essi si davano l'appellativo di storiografi della vita borghese, della vita privata. Ma Marx approfondisce ulteriormente il rapporto della grande arte realista con la realtà storica e apprezza i risultati, ottenuti dai grandi realisti maggiormente di quanta essi stessi non facessero. In un colloquio con suo genero, l'eminente scrittore socialista fran cese Paul Lafargue, Marx così si esprime riguardo a tale funzione di Balzac: «Balzac non fu soltanto lo storiografo dell[...]

[...]minente scrittore socialista fran cese Paul Lafargue, Marx così si esprime riguardo a tale funzione di Balzac: «Balzac non fu soltanto lo storiografo della società del suo tempo, ma anche il profetico creatore di figure che sotto Luigi Filippo si trovavano ancora allo stato embrionale ed ebbero a svilupparsi completamente solo dopo la sua morte, sotto Napoleone III».
Tutte queste istanze rivelano la risoluta e radicale oggettività dell'estetica marxista. Secondo tale concezione il tratto dominante dei grandi realisti é dunque il tentativo appassionato e senza riserve di abbracciare e di rendere la realtà così come essa é oggettivamente nella sua essenza. Circolano a questo proposito numerosi equivoci sull'estetica marxista. Si suol dire che essa sattavaluta la parte del soggetto e l'efficacia del fattore artistico soggettivo nella creazione delle opere d'arte. Si suole confondere Marx con quei volgarizzatori che restano impacciati nelle teorie naturalistiche e gabellano per marxismo l'oggettivismo falso e meccanico di tali teorie. Ebbene: abbiamo visto che uno dei problemi centrali della concezione marxista del mondo é la dialettica di apparenza ed essenza, il ritrovare ed enucleare l'essenza nell'intreccio contradditorio delle apparenze. Ora, se non crediamo che il soggetto artistico « crei » ex nihilo qualche cosa di radicalmente nuovo, bensì sappiamo che egli scopre un'essenza che esiste indipen dentemente da lui, ma che non é accessibile a tutti e resta a lungo celata anche al piú grande artista; non per questo l'attività del soggetto viene a cessare, e neppure viene neanche menomamente
G. LUKÁCS INTRODUZIONE AGLI SCRITTI DI MARX ED ENGELS Si
inficiata. Se dunque l'estetica marxista ident[...]

[...]ra, se non crediamo che il soggetto artistico « crei » ex nihilo qualche cosa di radicalmente nuovo, bensì sappiamo che egli scopre un'essenza che esiste indipen dentemente da lui, ma che non é accessibile a tutti e resta a lungo celata anche al piú grande artista; non per questo l'attività del soggetto viene a cessare, e neppure viene neanche menomamente
G. LUKÁCS INTRODUZIONE AGLI SCRITTI DI MARX ED ENGELS Si
inficiata. Se dunque l'estetica marxista identifica il valore più gran de dell'attività creatrice del soggetto artistico nel fatto che questi assume nelle sue opere il processo sociale universale e lo rende sensibilmente, sperimentalmente accessibile; e che in tali opere si cristallizza l'autocoscienza, il risveglio alla coscienza dello sviluppo sociale: ciò non implica una sottovalutazione dell'attività del soggetto artistico, ma anzi una valutazione così alta come mai non vi fu.
Anche qui, come dappertutto, il marxismo non si presenta atteggiandosi a qualche cosa di radicalmente nuovo. Il problema era già sfiorato nell'estetica d[...]

[...] totalità del reale cui appartiene anche il fenomeno superficiale.
Se dunque il marxismo sottolinea l'oggettività più radicale ed estrema della conoscenza e della rappresentazione artistica, insiste al tempo stesso anche sull'indispensabile ruolo del soggetto creatore. Poiché questo processo, questo graduale accostamento della riposta essenza, é un cammino aperto soltanto ai geni artistici più grandi e perseveranti. L'oggettivismo della scienza marxista giunge al punto di non riconoscere nemmeno all'astrazione quella veramente significativa — la qualità di mero prodotto della col scienza umana, dimostrando invece (specialmente per le forme primarie del processo sociale: le forme economiche) come l'astrazione venga operata dalla realtà sociale stessa sui suoi oggetti. Ma per poter seguire questo processo di astrazione con intelligente fantasia, districare i suoi viluppi e concentrare in figure e situa

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zioni tipiche il fitto tessuto del processo generale: per questo ci vuole un grand[...]

[...]le forme economiche) come l'astrazione venga operata dalla realtà sociale stessa sui suoi oggetti. Ma per poter seguire questo processo di astrazione con intelligente fantasia, districare i suoi viluppi e concentrare in figure e situa

52 INCHIESTA SULL'ARTE E IL COMUNISMO

zioni tipiche il fitto tessuto del processo generale: per questo ci vuole un grande genio artistico.
Vediamo dunque che l'oggettivismo dell'estetica marxista non é
affatto in contraddizione con il riconoscimento del fattore soggettivo nell'arte. Ma dobbiamo considerare quest'idea anche sotto un altro, ben diverso aspetto. Dobbiamo aggiungere che l'oggettività enunciata dal marxismo non significa apartiticità nei confronti dei fenomeni sociali. Proprio perché, come giustamente ri conosce l'estetica marxista, il grande artista non configura cose e situazioni statiche, bensì cerca di investigare la direzione e il ritmo dei processi, egli deve afferrare, in quanto artista, il carattere di tale processo; e una simile presa di coscienza implica già una presa di posizione. La concezione per cui l'artista sarebbe uno spettatore spassionato di questi processi, situato al di sopra di ogni movimento sociale (1:'u impassibilité» flaubertiana) é nel migliore dei casi un'illusione, un tentativo di ingannar se stessi, ma per lo più è semplicemente un'evasione dai grandi problemi della vita e dell'arte. Non es[...]

[...]ilité» flaubertiana) é nel migliore dei casi un'illusione, un tentativo di ingannar se stessi, ma per lo più è semplicemente un'evasione dai grandi problemi della vita e dell'arte. Non esiste grande artista nella cui rappresentazione della realtà non si esprimano al contempo anche le sue opinioni, le aspirazioni e i desideri nostalgici. Forse che tale constatazione non contraddice la nostra precedente definizione, per cui l'essenza dell'estetica marxista é l'oggettività?
Crediamo di no. E per pater sciogliere questa contraddizione dobbiamo accennare in breve alla questione della cosiddetta arte,. a tesi e spiegare quale sia l'interpretazione che ne dà il marxis io equáTi i suoi rapporti con l'estetica marxista. Che cosa è la tesi? In un senso superficiale é qualsiasi tendenza politica o sociale dell'artista che questi intende dimostrare, diffondere e illustrare con la sua opera d'arte. E interessante e caratteristico che Marx ed Engels si esprimano sempre con ironia a proposito di tali costruzioni artificiose, ovunque se ne parli. Irònia che si fà particolarmente feroce là dove lo scrittore, onde dimostrare la verità di una proposizione o di un orientamento qualsiasi, reca violenza alla realtà oggettiva, deformandola. Si vedano soprattutto le osservazioni critiche di Marx su Sue. Ma anche quando si[...]

[...]e si avvicina straordinariamente al quadro satirico della società capitalista in formazione disegnato dal suo grande contemporaneo Fourier.
Il trionfo del realismo significa, in questa versione che ne dà il marxismo, una completa rottura con quella concezione volgare della letteratura e dell'arte che deriva meccanicamente il valore dell'opera letteraria dalle concezioni politiche dello scrittore, dalla cosiddetta psicologia di classe. Il metodo marxista qui indicato é
i
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adattissimo a spiegare i fenomeni letterari piú complessi, ma solo a patto di maneggiarlo concretamente, con vero spirito storicistico,
con accortezza estetica e sociale. Chi si illude di trovarvi uno sche
ma applicabile a qualsiasi fenomeno letterario dà un'interpretazione dei classici del marxismo altrettanto sbagliata quanto quella
dei marxisti volgari di vecchio stile. Perché non resti più nessun equivoco a proposito di questo metodo ripetiamo ancora una vol ta: il trionfo del realismo non significa per Engel[...]

[...]ente proclamata dallo scrittore sia indifferente per il marxismo, né che ogni creazione di ogni scrittore, non appena si distacchi dall'ideologia apertamente proclamata, implichi il trionfo del realismo. Questa ha luogo solo quando gli artisti realisti veramente grandi intrattengono un rapporta serio e profondo, an che se non riconosciuto consapevolmente, con una qualsiasi ten denza progressiva dell'evoluzione umana. Così come dal punto di vista marxista é inammissibile elevare sul piedestallo dei classici degli scrittori cattivi o mediocri in grazia delle loro convinzioni politiche, altrettanto inammissibile sarebbe il voler riabilitare in base a questa formulazione engelsiana degli scrittori piú o meno compiuti artisticamente ma reazionari del tutto o in parte.
Non a caso abbiamo parlato, a proposito di Balzac, della salvaguardia dell'integrità umana. Nella maggior parte dei grandi realisti é questa che dà l'impulso a raffigurare il mondo reale, benché con caratteri ed accenti assai diversi a seconda del periodo e dell'individuo. Grandezza[...]

[...]a. Nella maggior parte dei grandi realisti é questa che dà l'impulso a raffigurare il mondo reale, benché con caratteri ed accenti assai diversi a seconda del periodo e dell'individuo. Grandezza artistica, realismo autentico e umanismo sono indissolubilmenté uniti. E il principio unificatore é proprio quello prima rilevato; la preoccupazione dell'integrità dell'uomo. Questa umanesimo conta tra i principi fondamentali più importanti dell'estetica marxista. Ripetiamo ancora una volta che Marx ed Engels non furono i primi a situare il principio umanistico al centro dell'estetica. Anche qui come dappertutto Marx ed Engels continuarono l'opera dei massimi rappresentanti del pensiero filosofica ed estetico, sviluppandola fino a un livello qualitativamente superiore. D'altra parte pera, proprio perché non ne sono gli iniziatori, ma segnano il coronamento di una lunga evo
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luzione, essi sono i rappresentanti di gran lunga più conseguenti di tale umanesimo.
E se lo sono, lo sono — contrariamente agli abituali pr[...]

[...]vere. A questa assoluta povertà doveva ridursi l'essere umano per poter nuovamente partorire da sé la sua intima ricchezza...
La soppressione della proprietà privata é quindi la completa emancipazione di tutti i sensi e di tutte le qualità umane; ma é questa emancipazione proprio in quanto questi sensi e qualità sono diventati umani, sia soggettivamente che oggettivamente ».
Così l'umanismo socialista viene ad inserirsi al centro dell'estetica marxista, della concezione materialistica della storia. Di contro ai pregiudizi borghesi, che ricevono un potente soccorso dalla 'rozza e antidialettica concezione della società propria del marxismo volgare, occorre sottolineare che questa concezione materialistica, la quale penetra dappertutto fino alle radici profon, damente nascoste nel terreno, non nega affatto la bellezza estetica dei fiori. Al contrario é proprio la concezione materialistica della storia, l'estetica marxista, ed essa soltanto, ad offrirci i mezzi onde comprendere appieno questo processo nella sua unità, nel suo organico legame t[...]

[...]materialistica della storia. Di contro ai pregiudizi borghesi, che ricevono un potente soccorso dalla 'rozza e antidialettica concezione della società propria del marxismo volgare, occorre sottolineare che questa concezione materialistica, la quale penetra dappertutto fino alle radici profon, damente nascoste nel terreno, non nega affatto la bellezza estetica dei fiori. Al contrario é proprio la concezione materialistica della storia, l'estetica marxista, ed essa soltanto, ad offrirci i mezzi onde comprendere appieno questo processo nella sua unità, nel suo organico legame tra fiori e radici.
D'altra parte se la concezione materialistica della storia afferma che la vera e definitiva `emancipazione dell'umanità dagli effetti deformanti della divisione della società in classi può aver luogo soltanto col socialismo, ciò non implica per nulla una' contrapposizione rigida, antidialettica, schematica, per cui si ripudi sommariamente la cultura delle società classiste e si resti indifferenti di fronte alle diverse realizzazioni di esse e alla loro [...]

[...]ni di esse e alla loro azione cultúrale ed artistica (ciò che possiamo invece spesso constatare nei piatti volgarizzatori del marxismo). D'accordo: la vera storia dell'umanità comincerà col socialismo. Ma quella preistoria che conduce al socialismo é un elemento integrante della formazione del socialismo stesso. E le tappe di questo cammino non possono
T
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essere indifferenti per i seguaci dell'umanesimo marxista, né per l'estetica marxista.
L'umanesimo socialista rende possibile all'estetica marxista l'unione di conoscenza storica e conoscenza puramente estetica, il continuo convergere di apprezzamento storico ed estetico. Cosa l'estetica marxista risolve proprio quella questione che ha maggiormente tormentato i predecessori, quando erano veramente grandi, e che è stata quindi sempre elusa dai minori: l'unità del valore estetico imperituro dell'opera d'arte e del processo storico da cui essa, proprio nella sua perfezione, nel suo valore estetico, è inscindibile.
GEORG LUKACS
(Traduzione di Cesare Cases).



da Giovanni Mari, Ritratti critici contemporanei. Louis Althusser in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: RITRATTI CRITICI DI CONTEMPORANEI
LOUIS ALTHUSSER
1. Per comprendere il significato ed i risultati della ricerca marxista che Louis Althusser porta avanti da venti anni tra polemiche e discussioni che sono andate ben oltre gli ambienti culturali francesi (interessando anche aree regionali in cui il marxismo ed il movimento operaio sono tradizionalmente assai deboli), occorre partire, come del resto il filosofo francese ha piú volte ripetuto, dal momento storico in cui tale ricerca si è svolta'. D'altra parte l'opera di Althusser si colloca consapevolmente in questo momento: essa infatti prevede una serie di riflessioni sulla « congiuntura politica » in cui il movimento comunista si è trovato in questi anni, e ra[...]

[...]istórico, Mexico, Siglo xxi, 1979°°, a p. 152, definisce in questo modo la « congiuntura politica »: « La congiuntura politica è il `momento attuale' della lotta delle classi in una formazione sociale o sistema di formazioni sociali ». Althusser non concettualizza direttamente la nozione di « congiuntura », che pure ricorre abbastanza frequentemente nei suoi scritti. Egli individua questa nozione mediante una riflessione sulla « pratica politica marxista », in particolare su quella di Lenin (dr. PM, pp. 154160), ed oltre all'espressione di « congiuntura » e di « congiuntura politica », usa anche quella di « congiuntura teorica e ideologica ». La « congiuntura » sembra quindi designare l'unità (strutturata) delle contraddizioni di diversi livelli della formazione sociale nel « momento attuale » (cfr. To my english readers, prefazione a For Marx, London, New Left Books, 1971).
408 GIOVANNI MARI
ser, con la denuncia del « culto della personalità » e delle « violazioni » della « legalità socialista » compiute dal xx Congresso del Pcus (1956), n[...]

