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Il segmento testuale futurista è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 457

Brano: [...]che vede solo nell’epopea del lavoro la costruzione deN’avvenire. Questa è la ragione per cui il primo titolo che Boccioni diede al dipinto fu, appunto, Il Lavoro. Per ciò questa prima composizione di forte impegno di Boccioni, oltreché pittoricamente, anche nell’ispirazione è assai più vicina al Quarto Stato di Pelizza da Voi pedo di quanto a prima vista possa sembrare. Analogamente, la sintesi delle sue idee politiche anarchiche con l’estetica futurista, Carrà l’attuerà nello stesso periodo con I funerali dell'anarchico Galli, un’opera a cui certamente ha pensato George Grosz allorché, nel 191718, dipinse il Funerale dell'anarchico Panizza.

Questi bagliori di anarchismo, di socialismo libertario, di volontà eversiva, nel futurismo di quei primi anni sono senz’altro assai vivi. Per rendersene conto, basta rileggere i manifesti politici redatti allora da Marinetti, fra tutti in particolare il Manifesto del Partito futurista italiano, pubblicato per la prima volta nel febbraio del 1918, in occasione appunto della trasformazione del movimento[...]

[...]o stesso periodo con I funerali dell'anarchico Galli, un’opera a cui certamente ha pensato George Grosz allorché, nel 191718, dipinse il Funerale dell'anarchico Panizza.

Questi bagliori di anarchismo, di socialismo libertario, di volontà eversiva, nel futurismo di quei primi anni sono senz’altro assai vivi. Per rendersene conto, basta rileggere i manifesti politici redatti allora da Marinetti, fra tutti in particolare il Manifesto del Partito futurista italiano, pubblicato per la prima volta nel febbraio del 1918, in occasione appunto della trasformazione del movimento futurista in partito. Si tratta di un manifesto che riprendeva, sviluppandola alcu

ni punti più sbrigativamente enunciati nel Primo manifesto politico per le elezioni del 1909 e nel Programma politico futurista pubblicato nel 1913.

In esso vi si leggono dichiarazioni come le seguenti: « Abolizione dell'autorizzazione maritale, divorzio facile. Svalutazione graduale del matrimonio per l’avvento graduale del libero amore e figlio di Stato. Preparazione della futura socializzazione delle terre con un vasto demanio mediante la proprietà delle Opere Pie, degli Enti pubblici e con la espropriazione di tutte le

terre incolte e mal coltivate. Energica tassazione dei beni ereditari e limitazione dei grandi successori [...].

Massimo legale di otto ore di lavoro. Parificazione a uguale lavoro delle me[...]

[...]'uomo in croce ».

La concezione politica di questo manifesto è di evidente ispirazione repubblicana, anarcoide e socialisteggiante, oltreché anticlericale secondo un diffuso atteggiamento che lo stesso socialismo italiano aveva ereditato dal Risorgimento.

Tutto ciò può far capire anche certe improvvise uscite di Marinetti, come quando, più tardi, scriverà: « Sono lieto di apprendere che i futuristi russi sono tutti bolscevichi e che l'arte futurista fu per qualche tempo arte di Stato in Russia. Le città russe, per l’ultima festa di maggio, furono decorate da pittori futuristi. I treni di Lenin furono dipinti all'esterno con dinamiche forme colorate molto simili a quelle di Boccioni, di Baila, di Russoio. Questo onora Lenin e ci rallegra come una vittoria nostra ».

Nella stessa occasione Marinetti si rivol, geva ai « socialisti ufficiali » e li sfidava con tre domande: « 1. Siete voi disposti

Cario Carrà. « I funerali dell'anarchico Galli ». 1912

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 458

Brano: [...] volontà di potenza » interpretate rudimentalmente s’incontrano con l’apologia della violenza soreliana, di cui il decadentismo dannunziano insieme con quello più frenetico del Mafarka marinettiano danno una particolare versione sadicoerotica, che Marinetti, D’Annunzio e Mussolini, e con loro i numerosi seguaci, si riprovarono uniti negli anni dell’interventismo (v.). Ed è in questa circostanza che ogni possibile fermento di autentica ribellione futurista decadde, travolto da un nazionalismo cieco, isterico, fanatizzato. Mussolini, nel suo articolo su Nietzsche, parlava dei « liberi spiriti fortificati dalla guerra »; D’Annunzio parlerà della guerra come di « un evento lirico »; Carrà, nel suo libretto Guerrapittura, scriverà:

« Oggi il borghese favorevole alla guerra è certamente più rivoluzionario del cosiddetto rivoluzionario neutralista. Egli arrischia e « opera: dunque è rivoluzionario, mentre il cosiddetto anarchico è nocivo alla vita e al progresso, perché nulla alla vita e al progresso sacrifica in realtà ».

