Brano: [...]i di uguaglianza fra tutte le dittature. Del resto il termine « dittatura », come ognuno sa, non ha mai spaventato il forse duro, ma reali stico, linguaggio marxista. La « dittatura del proletariato » fu, dal marxismo, pronosticata e realizzata come inevitabile punto di passaggio, strettoia obbligata della conquista del potere della classe operaia per giungere, nello slargo, all'eliminazione delle classi ed alla realizzazione della società socialista prima, e comunista poi.
Ma il termine « dittatura del proletariato » non è, nei classici del marxismo, mai considerato come un termine da accettarsi integralmente ma, piuttosto, da usarsi in senso paradossale: sotto
` lineatura sprezzante di una fase necessaria, ma da superarsi appena possibile, punto in cui la liberazione dalla stratificazione della società in dominio di classe ha un estremo bisogno di un ultimo dominio di classe capovolto: gli oppressi governano gli oppressori. Un male alla rovescia e, perciò, in definitiva, un bene, purché sappia, a sua volta, raddrizzarsi, per essere fi[...]
[...] ma corrisponde a quella delle domande cui ciascun capitolo si riferisce.
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Tuttavia non si potrebbe, credo, sostenere che il termine « dittatura del proletariato » chiarisca limpidamente la coincidenza dei mezzi e dei fini e che lo Stato di dittatura, come si é realizzato in URSS, sia possibile intenderlo alla maniera gramsciana di Stato futuro « in nuce », anticipazione sostanziale dello Stato autenti camente socialista. Rimane, inutile negarlo, e la sincerità del termine ci aiuta, nella « dittatura del proletariato » sovietica una « contradictio in adjecto » in una certa misura irreparabile. Contraddizione, che nel leninismo e nel primo stalinismo prese forma nella teoria: mano a mano che il potere dittatoriale della classe operaia si sarebbe andato affermando, tanto più violenta sarebbe diventata la resistenza della classe exdominante, ora oppressa.
Dice Lenin: « La dittatura del proletariato é la guerra più eroica e più implacabile della classe nuova contro un nemico più potente, contro la borghesia, la [...]
[...]comunista. La tattica del « culto », nel quadro di una morale marxista, doveva essere indice che qualcosa di grosso non andava nella politica. Invece no: ci si diceva che eravamo così piccoloborghesi da non capire che, nel paese "del socialismo, quello che per noi poteva apparire un « culto religioso » era autentico amore per un uomo cui tanto ogni sovietico corrispondeva.
Capzioso gioco, se il corrispondere non può avere ovviamente per un socialista che il senso della pariteticità, una volta rotti i rapporti di soggezione e di alienazione. Per cui se certamente molto c'era da ammirare nell'uomo sovietico, il molto era appunto
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nell'uomo minuscolo (Stalin = un cittadino qualunque), nel cittadino ignoto, vivo per, e soprattutto, nella collettività. Dunque, morale sì, per il socialismo, anzi affermazione decisiva che la morale marxista esiste e deve corrispondere esattamente ai principi cui nessuna tattica può far concessioni di sorta, ma morale che non si ferma alla moralistica e pretende la scienza (morale politica, n[...]
[...]nciata.
2) Stato e Partito.
La concezione della «dittatura del proletariato» è l'unica formula che sembra consentire una teorizzazione della diarchia PartitoStato nell'URSS, che si dà normalmente per scontata e che di fatto è invece assai curiosa. Si sa che su una popolazione di 200 milioni di abitanti gli iscritti al Partito comunista in URSS sono oggi circa 7 milioni. Ora, si possono fare due osservazioni:
1) che nelle elezioni politiche la lista di candidati è praticamente controllata dal Partito o da organizzazioni a loro volta da esso controllate, per cui è certo, in ogni caso, che le massime cariche dello Stato andranno a membri del Partito.
2) che la posizione del Partito in quanto tale è preminente su quella dello Stato.
Ne discende che lo Stato è uno strumento del Partito e che la rappresentanza è relativamente diretta nel Partito, ed estremamente indiretta nello Stato. Ciò quadra, come abbiamo detto sopra, con il concetto generale di « dittatura del proletariato » e con quello di « centralismo democratico ». Il Partito è l'o[...]