[...]l Pcus (1956), nonché con la scissione del movimento comunista internazionale degli anni immediatamente seguenti.
Per Althusser ciò che caratterizza questa congiuntura è, per un verso, la lotta tuttora in corso tra una « critica di destra » (prevalente) ed una « critica di sinistra » dello stalinismo, e, per l'altro, l'effettiva sopravvivenza nel movimento operaio dello stalinismo a causa dell'assenza di una vera spiegazione, di una spiegazione marxista, di esso. Il problema teorico e politico dello stalinismo, e quindi della crisi che la sua denuncia ha determinato nel comunismo internazionale, è in altre parole ciò che domina la « congiuntura teorica e ideologica » del movimento comunista in cui Althusser interviene con i suoi scritti filosofici. Questi « interventi filosofici » hanno avuto essenzialmente il carattere, durante gli anni Sessanta, di una « difesa » della « specificità » e della « novità » del marxismo nei confronti dell'assalto delle varie forme dell'« ideologia borghese » sviluppatosi nel quadro delle « critiche di destra »[...]

[...]ll'« ideologia borghese » sviluppatosi nel quadro delle « critiche di destra » dello stalinismo. Una difesa, come vedremo, che ha comportato un « ritorno alle fonti », ai classici, e che Althusser ha portato avanti, spesso da solo, non in nome dell'ortodossia (come da piú parti si è creduto di poter affermare), ma in nome di una « comprensione » e di una « intelligenza » di Marx da conquistare mediante la scoperta e lo sviluppo della « filosofia marxista ».
La Prefazione (1965) agli scritti raccolti nel Per Marx si apre con queste considerazioni: « Pur avendo tutti preso spunto da occasioni particolari, questi testi sono tuttavia il prodotto di una medesima epoca e di una medesima storia. Sono, a modo loro, i testimoni di una singolare esperienza, che tutti i filosofi della mia epoca che hanno tentato di pensare dentro Marx hanno vissuta: la ricerca del pensiero filosofico di Marx, indispensabile per uscire dal vicolo cieco teorico in cui la storia ci aveva cacciati » (PM, p. 5).
Il periodo in cui la ricerca di Althusser si svolge presenta [...]

[...] le masse sono in movimento, anche se nelle peggiori condizioni », Mio, p. 126). I limiti teorici e politici emersi nell'analisi del passato (stalinismo), non sono qualcosa di diverso dai ritardi e dalle incomprensioni nell'analisi del presente. Ma per Althusser non ci si può fermare qui: occorre avere il coraggio di andare anche alla radice teorica di questi ritardi e di queste difficoltà. La definizione a cui egli attualmente lavora di un'idea marxista di « crisi generale del marxismo » appare come il risultato di una riflessione teorica che per il rigore con cui negli anni Sessanta ha « fatto ritorno `alle fonti' » ha dovuto in seguito arrendersi all'evidenza che la tradizione teorica marxista « non è `pura' ». Che il marxismo, « contrariamente alla frettolosa definizione di Lenin », non è « `un blocco d'acciaio', ma comporta difficoltà, contraddizioni e lacune » che hanno un loro preciso ruolo nella crisi attuale (« Non possiamo infatti contentarci di risolvere tutto con la responsabilità di Stalin », Finalmente, p. 225).
Nel 1978 i punti di maggior debolezza del pensiero di Marx gli appaiono i seguenti: la sopravvivenza in esso dell'« idea di una filosofia della storia » che, come l'« unità fittizia » imposta al Capitale dall'esigenza di dover partire dall'« astrazione del valor[...]

[...]logia. Dell'« ideologia giuridica e filosofia borghese », la cui struttura è caratterizzata dall'« opposizione della Persona (Libertà = Volontà = Diritto) e della Cosa » (EA, p. 16). Il xx Congresso, in altre parole, avrebbe favorito, con le proprie « pseudospiegazioni » interamente sovrastrutturali della deviazione staliniana, la diffusione nel movimento operaio delle interpretazioni ideologiche e filosofiche umanistiche del marxismo (umanesimo marxista, filosofia marxista dell'uomo, umanesimo socialista, umanesimo reale, ecc.). « Dopo il xx Congresso, un'ondata apertamente di destra si diffuse... Si strappò nuovamente ai socialdemocratici e ai preti... lo sfruttamento delle opere giovanili di Marx, per ricavarne una ideologia dell'Uomo, della Libertà, dell'Alienazione, della Trascendenza, ecc.... L'ortodossia, come dice J. Lewis, ne fu quasi sommersa: non il `pensiero' di Stalin, che continuò, e continua da parecchio tempo, ad andare avanti indisturbato, nelle sue basi, nella sua `linea' e in alcune delle sue pratiche — ma proprio la teoria di Marx e di Lenin [...]

[...] umanistica (radicata nella tradizione della « grande filosofia classica ») di spiegare la storia e la politica a partire da un'« Essenza dell'Uomo ». Marx non parte dall'uomo e dal Soggetto (soggetto razionale, economico, morale, giuridico e politico), bensí dal modo di produzione, dalle forze produttive, dai rapporti di produzione, dalla lotta di classe, dalla sovrastruttura, ecc. Per Althusser, comunque, il carattere antiumanista della teoria marxista non esclude affatto l'assunzione da parte del movimento operaio di una ideologia umanistica (e con altri caratteri): l'ideologia è un fenomeno permanente della società (anche di quella comunista) con precise funzioni pratiche e l'atteggiamento nei suoi
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confronti va stabilito volta per volta con criteri strettamente politici (si può fare « Una (eventuale) politica marxista dell'ideologia umanista », PM, p. 206). Ciò che lo studioso francese combatte è dunque soltanto la riduzione del marxismo ad una ideologia umanistica, sia perché il marxismo non è un'ideologia (è una filosofia e una scienza della storia), sia perché tale riduzione farebbe cadere il marxismo sotto l'influenza dell'ideologia dominante, essendo l'umanesimo una componente essenziale dell'offensiva ideologica della borghesia volta a mettere da parte la lotta di classe in nome dell'Uomo. Ebbene questo gruppo di tesi che qui abbiamo assai schematicamente ricordato, e che si presentano sostanzialment[...]

[...]e periodi della propria ricerca, sia la periodizzazione dell'itinerario politico teorico del giovane Marx (momento liberale e razionalistico hegeliano fino al 1842; momento umanistico comunitario di stampo feuerbachiano fino al 1845; passaggio al comunismo ed al materialismo rivoluzionario a partire dal 1845). Sia il concetto di
« rottura epistemologica », per designare un fatto interno a tale itinerario (la discontinuità teorica tra la scienza marxista della storia e la sua preistoria hegeliana e, soprattutto, feuerbachiana) ed insieme per sottolineare tutta la « specificità » e « novità » della fondazione del materialismo storico (Marx apre il « continenteStoria », precedentemente occupato dalle ideologie e dalla filosofia della storia, alla scienza: un evento teorico e politico
« irreversibile » e « senza precedenti nella storia umana »). Sia infine la tesi dell'antiumanesimo teorico di Marx. Tuttavia egli dà due interpretazioni della « rottura epistemologica » e quindi della storia e della periodizzazione di Marx. Nel primo periodo (non[...]

[...] « rottura epistemologica ».
Il limite speculativo del primo periodo si manifesta quindi, sia nella interpretazione teoricista della « rottura epistemologica » (« Ecco ciò che mancava d'essenziale ai miei primi saggi: la lotta di classe e i suoi effetti nella teoria », EA, p. 41), sia nella contrapposizione razionalista, « in generale », tra la scienza (« la verità ») e la ideologia (« l'errore »), sia, infine nell'appiattimento della filosofia marxista sulla scienza (la filosofia come « Teoria della pratica teorica ») e della scienza marxista (che è invece « rivoluzionaria ») sulla scienza in generale. Nel secondo periodo (cioè a partire dallo scritto Sull'evoluzione del giovane Marx, del 1970, e soprattutto nella Réponse à J. Lewis ed in Elementi d'autocritica, entrambi del 1972), Althusser si pone il problema delle « condizioni » della « rottura epistemologica », individuandole essenzialmente nel « cambiamento di posizione teorica di classe dell"individuo' storico MarxEngels » (EA, p. 42). In questi
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scritti la « rottura epistemologica » è quindi preceduta e « comandata » dal passaggio di Marx (e di Engels) a [...]

[...]i materiali, sociali, ideologiche e filosofiche della produzione delle conoscenze in grado di spiegare in modo non meccanicistico e sociologico (Althusser direbbe anche non « storicistico ») il « comando » del materiale sul teorico. In altre parole si potrebbe dire che si tratta del programma di un'epistemologia materialista. Si pone allora il problema del rapporto tra questa epistemologia ed il materialismo storico, da una parte, e la filosofia marxista, dall'altra. Ci sono, evidentemente, delle sovrapposizioni problematiche e delle distinzioni da porre con chiarezza.
Seconda osservazione. La coppia rupture/coupure, che intende spiegare l'influenza, il « comando », del « materiale » (ideologico e politico) sull'evoluzione del teorico (scientifico) mediante la funzione « centrale » della « ri
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voluzione » filosofica, opera in particolari condizioni e in un modo particolare. Molto schematicamente, il funzionamento della coppia r./c. nel ragionamento di Althusser sembra implicare: 1) una (Althusser direbbe)
« topica », c[...]

[...]i ostacoli ideologici, filosofici e scientifici borghesi) la politica (proletaria) e la riflessione scientifica sotto il comando di questa politica e del suo oggetto. Ma la filosofia non entra in merito alle forme di questo « comando », essa non sembra in grado di pensare una articolazione della linearità della successione, né di rendere piú complessa e non totale ed universale l'omogeneità ai contenuti di classe.
4. Il problema della filosofia marxista costituisce senza dubbio il tema centrale di tutta la ricerca di Althusser (EMP, p. 136), nonché della sua vita, perché in essa è racchiusa l'idea di un nuovo rapporto tra lavoro intellettuale e militanza politica, l'idea di un lavoro filosofico relativamente autonomo che è anche intervento politico, e quella di una militanza politica che non può esaurirsi nell'attivismo pratico. Il problema della filosofia di Marx è anche il problema di come essere comunisti in filosofia.
Althusser pone con chiarezza i termini generali del problema della filosofia marxista sin dallo scritto con cui si apre [...]

[...] vita, perché in essa è racchiusa l'idea di un nuovo rapporto tra lavoro intellettuale e militanza politica, l'idea di un lavoro filosofico relativamente autonomo che è anche intervento politico, e quella di una militanza politica che non può esaurirsi nell'attivismo pratico. Il problema della filosofia di Marx è anche il problema di come essere comunisti in filosofia.
Althusser pone con chiarezza i termini generali del problema della filosofia marxista sin dallo scritto con cui si apre il Per Marx, « I `manifesti filosofici' di Feuerbach » (1960): Marx non ha mai esplicitamente formulato la sua « filosofia », che tuttavia è presente ed operante « dentro » i suoi scritti. Il problema è allora quello di scoprire e sviluppare la filosofia « celata » nella « pratica teorica » (e politica) di Marx applicando a Marx (« un circolo »), sviluppandoli, i non molti elementi espliciti che egli stesso fornisce (a cominciare da quelli contenuti nel suo scritto filosofico piú importante, l'Introduzione del '57 a Per la critica dell'economia politica). Lo [...]

[...]eorica » (e politica) di Marx applicando a Marx (« un circolo »), sviluppandoli, i non molti elementi espliciti che egli stesso fornisce (a cominciare da quelli contenuti nel suo scritto filosofico piú importante, l'Introduzione del '57 a Per la critica dell'economia politica). Lo scritto in cui Althusser ritiene che si debba piú che in ogni altro ricercare la filosofia di Marx è il Capitale, la sua opera scientifica piú importante. La filosofia marxista è infatti l'insieme dei concetti indispensabile a pensare 1'« immensa rivoluzione teorica » che le scoperte scientifiche di Marx hanno determinate nel « teorico esistente », rappresentato essenzialmente dalla filosofia hegeliana. Il fatto che Marx non abbia sufficientemente « pensato »
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il significato filosofico delle proprie scoperte scientifiche, questa sua lacuna, determina, come vedremo, non pochi problemi e difficoltà di ordine teorico.
Per Althusser comunque soltanto la ricerca e lo sviluppo della filosofia di Marx permettono di « rispondere alla domanda sul posto[...]

[...]roprio ad un suo iniziale insufficiente distacco da questo « materialismo dialettico », una delle « sopravvivenze » piú tenaci e diffuse dello stalinismo. Piú precisamente, proprio al tentativo
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che Althusser compie, al fine di rinnovarlo, di iscrivere la propria ricerca della filosofia di Marx all'interno del programma del « materialismo dialettico ». Di questo programma egli non mantiene soltanto la distinzione tra filosofia marxista e scienza della storia marxista, ciò che gli facilita, tra l'altro, la ricerca della filosofia di Marx. Ne mantiene inizialmente, pur rinnovandoli profondamente, alcuni obiettivi di fondo che influenzano in senso speculativo la sua ricerca, ed i quali rispondono tutti alla medesima esigenza, profondamente radicata nel movimento comunista, di possedere una teoria in grado di abbracciare tutte le cose ed il loro movimento sul modello della presunta unità filosofica (dialettica) del pensiero di Marx.
Il razionalismo speculativo di Althusser (che possiede anche delle venature metodologistiche), in quanto deviazione filosofica,[...]

[...]icerca, ed i quali rispondono tutti alla medesima esigenza, profondamente radicata nel movimento comunista, di possedere una teoria in grado di abbracciare tutte le cose ed il loro movimento sul modello della presunta unità filosofica (dialettica) del pensiero di Marx.
Il razionalismo speculativo di Althusser (che possiede anche delle venature metodologistiche), in quanto deviazione filosofica, pone proprio questo tipo di istanza alla filosofia marxista, quella di costituire i quadri generali di una razionalità in grado di unificare e sintetizzare tutto lo scibile possibile a partire dalla teoria delle leggi in generale del movimento delle cose.
Chiameremo Teoria (con la maiuscola) la teoria generale, ossia la Teoria della pratica in generale... Questa Teoria è la dialettica materialistica che è una cosa sola con il materialismo dialettico... la Teoria generale stessa (la dialettica) in cui viene espressa teoricamente l'essenza della pratica teorica in generale, e attraverso questa l'essenza delle trasformazioni, del `divenire' delle cose i[...]

[...] generale... Questa Teoria è la dialettica materialistica che è una cosa sola con il materialismo dialettico... la Teoria generale stessa (la dialettica) in cui viene espressa teoricamente l'essenza della pratica teorica in generale, e attraverso questa l'essenza delle trasformazioni, del `divenire' delle cose in generale... Ma la Teoria è essenziale anche alla trasformazione di quelle discipline in cui non esiste ancora una vera pratica teorica marxista... [le quali discipline] hanno bisogno della Teoria, ossia della dialettica materialistica, come del solo metodo che possa anticipare la loro pratica teorica delineandone le condizioni formali (PM, pp. 1468).
Anche se il divenire di cui si interessa Althusser è sempre connesso ad una pratica (sociale o intellettuale), è una trasformazione (che possiede una propria dialettica) prodotta da una pratica, egli eredita ugualmente, a suo modo, l'enorme ed irraggiungibile obiettivo politico e teorico del marxismo della III Internazionale, consistente nella ricerca razionale delle leggi del divenire [...]

