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Il segmento testuale democristiani è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 2147Entità Multimediali , di cui in selezione 93 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Entità Multimediali)


da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 537

Brano: [...].I.L. si diede una struttura più articolata: vennero costituite varie federazioni nazionali di

categoria, rette da comitati direttivi provvisori.

Il 31.10.1944 il democristiano Paolo Bonomi, senza tener conto del patto unitario e nonostante le proteste del suoi stessi compagni di partito entrati nella C.G.I.L., fondò una Confederazione nazionale dei coltivatori diretti che, organizzando separatamente grandi masse di contadini, condannava i democristiani a essere minoritari all'interno della organizzazione confederale. Bonomi potè operare grazie all’appoggio del faticano che vedeva con interesse la nascita di una potente associazione contadina in grado di condizionare elettoralmente la Democrazia cristiana. Del resto, lo stesso pontefice Pio XII fin dal giugno 1944 aveva patrocinato la nascita delle Associazioni cattoliche dei lavoratori italiani (A.C.L.I.), formalmente promosse per educare i lavoratori alla professione della fede nella vita sociale, ma in realtà per assicurarsi che la partecipazione dei cattolici alla C.G.I.L. non andasse a [...]

[...]ori dell’Italia settentrionale negli organismi dirigenti centrali. Con quest’atto, nelle file della C.G.I.L. entrarono di colpo ben 3 milioni di iscritti del Nord.

Il I Congresso nazionale unitario della C.G.I.L. si svolse a Firenze nel giugno 1947, dopo che ormai l'unità politica realizzata durante la Guerra di liberazione era stata definitivamente compromessa dall'esclusione dei partiti di sinistra dal governo. Durante l’assise fiorentina i democristiani insistettero per limitare il campo d’azione del sindacato al terreno puramente “rivendicativo”, chiedendo l’abolizione dell’articolo 9 dello Statuto confederale che prevedeva invece l'intervento delle forze sindacali tutte le volte che fossero in pericolo la democrazia e la libertà, ma la proposta democristiana venne bocciata dalla grande maggioranza del Congresso. Inoltre i democristiani furono chiamati a rispondere alle critiche dei comunisti e dei socialisti per il fatto di aver organizzato le A.C.L.I. e per le interferenze (vere o presunte) esercitate da queste organizzazioni anche sul terreno sindacale.

Negli ultimi mesi del 1947 cominciarono a prevalere tra i democristiani della C.G.I.L. le tendenze scissionistiche, apertamente manifestatesi con il loro rifiuto a partecipare a uno sciopero di solidarietà. Dopo mesi di sempre più aspre polemiche, si giunse allo scontro aperto nei giorni seguiti all'attentato alla vita di Paimiro Togliatti (v. Quattordici luglio 1948). In questa occasione i democristiani, guidati da Giulio Pastore (v.), si opposero rigidamente allo sciopero generale proclamato dalla C.G.I.L., accusando la maggioranza confederale di voler asservire il sindacato agli interessi del P.C.I.. Poi, con il sostegno delle A.C.L.I., i democristiani decisero una convocazione straordinaria della loro corrente per procedere

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 248

Brano: Bari, Congresso dei C.L.N. di

presidenza del congresso e che la lettura del messaggio precedesse ogni altro intervento, ma liberali e democristiani si opponevano recisamente a questa procedura: il primo a prendere la parola, a loro avviso, non poteva essere che Benedetto Croce e, di conseguenza, gli azionisti pretesero che la parola spettasse subito dopo al conte Sforza. Fu proprio Lizzadri a cedere su questo punto e il congresso, eletta la presidenza, unanime sul nome di Alberto Cianca e differenziato su quello di Tito Zani boni, ascoltò attentissimo il discorso di Benedetto Croce.

A giudizio di chi scrive, non ci si poteva attendere dall’oratore nulla di meglio: la condanna dell'intervento fascista in Spagna, l’esaltazione dei comba[...]

[...]se (Rodino, Segni e Gava della

D.C.; Gullo e Pesenti del P.C.I.; Omodei, Tommaso Fiore e Caracciolo del P. d’A.; Arangio Ruiz, liberale; Cerabona, della Democrazia del lavoro; Lelio Porzio e Luigi Cacciatore del P.S.I.).