[...]per coordinare e guidare l'azione creativa (non nel solo senso manuale o tecnico) di codesti milioni di uomini ? Il partito deve stare, come sta, sopra lo Stato ? » « A quarant'anni dalla Rivoluzione d'ottobre la ' vita nuova ', che nell'Unione Sovietica non è più una aspirazione ma una realtà, può essere contenuta nei vecchi ordinamenti ? » « Da quali nuove forme, in quali nuove articolazioni concrete troverà piena espansione la democrazia socialista, peraltro espressa nella originaria concezione leninista dello Stato dei Soviet e nella Costituzione del 1936? » « In quali forme nuove la democrazia sovietica si esprimerà nell'avvenire, non solo all'interno del partito, ma nello Stato ? ».
È chiaro che non ha senso rispondere immediatamente a queste domande. Il lavoro da compiere non é certo astrattamente ideologico, sistematizzante, ma é un lavoro scientifico di rilevamento delle strutture, del loro funzionamento, dei loro rapporti, che può essere effettuato solo sulla materia viva, e con la più ampia compartecipazione degli specialisti e[...]
[...]saminare e studiare le forme della politica anche nel momento in cui si manifestano e si muovono. Il « controllo democratico » non è limitato a verificare soltanto se i funzionari o i dirigenti fanno il loro dovere così come è stabilito, ma si estende a verificare se le forme in cui operano gli organi legislativi ed esecutivi sono le più adatte e rispondenti ai bisogni, alla situazione, alla natura democratica che pretendono avere. Lo Stato socialista non può quindi essere concepito come il deposito dei risultati sociali definitivamente conseguiti, ma come un organismo vivente in continuo aggiornamento ad opera dell'intero corpo dei cittadini.
I quali cittadini, mentre sul piano politico legiferano, eseguono ed amministrano giustizia attraverso i loro rappresentanti, in sede scientifica hanno il diritto di esame delle stesse forme in cui si manifesta la loro volontà, per proporre la conferma o modifica o superamento degli istituti ogni qualvolta lo trovino necessario.
Sembra che il Congresso del PCUS veda ancora la risoluzione di molti p[...]
[...]esta la loro volontà, per proporre la conferma o modifica o superamento degli istituti ogni qualvolta lo trovino necessario.
Sembra che il Congresso del PCUS veda ancora la risoluzione di molti problemi in forma quantitativa: più democrazia, più collegialità, più legalità, senza ancora veder chiaro che il « più » è ottenibile soltanto attraverso nuove forme che quel « più » appunto consentano e producano.
3) Pluralità borghese e pluralità socialista.
Superato il livello della lotta di classe e dei suoi strascichi, non per questo si possono dire superate possibili forme di contrasto nella società socialista (da ciascuno secondo le sue capacità, ad ognuno secondo il suo lavoro), superabili solo nella società comunista teorizzata da tutti i classici del marxismo (da ciascuno secondo le sue capacità, ad ognuno secondo i suoi bisogni). E probabile che, appunto per evitare le possibilità del formarsi di correnti interessate nel proprio « particulare » (ad esempio, questione dei contadini rispetto agli operai), nell'URSS si tenga così fermo il
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principio del Partito unico, come depositario di una solidarietà generale senza concessioni. In questo senso l'unicità del Parti[...]
[...]ità delle decisioni (e, detto per inciso, in questo quadro giustificativo rientrano le concezioni della teoria del riflesso, l'ontologizzazione metafisica della dialettica, l'indistinzio
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ne fra evoluzione naturale e progresso controllato, di cui si trovano ancora ampie tracce alla base degli ultimi scritti di Stalin, in particolare nei a Problemi economici del socialismo nell'URSS del 1952).
Viceversa proprio il mondo socialista che, operando il passaggio dal piano della necessità a quello della libertà, attraverso la risoluzione radicale dei conflitti di classe, si può concedere una concezione possibilistica della scienza. Se in gran parte le regole della libertà sono in una società borghese ben delimitate dalla pressione degli interessi, é nel mondo socialista che può nascere un autentico gioco di interessi diversi per la libertà.