[...]questo metodo (il materialismo dialettico, la filosofia di Marx) possa essere conquistata a partire dalla pratica teorica (scientifica) piú alta di Marx, il Capitale. Una controprova a queste osservazioni si può rintracciare, mi sembra, nelle seguenti affermazioni contenute nell'Avantpropos scritta da Althusser nel 1977 all'opera di G. Duménil, Le concept de loi économique dans `Le Capital', cinque anni, cioè, dopo l'« autocritica »: « La teoria marxista non è di diritto universale, né arbitrariamente estendibile ad ogni fenomeno che appartiene al campo dei `fatti' sociali ed umani... Ecco ciò che forse scoraggerà i metafisici marxisti dall'impegnarsi nell'avventura d'estendere d'autorità la teoria marxista a degli oggetti che essa esclude dal suo campo, o sulla cui sorte mantiene il silenzio » (Ap, p. 20).
5. Althusser inizia la propria riflessione sulla filosofia di Marx a partire da determinati « vuoti » e « punti di fragilità teorica » del ragionamento marxiano, e perviene, nella seconda metà degli anni Sessanta, all'esplicita affermazione che l'attuale « crisi generale del marxismo » va spiegata anche con le « difficoltà, contraddizioni e lacune » del pensiero di Marx. In generale i risultati piú significativi della ricerca althusseriana sono sempre connessi all'individuazione di alcuni pu[...]

[...]ciarla per scoprire il nocciolo razionale dentro il guscio mistico »): questa formula ad Althusser appare solo « indicativa, anzi metaforica » e tale da porre « piú problemi di quanti ne risolva ». E con la costatazione che in Marx la concezione dei « rapporti specifici tra struttura e sovrastruttura meritino ancora di essere teoricamente elaborati e indagati ». L'obiettivo è duplice: dimostrare la totale diversità e specificità della dialettica marxista rispetto a quella hegeliana, e combattere le interpretazioni economicistiche (evoluzioniste e meccaniciste) della tesi materialisticostorica della determinazione in ultima istanza dell'economia (cioè della contraddizione tra forze produttive e rapporti sociali di produzione) del corso della storia. A questo scopo egli elabora, a partire dalla pratica teorica e politica marxista, due nozioni, quella di « surdeterminazione », cioè di « contraddizione surdeterminata » (PM, p. 82), e quella di « tutto complesso strutturato a dominante » (PM, p. 178). Le quali sono proposte in sostituzione dei concetti hegeliani di « contraddizione » e di « totalità ». La contraddizione hegeliana infatti non ammette alcuna reale surdeterminazione, non ammettendo mai una vera determinazione ad essa esterna. Essa cioè è « semplice », presentandosi sempre come « fenomeno » di un'unica semplicità intrinseca (essenza, principio, ecc.). A sua volta la totalità hegeliana, essendo lo « sviluppo [...]

[...] alla scienza di Galilei) e quella « espressiva » di Leibniz e poi di Hegel (legata al calcolo infinitesimale). In Elementi di autocritica Althusser rileva nella propria nozione di « causalità strutturale » un eccesso di « civetteria » nei confronti della terminologia strutturalistica, ed un'effettiva influenza della filosofia di Spinoza e non dell'ideologia strutturalista, e propone di esprimere lo stesso concetto, d'accordo con la « tradizione marxista », mediante quello di « causalità dialettica materialistica ». A me comunque sembra che su questo tema della determinazione in ultima istanza, a parte le differenze terminologiche e le precisazioni concettuali, la sostanza del ragionamento di Althusser non muti rispetto a ciò che ho cercato di sottolineare circa il tipo di critica antieconomicista che egli porta avanti negli scritti del Per Marx. A questo proposito si può infatti leggere in Elementi di autocritica: « Ma non si può neppure `mettere le mani' su questa contraddizione `in ultima istanza', come su la causa. Non si può afferrarla e[...]

[...]he la `contraddizione in ultima istanza' non è mai presente di persona sulla scena della storia... » (EA, p. 24).
La seconda questione, il « processo di conoscenza », già presente nel Per Marx, è trattata in modo particolare nel saggio introduttivo di Leggere il Capitale, Dal `Capitale' alla filosofia di Marx (1965), e ritorna in numerosi scritti successivi, tra i quali faremo brevi riferimenti ad Elementi di autocritica (1972), È facile essere marxista in filosofia? (1975), l'Avantpropos al libro di Duménil già ricordata, Marxismo oggi (1978). Questa questione è legata all'interpretazione dell'Introduzione del 1857 a Per la critica dell'economia politica, in cui Marx affrontando il problema del proprio metodo (Il metodo dell'economia politica), fornisce una serie di elementi che ad Althusser appaiono indispensabili per l'analisi del « discorso scientifico » mar
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xista, della sua « novità » e « specificità », che è appunto l'obiettivo di Leggere il Capitale. Nel primo periodo della sua ricerca Althusser particolarment[...]

[...] in cui le astrazioni scientifiche esistono allo stato di realtà empiriche, dove la scienza, i concetti scientifici esistono nella forma del visibile dell'esperienza come altrettante verità a ciel sereno » (Lc, p. 132).
Il Capitale, insomma, come una « deduzione logicostorica ». Lo storicismo è definito da Althusser una forma di empirismo in quanto individua nelle categorie delle qualità reali in qualche modo in esse « riflesse ». Lo storicismo marxista si ispira ad alcuni passi di Marx, e ad altri di Engels,
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soprattutto dove questi interpreta il significato dell'opera scientifica di Marx (L'oggetto del « Capitale », y e vi). La presenza in Marx di elementi empiristi è spiegata da Althusser mediante l'inadeguatezza filosofica di Marx che ricorre in alcuni casi al teorico esistente (Hegel) per pensare i problemi che le sue scoperte scientifiche ponevano in sede filosofica.
A sua volta, per l'interpretazione antistoricista (e antiumanista) del marxismo Althusser si avvale soprattutto dell'Introduzione del '57, in b[...]

[...]a che la classe operaia si dà come piú utile alla propria lotta di classe) come una sfera a sé, mero limite negativo e deformazione della realtà di fronte alla verità della scienza, insieme di concezioni pratiche interamente subordinate alla tattica politica. In Marxismo oggi, lo si è già visto, si ammettono, invece, due forme del marxismo, quella « teorica » e quella « ideologica »: il marxismo è quindi anche, e non secondariamente, « ideologia marxista ». In questo scritto Althusser si pone dal punto di vista della fusione della teoria marxista e del movimento operaio. Fin dall'inizio il marxismo, il « pensiero di Marx », non è separabile dalle esperienze, dalle lotte, dalle posizioni ideologiche della classe operaia: « il pensiero di Marx si è formato e si è sviluppato all'interno del movimento operaio, sulla sua base e sulle sue posizioni » (Mo, p. 112). Questo punto di vista è comunque già operante in alcuni scritti attorno al 1970, quando ormai il concetto di filosofia è definito dal filosofo francese a partire dal significato politico della sua funzione in seno alla teoria (già in Lenin e la filosofia, 1968) e la funzione dell'[...]

[...]nza rivoluzionaria, tutto questo introduce nel suo ragionamento la preoccupazione e la ricerca a tutti i livelli di una sorta di omogeneità e di integralità ideologica che solleva non pochi problemi ed altrettante perplessità.
In particolare sul piano della interpretazione della scienza del Capitale queste posizioni appaiono difficilmente conciliabili con le piú recenti affermazioni di Althusser circa il carattere finito ed aperto della scienza marxista, la quale per superare la propria « crisi » dovrà pure fare i conti con le altre scienze. Non solo, ma questo rigido fondamento ideologico di classe della scienza rivoluzionaria di Marx determina una serie di difficoltà (che sembrava dovessero ormai appartenere al passato della storia del movimento comunista) sul piano della definizione e dello sviluppo di una strategia delle alleanze e della conquista del potere in grado di comprendere e di rispettare la complessità e molteplicità delle istanze e dei soggetti sociali, il pluralismo e la democrazia politica. Se nel primo periodo della ricerca[...]

[...]partenere al passato della storia del movimento comunista) sul piano della definizione e dello sviluppo di una strategia delle alleanze e della conquista del potere in grado di comprendere e di rispettare la complessità e molteplicità delle istanze e dei soggetti sociali, il pluralismo e la democrazia politica. Se nel primo periodo della ricerca di Althusser era il materialismo dialettico a fondare l'unità, l'autonomia e l'efficacia dello teoria marxista, nel secondo sembra essere l'ideologia proletaria a dover permettere le stesse cose. In questo modo, però, in entrambi i periodi permane una visione dell'autonomia e della specificità del marxismo in termini totali che condiziona comunque ogni tentativo di articolazione dell'unità della teoria. Totalità che nel primo periodo è raggiunta da Althusser a spese dell'ideologia (relegata sostanzialmente nel negativo e nel prescientifico), e nel secondo a spese della teoria, di cui si enuncia la finitezza e la crisi. Se l'integralità della teoria nel primo periodo aveva assunto la forma del razional[...]

[...]ue », 1965, n. 164, pp. 3237 (tr. it. in n. 21). 21. Pour Marx, Paris, Maspero,
1965, che comprende, oltre ai nn. 8, 9, 11, 12, 13, 15, 18, 20, una Préface: Aujourd'hui (Marzo 1965) ed un Annexe al n. 11 (tr. it. di F. Madonia, L.A. Per Marx, Roma,
Editori Riuniti 1967, con una Nota introduttiva di Cesare Luporini). 22. Esquisse
du concept d'histoire, «La Pensée », 1965, n. 121, pp. 321. Riprodotto nel cap. iv
del n. 23 (tr. it. in « Critica marxista », 1966, n. 1) . 23. Préface: Du « Capital »
à la philosophie de Marx, in Lire le Capital, i, Paris, Maspero, 1965, pp. 989. Il volume comprende anche scritti di J. Rancière e P. Macherey (tr. it. di R. Rinaldi e V. Oskian, del solo scritto di Althusser, L.A. e E. Balibar, Leggere Il Capitale, Milano,
Feltrinelli, 1968). 24. L'object du « Capital », in Lire le Capital, ii, cit., pp. 7
185. Il volume comprende anche scritti di E. Balibar e R. Establet (tr. it. cit. dei soli
scritti di Althusser e Balibar). 25. Théorie, pratique théorique et formation
théorique. Idéologie et lutte idéologi[...]

[...], in M.L.M., Lettere
dall'interno del P.C.I. a Louis Althusser, Milano, Feltrinelli, 1969, pp. 36, 2326,
5365, 126127, 331361. 41. A propos de l'article de Michel Verret sur « Mai
Etudiant », « La Pensée », 1969, n. 145, pp. 314 (affronta gli stessi temi della lettera
del 15 marzo 1969, in n. 40, pp. 338361).. 42. Idéologie et appareils idéologi
ques d'Etat (Notes pour une recherche), « La Pensée », 1970, n. 151, pp. 338 (tr. it., « Critica Marxista », vin, n. 5, 1970; « Il piccolo Hans », n. 67, 1975; Sull'ideologia,
Bari, Dedalo, 1976). 43. Sur le rapport de Marx à Hegel (1968), in JACQUES
D'HONDT (a cura di), Hegel et la pensée moderne, Paris, n.u.F., 1970, pp. 85111 (tr.
it. in n. 49). 44. Lenin devant Hegel (1969), in W. R. BEYER (a cura di), Hegel
Jahrbuch 19681969, Meisenheim a. Glan, 1970, pp. 4558 (tr. it. in n. 49). 45.
Lettera al traduttore del 19. Gennaio 1970, in L. A./E. BALIBAR, Reading Capital,
LOUIS ALTHUSSER 441
London, New Left Book, 1970, pp. 323324. 46. Foreword (1970), in L.A.,
Lenin and Philosophy and other[...]



da (Nove domande sullo stalinismo) Arturo Carlo Jemolo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: [...] sarebbero potuti usare, ad es. «dittatura personale ». E ciò anche a costo di prestare il fianco ad una provvisoria soddisfazione dei sociologhi descrittivi alla Monnerot, i quali potrebbero pensare di aver finalmente trovata una verifica a qualcuna delle loro astoricistiche e vuote equazioni di uguaglianza fra tutte le dittature. Del resto il termine « dittatura », come ognuno sa, non ha mai spaventato il forse duro, ma reali stico, linguaggio marxista. La « dittatura del proletariato » fu, dal marxismo, pronosticata e realizzata come inevitabile punto di passaggio, strettoia obbligata della conquista del potere della classe operaia per giungere, nello slargo, all'eliminazione delle classi ed alla realizzazione della società socialista prima, e comunista poi.
Ma il termine « dittatura del proletariato » non è, nei classici del marxismo, mai considerato come un termine da accettarsi integralmente ma, piuttosto, da usarsi in senso paradossale: sotto
` lineatura sprezzante di una fase necessaria, ma da superarsi appena possibile, punto in c[...]

[...]asata su una rozzamente intesa funzione della dialettica, e le sue conseguenze.
Solo che, se la denuncia è oggi moralistica (attacco al « culto »), occorre ideologizzarla a fondo. Altrimenti si rischia di usarla ancora una volta tatticamente (la tattica anticulto, iconoclasta) senza che essa dia tutti i frutti che può dare.
La morale può essere la spia (non americana) della politica comunista. La tattica del « culto », nel quadro di una morale marxista, doveva essere indice che qualcosa di grosso non andava nella politica. Invece no: ci si diceva che eravamo così piccoloborghesi da non capire che, nel paese "del socialismo, quello che per noi poteva apparire un « culto religioso » era autentico amore per un uomo cui tanto ogni sovietico corrispondeva.
Capzioso gioco, se il corrispondere non può avere ovviamente per un socialista che il senso della pariteticità, una volta rotti i rapporti di soggezione e di alienazione. Per cui se certamente molto c'era da ammirare nell'uomo sovietico, il molto era appunto
ROBERTO GUIDUCCI 49
nell'uomo mi[...]

[...]ere non può avere ovviamente per un socialista che il senso della pariteticità, una volta rotti i rapporti di soggezione e di alienazione. Per cui se certamente molto c'era da ammirare nell'uomo sovietico, il molto era appunto
ROBERTO GUIDUCCI 49
nell'uomo minuscolo (Stalin = un cittadino qualunque), nel cittadino ignoto, vivo per, e soprattutto, nella collettività. Dunque, morale sì, per il socialismo, anzi affermazione decisiva che la morale marxista esiste e deve corrispondere esattamente ai principi cui nessuna tattica può far concessioni di sorta, ma morale che non si ferma alla moralistica e pretende la scienza (morale politica, non astratta), cioè la traduzione storicistica della denuncia e, di più, l'adeguamento esplicito di una politica e delle sue forme all'istanza morale pronunciata.
2) Stato e Partito.
La concezione della «dittatura del proletariato» è l'unica formula che sembra consentire una teorizzazione della diarchia PartitoStato nell'URSS, che si dà normalmente per scontata e che di fatto è invece assai curiosa. Si sa ch[...]