Così dunque tramontav[...]

[...]videnti, voleva l’intervento in guerra, contrapponendosi alla più incerta, ritardataria, paurosa borghesia terriera che esitava a gettarsi nell’avventura in quanto non vi scorgeva i vantaggi immediati che tanto interessavano gli industriali dell'Alta Italia.

Non per nulla la capitale del futurismo fu Milano (v.), allora in piena espansione produttiva. È qui che, appunto, Marinetti aveva sistemato il suo quartier generale ed è qui che l’azione futurista raggiunse i suoi vertici.

Il nazionalismo futurista

Il nazionalismo di Marinetti e dei futuristi, quale degenerazione del patriottismo risorgimentale, era comunque già presente nel manifesto del 1909: « Noi vogliamo glorificare la guerra — sola igiene del mondo

— il militarismo, il patriottismo [...] », vi si affermava. Ma quanto fosse violento lo spirito nazionalistico tra i futuristi e tra molti altri intellettuali d’allora, lo si può già giudicare dalle reazioni che seguirono, nel 1911, l’inizio della guerra libica. In quell’occasione si allinearono sulle medesime posizioni di plauso sia Enrico Corradini (fondatore del Regno e corifeo[...]

[...] sia i futuristi che Giovanni Pascoli.

Anche i soreliani anarcosindacalisti come Arturo Labriola non disapprovarono l'impresa, mentre Giuseppe Prezzolini, sulla Voce, si guardava bene dal riprovare, sia pure blandamente, l’aggressione africana. Il nazionalismo insomma era già il mastice che incollava tutti e tutto, al di là di ogni divergenza letteraria, politica e filosofica.

I futuristi salutarono la guerra di Libia come una « grande ora futurista ». Nell’ottobre di quell’anno, inneggiando alla conquista di Tripoli, Marinetti scriveva un nuovo manifesto, dove si possono leggere alcune delle sue affermazioni più forsennate:

« Siano concesse all’individuo e al popolo tutte le libertà tranne quella di essere vigliacco. [...] Sia proclamato che la parola Italia deve dominare sulla parola Libertà Orgogliosi di sentire uguale il nostro fervore bellicoso che anima tutto il Paese, incitiamo il Governo italiano, divenuto finalmente futurista, a ingigantire tutte le ambizioni nazionali, disprezzando le stupide accuse di pirateria e proclamand[...]

[...]ando alla conquista di Tripoli, Marinetti scriveva un nuovo manifesto, dove si possono leggere alcune delle sue affermazioni più forsennate:

« Siano concesse all’individuo e al popolo tutte le libertà tranne quella di essere vigliacco. [...] Sia proclamato che la parola Italia deve dominare sulla parola Libertà Orgogliosi di sentire uguale il nostro fervore bellicoso che anima tutto il Paese, incitiamo il Governo italiano, divenuto finalmente futurista, a ingigantire tutte le ambizioni nazionali, disprezzando le stupide accuse di pirateria e proclamando la nascita del Panitalianismo ».

Nella guerra, i futuristi vedevano non solo l’impresa patriottica in sé, ma qualcosa di più; vedevano cioè

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 552

Brano: Marinetti, Emilio F. T.

