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Il segmento testuale giacobinismo è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 171Analitici , di cui in selezione 11 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da [Gli interventi] Giorgio Candeloro in Studi gramsciani

Brano: [...]isorgimento e in particolare sul carattere non giacobino del movimento democratico italiano sono tra quelle che hanno sollevato critiche *da parte di molti studiosi di storia. Si è detto che Gramsci, sotto lo stimolo di preoccupazioni politiche proprie del primo dopoguerra, estranee quindi alla situazione dell’età risorgimentale, avrebbe fatto un uso ingiustificato dell’esempio della Rivoluzione francese per giudicare il Risorgimento elevando il giacobinismo a paradigma ideale e commisurando ad esso movimenti politici sorti in condizioni del tutto diverse. Secondo Walter Maturi1, Gramsci avrebbe capovolto il giudizio comparativo sulla Rivoluzione francese e sul Risorgimento dato dal Manzoni negli ultimi anni della sua vita e avrebbe sostituito al modello ideale di rivoluzione liberalemoderata un modello ideale di rivoluzione giacobina. Secondo Rosario Romeo invece2, l’interpretazione gramsciana è criticabile, non solo perché la situazione italiana del Risorgimento era profondamente diversa da quella francese della Rivoluzione, ma soprat
1 W. MAT[...]

[...]ivoluzione giacobina, se ci fosse stata in Italia, non avrebbe avuto funzione progressiva, poiché avrebbe di molto ridotto, con la creazione di un vasto ceto di piccoli proprietari coltivatori, le possibilità di accumulazione capitalistica già tanto limitate in un paese arretrato commercialmente ed industrialmente. Si può dire insomma che, pur con motivazioni diverse e in parte contrastanti, la critica all’affermazione di Gramsci sull'assenza di giacobinismo nel Risorgimento sia stata finora uno dei punti centrali della discussione provocata tra gli storici dall’opera di Gramsci.

Di fronte a queste critiche si deve dire anzitutto che il pensiero storiografico di Gramsci è indubbiamente un aspetto del suo pensiero politico e al tempo stesso della sua azione politica. Ma si deve anche dire che questa azione fu essenzialmente azione rivoluzionaria, rivolta a mobilitare e a dirigere le forze capaci di risolvere i problemi di fondo della società e dello Stato in Italia. Questi problemi, giunti ad un grado estremamente critico nel primo dopoguerra, [...]

[...]o della Rivoluzione francese, che concepiva lo svolgimento della vita francese in un modo determinato, con un programma determinato, sulla base di forze sociali determinate e che esplicò la sua azione di partito e di governo con un metodo determinato che era caratterizzato da una estrema energia, decisione e risolutezza, dipendenti dalla credenza fanatica nella bontà e di quel programma e di quel metodo. Nel linguaggio politico i due aspetti del giacobinismo furono scissi e si chiamò “giacobino” l’uomo politico energico, risoluto e fanatico, perché fanaticamente persuaso delle virtù taumaturgiche delle sue idee, qualunque esse fossero: in questa definizione prevalsero gli elementi distruttivi derivati dall’odio contro gli avversari e i nemici, più che quelli costruttivi, derivati dalTaver fatto proprie le rivendicazioni delle masse popolari; l’elemento settario, di conventicola, di piccolo gruppo, di sfrenato individualismo, più che l’elemento politico nazionale » 1.

È evidente che Gramsci, quando parla di assenza di giacobinismo nel Risorgime[...]

[...]rtù taumaturgiche delle sue idee, qualunque esse fossero: in questa definizione prevalsero gli elementi distruttivi derivati dall’odio contro gli avversari e i nemici, più che quelli costruttivi, derivati dalTaver fatto proprie le rivendicazioni delle masse popolari; l’elemento settario, di conventicola, di piccolo gruppo, di sfrenato individualismo, più che l’elemento politico nazionale » 1.