Vediamo, quindi, per la società socialista prospettarsi una possibilità pluralistica, ma non tanto nella tradizionale incarnazione partitica (che resta, tuttavia, necessaria nella società borghese anche per il socialismo, finché perdurino i termini della lotta di classe), quanto, piuttosto, in una alternativa di correnti, rappresentative non già di interessi, ma di possibilità realizzative diverse di un fine che resta comune. Il che comporta il presupposto di una solidarietà non intaccabile, oggettivata nello Stato prima, nel costume poi, e una diversa concezione della scienza (e della cultura) intesa come strumentalità pluralistica.
[...]
[...] iniziative e nell'esperimentazione consentita (purché fondata su ricerche di fatto e scientificamente documentate) fra cui trascegliere via via il meglio e generalizzarlo (mediazione fra autonomia e pianificazione).
Dunque, forse, non pluralità partitica, né gioco fra governo e opposizione, quanto pluralità di iniziative, nel quadro di una
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pianificazione funzionale, nella costruzionedissoluzione dello Stato socialista (1).
(1) Leggendo questo saggio inI bozze l'amico Fortini mi ha dato la seguente nota che ottimamente contribuisce ad approfondire il punto in questione:
Invece di ripetere le tesi puerili di chi afferma la inevitabilità e la necessità di tutto quel che è accaduto nell'età stalinista come di chi, negan dole, non pub più arrestarsi sulla via delle ipotesi retroattive, è meglio domandarsi (come ha fatto recentemente un giovane filosofo marxista, A. Mazzone) quale sia oggi ii senso, alla luce delle esperienze sovietiche e nostre, del « fondamento obiettivo dell'accordo tendenzialmente unanime [...]
[...]to qualitativo, afferma la trasformabilità qualitativa dei conflitti dopo averli identificati, nelle società classiste, come conflitti di classe. Si che la 'volontà generale' liberale è sintesi astratta (le souverain) mentre quella marxista è, almeno tendenzialmente, concreta, cioè tendenzialmente unanime. Questa pretesa marxista sembra uscire sconfitta dall'età stalinista; l'unani
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4) Per un linguaggio (e un'ideologia) socialista.
Purtroppo gli Atti del XX Congresso del PCUS non offrono un discorso chiaro sui pur tanto cruciali punti toccati, e diremmo, anzi, che se tutto il Congresso rappresenta un termine di passaggio che codifica, come vedremo meglio più avanti, tutta una serie di provvedimenti empirici, esso sottintende sempre una nuova impostazione ideologica, ma non la esplicita o non vuole esplicitarla.
Il vizio rilevato, in quasi tutti gli interventi, di giustificare posizioni nuove con citazioni vecchie é, viceversa, ancora prati
mità stalinista era infatti una caricatura e le elezioni al 99,99% una cerimo[...]
[...]itto fra città e campagna; ma è confrontabile tale conflitto attuale con quello che opponeva contadini e cittadini russi durante la guerra civile o la liquidazione dei kulaki? Anche per questo è improprio impiegare termini eguali come 'partito', 'opposizione', 'parlamento' per indicare cose diverse (e, fra parentesi, che v'è di comune fra la nozione di partito in Francia o in Italia e quella in USA o in India?).
Si vuol dire che la società socialista non ha trovato o ha trovato imperfettamente le forme istituzionali per l'espressione dei suoi particolari conflitti? Ne conveniamo. Ma, dopo aver rimproverato lo scarso storicismo del XX Congresso, non pecchiamone noi stessi. L'offerta che un Bevan (e altri da noi) fa all'URSS di sperimentati apparecchi liberali di antica fabbricazione inglese per evitare, ad esempio, gli abusi di potere, potrà magari aver anche successo (Kruscov ha già acquistato in Gran Bretagna alcuni milioni di maniglie per porte), quando siano forniti di voltaggio universale e perciò adatti a tutte le tensioni; ma ci vuo[...]