[...]nte nella società borghese, che esprime una gamma di precisi interessi e li rappresenta. Caso nel quale non si può certo affermare che la volontà generale si possa esprimere perché esiste la pluralità dei partiti. Al contrario, la pluralità non esprime che la rottura delle volontà, degli interessi antagonistici e di classe. Sgomberato perciò il campo dalla trappola parlamentaristica con tutti i corollari della libertà apparente, rimane, in campo marxista, il problema di come rappresentare non già rinnovati particolarismi, pur in una società senza classi, ma autentiche e diverse alternative costruttive.
Qualche marxista ortodosso potrebbe, a questo punto, obiettare che il marxismo è scienza e quindi la sua determinazione, nascendo da un piano di scientificità, esclude le alternative, risolte ogni volta in una determinazione oggettivamente fondata. Occorre rispondere subito che qui affiora uno degli aspetti più sottili e pericolosi dello stalinismo ideologico: la scienza è una ed é quella che si fa, così che le altre alternative vanno eliminate perché non possono essere scientifiche. Da cui il ben fondato sospetto che l'eliminazione delle altre possibilità non derivi tanto dalla loro inutilità (in ogni caso l[...]

[...]ocialista (1).
(1) Leggendo questo saggio inI bozze l'amico Fortini mi ha dato la seguente nota che ottimamente contribuisce ad approfondire il punto in questione:
Invece di ripetere le tesi puerili di chi afferma la inevitabilità e la necessità di tutto quel che è accaduto nell'età stalinista come di chi, negan dole, non pub più arrestarsi sulla via delle ipotesi retroattive, è meglio domandarsi (come ha fatto recentemente un giovane filosofo marxista, A. Mazzone) quale sia oggi ii senso, alla luce delle esperienze sovietiche e nostre, del « fondamento obiettivo dell'accordo tendenzialmente unanime di un gruppo sociale omogeneo dal punto di vista di classe » e del « principio regolativo della produzione di decisioni universalmente valide ». Infatti lo stalinismo è meno un regime, un costume, una 'tirannia' che una accelerazione (parzialmente erronea: origine pratica dell'errore) della teoria della necessità
o meglio della 'tendenziale unanimità' che è di Marx e di Lenin. Anzi è probabilmente da spiegarsi, tale accelerazione, col non risol[...]

[...] » e del « principio regolativo della produzione di decisioni universalmente valide ». Infatti lo stalinismo è meno un regime, un costume, una 'tirannia' che una accelerazione (parzialmente erronea: origine pratica dell'errore) della teoria della necessità
o meglio della 'tendenziale unanimità' che è di Marx e di Lenin. Anzi è probabilmente da spiegarsi, tale accelerazione, col non risolto meccanicismo sempre latente nel marxismo. Dalla pretesa marxista di rendere razionale
e verificabile, cioè scientifica, la dottrina della società (o economia politica) discende la nozione di Partito secondo Lenin, cioè di un organismo qualificato a farsi interprete scientifico della realtà e quindi quella di una sua 'infallibilità' relativa ad una situazione data. L'illusione (di carattere metafisico) che il margine di incontrollabilità (unio mystica) di tutti gli elementi del reale convogliati dall'esperienza del Partito fosse — paradossalmente — capace di assicurare in ogni momento un rendimentolimite; e il rifiuto di riconoscere che proprio quel margi[...]

[...]talinista è dunque di carattere a un tempo meccanicistico e metafisico; ma non tocca l'esigenza prima, quella della razionalità della scienza sociale. Dimenticarne la drammatica serietà, vuol dire precludersi la comprensione di un secolo di comunismo. Bisogna ripetere ancora l'irriducibilità della differenza tra la dottrina liberale che, proprio perché nacque storicamente quale mediatrice fra conflitti insolubili, lì rese istituzionali, e quella marxista, che in nome della dialettica e del salto qualitativo, afferma la trasformabilità qualitativa dei conflitti dopo averli identificati, nelle società classiste, come conflitti di classe. Si che la 'volontà generale' liberale è sintesi astratta (le souverain) mentre quella marxista è, almeno tendenzialmente, concreta, cioè tendenzialmente unanime. Questa pretesa marxista sembra uscire sconfitta dall'età stalinista; l'unani
ROBERTO GUIDUCCI 55
4) Per un linguaggio (e un'ideologia) socialista.
Purtroppo gli Atti del XX Congresso del PCUS non offrono un discorso chiaro sui pur tanto cruciali punti toccati, e diremmo, anzi, che se tutto il Congresso rappresenta un termine di passaggio che codifica, come vedremo meglio più avanti, tutta una serie di provvedimenti empirici, esso sottintende sempre una nuova impostazione ideologica, ma non la esplicita o non vuole esplicitarla.
Il vizio rilevato, in quasi tutti gli interventi, di giustificare posizioni nuove con[...]

[...]a una diversità qualitativa, non foss'altro per la presenza del Piano. Il pessimismo machiavellico e humiano sull'uomo è sfiducia nel fondamento obiettivo dell'accordo tendenzialmente unanime, ossia nella 'tirannia della ragione'; e quindi ogni neoilluminismo fondato sull'uomo come singe malfaisant non potrà che arretrare di fronte alle note, hegeliane, conseguenze di ogni illuminismo del genere, e farsi conservatore; e d'altra parte l'ottimismo marxista fallisce nella misura in cui ignora tutta la microscopica complessità dei conflitti umani, e affrontando meccanicamente il rapporto fra strutture e sovrastrutture dimentica il carattere universale della contraddi
56 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
cato senza esclusioni. La ripresa leninista, oltre che un valore sentimentale, è un modo di ottenere una autorevole e insindacabile conferma dei passi in avanti, delle aperture effettuate.
Così l'effettiva battaglia delle idee ( e dei fatti) non trova una sua chiarificazione moderna. Sopra il duello fra novatori ed eventuali resistenti sta la ben più [...]

[...] processi delittuosi che oggi danno le pubblicazioni sovietiche, concordi, almeno nella
58 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
forma, ai giudizi (non della migliore), ma della, ancor fresca di fascismo, nostra democrazia borghese apparente ? È che l'ideologia e la prassi socialiste erano, in alcune loro parti, scadute al livello dell'avversario, che contavano, con falsa astuzia, di eliminare usando le sue stesse armi. Ma per l'ideologia e per la prassi marxista ogni uomo è infinitamente recuperabile, non esiste limite al rifarsi una vita, alla riabilitazione. Per il marxismo è esclusa la pena di morte e la punizione detentiva, il processo persecutorio, l'estorsione della verità e la confessione della menzogna, procurata ad arte. Per il marxismo non esistono i « mostri del genere umano », appunto perché la sua eticità consiste nel pretendere di fare di ogni uomo un uomo.
La pena che proviamo è di doverci trovare oggi a ripetere, davanti agli avversari ghignanti, ciò che già Metello sapeva a memoria e non dubitava sarebbe mai stato dimenticato. Non a[...]

[...]Congresso in un modo che può sembrare addirittura volutamente trasandato, possono dar luogo alle seguenti rispettive considerazioni:
1) Il passaggio dal « controllo autoritario » al « controllo operativo » segna il cessare del sistema meramente coercitivo del periodo staliniano. Ma il « controllo operativo » non può essere, a sua volta, che un termine di passaggio al raggiungimento del « controllo democratico » che sta alle origini del pensiero marxista e che oggi può assumere una configurazione tecnicoorganizzativa ben più ampia e concreta. Il « controllo autoritario » era, se si può usare l'espressione, esattamente il contrario del « controllo democratico », il suo rovescio. Esso é naturalmente collegato alle forme della « dittatura del proletariato », dove é la classe operaia al potere, attraverso il Partito, che regola e verifica la produzione, volente o nolente, di tutto il « corpus » dei cittadini, o appartenenti alla vecchia classe dominante o ancora impreparati ad un autogoverno.
Nel momento attuale il rapporto dovrebbe tendere a ra[...]

[...] garanzie per il rispetto del piano attraverso le forme di un « controllo operativo » anticipante forme complete di « autocon
64 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
trollo tecnico » nel quadro dell'organizzazione scientifica generale. (E val la pena forse di aggiungere qui, a scanso di possibili equivoci, che quando parliamo di scienza o di tecnica o di organizzazione scientifica o di strumenti tecnici intendiamo questi termini all'interno del concetto marxista secondo il quale la scienza e la tecnica, come del resto tutta la cultura, non sono fatti « neutri » o « neutrali », ma sempre politicamente determinati, anche se aperti a diverse alternative).
2) L'autocontrollo ha la sua essenza e la sua intrinseca possibilità di funzionamento a patto che il cittadino si senta e sia oggettivamente corresponsabile del piano. Tale corresponsabilità nasce quando egli partecipa alla determinazione ed alla verifica del piano. Determinazione e verifica del piano possono essere infatti i due punti di partenza e di arrivo del grande cerchio della nuova ed original[...]

[...]nche la nostra partecipazione alla costruzione, il nostro pretendere uno sviluppo positivo. Così siamo pronti a rigettare insieme, sia l'accusa che alcuni ci possono muovere di essere antidemocratici perché non
ROBERTO GUIDUCCI 81
ammettiamo che una « libera cultura » possa criticare con « neutralità » l'operato dell'Unione Sovietica, sia l'altra di non essere « autorizzati » al discorso, perché, pur appartenendo di fatto al « blocco storico » marxista, critichiamo l'URSS senza essere iscritti ad alcun partito di sinistrá (e forse per questo ci interessa tanto la posizione delle centinaia di milioni di cittadini sovietici o delle democrazie popolari, che sono senza partito pur essendo all'interno del socialismo).
Ai primi ci permettiamo ricordare che é ormai verificabile scientificamente nella storia che se la cultura non è necessariamente partitaria, essa é sempre politica e quindi impegnata; ai secondi che, se la cultura é sempre politica, il marxismo non é e non deve essere necessariamente partitario.
Per i secondi aggiungiamo, per qua[...]



da [Le relazioni] C. Luporini, La metodologia del marxismo nel pensiero di Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]più ampio, quello della unificazione culturale di tutti gli uomini. È l’orizzonte, virtualmente universale, di sviluppo e di dilatazione della società socialista e comunista, onde Lenin aveva scritto (1913) che « il punto essenziale della dottrina di Carlo Marx è l’interpretazione della funzione storica mondiale del proletariato come creatore della società socialista ».

Ciò riguarda, in modo non estrinseco ma Ìntimo, la natura della filosofia marxista, che è, prima di ogni altra cosa, la teoria rivoluzionaria della classe operaia e si rivolge innanzi tutto ad essa (Marx, Engels, Lenin, si preoccuparono sempre molto dell’educazione « teorica » degli « operai coscienti » e ne curarono attentamente i progressi, anche di piccoli gruppi), ma che assegna nel medesimo tempo alla rivoluzione proletaria un significato universale di riscatto dell’integrale umanità dell’uomo, dilacerata dalla divisione della società in classi antagoniste, le quali fondano la loro esistenza su « sistemi di sfruttamento » del lavoro, succedentisi storicamente. Integral[...]

[...] in forma determinata dallo svolgimento storico, come un fine e un punto di arrivo (neppur esso, naturalmente, da intendersi in senso assoluto o metafisico). « L’44 umano ” è un punto di partenza o un punto di arrivo, come conceto e fatto unitario? », si chiede Gramsci. « In quanto posto come punto di partenza » la ricerca stessa di esso non è, egli risponde, che « un residuo 44 teologico ” e 46 metafisico ” » 2. Proprio per questo la concezione marxista « che 46 la natura umana ” sia il 44 complesso dei rapporti sociali” è la risposta più soddisfacente — prosegue Gramsci — perché include l’idea del divenire: l’uomo diviene, si muta

1 M. S., p. 86.

2 M. S.f p. 31.

30.456 Le relazioni

c

continuamente col mutarsi dei rapporti sociali, e peirché nega l’« uomo in generale » : infatti i rapporti sociali sono espressi da diversi gruppi di uomini che si presuppongono, la cui unità è dialettica, non formale ». E ancora precisa : « Si può anche dire che la natura dell'uomo è la 64 storia ”... se appunto si dà a storia il significato di[...]

[...]hé nega l’« uomo in generale » : infatti i rapporti sociali sono espressi da diversi gruppi di uomini che si presuppongono, la cui unità è dialettica, non formale ». E ancora precisa : « Si può anche dire che la natura dell'uomo è la 64 storia ”... se appunto si dà a storia il significato di “ divenire ”, in una “ concordia discors ” che non parte dall’unità, ma ha in sé le ragioni di una unità possibile ». Perde allora senso, dal punto di vista marxista, — attraverso questa negazione dell’uomo in generale — la domanda « che cosa è l’uomo»? All’opposto, possiamo dire: essa acquista un significato concreto che è un significato di movimento, o svolgimento consapevole, e come tale essa, potremmo aggiungere, è indirizzante, pratica, regolativa. « Se ci pensiamo — scrive Gramsci — vediamo che ponendoci la domanda che cosa è l’uomo, vogliamo dire: che cosa l’uomo può diventare,, se cioè l’uomo può dominare il proprio destino, può “ farsi ”, può crearsi una vita ». Quella domanda « è nata da ciò che abbiamo riflettuto su noi stessi e sugli altri e v[...]

[...]contenuto* da speciali, cioè determinati modi di considerare la vita e l’uomo: il più importante di quei modi è la “ religione ” ed una determinata religione, il cattolicismo ».

2 M. Sp. 27. Queste ultime parole di Gramsci potrebbero richiamare alla mente il « wir fragen jetzt, hier, fùr uns » dello Heidegger. Anche esigenze presentate in forma speculativa e unilaterale nell’esistenzialismo possono trovare il loro luogo concreto nell’umanismo marxista.Cesare Luporini

457

la parola 66 genere ”, di carattere naturalistico, ha il suo significato » 1. Che cosa intendeva qui dire Gramsci? Egli ha respinto risolutamente, nel medesimo contesto, l’idea che « l’unità del genere umano » possa esser « data dalla natura “ biologica ” dell’uomo ». Gramsci osserva che « le differenze dell’uomo che contano nella storia non sono quelle biologiche » e che « neppure 1’“ unità biologica ” ha mai contato gran che nella storia » 2. E tuttavia, ripetiamo, il « carattere naturalistico » dell’espressione genere umano ha per lui « il suo significato ». Il f[...]

[...]ca socialità), ma in quanto oggetto della economia politica, ossia di una scienza storicoumana, che il marxismo, in quanto ne ha fatto la « critica », ha integralmente storicizzato. Sotto tale aspetto l’uomo rimane pur sempre, insuperabilmente, natura, ma di una naturalità ormai inglobata nella storicitàsocialità umana e funzione di essa. E tuttavia (contro ogni idealismo), un momento irri^ ducibile di questa. Questa è la posizione integralmente marxista; e qui, ci sembra, è il più rigoroso fondamento materialistico del marxismo. Scrive Marx nel Capitale: « La tecnologia rivela il comportamento attivo dell’uomo verso la natura, l’immediato processo di produzione della sua vita, e quindi anche dei rapporti del suo vivere sociale e delle rappresentazioni spirituali che ne scaturiscono » 3. Questa posizione ci riporta, per il suo contenuto, alla rivoluzione fìlosoficometodologica compiuta da Marx e da Engels negli anni fra il 1843 e il 1846, e che li condusse alla

1 M. Sp. 31.

2 « Neanche “ la facoltà di ragione ” o lo “ spirito ” — aggiun[...]

