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Il segmento testuale ideologia è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
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da Giovanni Mari, Ritratti critici contemporanei. Louis Althusser in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: [...]isi che la sua denuncia ha determinato nel comunismo internazionale, è in altre parole ciò che domina la « congiuntura teorica e ideologica » del movimento comunista in cui Althusser interviene con i suoi scritti filosofici. Questi « interventi filosofici » hanno avuto essenzialmente il carattere, durante gli anni Sessanta, di una « difesa » della « specificità » e della « novità » del marxismo nei confronti dell'assalto delle varie forme dell'« ideologia borghese » sviluppatosi nel quadro delle « critiche di destra » dello stalinismo. Una difesa, come vedremo, che ha comportato un « ritorno alle fonti », ai classici, e che Althusser ha portato avanti, spesso da solo, non in nome dell'ortodossia (come da piú parti si è creduto di poter affermare), ma in nome di una « comprensione » e di una « intelligenza » di Marx da conquistare mediante la scoperta e lo sviluppo della « filosofia marxista ».
La Prefazione (1965) agli scritti raccolti nel Per Marx si apre con queste considerazioni: « Pur avendo tutti preso spunto da occasioni particolari, qu[...]

[...] tesi che noi attaccavamo hanno dovuto fare marcia indietro: cioè le tesi umaniste, storiciste, ecc. » (EA, p. 40). Ora la difficoltà è tutta qui perché Althusser, dopo aver rivendicato il primato della pratica sulla teoria (in Elementi di autocritica questo primato è rivendicato anche quando si definisce « principale » la giusta tendenza politica dei primi saggi, rivolti contro le « pseudospiegazioni » del xx Congresso e contro gli assalti dell'ideologia borghese, e « secondaria » la loro « deviazione » filosofica), e dopo aver riconosciuto che nei saggi degli anni '60'65 egli ha sostenuto una filosofia razionalista e speculativa, conclude difendendo gli effetti politici ed ideologici determinati dall'inter
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vento di questa filosofia nella congiuntura, quindi ristabilendo un nuovo tipo di separazione tra filosofia e politica.
Si tratta di un tipo di separazione particolare, la quale si esprime in un'assenza, e che riguarda il « secondario », cioè la « deviazione ». Nel senso che tale separazione non impedisce di veder il n[...]

[...]l filosofico) forse anche eccessiva. Vedremo in seguito come è forse possibile colmare questa incompletezza, questa assenza.
3. Uno dei grandi temi presenti in tutto l'arco della ricerca di Althusser è rappresentato dalla questione del « giovane Marx ». Cioè da quel complesso di problemi di ordine storiografico e teorico, ma anche politico e ideologico, legato all'interpretazione, sia del significato che rivestono gli scritti giovanili di Marx (Ideologia tedesca compresa) all'interno dell'evoluzione del pensiero marxiano, sia dello statuto teorico di tali scritti e di alcuni concetti chiave in essi contenuti (lavoro alienato, il comunismo come umanismo, l'uomo totale, ecc.). $ un fatto che il dibattito su questi problemi (presenti nel marxismo occidentale con crescente fortuna sin dal periodo compreso tra le due guerre) rappresenta uno dei momenti centrali del confronto e della riflessione sul marxismo portati avanti dagli intellettuali marxisti e comunisti, oltreché da quelli (cattolici in prima fila) di altra formazione culturale, nella con[...]

[...]rtire dal tipo di connessione che egli stabilisce tra il xx Congresso e lo sviluppo dell'interesse attorno agli scritti giovanili di Marx. La connessione è la seguente: la critica del « culto della personalità » e delle « violazioni della legalità socia
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lista » da un lato, e, dall'altro, le varie interpretazioni umanistiche del pensiero di Marx elaborate a partire dai suoi scritti giovanili, sono espressione di una medesima ideologia. Dell'« ideologia giuridica e filosofia borghese », la cui struttura è caratterizzata dall'« opposizione della Persona (Libertà = Volontà = Diritto) e della Cosa » (EA, p. 16). Il xx Congresso, in altre parole, avrebbe favorito, con le proprie « pseudospiegazioni » interamente sovrastrutturali della deviazione staliniana, la diffusione nel movimento operaio delle interpretazioni ideologiche e filosofiche umanistiche del marxismo (umanesimo marxista, filosofia marxista dell'uomo, umanesimo socialista, umanesimo reale, ecc.). « Dopo il xx Congresso, un'ondata apertamente di destra si diffuse... Si strappò nuovam[...]

[...]mente sovrastrutturali della deviazione staliniana, la diffusione nel movimento operaio delle interpretazioni ideologiche e filosofiche umanistiche del marxismo (umanesimo marxista, filosofia marxista dell'uomo, umanesimo socialista, umanesimo reale, ecc.). « Dopo il xx Congresso, un'ondata apertamente di destra si diffuse... Si strappò nuovamente ai socialdemocratici e ai preti... lo sfruttamento delle opere giovanili di Marx, per ricavarne una ideologia dell'Uomo, della Libertà, dell'Alienazione, della Trascendenza, ecc.... L'ortodossia, come dice J. Lewis, ne fu quasi sommersa: non il `pensiero' di Stalin, che continuò, e continua da parecchio tempo, ad andare avanti indisturbato, nelle sue basi, nella sua `linea' e in alcune delle sue pratiche — ma proprio la teoria di Marx e di Lenin » (RJL, p. 103).
Che Althusser possa stabilire questo tipo di connessione tra due aspetti essenziali della congiuntura politica (il xx Congresso e la questione del « giovane Marx »), connessione in cui tra l'altro già opera evidentemente l'idea di un primato[...]

[...]piegare la storia e la politica a partire da un'« Essenza dell'Uomo ». Marx non parte dall'uomo e dal Soggetto (soggetto razionale, economico, morale, giuridico e politico), bensí dal modo di produzione, dalle forze produttive, dai rapporti di produzione, dalla lotta di classe, dalla sovrastruttura, ecc. Per Althusser, comunque, il carattere antiumanista della teoria marxista non esclude affatto l'assunzione da parte del movimento operaio di una ideologia umanistica (e con altri caratteri): l'ideologia è un fenomeno permanente della società (anche di quella comunista) con precise funzioni pratiche e l'atteggiamento nei suoi
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confronti va stabilito volta per volta con criteri strettamente politici (si può fare « Una (eventuale) politica marxista dell'ideologia umanista », PM, p. 206). Ciò che lo studioso francese combatte è dunque soltanto la riduzione del marxismo ad una ideologia umanistica, sia perché il marxismo non è un'ideologia (è una filosofia e una scienza della storia), sia perché tale riduzione farebbe cadere il marxismo sotto l'influenza dell'ideologia dominante, essendo l'umanesimo una componente essenziale dell'offensiva ideologica della borghesia volta a mettere da parte la lotta di classe in nome dell'Uomo. Ebbene questo gruppo di tesi che qui abbiamo assai schematicamente ricordato, e che si presentano sostanzialmente identiche in tutta la prima fase della ricerca di Althusser, sono elaborate dal filosofo francese proprio a partire dai suoi interventi sul giovane Marx. I quali, quindi, si presentano, da un lato, come rivolti contro le pseudospiegazioni del xx Congresso ed i fondamenti ideologici della « critica di destra » dello stalin[...]

[...]rima fase della ricerca di Althusser, sono elaborate dal filosofo francese proprio a partire dai suoi interventi sul giovane Marx. I quali, quindi, si presentano, da un lato, come rivolti contro le pseudospiegazioni del xx Congresso ed i fondamenti ideologici della « critica di destra » dello stalinismo, e, dall'altro, come una « difesa » della « specificità » e della « radicale diversità » del marxismo nei confronti delle forme essenziali della ideologia e della filosofia borghese, nonché, a partire dal 1970, anche nei confronti della scienza (tesi della specificità del marxismo come scienza rivoluzionaria). Tali interventi, oltre ad aprire una riflessione sulla ideologia in generale, ed in particolare sulla struttura di quella borghese sorretta dalla « filosofia classica » su cui dovremo ritornare, approdano a due ordini di risultati specifici, di carattere storiografico e teorico, di grande importanza: 1) la periodizzazione dell'evoluzione del giovane Marx e la spiegazione del significato teorico della fondamentale tappa di questa evoluzione rappresentata dagli scritti del 1845 (Tesi su Feuerbach e Ideologia tedesca) mediante la categoria filosofica di « rottura epistemologica »; 2) la definizione della deviazione staliniana come « recrudescenza » e « vendetta postuma » della tendenza fondamentale della ii Internazionale, l'economicismo, affermatasi nuovamente nel movimento operaio a partire dagli anni Trenta sotto la « copertura obbligata » dell'umanesimo. Lo stalinismo cioè come espressione nel movimento operaio della « coppia economicismo/umanesimo » che caratterizza nella sua intima essenza l'ideologia borghese dominante.
A questo punto si possono fare due osservazioni. La prima per sottolin[...]

[...]ottura epistemologica »; 2) la definizione della deviazione staliniana come « recrudescenza » e « vendetta postuma » della tendenza fondamentale della ii Internazionale, l'economicismo, affermatasi nuovamente nel movimento operaio a partire dagli anni Trenta sotto la « copertura obbligata » dell'umanesimo. Lo stalinismo cioè come espressione nel movimento operaio della « coppia economicismo/umanesimo » che caratterizza nella sua intima essenza l'ideologia borghese dominante.
A questo punto si possono fare due osservazioni. La prima per sottolineare che nella interpretazione del giovane Marx compiuta da Althusser si riflettono la svolta della congiuntura politica e la svolta della stessa ricerca dello studioso francese. In altre parole che si hanno due interpretazioni della storia di Marx e della « rottura epistemologica », le quali contribuiscono, a loro volta ed in modo profondo, a caratterizzare i due periodi principali in cui è divisa dall'« autocritica » la ricerca althusseriana: all'inizio di ognuno di questi due periodi si trovano infat[...]

[...]i della « rottura epistemologica » e quindi della storia e della periodizzazione di Marx. Nel primo periodo (non solo negli scritti compresi nel Per Marx: 196065, ma anche in Lenin e la filosofia: 1968) Althusser non vede le
« condizioni sociali, politiche, ideologiche e filosofiche » della « rottura epistemologica » e riduce questo evento ad un solo fatto interno al pensiero di Marx. Ne « constata » l'esistenza e da questa parte per definire l'ideologia come il regno dell'« errore », della preistoria del materialismo storico, e per concepire la nuova filosofia (il materialismo dialettico) come la conseguenza della fondazione di tale nuova pratica scientifica. Già Bachelard aveva scritto che la « scienza crea una filosofia » (La formation de l'esprit scientifique), e da Bachelard Althusser non trae soltanto l'idea di « rottura epistemologica ».
Il limite speculativo del primo periodo si manifesta quindi, sia nella interpretazione teoricista della « rottura epistemologica » (« Ecco ciò che mancava d'essenziale ai miei primi saggi: la lotta di[...]

[...]sprit scientifique), e da Bachelard Althusser non trae soltanto l'idea di « rottura epistemologica ».
Il limite speculativo del primo periodo si manifesta quindi, sia nella interpretazione teoricista della « rottura epistemologica » (« Ecco ciò che mancava d'essenziale ai miei primi saggi: la lotta di classe e i suoi effetti nella teoria », EA, p. 41), sia nella contrapposizione razionalista, « in generale », tra la scienza (« la verità ») e la ideologia (« l'errore »), sia, infine nell'appiattimento della filosofia marxista sulla scienza (la filosofia come « Teoria della pratica teorica ») e della scienza marxista (che è invece « rivoluzionaria ») sulla scienza in generale. Nel secondo periodo (cioè a partire dallo scritto Sull'evoluzione del giovane Marx, del 1970, e soprattutto nella Réponse à J. Lewis ed in Elementi d'autocritica, entrambi del 1972), Althusser si pone il problema delle « condizioni » della « rottura epistemologica », individuandole essenzialmente nel « cambiamento di posizione teorica di classe dell"individuo' storico Mar[...]

[...]asse dell"individuo' storico MarxEngels » (EA, p. 42). In questi
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scritti la « rottura epistemologica » è quindi preceduta e « comandata » dal passaggio di Marx (e di Engels) a posizioni politiche e ideologiche di classe proletarie e dal connesso mutamento filosofico rappresentato dal distacco nei confronti dell'antropologia filosofica di Feuerbach. Questo passaggio determina una rottura (rupture) ideologica nei confronti dell'ideologia e della filosofia borghese ed una richiesta, da parte di questa « rivoluzione filosofica », della « `rottura' (coupure e, in italiano, tra virgolette) epistemologica », dopo la quale soltanto è possibile il non ritorno alla filosofia della storia. « Dicendo: `la rottura epistemologica' è la prima, ed essa è nello stesso tempo `rottura' filosofica, commettevo dunque due errori. Perché, nel caso di Marx, la prima è la rivoluzione filosofica — e questa non è una 'rottura' » (RJL, p. 78). Non è piú la scienza a creare la filosofia, ma è questa, in posizione « centrale », e sotto la spinta della s[...]

[...]se all'introduzione ed all'uso che Althusser compie della coppia rupture/coupure che riassume per molti versi, mi sembra, le novità essenziali della svolta teorica rappresentata dall'« autocritica ». Innanzitutto occorrerebbe rilevare con precisione il significato teorico dell'introduzione di questa coppia di concetti: essa rompe definitivamente con l'epistemologia (speculativa, di stampo bachelardiano) come teoria delle differenze tra scienza e ideologia (in generale) ed al suo posto delinea lo spazio per una teoria materialista delle condizioni materiali, sociali, ideologiche e filosofiche della produzione delle conoscenze in grado di spiegare in modo non meccanicistico e sociologico (Althusser direbbe anche non « storicistico ») il « comando » del materiale sul teorico. In altre parole si potrebbe dire che si tratta del programma di un'epistemologia materialista. Si pone allora il problema del rapporto tra questa epistemologia ed il materialismo storico, da una parte, e la filosofia marxista, dall'altra. Ci sono, evidentemente, delle sovrap[...]

[...]itico, di classe) tra il passaggio di classe (proletaria) che costituisce l'iniziale modificazione pratica e la nuova scienza fondata (in questo caso il materialismo storico) che è « rivoluzionaria » (in senso di classe) e che costituisce il risultato teorico finale della successione temporale.
Ebbene, di per sé, la linearità temporale della struttura temporale del passaggio dal « materiale » al teorico e l'omogeneità di classe (proletaria) tra ideologia e scienza (entrambe « rivoluzionarie ») sembrano poter tendere, per un verso, a qualche forma di meccanicità causale, e, per l'altro, sembrano far risorgere dall'ombra del passato il motto « scienza borghese/ scienza proletaria », pur cosí efficacemente e ripetutamente criticate e derise dallo stesso Althusser che anche negli Elementi di autocritica lo definisce un'« impostura ». Contro queste tendenze opera la « topica », cioè la posizione della filosofia, opera la filosofia: in Althusser cambiano, e radicalmente, sia la posizione nella « topica », sia la concezione della filosofia, ma non m[...]

[...]ire un privilegio ed una eccezionalità (la filosofia è partecipe sia del pratico sia del teorico, e dei loro rispettivi oggetti), di fatto è anche assenza e debolezza. La filosofia non ha un proprio oggetto, né una vera
e propria autonoma proposta: le Tesi su Feuerbach si limitano ad « annunciare » una nuova posizione filosofica che gli scritti successivi non elaboreranno. Essa è essenzialmente criticità. È attraverso la critica filosofica dell'ideologia e della filosofia dell'uomo e della storia borghese che secondo Althusser si rendono « visibili » alla riflessione scientifica di Marx (ed Engels) i « meccanismi di dominio e di sfruttamento borghesi » (il nuovo oggetto) precedentemente « ricopertimascheratimistificati » (SEJM, p. 52). Le forme `forti' di questo oggetto (che la scienza borghese costituisce nell'Economia politica) per le posizioni di classe proletarie sono conquistabili su due piani, su quello pratico (ideologia e politica di classe) e su quello scientifico (la scienza « rivoluzionaria », il materialismo storico).
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[...]uomo e della storia borghese che secondo Althusser si rendono « visibili » alla riflessione scientifica di Marx (ed Engels) i « meccanismi di dominio e di sfruttamento borghesi » (il nuovo oggetto) precedentemente « ricopertimascheratimistificati » (SEJM, p. 52). Le forme `forti' di questo oggetto (che la scienza borghese costituisce nell'Economia politica) per le posizioni di classe proletarie sono conquistabili su due piani, su quello pratico (ideologia e politica di classe) e su quello scientifico (la scienza « rivoluzionaria », il materialismo storico).
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Al livello filosofico non esiste una forma accettabile di tale oggetto: i Manoscritti economicofilosofici del '44 permettono proprio di constatare l'impossibilità della forma filosofica della riflessione su tale oggetto (critica althusseriana dei concetti di lavoro alienato, ecc.). La filosofia quindi non entra in merito all'oggetto, non apporta (rispetto alla politica ed alla scienza) alcun contributo diretto alla sua definizione, non esiste un livello filosofico del[...]

[...]uolo » della contraddizione dominante è svolto dalla contraddizione tra forze produttive e rapporti di produzione.
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Tuttavia Althusser non si limita a compiere questa distinzione e ad utilizzare la « grande legge » del disuguale sviluppo delle contraddizioni (« spostamento », « condensazione » ed « esplosione »), la surdeterminazione ed il richiamo leninista all'analisi concreta della situazione concreta, ecc. per scardinare l'ideologia economicista. Egli di fatto non prende mai in considerazione la dominazione della determinazione in ultima istanza da parte dell'economia. Se ho ben capito, per Althusser la determinazione in ultima istanza della contraddizione tra forze produttive e rapporti di produzione si attua sempre attraverso il dominio di altre contraddizioni, di quelle che si determinano al livello del politico (o del teorico). « Come giustificare la necessità di passare attraverso il livello distinto e specifico della lotta politica se essa non fosse, benché distinta, e in quanto distinta, non il semplice fenomeno, [...]