È evidente che Gramsci, quando parla di assenza di giacobinismo nel Risorgimento, si riferisce alla concezione positiva e comprensiva del giacobinismo, che egli analizza quando si sofferma in vari punti dei Quaderni del carcere suH’azione dei giacobini nella Rivoluzione francese stessa. Secondo lui, i giacobini francesi spinsero avanti in modo violento la stessa borghesia, che inizialmente era su posizioni moderate, ma rimasero sempre nell’ambito di una rivoluzione boghese. Il giudizio gramsciano si avvicina qui a quello dato in modo più ampio e documentato da alcuni storici della Rivoluzione francese, principalmente dal Mathiez. È impossibile però stabilire fino a che punto la concezione gramsciana sia stata influenzata dall’opera del Math[...]

[...]logica che non sii fonda su fantasiose costruzioni ideologiche, o su pregiudizi moralistici, o sul mito di una conoscenza storica concepita come fine a se stessa, ma nasce dall’esigenza di conoscere scientificamente la realtà per trasformarla. Se si tiene presente questo essenziale carattere marxista dell’indagine gramsciana, allora appare anche pienamente legittimo l’uso della comparazione storica nella forma adottata da Gramsci a proposito del giacobinismo. Infatti per comprendere ciò che il Risorgimento è stato effettivamente è necessario vederne con chiarezza i limiti, vedere quali problemi esso lasciò insoluti; è necessario cioè, in un certo senso, tener conto anche di quello che esso non è stato. Perciò occorre studiarlo tenendo presente sia lo sviluppo successivo della storia italiana, che è condizionato dall risultato del Risorgimento, sia lo sviluppo generale della borghesia in Europa e nel mondo. Quindi la comparazione tra il processo storico con cui la borghesia conquistò il potere in Italia e i vari processi storici con 1 quali essa c[...]

[...]n Europa e nel mondo. Quindi la comparazione tra il processo storico con cui la borghesia conquistò il potere in Italia e i vari processi storici con 1 quali essa conquistò il potere in Francia, in Inghilterra o in altri paesi, serve appunto a fissare le caratteristiche dello sviluppo storico che portò in Italia alla formazione di un determinato Stato e di una determinata situazione politicosociale.

D’altra parte, per ritornare al concetto di giacobinismo, mi pare che Gramsci, se da un lato fu probabilmente stimolato alla definizione comprensiva di questo fenomeno storico prima citata dallesempio contemporaneo del bolscevismo e dalla dottrina leninista del partito comunista, dall’altro volle anche affermare che un certo tipo di azione giacobina, o cosidetta giacobina, tendente ad esaurirsi in una prassiGiorgio Candeloro

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insurrezionale, è tipico della rivoluzione borghese e non di quella proletaria. Vi sono nei Quaderni alcuni accenni interessanti, che meriterebbero di essere studiati, sull’origine di quei principi di strategia e di [...]

[...]e, fermarsi ad un punto più o meno avanzato del suo sviluppo per far fronte alla nuova classe rivoluzionaria, mentre la rivoluzione proletaria non può fermarsi prima di essere giunta ad una trasformazione completa e definitiva della società. Essa perciò ha una linea di sviluppo complessa che fu sommariamente ma vivacemente delineata da Marx in un famoso passo dello scritto sul Diciotto Brumaio di Luigi Bonaparte.

Ma il concetto gramsciano del giacobinismo può essere chiarito anche dai giudizi che Gramsci dà su tre uomini del Risorgimento, nei quali egli trova degli spunti giacobini: Giuseppe Ferrari, Carlo Pisacane e Vincenzo Gioberti.

Il giudizio su Ferrari mi sembra particolarmente esatto. Secondo Gramsci, il giacobinismo storico neH’opera di Ferrari si è « diluito e astrattizzato ». Giustamente egli nota come le grandi opere del Ferrari

1 Mach., p. 44.522 interventi

siano degli zibaldoni « f arraginosi e confusi » v mentre notevoli intuizioni politiche appaiono negli scritti polemici o d’occasione. Comunque osserva che il Ferrari si rese conto deH’importanza del problema agrario, ma non seppe elaborare in proposito un programma politico vero e proprio, ma solo una utopistica delineazione della necessità della « legge agraria » ; aggiunge che la posizione politica del Ferrari fu indebolita dal federalis[...]

[...]indiretta su Pisacane da parte di Herzen o di altri rivoluzionari russi; comunque nota una somiglianza tra l’impostazione del problema agrario in Pisacane e nei populisti.