[...] del genere umano) il marxismo può scambiare la parte per il tutto, e quindi errare; ma questo non accadrà, mai alla concezione liberale, per la quale la parte ha da rimaner sempre tale e l'uomo e la società in se stessi spartiti e divisi, si che il rapporto maggioranzaminoranza sia appena un remedium concupiscientiae, un retaggio della colpa originale. E dunque le strumentazioni liberali che, giorno dopo giorno, paiono introdursi nel mondo socialista non si interpretino come riconoscimento che il libero gioco dei gruppi di interessi, fondati in ultima istanza sulla parte di appropriazione del prodotto sociale, sia utile e perciò necessario e infine universalmente e perennemente valido; ché prima s'ha da mutare il fondamento di quegli interessi; ma vi si legga solo il passaggio, per noi pieno di insegnamento, da una 'cattiva unanimità', ad una unanimità più autentica o autentica.
FRANCO FORTINI
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Nella giusta direzione intrapresa di abbandonare la sterilità dogmatica, ci sono invece ancora due passi avanti da compiere:[...]
[...]ede opportuna agli Istituti di storia e di filosofia, nuovamente aperti alla critica, all'attività creativa. Determinandosi scientificamente, il linguaggio potrà tornare ad avere un senso univoco e preciso e l'ideologia riprenderà fiato e potrà modellarsi senza equivoci ed ambivalenze.
Diciamo costruirsi e non semplicemente ricostruirsi sia del linguaggio, sia dell'ideologia. Lo stalinismo presenta uno iato nell'elaborazione dell'ideologia socialista; la sua identificazione dell'avversario con tutti gli avversari (con il peggiore degli avversari), visti come statici, sagome fisse e nere tutte uguali nell'uguaglianza dell'essere per « essere colpite », non gli consenti lo sviluppo di una dialettica « sublimata » all'interno, che desse una nuova dimensione alle contrapposizioni, una nuova « teoria dell'errore », una diversa verifica della verità. Per questo il suo linguaggio è rimasto un linguaggio bellico, alle volte da trincea (ed anche alcuni suoi atti). Per noi marxisti occidentali una delle peggiori pene è oggi constatare che alcune su[...]
[...]tta una eredità civile da conservare trasponendola al di là del salto qualitativo.
Un lavoro per noi e per altri (anche per i sovietici) dacché crediamo che, oggi, solo una ripresa panoramica, una risistemazione dei valori, una reinterpretazione del « nuovo mondo » per mutarlo di « nuovo », potrà consentire quel radicale passo avanti che speriamo, che ci occorre.
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56) Stato dei Soviet come Stato funzionale e democrazia socialista come pianificazione organica.
Il potere personale di Stalin non è semplicisticamente riducibile né ad un fatto . geografico, né ad uno etnografico. Il caso « Cina », cosi diverso dal russo, potrebbe essere prova sufficiente per sfrondare le ipotesi sociologiche « orientalistiche » sul « fenomeno » sovietico adottate spesso dal Deutscher. La verità è naturalmente ancora una volta strutturale e sovrastrutturale insieme: ' economia e ideologia. Ed è secondo questi parametri che occorre esaminare le vicende sovietiche in tutte le loro particolarità (tradizione, ambiente, ecc., inclusi). Leggendo[...]
[...]raggiunto un maggior benessere materiale ed una elevazione culturale, si fosse fatta cosciente della sua nuova misura.
Finito lo stalinismo, gli eredi hanno preso non poche contromisure che già stanno dando (le statistiche confermano) i loro frutti:
1) Dalle forme di « controllo » meramente sollecitativoautoritario si sta passando a forme di « controllo operativo». Dice, ad esempio, Krusciov a proposito dell'agricoltura: «Nel nostro Stato socialista tutto é determinato dai piani, che i colcos e i sovcos attuano in tempo, senza aspettare che gli addetti agli ammassi li sollecitino ». « Il controllo operativo degli ammassi deve essere invece affidato alle SMT e le centinaia di migliaia di addetti agli ammassi devono essere impiegati nella produzione » (« XX Congresso del PCUS », Atti, pag. 116). Il controllo sarà dunque affidato ad organi già impegnati nel processo tecnico. D'ora innanzi sarà
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chiaro che se il « controllo operativo » darà indici di produzione più bassi del previsto o dell'auspicato, non vorrà[...]