[...]i produzione si attua sempre attraverso il dominio di altre contraddizioni, di quelle che si determinano al livello del politico (o del teorico). « Come giustificare la necessità di passare attraverso il livello distinto e specifico della lotta politica se essa non fosse, benché distinta, e in quanto distinta, non il semplice fenomeno, ma il punto reale di condensazione, il punto nodale strategico, in cui il tutto complesso (economia, politica e ideologia) si riflette? » (PM, p. 191). Indubbiamente in questo modo Althusser salva e consolida il carattere « motore » della contraddizione (politica).
Ma questo tipo di elaborazione come si colloca, che significato teorico possiede di fronte, ad esempio, al modo in cui Marx nella Prefazione a Per la critica dell'economia politica, cerca di definire il carattere determinante dell'economia? Althusser, lo si è visto, cerca di risolvere questa grossa difficoltà teorica del pensiero di Marx e del marxismo attraverso la distinzione antieconomicistica tra contraddizione dominante e contraddizione determin[...]

[...] scientifiche era pervenuta a due concetti di causalità: quella « transitiva » di Descartes (legata alla scienza di Galilei) e quella « espressiva » di Leibniz e poi di Hegel (legata al calcolo infinitesimale). In Elementi di autocritica Althusser rileva nella propria nozione di « causalità strutturale » un eccesso di « civetteria » nei confronti della terminologia strutturalistica, ed un'effettiva influenza della filosofia di Spinoza e non dell'ideologia strutturalista, e propone di esprimere lo stesso concetto, d'accordo con la « tradizione marxista », mediante quello di « causalità dialettica materialistica ». A me comunque sembra che su questo tema della determinazione in ultima istanza, a parte le differenze terminologiche e le precisazioni concettuali, la sostanza del ragionamento di Althusser non muti rispetto a ciò che ho cercato di sottolineare circa il tipo di critica antieconomicista che egli porta avanti negli scritti del Per Marx. A questo proposito si può infatti leggere in Elementi di autocritica: « Ma non si può neppure `metter[...]

[...]ppo attraverso la ricerca della filosofia di Marx,
e l'opera analoga che Lacan compie nei confronti del pensiero di Freud. Un'interpretazione degli anni Sessanta, in altre parole, non solo come del periodo del ritorno a Marx (Althusser, Della Volpe, ed altri), ma anche del ritorno a Freud (Lacan), come « ritorno », insomma, ai massimi teorici rivoluzionari del campo delle scienze umane.
Piú direttamente connessa alla ricerca althusseriana sull'ideologia (che vedremo nel paragrafo seguente) è l'idea che Freud avrebbe sottoposto ad una prova trasformatrice « una certa immagine tradizionale, giuridica, morale
e filosofica, cioè in definitiva ideologica, dell"uomo', del `soggetto' » (FL, p. 29). Questa idea viene particolarmente approfondita nello scritto del '76
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in cui Althusser affronta la questione delle « sorprendenti affinità » tra Marx e Freud. Tali affinità sono soprattutto le seguenti: il carattere conflittuale della teoria (quelle di Marx e di Freud sono verità che dividono: la storia del marxismo e della psicoanali[...]

[...](Marx ed Engels hanno « partecipato » alle lotte del proletariato, Freud è stato « educato » dai propri pazienti isterici); la critica del concetto tradizionale di « soggetto » (entrambi hanno criticato l'idea dell'« unità e dell'identità inseparabile di ogni coscienza » e della sua « funzione » unificante) .
La riflessione di Althusser insiste particolarmente su quest'ultimo aspetto: per il filosofo francese non è infatti la coscienza, bensí l'ideologia a costituire i soggetti. Se Marx, criticando l'economia politica, ne ha criticato anche la filosofia sottostante dell'uomo cosciente dei suoi bisogni come elemento primario di ogni società, la scoperta dell'inconscio critica l'idea della coscienza come base dell'unità morale e psicologica dell'uomo. Idea di uomo cosciente di sé di cui l'ideologia dominante ha assolutamente bisogno per poter imporre liberamente agli individui una determinata « forma di identificazione » per « giungere all'unificazione delle loro differenze concrete » e per consentire « l'egemonia delle forme materiali dell'ideologia dominante » (MF, p. 138).
7. Un altro grande tema presente in tutto l'arco della ricerca di Althusser è quello dell'ideologia, che viene trattato, come gli altri, in relazione alle lacune ed ai ritardi del pensiero di Marx e del marxismo. Se il problema dell'ideologia si presenta inizialmente all'interno della riflessione sul « giovane Marx » e strettamente connesso al concetto di « rottura epistemologica », esso è posto da Althusser, fin dagli scritti del Per Marx, sul piano piú generale della ricerca e della necessità di una teoria della natura e della efficacia specifica della sovrastruttura, e si specifica, piú tardi, attorno ai temi dello stato e del partito politico.
Althusser affronta la questione dell'ideologia e della sua presenza sotto molteplici aspetti. Rispetto alla filosofia tradizionale, quando sostiene che la filosofia classica borghese ri[...]

[...]i presenta inizialmente all'interno della riflessione sul « giovane Marx » e strettamente connesso al concetto di « rottura epistemologica », esso è posto da Althusser, fin dagli scritti del Per Marx, sul piano piú generale della ricerca e della necessità di una teoria della natura e della efficacia specifica della sovrastruttura, e si specifica, piú tardi, attorno ai temi dello stato e del partito politico.
Althusser affronta la questione dell'ideologia e della sua presenza sotto molteplici aspetti. Rispetto alla filosofia tradizionale, quando sostiene che la filosofia classica borghese riflette nelle proprie categorie il soggetto giuridicopolitico dell'ideologia borghese, in particolare quando essa definisce i termini del « problema della conoscenza », cioè delle garanzie e delle condizioni per cui un soggetto entra in rapporto ad un oggetto nell'atto conoscitivo. In questa ottica la filosofia classica appare caratterizzata e dalla riflessione sulla scienza moderna (i due tipi di causalità già ricordati), e dalla riflessione sull'ideologia del soggetto (il problema gnoseologico). In relazione alla scienza ed agli operatori scientifici, quando elabora le nozioni di « conoscenza come
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produzione », di « rottura epistemologica », di « filosofia spontanea degli scienziati » (temi che vedremo subito). Sul piano politico e della lotta di classe, quando parla di « ideologia dominante », di « ideologia piccolo borghese », di « ideologia proletaria ». Infine, ed è ciò su cui soprattutto mi soffermerò, sul piano della società e della storia, quando elabora gli elementi di una teoria in generale dell'ideologia dedicandovi uno dei suoi scritti piú interessanti e fortunati, Ideologia e apparati ideologici di Stato (1969).
Ai punti estremi della riflessione althusseriana su questi temi troviamo gli scritti raccolti nel Per Marx e Il marxismo oggi (1978). Nei primi il marxismo è visto (ad eccezione del saggio Sul giovane Marx, 1961) solamente come il risultato di una « rottura epistemologica » nei confronti dell'ideologia, la filosofia come determinata dalla fondazione della scienza, l'ideologia proletaria (meglio quella che la classe operaia si dà come piú utile alla propria lotta di classe) come una sfera a sé, mero limite negativo e deformazione della realtà di fronte alla verità della scienza, insieme di concezioni pratiche interamente subordinate alla tattica politica. In Marxismo oggi, lo si è già visto, si ammettono, invece, due forme del marxismo, quella « teorica » e quella « ideologica »: il marxismo è quindi anche, e non secondariamente, « ideologia marxista ». In questo scritto Althusser si pone dal punto di vista della fusione della teoria marxista e del movimento operai[...]

[...]glio quella che la classe operaia si dà come piú utile alla propria lotta di classe) come una sfera a sé, mero limite negativo e deformazione della realtà di fronte alla verità della scienza, insieme di concezioni pratiche interamente subordinate alla tattica politica. In Marxismo oggi, lo si è già visto, si ammettono, invece, due forme del marxismo, quella « teorica » e quella « ideologica »: il marxismo è quindi anche, e non secondariamente, « ideologia marxista ». In questo scritto Althusser si pone dal punto di vista della fusione della teoria marxista e del movimento operaio. Fin dall'inizio il marxismo, il « pensiero di Marx », non è separabile dalle esperienze, dalle lotte, dalle posizioni ideologiche della classe operaia: « il pensiero di Marx si è formato e si è sviluppato all'interno del movimento operaio, sulla sua base e sulle sue posizioni » (Mo, p. 112). Questo punto di vista è comunque già operante in alcuni scritti attorno al 1970, quando ormai il concetto di filosofia è definito dal filosofo francese a partire dal significato [...]

[...]giche della classe operaia: « il pensiero di Marx si è formato e si è sviluppato all'interno del movimento operaio, sulla sua base e sulle sue posizioni » (Mo, p. 112). Questo punto di vista è comunque già operante in alcuni scritti attorno al 1970, quando ormai il concetto di filosofia è definito dal filosofo francese a partire dal significato politico della sua funzione in seno alla teoria (già in Lenin e la filosofia, 1968) e la funzione dell'ideologia proletaria, dell'istinto di classe, è connessa positivamente alla fondazione del materialismo storico mediante la posizione centrale della filosofia posta tra la politica e la teoria (Sull'evoluzione del giovane Marx, 1970).
Di questi anni immediatamente precedenti l'« autocritica » vale la pena di ricordare anche alcuni eccessi, significativi anche se collocati in un periodo di riaggiustamento e di ridefinizione della problematica. Ad esempio quelli, di natura direi operaista, contenuti nella Introduzione al Libro del Capitale (1969), quando Althusser sostiene che « per comprendere il Capit[...]

[...]ngere a posizioni di classe proletarie, ciò è relativamente facile per gli operai... Poiché possiedono `per natura' un `istinto di classe' formatosi alla rude scuola dello sfruttamento quotidiano, è loro sufficiente un'istruzione supplementare, politica e teorica, per comprendere oggettivamente ciò che sentono soggettivamente, istintivamente » (Introduzione, p. 42). Il fatto
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è che la rivalutazione della funzione positiva dell'ideologia proletaria che Althusser compie in questi anni successivi agli avvenimenti del « Maggio '68 », e che in Elementi di autocritica gli permette di individuare il razionalismo della contrapposizione tra ideologia in generale e scienza in generale, e quindi di parlare di ideologia proletaria e di scienza rivoluzionaria, tutto questo introduce nel suo ragionamento la preoccupazione e la ricerca a tutti i livelli di una sorta di omogeneità e di integralità ideologica che solleva non pochi problemi ed altrettante perplessità.
In particolare sul piano della interpretazione della scienza del Capitale queste posizioni appaiono difficilmente conciliabili con le piú recenti affermazioni di Althusser circa il carattere finito ed aperto della scienza marxista, la quale per superare la propria « crisi » dovrà pure fare i conti con le altre scienze. Non solo, ma questo rigido fon[...]

[...]movimento comunista) sul piano della definizione e dello sviluppo di una strategia delle alleanze e della conquista del potere in grado di comprendere e di rispettare la complessità e molteplicità delle istanze e dei soggetti sociali, il pluralismo e la democrazia politica. Se nel primo periodo della ricerca di Althusser era il materialismo dialettico a fondare l'unità, l'autonomia e l'efficacia dello teoria marxista, nel secondo sembra essere l'ideologia proletaria a dover permettere le stesse cose. In questo modo, però, in entrambi i periodi permane una visione dell'autonomia e della specificità del marxismo in termini totali che condiziona comunque ogni tentativo di articolazione dell'unità della teoria. Totalità che nel primo periodo è raggiunta da Althusser a spese dell'ideologia (relegata sostanzialmente nel negativo e nel prescientifico), e nel secondo a spese della teoria, di cui si enuncia la finitezza e la crisi. Se l'integralità della teoria nel primo periodo aveva assunto la forma del razionalismo, nel secondo sembra assumere quella dell'operaismo. La debolezza di entrambe le soluzioni sembra risiedere nelle due concezioni della filosofia che le sorreggono. Le quali, in entrambi i casi, non riescono a risolvere il problema di una concezione del rapporto tra ideologia e scienza che permetta di pensare e la specificità e l'apertura effettiva del marxismo. Se ques[...]

[...] prescientifico), e nel secondo a spese della teoria, di cui si enuncia la finitezza e la crisi. Se l'integralità della teoria nel primo periodo aveva assunto la forma del razionalismo, nel secondo sembra assumere quella dell'operaismo. La debolezza di entrambe le soluzioni sembra risiedere nelle due concezioni della filosofia che le sorreggono. Le quali, in entrambi i casi, non riescono a risolvere il problema di una concezione del rapporto tra ideologia e scienza che permetta di pensare e la specificità e l'apertura effettiva del marxismo. Se questo è vero, allora in Althusser si riflette, irrisolta, la principale e profonda difficoltà teorica di Marx a pensare teoricamente il rapporto tra scienza e ideologia. Le due « forme » del marxismo, quella teorica e quella ideologica, anche nel pensiero del filosofo non si toccano mai.
Ma vediamo, i principali risultati conseguiti da Althusser nella ricerca sull'ideologia. Accenno all'analisi dei caratteri dell'« ideologia dominante », dell'ideologia che serve all'egemonia borghese, individuata essenzialmente nell'umanismo teorico. Non si tratta, naturalmente, di misconoscere i meriti storici della « grande tradizione umanistica » che ha saputo affermare, al

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l'inizio dell'era moderna, un'idea laica e terrena della dignità e della libertà dell'uomo contro la Chiesa e le ideologie religiose. Ciò che ad Althusser preme rilevare è l'origine e la funzione di classe di tale umanesimo (storicamente non separabile dalla borghesia in ascesa) che trova le sue espressioni piú elaborate nella « filosofia classica » e nell'ec[...]

[...] bisogni (homo oeconomicus), dei suoi pensieri (homo rationalis), dei suoi atti e delle sue opere (homo moralis, juridicus et politicus) » (EMP, p. 169).
In Filosofia e filosofia spontanea degli scienziati (1967), è introdotta la nozione di « filosofia spontanea degli scienziati » (Fss) per indicare il fatto che in « ogni scienziato vi è un filosofo che sonnecchia », come emerge in maniera spettacolare nei momenti di crisi delle scienze. Questa ideologia scientifica, che va distinta, sia dalla filosofia, sia dalla ideologia pratica (o concezione del mondo) dello scienziato, rappresenta l'idea che l'operatore scientifico si fa, spesso inconsapevolmente, della scienza e del proprio lavoro di ricerca. La FSS presenta due elementi che ne costituiscono il contenuto
« contraddittorio ». L'elemento I (credenza nell'esistenza della realtà oggettiva, nella oggettività della conoscenza, nel metodo scientifico) è di origine
« interna », ed è materialistico. L'elemento II è idealistico e di origine esterna, proviene cioè da tesi filosofiche elaborate al di fuori della pratica scientifica, e la cui funzione essenziale cons[...]

[...]vivono gli scienziati che conosciamo, vige tra materialismo e idealismo », e, quindi, non fa che riprodurre
« il dominio dell'idealismo sul materialismo » (PPss, p. 96).
La lotta di classe che si svolge nella società è quindi ben presente, attraverso il « rapporto di forza filosofico » che agisce attraverso l'intermediazione della Fss, anche nella ricerca scientifica. E, affinché tale lotta non si risolva quasi immancabilmente a vantaggio dell'ideologia della classe dominante, Althusser propone una « alleanza » tra gli operatori scientifici e la filosofia materialisticodialettica, la sola in grado di intervenire su tale rapporto di forza modificandolo a vantaggio del materialismo, cioè dell'elemento I.
Vediamo infine le tappe essenziali dell'analisi dell'ideologia in generale, analisi in cui lo studioso francese raggiunge i suoi risultati piú significativi.
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Nel 1961 (Sul giovane Marx) egli non fuoriesce dall'impostazione marxiana dell'Ideologia tedesca: piú tardi (1963) definirà egli stesso questa impostazione dall'ideologia. Il carattere essenziale di questa consiste nella « deforcentrale dell'articolo è quello della possibilità e della necessità della liberazione dall'ideologia. Il carattere essenziale di questa consiste nella « deformazione » della « realtà », nella risposta deformata ai problemi reali che essa rappresenta. Il ragionamento di Althusser si sviluppa mediante le coppie deformazione/realtà, ideologia/scienza (la filosofia è assimilata all'ideologia). La spiegazione e la storia dell'ideologia sono interamente fuori da essa, a lei esterne. Propriamente l'ideologia non ha storia: esistono solo la storia reale e la storia delle scienze. La liberazione dalla « cappa ideologica » avviene mediante un atto di cui Althusser non precisa la natura e che chiama metaforicamente un « cambiamento di terreno », e che, concretamente, storicamente, consiste nella « riscoperta » della « storia reale » e dei « problemi reali ». Fuori di metafora il cambiamento di terreno è la « rottura epistemologica » che nel giovane Marx produce la scienza del materialismo storico.
Tutto il ragionamento esposto non è altro che una concettualizzazione della storia del giovane Marx. Gi[...]