Più interessante, complesso, anche se in una certa misura contraddittorio è il giudizio di Gramsci sul Gioberti, che si può ricavare da parecchi passi dei Quaderni. Nelle opere gioberti'ane, soprattutto nel Rinnovamento civile d’Italia, Gramsci nota due importanti spunti di giacobinismo. Uno riguarda la funzione del Piemonte, che è vista dal Gioberti in relazione al problema della « radunata rivoluzionaria », cioè come una

1 R, p. 75.Giorgio Candeloro

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specie di surrogato della funzione che nella Rivoluzione francese ebbe Parigi, come centro di raccòlta e di direzione delle forze rinnovatrici. L’altro riguarda la funzione dirigente degli intellettuali in senso nazionalepopolare, che Gioberti svolge soprattutto nel Rinnovamento quando parla del « primato dell’ingegno » e quando afferma che una letteratura « non può essere nazionale se non è popolare ». Gioberti, [...]

[...]ticolari,

D’altra parte Gramsci nota anche che nella filosofìa giobertiana la dialettica è concepita come contemperamento degli opposti e stabilisce un rapporto tra Gioberti e l’hegelismo di destra, sicché il Gioberti avrebbe avuto in Italia una funzione non molto diversa da quella avuta in Francia dal Proudhon; un elemento giobertiano sarebbe poi sempre rimasto oeU’idealismo italiano. Questo giudizio non appare ben coordinato con l’altro sul giacobinismo giobertiano; la cosa si spiega se si tiene conto che questi appunti di Gramsci appartengono a vari momenti e furono stesi in rapporto a problemi molto diversi.

Comunque è chiaro che Gramsci si rese perfettamente conto della complessità deHopera del Gioberti, politica e filosofica, e comprese che il Gioberti non può essere considerato semplicemente come un rappresentante del moderatismo, poiché presenta degli aspetti radicalmente innovatori accanto a spunti conservatori e quasi reazionari.

Ho indicato questi giudizi gramsciani su uomini del Risorgimento come esempi di problemi che merite[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] R. Zangheri, La mancata rivoluzione agraria nel Risorgimento e i problemi economici dell'unità in Studi gramsciani

Brano: [...]senza di “ autonomia internazionale ” è la ragione che spiega molta storia italiana e non solo delle classi borghesi » \

Altrove indica le ragioni della mancata formazione in Italia di un partito giacobino « nel campo economico, cioè nella relativa debolezza della borghesia italiana e nel clima storico diverso dell’Europa dopo il 1815 » 2. Entro questa cornice, che Gramsci mantiene ben ferma, riesce meglio comprensibile l’idea dell’assenza di giacobinismo nel Risorgimento, di cui è già un accenno nel Labriola 3.

Il termine giacobinismo, di cui Gramsci sottolinea l’uso analogico e improprio, non contiene, di regola, una specifica e rigida caratterizzazione storica, ma esprime un concetto direttivo e quasi uno strumento della ricerca. Sono « giacobini » Robespierre e Cromwell, Gioberti e Machiavelli, Lenin, per tratti generalissimi del loro pensiero e della loro azione politica, consistenti, essenzialmente, nella volontà di collegare la forza dirigente nazionale, borghesia, proletariato, nei diversi momenti, alle masse popolari e, in ispecie, contadine. Gli elementi costitutivi di questa categoria del giacobinismo Gramsci li [...]

[...]rica, ma esprime un concetto direttivo e quasi uno strumento della ricerca. Sono « giacobini » Robespierre e Cromwell, Gioberti e Machiavelli, Lenin, per tratti generalissimi del loro pensiero e della loro azione politica, consistenti, essenzialmente, nella volontà di collegare la forza dirigente nazionale, borghesia, proletariato, nei diversi momenti, alle masse popolari e, in ispecie, contadine. Gli elementi costitutivi di questa categoria del giacobinismo Gramsci li trae dalla storia della Francia rivoluzionaria 4, ma è cosi lontano dal sovrapporre un mo
1 R., p. 150.

2 £., p. 87.

