Brano: LA RAPPRESENTAZIONE DELL'« AJACE »
E LA TECNICA TEATRALE FOSCOLIANA
Molto si è detto delle tragedie foscoliane, dal momento in cui esse apparvero sulle scene, suscitando vivaci e divergenti reazioni, fino a oggi: attraverso i giudizi ottocenteschi che si assommano nelle posizioni del De Sanctis e del Carducci, le ricerche erudite del primo Novecento, i giudizi della scuola idealistica e gli studi piú aggiornati sullo stile e la poetica foscoliana, confluenti nei lucidi contributi del Binni, del Caretti e del Puppo 1, l'attenzione degli studiosi si è volta soprattutto a cogliere il momento piú squisitamente letterario, per cosí dire poetico, dell'esperienza drammaturgica foscoliana, riscontrando in essa il riflesso della tormentata vicenda biografica dell'autore ovvero la germinazione di idee, sentimenti e stati d'animo da cui aveva o avrebbe preso le mosse la sua maggiore poesia. In sostanza le tragedie del Foscolo sono state giudicate alla stregua di altre opere poetiche dello stesso autore: un lavoro di tal genere era fuor di dubbio necessario ai fini di una completa e soddisfacente analisi della produzione letteraria foscoliana, ma escludeva un altro tipo di valutazioni, pos
1 Punto di partenza di questo scritto è una comunicazione tenuta nel febbraio 1979 a Milano per il Congresso di Studi nel bicentenario della nascita del Foscolo. — Non svolgiamo qui naturalmente una rassegna completa della critica foscoliana per quanto attiene le tragedie. Fra gli studiosi ottocenteschi è necessario, tuttavia, ricordare almeno il DE SANCTIS (Ugo Foscolo, in Saggi critici, a cura di L. Russo, Bari, Laterza, 1952) e il CARDUCCI (Opere, Bologna, Le Monnier, 1934, vol. xix). Fra i novecenteschi, ricorderemo i lavori specifici di E. FLORI, Il teatro di U. Foscolo, Biella, G. Amosso, 1907, F. VIGLIONE, Sul teatro di U. Foscolo, Pisa, Nistri, 1905, S. SCOPEL, Sulla fortuna delle tragedie foscoliane, Valdobbiadene, Sesto Boschiero, 1904 e i contributi di G. CITANNA, La poesia di U. Foscolo, Bari, Laterza, 1920, E. DoNADO[...]
[...]rilegiugno 1954 e L'Ajace del Foscolo, ivi, n. 2, 1961, pp. 223246, L. CARETTI, U. Foscolo, in Storia della letteratura italiana, Milano, Garzanti, 1969, vol. vii, pp. 99197, M. PuPPo, Dal Barocco al Romanticismo, in Teatro tragico italiano, Torino, ERI, 1964, vol. IX.
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sibili solo entro un ordine di considerazioni tecniche, direttamente connesse al problema dell'allestimento scenico.
Dopo aver ripercorso l'iter della critica foscoliana, si è perciò esteso il nostro lavoro agli archivi civici e di stato, alla ricerca di documenti e testimonianze che potessero far luce sull'attività svolta dal Foscolo per il teatro e sull'ambiente dello spettacolo in cui essa si inserisce, e abbiamo analiticamente riletto una gran parte dei numerosissimi testi tragici composti in quel torno di tempo da illustri e meno noti autori per cogliere le strutture e i meccanismi specificamente scenici che caratterizzavano il gusto teatrale dei poeti e ancor piú del pubblico.
Prescindendo da un discorso letterario, ritengo dunque piú opportuno svolger[...]
[...] 1808, a cura di G. Gambarin, Edizione Nazionale, Firenze, Le Monnier, 1972, pp. 39. Si legga il testo dell'Edipo, pubblicato da M. SCOTTI, e la sua attenta analisi in « Giornale storico della letteratura italiana », cLvi, 1979, n. 493, pp. 171.
3 La proposta Per l'istituzione di un teatro civico, sottoscritta dal Foscolo, si può leggere in Scritti letterari e politici, cit., pp. 717718.
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stadio di progetto. In una lettera ai fondatori del teatro, pubblicata dalla Scopel (op. cit., p. 119), il Foscolo scrive:
quantunque lontano occuperò il mio ingegno per non essere affatto inutile e alla repubblica che mi accolse fra i suoi cittadini, ed a voi che mi credeste non indegno di esservi socio. Appena avrò compiuto il Timocrate, tragedia di libertà ch'io da molti mesi lavoro, mi farò un dovere di assoggettarla alla apposita Commissione del vostro teatro, onde serva (se n'è meritevole) alla istruzione e al diletto del popolo; o sia per lo meno un pegno della mia riconoscenza v[...]