[...]e che, concretamente, storicamente, consiste nella « riscoperta » della « storia reale » e dei « problemi reali ». Fuori di metafora il cambiamento di terreno è la « rottura epistemologica » che nel giovane Marx produce la scienza del materialismo storico.
Tutto il ragionamento esposto non è altro che una concettualizzazione della storia del giovane Marx. Già nello scritto Contraddizione e surdeterminazione (1962) al tema della liberazione dall'ideologia subentra quello dell'esigenza dell'elaborazione di una teoria dell'efficacia e dell'essenza propria degli elementi specifici della sovrastruttura. In Marxismo e umanismo (1964), con cui si chiude il Per Marx, la riflessione è sostenuta da una concezione assai piú articolata della « totalità sociale » e l'idea della necessità della liberazione dall'ideologia è sostituita con quella della funzione permanente dell'ideologia nella società: « L'ideologia fa dunque organicamente parte, in quanto tale, di ogni totalità sociale... Soltanto una concezione ideologica del mondo ha potuto immaginare società senza ideologie... per il materialismo storico neppure una società comunista può fare mai a meno di ideologia... l'ideologia (come sistema di rappresentazioni di massa) è indispensabile ad ogni società per formare gli uomini, trasformarli e metterli in condizione di rispondere alle esigenze delle loro condizioni di esistenza » (PM, pp. 207 e 210).
Il problema della liberazione si trasforma in quello della scelta tattica dell'ideologia in base ai criteri imposti dalla lotta di classe. Quanto al tema della « deformazione », esso permane, ma è subordinato al carattere essenziale che ora Althusser intende rilevare nell'ideologia, cioè alla sua « attività ». È nella costituzione dell'attività degli uomini, nella rappresentazione delle motivazioni della volontà, che l'ideologia deforma immaginandolo il rapporto reale degli uomini con le loro condizioni di esistenza. Il rapporto immaginario /reale non è piú tra un interno ed un esterno (da conquistare mediante un « cambiamento di terreno »), ma è una contraddizione intrinseca all'ideologia stessa che si risolve mediante la subordinazione del reale
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all'immaginario, il quale esprime il senso della volontà e dell'attività dell'uomo. « Nell'ideologia il rapporto reale è inevitabilmente investito nel rapporto immaginario: rapporto che esprime piú una volontà (conservatrice, conformista, riformista e rivoluzionaria), e persino una speranza o una nostalgia di quanto non descriva una realtà » (PM, p. 209).
Da dove provenga questa volontà (i suoi meccanismi di formazione) che deve riempirsi, trasformandoli, di contenuti reali per 'esprimersi, non è detto da Althusser, il quale risolve il problema del rapporto tra ideologia e società mediante la categoria di « surdeterminazione ». « L'ideologia è allora l'espressione del rapporto degli uomini [...]

[...]è inevitabilmente investito nel rapporto immaginario: rapporto che esprime piú una volontà (conservatrice, conformista, riformista e rivoluzionaria), e persino una speranza o una nostalgia di quanto non descriva una realtà » (PM, p. 209).
Da dove provenga questa volontà (i suoi meccanismi di formazione) che deve riempirsi, trasformandoli, di contenuti reali per 'esprimersi, non è detto da Althusser, il quale risolve il problema del rapporto tra ideologia e società mediante la categoria di « surdeterminazione ». « L'ideologia è allora l'espressione del rapporto degli uomini col loro `mondo', ossia l'unità (surdeterminata) del loro rapporto reale e del loro rapporto immaginario con le loro reali condizioni di esistenza » (ibidem). Gli altri due caratteri dell'ideologia in generale che in questo scritto Althusser rileva sono il carattere « sistematico » degli elementi conoscitivi (rappresentazioni, concetti, miti, ecc.) che la compongono, ed il modo « inconsapevole » in cui la struttura dell'ideologia, in genere, si impone agli uomini.
In Ideologia e apparati ideologici di Stato (1969) per un verso sono ripresi e precisati alcuni risultati raggiunti in Marxismo e umanismo, e per l'altro introdotte nel proprio ragionamento alcune essenziali modifiche ed aggiunte. Dello scritto del 1964 è ripreso, prima di tutto, il concetto chiave di « rapporto »: nell'ideologia non si esprime una visione distorta e immaginaria della realtà, bensí il rapporto necessariamente « immaginario » dell'uomo con questa realtà. L'ideologia è ciò che permette di rappresentare l'investitura della realtà da parte della « volontà » e della « speranza », quindi una realtà in movimento (immaginario), intrisa di finalità e di valori, immediatamente posta in un orizzonte trascendente il dato di fatto, l'esistente, perché nella rappresentazione di questo vi include per definizione l'attività. Come dire, se nella scienza l'uomo è solo di fronte alla realtà, nell'ideologia egli è sempre in compagnia della propria speranza o della propria nostalgia. A sua volta la scienza dell'ideologia è ciò che permette di pensare questa compagnia, questa associazione, cioè questo rapporto. Una compagnia in cui l'uomo, tra l'altro, può associarsi agli altri uomini: le forme ideologiche di massa.
Ma in Ideologia e apparati ideologici di Stato (TATE) Althusser introduce delle novità rilevanti nel proprio ragionamento al fine di eliminare ogni separazione tra uomo e ideologia, e cíò in due sensi. Primo, l'ideologia non è piú soltanto la rappresentazione immaginaria del rapporto uomo/realtà, e quindi ciò che attiva gli uomini facendo loro immaginare i fini e le conseguenze dei loro atti, ciò che presuppone l'esistenza degli uomini. L'ideologia è esattamente ciò che costituisce questi uomini, i quali esistono solo in quanto soggetti ideologici. Gli uomini (o « individui concreti ») non esistono fuori delle ideologie, essi sono sempre (ancor prima di nascere) sog
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getti in una determinata rappresentazione del loro rapporto con la realtà: esistono soltanto i « soggetti ». Secondo, l'ideologia non è qualcosa di diverso dagli atti che il soggetto compie come prescritti e codificad dall'ideologia. Solo una concezione ideologica dell'ideologia può separare le idee dagli atti. Se l'ideologia è gli atti, allora si può parlare di « materialità » dell'ideologia. Se in Marxismo e umanismo era l'intrinseca sistematicità a sorreggere l'ideologia, ora questa sistematicità, nella sua materialità, è rappresentata e sorretta dall'unità (ideologica e, secondariamente, repressiva) dell'« apparato ideologico di stato » (scuola, chiesa, famiglia, partito, sindacato, ecc.) la cui funzione è la riproduzione di soggetti adatti alla riproduzione delle condizioni di sopravvivenza e di sviluppo della base economica.
In questo modo Althusser riesce a legare l'analisi dell'ideologia ad una teoria della natura e degli effetti specifici della sovrastruttura. Ma in che modo l'ideologia costituisce questi soggetti? Althusser chiama « interpellare » il meccanismo di costituzione del soggetto da parte dell'ideologia e dell'apparato ideologico di stato: « l'ideologia `agisce' e `funziona' in maniera tale che `recluta' soggetti tra gli individui (li recluta tutti), o `trasforma' gli individui in soggetti (li trasforma tutti) con questa operazione molto precisa che noi chiamiamo l'interpellare che possiamo rappresentarci nel modo stesso del piú banale interpellare poliziesco (o no) di ogni giorno: `Ehi, lei laggiú!' » (IAIE, p. 111). Althusser esemplifica il proprio ragionamento mediante l'analisi dell'ideologia religiosa del cristianesimo (ciò vale anche per tutte le altre ideologie: l'ideologia è « eterna » e tutte le ideologie possiedono un'identica « struttura »). Dall'analisi risulta che l'interpellare presuppone l'esistenza di un « Soggetto », « unico e centrale », che si autodefinisce tale (nel caso della religione cristiana è Dio), ed in nome del quale i soggetti sono « interpellati », divengono, cioè, suoi « specchi » e « riflessi »: uno sdoppiamento del Soggetto nei soggetti. Ciò comporta un assoggettamento di questi ultimi, il loro mutuo riconoscimento, e quello tra loro ed il Soggetto. Un assoggettamento di cui Althusser sottolinea il carattere spontaneo e « libero »: « l'[...]

[...]oro mutuo riconoscimento, e quello tra loro ed il Soggetto. Un assoggettamento di cui Althusser sottolinea il carattere spontaneo e « libero »: « l'individuo è interpellato come soggetto (libero) affinché si sottometta liberamente agli ordini del Soggetto, perché `compia da solo' i gesti e gli atti del suo assoggettamento » (TAIE, p. 119).
Per quanto riguarda la connessione che si può rilevare tra lo sviluppo della riflessione di Althusser sull'ideologia e la « svolta » nella congiuntura politica si deve almeno richiamare l'articolo su « La Pensée » nel 1969, A propos de l'article de M. Verret sur « Mai etudiant », in cui Althusser definisce il movimento degli studenti una « rivolta ideologica » di segno complessivamente progressivo che fa parte della lotta di classe internazionale contro l'imperialismo. Non è difficile, mi sembra, mettere in relazione questi giudizi politici con quelli contenuti in IAIE circa la « crisi » del principale apparato ideologico di stato della società contemporanea, la scuola:
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nella « rivolta[...]

[...]parte della lotta di classe internazionale contro l'imperialismo. Non è difficile, mi sembra, mettere in relazione questi giudizi politici con quelli contenuti in IAIE circa la « crisi » del principale apparato ideologico di stato della società contemporanea, la scuola:
LOUIS ALTHUSSER 439
nella « rivolta ideologica » degli studenti si manifesta la crisi dei meccanismi di riproduzione dei soggetti nella scuola e, piú in generale, la crisi dell'ideologia della classe dominante nell'intera società. Non si può infine non ricordare che in un recente scritto, Quel che deve cambiare nel partito comunista (1978), Althusser affronta il problema del funzionamento ideologico di un altro apparato ideologico di stato, il partito comunista, il quale costituisce i suoi iscritti in soggetti, i « militanti », sulla base di una ideologia che ne
garantisce l'omogeneità e l'unità. GIOVANNI MARI
NOTA BIOBIBLIOGRAFICA
Louis Althusser è nato il 16 ottobre 1918 a Birmandreïs, vicino ad Algeri. Compie gli studi elementari in questa città e quelli secondari (193036) a Marsiglia. Nel 1937, sempre a Marsiglia, fonda la sezione della Jeunesse Etudiante Chrétienne du Lycée du Parc. Due anni piú tardi è promosso al concorso dell'Ecole Normale Supérieure, Lettere. Nel 1940 è fatto prigioniero a Vannes in Bretagna; tradotto in Germania vi rimane prigioniero fino al maggio 1945. Durante gli anni 194548 è allievo all'E.N.s., rue d'Ulm a Pa[...]

[...]ano, Feltrinelli, 1969, pp. 36, 2326,
5365, 126127, 331361. 41. A propos de l'article de Michel Verret sur « Mai
Etudiant », « La Pensée », 1969, n. 145, pp. 314 (affronta gli stessi temi della lettera
del 15 marzo 1969, in n. 40, pp. 338361).. 42. Idéologie et appareils idéologi
ques d'Etat (Notes pour une recherche), « La Pensée », 1970, n. 151, pp. 338 (tr. it., « Critica Marxista », vin, n. 5, 1970; « Il piccolo Hans », n. 67, 1975; Sull'ideologia,
Bari, Dedalo, 1976). 43. Sur le rapport de Marx à Hegel (1968), in JACQUES
D'HONDT (a cura di), Hegel et la pensée moderne, Paris, n.u.F., 1970, pp. 85111 (tr.
it. in n. 49). 44. Lenin devant Hegel (1969), in W. R. BEYER (a cura di), Hegel
Jahrbuch 19681969, Meisenheim a. Glan, 1970, pp. 4558 (tr. it. in n. 49). 45.
Lettera al traduttore del 19. Gennaio 1970, in L. A./E. BALIBAR, Reading Capital,
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London, New Left Book, 1970, pp. 323324. 46. Foreword (1970), in L.A.,
Lenin and Philosophy and other Essays, London, New Left Book, 1971, pp. 79 (tr. it.
in S. Karsz, o[...]

[...]er), Paris, 1969 (tr. it., Milano, 1977); AA.VV., Structuralisme et marxisme, Paris, 1970; S. KARSZ ed altri, Lectura de Althusser, Buenos Aires, 1970; A. ROTES, Lectura de Marx por Althusser, Barcelona, 1971; 0. POMPEO FARACOVI, Il marxismo francese fra dialettica e struttura, Milano, 1971; A. SCHMIDT, Der strukturalistische Angriff auf die Geschichte, Suhrkamp Verlag, 1969 (tr. it. Milano, 1972); J. RANCIERE, La leçon d'Althusser, Paris, 1973; Ideologia e politica in Althusser, Milano, 1974; P.A. ROVATTI, Critica e scientificità in Marx. Per una lettura fenomenologica di Marx e una critica del marxismo di Althusser, Milano, 1973; AA.VV., Contre Althusser, Paris, 1974; S. KARSZ, Théorie et politique: L. Althusser, Paris, 1974 (tr. it., Bari, 1976); M. GLUCKSMANN, Structuralist analysis in contemporary social thougth. A comparison of the theories of C. LéviStrauss and L. Althusser, London and Boston, 1974; MACINTYRE TRISE, Althusser and Marxist theory, London, 1975; PROJEKT KLASSENANALYSE, L. Althusser, Marxistische Kritik am Stalinismus?, Wes[...]



da Alberto Moravia, Inchiesta sull'arte e il comunismo. Il comunismo al potere e i problemi dell'arte in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...] erotico. La natura regna nell'arte, non la società.
* * *
Quando tutto é stato detto sull'arte, l'ultima parola spetta pur sempre agli artisti. Il brodo di pollo non si fa se non c'é il pollo. In certi casi il pollo scappa sulla cima del campanile e la caldaia dell'acqua continua a bollire invano.
* * *
L'esame delle opere d'arte dei paesi comunisti rivela negli artisti una preoccupazione d'ordine pratico predominante: far la propaganda all'ideologia di stato, essere in regola con questa ideologia, non far nulla che possa suonare non soltanto come disaccordo ma anche come indifferenza a questa ideologia. Perché questa preoccupazione ci appare diversa da quella, poniamo, dei primitivi italiani i quali, tuttavia facevano arte cristiana e soltanto quella? Perché i primitivi italiani non potevano essere che cristiani, mentre i comunisti potrebbero ancora oggi essere o non essere comunisti. C'è, insomma, tuttora una possibilità di scelta e dunque, purtroppo, anche di coercizione. E basta l'ombra della coercizione per far sfumare la poesia. I comunisti dovranno conquistare il mondo intero prima di avere un'arte degna di questo nome.
***
La teoria della sovrastruttura dovuta al momento in cui Mar[...]

[...]galeotti, l'arte dei pazzi, l'arte dei ciechi, l'arte dei bambini e via dicendo. Ma la grande arte non é sovrastruttura, essa rassomiglia alla struttura, non ne deriva.
***
Il valore educativo dell'arte é enorme ma esso diminuisce nella misura che l'arte si allontana dalla natura. Bandite dall'arte la natura con le sue contraddizioni, la sua varietà, il suo capriccio, la sua libertà
e avrete un'arte priva di potere educativo, qualunque sia la ideologia che l'inspira. Allo stesso modo un soggiorno in riva al mare fortifica; ma un soggiorno in una stanza in cui sia dipinta una marina non fa alcun effetto salutifero.
Il collasso presente universale dell'umanità non è che il risultato di due guerre spaventose. Non c'è bisogno di essere grandi profeti per prevedere che tra un secolo o due, l'umanità avrà ritrovato un'immagine decente di se stessa. Intanto, pero, essa é simile a un ubriaco lordo
e insanguinato che si guardi in uno specchio e si meravigli di trovarsi tanto orribile. Secondo taluni essa dovrebbe continuare a guardarsi in questo s[...]

[...]caico greco? E che cos'è che garantisce vita eterna alla sovrastruttura? E perché la struttura transeunte é considerata più importante della soprastruttura che non lo è?
* * *
Le idee dei comunisti sull'arte sono giuste, chi potrebbe negarlo? Nello stesso termine di realismo socialista é contenuta una riflessione critica inoppugnabile: l'arte fu sempre realista o non fu affatto e inoltre essa fu sempre legata direttamente o indirettamente alla ideologia
A. MORAVIA IL COMUNISMO AL POTERE E I PROBLEMI DELL'ARTE 9
del momento. Il realismo è dunque inseparabile dall'arte, almeno da quella europea; l'ideologia anche. Che c'è dunque di strano che lo stato socialista chieda agli artisti il realismo socialista? Rispondiamo che la stranezza consiste nel fatto che, al contrario della Chiesa e d'ogni altro organismo totalitario del passato, lo stato socialista sappia tutte queste cose, cioè che abbia una coscienza critica e storica così sviluppata. In questo senso lo stato socialista, così intellettualistico e così pragmatistico, entra nella dialettica della decadenza alla quale pretenderebbe di sottrarsi.
Quando tutto é stato detto, bisognerà pur affermare che in realtà l'arte non interessa il comunism[...]

[...]talitario del passato, lo stato socialista sappia tutte queste cose, cioè che abbia una coscienza critica e storica così sviluppata. In questo senso lo stato socialista, così intellettualistico e così pragmatistico, entra nella dialettica della decadenza alla quale pretenderebbe di sottrarsi.
Quando tutto é stato detto, bisognerà pur affermare che in realtà l'arte non interessa il comunismo. E che questo sia vero lo dimostra la semplicità della ideologia marxista per quanto riguarda l'arte. Tanto più notevole se paragonata, poi, alla complessità delle teorie marxiste sui problemi sociali ed economici. Il marxismo non si interessa all'arte come, poniamo, non si interessa alla religione. La diversità di atteggiamento del marxismo di fronte all'arte e alla religione deriva dal fatto che, mentre il marxismo vuol soppiantare la religione, esso non vuole che servirsi dell'arte. E infatti tutte le teorie del marxismo sull'arte non tanto riguardano l'arte nella sua intimità quanto l'arte nel suo rapporto con la società e con lo stato, ossia, in altri[...]