[...] gli altri uomini per giustapposizione, ma organicamente, cioè in quanto entra a far parte di organismi dai più semplici ai più complessi. Cosi l’uomo non entra in rapporti con la natura semplicemente per il fatto di essere egli stesso natura, ma attivamente, per mezzo del lavoro e della tecnica » 1.

A chi ben guardi questa posizione (che abbiamo riscontrato in Marx e in Gramsci) comporta la centralità del materialismo storico nella filosofia marxista. Ossia, la centralità della considerazione dell’uomo nel suo nesso permanente e attivo con la natura (dal cui svolgersi e complicarsi storico si sviluppa tutta la storia sociale umana), come dell’unico punto di partenza concreto che possediamo per ogni altra considerazione sul reale. È il punto di partenza teorizzato riassuntivamente, ma incisivamente, da Marx nelle undici Tesi su Feuerbach (testo capitale per Gramsci) e il cui principio gnoseologico fu espresso da Lenin come « criterio della prassi». Ma qui conviene essere molto chiari, perché quanto stiamo dicendo contiene un preciso elemen[...]

[...]« materialismo dialettico » in forma tale che questo rimanga sempre aperto ai nuovi resultati e ai metodi in trasformazione delle scienze della natura, verificandoli e discutendoli in un’adeguata concezione filosofica. Esigenza, se non erriamo, che fu proprio posta dai classici, in particolare dallo Engels, il quale si occupò più da vicino di tali questioni. E ciò contro ogni contrazione scolasticodogmatica del marxismo stesso.

La metodologia marxista di Gramsci, che si affinò, sotto questo riguardo, nella discussione critica del manuale del Bukharin1, ed ha come filo conduttore la persuasione profonda della integrale autonomia filosofica del marxismo (senza perciò tagliare i fili che storicamente lo congiungono alla precedente tradizione di pensiero), ci tiene ben lontani dal rischio suddetto. Qui è necessario aggiungere che, se è vero che il marxismo come rivoluzione filosofica è coincidenza di naturalismo e umanismo (i quali nella loro compiutezza si convertono l’uno nell’altro), può darsi che vi sia in Gramsci, di fatto, soprattutto pe[...]

[...]costituite, per quanto esse possano apparire suggestive e pregnanti. Egli si sforza sempre di pensarle e vederle in tutte le loro connessioni, e appunto per questo è un maestro di metodo. La questione che abbiamo dinanzi è quella della difficile saldatura obiettiva (ossia non più soltanto nel soggetto umano, come prassi sensibilerazionale) fra naturalità e storicità, che è indubbiamente, credo, il punto teorico più delicato di tutta la filosofia marxista. Da quel margine estremo, che si è detto, Gramsci indicava, tuttavia, lo sviluppo ulteriore della ricerca neirapprofondimento della tesi di Engels che « l’unità reale del mondo consiste nella sua materialità, e questa è dimostrata da uno sviluppo lungo e laborioso della filosofia e delle scienze naturali ». Ove Gramsci commentava dicendo che questa formulazione « contiene il germe della concezione giusta, perché si ricorre alla storia e all’uomo per dimostrare la realtà oggettiva » \ Notazione storicistica squisitamente gramsciana. Eppure solo chi avesse gli occhi bendati di dogmatismo e di s[...]

[...]ttaneo al « senso comune » nella sua Logica, (v. C. CATTANEO, Scritti filosofici letterari e vari, Firenze, 1957, p. 186 sgg.).

2 «...per le grandi masse della popolazione governata e diretta la filosofia o religione del gruppo dirigente e dei suoi intellettuali si presenta sempre come fanatismo e superstizione, come motivo ideologico proprio di una massa servile ».Cesare Luporini

465

grande errore e il peggiore che possa commettere un marxista, quello di credere che le masse popolari, costituite da milioni di esseri umani (e soprattutto dalla massa dei contadini e degli artigiani) condannati alle tenebre, all’ignoranza e ai pregiudizi da tutta la società moderna, possano uscire da queste tenebre solo seguendo la retta via di un’istruzione puramente marxista » 1. È, anzi, proprio un problema di tale natura che guida la sua ricerca. La discussione col « senso comune », che egli prospetta come elemento essenziale dello sviluppo costruttivo e della diffusione del marxismo, accanto alla lotta politica e sociale (e a chiarimento di essa), non è mai concepita come frattura con quel medesimo « senso comune ». E ciò non solo per ragioni di opportunità o concretezza politica ed educativa, ma per quel che il « senso comune » racchiude di positiva esperienza storica delle masse subalterne (la « cultura democratica » in esse storicamente immanente e da liber[...]

[...]lla classe operaia nell’« epoca deirimperialismo e delle rivoluzioni proletarie », i problemi delle alleanze di classe, delk direzione politica su altri gruppi sociali, delk connessa lotta ideale, e, dopo la conquista rivoluzionaria del potere, della organizzazione della società politica e civile, e delk direzione culturale: problemi nei quali si è straordinariamente allargata, a contatto con lo sviluppo reale, nel nostro secolo, la problematica marxista dello Stato, e di cui fu maestro Lenin. Ora, è importante notare che qui fanno nodo e si articokno tutti gli elementi teorici del pensiero di Gramsci: « L’egemonia realizzata — egli scrive (riferendosi alla rivoluzione di Ottobre) — significa la critica reale di una filosofia, la sua reale dialettica » \

La quale asserzione, a questo punto, non avrebbe bisogno di ulteriori chiarimenti. Ma essa guadagna la pienezza del suo significato se la proiettiamo in un contesto concettuale più largo. Scrive altrove Gram
1 M. S., p. 75. Ove anche si legge: «La fondazione di una classe dirigente (cioè [...]



da Cesare Luporini, La metodologia del marxismo nel pensiero di Antonio Gramsci in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30

Brano: [...]iversale, di svi
(15) II materialismo storico ecc., cit., p. 80.
(16) Cfr. op. cit., p. 86.
192 CESARE LUPORINI
luppo e di dilatazione della società socialista e comunista, onde Lenin aveva scritto (1913) che « il punto essenziale della dottrina di Carlo Marx è l'interpretazione della funzione storica mondiale del proletariato come creatore della società socialista ».
Ciò riguarda, in modo non estrinseco ma intimo, la natura della filosofia marxista, che è prima di ogni altra cosa, la teoria rivoluzionaria della classe operaia e si rivolge innanzi tutto ad essa (Marx, Engels, Lenin, si preoccuparono sempre molto dell'educazione « teorica » degli « operai coscienti » e ne curarono attentamente i progressi, anche di piccoli gruppi), ma che assegna nel medesimo tempo alla rivoluzione proletaria un significato universale di riscatto dell'integrale umanità dell'uomo, dilacerata dalla divisione della società in classi antogoniste, le quali fondano la loro esistenza su « sistemi di sfruttamento » del lavoro, succedentisi storicamente. Integrale[...]

[...]osta in forma determinata dallo svolgimento storico, come un fine e un punto di arrivo (neppur esso, naturalmente, da intendersi in senso assoluto o metafisico). «L'umano è un punto di partenza o un punto di arriva, come concetto e fatto unitario? », si chiese Gramsci. « In quanto posto come punto di partenza » la ricerca stessa di esso non è, egli risponde, che « un residuo ' teologico ' e ' metafisico ' » (17). Proprio per questo la concezione marxista «che ' la natura umana' sia il ' complesso dei rapporti sociali' è la risposta piú soddisfacente — dice Gramsci — perché include l'idea del divenire: l'uomo di viene, si muta continuamente col mutarsi dei rapporti sociali, e perché nega l'uomo in generale: infatti i rapporti sociali sono espressi da diversi gruppi di uomini che si presuppongono, la cui unità è dialettica, non formale ». E ancora precisa: « Si può anche dire che la natura dell'uomo è la 'storia' se appunto si dà a storia il significato di ' divenire', in una ' concordia discors' che non parte dall'unità, ma ha in sé le ragioni[...]

[...]rti sociali sono espressi da diversi gruppi di uomini che si presuppongono, la cui unità è dialettica, non formale ». E ancora precisa: « Si può anche dire che la natura dell'uomo è la 'storia' se appunto si dà a storia il significato di ' divenire', in una ' concordia discors' che non parte dall'unità, ma ha in sé le ragioni di una unità possibile ».
(17) Op. cit., p. 31.
LA METODOLOGIA DEL MARXISMO 193
Perde allora senso, dal punto di vista marxista, — attraverso questa negazione dell'uomo in generale — la domanda « che cosa è l'uomo » ? All'opposto, possiamo dire: essa acquista un significato concreto che è un significato di movimento, o svolgimento consapevole, e come tale essa, potremmo aggiungere, è indirizzante, pratica, regolativa. « Se ci pensiamo — scrive Gramsci — vediamo che ponendoci la domanda che cosa è l'uomo, vogliamo dire: che cosa l'uomo può diventare, se cioè l'uomo può dominare il proprio destino, può ' farsi', può crearsi un vita ». Quella domanda « è nata da ciò che abbiamo riflettuto su noi stessi e sugli altri e vo[...]

[...]to, da speciali, cioè determinati modi di considerare la vita e l'uomo. Il più importante di questi modi è la "religione" ed una determinata religione, il cattolicismo ».
(19) Op. cit., p. 27. Queste ultime parole di Gramsci potrebbero richiamare alla mente il « wir fragen jetzt, hier, für uns » dello Heidegger. Anche eisgenze presentate in forma speculativa e unilaterale nell'esistenzialismo possono trovare il loro luogo concreto nell'umanismo marxista.
(20) Op. cit., p. 31.
194 CESARE LUPORINI
dalla natura ' biologica ' dell'uomo ». Gramsci osserva che « le dif ferenze dell'uomo che contano nella storia non sono quelle biologiche » e che «neppure ' l'unità biologica' ha mai contato gran che nella storia » (21). E tuttavia, ripetiamo, il « carattere naturalistico » dell'espressione genere umano ha per lui «il suo significato ». II fatto é che Gramsci non pensa neppur lontanamente a negare l'esistenza di quella unità (o comunità) biologica dell'uomo, comunque prodottasi, bensì la sua incidenza rilevante nella storia umana. La naturalità d[...]

[...]rica socialità), ma in quanto oggetto della economia politica, ossia di una scienza storicoumana, che il marxismo, in quanto ne ha fatto la « critica », ha integralmente storicizzato. Sotto tale aspetto l'uomo rimane pur sempre, insuperabilmente, natura, ma di una naturalità ormai inglobata nella storicitàsocialità umana e funzione di essa. E tuttavia (contro ogni idealismo), un momento irriducibile di questa. Questa é la posizione integralmente marxista; e qui, ci sembra, é il più rigoroso fondamento materialistico del marxismo, Scrive Marx nel Capitale: « La tecnologia rivela il comportamento attivo dell'uomo verso la natura, l'immediato processo di produzione della sua vita, e quindi anche dei rapporti del suo vivere sociale e delle rappresentazioni spirituali che ne scaturiscono » (22). Questa posizione ci riporta, per il suo contenuto, alla rivoluzione filosoficometodologica compiuta da Marx e da Engels negli anni fra il 1843 e il 1846, e che li condusse alla conquista del « materialismo storico ». Tale posizione, in quel medesimo passo [...]

[...]gli altri uomini per giustapposizione, ma organicamente, cioè in quanto entra a far parte di organismi dai più semplici ai più complessi. Così l'uomo non entra in rapporti con la natura semplicemente per il fatto di essere egli stesso natura, ma attivamente, per mezzo del lavoro e della tecnica » (23).
A chi ben guardi questa posizione (che abbiamo riscontrato in Marx e in Gramsci) comporta la centralità del materialismo storico nella filosofia marxista. Ossia, la centralità della considerazione dell'uomo nel suo nesso permanente e attivo con la natura (dal cui svolgersi e complicarsi storico si sviluppa tutta la storia sociale umana), come dell'unico punto di partenza concreto che possediamo per ogni altra considerazione sul reale. E' il punto di partenza teorizzato riassuntivamente, ma incisivamente, da Marx nelle undici tesi su Feuerbach (testo capitale per Gramsci) e il cui principio gnoseologico fu espresso da Lenin come « criterio della prassi ». Ma qui conviene essere molto chiari, perché quanto stiamo dicendo contiene un preciso elem[...]

[...]o « materialismo dialettico » in forma tale che questo rimanga sempre aperto ai nuovi resultati e ai metodi in trasformazione delle scienze della natura, verificandoli e discutendoli in un'adeguata concezione filosofica. Esigenza, se non erriamo, che fu proprio posta dai classici, in particolare dallo Engels, il quale si occupò più da vicino di tali questioni. E ciò contro ogni contrazione scolasticodogmatica del marxismo stesso.
La metodologia marxista di Gramsci, che si affinò, sotto questo riguardo, nella discussione critica ciel manuale del Bukharin (24), ed ha come filo conduttore la persuasione profonda della integrale autonomia filosofica del marxismo (senza perciò tagliare i fili che storicamente lo congiungono alla precedente tradizione di pensiero), ci tiene ben lontani dal rischio suddetto. Qui é necessario aggiungere che, se é vero che il marxismo come rivoluzione filosofica é coincidenza di naturalismo e umanismo (i quali nella loro compiutezza si convertono l'uno nell'altro), può darsi che vi sia in Gramsci, di fatto, soprattut[...]

[...]costituite, per quanto esse possano apparire suggestive e pregnanti. Egli si sforza sempre di pensarle e vederle in tutte le loro connessioni, e appunto per questo é un maestro di metodo. La questione che abbiamo dinanzi é quella della difficile saldatura obiettiva (ossia non più soltanto nel soggetto umano, come prassi sensibilerazionale) fra naturalità e storicità, che é indubbiamente, credo, il punto teorico più delicato di tutta la filosofia marxista. Da quel margine estremo, che si é detto, Gramsci indicava, tuttavia, lo sviluppo ulteriore della ricerca nell'approfondimento della tesi di Engels che « l'unità reale del mondo consiste nella sua materialità, e questa é dimostrata da uno sviluppo lungo e laborioso della filosofia e delle scienze naturali ». Ove Gramsci commentava dicendo che questa formulazione « contiene il germe della concezione giusta, perché si ricorre alla storia e all'uomo per dimostrare la realtà oggettiva » (25). Notazione storicistica squisitamente gramsciana. Eppure solo chi avesse gli occhi bendati di dogmatismo e[...]

