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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 336

Brano: [...] ufficiali ed evidenziò il contrasto esistente tra le direttive di Badoglio e l'ordine ultimamente ricevuto, quindi lasciò la libertà di scelta ai reparti: tranne le camicie nere, tutti decisero di combattere i tedeschi.

Nello stesso giorno Oxilia contattò la Missione inglese presente presso i cetnici, per concordare con gli Alleati la partecipazione italiana alla lotta contro i tedeschi, ma senza chiarire l’atteggiamento da tenere con i partigiani di Tito. L'accordo tra Oxilia e il capo della Missione britannica Bailey venne solennizzato da una cerimonia comune, svoltasi a Berane il 23 settembre insieme ai cetnici.

Il giorno dopo, contro le truppe italiane si scatenò l’offensiva del II Korpus dell’Esercito popolare di liberazione jugoslavo. Il 26, i partigiani di Tito investirono Kolasin, difesa dal 2° Battaglione dell'830 Reggimento: gli italiani resistettero, poi i partigiani parlamentarono con il comandante di battaglione capitano Mario Riva (v.) e questi decise di combattere insieme a loro contro il nemico comune, i tedeschi. L'episodio servì ai partigiani di Tito per far pressione su Oxilia, ma questi tergiversò e continuò a mantenere i contatti con i cetnici, finché non riuscì a mettersi in comunicazione con l'Italia. In seguito alle disposizioni giunte da Brindisi, furono iniziate trattative tra la “Venezia” e il II Korpus, finché il 9 ottobre si arrivò all'accordo: la Divisione avrebbe combattuto con l’Esercito popolare di liberazione jugoslavo contro i tedeschi, mantenendo tutto il suo materiale. Questo accordo schierò a fianco dei parti

giani di Tito 9.500 uomini armati e inquadrati che, quantunque non addestrati alla guerriglia, erano[...]

[...]rgiversò e continuò a mantenere i contatti con i cetnici, finché non riuscì a mettersi in comunicazione con l'Italia. In seguito alle disposizioni giunte da Brindisi, furono iniziate trattative tra la “Venezia” e il II Korpus, finché il 9 ottobre si arrivò all'accordo: la Divisione avrebbe combattuto con l’Esercito popolare di liberazione jugoslavo contro i tedeschi, mantenendo tutto il suo materiale. Questo accordo schierò a fianco dei parti

giani di Tito 9.500 uomini armati e inquadrati che, quantunque non addestrati alla guerriglia, erano numericamente superiori all’intero II Korpus; a quest’ultimo era inoltre riuscito, con l'accordo in questione, di penetrare in una zona politicamente controllata dai cetnici.

Il 17 ci fu il primo scontro tra la “Venezia” e i tedeschi, nel corso del quale un battaglione italiano cedette. Il 18, ad Andrijevica, le forze italiane si comportarono male e il loro comandante venne sostituito.

Il 28, Oxilia ordinò la trasformazione della Divisione, formando 6 Brigate snodabili in varie sottounità, più[...]

[...]ante venne sostituito.

Il 28, Oxilia ordinò la trasformazione della Divisione, formando 6 Brigate snodabili in varie sottounità, più adatte alle particolari esigenze della guerriglia. Quattro di queste Brigate furono incaricate dal II Korpus di rastrellare bande mussulmane filotedesche operanti nella zona, ma il 6 novembre due battaglioni caddero in un’imboscata. Poi, nella stessa zona, perfettamente informati dalla popolazione ostile ai partigiani, i tedeschi scatenarono un'offensiva: il 14 cedette la 2a Brigata; la 5a si ritirò e a sua volta cadde in un’imboscata, dalla quale poterono salvarsi meno di 80 uomini.

Lo scioglimento

Dall*8 settembre alla fine di novembre la Divisione aveva perduto 1.500 uomini, ma fin dal 3 novembre il Comando del II Korpus aveva avvertito Tito che « gli ufficiali della “Venezia” sono per la maggior parte fascisti, sabotano e non possono essere impiegati in combattimento ». I partigiani, d’altronde, non in

tendevano affatto secondare i progetti di Oxilia e dell’Alto Comando italiano di considerare[...]

[...]ffensiva: il 14 cedette la 2a Brigata; la 5a si ritirò e a sua volta cadde in un’imboscata, dalla quale poterono salvarsi meno di 80 uomini.