[...] organizzazioni delle repubbliche, la loro responsabilità nell'attività industriale sono notevolmente aumentate. Occorre coordinare il lavoro in questa direzione, poiché ciò favorirà uno sviluppo ancora maggiore dell'iniziativa locale » (Krusciov, pag. 146).
3) Si sta studiando un primo coordinamento, un allacciamento più funzionale di rapporti fra pianificazione ed autonomia. « La pianificazione é un enorme vantaggio del sistema economico socialista ». Tuttavia « non si deve assolutamente esercitare, nei confronti delle repubbliche federate, una tutela meschina. Esse devono, nel quadro definito dei piani economici in tutta l'Unione, decidere autonomamente le questioni concrete concernenti lo sviluppo di questo o quel settore della loro economia » (Krusciov, pag. 148149). E ne seguono provvedimenti tecnici importanti, come quello degli autofinanziamenti settore per settore, fabbrica per fabbrica.
4) Ne discende un primo passo verso la sburocratizzazione dello Stato con la rimozione di centinaia di migliaia di funzionari da cariche parass[...]
[...]ti a diverse alternative).
2) L'autocontrollo ha la sua essenza e la sua intrinseca possibilità di funzionamento a patto che il cittadino si senta e sia oggettivamente corresponsabile del piano. Tale corresponsabilità nasce quando egli partecipa alla determinazione ed alla verifica del piano. Determinazione e verifica del piano possono essere infatti i due punti di partenza e di arrivo del grande cerchio della nuova ed originale democrazia socialista che dovrà garantire l'efficienza ed insieme la libertà dell'intero sistema.
Il piano potrà nascere come raccolta quantitativa di dati, li sistemerà, confronterà le richieste, le medierà, e tecnicamente tradurrà l'iniziale raccolta in un quadro organico qualitativo, che terrà conto delle esigenze generali. Ma non è a questo punto che il piano passerà all'attuazione. A questo livello elaborativo dovrà tornare all'origine per la prima verifica: quella dell'impostazione. Ognuno potrà e dovrà osservare se la sua prima richiesta (e per quali motivi) avrà o non avrà trovato posto nell'inquadramento[...]
[...]sta ' zona della pace ' che comprende, oltre i paesi socialisti, gli Stati non socialisti, europei e asiatici, amanti della pace. Questa zona abbraccia vaste estensioni del globo terrestre, sulle quali oggi vive un miliardo e mezzo di persone, vale a dire la maggior parte della popolazione del nostro pianeta » (Krusciov, pag. 30). Se non si può parlare ancora della fine dell'« accerchiamento capitalistico » sostituito da un « accerchiamento socialista », si può tuttavia osservare che l'URSS é circondata da paesi socialisti, che la sua influenza anche in molti paesi capitalistici é assai forte, che «la pace é in maggioranza ». Non si vede d'altra parte perché anche l'organizzazione dell'esercito, o un sistema di difesa in genere, non possa essere compatibile con la nuova articolazione dello Stato. L'esercito in un paese socialista non può essere, del resto, che un servizio generale fra gli altri. Ma la condizione essenziale per il rinnovamento democratico dello Stato sovietico sta essenzialmente nella capacità organizzativa generale che esso saprà studiare e concretare; il che significa operare uno sforzo ideologico e tecnico che ancora è in gran parte da effettuare e di cui vediamo oggi solo i primi segni.
Qui ci importava osservare soltanto che le condizioni oggettive liberano il niarxismo dai due vincoli fondamentali di origine leninianastaliniana, sciolti i quali ci si avvia alla condizione favorevole per l'autono[...]
[...]nizzazione generale.
Ed il Partito ha ancora, come elemento dirigente, da assolvere per intero a questo compito. Ma non più sotto la forma sollecitativa, attivizzante, più o meno generica, (oggi decisamente condannata), ma in senso tecnico specifico. Il peso e l'insufficienza del Partito staliniano si rivelano qui: nell'essere strumento autoritario, di tutela e di controllo, anziché essere strumento tecnicoscientifico di una organizzazione socialista, modernamente concepita.
