Brano: [...] dieci anni; nella sua immensa maggioranza, la popolazione resta analfabeta. Di conseguenza, la produttività é scarsa. È un circolo vizioso, fatto d'una povertà e d'uno stato di degradazione la cui tragicità non può esser compresa da chi non li ha visti con i propri occhi, sebbene gli elementi di questa miseria siano stati ben tradotti in cifre, analizzati e presentati in tavole statistiche.
Ma durante quello stesso periodo in cui la situazione dell'Asia, per tanti rispetti, subiva un ristagno forzato, le potenze coloniali riunivano sotto imperi immensi dei popoli e delle razze che non erano mai state sottoposte a un governo unico; e trasformavano la struttura economica dei paesi da esse governati in vista dei propri interessi industriali. In questi paesi esse hanno introdotto certe innovazioni comode, come strade, ferrovie, nuovi metodi d'agricoltura; ed hanno dato ai paesi stessi una struttura e un'amministrazione nuove, una nuova concezione della giustizia, e dei metodi occidentali d'organizzazione. Esse hanno inoltre creato una nuova clas[...]
[...]mento, e che
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la terra stessa occupa già una mano d'opera di gran lunga superiore a quella che sarebbe sufficiente per una produzione massima. Si concede, dunque, che una certa parte della popolazione debba essere assorbita dall'industria. Ma ci si immagina spesso che possa trattarsi d'una operazione limitata : che qualche fabbrica di tessili, qualche industria di beni di consumo, possano risolvere la situazione, e che la società dell'Asia sudorientale, nel suo insieme, possa conservare la sua fisionomia attuale, senza mutamenti radicali e senza una industrializzazione condotta realmente su larga scala.
Queste idee si fondano su due specie assai differenti di principi. Da una parte, esse sono sostenute da gente cui non piacerebbe affatto che 600 milioni di persone divenissero realmente indipendenti dalla tutela economica dell'Occidente; da gente che ammette la necessità d'un certo progresso industriale per rendere meno esplosivi gli accumulantisi problemi sociali, ma che non vedrebbe affatto di buon occhio un quarto dell'umani[...]
[...]economica dell'Occidente; da gente che ammette la necessità d'un certo progresso industriale per rendere meno esplosivi gli accumulantisi problemi sociali, ma che non vedrebbe affatto di buon occhio un quarto dell'umanità entrare in possesso degli strumenti che potrebbero renderla eguale ai suoi expadroni. D'altra parte, le stesse idee sono sostenute da un certo numero di sinceri idealisti, i quali affermano non essere affatto certo che i popoli dell'Asia sudorientale desiderino imitare il nostro esempio; i quali temono che le fabbriche possano distruggere le tradizioni culturali dei popoli stessi; e che, deplorando gli errori commessi dalla società industrializzata, vorrebbero, per così dire, a risparmiare » agli asiatici del SudEst la penosa esperienza di diventare dei semplici ingranaggi d'una società tecnologica.
E tuttavia inevitabile che queste forme idilliache di società rurali asiatiche siano alla lunga condannate a sparire.
I tentacoli della civiltà occidentale sono già penetrati in profondità nei residui dei modi di vita tradiziona[...]
[...]ndo il tema centrale del loro risveglio politico e razziale.
Chiusi nei limiti della nostra terminologia, noi diamo a questo risveglio l'etichetta di « nazionalismo », perché é l'unica esperienza nostra che ad esso si possa paragonare. Ma il nazionalismo occidentale storicamente si associa con l'emergere di una classe sociale che ha bisogno di un quadro d'ampiezza nazionale per l'adempimento delle sue ambizioni economiche e culturali. Nei paesi dell'Asia sudorientale questa classe, la borghesia, o non esiste o è numericamente irrilevante. La funzione di portatrice dell'idea nazionalistica è qui esercitata dalla comunità nel suo insieme; e suo obbiettivo non è la mera espressione economica o culturale di una minoranza d'élite, ma la liberazione dalla servitù economica dopo il conseguimento dell'indipendenza politica. Il richiamo nazionalistico, nell'Asia sudorientale came in tutta l'Asia, non consiste essenzialmente, come in Occidente, nella preservazione del proprio paese da un controllo esterno. È l'espressione assai più composita del deside[...]
[...] dare una visione erronea, ma per noi lusinghiera, del periodo di dominio occidentale in Asia. Noi amiamo rappresentarci i generosi istituti che hanno aiutato le società coloniali; loro, ricordano gli incidenti marginali che umiliarono e esasperarono gli individui. È certo difficile per noi valutare giustamente l'importanza della passione anticolonialistica. Nessuno ci ha mai chiamati « indigeni » ; non è mai arrivato nessuno dai confini estremi dell'Asia a metter cartelli all'ingresso dei nostri parchi con scritto « Vietato l'ingresso ai cani e agli europei »; nessuna razza straniera ha mai calpestato in nostri corpi moribondi di inedia, per raggiungere allegri locali di divertimento, né siamo stati mai costretti a vivere per secoli nell'umiliante consapevolezza che il nostro luogo di nascita ci condannava al ruolo di uomini di seconda classe.
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Ovviamente, anche colla maggiore buona volontà, le nostre esperienze possono darci ben piccolo fondamento per una comprensione dei sentimenti che hanno l'influenza[...]