Lo scioglimento

Dall*8 settembre alla fine di novembre la Divisione aveva perduto 1.500 uomini, ma fin dal 3 novembre il Comando del II Korpus aveva avvertito Tito che « gli ufficiali della “Venezia” sono per la maggior parte fascisti, sabotano e non possono essere impiegati in combattimento ». I partigiani, d’altronde, non in

tendevano affatto secondare i progetti di Oxilia e dell’Alto Comando italiano di considerare la “Venezia” e i resti delle altre Divisioni italiane presenti in Jugoslavia come elementi di un Corpo d'armata operante nei Balcani. La scarsa fortuna nei combattimenti di quei giorni favorì l’ordine di scioglimento dell’unità, che avvenne in un clima teso. Non fu chiesto un nuovo giuramento e

il Comando lasciò libertà di scelta ai soldati. Il 30.11.1943 la “Venezia” cessò di esistere come tale e nacque la Divisione “Garibaldi” che rimase al comando dello stesso Oxilia, ma s[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 137

Brano: [...] potevano disporre, ma anche perché in molti casi venne a mancare la solidarietà delle popolazioni.

Di ciò fa fede, ad esempio, un volantino della Hederazione provinciale del P.C.I., rivolto ai garibaldini il 18.1.1945, nel quale è chiarissimo il richiamo alle difficoltà incontrate nei rapporti con la popolazione.

Comunque sia, il rastrellamento ebbe esiti diversi sul Grappa e sul Cansiglio: nel primo caso, il monte venne sfollato dai partigiani e la “Matteotti” si ricostituì, a opera precipua di Livio Morello, sulle colline intorno ad Asolo; nel secondo caso, invece, nel giro di pochi giorni i partigiani della “Nannetti”, in particolare per l'opera di Ugo Ciocchiatti (v.), rioccuparono l’Altopiano e ripresero la loro attività pressocché senza soluzione di continuità. Ma, da un lato l’inclemenza della stagione che rendeva difficile combattere in montagna, dall 'altro la necessità di portare lo scontro a un livello più elevato trasformando sempre più la guerriglia in lotta di massa, indussero i Comandi partigiani alla scelta della pianurizzazione, scelta che implicava evidentemente un maggior coinvolgimento delle popolazioni. Donde l’infittirsi degli appelli ai diversi ceti della popolazione stessa (tipico del Trevigiano l’appello rivolto dall'edizione locale delV“ Unità” del 15.4.1945

ai lavoratori della terra) e nel contempo il diverso ordinamento dato alle formazioni partigiane. Da questo punto di vista, una molteplicità di formazioni presero vita nella primavera del 1945 dal vecchio Battaglione “Treviso” (i socialisti, ad esempio, organizzarono presso Spresiano la Brigata “Luciano Rigo”), mentr[...]

[...]a montagna; fu per tutto il periodo della dominazione straniera, l’anima di una resistenza indomabile di popolo e di brigate partigiane, spiegando energie combattive e capacità direttive in tutta la regione veneta. Dilaniata nelle carni dei suoi figli caduti davanti ai plotoni di esecuzione nemici; distrutta nei suoi edifizi; bagnata nelle sue piazze aal sangue delle vittime innocenti, lasciò alla storia d’Italia 248 caduti e 144 feriti parti

giani; 10.261 internati e deportati politici; 1.600 uccisi e 350 feriti per bombardamenti; e il ricordo delle epiche gesta della sua insurrezione, allorché il popolo accorso tra le rovine di 3.783 case distrutte, combattè al fianco dei partigiani, unito ad essi in un unico slancio di fede e di libertà.

Fra i combattenti partigiani caduti nel Trevigiano e decorati si ricordano le Medaglie d’oro alla memoria Antonio Daniel (n. in Dalmazia e caduto a Vascon di Carbonera il 16.10.1944), Antonio Furlan (v.), Giovanni Girardini (v.), Pietro Maset (v.), Francesco Sabatucci (v.), Luigi Tandura (v.), Primo Visentin (v.), Alessandro Zannini (v.).

E.Br.

Trezzi, Giuseppe

N. a Cinisello (Milano) il 12.12. 1914; meccanico.

Attivo in seno a un’organizzazione comunista clandestina milanese che nel 1934 svolgeva un’intensa attività nelle principali fabbriche cittadine, nel settembre fu arrestato. Deferito al Tribunale Speci[...]