Staccato dai diretti compiti produttivi, il Partito aveva corso il rischio di girare a vuoto, di assumere una figura astratta, sovrastrutturale. Ma il Partito, inserendosi, come oggi viene stabilito, nell'organizzazione diretta, non può neppure essere il doppio dello Stato, la sua controfigura.
Il suo portarsi a livello operativo deve comportare anche una sua diversa concezione dei rapporti con lo Stato: ridurre la sua tutela in esso per aver modo di parteciparvi concretamente. Non sovrapporsi ai Soviet, ma entrarvi « costituzionalmente ».
Se lo Stato sta smobilita[...]
[...]la macchina sovietica era in stato di revisione. Lo annunciavano a gola spiegata i congressi degli scrittori, degli economisti, degli architetti, dei giuristi, ecc. Lo indicavano tutta una serie di provvedimenti che via via venivano presi per sottoporre a critica istituzioni e modi di lavoro del passato.
Tutto questo processo critico (che arrivava, ad es., nella richiesta di revisione del codice penale, a proporre nuove forme di « legalità socialista ») non poteva non comportare un « processo storico » verso chi aveva creato, sostenuto, edificato precisamente quelle forme e quegli istituti che si andavano demolendo e ricostruendo in altro modo.
Il « processo a Stalin » era implicito nella revisione dei suoi modi di condurre la politica interna ed estera. E si potrebbe aggiungere che il « processo critico » era a sua volta basato su un «processo reale », di modifiche sostanziali, di fatto, il quale, dalla morte di Stalin, ormai si estendeva all'intera Unione Sovietica. Prima che dal Congresso, il processo al « culto della personalità » er[...]
[...]mpostazione sociale e di civiltà, Krusciov non ne è ancora il Platone, sebbene per qualche aspetto tenda ad esserlo, perché il nuovo assestamento della società sovietica deve passare oltre Krusciov ed il Comitato Centrale, ed essere una « costituzione collettiva » che si formuli dalla collaborazione generale degli operai, dei contadini, dei tecnici e dei filosofi dell'Unione Sovietica.
Allora anche i modi e il linguaggio della nuova verità socialista saranno diversi e sarà stato un diverso costume a nutrirli, a coltivarli.
L'ipotesi della posizione del XX Congresso codificatrice di una nuova realtà in movimento positivo scarta sia l'ipotesi del perdurare sotto altra veste dello stalinismo, sia quella secondo la quale il XX Congresso rivelerebbe bruscamente ed esprimerebbe la presenza di una situazione conflittuale di fondo fra varie forze che nell'URSS si contenderebbero il potere. Siamo persuasi che nell'URSS sia veramente cessata la latta di classe e che quindi non esista materia economica per conflitti strutturali (le cause «oggettive[...]
[...]tamente che i comunisti abbiano creduto alla versione ufficiale dei processi epurativi. E ciò per la ragione, apparentemente semplicissima, in realtà la più seria e la più sostanziale, che non potevano crederci pena il vanificare, dentro di sé e fuori di sé, il loro stesso lavoro, i loro stessi sacrifici, il loro stesso operare e lottare per un mondo diverso. Se i « mostri del genere umano » fossero realmente esistiti in URSS, se il sistema socialista li avesse veramente prodotti o sopportati ai più alti posti di responsabilità negli anni della Rivoluzione e in quelli della costruzione successiva, se « spie del nemico e agenti del capitalismo » avessero potuto per semplice gioco professionale elaborare teorie marxiste anche originali o comunque tecnicamente elaborate, ci sarebbe stato da disperare nell'uomo in quanto tale e nel socialismo anche.
Magari fosse stata possibile una spiegazione razionale dei fatti in questo senso! Viceversa non lo era e l'altra ipotesi si affacciò subito: divergenze politiche, errori politici. È terribile che [...]
[...]atici con l'Occidente.