[...]c'é infatti tra il realismo socialista e « l'artifice agreable » del poeta di corte di Luigi decimoquarto?
* * *
Ci si meraviglia che certi scrittori e critici d'occidente, di fede marxista, difendano l'arte dei paesi orientali che, a parere di molti, essi non potrebbero invece non giudicare assai severamente. E si parla in questi casi di disciplina di partito. Ma secondo noi si tratta invece di uno scambio avvenuto nel profondo dell'animo tra ideologia e realtà. Per i comunisti l'ideologia è la realtà, e quella che la gente comune chiama realtà non é nulla. Se la realtà non dà ragione all'ideologia, tanto peggio per la realtà. Né si potrebbe dar torto a quegli scrittori e critici comunisti, almeno da un punto di vista psicologico. Lo scambio di solito é avvenuto in loro in condizioni drammatiche che sono poi quelle di tutte le conversioni. In quei momenti, davvero, l'ideologia é la realtà; e se non lo é, la conversione non puó aver luogo. Più tardi, di fronte all'arte come a qualsiasi altra manifestazione o attività umana, ciò che avvenne con lacerazione e dolore al tempo della conversione, si ripete facilmente, in maniera quasi automatica.
* * *
Le idee dei comunisti sull'arte sono costantemente presentate in stretta correlazione con le loro teorie economiche e sociali e confuse con esse. Chi in parte o del tutto approva le teorie economiche e sociali del comunismo é portato così ad approvare anche le idee estetiche o per lo meno a considerarle con favore. Ma qu[...]

[...]e di poesia che seppi mettere nei miei ». Abbiamo nominato Tiziano per indicare un certo livello di maestria tecnica e di altezza di ispirazione; non per additare un modello irripetibile così in occidente come in oriente.
I comunisti non riconosceranno mai che le opere d'arte dei paesi orientali sono di scarso valore artistico. E come potrebbero? Essi non credono al vero bensì al verosimile, alla natura bensì alla ragione, alla realtà bensì all'ideologia, alla poesia bensì all'artificio, alla spontaneità creativa bensì alla volontà costruttiva. Essi faranno dell'arte certamente, un giorno o l'altro, ma loro malgrado e senza rendersene conto.
I comunisti sembrano propugnare un'arte classica. Diciamo « sembrano» perché nulla é sicuro in un regime così sicuro come la dittatura, sia pure del proletariato. Dunque, partendo dal presupposto marxista che ogni società nel momento della sua massima funzionalità e necessità storica esprime un'arte perfettamente oggettiva e completamente realistica, senza reticenze né compromessi, né evasioni, né parzia[...]

[...] di progresso. Dunque, una volta di più, niente poesia o non poesia, ma, ad un livello eguale di poesia, rappresentazione totale o parziale, classica o decadente. Ma la società comunista in quanto si vanta di essere l'erede di tutte le società della storia e il loro coronamento finale, dovrebbe dare origine all'arte più classica, più completa che si possa immaginare e questo indefinitamente e senza interruzioni di sorta. Si vede, così, come nell'ideologia comunista non c'è posto per le smentite anche minime della realtà. Tutto é tirato a fil di logica, tutto é razionale, il comunismo non può non produrre la società perfetta e la società perfetta non può non produrre l'arte più alta. In questa situazione l'artista che voglia discutere con il comunismo fa figura di avvocato dell'irrazionalità, ossia del nulla, per non dire del male_
Non si vede, perché, dopo avere accettato e confermato l'autonomia del fatto linguistico, quell'uomo di stato orientale non faccia lo stesso per l'autonomia del fatto artistico. Non se ne vede il perché sebbene lo s[...]

[...]a e completa espressività.
Il comunismo tenta di assorbire la cultura e l'arte dell'occidente nei. suoi uomini e prodotti migliori, in modo da lasciare alla borghesia soltanto gli uomini e i prodotti deteriori. Questo tentativo potrebbe anche riuscire. Ma resta dubbio che il risultato sarà quello che si aspettano i comunisti.
A. MORAVIA IL COMUNISMO AL POTERE E I PROBLEMI DELCARTE 15
singolare che nei paesi orientali, dove è predominante una ideologia storicistica, si abbia invece una concezione precettistica dell'arte. Ma queste sono le sorprese dello storicismo che finisce per mordersi la coda con la logica conclusione dell'avvento di una società senza storia. Dunque un'arte senza sviluppi, fissa ad un ideale immobile.
***
La forza della polemica comunista per l'arte sta, più che negli argomenti, nel carattere mortuario e suicidale di grandissima parte dell'arte dell'occidente. I comunisti hanno buon gioco a dimostrare che tale arte é l'espressione di un cupio dissolvi generale che non può non avere le sue origini fuori dell'arte medes[...]

[...] L'arte classica é, del resto, l'arte per eccellenza delle società che non si pongono ancora o non hanno ragione di porsi una questione sociale. La società comunista è, appunto, una di tali società, avendo risolto, una volta per sempre e con soddisfazione di tutti, la questione sociale.
* * *
I rapporti tra l'arte e la realtà, finché il comunismo é all'opposizione, potranno o dovranno essere determinati, per gli artisti di fede comunista, dall'ideologia marxista. Ma non si vede come questi rapporti, una volta il comunismo al potere, possano essere determinati dalla stessa ideologia. La quale é pur sempre un'ideologia di critica e di rinnovamento della società. Con il comunismo al potere, insomma, l'ideologia marxista, cessa di avere un valore ispirativo, sempre che si mantenga fedele a se stessa. Così il problema dell'arte con il comunismo al potere, é un problema di modificazione dell'ideologia marxista, modificazione tanto più difficile in quanto ogni ideologia vittoriosa tende afarsi dogmatica e precettistica.
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A. MORAVIA IL COMUNISMO AL POTERE E I PROBLEMI DELL'ARTE 17
Vediamo cosa avvenne con la rivoluzione francese. In un primo momento, prima della rivoluzione, l'arte é imbevuta di principi illuministici : la borghesia non é ancora al po[...]

[...]le. Nel primo momento abbiamo Voltaire, nel secondo Balzac. Ma per far questo la borghesia deve anche abbandonare le posizioni dittatoriali dell'illuminismo e disfarsi del Terrore, di Robespierre e anche di Napoleone. Naturalmente la rivoluzione russa é cosa assai diversa dalla rivoluzione francese; e il decorso da noi descritto, nel caso della rivoluzione russa, viene modificato da un fatto nuovo: il persistente carattere religioso assunto dall'ideologia marxista in Russia e nel mondo intero.
* * *
L'arte, ogni volta che viene a contatto con un'ortodossia, abbandona la critica di fondo della società e si limita alla natura, ossia a quanto nell'uomo é immutabile e immodificabile. Ma nel caso del comunismo, abbiamo questa singolare contraddizione: un'ortodossia che postula la mutabilità e modificabilità dell'uomo attraverso i cambiamenti sociali ed economici. Per questo, mentre da un lato l'ortodossia costringe l'arte ad abbandonare la critica della società, dall'altra l'accusa di non essere abbastanza impegnata ossia, come si dice, partitica[...]

[...]ore ma di parità.
***
In un suo discorso del 1937, Mao Tze Dun, cosí definiva il compito dell'arte: essa, qualunque sia il suo livello, deve lavorare per il popolo e soltanto per il popolo. Giusto concetto, ma chi dira all'arte in che modo essa deve lavorare per il popolo? Evidentemente non il popolo stesso il quale, per ragioni storiche, pub anche ignorare ciò che gli é utile, bensì i dirigenti che sono i depositarii e gli amministratori dell'ideologia dominante. Ed è qui appunto che sta il luogo debole dello schieramento dell'arte comunista. Perché l'ideologia comunista, nel suo autoritarismo, da una parte é tratta spesso a confondere ciò che é utile al popolo con ciò che é utile ai dirigenti; dall'altra non sembra, almeno per ora, in grado di elaborare una sua estetica (ivi compresa quella del realismo socialista) che possa resistere alla pressione degli eventi e non venga alla fine mortificata e sviata dalle esigenze utilitarie della dittatura e della guerra e ridotta così alla funzione di semplice strumento di controllo. In queste condizioni potrebbe anche avvenire che l'arte invece di lavorare per il popolo e soltanto per il popolo, si distacch[...]

[...]diamo: potete anche aver ragione, almeno per quanto vi riguarda, ma non vi accorgete che la vostra arte non può essere un'arma, uno strumento, un mezzo, perché è cattiva arte? Per la rivoluzione, un romanzo come Guerra e Pace farebbe più che una guerra vinta. Ma i vostri romanzi sono invece altrettante battaglie perdute. E non venite a dirci che non siamo in grado di apprezzarli. La forma, il contenuto dell'arte possono forse essere legati ad un'ideologia, non il suo valore. E questo valore, anche a volerne fare un mero valore di utilità politica, non c'è, dal momento che, appunto, i vostri romanzi non sono ammirati.
* * *
Il problema dell'arte comunista è strettamente legato alla questione della decadenza di tutte le arti in tutto il mondo. Questa decadenza si
A. MORAVIA IL COMUNISMO AL POTERE E I PROBLEMI DELL'ARTE 25
manifesta in occidente in maniera esplicita e in oriente implicita, ma dappertutto con la rozzezza e infantilità del mestiere dell'artista. Alla luce di questa decadenza generale vien fatto di domandarsi se la vera rivoluz[...]

[...]ati. Ma i comunisti immaginano che il
A. MORAVIA IL COMUNISMO AL POTERE E I PROBLEMI DELL'ARTE
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livello delle masse salirà indefinitamente. Purtroppo, però, quando il livello delle masse sarà veramente alto, bisognerà provvedere a far salire egualmente il livello degli artisti, diventato, nel frattempo, estremamente basso.
* * *
Il problema della realtà per uno stato che pretenda di essere in possesso della verità attraverso una sua ideologia, si pone in maniera molto semplice: é reale tutto ciò che risponde a quell'ideologia; irreale, ossia irrazionale, ossia negativo, tutto ciò che la contraddice. Insomma un artista che non piaccia allo stato, esce dalla realtà, avventura terribile per ora sfiorata soltanto dai romanzi avveniristici. il guaio si ò che spesso l'artista é nella realtà e lo stato invece ne é uscito. Ma per far rientrare un artista nella realtà basta una critica sfavorevole su un giornale ufficiale. Invece, purtroppo, per far rientrare uno stato nella realtà, non ci vuole meno di una rivoluzione.
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In fatto di romanzi sociali, nessuno ha mai scritto un romanzo così persuasivo come Germinal di [...]

[...]che questa disintegrazione poco ha a che fare con il fatto sociale. Essa é piuttosto un fatto biologico. I comunisti possono forse sopprimerla, non raddrizzarla. Quando la biologia bussa alla porta della storia, essa non si contenta di una rivoluzione. Essa chiede le grandi migrazioni dei popoli, le invasioni, i medi evi. E la storia compiacemente le dá quanto essa chiede, magari servendosi dei comunisti.
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I tuoi libri non rispondono alla ideologia dominante e dunque non li pubblichiamo. Ma io non posso fare a meno di scrivere in questo modo. Allora sei un traditore. Sono un traditore perché scrivo questi libri o perché non posso fare ameno di scriverli? Sei un traditore perché non puoi fare a meno di scriverli.
A. MORAVIA IL COMUNISMO AL POTERE E I PROBLEMI DELL'ARTE 29
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Che rapporto c'è tra il marxismo e l'arte cosidetta partitica? Nessuno a ben guardare. Il marxismo, con il suo determinismo brutale ma sano svelando il carattere, appunto, partitico, dell'arte borghese, in realtà contribuisce a purificarla, a liberarla, a raff[...]



da Roberto Guiducci, Pamphlet sul disgelo e sulla cultura di sinistra in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1955 - 11 - 1 - numero 17

Brano: [...]rattare alcuni temi piuttosto che altri, ecc.
Il discorso è sempre stato dunque discorso sui contenuti particolari, ben raramente, e mai a fondo, discorso sulle forme, cioè sulla organizzazione della cultura, soprattutto nei confronti dell'organizzazione politica (1).
(1) Qui conviene forse ripetere che, nel corso dello scritto, per politica e cultura di sinistra non si intendono due fatti diversi, ma due aspetti diversi di quell'unità che è l'ideologia. La differenziazione non è per contenuto od oggetto che è sempre il medesimo: la realtà economicosociale, ma per dinamica di ricerca, per modo di procedere nel proprio lavoro specifico. Se infatti per la politica l'ideologia deve essere sempre un tutto perfettamente concluso e coerente di fronte ad ogni atto, per la cultura l'ideologia è sempre il muoversi a un fine, ed i momenti del suo sviluppo possono essere anche a linee multiple, a indirizzi intrecciati, a prospettive complesse entro limiti molto articolati e vasti. L'unità dell'ideologia (quindi fra le due facce politica e culturale) non è, di conseguenza, un a a priori », ma un risultato cui sempre tendere in un processo « ad infinitum » in cui i due aspetti interagiscono dialetticamente fra loro scambiandosi, a reciproco vantaggio, i risultati via via conseguiti.
Il non rispettare i due aspetti dello svolgimento dell'ideologia significherebbe di volta in volta ridurla ad un solo termine: di qui, i casi estremi di un politicismo integrale o della pura astrazione.
L'equilibrio sta invece in una politica nutrita culturalmente e quindi atta all'intervento non intuitivo, ma rigoroso, ed in una cultura politicamente responsabile, e cioè determinata nelle sue possibilità d'orientamento e nelle sue scelte dalle necessità concrete della pratica.
E infine come per politica marxista si intende l'aspetto di intervento come somma
PAMPHLET SUL DISGELO E SULLA CULTURA DI SINISTRA 87
Naturalmente non abbiamo difficoltà a ricon[...]

[...] opportuna. Due sono gli opposti pericoli di affrontare in modo errato la questione, modi che rapidamente potremmo definire: « idealistico » e « cristiano D.
II primo pretende la minimizzazione dei fatti sul piano dell'ordinaria amministrazione o addirittura la svalutazione di esso. (La rivoluzione costa questo ed altro. Ma il fissare i limiti di costo alla stessa rivoluzione non è all'interno della problematica rivoluzionaria, non è parte dell'ideologia, non è l'umanizzazione della .freddezza del salto dialettico?). Per questo tipo di interpretazione gli errori cadono in certo modo fuori della storia, sono scarti, rottami. Ma qui la concezione idealistica prende la mano: la storia si riduce ad una parte della storia, quella positiva, lineare, coerente e con tutti i documenti in regola; l'altra si elimina, si liquida. I panni sporchi si gettano via, non si lavano neppure in famiglia.
L'altro modo, quello « cristiano », pretende invece la confessione dei peccati. Più che l'indirizzare in modo nuovo il lavoro, ci si preoccupa della dichiarazio[...]

[...]esarini e Onofri sul Contemporaneo approda a qualificarli quali: « tramonto dell'idealismo filosofico, attualità dell'antifascismo, bisogno di distensione ideologica ». Tre ovvietà, soltanto che si pensi ai tanti anni ormai trascorsi dopo la Resistenza e dopo la pubblicazione di Gramsci.
Le cose erano arrivate al punto in cui la borghesia italiana, che subito dopo il '45 aveva, insieme alle staffe, perso anche la capacità di offrire una propria ideologia, era riuscita a compiere un notevolissimo ricupero per prendere in contropiede il netto passo in avanti della classe operaia e contadina effettuato nel` dopoguerra con un imponente sviluppo quantitativo.
Di fronte al non indifferente bagaglio delle nuove sociologie, delle nuove tecniche economiche, delle nuove estetiche, delle nuove filosofie, sfornate da un lavoro collettivo soprattutto americano che non aveva mai visto l'uguale, ci si ritrovò balbettanti (non potendosi piú dinanzi ad una situazione di fatto giocare la rozza carta di dichiararne la nullità e l'inesistenza), provinciali, imp[...]

[...]uanto tale, come osso non frantumabile della storia, come Spirito hegeliano rovesciato e conficcato nella terra. Qui il lavoro degli intellettuali si rivela appunto decisivo. Mentre per i politici una parte non indifferente del loro compito si delinea nel tenere diplomaticamente la situazione ed anche, per quanto possibile, di sfruttarla, quello che si profila per gli intellettuali è di pensare criticamente tutta la propria
90 ROBERTO GUIDUCCI
ideologia, di riprendere i fondamenti per ripulirli dalle incrostazioni tattiche e provvisorie e per rielaborarli con modernità, senza concessioni; di esaminare le teorie dell'avversario non già per imitarle, ma per capirne il congegno e « girarne » i brevetti; e, soprattutto, di ricominciare a pensare « in proprio » con il coraggio della novità, dell'invenzione, della scoperta.
Dieci anni di dispersione e di mediocrità sono una grave perdita per il pensiero che„è, per sua natura, lento e faticoso. E il tempo stringe. Per questo con alcuni amici andavamo proponendo, prima del disgelo, la formazione di[...]

[...]ttici, agli adattamenti diplomatici. Non c'è nulla da dire, per fare un esempio, sul fatto che il dialogo politico sia largo, larghissimo, che scavalchi i socialdemocratici e gli agnostici per toccare i cattolici. Ed i politici hanno una qualche ragione sul piano strategico di stemperare un'antica, sterile durezza, senza forza di persuasione, per incontrare un maggior numero di persone dalle quali farsi capire. Ma non è possibile ammettere che l'ideologia marxista nel suo complesso possa seguire le linee tattiche fino all'ecclettismo (3). Mi
(3) È del 27 settembre 1955 questo episodio riportato dall'Avanti!: « Una notizia ha commosso l'opinione pubblica americana. 'A Mosca il pastore Alexei Karpov ha esortato dal pulpito alla preghiera: `II nostro compagno Bulganin, Presidente del Consiglio
. PAMPHLET SUL DISGELO E SULLA CULTURA DI SINISTRA 91
pare anzi che, proprio oggi, di fronte all'allargamento delle possibilità 'tattiche, il patrimonio ideale e morale del comunismo richieda in modo particolarmente sensibile le massime cure e sia, in ce[...]