Mentre in aula i discorsi si susseguivano a ritmo accelerato e con una relativamente comune intonazione, nei corridoi i rappresentanti dei partiti si accapigliavano sulle conclusioni da dare al congresso.

I liberali e i democristiani, in minoranza, erano fermamente decisi (specialmente i secondi) a mandare tutto all'aria se — sulla questione istituzionale — il congresso fosse andato oltre un puro e semplice voto di raccomandazione per l’abdicazione del re, soluzione che a qualche democristiano sembrava perfino audace e rivoluzionaria. Dall’altra parte, i tre partiti della sinistra erano d’accordo su un ordine del giorno molto impegnativo.

L’ordine del giorno delle sinistre diceva: « Il popolo italiano, ed in ispecie gli italiani dei territori occupati, attendono dal Congresso decisioni di natura fondamentale e definiti[...]

[...]oglio, onde sia alleviata subito l'angosciosa situazione alimentare delle masse, ridotta la disoccupazione, distrutto alla radice il mercato nero ».

Com’era da attendersi, l’iniziativa

delle sinistre suscitò un vivo allarme tra i partiti di destra e per tutta la notte fra il 28 e il 29 gennaio vi fu un continuo spostarsi di delegazioni per concordare una soluzione. Alla fine fu approvata una mozione che, per quanto blanda, fu accettata dai democristiani solo dopo l’intervento di Benedetto Croce. La sinistra riuscì a strappare una giunta esecutiva che, sul terreno dell’azione, avrebbe dovuto realizzare ciò che si era dimostrato impossibile al congresso; accettò il compromesso con tale prospettiva e anche per non assumersi la responsabilità del fallimento di una manifestazione che, comunque, si dimostrava ricca di possibilità per il futuro.

Le conclusioni

L’o.d.g. approvato all’unanimità per appello nominale di tutti i presenti (vi furono solo le due astensioni del liberale F. Cocco Ortu e del socialista A. Corsi, motivate dalla loro fed[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 611

Brano: [...]partigiana, cedendo soltanto alle ragioni di forza maggiore accettate dallo stesso C.L.N.A.I..

/ contrasti interni

Benché possa essere considerato

uno dei C.L.N. regionali che conseguì il massimo di unità nelle decisioni inerenti i suoi compiti, il C.L.N.R.P. dovette sovente superare contrasti di varia indole fra le parti che lo componevano. Motivi di particolare dibattito furono i problemi della direzione militare della lotta, allorché democristiani, liberali e socialisti si opposero al progetto di un Comando collegiale proposto dalla delegazione del P.C.I. nel Comitato militare del C.L.N. per l’Alta Italia. Altri dissensi si ebbero sulla questione dei commissari politici (v.) nelle formazioni: democristiani e liberali manifestarono lungamente reticenze ad accogliere la legittimità di tale incarico.

Di maggior rilievo fu la polemica sulla opportunità di inserire nei C.L.N. periferici i rappresentanti degli organismi di massa (Fronte della gioventù, Fronte degli intellettuali, Fronte di difesa della donna, ecc.) e di estendere la rete dei comitati fino a livello rionale, di fabbrica e di villaggio. Insieme ai democristiani, i liberali e i socialisti si trovarono a osteggiare tale allargamento verticale e orizzontale delle strutture dei C.L.N. e il principio fu accettato solo dopo accese discussioni. Infine, il ritegno dei liberali e dei democristiani ad accogliere le istanze dei rappresentanti comunisti e azionisti per una più ferma politica di imposizione di tributi sui ceti imprenditoriali che tendevano a sfuggire a ogni forma di concreto sostegno della Guerra di liberazione, provocò tensioni di qualche importanza soprattutto nell’inverno 194445: la crisi di disponibilità finanziaria del C.L.N. sollevò dure polemiche anche da parte del Comando militare che sollecitò drastici provvedimentic contro le inadempienze dei ceti abbienti.