[...]re allegri locali di divertimento, né siamo stati mai costretti a vivere per secoli nell'umiliante consapevolezza che il nostro luogo di nascita ci condannava al ruolo di uomini di seconda classe.
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Ovviamente, anche colla maggiore buona volontà, le nostre esperienze possono darci ben piccolo fondamento per una comprensione dei sentimenti che hanno l'influenza così decisiva sul pensiero e le azioni dei popoli dell'Asia sudorientale contemporanea.
Eppure, anche se non potremo sperar mai di comprendere appieno il potere dinamico di queste passioni, possiamo comprenderne l'importanza alla luce dei cambiamenti che esse hanno provocato nel mondo durante l'ultimo quarto di secolo. Potremo così convincerci della futilità di parlare di uguaglianza e di amicizia tra Oriente e Occidente, quando il primo si trova in una così vistosa condizione di ineguaglianza e ne risente le conseguenze in ogni aspetto della sua vita quotidiana. Potremo pure cdmpredere come sia per noi impossibile convincere quei popoli della sincer[...]
[...]in questa zona : l'Asia sudorientale si trova dunque praticamente di fronte a un dilemma preciso : o i suoi seicento milioni d'abitante giungeranno rapidamente ad assimilarsi le tecniche d'un governo forte, efficace e giusto, o non vi giungeranno, e in questo caso il malcontento e i dissensi che ne risulteranno faciliteranno la presa del potere da parte di nuove forze che, questa volta, non saranno occidentali.
Sta qui, in sostanza, il problema dell'Asia sudorientale. Per parlare più semplicemente e rientrare nel quadro politico di questa nostra epoca a metà del secolo, diremo che si tratta di sapere se le forze opponentisi a ciò che noi chiamiamo l'occidente riusciranno o non riusciranno ad annettersi un quarto della popolazione del globo. L'importanza di questo problema é abbastanza evidente perché sia necessario alcun commento. Non sono dieci anni che i paesi del SudEst asiatico hanno riconquistato la loro
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indipendenza, ed é tuttavia già lunga la storia dei tentativi fatti dalle potenze occidentali pe[...]
[...]o in corso. Ma queste famiglie non arrischiano i loro capitali. Non esiste attualmente alcuna autorità che possa obbligarli a farlo, e l'instabilità politica (che non sembra destinata a diminuire per il momento, ma al contrario ad aumentare) ha il solo effetto di rafforzare la loro naturale tendenza. Cerchiamo ora di rispondere alla seconda domanda : È o non é disponibile il capitale necessario per una vasta espansione economica?
La popolazione dell'Asia sudorientale ammonta a circa 600 milioni di unità. Una parte è proficuamente impiegata. Un'altra parte é in qualche modo parassitaria, nel senso che contribuisce all'adempimento d'un compito che sarebbe eseguito altrettanto bene da un minor numero di lavoratori. L'obbiettivo da raggiungere é dunque duplice : da una parte, elevare il rendimento di coloro che sono già impiegati con profitto; d'altra parte, trovare un impiego produttivo per coloro che attualmente lavorano a vuoto. Come abbiamo visto, una produttività insufficiente non lascia praticamente alcun margine per il risparmio e per la f[...]
[...]ia eccezionale si costituisce un capitale, esso non viene utilizzato per fini produttivi. Le conseguenze finanziarie del problema sono state esaminate da un comitato di specialisti delle Nazioni Unite, che ha pubblicato le sue conclusioni col titolo « Misure da adottare per lo sviluppo economico dei paesi insufficientemente sviluppati ». Questi esperti sono giunti alle seguenti conclusioni : per accrescere del 2,5% annuo il loro reddito, i paesi dell'Asia sudorientale dovrebbero investire nell'industria e nell'agricoltura il 20% circa del loro attuale reddito nazionale. Ponendo che il reddito individuale medio sia di 70 dollari l'anno, giungiamo a un totale di 42 miliardi di dollari. Occorrerebbe dunque destinare 8,5 miliardi annui all'investimento; laddove il risparmio netto di questi paesi non eccede il 4% del reddito nazionale, cioè approssimativamente un miliardo e mezzo di dollari. Anche, dunque, se tutto il risparmio venisse investito in modo produttivo (ciò che non é), mancherebbero ancora oltre 7 miliardi di dollari annui. Inoltre — e [...]
[...]ardo di dollari menzionata dall'eminente economista non rappresenta che uno 0,5 % di quel che il mondo occidentale ogni anno spende per i propri armamenti. È dunque in questo modo, a quanto sombra, che noi contribuiamo in Occidente agli sforzi compiuti dall'India per rivaleggiare con l'esperienza cinese, sforzi fondati su sistemi che almeno in parte preservano un ideale di valori a cui, giustamente, noi restiamo attaccati.
Intanto, gli abitanti dell'Asia sudorientale, e con loro, probabilmente, milioni d'uomini di altri continenti, seguono queste decisive esperienze con l'interesse dell'uomo affamato che non può più attendere a lungo. I risultati permetteranno di porre a confronto l'efficacia e anche l'attrattiva dell'uno e dell'altro sistema. Di qui a dieci o quindici anni, quando i risultati comincieranno ad apparire, se l'India non sarà riuscita ad eguagliare le realizzazioni della Cina, le verrà forse rimproverato il fatto stesso d'aver aderito all'ideale occidentale e ai suoi metodi.
Se arriveremo a quel punto, l'Asia sudorientale non v[...]