[...]engelsiana della tattica, mentre si definisce da un lato la politica contingente come politica degli « acconti », si dichiara dall'altro, in modo apertissimo, il
92 ROBERTO GUIDUCCI
Ma é precisamente dentro lo Stato operaio in nuce che può cominciare un discorso non diplomatico sulla cultura di sinistra, collocarsi una dialettica feconda fra l'aspetto d'intervento (politico) e quello di elaborazione (culturale) di quell'unico complesso che é l'ideologia marxista. Senza aver affrontato, anche per linee grandissime e problema tiche, questi quesiti di fondo, crediamo che non abbia certamente ormai senso parlare di una « questione » della cultura di sinistra.
Questi quesiti vanno dunque, come stiamo vedendo, più in là dei vizî di costume degli intellettuali di sinistra dentro e fuori il partito, vanno ben al di là della loro timidezza e della loro testardaggine a non occupare le sedie che la storia ha predisposto per loro. Il fatto é che portare avanti il marxismo non è cosa di poco conto: è portare avanti una civiltà in mezzo ad una civiltà co[...]

[...]are a cavallo nella Luna. Chi arriverà prima? I sovietici o gli americani? Ma forse non ha ormai importanza. Andranno forse insieme?
Così le ideologie si disfanno e si fanno cronaca, e nel cuore scettico cresce lunga l'erba dell'opportunismo. Ognuno crede di giocare l'avversario nel tempo. Ma l'uomo alienato non ha pace nella pace. Chi muore di fame si vede rovesciata mostruosamente la garanzia della sopravvivenza biologica.
A questo livello l'ideologia torna vera. È la speranza. È ciò che fa dell'uomo alienato un uomo, malgrado tutto e subito, totale. È a questa base che occorre arrivare. Qui l'intransigenza conta, ed i « massimi morali u sono il minimo indispensabile per vivere, per non scadere a Lumpenproletariat. Qui politica e cultura sono organici, sono dentro l'uomo. Il loro senso é uguale e così il loro peso. Qui la rivoluzione ed i suoi principi primi hanno le loro radici.
Solo risalendo di qui (e molto) ritroviamo il gioco della tattica e la rarefazione della cultura. Che cosa riportare a questa base nel viaggio di ritorno? Può es[...]

[...] momento che camminare fosse già anche capire, anzi che il camminare francamente fosse l'unico modo di capire bene. Non disconosciamo questo fatto. Abbiamo soltanto scoperto che é più complicato. Ecco tutto.
Si continui dunque politicamente a camminare per capire bene, ma si riprenda anche culturalmente, moralmente, a capire per camminare bene.
Camminare con una civiltà nuova in mezzo ad una vecchia é certamente una grossa avventura. La nostra ideologia non era forse neppure completamente preparata per camminare con nuova civiltà in una pur nuova civiltà. Noi altri abbiamo una strada ancora più complessa, dunque. E può darsi il caso che la si debba percorrere senza traguardo per un tempo anche molto lungo. E ogni viaggio ha il suo rischio, ogni tentativo può culminare in una esperienza abortita. Che si arrivi non è detto. Non ci sono garanzie alle garanzie che la storia possa svol gersi, aprirsi in avanti. La forza delle cose non ci darà di più di quel che ci ha già dato. Ogni nuovo passo innanzi non potrà essere ottenuto che con precisa fat[...]

[...], strutturata in modo originale, diverso e lontano dalle forme organizzative della società borghese.
Gli intellettuali legati ad un tipo di organizzazione tradizionale ancora pienamente borghese non potevano essere (e non si sentivano) che degli alleati, un appoggio, una frazione di sinistra dei pensiero
96 ROBERTO GUIDUCCI
borghese contro il pensiero borghese di destra. Per questo ad essi era affidato soprattutto il compito dell'attacco dell'ideologia di destra, ma non quello della collaborazione allo svolgimento dell'ideologia di sinistra. Possiamo oggi vedere con chiarezza come molti intellettuali marxisti italiani (e noi fra essi) non hanno che in misura irrilevante giovato alla politica dei partiti comunista e socialista, preveduti i loro sviluppi, prevenute le deficienze, inseriti nuovi criteri tecnici.
La vera cultura di sinistra in Italia é stata nella quasi totalità quella elaborata da Togliatti, Nenni, Longo, Morandi, ecc.; quella degli storici, degli scienziati, dei filosofi marxisti é stata prevalentemente cultura alleata, cultura di sinistra verso la cultura borghese di destra, battaglia delle idee, non[...]

[...] comunisti, fra
Partitoe' « riviste culturali che si ispirano' al marxismo > (Rinascita,' So
cieth;'Critica economica, ecc.), fra « lotta politica » e (( lotta ideale ». Qui
100 ROBERTO GUIDUCCI
é l'imbocco di due strade. Se si partisse dal presupposto che la lotta politica è il tutto e la lotta ideale una parte (una sezione) relativamente autonoma, in realtà subordinata al tutto, il pericolo dell'« eccesso di politicismo » e lo scadere dell'ideologia nell'« ideologismo », di cui parlano con serena chiarezza M. Cesarini e F. Onofri nel Contemporaneo (« Un'esigenza comune », n. 31, 681955), sarebbero inevitabili. Se invece la distinzione ha un senso di pariteticità, consente il discorso, lo ascolta, é pronta ad una dialettizzazione, allora c'é da sperare bene, si può chiedere che la timida espressione usata si faccia concetto esplicito, atteggiamento, si irrobustisca organizzativamente, serva per l'avvenire.
Accenneremo più avanti al contenuto della « risoluzione ». Prima di tutto vorremmo fare una osservazione, che è anche la premessa al [...]

[...]ità, consente il discorso, lo ascolta, é pronta ad una dialettizzazione, allora c'é da sperare bene, si può chiedere che la timida espressione usata si faccia concetto esplicito, atteggiamento, si irrobustisca organizzativamente, serva per l'avvenire.
Accenneremo più avanti al contenuto della « risoluzione ». Prima di tutto vorremmo fare una osservazione, che è anche la premessa al discorso sul contenuto. In realtà i termini del problema dell'« ideologia dei monopoli » erano noti da anni anche in Italia.
Molti intellettuali di sinistra se ne erano occupati attivamente, tanto che fra gli studiosi più insigni della materia emergono alcuni professori universitari iscritti al Partita comunista. Ma ciò che più conta è il fatto che gli operai di diverse industrie italiane del Nord avevano cominciato nell'ultimo biennio ad avvertirne la pressione e a capirne il senso. Ma le vie di comunicazione per questo messaggio non erano aperte. Mentre già il fenomeno si sviluppava vigorosamente, non se ne prendeva ancora atto: una rigida visione attendistica d[...]

[...] competenza in qualcuno dei punti toccati, Ma allora il manifesto è ancora una volta strettamente politico, e non
culturale nel senso sopra accennato, cioè specialistico. '
Il fatto che non lo sia preoccupa, perché da un'analisi solo approssimata è difficile escano criteri di lavoro precisi ed efficienti. Quando si intravedono solo le ombre del nemico, è arduo combatterlo con efficacia (5).
Dunque d'accordo per una presa di posizione contra l'ideologia dei
(5) Tanto è vero che dopo una pur così considerevole presa di posizione capita di leggere sul Contemporaneo n. 35, 391955, nel pezzo polemico di L. LombardoRadice in risposta ad una critica di Alicata: e Oggi, i neopositivisti (e tra di essi, ricordiamolo, vi sono studiosi serissimi, e uomini vicini a noi sul terreno della lotta politica e di classe), ci dicono: `badate: noi abbiamo ristabilito il legame tra ricerca scientifica e meditazione filosofica che l'idealismo di Benedetto Croce (e di Giovanni Gentile) aveva spezzato. Voi studiosi marxisti commettete un errore combattendo contro [...]

[...]isogno di amicizie, e quanto più alto sarà il livello del partito amico, tanto piú alto potrà essere il suo prestigio. La richiesta di fedeltà quantitativa può spostarsi in richiesta di appoggio qualitativo. Ciò corrisponderebbe per la prima volta anche ai nostri interessi più diretti.
Ma non c'è da sperare in una libera corsa. Il limite delle nostre possibilità rimane: la pace americana conta sulla nostra immobilità.
Per questo rientrano nell'ideologia reazionaria la facile euforia autonomistica, le prime voci sullo scioglimento del Cominform, l'allegria turistica dell'eventualità di una facile estensione del passaporto ai paesi
106 ROBERTO GUIDUCCI
orientali. Se c'è un vantaggio per noi é di poter essere oggettivamente, per la prima volta, in grado di stabilire rapporti paritetici con l'URSS, di poter non sciogliere, ma fare una Internazionale a tavola rotonda (7), di abituarci a rapporti di rispetto, di scambio, di attenzione e non di potenza.
L'esenzione da un legame militare (e quindi gerarchico) sublima i vincoli. La media ponderale[...]



da Pietro Citati, Ideologia e verità in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 1 - 1 - numero 42

Brano: IDEOLOGIA E VERI TA
« En cette grande ville où je suis, n'y ayant aucun homme, excepté moi, qui n'exerce la marchandise, chacun y est tellement attentif à son profit, que j'y pourrais demeurer toute ma vie sans être jamais vu de personne. Je vais me promener tous les jours parmi la confusion d'un grand peuple, avec autant de liberté et de repos que vous sauriez faire dans vos allées... Le bruit même de leur tracas n'interrompt pas plus mes rêveries que celui de quelque ruisseau... »
Descartes a Balzac, Amsterdam, 5 maggio 1631
O vous tous, oubliez une croyance sombre. Le splendide génie éternel n'a[...]

[...]erula e provocatoria, troppo umile e troppo superba. Non si riesce mai a capire se si ami troppo o troppo poco. La sua massima astuzia é, probabilmente, quella di trovarsi francamente ripulsiva. O invece non le importa di suscitare consensi: accetta con animo egualmente grato gli amici e i nemici, i critici e gli apologeti, purché ammettano la sua esistenza, parlino continuamente di lei, la interpretino senza posa, e soprattutto le forniscano un'ideologia.
Parrebbe di vivere in un'età animata da uno straordinario fervore di idee, da una intelligenza inventiva e creativa, se le
IDEOLOGIA E VERITÀ 71
stesse cose aspirano alla luce della ragione. Ed é vero, invece, il contrario. Codesto lusso ideologico, codesta ricchezza interpretativa trionfano proprio in un tempo che ignora la vera novità ed intensità del pensiero. I sistemi e le ideologie di oggi riprendono
e riutilizzano, con una eleganza sovente pari soltanto alla loro debolezza speculativa, i relitti della cultura di quarant'anni or sono. L'epoca scorsa ha provveduto a pensare anche per noi.
Un tempo ogni pensatore affondava, con una tranquilla e matura persuasione, una ingenuità assoluta e a suo modo paradossale, ent[...]

[...]iasi idea precedente, attenti solo al ritmo pacato del proprio pensiero. Invece che speculativa, essa é naturalmente combinatoria. Non ha piú bisogno di quelli che un tempo chiamavamo filosofi; ma soltanto di interpreti del tempo, di saggisti, di chiosatori.
Codesta condizione può raggiungere, come nel caso di Theodor W. Adorno, uno dei cervelli più intelligenti e tentatori del nostro tempo, un fascino ambiguo e inquietante. Gelido fumista dell'ideologia, pasticheur virtuosissimo, stridula e acuto cancer tista di idee, Adorno impasta insieme senza fine Lukàcs e Freud, Nietzsche e Mann, Benn e La Rochefoucauld, Hegel e la sociologia. Dell'intelligenza non conosce né l'amore né la pazienza, ma soltanto la meravigliosa e penetrante forza dell'arbitrio. Tra le sue mani il morto eclettismo diventa stile; e la combinazione stri
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dente e grottesco pastiche intellettuale. Quello che lo salva alla fine, e lo rende di tanto superiore agli ideologhi del nostro tempo, non é la ricchezza delle idee; ma proprio la sua natura di artista, l[...]

[...]della nostra, che compaia sulla terra già protetta da qualsiasi ferita possibile, catafratta nella propria disumana efficienza, abituata a vivere e a prosperare nella morte come se fosse vita. Ma é possibile, io credo, avanzare una ipotesi meno spaventosa.
Nessuno poteva immaginare, cinquant'anni or sono, che nella civiltà di massa il pensiero avrebbe dimostrato di possedere una forza di penetrazione e di attuazione fino allora sconosciute. In
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vece di perdersi davanti alla violenza meccanica dei fatti, come prevedevano gli spiriti idillici ed utopisti, ora li domina, invece, li attrae a sé, o si adatta, si piega, ma per trasformarli e modificarli continuamente. Fragile, un tempo, lento a trasmettersi e ad agire, oggi si risolve e si incarna nelle cose con una straordinaria ed eccessiva facilità, sino a costituire la crosta apparente del nostro tempo. Lui che si nascondeva nel profondo, ora risplende e luccica in superficie: agisce senza posa, sotto gli occhi insensibili di tutti. Intanto la realtà sembra avere perduto [...]

[...]o la televisione, la letteratura commerciale o l'avanguardia — e sembri modificare la nostra vita associata, ecco che subito schiere di interpreti sono pronti a descriverli, a qualificarli, a storicizzarli. E di rado queste interpretazioni riescono arbitrarie, e mancano il segno. Sono, se mai, troppo vere, come se la stessa realtà quotidiana si offrisse spontaneamente in esame, e venisse fedelmente registrata e ricalcata nei grandi quaderni dell'ideologia. Questi neutri e fedeli negativi di idee, queste perfette e sbiadite decalcomanie non hanno mai, intorno, la ricca distanza, la generosa libertà e lo spazio inventivo che sono stati sempre necessarii alla vita del vero pensiero. Potrebbero pensarsi e svilupparsi da sé, senza conoscere autori. Non siamo ancora giunti a questa ultima perfezione: l'ideologia automatica, spontaneo e trasparente cellophane delle cose. Ma gli infiniti ideologi, dovunque diffusi, all'opera sui giornali, sulle riviste tecniche, negli uffici studio, che dedicano le loro fatiche a studiare i fenomeni del nostro tempo, sono già degli interpreti autorizzati e qualificati dalla stessa civiltà di massa. Non parlano mai a proprio
74 PIETRO CITATI
nome. Sono la voce delle cose: le prime, superficiali lacrimati rerum.
Troppo plasmabili, troppo plastici, capaci come mai di adattarsi e di combinarsi a vicenda, la realtà ed il pensiero sembrano sul punto di incorrere nella scl[...]

[...] come mai di adattarsi e di combinarsi a vicenda, la realtà ed il pensiero sembrano sul punto di incorrere nella sclerosi. Proprio questo mutamento ininterrotto, l'eccesso di storicità, la prontezza a diventare diversi, la continua successione di incarnazioni, la facilità apparente di capire e di ricevere, proprio questo vorticoso movimento si rapprende e si raggela, alla fine, nell'immutabile ripetizione. Continuamente sottoposte ad un bagno di ideologia, le case sono ricoperte di un lieve ma fermo sfrata trasparente di gela intellettuale. Intanto il pensiero si isterilisce, perde fantasia, naturalezza, rilievo. Tuttavia la sclerosi non è nella natura profonda della realtà quotidiana; ma, invece, nello sguardo che vede e non sa capire, nella proliferazione, nella sovrastruttura mostruosa di idee e di interpretazioni che si depositano sulla realtà. E, in una parola, nell'ideologia.
***
La fine dell'ideologia l'ha decretata la civiltà di massa, che sembrerebbe invece favorirla. Nel momenta che ne produce una quantità straordinaria, quasi fosse un oggetto di consumo, e se ne serve come armatura del suo evanescente ed irreale edificio, ecco che la distrugge come strumento di verità. A che scopo gli scrittori e gli intellettuali dovrebbero fornire altre dosi di cultura ideologica al nostro tempo, quando essa nasconde ed ottenebra, invece di illuminare? Si dice che, abbandonato a se stesso, senza questo continuo .controllo intellettuale e morale, il nostro tempo perderebbe ogni freno, precipitando nel[...]

[...]talità meccanica. Sa badare così bene, invece, alla propria coscienza. Conosce i pericoli e le crisi che lo minacciano. Si confessa continuamente, mosso a suo modo da un sincero amore di bene. E pronto, con la massima buona volontà, a correre ai ripari, a cercar garanzie, a trovar compensi ed equilibrii. Non c'è davvero — lo dico senza alcuna ironia — da preoccuparsi per la sua salute.
Potesse almeno servire a qualcuno questa nobile e continua
IDEOLOGIA E VERITA 75
azione di polizia pedagogica. Ma dopo mezzo secolo che gli intellettuali puntano gli occhi vigili ed acuti sulla realtà meccanica che avanza, e le disputano qualsiasi angolo o frammento di terreno, nemmeno un'anima, io credo, è stata strappata alle noiose tentazioni del mostro. E, come si poteva immaginare, é accaduto esattamente il contrario. Il mostro ha assorbito i suoi critici. Ossessionati, logorati, limitati dalla lotta che stavano conducendo, codesti scrittori ed intellettuali sono divenuti prigionieri del loro amato nemico, presi in quei perfetti ingranaggi, dominati e sv[...]

[...]mmeno uno. Solamente un grande scrittore racchiude in sé tanto coraggio, una tale fantasia e ricchezza vitale. una così enorme comprensione, un disprezzo e un dominio di sé così assoluti, da poter ricominciare ogni mattina quest'esercizio di ironica ed ascetica finzione. Il grande scrittore é capace di sospendere, per un momento, il lavoro della propria intelligenza: si rifiuta di coordinare ed illuminare i rapporti che corrono fra le cose; per
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capire, rinuncia a capire. Si costringe a non guardare più lontano del proprio naso, tuffa i propri occhi da talpa nell'indifferente groviglio umano, rifiutando di andar oltre, di trarre conclusioni, di affermare verità. Seconda lo spirito di identificazione che lo spinge ad esplorare profondamente la realtà, non esistono mai due cose, al mondo, assolutamente simili fra di loro.
« Cosa è l'immaginazione — scriveva Berenson — se non il senso vivo e spontaneo di tutto se stesso al posto di un altro ? L'immaginazione non é altro che la facoltà di sentire in se stessi quello che l'o[...]