Il Comitato militare

Subito dopo I’8.9.1943 il Comitato militare cfel C.L.N.R.P, venne composto da: L[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 774

Brano: [...]'alleanza clericomonarcofascista

All’atto pratico, il patto tra monarchici e neofascisti era anche un invito alla D.C. a intrecciare sempre più stabilmente rapporti con il fronte della destra reazionaria, direzione verso la quale avevano sempre premuto l’Azione Cattolica, i Comitati Civici e un’ala molto combattiva dello stesso Partito democristiano. Difatti l’invito non rimase inascoltato. Liste cosiddette « civiche » e nelle quali candidati democristiani, monarchici e missini comparivano insieme, furono apprestate per le elezioni del 25.5.1952. In centri come Salerno, Cerignola, Andria e altrove la D.C. consacrò ufficialmente questa alleanza, seppure camuffando la propria presenza sotto l’insegna « civica ».

Il caso che fece più rumore fu però quello di Roma, dove don Luigi

Manifesto del P.C.I. contro l’alleanza clerteomonarcofascista (1963)

Sturzo in persona si fece promotore della « lista civica » comprendente, accanto ai democristiani, candidati del M.S.I. e del P.N.M.. L’« operazione Sturzo », contrabbandata come l’estremo tentat[...]

[...]eme, furono apprestate per le elezioni del 25.5.1952. In centri come Salerno, Cerignola, Andria e altrove la D.C. consacrò ufficialmente questa alleanza, seppure camuffando la propria presenza sotto l’insegna « civica ».

Il caso che fece più rumore fu però quello di Roma, dove don Luigi

Manifesto del P.C.I. contro l’alleanza clerteomonarcofascista (1963)

Sturzo in persona si fece promotore della « lista civica » comprendente, accanto ai democristiani, candidati del M.S.I. e del P.N.M.. L’« operazione Sturzo », contrabbandata come l’estremo tentativo di impedire che Roma, sede del pontefice e cuore della Chiesa cattolica, « divenisse una succursale di Mosca, una serva obbediente del Cremlino », incontrò resistenze nel P.L.I., nel P.R.I., nel P.S.D.I., e qualche tentennamento anche nelle file democristiane, sicché fu abbandonata. Nonostante le smentite postume, tutto il retroscena di questa operazione fu presto noto: del resto sin dal 5 aprile il presidente del P.N.M. Achille Lauro aveva rivelato in una intervista i contatti avuti con la D.[...]

[...]cata atmosfera anticomunista creata dalla

D.C. procurarono ai monarchici e ai missini, ma specialmente ai primi, una affermazione di impressionante rilievo: nelle elezioni amministrative del 1952 le destre aumentarono i loro voti, dai 669.000 delle politiche del 18.4.1948, a ben

1.502.000. La D.C. subì per contro

una flessione, così come negativi furono gli esiti per i partiti minori della coalizione « centrista ».

Da quello scacco i democristiani, e De Gasperi in prima persona! dedussero l’utilità di proseguire, in un complesso lavorio di agevolazioni e di contemporanea ricerca di svuotarne la funzione, il proprio avvicinamento ai monarchici, nell’ottica di un completo recupero a destra che emarginasse i neofascisti. La D.C. scorgeva in ciò anche una delle carte decisive per le elezioni del 7.6.1953. Poiché il problema era di non perdere comunque il potere, il partito di De Gasperi individuò neH’allettamento alle destre, accoppiato al meccanismo truffaldino di una legge elettorale che eliminava il sistema proporzionale sostituendolo c[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 536

Brano: [...]dar vita agli organismi aderenti all’antica Confederazione sindacale “bianca”, facendo leva su un proletariato disperso in poche industrie e scarsamente orientato. Al primo Congresso dei Comitati di liberazione nazionale, svoltosi a Bari (v.) nel gennaio 1944, si decise di avviare la costruzione di una C.G.L. realmente unitaria, che comprendesse anche i cattolici, ma gli aderenti al Partito d’Azione si opposero a questo disegno, offrendo così ai democristiani, da sempre titubanti di fronte alla prospettiva unitaria, un pretesto per ritirarsi dalle trattative. Comunisti e socialisti costituirono ugualmente a Bari una confederazione sindacale unitaria, mentre da parte loro, nel febbraio, gli azionisti costituirono a Salerno un contraltare. L’11.3.1944 le due organizzazioni arrivarono a un accordo, ma i democristiani proseguirono per la loro strada, ricostituendo alla fine di marzo la vecchia C.I.L..

