Brano: [...]ò che non vi si faccia cenno almeno di Die politischen Theorien des Altertums, Wien 1910, le « sei bellissime conferenze » di Hans von Arnim cosí apprezzate da Sinclair, autore di una classica trattazione della materia accessibile anche in traduzione italiana: Il pensiero politico classico, RomaBari 1973). Ma si può ben dire che il libro della Isnardi Parente, la quale aveva già curato per la stessa collana un altro bel volume (La filosofia dell'Ellenismo, Torino 1977), trova una sua precisa collocazione. Ad un vasto pubblico viene infatti con esso offerta la concreta e fruttuosa possibilità di mettersi in contatto diretto con testi fondamentali del pensiero politico greco. Una rapida e densa sintesi introduttiva (pp. 935) rappresenta preliminarmente i termini e i caratteri essenziali di quella riflessione, dall'età arcaica al termine dell'Ellenismo. I testi sono raggruppati in cinque sezioni (I. Il problema dell'eguaglianza e la critica della città democratica, pp. 4581; II. La struttura della città, pp. 83108; III. La politica come scienza di un'« élite », pp. 109154; IV. La definizione della legge e la tipologia dei regimi politici, pp. 155215; V. Teorie politiche e disegni utopistici nell'età ellenistica, pp. 217266); e si organizzano secondo un ordine che è insieme storico e problematico, cosa che in alcuni casi non deve essere riuscita troppo agevole ed è perciò tanto piú encomiabile. Ad ogni sezione è stata poi premessa una nota c[...]
[...]suo figlio Alessandro, gli intellettuali greci si sottrassero anche a quest'ultimo compito. Rigoroso fu per esempio l'astensionismo politico predicato da Epicuro, che si interessò invece al problema dell'origine della società umana richiamandosi direttamente alle dottrine del y sec.; un po' meno lo fu quello della Stoa, dove è possibile cogliere per altro interessanti tracce di un cosmopolitismo destinato ad andare ben al di là del pur timido panellenismo isocrateo (il massimo punto di apertura `internazionalistica' del pensiero politico greco classico). Alla fine dell'ellenismo fiorisce poi tutta una trattatistica sulla monarchia in cui, accanto a tratti stoici, sono presenti componenti e suggestioni mistiche proprie della sensibilità religiosa dell'epoca. Ma è soprattutto il pensiero utopistico di questo periodo che testimonia, come nell'utopia di Iambulo (presso Diodoro Siculo), del crollo totale delle idealità della polis. Si tratta di « una fantasia antropologica in cui gli stessi connotati della città sono scomparsi per dar luogo a una società non organizzata in gruppi cittadini, non retta da leggi, comunitaria e tribale, in un quadro naturale eccezionale. È la[...]
[...]o a una società non organizzata in gruppi cittadini, non retta da leggi, comunitaria e tribale, in un quadro naturale eccezionale. È la negazione della città » (p. 33). Il libro però si chiude con una nota ottimistica. Nelle elucubrazioni di Polibio intorno alla costituzione romana, che utilizzano « gli schemi tipici del costituziona
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lismo classico greco », l'autrice ravvisa infatti « la perdurante vitalità della città nel tardo Ellenismo » (p. 35). Anche se legittimamente ci si potrebbe chiedere se in esse non si abbia, in qualche modo, l'altra faccia della medaglia rispetto all'utopia di Iambulo, l'incapacità cioè di cogliere la realtà di Roma — che aveva davvero qualcosa da spartire con le primitive aristocrazie greche — con categorie libresche da parte di un intellettuale che proveniva da un'area periferica dove quel che restava della polis erano da tempo vuoti riti ed esteriore cerimoniale.
Si possono ben tralasciare osservazioni troppo minute e particolari; ma su un punto mi sento di dover esprimere un'opinione radicalm[...]