[...]), costituì di fatto la vera riforma fascista dell'ordinamento giudiziario, al di là dell'indubbia continuità esistente in materia fra Stato liberale e nuovo regime (solo nel 1941, infatti, sarà abolito il vecchio ordinamento giudiziario, già in piccola parte modificato nel 1923 dal guardasigilli Aldo Oviglio (v.)). Secondo questa tesi, cara all'antifascismo “classico”, il Tribunale speciale dimostrerebbe la sfiducia del fascismo nei con

Partigiani della Divisione Garibaldi “Sabatucoi” a Treviso dopo la Liberazione

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 442

Brano: Scrivia, Valle

mente circa 1.500 tedeschi. Il giorno dopo, i partigiani della Brigata “Arzani” presero d’assalto il presidio di San Sebastiano Curane, costringendo alla resa 50 bersaglieri della “Littorio” e facendo un ingente bottino di armi e munizioni. Nel marzo 1945 la “Cichero”, ormai notevolmente cresciuta, fu divisa in due grandi unità operativamente distinte: la Divisione “Cichero” ligure e la “PinanCichero”, ligurepiemontese. Quest’ultima comprendeva 3 Brigate di montagna (“Oreste”; “Arzani”, costituita il 26. 10.1944; “PoArgo”, sorta nel marzo 1945) e 2 Brigate di pianura (la 108a “C. Rossi” nella zona di Castelnuovo Scrivia e la Brigata Comando e Servi[...]

[...]ti di Garbagna (1015 marzo) e di Sant'Alosio di Avolasca (11 aprile) furono gli ultimi più importanti scontri sostenuti dalle Brigate di montagna della “PinanCichero” prima dell’insurrezione. A Garbagna il nemico subì la perdita di 44 tedeschi e 83 fascisti della Brigata nera, accerchiati e catturati insieme a un ricco bottino di armi, tanto che dopo questa sconfitta scomparvero i presìdi di Arquata e Brignano Frascata, lasciando in mano ai partigiani l'intera valle Curane.

Nell’aprile 1945 la “PinanCichero” aveva raggiunto una forza di 2.000 effettivi, più circa 300 giovani che, residenti nella “zona libera”, ben armati ed equipaggiati, in caso di necessità potevano essere mobilitati in qualsiasi momento. Il Comando di divisione disponeva inoltre, in caso di bisogno, di tre ospedali (Rocchetta Ligure, Borgo Adorno, Rosano) e aveva alle proprie dirette dipendenze un “Battaglione armi pesanti” (8 mortai da 81 mm, mitragliatrici pesanti da 25 mm, alcuni bazooka e 3 cannoncini anticarro da 47 mm) nonché un Servizio informazioni e polizia ([...]

[...]deschi sui ponti e nelle gallerie; impedire il transito militare tedesco tra Genova e l’entroterra. Per affrontare questi compiti furono elaborati piani minuziosi, venne disposta la continua sorveglianza delle opere da proteggere e furono previsti i necessari interventi armati.

Il generale tedesco Meinhold, comandante della difesa costiera di Genova, ben valutando il pericolo, per ben tre volte inviò il tenente Utech a parlamentare con i partigiani al ponte di Pertuso per garantire il libero transito alle proprie truppe, offrendo in cambio la salvaguardia del porto di Genova, delle industrie e delle vie di comunicazione con l'entroterra. Ma la proposta di tregua venne rifiutata dai partigiani. La guerriglia proseguì implacabile, tanto che per il periodo compreso tra il 10 marzo e il 20.4.

1945 la “PinanCichero” potrà presentare il seguente bilancio di perdite inflitte al nemico: 152 morti, 354 feriti, 304 prigionieri e 122 disertori; 106 azioni di sabotaggio con distruzione di 79 automobili, 52 camion e autotreni, 32 vagoni e 5 locomotori.

Il 23 aprile, tramite le Missioni alleate, pervenne al Comando partigiano il seguente radiogramma: « Alla Divisione “PinanCichero” da parte degli Alleati e del popolo italiano dell'Italia libera, voglio ringraziare per il meraviglioso lavo[...]

[...]ggio con distruzione di 79 automobili, 52 camion e autotreni, 32 vagoni e 5 locomotori.

Il 23 aprile, tramite le Missioni alleate, pervenne al Comando partigiano il seguente radiogramma: « Alla Divisione “PinanCichero” da parte degli Alleati e del popolo italiano dell'Italia libera, voglio ringraziare per il meraviglioso lavoro che la vostra Divisione ha fatto contro il nemico in questi lunghi interminabili mesi. A ognuno e a tutti i parti

giani del vostro Comando noi diamo il nostro plauso. Lo spirito che avete dimostrato nelle battaglie contro il nemico rivela una caratteristica del nome “Partigiano” che non sarà mai dimenticato. Nelle ore finali che si approssimano, possiate voi continuare come avete fatto nel passato, a distruggere la mano che una volta teneva l’arma che vi tolse la vostra libertà. Le nostre più sincere congratulazioni a voi tutti. Il Comando alleato in Italia — Mark W. Clark ».

La battaglia insurrezionale

Al momento dell’insurrezione finale, alla “PinanCichero” furono assegnati compiti particolarmente impe[...]