La festa del Primo Maggio 1944, riconosciuta dal governo dell’Italia liberata come festività nazionale, venne celebrata separatamente da C.G.L. e C.I.L., ma il successivo 3 giugno, alla vigilia della liberazione di Roma, sulla spinta unitaria delle lotte che intanto si svolgevano al Nord, fu firmata nella Capitale ancora occupata dai tedeschi una « Dichiarazione sulla realizzazione dell’unità sindacale » che passerà alla storia come Patto di Roma. Questo venne sottoscritto da Giuseppe Di Vittorio, Emilio C[...]

[...]il successivo 3 giugno, alla vigilia della liberazione di Roma, sulla spinta unitaria delle lotte che intanto si svolgevano al Nord, fu firmata nella Capitale ancora occupata dai tedeschi una « Dichiarazione sulla realizzazione dell’unità sindacale » che passerà alla storia come Patto di Roma. Questo venne sottoscritto da Giuseppe Di Vittorio, Emilio Canevari e Achille Grandi, in rappresentanza rispettivamente dei comunisti, dei socialisti e dei democristiani. Bruno Buozzi, che aveva elaborato il documento e si trovava in carcere a Roma, non fece in tempo a coglierne i frutti perché venne ucciso dai tedeschi in fuga pochi giorni più tardi.

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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 501

Brano: [...]quistata da Brandt come sindaco di Berlino decise di far leva nel 1960 la S.P.D., designandolo vicepresidente del partito (Congresso di Hannover) e candidato socialista alla carica di cancelliere. Dopo la morte del presidente della S.P.D. Ollenhauer, alla fine del 1963 Brandt venne chiamato a sostituirlo, affiancato dall’ex nazista e futuro ministro dell'Economia Schiller. Sotto la nuova presidenza la S.P.D. attenuò i contrasti con i due partiti democristiani C.D.U. e C.S.U., mirando a concludere con questi, nonostante le divergenze, un’alleanza politica di governo.

Alle elezioni del 1965 la S.P.D. guidata da Brandt si presentò con lo slogan più che ambiguo: « Noi siamo come loro [i democristiani], ma molto migliori! ».

Riconfermato presidente del partito nel 1966, grazie al raggiunto accordo con i democristiani detto di “grande coalizione” nel dicembre divenne vicecancelliere e ministro degli Esteri in un governo presieduto dal cristianodemocratico Kurt Georg Kiesinger e con il bavarese Strauss ministro delle Finanze. Nei tre anni successivi, il prestigio personale di

Brandt e l’influenza dei socialdemocratici nei sindacati permisero al governo di coalizione di attuare quella politica di “austerità” e di “stabilizzazione” che consentì il rapido consolidamento dei grandi Konzern industriali e finanziari tedeschi, instaurando nello stesso tempo in Germania quelle misure liberticide (“Leggi di emerg[...]

[...]taurando nello stesso tempo in Germania quelle misure liberticide (“Leggi di emergenza”) che i precedenti governi moderati non erano mai stati in grado di imporre. In quegli anni si rafforzò la posizione economica e militare della R.F.T. anche in campo internazionale, nei rapporti con la Francia e i paesi della N.A.T.O., con relativo sviluppo di produzione bellica, espansione industriale nel Terzo mondo ecc..

Alle elezioni dell’ottobre 1969 i democristiani persero la maggioranza assoluta che avevano nel Bundestag e i socialdemocratici poterono cambiare alleato, costituendo un governo di coalizione con i liberali, nel quale Brandt divenne cancelliere. Mantenne tale carica nel successivo governo (197274), ma nel 1974 fu costretto a dimettersi in seguito al coinvolgimento di un suo collaboratore in affari di spionaggio. Negli anni del suo cancellierato Brandt continuò la politica di repressione interna iniziata dai governi precedenti (introduzione del Berufverbot nelle pubbliche amministrazioni) e, nello stesso tempo, avviò la cosiddetta Ostpoliti[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 247