Corrado Govoni, Luciano Folgore, Ardengo Soffici e altri), ma anche pittori [Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Carlo Carrà, Gino Severini), architetti (il più famoso fu Sant’Elia) e musicisti (si ricordino PrateUa e Luigi Russolo). Per ogni settore il movimento futurista lanciò un manifesto programmatico che avrebbe dovuto costituire la piattaforma su cui poggiare l’arte degli anni futuri. Marinetti tentò di rinnovare anche il teatro, mettendo in scena spettacoli di « parole e suoni in libertà » che indignavano il pubblico benpensante e lo facevano reagire con clamorose manifestazioni di intolleranza. Nel 1916, con il manifesto intitolato La cinematografia futurista, Marinetti identificò nel cinema una nuova arte, la più « futurista » di tutte, la più idonea a esprimere la dinamicità del nuovo secolo.

Grazie al suo considerevole patrimonio personale, Emilio F.T. Marinetti potè finanziare gran parte delle iniziative futuriste e viaggiare molto, collegandosi a vari ambienti internazionali e stringendo alleanze letterarie. Nel 1913 Guillaume Apol

I inai re, molto attento all'attività dei futuristi, scrisse L’antitradition tuturiste elogiandone le imprese. Nel

lo stesso anno Marinetti partì per Sofia, per assistere all’assedio di Adrianopoli durante la guerra bulgaroturca. Proseguendo il viaggio arrivò in Russia con[...]

[...]durante la quale fu ferito, ricavandone due medaglie al valore. Nell’aprile 1919 fece parte delle squadre fasciste che distrussero la sede dell’« Avanti! » a Milano. Nel novembre, dopo la sconfitta elettorale fascista, fu nuovamente arrestato a Roma con Mussolini e Bolzon. Nel 1920, dopo aver tacciato, in sede di congresso, i fasci di reazionarismo e passatismo, Marinetti si dimise dal Partito fascista. Mussolini, che aveva visto nello scrittore futurista e nel suo chias

soso movimento un notevole strumento di propaganda e al momento opportuno se ne era servito per fornire una facciata « culturale » di avanguardia al movimento fascista, nel 1924 lo fece rientrare nei ranghi, ordinando onoranze nazionali a Marinetti e al congresso futurista.

Il 18.3.1929 Marinetti fu nominato accademico (v. Accademia d’Italia), ma ormai non aveva più nulla da dire né avrebbe potuto dirlo nel suo linguaggio infuocato in quell’Italia fascistizzata.

Nel 1936, sessantenne, volle partecipare di persona aH’aggressione etiopica come volontario nella Milizia. Sei anni dopo, in un estremo allucinante anelito, volle raggiungere le truppe italiane sul Fronte russo. Rientrò in Italia nel 1943, malato e stanco. L’8.9.1943 aderì formalmente alla repubblica di Salò. Morì l’anno dopo, per una crisi cardiaca. Di Marinetti si ricordano le opere giovanili, s[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 456

Brano: [...]tà di rinnovamento in più d’un caso non era né puramente plasticoletteraria né solo reazionaria.

In una lettera di informazione a Leone Trotskij, redatta a Mosca nel settembre del 1922, Antonio Gramsci scrisse: ■ Prima della guerra i futuristi erano molto popolari tra i lavoratori. La rivista Lacerba, che ave

va una tiratura di ventimila esemplari, era diffusa per i quattro quinti tra i lavoratori. Durante le molte manifestazioni dell’arte futurista nei teatri delle grandi città italiane capitò che i lavoratori difendessero i futuristi contro i giovani mezzo aristocratici e borghesi, che si picchiavano coi futuristi ». E Gramsci accenna anche all'episodio di Marinetti che, invitato a Torino da una associazione culturale operaia a visitare una mostra di opere dipinte da un gruppo di lavoratori, non solo accettò l'invito, ma espresse anche la « sua soddisfazione per essersi convinto che i lavoratori avevano per le questioni del futurismo molta più sensibilità che non i borghesi ».

Ciò che tuttavia può apparire anche più sorprendente è q[...]

[...] all'episodio di Marinetti che, invitato a Torino da una associazione culturale operaia a visitare una mostra di opere dipinte da un gruppo di lavoratori, non solo accettò l'invito, ma espresse anche la « sua soddisfazione per essersi convinto che i lavoratori avevano per le questioni del futurismo molta più sensibilità che non i borghesi ».

Ciò che tuttavia può apparire anche più sorprendente è quanto Gramsci riferisce ancora: « Al movimento futurista partecipano attualmente monarchici e comunisti, repubblicani e fascisti ».