[...]con gli amici drammaturghi in cui spesso discute problemi tecnici (si ricordi almeno la famosa lettera a1 Pellico sulla Laodamia, cfr. Epistolario, vol. Iv, pp. 214226), i giudizi sulle compagnie di prosa (cfr., ad esempio, quanto scrive all'Ugoni: Epistolario, vol. III, p. 479), i rapporti che mantiene sempre vivi con gli attori di maggior nome (cfr. Epistolario, vol. w, pp. 232233).
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tuttavia opportuno richiamare l'attenzione sul copioso mannello di documenti e testimonianze che di tale attività hanno conservato la traccia, pur consci di quanto sia difficile ricostruire con esattezza l'opera di un regista, in gran parte affidata all'evento effimero dello spettacolo.
La sovrapposizione della figura dell'autore con quella dell'allestitore risale — com'è noto — a tempi assai remoti: l'Ariosto, il Ruzante, il Bibbiena non sono che tre esempi fra i piú significativi per l'importanza della loro opera e per l'epoca di rinascente splendore teatrale in cui agirono. Nel corso[...]
[...] nella compagnia diretta dal Fabbrichesi.
11 Francesco Lombardi (nato a Bergamo nel 1792 e morto nel 1846), figlio d'arte, lavorò in diverse compagnie e fu con il Fabbrichesi a Napoli, in sostituzione del Bettini. Lasciò le scene per amore della principessa Maria Malvezzi Hercolani che sposò nel 1829. Fu ucciso da un cuoco che lo accoltellò, esasperato dal suo carattere iroso e violento.
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gio, principalmente storico, abbandonarsi al caso... Io amo piú un attore che abbia sbagliato il carattere d'un personaggio per averlo male interpretato, che quegli che lo abbia indovinato per caso e senza riflessione... (la citazione è di A. Manzi, art. cit., p. 651).
La recitazione degli attori prescelti dal Foscolo, insomma, pur improntata allo stile declamatorio allora in voga, era aliena da quella istintività impulsiva, restia al controllo del regista, che era invece caratteristica in particolare del Lombardi, noto ai tempi suoi per essersi ferito, rischiando di uccidersi, mentre m[...]
[...]piú di due mesi prima del debutto, scriveva al Foscolo: « ... Ho già ricevuto da Firenze il figurino dell'Ajace e si sta travagliando in adesso nell'elmo, che verrà fatto a tutto scrupolo di verità; insomma io mi lusingo, mercè i tuoi rari e singolari talenti, consolidare quel poco di buon nome che mediante un assiduo studio mi sono fin ora acquistato » (Epistolario, vol. III, p. 523).
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ancor piú per la Ricciarda: dopo avere manifestato la sua preferenza per il palcoscenico della Canobbiana, piú adatto di quello immenso della Scala all'ambientazione cimiteriale della tragedia, il Foscolo spedí, insieme al testo, « tutti gli avvertimenti sul vestiario, la scena e l'azione » (Epistolario, vol. iv, pp. 318 e 280). Tali indicazioni sono le stesse che si possono leggere su un copione della Ricciarda, conservato presso la Comunale di Bassano: per quanto apografe, esse sono con ogni probabilità opera del Foscolo che volle cosí precisare nei minimi particolari le sue disposizio[...]
[...]lascia ... Almeno o madre, / Seco lui fuggirò ... Romita, ancella, / Purché sia con mio figlio ... Ah lascia. — E dove? / Dove tu il condurresti! ... Atreo! ... di troppo / Ti fidi tu ... No, no ... lungi da questa / Reggia di sangue io me n'andrò ... Ma il figlio, / Il figlio meco, e poi morir. — Si ... morte / Quanto piú cara assai! ... morte; sí morte » (Tieste, p. 12, corsivi nostri).
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del Foscolo va ascritta, a nostro avviso, quella capacità tutta particolare di riscattare un dialogo, una scena povera di tensione drammatica con una battuta, con uno scambio di grande efficacia recitativa 24. Abile nei dettagli, capace di intervenire con l'intuito dell'interprete a sanare difetti strutturali, il Foscolo — come i critici hanno notato — non seppe mantenere costantemente elevato il livello della sua produzione drammaturgica. Muovendo da un'analisi sia pur parziale e limitata dell'Ajace cercheremo, dunque, di verificare alcuni elementi qualificanti sotto il profilo piú stre[...]
[...]le nei dettagli, capace di intervenire con l'intuito dell'interprete a sanare difetti strutturali, il Foscolo — come i critici hanno notato — non seppe mantenere costantemente elevato il livello della sua produzione drammaturgica. Muovendo da un'analisi sia pur parziale e limitata dell'Ajace cercheremo, dunque, di verificare alcuni elementi qualificanti sotto il profilo piú strettamente teatrale.