Brano: [...]e che anche fra i partiti del C.L.N., o quanto meno fra i rappresentanti di alcuni di essi, la monarchia e Badoglio godevano di un discreto credito. Non si escludeva un compromesso con lo stesso re: in fondo — dicevano — era merito di Vittorio Emanuele la caduta del fascismo, il 25 luglio del 1943. A giudizio dei socialisti Lelio Porzio, Gaeta e Sansone, i rapporti fra i partiti del C.L.N. andavano aggravandosi con l'approssimarsi del congresso. Democristiani e liberali sostenevano una posizione particolare: approvare a Bari una mozione di fiducia per Croce e Sforza, con il più ampio mandato sull'azione immediata da svolgersi. Posizione insidiosa e difficile, sia per il grande ascendente esercitato dalle due personalità nella confusa vita politica napoletana, sia per il gradimento che gli Alleati mostravano a tale soluzione. Solo l'intervento di Roma, con l’appello firmato dai sei partiti della coalizione, poteva neutralizzare le manovre in atto.

A una riunione richiesta da Lizzadri a nome dei socialisti, per mettere al corrente gli altri parti[...]

[...]nte esercitato dalle due personalità nella confusa vita politica napoletana, sia per il gradimento che gli Alleati mostravano a tale soluzione. Solo l'intervento di Roma, con l’appello firmato dai sei partiti della coalizione, poteva neutralizzare le manovre in atto.

A una riunione richiesta da Lizzadri a nome dei socialisti, per mettere al corrente gli altri partiti del contenuto del messaggio, aderirono soltanto i comunisti e gli azionisti; democristiani e liberali non si fecero vivi e il perché apparve subito chiaro: essi non potevano sconfessare i loro amici romani, ma rifiutavano al tempo stesso di impegnarsi per una condotta comune al congresso. Si costituì così, naturalmente, un’alleanza a tre. I comunisti, che erano rappresentati da Velio Spano ed Eugenio Reale, presero conoscenza solo allora del patto di unità d’azione che era stato firmato a Roma tra P.C.I. e P.S.I. nell’agosto 1943.

A chi arrivava a Napoli dal clima infuocato della capitale, ove all’ordine del giorno si ponevano tanto gli attentati contro i nazifascisti quanto le [...]

[...]one e senza pregiudicare la libera espressione della volontà popolare sulla forma istituzionale ».

Lo svolgimento

Poche ore prima dell’apertura del congresso, in una riunione preparatoria per stabilire la presidenza e l’ordine dei lavori, erano affiorati i primi contrasti che potevan sembrare formali, ma in realtà di fondo. Fu subito chiaro che l’intervento di Roma, gradito ai partiti della sinistra, suscitava diffidenza fra i liberali e i democristiani. I primi ritenevano ovvio che l'inviato da Roma dovesse far parte della



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 330

Brano: [...]ntare le proprie dimissioni al C.L.N., le presentò a Umberto di Savoia, aspettando che il luogotenente lo reinvestisse dell’incarico di formare il governo indipendentemente dal parere^ del C.L.N.. Questo allora chiamò a presiedere i suoi lavori il conte Sforza, indicandolo come candidato alla presidenza di un nuovo governo di coalizione. Ma

il sopraggiungere del veto inglese a questa. designazione acuì la crisi del C. L. N., in cui liberali e democristiani già erano all’opera per rompere l’unità delle sinistre, e agevolò il gioco di Bonomi, il quale mirava a trattare con i singoli partiti anche per rendere più celere

10 sfaldamento della coalizione unitaria. Riproposta la candidatura Bonomi alla presidenza del Consiglio,

11 Partito d'Azione ed il Partito socialista vi si opposero con decisione, trovandosi però isolati da una maggioranza favorevole ad accoglierla e che comprendeva, accanto ai liberali, ai democristiani e ai demolaburisti, il Partito comunista, venuto nella determinazione di partecipare a un governo anche senza gli altri du[...]

[...]’opera per rompere l’unità delle sinistre, e agevolò il gioco di Bonomi, il quale mirava a trattare con i singoli partiti anche per rendere più celere

10 sfaldamento della coalizione unitaria. Riproposta la candidatura Bonomi alla presidenza del Consiglio,

11 Partito d'Azione ed il Partito socialista vi si opposero con decisione, trovandosi però isolati da una maggioranza favorevole ad accoglierla e che comprendeva, accanto ai liberali, ai democristiani e ai demolaburisti, il Partito comunista, venuto nella determinazione di partecipare a un governo anche senza gli altri due partiti della sinistra, purché tale governo nascesse « nel quadro del C.L.N. ».