[...]a, i Giovi e la valle Polcevera; la Brigata “Arzani” doveva occupare la valle Scrivia, compresi i centri di Arquata, Gavi, Serravalle e Novi Ligure, quindi proteggere il tergo delle formazioni operanti su Genova contrastando eventuali attacchi nemici provenienti da Alessandria; la Brigata “PoArgo” doveva occupare Tortona e proteggere il fianco della Brigata “Arzani” contro attacchi provenienti da Voghera e dalla zona del Po.

Di fronte ai partigiani stavano le seguenti forze nemiche: nella zona della Brigata “Oreste”, 400 militari nazifascisti ai Giovi, 150 a Busalla, 200 a Savignone, 150 a Caselle, 200 a Borgo Fornari, 30 a Ronco Scrivia, 160 a Isola del Cantone; nella zona della Brigata “Arzani”, 50 nazifascisti ad Arquata, 180 a Serravalle, 60 a Crenna, 70 a Gavi, 125 a Borghetto, 300 a Cassano, 60 a Novi, 150 a Villalvernia; nella zona della Brigata “PoArgo”, 260 nazifascisti a Tortona e 150 a Viguzzolo. Si trattava, complessivamente, di oltre 2.700 uomini, dei quali si sapeva che erano fortemente armati ma non si conoscevano le inte[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 67

Brano: [...]dei contadini della zona.

Il segretario dell'A.N.P.I. di Foiano della Chiana, partigiano combattente nella stessa formazione, scriverà a trent'anni di distanza: « Eravamo in 40, tutti non soggetti a chiamata repubblichina, dimostrando così che pur non essendo obbligati a rispondere alla chiamata del governo fascista, i giovani scelsero la via della macchia che significava pericolo e lotta per l'indipendenza e la libertà. Nove di questi parti* giani erano giovani di età inferiore ai 18 anni. Eravamo fiduciosi delle nostre forze, guidati dall'ideale comunista che già prò fessavamo, anche se non con completa maturità, ed eravamo sicuri di vincere la

lotta perché sapevamo che l'immensa retrovia dei casolari, abitati da cpotadifti della pianura e della montagna, c? avrebbe assicurato una copertura formidabile ed il presupposto essenziale per combattere: cibo. rifugio, Informazioni. Licio Nencetti, il nostro comandante diciassettenne, un giovane comunista che aveva profonda coscienza delle aspirazioni popolari perché si era forgiato nella [...]

[...]elle aspirazioni popolari perché si era forgiato nella Foiano antifascista e contadina, sentiva profondamente il rancore e il desiderio di libertà e giustizia di quanti vivono e lavorano la terra altrui ».

Netto « Pio Borri »

A partirp dal marzo 1944 il gruppo di Nencetti costituì la 4a Banda della Zona A del raggruppamento « Pio Borri ». Gli attacchi contro il nemico si susseguirono assumendo dimensioni sempre più vaste. Il 4 marzo i partigiani occuparono il paese di Salutìo, tenendolo sotto controllo l'intera notte e suscitando il panico, l'indomani, nel fascismo aretino.

Il 18 marzo, con sette compagni, Nencetti diede l'assalto aH’Albergo Bei di Bibbiena, dove alcuni noti repubblichini, tra cui il famigerato capomanipolo Umberto Abbatecola, si erano riuniti a cena. Nella sparatoria, un fascista fu ucciso e un altro rimase ferito. I partigiani ebbero a loro volta due feriti.

Dai primi di aprile Nencetti si trasferì con la formazione in Valdichiana (da dove provenivano molti dei suoi compagni), spingendosi fino a Sinalunga. Alla fine di aprile tornò ad operare in Casentino, intervenendo tra l'altro, per sciogliere un gruppo di profittatori, sedicenti partigiani, e giustiziarne il capo. Ai primi di maggio la 4a Banda di

venne 4a Compagnia del IN Battaglione della XXIII Brigata Garibaldi « Pio Borri » della Divisione « Arezzo » e il 24 dello stesso mese Licio si recò in Pratomagno, in una località detta Uomo di Sasso, per incontrare Aligi Barducci comandante della Divisione Garibaldi « Arno », e concordare un’azione comune. Mentre stava tornando in Casentino dopo la riunione, venne catturato dai repubblichini.

L’arresto

Sull'episodio dell'arresto si è molto discusso. Inizialmente i partigiani di Licio attribuirono la cattura del loro comandan[...]

[...]glione della XXIII Brigata Garibaldi « Pio Borri » della Divisione « Arezzo » e il 24 dello stesso mese Licio si recò in Pratomagno, in una località detta Uomo di Sasso, per incontrare Aligi Barducci comandante della Divisione Garibaldi « Arno », e concordare un’azione comune. Mentre stava tornando in Casentino dopo la riunione, venne catturato dai repubblichini.