Come era dunque possibile un tale eterogeneo miscuglio di tendenze aUmterno di uno stesso movimento? Intanto si ricordi che Marinetti proveniva dall’ambiente dei simbolisti francesi, sostenitori e divulgatori delle idee anarchiche. La sua prima opera teatrale, Le Roi Bombace, scritta in francese nel 1905, contiene l’elogio dell’anarchico Famone, uno dei protagonisti, appunto, di questa « tragedia satirica ».

È da questo precedente che quattro anni dopo si arriva a glorificare nel primo « Manifesto » « il gesto de[...]

[...]dei nuovi prodigi della tecnica: « Siamo nel secolo in cui si scoprono nuovi mondi e pianeti, in cui si è trovato l’applicazione del vapore, l'elettricità, il gas, il cloroformio, l’elica, la fotografia, la galvanoplastica e mille altre cose ammirevoli che permettono all’uomo di vivere venti volte più e venti volte meglio che nel passato [...]. Che l’arte letteraria dimentichi il tritume delle cose morte e che viva col suo tempo ».

Il Partito futurista italiano

È sul piano di queste idee che, nel 1909, artisti come Umberto Boccioni e Carlo Carrà diventano futuristi. Lo scrittore futurista Libero Altomare, raccontando di un suo incontro milanese con Boccioni a quell’epoca, afferma tra l’altro che fu

lo stesso Boccioni a confessargli di

Umberto Boccioni. « La città che sale ». 1912

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 459

Brano: [...]ipazione al conflitto, Marinetti e i suoi amici ripresero le loro lotte politiche a Milano, contribuendo direttamente alla formazione dqi Fasci di combattimento. Con Marinetti, i più attivi in questo senso furono Mario Carli e Ferruccio Vecchi.

A quest'epoca però il futurismo creativo, in particolare quello dei pittori, si era già praticamente concluso con la conversione di Carrà alla pittura metafisica, che è l’esatto contrario del dinamismo futurista. e con la morte di Boccioni nel

1916, avvenuta per una caduta da cavallo nel corso di una esercitazione.

Poco prima di morire, Boccioni aveva scritto a un amico: « Da questa esistenza io uscirò con disprezzo per tutto ciò che non è arte [...]. Esiste solo l'arte ». Nel bel mezzo dell'entusiasmo, la crisi l’aveva quindi colto di sorpresa, sconcertandolo, ed egli si era rivolto all'unica verità che gli era rimasta: l'arte. La dura realtà della guerra aveva spento l’euforia delle giornate interventiste.

Marinetti tuttavia non aveva ricavato nessuna utile lezioné dalla guerra. Così la su[...]

[...]dell'entusiasmo, la crisi l’aveva quindi colto di sorpresa, sconcertandolo, ed egli si era rivolto all'unica verità che gli era rimasta: l'arte. La dura realtà della guerra aveva spento l’euforia delle giornate interventiste.

Marinetti tuttavia non aveva ricavato nessuna utile lezioné dalla guerra. Così la sua esaltazione nazionalista continuò con tutte le contraddizioni precedenti. Il periodo più intenso dell'attività politica marinettiana e futurista durò sino alla primavera del 1920. Fu così che Marinetti fu presente alla riunione dal Fascio milanese il 23.3.1919, prendendo la parola subito dopo Mussolini; e che il 15 aprile partecipò all’aggressione del corteo socialista in via Mercanti, che si concluse con la devastazione della sede d e II ’ « Avanti! ».

Qualche tempo dopo, I’1.8.1920, in una lettera aperta a\\'Ardito, Marinetti dichiarava: « lo non partecipai in alcun modo all’incendio degli uffici del giornale ». Egli però fu indubbiamente uno dei protagonisti più attivi di quella giornata.

Allo stesso modo, sempre nel 1919, Ma[...]

[...]discorso elettorale tenuto in piazza Beigioioso il 10 novembre, egli riprendeva, spingendole al parossismo, le note tesi sul primato italiano:

« Noi crediamo che la razza italiana debba dominare il mondo con le forze industriali, ma siamo convinti che lo dominerà con la

F. T. Marinetti, seniore della Milizia fascista, volontario nella guerra d’Etiopia (Tembien, primavera 1936)

forza indiscutibile dei suoi geni creatori. [...] lo sono un futurista, cioè uno spirito inebriato dalla potenza del sangue italiano. Questo sangue contiene in sé Te virtù capaci di dettare nuove leggi di bene e di forza, nuove vie di luce e di eroismo al mondo! ».