3 A. Labriola, Discorrendo di socialismo e di filosofia, Bari, 1944, p. 141.

4 Gramsci certamente conosceva l’interpretazione nuova che del giacobinismo veniva elaborata dalla storiografia francese (del Mathiez possedeva in carcere La Revolution frangaise nei tre volumi dell’edizione Colin : G. CARBONE, « I libri del carcere di Antonio Gramsci », in Movimento operaio, a. IV, n. 4, lug.ag. 1952,Renato Zangheri

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dello giacobinofrancese a1la realtà politica del Risorgimento, che scorge appunto nella astratta trasposizione di schemi francesi il limite di Giuseppe Ferrari e la causa della sua sostanziale estraneità al processo unitario.

È decisivo, se non erro, in proposito, il luogo in cui, dopo aver ricordato l’orientamento antifran[...]

[...]sola la tradizione a cui risalire e collegarsi. La storia dei Comuni è ricca di esperienze in proposito: la borghesia nascente cerca alleati nei contadini contro l’Impero e contro il feudalismo locale... Ma il più classico maestro di arte politica per i gruppi dirigenti italiani, il Machiavelli, aveva anch’egli posto il problema, naturalmente nei termini e con le preoccupazioni del tempo suo » \ Dove è evidente che l’uso metodico del concetto di giacobinismo, nonché distrarre dalla considerazione concreta della storia nazionale, per contrapporvi paradigmi stranieri, giova a questa considerazione e le fornisce strumenti fecondi di ricerca e di giudizio.

A tale stregua, si rende palese l’errore del Romeo, laddove afferma, che il pensiero di Gramsci « si impernia sul raffronto con la politica, agraria dei giacobini francesi », se con ciò si intende, come sembra,, che il raffronto verta su particolari orientamenti e programmi definiti, mentre quel che Gramsci trae positivamente dell’esperienza francese è niente più, ripeto, che la direttiva genera[...]

[...] la « via americana ». Che è una contaminazione fra due concetti, quello

p. 670). Negli appunti del carcere sono difatti corretti precedenti giudizi dello spirito giacobino come astratto e antistorico, per i quali vedi, ad es., L'Ordine nuovo, 19191920, Torino, 1934, p. 15, e nella raccolta di scritti giovanili pubblicata da Rinascita, a. XVI, n. 4 (apr. 1957), le pp. 146151.

1 R., p. 74.374

I documenti del convegno

gramsciano del « giacobinismo » e quello leninista delle « vie di sviluppo del capitalismo », che hanno diversa motivazione e si riferiscono a problemi diversi.

Il Romeo non limita la sua critica a questo punto : indipendentemente dalle reali possibilità di attuazione di una riforma agraria, egli si chiede quali effettive prospettive di progresso una simile alternativa avrebbe offerto all’economia italiana. Il Romeo ha il merito di impostare cosi la discussione nei termini giusti, avvertendo che la questione di una rivoluzione agraria, della abolizione cioè dei residui feudali nei rapporti di lavoro e nel regime fondia[...]

[...]vantaggio da una diversa, democratica soluzione della questione agraria al tempo della rivoluzione borghese, e giunge anzi a credere che a quella soluzione debbano ricondursi le più tarde difficoltà dell’agricoltura francese. La scelta dell’esempio francese deriva, come si comprende, dalla logica della posizione del Romeo, o, per dir meglio, dall’errore logico su cui la sua posizione critica è costruita, e che precedentemente abbiamo additato. « Giacobinismo », « modello francese », ecc. sono per Gramsci canoni di ricerca piuttosto che termini di confronto, ed è peraltro fortemente dubbio che paragoni sia in generale legittimo istituire fra processi nazionali diversi, se non con le più rigide cautele.

Intanto, un giudizio di qualche attendibilità dovrà fondarsi su un esame d’assieme e non su aspetti particolari, e dovrà trascurare sviluppi più recenti, che oltrepassano il quadro storico in esame. Assumere, ad esempio, come il Romeo assume, a prova del carattere scarsamente progressivo della politica agraria giacobina, il maltusianesimo economi[...]

[...]e alle pp. 5045, dove il Romeo osserva che la signoria milanese dei Della Torre non portò a fondo la lotta antifeudale nel contado, per concludere : « La mancanza di un concreto sostegno nel contado — che non si seppe o non si volle trovare nei rustici — rende assai più difficile alla pur potente città il controllo effettivo del dominio ». Che è, nella sostanza, niente di diverso, metodologicamente, da quel che è stato definito come il « mancato giacobinismo » della borghesia risorgimentale.