La sera del 9 dicembre 1811, la seconda tragedia foscoliana andò in scena al Teatro alla Scala e, come ricorda il Pezzi sul « Corriere milanese » pubblicato il giorno seguente: « La folla degli, spettatori era straordinaria; l'ampio recinto del nostro grande teatro non bastò a contenerla tutta; molte persone furono obbligate di ritornarsene indietro per mancanza di posto... ». Sul concorso eccezionale di pubblico, tutti i cronisti concordano 25, anche se gli spettatori non furono certo quattromila — come vorrebbe il Foscolo in una lettera alla famiglia (Epistolario, vol. ur, p. 545) — poiché la Scala aveva allora una capienza di tremila posti. Nei pal[...]
[...]e Milanese », 10 dicembre 1811).
30 In ossequio agli insegnamenti alfieriani, il Foscolo scrive: « ... si comprende finalmente il semplice dell'azione, perché quanto piú l'azione è complessa, tanto è meno credibile; e il peggio si è che affacendando l'attenzione del lettore, tu distogli l'anima sua dal sentimento ... » (lettera al Pellico sulla Laodamia, in Epistolario, vol. iv, p. 216).
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nella tragedia foscoliana la chiarezza e l'immediata comprensibilità che dovrebbero esserne doti fondamentali. « L'azione è oscurissima, difficile a seguire anche in lettura (figuriamoci alla recita) » 31, è stato notato: il pubblico, infatti, è inesorabile quando non riesce a capire e ben poco può comprendere di un'azione tragica la cui catastrofe (y atto) trova motivazione psicologica in un fatto accaduto nel i atto, a piú di mille versi di distanza, con quattro intervalli in mezzo e senza alcun richiamo logico intermedio, tale da facilitare la perspicuità del nesso causaeffetto 32. Le ironiche battute riferite dal [...]
[...]rogresso di passione è per me il vero moto dell'azione tragica » (Epistolario, vol. Iv, p. 221).
4° F. DOGLIO, Il teatro tragico italiano, Parma, Guanda, 1960, p. 144.
41 Quanto piú efficace, sotto quest'aspetto, il pur elementare e scheletrico Tieste, sviluppato su una coerente linea drammatica che conduce all'atroce catastrofe, attraverso una serie di accidenti concreti e conseguenti.
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l'alterna tensione che, attraverso crescenti sollecitazioni, dovrebbe fare dell'intreccio tragico un organismo compatto e tutto proiettato verso la catastrofe. Nell'Ajace si trova piuttosto una parvenza d'azione, che azione vera non è: si veda il precipitoso inizio degli atti i e II che sembra gettare lo spettatore nel mezzo di un fatto in pieno svolgimento e che si spegne invece subito dopo (l'espediente è impiegato anche nella Ricciarda, II, 1); si veda il già ricordato frantumarsi del II atto in una serie di entrate e uscite dei personaggi che contribuiscono al movimento piuttosto che[...]
[...]nnone: 4 battute, vv. 19; Teucro: 5 battute, vv. 51; Ulisse: 1 battuta, vv. 3); II, 1 (Calcante: 6 battute, vv. 100; Agamennone: 6 battute, vv. 57); III, 3 (Agamennone: 14 battute, vv. 37; Ulisse: 15 battute, vv. 143); v, 3 (Ajace: 6 battute, vv. 64; Calcante: 7 battute, vv. 14).
44 Già l'Alfieri aveva abolito i personaggi di « confidente », preferendo ad essi l'artifizio del soliloquio.
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di un linguaggio e di uno stile specificamente teatrali, il Foscolo svolse attente e lucide riflessioni 45: capi la necessità di un linguaggio immediatamente comprensibile da parte del pubblico e forse sentí anche l'esigenza di un dettato piú vicino all'uso del dialogo quotidiano. Nelle sue tragedie, tuttavia, egli volle uno « stile alto e confinante quasi col lirico » 46 e, nell'Ajace in particolare, fu talvolta oscuro nel discorso, involuto e sostenuto, sfruttando largamente le risorse dell'inversione 47.
Come si è detto, il Foscolo seppe fornire ai suoi attori indicazioni preziose e [...]
[...], nate e morte nel breve istante della rappresentazione, i testi scritti dal Foscolo per la scena, lasciano, tuttavia, nella memoria del lettore e — noi crediamo — anche dello spettatore un segno: il segno di un'altissima aspirazione, forse mai perfettamente realizzata, ma non per questo meno ricca di suggestioni preziose e di squarci luminosi di poesia.
PAOLO Bosisio
aa Di parere contrario è A. M. GAGGERO che svolge una lettura della tragedia foscoliana tesa fra suggestioni psicologiche e interessi tecnicoteatrali (Sull'Ajace del Foscolo, in « Resine », n. 18, lugliosettembre 1976, pp. 4049).