Impotenza piccolo borghese

Negli scritti marinettiani del primo dopoguerra sono racchiusi molti dei motivi e delle espressioni che, insieme alla retorica deH’arditismo (v. Arditi), passeranno poi nella concezione politica e nel guardaroba fascista. La « mistica dell’azione » è nata da Marinetti; e così il « vivere pericolosamente », il « largo ai giovani »; e così, con sorprendente anticipazione[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 551

Brano: [...] cercò allora di catalizzare attorno a sé nuovi giovani, utilizzando il prestigio politico fascista di alcuni suoi lontani protagonisti (mentre nell’immediato dopoguerra si erano tentati in Italia improbabili rapporti tra futurismo e bolscevismo, così come si voleva sperimentare nelI’UjR.S.S. intorno agli inizi degli anni Venti). L autorevolezza di Marinetti presso tutte le gerarchie fasciste permise una sorta di rinascita virtuale del movimento futurista: incarichi di decorazioni e di grafica di propaganda, attività editoriali, garanzia di presenza del « settore futurista » in ogni manifestazione artistica ufficiale: furono queste le forme di una effimera ripresa del futurismo (« neofuturismo ») in Italia.

Ma in questo piccolo gruppo non vi erano architetti di qualche valore: né il richiamo al « mito » di Antonio Sant’Elia (18881916) né il velleitario potere sbandierato per raggruppare nuovi accoliti furono infatti sufficienti per costituire un vero gruppo operativo, così il « neofuturismo » cercò di presentare, come propri adepti, tecnici di una più generica « modernità » costruttiva (come l'ing. Fiorini„ grazie alle immagini dei suoi grattacieli di tensis[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 124

Brano: [...]va di uomini che, provenienti dagli strati più sani delle masse popolari, avevano costantemente mantenuto i contatti con queste masse; da essi ebbero origine, in molte località, quei gruppi di Arditi del popolo (v.) che scrissero pagine di genuino eroismo nella storia del movimento operaio italiano.

Nel dopoguerra andarono costituendosi, sulla base degli ex arditi, anche alcune associazioni. Il 7.1.1919 l’ex ufficiale degli arditi e scrittore futurista Mario Carli fondò a Roma VAssociazione Arditi d'Italia, con orientamento nazionalista di estrema destra. Analoga associazione fu fondata a Milano, nell’abitazione di Emilio F.T. Marinetti, leader del futurismo (v.), dall’ex capitano Ferruccio Vecchi. Il Carli e il Vecchi furono anche condirettori della pubblicazione L’Ardito.

Non privo di interesse il rapporto tra gli arditi e il movimento futurista. Quest’ultimo aveva sempre espresso la propria vocazione di non limitarsi al campo puramente artisticoletterario, ma di partecipare attivamente (su posizioni di violento bellicismo e di fiero nazionalismo) alla vita politica. Già prima della guerra mondiale i futuristi avevano capeggiato gruppi interventistici e poi, nei giorni della rotta di Caporetto (v.), avevano colto l’occasione per dar vita a Fasci politici futuristi che, nell’intento dei promotori (Marinetti, Carli, Settimelli), avrebbero dovuto promuovere la riscossa morale della nazione. Era quindi naturale che, durante e dopo il con[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 176