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] R. Cessi, Problemi della storia d'Italia nell'opera di Gramsci in Studi gramsciani

Brano: [...]motivo agrario anche se egli adotta un concetto alquanto restrittivo, nazionalecontadino, che, a mio avviso, merita qualche riserva.
L'esigenza agraria è stata l'argomento che ha ispirato sia nella pratica che nella dottrina il lento formarsi della coscienza rivoluzionaria francese, fino allo sbocco nel moto convulso .e giacobino, che ha coronato la fase decisiva.
Fu quella che argutamente il Gramsci definisce rivoluzioneprogressiva, di cui il giacobinismo espresse il contenuto piú costruttivo, e successivamente neutralizzata da quella che fu detta controrivoluzione e che meglio può definirsi rivoluzioneconservatrice.
50 I documenti del convegno
La rivoluzione continuò dopo il tramonto del giacobinismo, ma in senso conservatore, compenetrandosi nel risorgimento ottocentesco, cosí come si era svolto anche in Inghilterra, sboccando in un movimento liberale.
In Italia, la fase rivoluzionariaprogressiva, secondo il Gramsci, è mancata o almeno ebbe breve risonanza, perché è mancato un movimento nazionalecontadino, un incontro cioè con la massa popolare (e in realtà l'elemento rurale costituiva la massa preponderante), è mancato l'impulso giacobino, e conseguentemente ha reso assai lento e faticoso il processo di unificazione politica.
Si potrebbe osservare che il problema della terra in Italia[...]

[...]ore e dalla pietà. Il "cittadino" viene rinnegato dal "compagno "; l'atomismo sociale viene rinnegato dall'organizzazione » 2.
Si profila un nuovo concetto di « libertà », quella « libertà », che nasce dalla liberazione dalle contraddizioni, che corrodono la società, superando la contrapposizione di classe.
Anche questa « rivoluzione » trova il suo primo fermento nel problema agrario: il cartismo ed il falansterismo erano stati gli epigoni del giacobinismo, che aveva cooperato al consolidamento delle strutture borghesi.
I nuovi fermenti nascono sul terreno salariale e nell'ambito delle masse rurali. In Italia il progressivo turbamento dei primi decenni dopo l'unità politica, dalle grandi inchieste agrarie di stile borghese, ordinate a titolo di preventiva difesa, ai moti contadini dei fasci siciliani e di quelli della pianura padana, pionieri del risorgimento proletario; in Russia le agitazioni agrarie della seconda metà del sec. XIX, sono stati il preludio di quella « rivoluzioneprogressiva » che è in atto, con le alternative, che ogni sforzo[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] A. Caracciolo, A proposito di Gramsci, la Russia e il movimento bolscevico in Studi gramsciani

Brano: Alberto Caracciolo
A PROPOSITO DI GRAMSCI,
LA RUSSIA, E IL MOVIMENTO BOLSCEVICO
1. Uno studio della posizione e del pensiero di Gramsci in rapporto alla Rivoluzione russa, al partito bolscevico, all'Internazionale comunista, ci fa pensare a quello, piú volte intrapreso ed oggi rinnovato da valenti studiosi, sulle relazioni tra giacobinismo italiano e Francia repubblicana. Anche qui, mutati tanti altri elementi, si tratta infatti di individuare quanto vi sia nel pensiero e nel movimento politico di autoctono, antecedente all'importazione di idee da un grande paese rivoluzionario, e quanto vi sia di acquisito ex post. Nel nostro caso naturalmente ben diversa è la forza dell'elemento originario italiano, per la personalità di Gramsci e per la maturità stessa del movimento socialista: ma l'ordine di problemi appare non privo di analogie.
La ricerca che ci interessa è complicata dal significato vivamente « attuale » di ogni suo ris[...]