L'8 dicembre Bonomi ricevette ufficialmente dal luogotenente il reincarico per formare il suo secondo gabinetto, che sanciva la sostanziale frattura del C.L.N. e restituiva alla monarchia e alle destre molte possibilità di manovra politica. L’unità delja coalizione antifascista era mantenuta formalmente intorno ai problemi della condotta di guerra, avendo il Partito d’Azione ed

il Parti[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 647

Brano: [...]memorabili, non vadano perdute. E voi colleghi della Democrazia cristiana, credo che farete opera buona, favorendo il consolidamento dell’unità politica e morale della nazione, se non porrete noi e altre parti importanti dell'Assemblea di fronte ad alternative troppo gravi e invece cercherete insieme con noi la forma o la formula migliore per risolvere questa questione col soddisfacimento di tutti e con la più larga maggioranza possibile ».

I democristiani, sollecitati apertamente dal Vaticano, furono irremovibili. L'Osservatore Romano, organo ufficiale della Santa Sede, scrisse il 13 marzo che l’omissione del richiamo al Trattato e al Concordato nella Costituzione avrebbe significato « non un silenzio, non una lacuna, ma una minaccia, un^pericolo. La minaccia alla pace religiosa, il pericolo di vederla turbata per la possibilità che lo sia ». Tali concetti furono ribaditi in termini perentori dallo stesso giornale per parecchi giorni, segno evidente di un'esplicita manifestazione della volontà della Chiesa cattolica, della Santa Sede.

L’opp[...]

[...]i Patti Lateranensi diventeranno parte, richiamati per rinvio, della Costituzione, e dal momento che essi non si potranno modificare se non d’accordo con l’altro contraente, noi avremo così introdotto nella nostra Costituzione una serie di norme che non saranno modificabili altro che col consenso di un’altra Potenza. Ma questa è una ben grave menomazione! lo mi domando perfino se nel mandato che noi abbiamo avuto dal popolo

— noi e voi, amici democristiani, — ci sia, tra i poteri che ci sono stati delegati, quelli che consentono rinunce e menomazioni alla sovranità italiana; di quella sovranità che è nostro dovere affermare, difendere e tenere alta e intatta nella nostra Costituzione. Ma vi è una seconda conseguenza anche più grave: che, in questo modo, attraverso il richiamo dei Patti Lateranensi si introducono di soppiatto nella Costituzione, mediante rinvio, delle norme occulte, leggibili solo per trasparenza, che saranno in urto con altrettanti articoli palesi della nostra Costituzione i quali in realtà ne rimarranno screditati e menomati. [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 400

Brano: Forlì

Giunchi e Giuseppe Goverti (democristiani); Giuseppe Balzani e Giovanni Guerzoli (repubblicani) ; il professore Domenico Bazzoli, l’avvocato Bruno Angeletti. Il Comando piazza partigiano di Forlì era composto da: Guido G ardi ni e Bruno Casadei (repubblicani) ; Romolo Landi e Primo Della Cava (comunisti); Giuseppe Goberti e il capitano Fabretti (democristiani).

A.Za.

Forlivesi combattenti nelle Brigate Internazionali in Spagna: Berto Alberti (tenente), Mario Angeioni (v.). Libero Battisteili (caduto nel giugno 1937), Giuseppe Baciocchi, Giulio Bagnoli, Ivo Baruffini, Pietro Beltrami, Primo Bilancioni (caduto il 12.2.1937), Pietro Bocchini, Gino Capponi, Antonio Carini (sergente), Luciano Caselli (poi comandante della XXIX Brigata G.A.P.), Lino Celli, Guglielmo Cicognani, Alberto Ciani (poi responsabile dell’intendenza dell’8a Brigata G.A.P.), Pietro Deltesti, Roberto Donati (poi commissario politico della XXXVI Brigata Garibaldi), Emilio Fan[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine democristiani, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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