L’arresto

Sull'episodio dell'arresto si è molto discusso. Inizialmente i partigiani di Licio attribuirono la cattura del loro comandante al tradimento di due compagni, Giuseppe e Virgilio Versari, padre e figlio. Sulla base di tale presunzione il padre fu passato per le armi, mentre il figlio Virgilio, per quanto ferito, riuscì a mettersi in salvo. Successivamente nuove testimonianze porteranno a escludere il tradimento, anche se l'episodio rimase oseuro.

Rinchiuso nelle carceri di Poppi e torturato per due giorni dai fascisti che volevano strappargli informazioni sul movimento partigiano, Nencetti fu infine ucciso nella piazza di Talla. Poiché, all'ordine di far fuoco, i[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 328

Brano: [...]ente attestato nei presidi di Intra, Gravellona, nonché negli altri centri a ridosso del territorio liberato.

L’attacco nemico

Il piano di attacco per la rioccupazione militare dell'Òssola fu elaborato dal tenente colonnello tedesco Buch, comandante del 15° Reggimento di polizia germanica, che il 7 ottobre lo comunicò a tutte le forze mobilitate per l'operazione. Queste assommavano a circa

12.000 uomini (contro i 3.000, o poco più, partigiani), cui venne affidato il compito di « stroncare la resistenza con pronto impiego di tutte le armi », per impossessarsi delle centrali elettriche e della linea internazionale del Sempione. L'attacco ebbe inizio il 9 ottobre. La gelida pioggia autunnale che accompagnò le operazioni belliche da quel momento fino alla conclusione aggravò le già precarie condizioni operative dei partigiani, molti dei quali erano completamente sprovvisti di indumenti invernali. La pressione nemica aumentò gradatamente di intensità lungo tre direttrici: nella valle Cannobina (dove operava la Divisione « Piave»), nella valle Strona (Divisione « Beltrami ») e infine lungo l'asse principale della valle del Toce, tenuta dalle Divisioni « Valtoce » e « Valdossola » rafforzate da reparti della II Garibaldi « Redi ».

Il corpo di spedizione nemico, composto di tedeschi e fascisti (reparti regolari deil’esercito di Salò e Brigata Nera « Cristina » di Novara) era saldamente diretto e bene armato, appogg[...]

[...]lleria di Finero, caddero sotto il fuoco delle avanguardie nemiche il comandante della « Valtoce » Alfredo Di Dio e il comandante della Guardia Nazionale Attilio Moneta.

Tra il 12 e il 13 ottobre l'attacco investì lo schieramento della bassa Ossola, a cavallo della linea MergozzoOrnavasso, e questo fu a sua volta costretto a cedere, di fronte allo strapotere avversario, anche per la scarsità di munizioni a disposizione dei reparti. I parti

giani seppero opporre una vivace resistenza, ma dovettero rinunciare al proposito di attestarsi su una linea arretrata di difesa AnzolaVogogna. Il giorno 14 i difensori ripiegarono infatti su Domodossola, superarono Crevoladossola (dove erano a difesa i garibaldini della Brigata « Comolli ») e infine risalirono la valle del Toce fino a Baceno, nella valle Antigorio. Qui si trasferì anche la Giunta, abbandonando Domodossola. Da Baceno il grosso della « Valdossola » si diresse verso l'alpe Deverò e, attraverso il Passo della Rossa, espatriò in Svizzera. L'altra parte della formazione riparò oltre con[...]

[...] valle Antigorio. Di essi, solo alcuni reparti dovettero espatriare, mentre il grosso delle forze, con una lunga marcia di venti giorni per erti passi ormai innevati, riuscì a portarsi verso il Cusio e la bassa Valsesia.

Oltre alle forze partigiane e alla Giunta, una vera folla dì abitanti

dell'Ossola cercò scampo oltre confine. Alcuni avevano preso parte in diversi modi alle vicende della « repubblica », altri avevano congiunti fra i partigiani e altri ancora fuggivano semplicemente davanti al timore delle prevedibili rappresaglie fasciste. Numerosi treni speciali delle due linee internazionali (la ferrovia del Sempione diretta a Briga e la linea secondaria delle Centovalli, raggiungente Locamo) portarono in salvo gli ossolani. La precedenza fu data ai feriti, che trovarono assistenza negli ospedali svizzeri, e a circa cinquecento bambini che la Croce Rossa svizzera sistemò presso famiglie elvetiche.

Quest’esodo, valutato in oltre 5.000 « civili », svuotò i principali centri ossolani. Quando il prefetto fascista Enrico Vezzalini [...]