[...]ere quello che sono: frammenti, strumenti destituiti di valore. Gli scrittori potranno allora continuare ad aggirarsi, fra l'enorme frastuono delle nostre città, la dispersione, la confusione, la perdita di tempo e di calma, con la stessa libertà e la stessa quiete che accompagnavano il giovane Cartesio fra i grandi traffici e le strade popolose di Amsterdam secentesca.
***
Soccorsa dalle sue agili, brillanti ed acute antenne interpretative, l'ideologia pretende di raccontarci la storia dei progressivi mutamenti, delle lente o violente alterazioni, che hanno trasformato l'uomo moderno in una creatura senza paragone possibile con quelle che lo precedettero sulla terra. Proviamoci per un momenta a darle ascolto. Proviamo ad accettarne le conclusioni, anche se ci troveremo naturalmente fra le mani un fantoccio simbolico, uno schema umano, invece che una figura viva, vera e reale.
La forza violenta e tumultuosa della vitalità ha abbandonato, secondo l'ideologia, l'uomo moderno. O, per meglio dire, non é più sua, non é più privata: si é trasferi[...]

[...]enti, delle lente o violente alterazioni, che hanno trasformato l'uomo moderno in una creatura senza paragone possibile con quelle che lo precedettero sulla terra. Proviamoci per un momenta a darle ascolto. Proviamo ad accettarne le conclusioni, anche se ci troveremo naturalmente fra le mani un fantoccio simbolico, uno schema umano, invece che una figura viva, vera e reale.
La forza violenta e tumultuosa della vitalità ha abbandonato, secondo l'ideologia, l'uomo moderno. O, per meglio dire, non é più sua, non é più privata: si é trasferita, impersonalmente e astrattamente, nei grandi schemi collettivi, fra le folle delle officine, fra le masse organizzate dai partiti, nei riti sportivi, nelle manipolazioni della tecnica pubblicitaria. Il fatto individuale del vivere ha finito per perdere il suo contenuto quotidiano ed oggettivo: significa, ormai, essere, od esistere. Pensiamo invece al personaggio di un narratore dell'Ottocento, che viveva cosí oggettivamente e concretamente, da possedere la propria vita. Era, senza riserve, quello che faceva[...]

[...] od esistere. Pensiamo invece al personaggio di un narratore dell'Ottocento, che viveva cosí oggettivamente e concretamente, da possedere la propria vita. Era, senza riserve, quello che faceva. Possedeva il proprio corpo, i propri sentimenti, i propri gesti, il cibo di cui si nutriva, i paesaggi o i quadri che ammirava, le parole che scriveva o stava pronunciando. Per i propri beni nutriva l'attaccamento incondizionato ed esclusivo che si prova
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per una realtà assolutamente personale. La casa, la terra, i marenghi d'oro non sono, per Goriot o il vecchio Karamazov, delle cose, ma dei brandelli dolorosi e sanguinanti di carne. In quegli oggetti essi hanno furiosamente trasferito, scaricato e consolidato la loro vitalità, trasformandoli in vivi prolungamenti di energia fisica. Essi diventano quello che possiedono. Ad ogni marengo che Goriot mette da parte, o che Karamazov dilapida, la loro figura psicologica cresce di volume, acquista statura e rilievo. Oggi, invece, tra il proprietario e la proprietà regna l'indifferenza, [...]

[...]si, essi hanno innanzitutto bisogno, per essere intesi, di una psicologia che sappia cogliere il valore delle nuances.
***
Con quali strumenti psicologici, con quali disposizioni analitiche ci avvicineremo al mitico abitante delle villette? La psicologia moderna ha asató l'inosabile, ha accolto tutti i contenuti, ha tentato .tutte le tecniche, e sembrerebbe che nessunsentimento debba mai riuscirle difficile o alieno. Quanto alle nuances, poi,
IDEOLOGIA E VERITÀ 81
è nata con loro; e ha talmente sacrificato al loro valore conoscitivo, da dissolversi nell'indistinto. Dopo due secoli di analisi infinitesimali, di furibonda investigazione attorno alle gradazioni e ai passaggi impercettibili, di scavi in zone fino allora proibite, il narratore moderno si trova immerso in una immensa ricchezza di reazioni psicologiche pure, in un infinito conglomerato di sfumature. Chi vorrebbe negarlo? Ma dimentichiamo di aggiungere che i creatori della psicologia moderna lavoravano d'après nature, descrivevano acutamente le sfumature, abbondavano nelle mezzeti[...]

[...]arte a disporre di un materiale umano arcaico, colorito e violento come quello del Palazzo dei Pescicani o degli Ori, a via Merulana. E Pasolini continua a cercare i suoi contenuti ai margini condannati dalla storia, rovesciando le lenti ossessive e meticolose del proprio cannocchiale sugli opposti idillii peccaminosi del Friuli e delle informi borgate romane.
La civilta del ventesimo secolo é tuttavia così livellata ed uniforme come pretende l'ideologia ? È proprio questa ipotesi che uno scrittore di temperamento grottesco od espressionistico non vorrà mai accettare. L'uomo delle villette, l'irreale e sensibile, grazioso e delicato possessore di elettrodomestici non é per lui che una ipotesi inesistente e soprattutto noiosa; o nasconde invece le più folli possibilità di ironiche contraddizioni. L'idea della realtà moderna alla quale egli obbedisce è, difatti, completamente diversa. Mai come oggi il mondo avrebbe esaltato l'antitesi, sottolineato gli estremi, enfatizzato i contrasti, proprio perché avvicina e confonde insieme costumi e gusti [...]

[...]ssore di elettrodomestici non é per lui che una ipotesi inesistente e soprattutto noiosa; o nasconde invece le più folli possibilità di ironiche contraddizioni. L'idea della realtà moderna alla quale egli obbedisce è, difatti, completamente diversa. Mai come oggi il mondo avrebbe esaltato l'antitesi, sottolineato gli estremi, enfatizzato i contrasti, proprio perché avvicina e confonde insieme costumi e gusti affatto dissimili, imponendo a tutti
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le medesime vesti. Che i ragazzacci di Pietralata indossino gli stessi bluejeans degli amabili ragazzetti americani: che le stesse canzonette e i medesimi films trionfino a Londra e a Bagdad, mentre i cuori e le menti rimangono ancora talmente diversi — questa assurda e paradossale compresenza dovrà per forza suscitare le tensioni più violente, stridenti e grottesche. Viviamo in un mosaico, in un coacervo di sentimenti e di culture, nella mescolanza continua dei più estremi contrasti. Il barocco sembra la vocazione spontanea del nostro secolo. A codesta ipotesi affascinante e ric[...]

[...]simpatie naturali.
Non so se queste contraddizioni rappresentino tuttavia qualcosa di più di un fiorito e spettacoloso caleidoscopio. La verità essenziale, il fuoco umano e doloroso non starà forse di là da queste apparenze, le quali intanto cadranno via via, mentre insieme ai bluejeans anche i cuori e le menti diventano simili in tutto il mondo? E codesta ricchezza di contrasti superficiali non costituisce propriamente il regno prediletto dell'ideologia? È presumibile, difatti, che col passare degli anni la parte del falsetto, l'amore ironico ed acre per la contraddizione verrà sovente riservato, come già sta accadendo, agli scrittori più legati al costume e, in una pa rola, alla letteratura di consumo.
Certo Vladimir Nabokov, e il suo romanzo Lolita, sembrerebbero star li a dimostrare proprio il contrario, che invece la civiltà delle villette a due piani, dei motels e dei campeggi, della psicanalisi e della letteratura cosmopolita, continua a provocare, in scrittori fumisti e poliglotti, egualmente devoti a Fiodor Dostojevskij, a Marcel Pr[...]

[...]penda storia d'amore sarebbe altrimenti rimasta senza spunto. Ma le droghe non sono permesse in letteratura. Nonostante tutto, Lolita é piuttosto un grande avvenimento letterario che un capolavoro. Provocato artificialmente, il grottesco rischia di rimanere ad ogni passo sospeso nel vuoto, senza materia, meravigliosamente trascritto e lavorato di seconda mano.
***
Continuiamo ad assumere per buono il figurino simbolico dell'uomo di oggi, che l'ideologia ha così brillantemente ritagliato e descritto. La gamma dei suoi sentimenti e delle sue emozioni é dunque divenuta più povera e più ristretta: intere zone del suo animo stanno cedendo ad una esperienza che si raccoglie, via via, attorno al proprio nucleo. Sembra che la stessa vita si sia assunta il compito a cui un tempo adempivano gli scrittori: lascia cadere tutti i sentimenti secondari, abolisce il corpo, le circostanze, i tempi, esige l'essenziale, illumina soltanto il nascosto centro del cuore. Ma la psicologia non ha bisogno, per svilupparsi e fiorire, di un campo vastissimo e contraddi[...]

[...]o concentrare il fuoco della propria attenzione su di un solo punto, trascurando ogni possibile e curiosa deviazione, ma illuminando di una luce spietata quell'unico centro sentimentale.
L'uomo moderno probabilmente richiede, per essere rappresentato, una attitudine psicologica infinitamente più antica di quella che ci ha suggerito il secolo scorso. Invece di sottolineare gli estremi, invece di tendere all'enorme o al violentemente realistico,
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l'artista moderno dovrà piuttosto disporre di quella magica intuizione, di quel tocco fuso e vellutato, di quella scienza sicura e spontanea delle sfumature alla quale i classici davano il nome di natura. I nostri paesaggi urbani e suburbani potranno sembrare, a qualcuno, senza cime e senza sorprese. Ma chi muova su quelle superfici uno sguardo acuto ed attento, robusto e discreto, scostando a poco a poco le apparenze, utilizzando volta a volta la loupe grandissante e la tenue ombreggiatura, alternando senza parere la pazienza inflessibile della esagerazione e la umana violenza d[...]

[...]nato, al loro posto, un enorme vuoto, una muta ossessione visiva; o corrodono appena le cose, scrostano la vernice di un muro, allungano un'ombra fredda sulle pareti. Nemmeno le cose esistono piú. Soltanto la loro astratta impronta geometrica, o la loro ombra, continua ad incidersi nello spazio, come la macchia irregolare che segna per sempre, sulla parete, l'impronta del grosso millepiedi schiacciato dal tovagliolo di Frank. Non si é molto lon
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tani dal tentativo di Joyce, nei racconti piú scarni ed impartecipi dei Dublinars. Di suo RobbeGrillet ci ha aggiunto specialmente l'abilità diabolica del congegno, e quella specie di folle ascetismo avanguardistico, per cui la poesia viene a coincidere interamente con le trovate tecniche, con le formule che si vengono man mano inventando. Ma quanto a fare di questa formula quella stessa della narrativa moderna, l'unica arte possibile in un mondo dove la psicologia sarebbe scomparsa, non é nemmeno il caso di parlarne. Sono quei discorsi che passano gli anni, la vita continua e mu[...]

[...]velto e dinamico. Alla società letteraria consente di vivere, ma a patto che rimanga ai suoi servizi, e infiori di trovate i suoi brutali procedimenti.
Stiamo andando incontro ad una progressiva e violenta diminuzione, per non dire ad una scomparsa, degli uomini di cultura e dei letterati. Il moderno amante delle lettere, il curioso, il « lettore », come Valery Larbaud definiva se stesso, subirà forse le sconfitte più gravi. Molta della odierna ideologia é condannata al medesimo destino; o verrà, come dicevamo, fornita
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fisicamente dalla società stessa, secondo una specie di autoproduzione, alla quale, col tempo, le macchine elettroniche sapranno certamente bastare. Gli scrittori finiranno di esistere come scrittori, perdendo quella funzione politicosociale, tra di vati, interpreti del tempo ed utopisti, della quale li aveva investiti la società letteraria del Settecento e dell'Ottocento. Non c'è bisogno, a questo proposito, di avanzar profezie. Già oggi gli intellettuali come gruppo non contano piú nulla; ed é perfettamente inutile tentar di protestare o di ribellarsi contro questa evidente sen[...]

[...]io, sperando che vincesse con l'ironia e l'intelligenza diabolica la inibizione dell'artista moderno a produrre un'arte naturale ed ingenua. L'artista di oggi, di fronte al quale Levekühn sembra quasi un remoto antenato, non può credere nemmeno nel diavolo; e non ha ispirazioni e rimedii, non conosce droghe ed eccitazioni fuori di sé. Gli espedienti che il demonio di Mann aveva consigliato a Leverkühn sono entrati, uno per uno, a far parte della ideologia, la quale é per l'appunto ironica, intellettualistica ed ambigua, capace di orchestrare pastiches e mistificazioni quasi con la medesima sapienza con la quale Mann aveva trascritto, da uno spartito vuoto, la musica dell'Apocalypsis cum figuris. Ma é una sapienza convenzionale: prodotta in serie. Oggi il demonio non rende: continua come prima a richiedere l'anima, ma non ha nulla da concedere in cambio. Meno che mai l'ispirazione. In fondo é un povero tentatore, con la mentalità e i mezzi intellettuali di un agente letterario. Mentre il vero tentatore, il demonio salutare e benefico, colui che[...]

[...]a nulla da concedere in cambio. Meno che mai l'ispirazione. In fondo é un povero tentatore, con la mentalità e i mezzi intellettuali di un agente letterario. Mentre il vero tentatore, il demonio salutare e benefico, colui che sa creare per fede o per ironia, è di nuovo il poeta con la sua sapienza ricca e complicata, che non ha bisogno di espedienti e di trovate, né di provocare l'odore di zolfo. Lo scrittore ha cominciato a riprendere e a rias
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sumere in sé la parte che per tanto tempo aveva gestito il demonio, tornando una figura completa ed intera, sanando la vecchia lacerazione romantica. Non vorrei affermare che questo processo sia ormai veramente compiuto. $ la società stessa, dal momento che ha ingoiato ed assimilato il diavolo, ad imporla ad ogni scrittore.
Mai la fatica degli scrittori è stata, come oggi, disumana e quasi impossibile. Ricoperta dai rottami convenzionali delle ideologie, la realtà sembra, a prima vista, senza rilievo, senza appigli, liscia, uniforme, tendenzialmente nemica di chi vuole esprimerl[...]



da (Nove domande sullo stalinismo) Arturo Carlo Jemolo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: [...]ettica e del salto qualitativo, afferma la trasformabilità qualitativa dei conflitti dopo averli identificati, nelle società classiste, come conflitti di classe. Si che la 'volontà generale' liberale è sintesi astratta (le souverain) mentre quella marxista è, almeno tendenzialmente, concreta, cioè tendenzialmente unanime. Questa pretesa marxista sembra uscire sconfitta dall'età stalinista; l'unani
ROBERTO GUIDUCCI 55
4) Per un linguaggio (e un'ideologia) socialista.
Purtroppo gli Atti del XX Congresso del PCUS non offrono un discorso chiaro sui pur tanto cruciali punti toccati, e diremmo, anzi, che se tutto il Congresso rappresenta un termine di passaggio che codifica, come vedremo meglio più avanti, tutta una serie di provvedimenti empirici, esso sottintende sempre una nuova impostazione ideologica, ma non la esplicita o non vuole esplicitarla.
Il vizio rilevato, in quasi tutti gli interventi, di giustificare posizioni nuove con citazioni vecchie é, viceversa, ancora prati
mità stalinista era infatti una caricatura e le elezioni al 99,99[...]

[...]azione moderna. Sopra il duello fra novatori ed eventuali resistenti sta la ben più fragorosa battaglia celeste fra le figure mitiche di Lenin e di Stalin. Ed in questo senso, accanto alla denuncia degli errori d'ortodossia, sta una serie di premurose raccomandazioni a non ideologizzare, a non staccare la teoria dalla pratica, ad occuparsi del concreto. Questo fatto da un lato apre una possibilità positiva: il far cessare l'uso confermativo dell'ideologia ortodossa e classica, come copertura di una realtà tattica, mobile, eterodossa che non le corrisponde, ma dall'altro rischia il ripiegamento empiristico, minuto, contingentistico, ancora tanto poco libero da aver bisogno di altri, anche se diversi, e più ampi, aiuti classici. Così di volta in volta ci si copre ancora con una figura: Marx giovane, Marx vecchio, Lenin di u un passo avanti », Lenin di « due passi indietro ».
zione (come, forte dell'insegnamento di Mao, il P. C. Cinese ha soavemente ricordato ai sovietici). Ma é un fallimento 'in avanti'; e come agli errori della democrazia — di[...]

[...] le quali fu effettivamente formulata.
Dalla scarsità di impostazione ideologica generale rilevabile negli Atti del XX Congresso vorremmo cogliere anche una possibile giustificazione positiva: che l'elaborazione di fondo sia rimandata in sede opportuna agli Istituti di storia e di filosofia, nuovamente aperti alla critica, all'attività creativa. Determinandosi scientificamente, il linguaggio potrà tornare ad avere un senso univoco e preciso e l'ideologia riprenderà fiato e potrà modellarsi senza equivoci ed ambivalenze.
Diciamo costruirsi e non semplicemente ricostruirsi sia del linguaggio, sia dell'ideologia. Lo stalinismo presenta uno iato nell'elaborazione dell'ideologia socialista; la sua identificazione dell'avversario con tutti gli avversari (con il peggiore degli avversari), visti come statici, sagome fisse e nere tutte uguali nell'uguaglianza dell'essere per « essere colpite », non gli consenti lo sviluppo di una dialettica « sublimata » all'interno, che desse una nuova dimensione alle contrapposizioni, una nuova « teoria dell'errore », una diversa verifica della verità. Per questo il suo linguaggio è rimasto un linguaggio bellico, alle volte da trincea (ed anche alcuni suoi atti). Per noi marxisti occidentali una delle peggiori pene è oggi constatare ch[...]