[...] coscienze di grandi masse umane. (E giova qui ricordare che tale assunto non fu mai proprio dei classici del marxismo).
Questa presentazione della posizione di Gramsci potrebbe anche venir fraintesa unilateralmente. A Gramsci, che si era formato e aveva lottato in continuo contatto con le masse lavoratrici, non sfugge ciò su cui Lenin aveva richiamato l'attenzione, scrivendo: « Sarebbe il più grande errore e il peggiore che possa commettere un marxista, quello di credere che le masse popolari, costituite da milioni di esseri umani (e soprattutto dalla massa dei contadini e degli artigiani) condannati alle tenebre, all'ignoranza e ai pregiudizi da tutta la società moderna, possano uscire da queste tenebre solo seguendo la retta via di un'istruzione puramente marxista » (33). È, anzi, proprio un problema di tale natura che guida la sua ricerca. La discussione col « senso comune », che egli prospetta come elemento essenziale dello sviluppo costruttivo e della diffusione del marxismo, accanto alla lotta politica e sociale (e a chiarimento di essa), non é mai concepita come frattura con quel medesimo « senso comune ». E ciò non solo per ragioni di opportunità o concretezza politica ed educativa, ma per quel che il « sen
(32) «... per le grandi masse della popolazione governata e diretta la filosofia o religione del gruppo dirigente e dei suoi intellettuali s[...]

[...]lasse operaia nella « epoca dell'imperialismo e delle rivoluzioni proletarie », i problemi delle alleanze di classe, della direzione politica su altri gruppi sociali, della connessa lotta ideale, e, dopo la conquista rivoluzionaria del potere, della organizzazione della società politica e civile, e della direzione culturale: problemi nei quali si è straordinariamente allargata, a contatto con lo sviluppo reale, nel nostro secolo, la problematica marxista dello Stato, e di cui fu maestro Lenin. Ora, è importante notare che qui fanno nodo e si articolano tutti gli elementi teorici del pensiero di Gramsci: « L'egemonia realizzata — egli scrive (riferendosi alla rivoluzione di Ottobre) — significa la critica reale di una filosofia, la sua reale dialettica » (35).
La quale asserzione, a questo punto, non avrebbe bisogno di ulteriori chiarimenti. Ma essa guadagna la pienezza del suo significato se la proiettiamo in un contesto concettuale più largo. Scrive altrove Gramsci: « La proposizione contenuta nella Introduzione alla ' Critica dell'Economia[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] A. Sabetti, Il rapporto uomo-natura nel pensiero del Gramsci e la fondazione della scienza in Studi gramsciani

Brano: [...] s'inserisce nella lotta che egli svolge nei suoi Quaderni contro la cultura e le concezioni filosofiche dominanti nell'Italia del tempo in piena coerenza con le premesse metodologiche e ideologiche del suo marxismo. Tuttavia ciò non comporta puramente e semplicemente il rifiuto del pensiero idealistico in merito al problema del valore della scienza, ma implica contemporaneamente una revisione dell'atteggiamento che alcuni esponenti del pensiero marxista avevano avuto nei confronti del problema stesso. S'intende che per il Gramsci il problema non può sussistere sotto il profilo puramente teorico, ma s'inserisce nel processo di organizzazione della cultura in stretta dipendenza dalla situazione storica effettiva quale è determinata di volta in volta dai rapporti strutturali.
In primo luogo occorre tener presente il fatto che per il Gramsci, in quanto marxista, il problema di una scienza della natura si pone di necessità come problema dell'accordo tra scienza e filosofia. Nella società borghese, egli sostiene, il dissidio tra scienza e filosofia si spiega per le limitazioni stesse, che la cultura borghese subisce, in quanto espressione di una società divisa in classi; e il crocianesimo del resto rappresenta la piena conferma di tale assunto. Per un marxista invece non può esservi dissidio tra scienza e filosofia, in quanto l'una e l'altra vanno inquadrate in una visione « totale » della realtà, corrispondente ad una forma di cultura non piú espressione ideologica degli interessi di una determinata classe sociale, ma dell'umanità intera. La quale ha superato il presupposto
244 I documenti del convegno
classista, proprio della società borghese, e rivolge la sua attenzione all'ambiente sociale e naturale in cui vive e in cui quell'umanità si compie appieno senza differenze e dissidi. Cosí il Gramsci ci appare particolarmente acuto nel fare l'anal[...]

[...]suo ambiente naturale per modificarlo ed assoggettarlo ai suoi fini umani, ma sulla base dell'accettazione della teoria evoluzionistica intesa nel suo significato meccanico e deterministico. Anzi il Gramsci reagisce a tale tendenza che indubbiamente si delinea nelle forma
1 I., pp. 4647.
Alfredo Sabetti 245
zioni culturali marxistiche piú superficiali e meccaniche, quando denun zia la presentazione che si fa nel Manuale popolare di sociologia marxista del Bukharin della concezione oggettivistica della realtà del mondo esterno, presentazione da lui definita appunto acritica, quale quella del peggiore positivismo'. Egli reagisce contro la posizione che le scienze naturali ed esatte possono venire ad assumere « nel quadro della filosofia della prassi di un quasi feticismo, anzi della sola e vera filosofia o conoscenza del mondo » 2. Appellarsi al senso comune, per sostenere in nome di esso la cosí detta « realtà del mondo esterno », sostiene il Gramsci, contro il soggettivismo e l'idealismo che quella realtà tendono a negare, « ha unsignifica[...]

[...]e " soggettivistica ", dopo aver servito a criticare la filosofia della trascendenza da una parte e la metafisica ingenua del senso comune e del materialismo filosofico, può trovare il suo inveramento e la sua interpretazione storlcistica solo nella concezione delle superstrutture, mentre nella sua forma speculativa non è altro che un mero romanzo filosofico » 1. Allo storicismo mistificato dell'idealismo sottentra l'autentico storicismo, quello marxista, per il quale la scienza della natura acquista il suo vero valore legata com'è al processo stesso della storia, ideologia essa stessa, che si svolge in funzione del rapporto effettivo che l'uomo concreto pone con il suo ambiente naturale e sociale.
Il rapporto uomonatura non può per il Gramsci essere spiegato dal punto di vista dell'idealismo, che quel rapporto considera in funzione si della centralità dell'uomo rispetto alla realtà oggettiva, ma dell'uomo inteso come spirito astratto, in modo da determinare per conseguenza quella scissione tra filosofia e scienza, che riduce i concetti scie[...]

[...]da ogni illusione ideologica, che pone l'uomo dinanzi alla realtà cosí come essa è, significa ricadere nel concetto che la filosofia della prassi abbia bisogno di sostegni filosofici all'infuori di se stessa. Ma in realtà anche la scienza è una superstruttura, un'ideologia » 1.
Una volta concepita la scienza come ideologia, legata nel suo processo alle trasformazioni strutturali della società, l'accettazione da parte del pensiero di ispirazione marxista in un determinato momento del processo storico della concezione meccanicistica e positivistica della scienza, si giustifica per il Gramsci quando si pensi che quell'accettazione coincide con un periodo della lotta sociale, in cui il proletariato non aveva ancora assunto una funzione egemonica nella società dell'epoca, e l'ideologia marxista ritrovava pertanto nel determinismo scientifico il mezzo per giustificare la sua fede nell'ineluttabilità del progresso, che avrebbe dovuto determinare naturalmente un mutamento dei rapporti sociali. « Si può osservare — scrive il Gramsci come l'elemento deterministico, fata
1 M. S., p. 56.
17.
248 I documenti del convegno
listico, meccanicistico sia stato un " aroma " ideologico immediato della filosofia della prassi, una forma di religione e di eccitante (ma al modo degli stupefacenti), resa necessaria e giustificata storicamente dal carattere " subalterno " di determinati strati socia[...]

[...]canico diventa una forza formidabile di resistenza morale, di coesione, di perseveranza paziente e ostinata... La volontà reale si traveste in un atto di fede in una certa razionalità della storia, in una forma empirica e primitiva di finalismo appassionato che appare come un sostituto della predestinazione, della provvidenza, ecc. delle religioni confessionali » 1.
Siamo in un periodo, in cui, per opposte ragioni, l'atteggiamento della cultura marxista e quella della cultura borghese in merito al valore da dare alla scienza coincidono. Il feticismo scientifico positivistico, accettato da una certa parte del pensiero marxista nel secolo scorso, è condiviso dalla borghesia dell'epoca. La quale, nel determinismo meccanicistico della scienza positiva, trova modo di esaltarsi come forza naturale, come ordine costituito. Si potrebbe dire che il determinismo meccanicistico del positivismo rappresenti l'ideologia culturale della borghesia all'acme della potenza politica ed economica, tra la prima e la seconda metà del secolo scorso, allorché essa è tutta volta all'affermazione del dominio dell'uomo sulla natura attraverso la potenza tecnica e l'organizzazione industriale in un momento, in cui fare della scienza il fondam[...]

[...]ta di teoria e pratica » 1.
Se non si può ammettere l'obiettività assoluta delle leggi scientifiche, perché questo finirebbe col negare alla scienza stessa il valore storico e quindi umano che il Gramsci le dà, ciò non implica affatto che esse abbiano valore puramente prammatico, e, se la polemica del Gramsci si volge essenzialmente verso le concezioni materialiste del Bukharin ed egli tende a distinguere nettamente l'atteggiamento del pensiero marxista di fronte al problema indicato da quello assunto dal positivismo e dal materialismo meccanicistico, ciò non implica l'adesione all'idealismo,
e ci pare di aver messo sufficientemente in luce l'essenziale differenza tra le concezioni dell'idealismo e quelle del materialismo storico, cosí come appare chiaro dall'attenta lettura degli scritti del Gramsci. Ma a conferma di questa tesi, sarà utile ricordare un passo, in cui egli, in polemica con il Lukàcs, riconferma la sua posizione coerentemente marxista in merito al problema dei rapporto uomonatura: « È da studiare — egli scrive — la posizione[...]

[...]dal positivismo e dal materialismo meccanicistico, ciò non implica l'adesione all'idealismo,
e ci pare di aver messo sufficientemente in luce l'essenziale differenza tra le concezioni dell'idealismo e quelle del materialismo storico, cosí come appare chiaro dall'attenta lettura degli scritti del Gramsci. Ma a conferma di questa tesi, sarà utile ricordare un passo, in cui egli, in polemica con il Lukàcs, riconferma la sua posizione coerentemente marxista in merito al problema dei rapporto uomonatura: « È da studiare — egli scrive — la posizione del prof. Lukàcs verso la filosofia della prassi. Pare che il Lukàcs affermi che si può parlare di dialettica solo per la storia degli uomini e non per la natura. Può aver torto e può aver ragione. Se la sua affermazione presuppone un dualismo tra la natura e l'uomo egli ha torto perché cade in una concezione della natura propria della religione
e della filosofia grecocristiana e anche propria dell'idealismo, che redmente non riesce a unificare e mettere in rapporto l'uomo e la natura altro che verbal[...]



da Roberto Guiducci, Pamphlet sul disgelo e sulla cultura di sinistra in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1955 - 11 - 1 - numero 17

Brano: [...]esistono) sono disposti a cominciare a riconoscere a se stessi che se il lavoro di rinnovamento ideologico non é stato effettuato fino ad oggi che in misura molto modesta é anche perché molti uomini di cultura di sinistra, rimanendo ancora chiusi nell'atomismo tipico della tradizione borghese, non hanno saputo affrontarlo con strumenti nuovi. Cosicché essendo la loro attività rimasta (malgrado l'acquisizione di un metodo nuovo di ricerca, quello marxista) nonostante tutto astratta, e quindi relativamente sradicata ed inefficace, gli organi culturali di sinistra si sono trovati di conseguenza in posizione di inferiorità oggettiva nei confronti degli organi politici, attivi e mordenti nella realtà sociale.
Insomma, che la cultura di sinistra sia stata e sia relativamente inefficace tutti son pronti a dirlo (anche perché i fatti sono sufficientemente evidenti), ma ad approfondire cause precise e tracciare prospettive rigorose si é ancora assai poco inclini.
Così il disgelo rischia di confondere e slabbrare una situazione tormentata, anziché ri[...]

[...]ia significherebbe di volta in volta ridurla ad un solo termine: di qui, i casi estremi di un politicismo integrale o della pura astrazione.
L'equilibrio sta invece in una politica nutrita culturalmente e quindi atta all'intervento non intuitivo, ma rigoroso, ed in una cultura politicamente responsabile, e cioè determinata nelle sue possibilità d'orientamento e nelle sue scelte dalle necessità concrete della pratica.
E infine come per politica marxista si intende l'aspetto di intervento come somma
PAMPHLET SUL DISGELO E SULLA CULTURA DI SINISTRA 87
Naturalmente non abbiamo difficoltà a riconoscere che in linea di massima é vero che i partiti di sinistra non hanno mai richiesto drasticamente una adesione ed una corrispondenza totali della cultura alla loro politica. Ma non consentendo il formarsi di un luogo collettivo, specifico ed organizzato e quindi munito d'autorità, dove potesse svilupparsi la ricerca originale e spregiudicata, e di conseguenza la critica, essi hanno però favorito di fatto l'atteggiamento individualistico e l'apporto[...]

[...]in ben apprezzate e del resto comode virtù.
Ognuno di noi sa le pietose istorie degli abbecedari realistici, degli erbari lysenkiani, della « tsitatcina » o citomania dei classici, ecc.
E certamente non accenniamo qui a, questa parte negativa per riportare a galla penose situazioni che riteniamo chiaramente abbandonate (2), ma per rendere esplicito come da un determinato tipo di orga
di tutti gli interventi a tutti i livelli, così per cultura marxista non s'intende solo l'aspetto dell'alta cultura, ma anche quello delle competenze specifiche e particolari a qualsiasi livello, come andremo più avanti meglio chiarendo.
L'accento del discorso cade sugli intellettuali solo e proprio in quanto strumenti responsabili di elaborazione della cultura, come i dirigenti di partito lo sono per l'elaborazione della politica, senza con ciò naturalmente negare la possibilità della compresenza delle due responsabilità quando questo positivamente accada.
(2) L'analisi di questi fatti va tuttavia, a nostro avviso, francamente effettuata, ma in sede opportu[...]

[...]; l'altra si elimina, si liquida. I panni sporchi si gettano via, non si lavano neppure in famiglia.
L'altro modo, quello « cristiano », pretende invece la confessione dei peccati. Più che l'indirizzare in modo nuovo il lavoro, ci si preoccupa della dichiarazione dei torti, si crede che sia doveroso ottenere questo esito per riscattare la storia. Poi, giudici e giudicati, salvatesi reciprocamente le anime, si possono quietare.
Ma la concezione marxista della storia è ben più drammatica: gli errori non si riparano trasponendoli fuori o al di sopra del corso storico, gli errori restano un fatto, sono, in quanto avvenuti, irriducibili.
Il loro superamento può essere, a questo punto, solo dialettico, cioè un andare oltre
88 ROBERTO GUIDUCCI
nizzazione della cultura non possono derivare che corrispondenti risultati.
E i risultati sono quelli che sono se dopo dieci anni l'interessantissima e seria inchiesta sulla cultura condotta da Cesarini e Onofri sul Contemporaneo approda a qualificarli quali: « tramonto dell'idealismo filosofico, attuali[...]