È stato un destino dell'URSS di essere stata, nonostante tutto, costretta a dare in anticipo quello che sarebbe stata disposta ad offrire spontaneamente ad un certo traguardo di potenza economica interna pienamente conseguita. Malgrado la prudenza staliniana, un'imprudenza rivoluzionaria di fatto accompagnò la politica estera dell'URSS. Tale imprudenza oggi si ribalta in sicurezza e se il più diretto « accerchiamento socialista », la zona « neutrale », l'alleanza pacifica della « maggioranza » mondiale
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sono un fatto compiuto dalle rivoluzioni negli altri paesi, ciò giova all'URSS più che un maggior livello economico ed una maggiore facilità diplomatica. E la politica delle « vie nazionali » al socialismo e lo scioglimento « tattico » del « Cominform », che, per un certo aspetto, la liberano di fronte all'Occidente da dirette responsabilità nelle rivoluzioni altrui, ancora una volta la vincolano ad una « internazionale socialista », oggettivamente reale e paritetica, dalla quale non av[...]
[...]DE SULLO STALINISMO
sono un fatto compiuto dalle rivoluzioni negli altri paesi, ciò giova all'URSS più che un maggior livello economico ed una maggiore facilità diplomatica. E la politica delle « vie nazionali » al socialismo e lo scioglimento « tattico » del « Cominform », che, per un certo aspetto, la liberano di fronte all'Occidente da dirette responsabilità nelle rivoluzioni altrui, ancora una volta la vincolano ad una « internazionale socialista », oggettivamente reale e paritetica, dalla quale non avrebbe senso che si esentasse, perché tale esenzione sarebbe anche la negazione della sua forza interna e della sua stessa natura.
10) Critica e autocritica.
Per questo dobbiamo rispondere ad una decima domanda non prevista, una domanda supplementare. « A che titolo parliamo noi oggi, critichiamo, verifichiamo la posizione dell'URSS ? Con quali doveri ? Con quali diritti ? ».
La risposta è breve. Non potremmo criticare e verificare l'URSS senza cadere, qualunque sia il grado della nostra buona féde, in una posizione ad essa antitetica,[...]
[...]to dobbiamo rispondere ad una decima domanda non prevista, una domanda supplementare. « A che titolo parliamo noi oggi, critichiamo, verifichiamo la posizione dell'URSS ? Con quali doveri ? Con quali diritti ? ».
La risposta è breve. Non potremmo criticare e verificare l'URSS senza cadere, qualunque sia il grado della nostra buona féde, in una posizione ad essa antitetica, cioè nelle vesti dei suoi avversari, se non ne parlassimo nel campo socialista, se non pensassimo che tutto questo sia un lavoro comune, un collaborare allo sviluppo del socialismo.
I « consigli » all'URSS non hanno senso, se non sono sempre anche « consigli » per noi, e così pure le critiche, se non sono sempre anche critiche alle responsabilità che ci assumiamo solidarmente all'oggetto del nostro discorso. Parlare dell'URSS senza cadere in una posizione ad essa ostile od anche indirettamente opposta e nociva, é parlare non di un'URSS in sé, ma di un'URSS in noi, a cui siamo nettamente e senza residui legati nel quadro di un internazionalismo socialista. Di qui anche,[...]
[...]on hanno senso, se non sono sempre anche « consigli » per noi, e così pure le critiche, se non sono sempre anche critiche alle responsabilità che ci assumiamo solidarmente all'oggetto del nostro discorso. Parlare dell'URSS senza cadere in una posizione ad essa ostile od anche indirettamente opposta e nociva, é parlare non di un'URSS in sé, ma di un'URSS in noi, a cui siamo nettamente e senza residui legati nel quadro di un internazionalismo socialista. Di qui anche, e solo di qui, íl nostro diritto: ci è lecita la critica, perché é anche un'autocritica, ci sono lecite le richieste costruttive, perché sono anche la nostra partecipazione alla costruzione, il nostro pretendere uno sviluppo positivo. Così siamo pronti a rigettare insieme, sia l'accusa che alcuni ci possono muovere di essere antidemocratici perché non
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ammettiamo che una « libera cultura » possa criticare con « neutralità » l'operato dell'Unione Sovietica, sia l'altra di non essere « autorizzati » al discorso, perché, pur appartenendo di fatto al « blocco s[...]