[...] Sera ». Che cioè il comunismo sia sceso per qualche momento ad un punto tale da poter essere giudicato, con una certa verosimiglianza, dal peggiore anticomunismo.
Come è possibile che il giudizio su alcuni processi delittuosi che oggi danno le pubblicazioni sovietiche, concordi, almeno nella
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forma, ai giudizi (non della migliore), ma della, ancor fresca di fascismo, nostra democrazia borghese apparente ? È che l'ideologia e la prassi socialiste erano, in alcune loro parti, scadute al livello dell'avversario, che contavano, con falsa astuzia, di eliminare usando le sue stesse armi. Ma per l'ideologia e per la prassi marxista ogni uomo è infinitamente recuperabile, non esiste limite al rifarsi una vita, alla riabilitazione. Per il marxismo è esclusa la pena di morte e la punizione detentiva, il processo persecutorio, l'estorsione della verità e la confessione della menzogna, procurata ad arte. Per il marxismo non esistono i « mostri del genere umano », appunto perché la sua eticità consiste nel pretendere di fare di ogni uomo un uomo.
La pena che proviamo è di doverci trovare oggi a ripetere, davanti agli avversari ghignanti, ciò che già Metello sapeva a memoria e non dubitava sarebbe mai[...]

[...]ia socialista come pianificazione organica.
Il potere personale di Stalin non è semplicisticamente riducibile né ad un fatto . geografico, né ad uno etnografico. Il caso « Cina », cosi diverso dal russo, potrebbe essere prova sufficiente per sfrondare le ipotesi sociologiche « orientalistiche » sul « fenomeno » sovietico adottate spesso dal Deutscher. La verità è naturalmente ancora una volta strutturale e sovrastrutturale insieme: ' economia e ideologia. Ed è secondo questi parametri che occorre esaminare le vicende sovietiche in tutte le loro particolarità (tradizione, ambiente, ecc., inclusi). Leggendo attentamente le diverse interpretazioni di parti diversissime sulla situazione determinatasi nel '17 in Russia, è difficile pensare che non fosse necessario un punto di trapasso rivoluzionario, una strumentazione dittatoriale per operare il salto, per avviare la macchina, tradizioni storiche russe ed educazione « orientalistica » di Stalin a parte.
della macchina che interessa parlare, e non ci sembra di dover spaventare gli storici dicendo[...]

[...]scientifica da costruirsi. Oggi, di fronte al quesito di come possa accadere che in una fabbrica sovietica, diretta da tecnici eccellenti, sollecitata politicamente, e dove l'operaio dá piena adesione al lavoro fino alle forze più « eroiche » di stakanovismo, la produttività sia più bassa che negli Stati Uniti (vedi ad es. rapporto di Krusciov pag. 117, per l'agricoltura) non si potrebbe che rispondere: mancanza di organizzazione scientifica.
L'ideologia si muoveva su due piani distinti: l'uno, altissimo depositario di valori fissi, l'altro molto terrestre, empirico, quotidiano. Sollecitatore della macchina era il Partito. Ed i funzionari di Partito, come oggi rileva chiaramente Krusciov, non erano certo dei competenti in tecnica organizzativa specifica (Krusciov li rimanda addirittura allo studio elementare dell'economia). E poiché l'organizzazione scientifica é l'unica possibilità di risolvere il problema degli incentivi senza ricorrere all'immediata pressione od al timore di rappresaglie o punizioni, la macchina staliniana, interpretando p[...]

[...]nava nell'Università di Sverdlov, all'inizio dell'aprile 1924, i nuovi «Principi del leninismo » definendone lo stile: « In che cosa consistono i tratti caratteristici di questo stile ? Quali sono le sue particolarità? Queste particolarità sono due: a) lo slancio rivoluzionario russo e b) lo spirito pratico americano. Lo stile del leninismo consiste nell'unione di queste due particolarità nel lavoro di Partito e di Stato » (Q.d.L. pag. 96). Cioè ideologia rivoluzionaria più organizzazione scientifica. E, nello stesso corso, Stalin insegnava: « Il Partito é lo strumento della dittatura del proletariato. Da questo deriva che, con la scomparsa delle classi, con l'estinguersi della dittatura del proletariato, deve estinguersi anche il Partito » (Q.d.L. pag. 92).
8) Evoluzione discontinua ed evoluzione lineare.
Non c'é alcun dubbio che il XX Congresso segni una svolta brusca e che abbia l'apparenza di un « colpo di Stato » anche se,
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curiosamente, solo su un dominio « postumo ». Sotto l'apparenza, c'è anche una prec[...]

[...]isica che morale. La « base » altrimenti non avrebbe potuto capire, non avrebbe pa tuto prendere la via giusta senza esitazioni, ecc. Ed ogni elemento non solo di vertice, ma anche di base, pensava ad una base a lui sottostante, che non avrebbe potuto capire se non in questi termini, e questi termini quindi accettava e trasmetteva nella loro formulazione, minima, inferiore. E a questo livello inferiore si
doveva necessariamente adeguare tutta l'ideologia, perché qualsiasi apertura di discorso critico avrebbe immancabilmente aperto anche quello sulle epurazioni (come oggi avviene), e non si sarebbero più potute sopportare quelle spiegazioni ufficiali che a qualsiasi razionalità erano estranee e ripugnavano. Così il « caso dei processi » ebbe i riflessi più gravi forse proprio in questo: l'estremo limite di una posizione autocratica, mentre avviliva il socialismo compiendo questi atti, con la spiegazione che ne imponeva e l'omertà conseguente, lo portava, come ogni connivenza, al silenzio.
La controprova di questa spiegazione della « credenza [...]



da Benno Sarel, Intellettuali e classe operaia nella Germania orientale durante la crisi del '56 in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 1 - 1 - numero 30

Brano: [...]aia. La critica più violenta contro il burocraticismo ufficiale non parte dai r vecchi » intellettuali, bensì dagli studenti e dai giovani quadri formati dal regime. In questo ambiente la presenza del mondo operaio è esplicita. Per un verso, i giovani intellettuali sono in gran parte di origine operaia, per un altro verso, essi si sentono continuamente ripetere che, se possono studiare, lo devono unicamente alla classe operaia e al suo regime. L'ideologia che é stata loro insegnata è un marxismo a scientifico » e scolastico, ma dove tutto esiste in funzione del proletariato.
Gli intellettuali stessi, in quanto uomini, sono legati ai rapporti di produzione stabiliti dal regime. Salvo poche eccezioni, non possono lavorare che per lo Stato, e vien loro richiesto di considerarsi come parte integrante della classe operaia e, insieme, di fondersi con il gruppo dirigente.
Tuttavia, a un certo momento, si produce una svolta: ciò avviene quando l'ideologia degli intellettuali, che concepiscono la società in funzione della classe operaia, tende ad acq[...]

[...]cientifico » e scolastico, ma dove tutto esiste in funzione del proletariato.
Gli intellettuali stessi, in quanto uomini, sono legati ai rapporti di produzione stabiliti dal regime. Salvo poche eccezioni, non possono lavorare che per lo Stato, e vien loro richiesto di considerarsi come parte integrante della classe operaia e, insieme, di fondersi con il gruppo dirigente.
Tuttavia, a un certo momento, si produce una svolta: ciò avviene quando l'ideologia degli intellettuali, che concepiscono la società in funzione della classe operaia, tende ad acquistare una coscien
INTELLETTUALI E CLASSE OPERAIA NELLA GERMANIA ORIENTALE 135
za piena, mentre, d'altra parte, gli uomini, resi esperti da dure esperienze, non possono e non vogliono più sopportare il modo di vita imposto dal regime.
L'atteggiamento che il regime vuole che gli intellettuali assumano nei confronti della classe operaia — atteggiamento che effettivamente gli intellettuali tendono ad assumere nel 1956 — dovrebbe essere il riconoscimento del posto occupato dalla classe operaia nella[...]

[...]ianificazione della società riproduce la pianificazione della fabbrica non fa che sottolineare questo rapporto. In altri termini, la realtà stessa pone un nesso tra intellettuali e operai; ciò che è in concreto importante è di capire il modo con cui si pongono i rapporti fra gli uni e gli altri, nonché la maniera con cui gli intellettuali cercano di integrarsi nella classe operaia.
La società della Germania orientale si presenta, secondo la sua ideologia ufficiale, come una estensione della classe operaia. Sono gli intellettuali del regime che, concependo la società come operaia e considerando se stessi in questo quadro, sottolineano l'armonia e l'unità di una società siffatta. Sono, ancora, gli intellettuali formati dal regime che tentano di integrarsi nella lasse operaia e di concepire se stessi in funzione di quella. Questi intellettuali evolvono, nel 1956, verso una presa di coscienza essenziale: la sola possibilità che essi hanno di realizzarsi in quanto uomini e in quanto intellettuali è di allearsi con la classe operaia, riempiendo cos[...]

[...]amento, astratto com'era, non sembrava presentare alcun addentellato con la realtà. Per anni il solo appunto che gli venne mosso dagli intellettuali che gravitavano intorno al segretario del Partita fu la mancanza di presa di posizione politica, il suo rifiuto di aderire al Partito. Di colpo, nel 1956, senza che lo stesso Bloch abbia modificato in nulla la sua
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condotta, le idee da lui professate sono diventate forze politiche e ideologia del movimento reale.
Partito da Hegel per arrivare a Marx, il prof. Bloch poneva al centro dei suoi interessi i problemi della coscienza. Il secondo volume della sua opera intitolata « Il Principio Speranza » (Das Prinzip Hoffnung) é stato pubblicato nel 1955. Joachim Streisand, uno dei migliori studiosi della giovane generazione, commenta il libro, nel « Zeitschrift für Geschichtswissenschaft » (N 5, 1956), sottolineando che esso pone il nesso fra azione umana e presa di coscienza, fra attività effettiva e intenzione, fra realtà della coscienza umana e realtà delle istituzioni che la compre[...]

[...] Richard Lorenz, propane l'idea di una ricerca sui rapporti fra la soggettività individuale e la situazione oggettiva, quale è data dalle istituzioni della Repubblica Democratica Tedesca. E il Lorenz, sulla linea del pensiero di Bloch, suggerisce che non possono esistere istituzioni né Stato socialista se gli uomini non li considerano come tali e non si comportano in conseguenza. Lo stesso prof. Bloch dea finisce il dogmatismo che caratterizza l'ideologia ufficiale a controrivoluzione all'interno del marxismo ».
***
In tal modo nel 1956 la teoria marxista, che era stata ampiamente insegnata anche se tenuta sotto il moggio, riprende il suo valore rivoluzionario. Come il movimento operaio di opposizione si sviluppa all'interno delle istituzioni ufficiali di cui é la negazione, così
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l'ideologia rivoluzionaria cresce in seno all'ideologia ufficiale, usa i suoi stessi concetti, pur essendole radicalmente opposta. I giovani filosofi sono spinti dalle loro preoccupazioni intellettuali a cercare il legame con la classe operaia e ad assumere nello stesso tempo un atteggiamento rivoluzionario.
A Berlino, durante i mesi di ottobre novembre, un giovane incaricato di filosofia, che aveva precedentemente insegnato a Lipsia, Wolfang Harich, organizza un gruppo clandestino di opposizione. Fin dall'aprile 1956 Harich si era espresso, nell'organo della Lega Culturale « Sontag », per la libertà di discussione e contro il dogmatismo. Afferma[...]

[...]l'iniziativa operaia a ciò che chiama pianificazione burocratica significa anche che contrappone classe operaia a Partito, poiché pianificazione e Partito non sono che una sola cosa (18).
Un assistente del prof. Behrens, Arne Benary, membro dell'Istituto delle Scienze Economiche, mette in discussione le tesi di Lenin sul Partito. Lenin, fa presente Benary, affermava the la spontaneità operaia, abbandonata a se stessa, porta a un predominio dell'ideologia borghese fra gli operai. Senza mettere in dubbio le tesi di Lenin, Benary afferma che non possono però applicarsi alla situazione della Repubblica Democratica Tedesca, dove l'ideologia borghese non é ormai più predominante. La conclusione che ne trae Benary è che un partito fortemente centralizzato non é più necessario (19).
Nelle principali biblioteche pubbliche la lista dei libri messi all'indice é ancora rispettata. Ma nelle biblioteche degli istituti univer sitari rifanno la loro comparsa Trotzki, Zinoviev, « Dieci giorni che sconvolsero il mondo », ecc. La leggenda della infallibilità di Stalin, col suo crollo, trascina seco quelle di Pieck, Ulbricht, Thaelmann, L'intera storia ufficiale del Partito é rimessa in discussione. La critica del presente rimanda a quella de[...]



da Bruno Bongiovanni, Ritratti critici contemporanei. Maximilien Rubel in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]a rivolto ad inserire a forza questi stessi elementi nel sistema ormai esistente: i nuovi segmenti venivano adoperati come pezze d'appoggio per le diatribe interne tra « deterministi » e « volontaristi », tra « umanisti soggettivisti » e « materialisti oggettivisti », tra « idealisti » e « positivisti », per usare le etichetteingiurie filosofiche che le diverse scuole « marxiste » si sono scagliate l'un l'altra appoggiandosi ai Manoscritti o all'Ideologia tedesca, ai Grundrisse o al Capitolo VI inedito. La pubblicazione degli inediti non favoriva un ritorno a Marx, ma un'integrazione degli inediti stessi nel « marxismo ». Si può dire, invece, che i due volumi delle Oeuvres di Marx dedicati all'Economia costituiscono un vero ritorno a Marx, con tutti i limiti riconducibili allo stato delle fonti, limiti che Rubel non si stanca di sottolineare. D'altra parte, il difficile cammino a ritroso zurück zu Marx, sembra ritenere Rubel, è l'unico modo per rendere nuovamente possibile, senza apriorismi, una Zukun f tstheorie.
Nelle 132 pagine di introduz[...]

[...]fervidi umori moralistici. Proprio in questo periodo nasce un'ossessione teorica che non abbandonerà piú Marx — che coglie nelle prime rivolte operaie in Germania l'inizio di una nuova era — ed il cui primo prodotto sono i Manoscritti economicofilosofici del 1844. Secondo Rubel, tuttavia, Marx non abbandona mai il progetto di scrivere una critica della politica e dello Stato 5, ma con l'esposizione della concezione materialistica della storia (L'ideologia tedesca, 184546) Marx comincia a scorgere nel processo reale di produzione il punto di partenza per ogni analisi teoricocritica. Da questo momento Marx si trova costretto a fare i conti con Proudhon, che l'ha iniziato alla critica dell'economia politica, ma che si ostina ad analizzare il capitale dal punto di vista del capitale e la miseria dal punto di vista della miseria. Sopravvengono le rivoluzioni del 1848, l'esilio londinese, l'immersione totale nel British Museum, la scoperta dell'enorme importanza di Ricardo, le vicissitudini familiari e la dura lotta contro le necessità della vita qu[...]

[...]per titolo « socialisme ou barbarie »: se si pensa che il saggio di Claude Lefort La contradiction de Trotsky, che ha preceduto di qualche mese l'uscita del primo numero della rivista « Socialisme ou barbarie », è apparso su « Les Temps modernes » a cavallo tra il 1948 ed il 194917, si comprende in che misura l'antologia di Rubel abbia circolato negli ambienti che rifiutavano l'ortodossia bolscevica (fosse pure trockista) ed il « marxismo » come ideologia di Stato e come dogma di partito 18. Il problema fondamentale affrontato nell'Introduction all'antologia del 1948 è il rapporto tra scienza ed azione, tra il « revisionismo » di Bernstein ed il « volontarismo » dei Sorel e degli Arturo Labriola 19. Rosa Luxemburg, sia pure in modo imperfetto, secondo Rubel, ha conciliato il determinismo economico e la spontaneità, riprendendo la teoria marxiana della catastrofe ed interpretandola come barbarie. Rosa Luxemburg, testimone e vittima della barbarie della prima guerra mondiale, ha intuito che la tendenza catastrofica (dove per catastrofe s'intende[...]

[...]enta come verità assoluta e davanti alla risoluta negazione di ogni ipotesi socialista in nome della rabbiosa difesa del « mondo libero », si sentiva nettissimo il bisogno di un ritorno critico al discorso marxiano. Ma in che stato era questo discorso? Che cosa se ne sapeva realmente? Può sembrare un paradosso, eppure proprio negli anni in cui il « marxismo », dottrina obbligatoria di Stato per un'enorme quantità di esseri umani, si afferma come ideologia dominante del ventesimo secolo, su di esso si sa poco, in modo disorganico e disordinato, a dispetto dell'imponente massa di pubblicazioni (« ufficiali » e no), di edizioni (anche « popolari »), di commenti e di interpretazioni.
Prima del 1956 non esisteva alcuna impresa in cantiere atta a pubblicare l'opera completa di Marx ed Engels: tra il 1956 ed il 1968 sono usciti i 41 volumi dei MarxEngels Werke (MEW), pubblicati a BerlinoEst, a cura dell'Istituto di marxismoleninismo presso il comitato centrale della SED 26. Si tratta di un'edizione incompleta e lacunosa, ma prima del 1956 non vi era[...]

[...]In ogni caso, la rivoluzione russa avrebbe dovuto essere di tipo costituzionaldemocratico: non c'è alcun dubbio, restando fedeli alla lettera dell'ultimo Engels, che l'ipotesi menscevica fosse quella « ortodossa » e la bolscevica quella « revisionista » 47. Il bolscevismo, secondo Rubel, ha svolto il ruolo giacobino di una borghesia impari al suo compito storico, senza liberalismo e senza regime costituzionaldemocratico, definendo, in forza dell'ideologia « marxista », accumulazione socialista quella che era la consueta e brutale accumulazione capitalistica. Gli studi di Marx sulla genesi storica e sulla crescita del capitalismo sono stati trasformati, soprattutto con l'avvento di Stalin, in ricette economiche per l'edificazione del socialismo: è cosí che lo Stato sovietico, capitalismo d'imitazione per quel che riguarda il materiale tecnologico impiegato, ha in breve tempo utilizzato tutti i metodi di accumulazione descritti da Marx. In questo modo l'Urss, attraverso la dittatura di partito, si è avvicinata alla realizzazione di quel capital [...]