[...] di uno Stato che si crea attraverso un lungo lavoro preparatorio, un periodo e una lotta mediante i quali bisogna « dare maggior sviluppo e maggiori poteri alle istituzioni proletarie di fabbrica già esistenti, farne sorgere di simili nei villaggi, ottenere che gli uomini che le compongono siano dei comunisti consapevoli della missione rivoluzionaria che l'istituzione deve assolvere » 4. Mentre è vivissima la polemica contro ogni possibilità di giacobinismo dei bolscevichi, per la quale un pugno dii uomini si sostituirebbe alla « libera voce della coscienza universale », e verrebbe instaurata una illimitata dittatura.
1 Vedi tra gli altri gli scritti pubblicati nello scorso anno da R. Guiducci, G. Scalia, M. Spinella. Deformate dalla volontà di ricondurre il pensiero gramsciano alla prassi attuale, invece, le conclusioni che trae F. Ferri su Rinascita, settembre 1957.
2 « Controllo operaio», L'Ordine Nuovo, 10 feb. 1921.
3 « Per conoscere la rivoluzione russa », Il Grido del popolo, 22 giugno 1918, non firmato.
4 « La conquista dello Stato »[...]



da [Gli interventi] Gastone Manacorda in Studi gramsciani

Brano: [...]rei che su questi temi, quasi per paradosso, si verifica perfino che contengano maggiore verità storica certi giudizi che sembrano più polemici, più politici.

Per esempio, a proposito di Giolitti, a me sembra che il giudizio che si trova ad un certo punto nei Quaderni, secondo il quale Giolitti, in fondo, sarebbe un continuatore di Crispi, che si sarebbe mantenuto,Gastone Manacorda

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essenzialmente, nel solco di Crispi sostituendo al giacobinismo di temperamento di Crispi la solerzia e la continuità burocratica, sia un giudizio politico di tipo polemico che non si può trasferire sul piano storico. Mi pare che qui Gramsci non intenda a fondo il valore della lotta politica che si svolse all'interno della borghesia, (ma anche con la partecipazione, per la prima volta sul piano della politica nazionale, delle forze proletarie) alla fine del secolo XIX. Viceversa, mi sembra che resista all’analisi storica, che del resto è appena iniziata, l’esame più profondo del sistema giolittiano e delle alleanze di classe sulle quali esso poggia, come [...]



da [Le relazioni] P. Togliatti, Gramsci e il leninismo in Studi gramsciani

Brano: [...] struttura dei rapporti produttivi e le sovrastrutture (politiche, militari, organizzative, ideologiche, ecc.), giunge a individuare quello che egli chiama il « blocco storico », le forze che lo dirigono e i contrasti interiori che ne determinano il movimento.

Nella prima giornata di questo Convegno si è svolto un interessante dibattito circa le affermazioni e la critica di Gramsci alle forze motrici del Rinascimento italiano per l’assenza di giacobinismo. Mi sembra però che un momento particolarmente importante non sia stato messo nellaPaimiro Togliatti

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giusta luce da chi è intervenuto su questa questione. Non è che Gramsci incolpasse i ceti borghesi di non aver fatto quello che potevano fare. Esulava dalla sua metodologia questo modo di intendere la storia. Quello che egli cerca è invece un’esatta definizione di ciò che questi ceti hanno fatto, il che gli deve servire per dare una definizione esatta della struttura della società italiana, quale esce dalla rivoluzione nazionale. Né si può negare che, nei momenti critici della stori[...]



da Vitilio Masiello, Noterelle e schermaglie. Pius Julius (ossia dall'uomo del Guicciardini all'uomo della D.C.) in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...] prevenuta e faziosa della politica democristiana in questo trentennio soprattutto per ciò che concerne i rapporti tra Stato e Chiesa. Un'immagine di subalternità devota, di cedimenti e di indebite interferenze, messa in campo da frammassoni, vecchi radicali (quelli D.O.C., naturalmente, i « visi pallidi » del Mondo, sopravvissuti a se stessi), azionisti allo stato brado, anticlericali d'ogni risma: i relitti storici, insomma, del laicismo e del giacobinismo italiano. Ed è un'immagine che resiste persino ai grandi incontri — « storici » e liberatori — di questo fausto trentennio, alle politiche di centrosinistra prima, di unità nazionale poi, che della D.C. hanno collaudato la laica disponibilità al « confronto » e al dialogo con gli infedeli, e dei partiti della
sinistra storica la salutare liberazione dagli antichi integralismi ideologici e classistici.
Ebbene, di queste due immagini strumentali e in certo senso complementari dell'uomo e del sistema, fa ora giustizia l'ultimo libro di Andreotti, A ogni morte
NOTERELLE E SCHERMAGLIE 721
di P[...]