[...] il loro livore pochi giorni dopo, il 23 ottobre, durante la cerimonia di apertura dell'anno scolastico dell'antico Ginnasioliceo tenuto dai padri rosminiani. In tale occasione, il Vezzalini intervenne di persona per annunciare la soppressione dell'istituto, reo di aver solidarizzato con le forze della Resistenza, e la contemporanea apertura di corsi statali. Una settimana dopo, il superiore generale dei rosminiani, il sacerdote Giuseppe

Partigiani della Valdossola internati nel campo di Rorbach in Svizzera (v. Lago Nero)

328



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 32

Brano: Alfonsine

Il casolare, in località Carraia di Mezzo, dove avveniva lo smistamento dei partigiani della 28* Brigata Garibaldi

zione di tre ostaggi, incarcerati in seguito all’uccisione di un militare.

Il maggiore tedesco che comandava la città tenne alla folla un discorso, dicendo tra l’altro: « Che cosa dobbiamo fare in questo dannato paese? Voi ci sabotate le comunicazioni, ci distruggete autocarri, ci uccidete gli uomini e, non appena incarceriamo qualcuno, voi pretendete che lo rimettiamo in libertà ».

La zona di A. fu tra quelle in cui potè più efficientemente operare la 28a Brigata Garibaldi, anche per l’ottima organizzazione dei servizi logistici e dei collegamenti. Nelle [...]

[...]dro del piano strategico del V Corpo d’armata britannico per il forzamento del Senio, dopo un’aspra lotta, alle ore 13 del 10.4.1945 A. fu liberata dai soldati del « Cremona ». La 28a Brigata Garibaldi, costituita anche da molti alfonsinesi e dipendente dalIVIII Armata, combattè invece nella zona di Porto Garibaldi, lungo la costa adriatica. Il forzamento delle linee del Senio e del Santerno costò al « Cremona » 20 caduti e 149 feriti.

I partigiani combattenti del comune di A. sono stati 446; 33 i caduti in combattimento; uno disperso; 42 i mutilati e gli invalidi. Due patrioti, Amos Calderoni (v.) e Terzo Lori (v.), sono stati decorati di medaglia d’oro al valor militare alla memoria. 331 cittadini sono caduti sotto i bombardamenti. Il 75 % del centro urbano è stato distrutto durante la guerra. Nel 1964 il Comune è stato decorato di medaglia d’argento al valore civile.

A.Bo.

I nomi dei partigiani di Alfonsine caduti sono: Argelli Luigi, Bacchi ni Matteo, Ballotta, Alfredo, Bedeschi Mario, Caroli Romeo, Cecconato Giuseppe, Bendazz[...]

[...]nti del comune di A. sono stati 446; 33 i caduti in combattimento; uno disperso; 42 i mutilati e gli invalidi. Due patrioti, Amos Calderoni (v.) e Terzo Lori (v.), sono stati decorati di medaglia d’oro al valor militare alla memoria. 331 cittadini sono caduti sotto i bombardamenti. Il 75 % del centro urbano è stato distrutto durante la guerra. Nel 1964 il Comune è stato decorato di medaglia d’argento al valore civile.

A.Bo.

I nomi dei partigiani di Alfonsine caduti sono: Argelli Luigi, Bacchi ni Matteo, Ballotta, Alfredo, Bedeschi Mario, Caroli Romeo, Cecconato Giuseppe, Bendazzi Cristoforo, Calderoni Amos, Centolini Aldo, Coatti Vincenzo, Fiorentini Bruno, Folicaldi Eli

gio, Galletti Armando, Ghirardelli Senio, Guerra Primo, Guerrini Claudia, Guerrini Primo, Lori Terzo, Li ver ani Pietro, Minguzzi Sergio, Medri Bruno, Mercatelli Agostino, Morelli Edoardo, Morigi Domenica, Parmeggiani Antonio, Pezzi Antonio, Ravaioli Edero, Ricci Pasquale, Servidei Ivo, Taroni Andrea, Tarroni Aurelio, Tosi Mario, Zalambani Ettore, Zoli Mario.

Algeria

Colonia francese dal 1830 al 1962 (abit. 11.870.000 nel 1967), l’Algeria ha conquistato l’indipendenza attraverso una delle più lunghe, eroiche e sanguinose guerre popolari di liberazione di questi ultimi venti anni (19541962). Questa guerra ha rappresentato nella coscienza delle masse popolari e democratiche del mondo intero uno dei momenti più alti di continuità della Resistenza.