[...]o, non è detto che I'articolazione fra politica e cultura non possa giovare anche a rendere più semplice la risoluzione di questo così complesso problema.
89
PAMPHLET SUL DISGELO E SULLA CULTURA DI SINISTRA
del Partito, la sua omogeneizzazione, la sua solida organizzazione, un ruolo giocato su piano internazionale. Essi avevano effettivamente sfruttata fino in fondo, diremmo all'ultima goccia, la forza ideologica che veniva dalla trádizione marxista. Ma avevano supposto un avversario pressoché immutabile e statico, anzi in continua involuzione, alla vigilia di una crisi. Improvvisamente se ne trovarono davanti uno diverso e rafforzato. Cioè anche una realtà economicosociale nuova da studiare e da capire, da riafferrare e da dominare.
A questo punto su piano internazionale avvenne il disgelo. Fu una grossa vittoria della pace. Per un momento, anche all'interno la pressione dell'avversario comincia a diminuire, a mutare metodo.
Ed ora siamo a questo punto. Ma è inutile farsi delle tranquille illusioni: abbandonarsi ad una quieta attesa. [...]

[...]i adattamenti diplomatici. Non c'è nulla da dire, per fare un esempio, sul fatto che il dialogo politico sia largo, larghissimo, che scavalchi i socialdemocratici e gli agnostici per toccare i cattolici. Ed i politici hanno una qualche ragione sul piano strategico di stemperare un'antica, sterile durezza, senza forza di persuasione, per incontrare un maggior numero di persone dalle quali farsi capire. Ma non è possibile ammettere che l'ideologia marxista nel suo complesso possa seguire le linee tattiche fino all'ecclettismo (3). Mi
(3) È del 27 settembre 1955 questo episodio riportato dall'Avanti!: « Una notizia ha commosso l'opinione pubblica americana. 'A Mosca il pastore Alexei Karpov ha esortato dal pulpito alla preghiera: `II nostro compagno Bulganin, Presidente del Consiglio
. PAMPHLET SUL DISGELO E SULLA CULTURA DI SINISTRA 91
pare anzi che, proprio oggi, di fronte all'allargamento delle possibilità 'tattiche, il patrimonio ideale e morale del comunismo richieda in modo particolarmente sensibile le massime cure e sia, in certo senso[...]

[...] della tattica, mentre si definisce da un lato la politica contingente come politica degli « acconti », si dichiara dall'altro, in modo apertissimo, il
92 ROBERTO GUIDUCCI
Ma é precisamente dentro lo Stato operaio in nuce che può cominciare un discorso non diplomatico sulla cultura di sinistra, collocarsi una dialettica feconda fra l'aspetto d'intervento (politico) e quello di elaborazione (culturale) di quell'unico complesso che é l'ideologia marxista. Senza aver affrontato, anche per linee grandissime e problema tiche, questi quesiti di fondo, crediamo che non abbia certamente ormai senso parlare di una « questione » della cultura di sinistra.
Questi quesiti vanno dunque, come stiamo vedendo, più in là dei vizî di costume degli intellettuali di sinistra dentro e fuori il partito, vanno ben al di là della loro timidezza e della loro testardaggine a non occupare le sedie che la storia ha predisposto per loro. Il fatto é che portare avanti il marxismo non è cosa di poco conto: è portare avanti una civiltà in mezzo ad una civiltà contraria e[...]

[...] contributo di un'alleanza, spesso era semplicemente un autorevole appoggio. Il lustro che veniva concesso agli intellettuali ritornava spesso come conferma, e non si traduceva in potere critico, in proposta inedita. I premi Stalin erano in. ultima analisi dei premi a Stalin.
A questo punto occorre decidere: se la cultura di Lenin, di Stalin, di Togliatti ecc., anche valutandola, senza dubbio alcuno, essenziale, fosse in realtà tutta la cultura marxista, allora per rinnovare la cultura dovremmo affrettarci tutti ad operare maggiormente nel partito, ma, si badi, non per esserne, come vorremmo, degli intellettuali efficienti, ma dei politici. E dovremmo dire a tutti di fare così, cercare che tutti gli intellettuali iscritti al partito e quelli indipendenti di sinistra diventino dei politici, assorbendo questa curiosa anomalia di una cultura borghese non borghese, questa piccolissima compagnia di ufficiali alleati, integrandoli nell'organico del proprio esercito. E sulla usurata obbiezione che, malgrado tutto, finché sussisterà una divisione in[...]

[...]a del marxismo come pensiero vivente, come pratica liberatoria. E se un risultato c'è, non ovvio, a questi dieci, tristi. anni di cultura di sinistra in Italia, esso é proprio nel non aver perso i. propri sogni, nel coraggio rimasto a riproporli.
Cosl si deduce facilmente che la cultura di sinistra non può essere soltanto una Sezione Culturale di un comitato centrale di partito. La cultura è il partito, come la politica è il partito. La cultura marxista. non può esaurirsi ad essere uno degli alleati della politica di sinistra. È la somma delle specializzazioni autentiche a tutti i livelli, dall'open raio e, dal contadino allo scienziato e al filosofo. È quindi naturale che capiti di domandarsi cosa significa distinguere— come vien fatto nella « Risoluzione della Sezione Culturale del PCÍ »: « Contro le ideologie dei monopoli » (2 agosto 1955) — fra Partito e intellettuali comunisti, fra
Partitoe' « riviste culturali che si ispirano' al marxismo > (Rinascita,' So
cieth;'Critica economica, ecc.), fra « lotta politica » e (( lotta ideale ». Q[...]

[...]tener conto proprio dell'opinione di chi, appunto, ne ha competenza specifica. Abbiamo citato questo episodio non per se stesso, ma per i suoi sviluppi singolari e positivi. Alicata, con impostazione intelligente, lasciò il passo nella risposta ad uno specialista, Galvano della Volpe, che chiari facilmente i termini esatti del problema e, ciò che più conta, apri prospettive moderne di studio e di meditazione, pur rimanendo strettamente nel campo marxista.
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monopoli, ma non esattamente in questi termini, soprattutto se la proposta di un superamento degli attuali limiti della cultura di sinistra a appare necessario non soltanto per consolidare ed estendere lo schieramento unitario di tutte le forze che si battono per la libertà della cultura italiana, ma anche ai fini dello sviluppo del marxismo, della conquista dei nuovi intellettuali e soprattutto di tecnici al Partito e del rafforzamento ideologico della classe operaia ». Per conquistare studiosi e tecnici seri, competenti nelle singole materie, soprattutto se spesso polit[...]

[...]li ultimi dibattiti sulla cultura proposti dalla sinistra siano « approfondite e ampliate da molti intellettuali italiani ». La cultura di sini
PAMPHLET SUL DISGELO E SULLA CULTURA DI SINISTRA 103
stra al bivio potrà trovare, come dice Bandinelli, nel secondo decennio del dopoguerra, una sua esplicazione piena dopo la travagliata compressione ed il difficile orientamento, o scadere a ripetizione, ad accademismo, a carrierismo scettico. Ma ogni marxista sa che la cultura non si fa solo pensandola, la cultura é sempre prima di tutto organizzazione della cultura. E, nel senso sopra chiarito, una nuova organizzazione della cultura di sinistra sarebbe già nuova cultura ed il suo primo atto di affermazione.
Se si è compreso che « un'azione culturale in cui non trovassero largo posto i temi dell'economia, della produzione e della ricerca tecnologica e scientifica, sarebbe gravemente manchevole ai fini del rinnovamento della cultura italiana, della sua liberazione dal provincialismo e dall'accademismo » (« risoluzione » citata), è breve il passo a[...]



da Alberto Moravia, Inchiesta sull'arte e il comunismo. Il comunismo al potere e i problemi dell'arte in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...]del passato, lo stato socialista sappia tutte queste cose, cioè che abbia una coscienza critica e storica così sviluppata. In questo senso lo stato socialista, così intellettualistico e così pragmatistico, entra nella dialettica della decadenza alla quale pretenderebbe di sottrarsi.
Quando tutto é stato detto, bisognerà pur affermare che in realtà l'arte non interessa il comunismo. E che questo sia vero lo dimostra la semplicità della ideologia marxista per quanto riguarda l'arte. Tanto più notevole se paragonata, poi, alla complessità delle teorie marxiste sui problemi sociali ed economici. Il marxismo non si interessa all'arte come, poniamo, non si interessa alla religione. La diversità di atteggiamento del marxismo di fronte all'arte e alla religione deriva dal fatto che, mentre il marxismo vuol soppiantare la religione, esso non vuole che servirsi dell'arte. E infatti tutte le teorie del marxismo sull'arte non tanto riguardano l'arte nella sua intimità quanto l'arte nel suo rapporto con la società e con lo stato, ossia, in altri termini [...]

[...]d estetiche che sembravano tramontate e che invece, a quanta pare, torneranno in auge. Tanto per fare un esempio Boileau non avrebbe trovato niente da ridire su una simile imposizione
10 INCHLESTA SULL'ARTE E IL COMUNISMO
dell'autorità sull'artista. Che differenza c'é infatti tra il realismo socialista e « l'artifice agreable » del poeta di corte di Luigi decimoquarto?
* * *
Ci si meraviglia che certi scrittori e critici d'occidente, di fede marxista, difendano l'arte dei paesi orientali che, a parere di molti, essi non potrebbero invece non giudicare assai severamente. E si parla in questi casi di disciplina di partito. Ma secondo noi si tratta invece di uno scambio avvenuto nel profondo dell'animo tra ideologia e realtà. Per i comunisti l'ideologia è la realtà, e quella che la gente comune chiama realtà non é nulla. Se la realtà non dà ragione all'ideologia, tanto peggio per la realtà. Né si potrebbe dar torto a quegli scrittori e critici comunisti, almeno da un punto di vista psicologico. Lo scambio di solito é avvenuto in loro in cond[...]

[...]la natura bensì alla ragione, alla realtà bensì all'ideologia, alla poesia bensì all'artificio, alla spontaneità creativa bensì alla volontà costruttiva. Essi faranno dell'arte certamente, un giorno o l'altro, ma loro malgrado e senza rendersene conto.
I comunisti sembrano propugnare un'arte classica. Diciamo « sembrano» perché nulla é sicuro in un regime così sicuro come la dittatura, sia pure del proletariato. Dunque, partendo dal presupposto marxista che ogni società nel momento della sua massima funzionalità e necessità storica esprime un'arte perfettamente oggettiva e completamente realistica, senza reticenze né compromessi, né evasioni, né parzialità, insomma classica, i comunisti contrappongono questo momento solare a quello del tramonto ossia della decadenza di ogni società, decadenza che si esprimerebbe invece in un'arte malsanamente soggettiva, incompleta, astratta, evasiva, reticente e insomma, appunto, decadente. E evidente che in questo caso la distinzione tra poesia e non poesia salta e viene sostituita da quella di classicità [...]

[...]assica é, del resto, l'arte per eccellenza delle società che non si pongono ancora o non hanno ragione di porsi una questione sociale. La società comunista è, appunto, una di tali società, avendo risolto, una volta per sempre e con soddisfazione di tutti, la questione sociale.
* * *
I rapporti tra l'arte e la realtà, finché il comunismo é all'opposizione, potranno o dovranno essere determinati, per gli artisti di fede comunista, dall'ideologia marxista. Ma non si vede come questi rapporti, una volta il comunismo al potere, possano essere determinati dalla stessa ideologia. La quale é pur sempre un'ideologia di critica e di rinnovamento della società. Con il comunismo al potere, insomma, l'ideologia marxista, cessa di avere un valore ispirativo, sempre che si mantenga fedele a se stessa. Così il problema dell'arte con il comunismo al potere, é un problema di modificazione dell'ideologia marxista, modificazione tanto più difficile in quanto ogni ideologia vittoriosa tende afarsi dogmatica e precettistica.
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A. MORAVIA IL COMUNISMO AL POTERE E I PROBLEMI DELL'ARTE 17
Vediamo cosa avvenne con la rivoluzione francese. In un primo momento, prima della rivoluzione, l'arte é imbevuta[...]

[...]imo momento abbiamo Voltaire, nel secondo Balzac. Ma per far questo la borghesia deve anche abbandonare le posizioni dittatoriali dell'illuminismo e disfarsi del Terrore, di Robespierre e anche di Napoleone. Naturalmente la rivoluzione russa é cosa assai diversa dalla rivoluzione francese; e il decorso da noi descritto, nel caso della rivoluzione russa, viene modificato da un fatto nuovo: il persistente carattere religioso assunto dall'ideologia marxista in Russia e nel mondo intero.
* * *
L'arte, ogni volta che viene a contatto con un'ortodossia, abbandona la critica di fondo della società e si limita alla natura, ossia a quanto nell'uomo é immutabile e immodificabile. Ma nel caso del comunismo, abbiamo questa singolare contraddizione: un'ortodossia che postula la mutabilità e modificabilità dell'uomo attraverso i cambiamenti sociali ed economici. Per questo, mentre da un lato l'ortodossia costringe l'arte ad abbandonare la critica della società, dall'altra l'accusa di non essere abbastanza impegnata ossia, come si dice, partitica.
* * * [...]

[...]acci e i piedi nudi ». Ma che dobbiamo pensare dell'equivalente del pastorello che troviamo in infiniti quadri di artisti comunisti? Lo stato comunista ci risponde: « I miei pastori non hanno i piedi nudi e non indossano stracci. Essi sono davvero felici così nei quadri come nella realtà ». A questo si potrebbe obbiettare che se ciò fosse vero, i pastori dei quadri comunisti sarebbero dipinti meglio. Essendo dipinti come sono dipinti, la critica marxista nei riguardi di questi quadri é altrettanto giustificata che nei riguardi dei quadri borghesi.
***
Marx aveva detto: é tempo che la filosofia si adoperi non per spiegare ma per cambiare il mondo. Ma non aveva detto che l'arte dovesse fare la stessa cosa. Probabilmente, ove fosse stato interrogato in proposito, egli avrebbe riconosciuto che all'arte, come sempre, spettava il compito di rappresentare il mondo una volta che fosse cambiato. Il comunismo, invece, chiede all'arte di contribuire, in maniera diretta ed attiva, a tale cambiamento. Questo vuol dire prima di tutto un cambiamento dell'[...]