[...]ta o in quella parte del pianeta, né gli uni né gli altri, dicevamo, possono eludere la ricerca marxologica, anche se possono, in tacito accordo, censurarne i settori imbarazzanti o mummificarla e trasformarla in stanca accademia. Nell'Avantpropos del numero 5 Rubel conferma che l'azione preliminare della MarxForschung deve essere la rimozione dell'aura religiosa che si è sovrapposta sul pensiero del maestro, il rifiuto del « marxismo » divenuto ideologia di Stato e dogma di partito.
Nel frattempo gli « Etudes de marxologie » traducono o presentano testi, spesso quasi sconosciuti, almeno in Francia, di Marx e di Engels, ma anche di Sorel e di Struve ed inoltre saggi di studiosi come Draper, Pipes, Mattick, Na'aman, su temi fondamentali come la dittatura del proletariato, il movimento cooperativo, l'utopia, la storia dei movimenti operai, il risorgimento italiano, la diffusione del « marxismo » nei vari paesi, l'interpretazione marxiana e lassalliana della rivoluzione francese. E poi ancora scritti di Korsch e di Rosdolsky, la questione ebraic[...]

[...]iú importante della sua carriera — logica ed impegnativa conclusione di oltre trent'anni di studi — è una MarxJubiläumseditioyc, un'edizione delle opere di Marx in occasione del centenario della sua morte (1983): quest'impresa è attualmente allo stato di progetto, e le difficoltà d'ordine sia materiale che intellettuale non mancheranno. Ma forse attualmente Maximilien Rubel è l'unica persona, in Occidente, dove non esistono Stati promotori di un'ideologia « marxista », a potere dirigere un lavoro cosí ambizioso. I testi verranno pubblicati nella loro lingua originale (quella in cui Marx li scrisse) e saranno suddivisi in 35 volumi, a loro volta ordinati secondo una tripartizione che può essere considerata come il risultato della lettura filologicocritica di Rubel: la critica dell'ideologia, la critica della politica, la critica dell'economia politica.
BRUNO BONGIOVANNI



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] C. Luporini, La metodologia filosofica del marxismo nel pensiero di A. Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]i s'incontrano molti temi che si possono dire « filosofici » nel senso che appartengono all'ambito tradizionalmente riconosciuto alla filosofia (gnoseologia, morale, logica ecc.). Ma l'importanza filosofica di Gramsci non è connessa a questi temi particolari piú che ad altri che si collegano a vari settori di ricerca (economia, storiografia, politica, linguistica, folklore, ecc.) o piú specificamente propri del marxismo (strutturasovrastruttura, ideologia, egemonia ecc.). Essa è piuttosto da ricercarsi nel livello in cui le diverse questioni s'incontrano e tendono ad articolarsi, nell'indirizzo e contenuto d'insieme e nel metodo del suo pensiero.
Il pensiero di Gramsci non è fatto per chi cerchi una sistemazione di formule, un'esposizione dogmatica del marxismo; esso è una ricerca in movimento, orientata su alcuni temi fondamentali, ma che individua e suscita una grande ricchezza di problemi in direzioni e su piani diversi. La sua fecondità e attualità è legata a questo carattere. Questa attualità ha un significato preciso: Gramsci non ha bis[...]

[...]trinseca, ma di rimaner fedeli al concetto fondamentale di Gramsci, in cui egli prosegue A. Labriola, della piena autonomia scientifica e originalità filosofica del marxismo.
3. Questo concetto costituisce la persuasione profonda ed il vero filo conduttore di tutta l'elaborazione gramsciana. Il marxismo non è per Gramsci soltanto un metodo, ma è una filosofia in quanto concezione della realtà (« concezione del mondo ») ed indirizzo dell'agire (ideologiapolitica). Il momento metodico e .il momento « concezione del mondo » si condizionano e provano reciprocamente; non sono separabili
Cesare Luporini 39
senza grave deformazione. La metodologia del marxismo, come si presenta in Gramsci, va rilevata non solo dagli elementi espliciti di carattere metodologico (spunti, osservazioni, ecc.) di cui egli è ricco, anche se essi sono indicativi di alcuni tra i suoi interessi piú originali, ma, innanzi tutto, dal procedimento effettivo con cui egli elabora i problemi. L'espressione «filosofia della prassi », usata da Gramsci per ragioni carcerarie in lu[...]

[...] teorici, scientifici ecc., piú alti e complessi, cioè l'esigenza di una « culturaintegrale » , che, sulla base della classe rivoluzionaria, possieda un'espansività illimitata fra gli uomini, appare perciò essenziale alla dinamica del marxismo, e viene a caratterizzare la sua originalità irriducibile a tutte le precedenti « filosofie ». L'identificazione dialettica operata da Gramsci di filosofia e politica (attraverso i momenti storia, cultura, ideologia) — che ha aspetti qualitativamente diversi se rivolta al passato o proiettata verso il futuro — non è comprensibile senza questa nuova dimensione della considerazione filosofica (non ha nulla a che fare, ad esempio, con una identificazione verbale di tipo attualistico). La stessa esposizione del marxismo come filosofia si fa astratta (soprattutto nell'epoca in cui lo sviluppo storico ha posto il problema dell'ege
4.
40 I documenti del convegno
monia) se è svolta solo in riferimento polemico alle sistemazioni filosofiche tradizionali (tipizzate ai loro estremi in idealismo e materialismo me[...]

[...]aggio (« nome collettivo »...) e ai « linguaggi » (tecnici, specialistici ecc.), che hanno forte rilievo nel pensiero di Gramsci e risonanze filosofiche particolarmente attuali (e si connettono al riconoscimento della varietà delle metodologie
Cesare Luporini 41
scientificorazionali, secondo i diversi settori di ricerca, e insieme alla questione dei criteri generali di cid che è « scienza »); e inoltre i problemi relativi alla religione e alla ideologia in generale; quelli pedagogici nel senso piú lato (dalla scuola e istruzione al rapporto governantigovernati, dirigentidiretti) e temi piú particolari come folklore, tradizione culturale ecc. L'insieme di tali questioni e dell'atteggiamento mentale che le sottende ed unifica contiene, riteniamo, la verifica meglio motivata e particolareggiata che si sia avuta fin qui in campo marxista della asserzione della fine storica della filosofia « nel senso che finora si è dato a questa parola » (Engels), della fine (ossia, cessata funzionalità sociale e fecondità spirituale) della figura tradizionale [...]

[...]ultima che contiene in nuce la soluzione delle odierne aporie relative al nesso storia della filosofiastoria della cultura (della scienza, delle idee ecc.).
4. La concezione marxista della storia (nella doppia accezione di storia agita o « che facciamo » e storiografia), attraverso la complessa e articolata problematica degli aspetti e momenti inclusi nel nesso struttura
42 I documenti del convegno
sovrastrutture (economia, politica, classi, ideologia, egemonia, Stato, Popolonazione, ecc.) è sempre operante in ogni impostazione particolare di Gramsci con l'estrema flessibilità critica propria di un marxismo non schematico, fedele al concetto della fluidità o non rigidità delle categorie, rigoroso in tale metodo e profondamente radicato nell'azione rivoluzionaria.
P centrale in lui la considerazione dell'uomo propria del materialismo storico (nesso uomonatura; uomo come insieme di rapporti sociali; negazione di una generale « natura » dell'uomo) di cui Gramsci svolge in concreto, ossia rispetto a una serie di problemi storicamente dati, e [...]

[...]quali esula dall'ambito della presente relazione. Essa si svolge fondamentalmente nella discussione dello storicismo crociano e rimane esemplare anche se oggi sono in gran parte esaurite le ragioni di quell'Anticroce che Gramsci auspicava. È una battaglia interna alla cultura italiana, ma che ne oltrepassa i limiti per i suoi risultati e il significato metodologico. Essa conduce, per un lato, a ridurre il crocianesimo « alla sua reale portata di ideologia politica immediata » illuminandone il carattere conservatorereazionario e liberaleriformistico (legami con « la tradizione moderata del Risorgimento », « col pensiero reazionario della Restaurazione », corrispondente « snervamento della dialettica hegeliana » sul piano teorico ecc.). Più in generale vien messa in luce « l'impotenza della filosofia idealistica a diventare una integrale concezione del mondo », nel senso di una illimitata espansività socialeeducativa, come caratteristico limite di classe. Ma per un altro lato la discussione con l'idealismo è ritraduzione in termini « realisticam[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] A. Sabetti, Il rapporto uomo-natura nel pensiero del Gramsci e la fondazione della scienza in Studi gramsciani

Brano: [...] del senso comune e del materialismo filosofico, può trovare il suo inveramento e la sua interpretazione storlcistica solo nella concezione delle superstrutture, mentre nella sua forma speculativa non è altro che un mero romanzo filosofico » 1. Allo storicismo mistificato dell'idealismo sottentra l'autentico storicismo, quello marxista, per il quale la scienza della natura acquista il suo vero valore legata com'è al processo stesso della storia, ideologia essa stessa, che si svolge in funzione del rapporto effettivo che l'uomo concreto pone con il suo ambiente naturale e sociale.
Il rapporto uomonatura non può per il Gramsci essere spiegato dal punto di vista dell'idealismo, che quel rapporto considera in funzione si della centralità dell'uomo rispetto alla realtà oggettiva, ma dell'uomo inteso come spirito astratto, in modo da determinare per conseguenza quella scissione tra filosofia e scienza, che riduce i concetti scientifici a pseudoconcetti ed esclude la storia della scienza dal processo stesso della storia in quanto sviluppo dello spir[...]

[...]arte della storia dell'umanità ed è da questa condizionata. « Porre la scienza a base della vita, fare della scienza la concezione del mondo per eccellenza, quella che snebbia gli occhi da ogni illusione ideologica, che pone l'uomo dinanzi alla realtà cosí come essa è, significa ricadere nel concetto che la filosofia della prassi abbia bisogno di sostegni filosofici all'infuori di se stessa. Ma in realtà anche la scienza è una superstruttura, un'ideologia » 1.
Una volta concepita la scienza come ideologia, legata nel suo processo alle trasformazioni strutturali della società, l'accettazione da parte del pensiero di ispirazione marxista in un determinato momento del processo storico della concezione meccanicistica e positivistica della scienza, si giustifica per il Gramsci quando si pensi che quell'accettazione coincide con un periodo della lotta sociale, in cui il proletariato non aveva ancora assunto una funzione egemonica nella società dell'epoca, e l'ideologia marxista ritrovava pertanto nel determinismo scientifico il mezzo per giustificare la sua fede nell'ineluttabilità del progresso, ch[...]

[...] nel suo processo alle trasformazioni strutturali della società, l'accettazione da parte del pensiero di ispirazione marxista in un determinato momento del processo storico della concezione meccanicistica e positivistica della scienza, si giustifica per il Gramsci quando si pensi che quell'accettazione coincide con un periodo della lotta sociale, in cui il proletariato non aveva ancora assunto una funzione egemonica nella società dell'epoca, e l'ideologia marxista ritrovava pertanto nel determinismo scientifico il mezzo per giustificare la sua fede nell'ineluttabilità del progresso, che avrebbe dovuto determinare naturalmente un mutamento dei rapporti sociali. « Si può osservare — scrive il Gramsci come l'elemento deterministico, fata
1 M. S., p. 56.
17.
248 I documenti del convegno
listico, meccanicistico sia stato un " aroma " ideologico immediato della filosofia della prassi, una forma di religione e di eccitante (ma al modo degli stupefacenti), resa necessaria e giustificata storicamente dal carattere " subalterno " di determinati str[...]

[...]quella della cultura borghese in merito al valore da dare alla scienza coincidono. Il feticismo scientifico positivistico, accettato da una certa parte del pensiero marxista nel secolo scorso, è condiviso dalla borghesia dell'epoca. La quale, nel determinismo meccanicistico della scienza positiva, trova modo di esaltarsi come forza naturale, come ordine costituito. Si potrebbe dire che il determinismo meccanicistico del positivismo rappresenti l'ideologia culturale della borghesia all'acme della potenza politica ed economica, tra la prima e la seconda metà del secolo scorso, allorché essa è tutta volta all'affermazione del dominio dell'uomo sulla natura attraverso la potenza tecnica e l'organizzazione industriale in un momento, in cui fare della scienza il fondamento essenziale di tutta la visione del reale significava opporsi al vacuo e vuoto spiritualismo dell'età della Restaurazione ed affermare in tal modo una nuova Weltanschauung piú rispondente agli interessi del nuovo ceto industriale e commerciale. Ben presto però la cultura borghese h[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] G. Petronio, Gramsci e la critica letteraria in Studi gramsciani

Brano: [...]tà pratica. (e della scienza corrispondente) come determinato grado superstrut tuurale » 3.
Ma non basta. Ristabilire un nesso necessario ed organico tra la. forma dell'opera d'arte ed il suo contenuto, significava riaffermare la. piena storicità dell'opera d'arte, il nesso, quindi, tra arte e storia. E. significava, ancora, ritrovare e riaffermare la storicità della critica anch'essa. tutta necessariamente impegnata, riflesso anche essa di una ideologia, di un impegno totale di fronte alla vita.
Perciò Gramsci, contro le tesi dominanti al suo tempo, ricollega le battaglie culturali alla poesia, e sostiene che ogni lotta per una nuova. società, anche se non crea immediatamente nuova arte e nuovi artisti, contribuisce mediatamente a crearli, suscitando nuovi contenuti e nuove concezioni di vita. « Il movimento della " Voce " non poteva creare artisti, ut sic, è evidente; ma lottando per una nuova cultura, per un. nuovo modo di vivere, indirettamente promuoveva anche la formazione di temperamenti artistici originali, poiché nella vita c'è anch[...]

[...]cui mi permetto rinviare ad una mia recensione in Mondo operaio, IX, 1956, n. 3.
Giuseppe Petronio 231
propria natura ideologica può essere, in un determinato momento storico, la piú comoda e utile delle ideologie!
Ma qui proprio è la differenza tra il tipo di critica propugnato dal Croce e quello del De Sanctis e di Gramsci; una differenza che è, originariamente, ideologica, ma si fa presto tecnica. La critica d. Croce, voglio dire, serve un'ideologia conservatrice; quelle di De Sanctis e di Gramsci servono ideologie progressive; ma, intanto, per servire ognuna la propria ideologia, l'una diviene critica della pura forma, della distinzione netta tra poesia e nonpoesia, tra struttura e poesia, e via dicendo, le altre si atteggiano come critiche dei contenuti e delle forme tutt'insieme, e tendono a fondere struttura e poesia in un tutto organico. Ecco, dunque, perché dicevamo assurdo affermare che per Gramsci si possano conciliare crocianesimo (o neoidealismo) e marxismo; il problema di Gramsci è
invece quello di giungere ad una fase ulteriore e nuova storicamente
aggiornata — del marxismo, che riassotira in sé, in una sintesi superiore, il neoidealismo. In una pagina d[...]

[...]ato politicamente, i principi ideologici della classe vinta, che non aveva saputo uscire dai limiti corporativi e crearsi tutte le superstrutture di una società integrale. Solo che questa elaborazione fu " campata in aria ", rimase patrimonio di una casta intellettuale, non ebbe contatto col popolonazione. E, quando in Italia il movimento reazionario, di cui l'Umanesimo era stato una premessa necessaria, si sviluppò nella Controriforma, la nuova ideologia fu soffocata anch'essa e gli umanisti (salvo poche eccezioni) dinanzi ai roghi abiurarono » 1: dove le intuizioni della storiografia romantica e desanctisiana sul carattere formale della letteratura rinascimentale trovano una conferma e una spiegazione, e mille fatti rimasti « mitici » diventano « storici », si fanno chiari nel loro significato storicoculturale: valga per tutti il casoMachiavelli, di cui Gramsci riesce a fissare, forse per primo, il profondo rapporto con la situazione storica italiana ed europea 2.
Lo stesso sguardo educato alla comprensione dialettica della storia ed alla c[...]

[...]arie opere d'arte, proprio in quanto opere d'arte, in quanto forma.
Se è vero, infatti, che « nessuna opera d'arte può non avere un con tenuto, cioè non essere legata a un mondo poetico e questo a un mondo intellettuale e morale » 1, e se è vero che forma e contenuto sono due astrazioni, poiché ciò che si dice forma non è che la naturale, organica, necessaria espressione di quel contenuto, sarà vero che ogni conoscenza o valutazione nuova della ideologia di uno scrittore e del posto che gli spetta nella storia, porterà per logica forza di cose ad una valutazione nuova e del suo valore poetico e del carattere della sua poesia, e spiegherà meglio, o in modo diverso, i caratteri formali dell'opera sua. II che significa poi rivalutare la critica letteraria sottraendola all'arbitrio deI gusto individuale per farne, invece, un'espressione delle grandi correnti culturali e ideali.
Cosí gli appunti o spunti sparsi di Gramsci sono assai suggestivi non solo per lo storico letterario, ma anche per il critico autore di monografie (di monografie, però, i[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine ideologia, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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<---gramsciane <---hegeliano <---marxiana <---marxiste <---materialista <---metodologiche <---opportunismo <---riformista <---sociologica <---staliniano <---teologia <---Benedetto Croce <---Etica <---Folklore <---Freud <---Inghilterra <---Mosca <---Psicanalisi <---Statistica <---biologica <---biologico <---cominciano <---crocianesimo <---crociano <---dell'Italia <---hegelismo <---meccanicismo <---metodologici <---nazionalismo <---nazionalista <---nell'Europa <---parallelismo <---revisionismo <---scetticismo <---stalinismo <---teologico <---Bernstein <---Chiesa <---De Sanctis <---Diplomatica <---Filosofia della storia <---Gli <---Nuova Italia <---Nuovi Argomenti <---Pochi <---Repubblica <---Stilistica <---Tecnologia <---URSS <---artigiano <---conformismo <---dell'America <---individualismo <---lismo <---lista <---progressisti <---realista <---riformisti <---stalinista <---tecnologia <---umanismo <---zarista <---Appare <---Belfagor <---Biologia <---Bukharin <---Editori Riuniti 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