da Michele A. Cortellazzo, Noterelle e schermaglie. Il guitto Marco. Appunti per un ritratto linguistico di Pannella in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...] prevenuta e faziosa della politica democristiana in questo trentennio soprattutto per ciò che concerne i rapporti tra Stato e Chiesa. Un'immagine di subalternità devota, di cedimenti e di indebite interferenze, messa in campo da frammassoni, vecchi radicali (quelli D.O.C., naturalmente, i « visi pallidi » del Mondo, sopravvissuti a se stessi), azionisti allo stato brado, anticlericali d'ogni risma: i relitti storici, insomma, del laicismo e del giacobinismo italiano. Ed è un'immagine che resiste persino ai grandi incontri — « storici » e liberatori — di questo fausto trentennio, alle politiche di centrosinistra prima, di unità nazionale poi, che della D.C. hanno collaudato la laica disponibilità al « confronto » e al dialogo con gli infedeli, e dei partiti della
sinistra storica la salutare liberazione dagli antichi integralismi ideologici e classistici.
Ebbene, di queste due immagini strumentali e in certo senso complementari dell'uomo e del sistema, fa ora giustizia l'ultimo libro di Andreotti, A ogni morte



da Recensione di Maria Luisa Vecchi su Cesare Musatti, Il pronipote di Giulio Cesare, Mondadori, 1979, pp. 264 in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]l nazismo (tra l'altro, Bloch non è neppure citato in R. De Felice, Le interpretazioni del fascismo, Bari 1971) molto piú profonda e originale che non i vari sociologi o marxisti ortodossi, e molto vicina a quella di Fachinelli. Anzi, ci sembra, le ipotesi di Fachinelli confermano piú a fondo quelle di Bloch, e, spiegano, insieme, il tempo e i modi del manifestarsi del nazifascismo, e, in particolare, perché il fascismo come il nazismo — detto « giacobinismo del mito » da Bloch — riuscirono a « utilizzare i ceti ungleichzeitig » (R. Bodei, Multiversum, p. 35), cioè i ceti contadini e piccoloborghesi.
Il contributo di Bloch, su questo punto, ci sembra prezioso, e utile a portare avanti il discorso a cui con cautela accenna Fachinelli: costruire intorno all'elaborazione temporale (o cronotipia) una nuova organizzazione del sapere, puntando cosí — anche per l'essere questa « una prospettiva di lavoro su piú piani » (p. 154) — a una riformulazione e unificazione dei vari saperi parziali esistenti (p. 155) sull'agire dell'uomo.
FEDERICO LA SALA
CES[...]



da Recensione di Federico La Sala su Alvio Facchinelli, La Freccia Ferma. Tre tentativi di annullare il tempo, Milano, L'Erba Voglio, 1979, pp. 176 in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]l nazismo (tra l'altro, Bloch non è neppure citato in R. De Felice, Le interpretazioni del fascismo, Bari 1971) molto piú profonda e originale che non i vari sociologi o marxisti ortodossi, e molto vicina a quella di Fachinelli. Anzi, ci sembra, le ipotesi di Fachinelli confermano piú a fondo quelle di Bloch, e, spiegano, insieme, il tempo e i modi del manifestarsi del nazifascismo, e, in particolare, perché il fascismo come il nazismo — detto « giacobinismo del mito » da Bloch — riuscirono a « utilizzare i ceti ungleichzeitig » (R. Bodei, Multiversum, p. 35), cioè i ceti contadini e piccoloborghesi.
Il contributo di Bloch, su questo punto, ci sembra prezioso, e utile a portare avanti il discorso a cui con cautela accenna Fachinelli: costruire intorno all'elaborazione temporale (o cronotipia) una nuova organizzazione del sapere, puntando cosí — anche per l'essere questa « una prospettiva di lavoro su piú piani » (p. 154) — a una riformulazione e unificazione dei vari saperi parziali esistenti (p. 155) sull'agire dell'uomo.
FEDERICO LA SALA
CES[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine giacobinismo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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