Brano: [...] Francesco Mazzei, Marcello Merlo e Enzo Molajoni (Tito Silvio Mursino era l’anagramma e lo pseudonimo di Vittorio Mussolini, figlio del duce. Egli però abbandonerà il movimento dopo qualche settimana). Vi aderì anche Mario Alleata. Nel 1933 Zangrandi aveva 18 anni: fu quindi una iniziativa di giovani che si erano legati di amicizia sui banchi del Liceo Tasso di Roma, non priva di significati interessanti. Il Novismo scaturiva da una rivolta antifuturista. Il settimanale Futurismo aveva scritto che « autentico, perfetto fascista non può essere che il futurista », e i giovani che erano attorno a Zangrandi avevano risposto sui loro fogli studenteschi, su Penna dei Ragazzi di Roma, su Camminare di Milano (foglio, quest’ultimo, della dissidenza giovanile fascista, fondato nel 1932. Vi collaborarono Alberto Mondadori, Remo Cantoni, Enzo Paci, Giuseppe Tramarollo, Mario Zagari. I futuristi, dal titolo e per dileggio, lo definirono « l'organo dei podisti milanesi ». Fu soppresso nel 1935), distinguendo tra futurismo e fascismo, dicendo che si poteva essere l’una cosa senza essere l’altra, e che non esisteva — non doveva esistere — un’arte ufficiale del re[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 730

Brano: [...]si a stati d’animo più che a una dottrina, si ispirava a una ideologia attivistica che era tutt’altro che estranea ai movimenti culturali dell'epoca. In particolare il futurismo (v.), a cui

F.T. Marinetti (v.) aveva dato vita fin dal 1909 come movimento artistico e letterario, apparve subito congeniale alle esigenze « ideali » del primo fascismo, alla « logica » delle spedizioni punitive e all’« etica » del manganello. Nel primo « Manifesto » futurista si esaltava infatti « l’amor del pericolo, l'abitudine all’energia e alla temerarietà... il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno ». Non a caso i futuristi furono i primi intellettuali italiani a confluire nel movimento fascista. Più tardi, nel 1924, Piero Gobetti (v.) potè scrivere: « L’arte di Marinetti è tutta una preparazione alla marcia su Roma; arte di commesso viaggiatore di oggetti sportivi, di squadrista rumoroso, di studente sovversivo. Mussolini è riuscito poiché l’esperienza di Marinetti gli ha aperto la via: fu Mari[...]

[...]sti avevano acquistato; essi erano diventati piuttosto Io strumento di forze sociali che riuscirono ad utilizzarli per i loro fini. « La guerra civile — sottolineava Gramsci in quello stesso articolo — è stata scatenata proprio dalla classe borghese che tanto la depreca, a parole ».

Non sarebbe però giusto, nella ricerca delle componenti culturali del fascismo delle origini, chiamare in causa solo il decadentismo dannunziano e l’avanguardismo futurista. In tal modo, oltre tutto, non si potrebbero capire le ragioni dell’ulteriore sviluppo. In realtà, decadentismo, attivismo, irrazionalismo non erano tanto isolate manifestazioni di eccentrico avventurismo nella letteratura del tempo, quanto l’estremo esito di un lungo travaglio culturale che si era presentato all’inizio del secolo con l’ansia e le promesse di un profondo rinnovamento,, come reazione contro il piatto positivismo e l’esangue riformismo. Inevitabile come espressione della crisi della società italiana, la crisi della cultura non aveva però trovato uno sbocco che la collegasse con[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 460

Brano: [...]i. « Mussolini architettonico »

opera poetica, dopo aver cantato la guerra d’Africa .e l’autarchia, fu lode intitolata Quarto d’ora di poesia della X Mas. Ma ormai, da tempo, il futurismo era stato messo da parte anche dal fascismo.

Gli anni del regime

Se infatti, durante gli anni dell 'interventismo e neU’immediato torbido dopoguerra, nella polemica fascista contro la borghesia liberale si poteva inserire senza sforzo anche la polemica futurista allargata ai gusti artistici della stessa borghesia, più tardi, preso il potere, l’atteggiamento del fascismo andò mutando rapidamente. L’irrequietezza futurista, i colpi di testa anarcoidi, il ribellismo, non servivano più. Erano eccessi di libertà che incominciavano a dar fastidio.

Bàttuta l’opposizione sul terreno politico, consolidata la propria posizione col consenso ormai della monarchia e di tutta la borghesia, il fascismo era interessato a dichiarare conclusa la fase dell'agitazione postbellica. Ormai cioè doveva presentarsi come il partito che ristabilisce l’armonia lacerata dai contrasti della crisi.

Come scrisse Tilgher sulla Stampa nell'aprile del 1928: « Con Mussolini il Romanticismo sale al governo. E dopo d’allora egli s’adopera a[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine futurista, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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