Il nazionalismo algerino ha origini lontane e profond[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 664

Brano: [...]tentato di evadere. Dopo quella orazione funebre, il morto fu deposto in un feretro e portato via. Malgrado la generale depressione dovuta alle dure condizioni di vita e alla opprimente promiscuità, il livello morale rimase abbastanza alto anche negli affollatissimi blocchi dei « pericolosi ». Esso andò sempre più elevandosi negli ultimi mesi, via via che affluivano le notizie delle sconfitte naziste e soprattutto quando giunse un gruppo di partigiani di Parma, ancora nelle loro uniformi e i cui canti risuonavano spesso aH'interno del blocco D come sfida agli oppressori e atto di fiducia nella ormai sicura vittoria della democrazia.

L’evacuazione del campo fu decisa

il 29 aprile, in seguito ad accordi presi fra il Comando delle S.S. e la Croce Rossa Internazionale. Gli internati furono però liberati a scaglioni. Qualche gruppo venne caricato su un autocarro e portato ad alcuni chilometri di distanza dalle stesse S.S., per timore di rappresaglie. L'operazione di sgombero durò tre giorni.

B.Pe.

Furono Internati nel campo di Gries[...]

[...] (Def), di Milano; Antonio De Giorgi; il professor Diena, di Torino; l'ingegnere Di Renzo, di Genova (capoblocco); Giovanni Domaschi, di Verona; l’avvocato Luigi Ducci, di La Spezia; l'av

vocato Luciano Elmo, di Milano; lo storico veronese Giovanni Faccioli; Enea Fergnani; il tisiologo Virgilio Ferrari, di Milano; Paolo Ferraris; il sacerdote Andrea Gaggero, di Genova; il dottor Lastrina; Roberto Lepetit; il sacerdote Paolo Liggeri; Piero Lodigiani; Andrea Lorenzetti; il ragioniere Mario Luperjm, di Milano; il colonnello Massimo; Maltagliati (capocampo); Giuseppe Marconcini, di Verona; la poetessa Maria Marsilli, di Trento; Renato Mattalia; il professore Egidio Meneghetti; Margherita Montanelli; il dottor Negri, di La Spezia; il tenente di vascello Dante Novaro; il colonnello Giuseppe Occhiuto; Franco Orsi; Berto Perotti; Bortolo Pissuti; l'avvocato Giuseppe Poi lori ni, di Verona; Umberto Recalcati; Luigi Rei, di Sampierdarena; l'avvocato Cesare Rocca (generale Botteri); l'ingegnere Sacchetta, di Milano; Anna Sciomachen, di Milano; il [...]

[...]di Napoli, dove si spense.

Il Distaccamento « Griffith »

Il nome di Enrico Griffith fu dato a un distaccamento partigiano attivo nel Parmense durante la Guerra di liberazione. Forte di una sessantina di uomini, la formazione sorse a Parma, nel quartiere di piazzale Inzani. Nella notte del 15.4.1944 essa venne attaccata a Montagnana, nei pressi di Calestano, da forze fasciste nettamente superiori e fu praticamente distrutta. Alcuni dei partigiani caddero nello scontro, altri riuscirono a fuggire, ma molti furono catturati e processati.

Il tribunale fascista condannò tutti i prigionieri a morte. Alla lettura della sentenza gli imputati intonarono fieramente i canti della Resistenza, mentre le loro famiglie e altri patrioti si diedero a organizzare nella città manifestazioni di protesta per salvare la vita dei parti

giani. Dopo tre giorni di ininterrotte manifestazioni, le autorità fasciste, impressionate dall'ampiezza del moto popolare, concessero la grazia, ma questa giunse quando già alcuni dei condannati erano stati fucilati.

I superstiti, una quarantina, ebbero salva la vita: una parte di essi riuscì a fuggire dal carcere e altri furono deportati in Germania.

R.Po.

Grifone, Alfredo

Medaglia d’oro al valor militare alla memoria. N. a Chieti nel 1920, fucilato dai tedeschi a Pineta di Pescara

il 14.2.1944; operaio meccanico. Giovane antifascista, nel 1941 fu chiamato alle armi e prestò serviz[...]



da Contro ogni ritorno : dal fascismo alla Costituzione repubblicana : Provincia di Firenze, 2 giugno 1972 / \a cura di Claudio Galanti, Paolo Tinti, Giovanni Verni!, p. 122

Brano: [...]buon umore fiorentino.

... Proseguiamo i lavori del Comitato nella mattinata e pomeriggio.

Nottata terribile. Fortissime esplosioni, pare, vicine. Anche da noi si sono infranti molti vetri. Una mi ha risvegliato spalancando la finestra e sbattendomi verso il muro.

4 agosto 1944

Si ha notizia del crollo di tutti i ponti, escluso il ponte Vecchio, dei fabbricati di Por Santa Maria, di altre strade di Oltrarno, di parte del palazzo Torrigiani al ponte alle Grazie ecc. Si conferma così quale è stato il principale obiettivo dello stato di emergenza. In famia teutonica che durerà nei secoli. Così è distrutto, col resto, uno dei più bei ponti del mondo quello di Santa Trinità, espressione della più pura bellezza nella più virile forza.