[...]ome gli altri, sono oggi tutti, quali più e quali meno, machiavellici. Ma come é possibile che l'arte, la cosa più seria del mondo, diventi materia di machiavellismo?
26 INCHIESTA SULL'ARTE E IL COMUNISMO
* *
Nei paesi socialisti, il rapporto tra le masse e la ragion di stato é così stretto che non c'è posto per l'arte. Appena si produrrà uno iato, l'arte respirerà.
Prima della rivoluzione l'artista dovrebbe informare la sua arte al concetto marxista di struttura e sovrastruttura; ma dopo la rivoluzione tale concetto va abbandonato, perché, come é ovvio, esso porterebbe ad una critica corrosiva della società stessa che la rivoluzione ha instaurato. Questo passaggio e questa trasformazione prendono tutto il loro spicco nei paesi in cui la rivoluzione comunista non ha avuto luogo. In questi paesi i critici di fede marxista, sono marxisti per quanto riguarda l'arte borghese dei loro paesi e conformisti per quanto riguarda invece l'arte dei paesi comunisti. L'opera d'arte americana sarà indicativa di una data situazione sociale, l'opera d'arte sovietica invece non lo sarà affatto. Che cosa se ne deve arguire? Forse che le teorie marxiste sono rivoluzionarie soltanto in parte cioè relativamente alla società borghese
e all'arte borghese; ma che cessano di esserlo appena si tratta di arte
e società comuniste?
***
Eppure le teorie marxiste sull'arte sono invece meravigliosamente adatte ad una diagnosi dei mali de[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] M. Tronti, Alcune questioni intorno al marxismo di Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]portava a ridimensionare in conseguenza tutto l’orizzonte teorico del marxismo. Oggi possiamo dire che ogni grande crisi storica del movimento operaio pone il problema del « vero » marxismo. In un saggio del ’19 Lukàcs pone la questione: « Che cos’è il marxismo ortodosso? »... « Ammesso — anche se non concesso — che gli studi più recenti avessero inconfutabilmente dimostrato la materiale inesattezza di tutte le singole affermazioni di Marx, ogni marxista ortodosso serio potrebbe riconoscere incondizionatamente tutti questi nuovi risultati, rigettare tutte le singole tesi di Marx, senza per questo dover rinunciare per un momento alla sua ortodossia marxista » 1.

È il pensiero che, su un piano diverso, esprimeva lo stesso Gramsci: « Se i bolsceviki rinnegano alcune affermazioni del Capitale, non ne rinnegano il pensiero immanente, vivificatore... Essi vivono il pensiero marxista, quello che non muore mai, che è la continuazione del pensiero idealistico italiano e tedesco, e che in Marx si era contaminato di incrostazioni positivistiche e naturalistiche » 2.

Abbiamo accennato alla coerenza logica di questi scritti giovanili con il pensiero maturo di Gramsci. Ed in effetti la collocazione storica che egli assegna al pensiero di Marx, l'angolazione ideale da cui egli lo guarda, rimarranno identiche in tutte le note dei Quaderni.

serire l’efficacia storica della volontà debba significare negarla alle condizioni oggettive ». Cfr. Rodolfo Mondolfo, Sulle orme di Marx[...]

[...]tativo di soluzione che egli abbozza è certamente coerente con l’impostazione del suo pensiero filosofico. Ciò non toglie che egli finisca per cadere nella prima di queste due soluzioni. Può considerarsi questo come la « conseguenza » di un determinato orizzonte teorico in cui egli ha calato il pensiero di Marx? Per rispondere, dobbiamo accostarci di nuovo, per un momento, alla considerazione del pensiero hegeliano. Qui troviamo subito, in campo marxista, un tradizionale filone d’interpretazione.

Lukàcs, in quel saggio del ’19 che sopra abbiamo ricordato, cosi si esprimeva : « La critica marxiana a Hegel è dunque la continuazione e la prosecuzione diretta della critica che Hegel stesso ha esercitato nei confronti di Kant e Fichte. Cosi è nato il metodo dialettico di Marx come prosecuzione conseguente di ciò cui Hegel aveva aspirato, ma che (Hegel) non aveva concretamente raggiunto... ». C’è qui, in sintesi, la base ultima del pensiero teorico di Lukàcs, che credo rimarrà coerente in tutto il corso della sua opera. Marx è la prosecuzione co[...]

[...] travaglio della filosofia classica tedesca, non è riuscita a concludere, a completare Hegel; a questa conclusione è arrivato o deve arrivare il marxismo.

Non credo di avere con ciò forzato il pensiero di Gramsci. Gran parte di queste, sono sue esplicite affermazioni. Si tratta di vedere fino a che punto esse siano determinanti per l’indirizzo del suo pensiero; certo è che affermazioni analoghe sono state decisive per l’indirizzo del pensiero marxista in generale.

£ difficile accettare questa che è, del resto, l’interpretazione tradizionale dei rapporti tra Marx e Hegel, per chi, come noi, ha preso coscienza di questi rapporti sulla base di quella giovanile « resa dei conti » che Marx intraprende con la filosofia hegeliana; per chi proprio in questa resa dei conti ha colto per la prima volta « il segreto di Hegel », come si esprimeva già Della Volpe nel ’47; che proprio dal Della Volpe, qui in Italia, ha imparato a definire la dialettica hegeliana, come una dialettica platonicohegeliana, tutta immersa in quel vizio aprioristico, che gli[...]

[...]ordo nel ritenere non casuale la scelta di questa espressione. Certo che oggi chi dice « filosofia della prassi » o non intende precisamente il marxismo, oppure propone una certa interpretazione del marxismo. O è la crociana Filosofia della pratica, oppure quei non meglio precisato « realismo storicocritico » che fa capo a Rodolfo Mondolfo. Ambedue i concetti, credo, di origine gentiliana, del Gentile dei saggi sul marxismo.

Nella letteratura marxista il concetto di praxis assume una strana origine feuerbachiana. Marx accusa Feuerbach di considerare come schiettamente umano solo il modo di procedere teoretico; e di concepire e fissare la pratica soltanto nella sua raffigurazione sordidamente giudaica. Ed in effetti Feuerbach nel l’Essenza del Cristianesimo distingue l'atteggiamento dei greci che considerano la natura con mente teoretica e trovano quindi l’armonia dell’uomo col mondo, dall’atteggiamento degli ebrei che considerano il mondo solo dal punto di vista pratico e si trovano in disaccordo con la natura, perché « fanno della natura [...]

[...]are una concezione generale del mondo, ma non lo è ancora diventata; può produrre una cultura di massa che abbia quei noti caratteri, ma non l’ha ancora prodotta; può rivendi
1 M. 5., p. 125. Il corsivo è mio.

2 M. S., p. 128.

3 M. S., p. 125.

4 M. S., p. 132.

s M. Sp. 131.

6 M. S., p. 131.320

I documenti del convegno

care una direzione egemonica nell’ambito dell’alta cultura, ma non l’ha ancora conquistata.

Il pensiero marxista ha amaramente pagato, con l’atrofia di tutto il suo sviluppo teorico, la cattiva idea di fare del marxismo stesso la nuova Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio. Dobbiamo riconoscere a Gramsci il grande merito di avere negato, in concreto, questa concezione. E per cogliere i risultati più fecondi che scaturiscono dalia ricerca gramsciana, dobbiamo, su questo punto, andare oltre il pensiero di Gramsci. Occorre sostenere oggi che non esiste una « dottrina » marxista. Occorre provare che lo spirito di sistema è per principio estraneo al pensiero di Marx; che non « per puro caso il [...]

[...]n l’atrofia di tutto il suo sviluppo teorico, la cattiva idea di fare del marxismo stesso la nuova Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio. Dobbiamo riconoscere a Gramsci il grande merito di avere negato, in concreto, questa concezione. E per cogliere i risultati più fecondi che scaturiscono dalia ricerca gramsciana, dobbiamo, su questo punto, andare oltre il pensiero di Gramsci. Occorre sostenere oggi che non esiste una « dottrina » marxista. Occorre provare che lo spirito di sistema è per principio estraneo al pensiero di Marx; che non « per puro caso il marxismo è nato sotto forma di aforismo e di criteri pratici », ma per una intrinseca, immanente, logica necessità, intimamente legata alla sua interna natura; che una considerazione sistematica della dottrina non può che produrre un sistema dottrinario di formule fisse e di proporzioni definitive.

Per Gramsci ogni filosofia è una concezione del mondo, che si pone come critica e superamento della religione, che è a sua volta una concezione del mondo diventata norma di vita, e[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] L. Gruppi, I rapporti tra pensiero ed essere nella concezione di A. Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]ci pare che i1 relatore l'abbia riconosciuto là dove ha affermato che per Gramsci sembra esclusa la tesi del conoscere came riflesso. Ci sembra anche che sia; questo l'aspetto della questione che bisogna soprattutto affrontare, poiché qui si tratta non del raffronto delle posizioni di Gramsci con posizioni già superate, come in genere quelle del Bukharin, ma del raffronto del pensiero gramsciano con quanto v'è di piú alto e decisivo nel pensiero marxista; con un momento dal quale Gramsci ritiene di dover trarre una lezione di importanza essenziale.
Eludere tale raffronto significa in realtà evitare un giudizio definitivo sul pensiero gramsciano.
Una affermazione di Lenin — raffrontata a quelle di Gramsci da noi citate — basta a dimostrare la diversità delle posizioni.
i M. S., p. 41. M. S., p. 54. 4 M. S., p. 56. 4 M. S., p. 143.
Luciano Gruppi 171
« Il materialismo è l'ammissione degli " oggetti in sé " ossia fuori dell'intelletto; le idee e le sensazioni sono copie o riflessi di questi oggetti » 1.
Vi è da chiedersi se Lenin, nella su[...]

[...]a prassi » diventa impossibile, ed è naturale si torni al realismo ingenuo e si affermi che il materialismo lo pone a base della sua teoria della conoscenza. Per dirla in termini gramsciani, il realismo ingenuo, che può essere accomunato al senso comune, non deve piú essere superato criticamente nel « buonsenso » 1.
Posta la conoscenza come riflesso del mondo esterno — ritornati al realismo ingenuo — ci pare che alcuni capisaldi della filosofia marxista vengano meno.
Che ne è ad esempio dell'affermazione:
« Il difetto principale di ogni materialismo sino ad oggi... è che l'oggetto, reale, il sensibile è concepito solo sotto la forma di oggetto o di intuizione; ma non come attività sensibile umana, come attività pratica, non soggettivamente » ? 2.
Concepito il conoscere come riflesso dell'oggetto, il carattere creativo del conoscere viene meno, l'oggetto, il reale ritornano ad essere concepiti solo « sotto la forma di oggetto » e « non come attività sensibile umana », proprio come Marx rimproverava a Feuerbach. Cosí l'affermazione, pure ri[...]

[...] ma non crea, ritorna a distaccarsi dalla pratica e ci riporta cosí al vecchio dualismo metafisico tra essere e pensiero, pratica e teoria, politica e filosofia. Ancora una volta si ritorna alla vecchia contrapposizione del politico al filosofo.
1 M. S., p. 5.
2 K. MARX, Glosse a Feuerbach, glossa n. 1.
3 Ibidem, glossa n. 2.
Luciano Gruppi 173
A parer nostro la ragione di questo indebolimento di alcuni principi fondamentali della filosofia marxista va trovata nel fatto che, prevalendo in Lenin la concezione della conoscenza come riflesso, della idea come .copia, si attenua il principio secondo cui l'obiettività del conoscere è dimostrata dalla pratica.
Il contributo decisivo che Lenin ha dato al pensiero marxista con la sua concezione dell'egemonia e di cui Gramsci sottolinea il significato e la portata filosofica, pare interrompersi quando, dall'elaborazione del concetto di egemonia sul terreno della teoria politica, si passa alla sua formulazione piú strettamente filosofica, la quale esige che si affronti ii problema dei rapporti tra l'essere e il pensiero superando ogni residuo di concezioni dualistiche.
Gramsci si muove, proprio perché leninista, proprio perché gli preme sviluppare il concetto di egemonia in tutti i suoi aspetti — da quello della strategia e della tattica politica a quello della [...]

[...]n rapporto all'uomo e siccome l'uomo è divenire storico anche la conoscenza e la realtà sono un divenire, anche l'oggettività è un divenire, ecc. » 2.
La contrapposizione del marxismo all'idealismo, tuttavia, compiuta affermando la storicità del conoscere, resterebbe ancora illusoria poiché anche l'idealismo afferma tale storicità. Bisogna andare ancora piú a fondo per cogliere la distinzione essenziale tra la posizione gramsciana — noi diciamo marxista — e quella idealistica: essa consiste nell'affermare che il processo storico è un processo di azione, in cui teoria e pratica si uniscono, per superare quelle contraddizioni della società che determinano il carattere sovrastrutturale della conoscenza, limitandone quindi la validità obiettiva; per giungere ad una società in cui non essendo piú alienato l'uomo, anche la conoscenza è libera da alienazioni.
Pare a noi quindi che la posizione gramsciana si stacchi da quella idealistica, diventi irriducibile all'idealismo, nello stesso modo in cui il Vico si staccava da ogni possibilità di essere [...]

[...]ocesso storico che si compie faticosamente in lui stesso, l'unità della teoria e della pratica, consentono di affermare che non si filosofa fuori dal partito, fuori cioè da una vasta esperienza collettiva, storicamente formatasi e che storicamente si sviluppa, di pensiero e di azione. In ciò consiste il carattere di partito del filosofare.
Il rilievo che il partito viene ad assumere quando ci si muove lungo questa linea di sviluppo del pensiero marxista, ci pare essere una riprova della validità di questa linea medesima. Ci pare invece che ove si insista, conducendo la polemica antiidealistica, prima di tutto sul carattere di riflesso, di copia del conoscere, anziché sul suo carattere creativo, la funzione del partito si appiattisca.
A riprova dell'argomentazione che abbiamo svolto per dimostrare che il pensiero di Gramsci non può essere in alcun modo ridotto all'idealismo, poniamo un altro quesito. Lenin afferma: « unica " proprietà " deIla materia, il cui riconoscimento è alla base del materialismo filosofico, è la proprietà di essere una[...]

[...]erciò ridotta all'economia, ai rapporti di produzione e di scambio, ad una realtà storica che è opera dell'uomo, che può essere affermata in quanto l'uomo entra in rapporto con essa e la cui obiettività è dimostrata, nella pratica, dalla lotta per mutarla.
Qui direi si compie lo sforzo di Gramsci per uscire dal materialismo meccanico proprio mentre conduce la sua polemica contro l'idealismo, per sviluppare nel modo piú conseguente la concezione marxista della creatività del conoscere.
Pare a noi che Gramsci si ricolleghi all'elevata temperie filosofica del momento in cui il marxismo ruppe il cordone ombelicale con l'idealismo e con ogni forma di metafisica comunque mascherata. Gramsci si ricollega direttamente al momento altissimo delle Glosse a Feuerbach, la cui validità Marx ed Engels tennero sempre a confermare. Ritorna nella concezione di Gramsci la ricchezza, che pare inesauribile, della prima tesi e che cosí chiaramente afferma che l'oggetto deve essere concepito non solo come tale, ma « come attività sensibile umana, come attività pr[...]

[...]o anche « soggettivamente ». Qui all'idealismo viene chiaramente rivendicato il merito — di fronte al materialismo di Feuerbach — di aver sviluppato il lato attivo del conoscere (mentre si critica naturalmente il carattere astratto che il conoscere mantiene nell'idealismo). Qui Feuerbach viene criticato perché non concepisce la attività umana medesima come « oggettiva ».
Nel fatto che Gramsci si mantenga al livello di questo filone del pensiero marxista va ricercata la sostanza leninista della sua concezione, il suo conseguente leninismo. Esso risiede nella capacità di comprendere — aI di là e grazie anche alla sua polemica con una serie di proposizioni filosofiche di Lenin — come il concetto leninista di egemonia consenta di superare radicalmente ogni determinismo economico, in filosofia, come ogni massimalismo, che in politica impacci la funzione egemone della classe operaia. È grazie anche a tutto ciò che Gramsci è riuscito a trarre tanto frutto dalla concezione leninista dell'egemonia.


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine marxista, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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