La gente spia dalle finestre socchiuse. Singolarissima la impressione che si ha dell’intera città reclusa. Salvo che nei momenti di scoppi di mine di tiri di cannoni e di mitragliatrici, l’aria vuota da rumori fa sentire le conversazioni a bassa voce dei reclusi e dà una impressione di familiarità ch[...]

[...]ttà nel dolore rivela anche nell’impressione acustica la sua intimità umana, quella intimità che

i barbari vogliono distruggere e che dovremo sempre ricordare anche quando la vita pubblica sarà ripreso in pieno...

5 agosto 1944

La gente comincia a rimettere piede nelle strade, cautamente spiando intor

L’11 agosto si ingaggia la “ battaglia di Firenze Le truppe di Liberazione attraversano l'Arno (foto 175) L’ingresso in città dei partigiani e degli alleati. La soddisfazione popolare è grande (foto 176, 177, 178) Si spara contro i cecchini fascisti sui tetti (foto 179)

I partigiani portati in trionfo (foto 180) Aligi Barducci (Potente) muore in combattimento: il suo funerale si svolge tra la commozione della città (foto 181) Si sfila per la città liberata (foto 182)

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 177

Brano: [...]nerato successivamente dal servizio con il grado di capitano, riprese il suo ufficio presso la Marina militare.

Guerra di liberazione

Dopo i’8.9.1943 passò immediatamente nelle file della Resistenza e fu tra i primi organizzatori della lotta armata a La Spezia (v.), entrando a far parte del Comitato militare del C.L.N. provinciale come rappresentante del P.C.I.. Insieme al colonnello Mario Fontana [Turchi) organizzò i primi nuclei parti

giani operanti nello Spezzino.

Nel giugno 1944 fu arrestato insieme ad altri membri del C.L.N., ma nel corso di un bombardamento riuscì a evadere e raggiunse le formazioni in montagna. Processato in contumacia, fu condannato a morte dal Tribunale speciale di Pavia. Dopo la costituzione della I Brigata Garibaldi « Liguria », ne divenne coordinatore militare nonché responsabile del Servizio informazioni. Allorché, in seguito a un grande rastrellamento operato dai nazifascisti nello Zerasco, la formazione fu costretta a disperdersi (3.8.

1944), passò in Lunigiana (v.) e si unì ai gruppi partigia[...]

[...]aggiunse le formazioni in montagna. Processato in contumacia, fu condannato a morte dal Tribunale speciale di Pavia. Dopo la costituzione della I Brigata Garibaldi « Liguria », ne divenne coordinatore militare nonché responsabile del Servizio informazioni. Allorché, in seguito a un grande rastrellamento operato dai nazifascisti nello Zerasco, la formazione fu costretta a disperdersi (3.8.

1944), passò in Lunigiana (v.) e si unì ai gruppi partigiani operanti in quella zona. Qui, d’intesa con Roberto Battaglia e con l’ufficiale inglese Oldham, collegò le due Brigate garibaldine della Lunigiana alle due Brigate « G.L. » attive in Garfagnana costituendo la Divisione Garibaldi « Lunense » (v.). Quando, nel novembre 1944, gran parte di questa formazione passò la Linea Gotica, Jacopini rimase nel territorio occupato dai tedeschi e, riunite le forze superstiti, creò le basi della seconda Divisione « Lunense », continuando a operare nell’alta Lunigiana fino alla Liberazione. Dai primi giorni dell’aprile 1945, in seguito a divergenze politiche co[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 382

Brano: [...]i, compresi alcuni anarchici e socialisti che erano del tutto estranei all’iniziativa. Il gruppo dirigente comunista sarzanese fu decimato dal Tribunale speciale che, T8.3.1938, comminò 4 anni di reclusione a Ranieri, a Barontini e a Montarese. Da quel momento cessò l’attività clandestina che potè riprendere solo dal 1941, con il ritorno di alcuni dei condannati dal carcere.

Intorno a Ranieri, Barontini, Montarese, P. Madrigani, Galeazzo e Maggiani, nel gennaio 1943 si riorganizzò il partito e, con Ragozzini, anche il sindacato unitario, cui parteciparono il socialista R. Locori e il repubblicano A. Sommovigo.

Guerra di liberazione

Il contesto nel quale doveva svilupparsi la Resistenza sarzanese non era dei più favorevoli, e per la conformazione del territorio (fatto di basse colline e percorso da numerose strade, con punti di accesso

382


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine giani, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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