Brano: [...]prescelti dal Foscolo, insomma, pur improntata allo stile declamatorio allora in voga, era aliena da quella istintività impulsiva, restia al controllo del regista, che era invece caratteristica in particolare del Lombardi, noto ai tempi suoi per essersi ferito, rischiando di uccidersi, mentre maneggiava con entusiasmo e impeto eccessivi le armi in scena. Seriamente investito delle nuove responsabilità, il Foscolo scrive alla famiglia a proposito dell'Ajace: « ... bisogna pure che la prima recita sia diretta da me » (Epistolario, vol. III, p. 497), quasi la deroga dalla prassi teatrale del tempo sia da lui sentita come un obbligo professionale. E nell'allestimento egli si getta a capofitto, se è vero ciò che scrive a Ugo Brunetti 1'8 dicembre 1811: « ... sono rovinato nella salute, e dopo mezzanotte ho una prova generale » (ivi, p. 544). Non diversamente egli dà relazione del suo impegno nelle prove della Ricciarda, che « vanno alla peggio » (Epistolario, vol. iv, p. 345) sempre a causa delle difficoltà da parte degli interpreti ad imparare e ad[...]
[...]noscessero saranno tenuti consultare il capocomico... » (i documenti su cui ci basiamo sono conservati presso l'Archivio di Stato in Milano, « Spettacoli Pubblici Parte Moderna », cartella n. 18).
17 Cfr. E. FLORI, op. cit., p. 144 e S. SCOPEL, op. cit., p. 51. Si ricordi la lettera del protagonista Paolo Belli Blanes che, il 28 settembre 1811, piú di due mesi prima del debutto, scriveva al Foscolo: « ... Ho già ricevuto da Firenze il figurino dell'Ajace e si sta travagliando in adesso nell'elmo, che verrà fatto a tutto scrupolo di verità; insomma io mi lusingo, mercè i tuoi rari e singolari talenti, consolidare quel poco di buon nome che mediante un assiduo studio mi sono fin ora acquistato » (Epistolario, vol. III, p. 523).
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LA RAPPRESENTAZIONE DELL'« AJACE » E LA TECNICA TEATRALE FOSCOLIANA 147
ancor piú per la Ricciarda: dopo avere manifestato la sua preferenza per il palcoscenico della Canobbiana, piú adatto di quello immenso della Scala all'ambientazione cimiteriale della tragedia, il Foscolo spedí, insieme al testo, « tutti gli avv[...]
[...]lla realizzazione della scena e dei costumi 18. Gli esecutori dovettero essere molto coscienziosi, se il Foscolo, scontento sotto ogni altro aspetto dello spettacolo, scrisse: « La scena era ben decorata, esattamente dipinta, e il vestiario convenientissimo a' tempi e magnifico ... il pubblico picchiava le mani ... » (Epistolario, vol. iv, p. 350). Di parere diverso era stato il Lampredi, che, sul « Poligrafo » del 29 dicembre 1811 aveva scritto dell'Ajace: « I vestimenti inargentati, indorati, ingemmati, e la forma dell'armi..., e tutto ciò in somma, onde si formavano l'esterne decorazioni della Tragedia, tutto corrispondeva assai male ai semplici costumi, e alle usanze de' secoli Eroici... ». Ci è impossibile valutare oggi la serenità del suo giudizio: certo egli aveva ragione ad attribuire, nel bene o nel male, la responsabilità della miseenscène all'« illustre autore che ha voluto diriggere in tutto e per tutto gli accessorj dello spettacolo... ». Ciò deve essere vero piú di quanto non si possa credere, se si pensa che negli appunti scritti[...]
[...]lla capacità tutta particolare di riscattare un dialogo, una scena povera di tensione drammatica con una battuta, con uno scambio di grande efficacia recitativa 24. Abile nei dettagli, capace di intervenire con l'intuito dell'interprete a sanare difetti strutturali, il Foscolo — come i critici hanno notato — non seppe mantenere costantemente elevato il livello della sua produzione drammaturgica. Muovendo da un'analisi sia pur parziale e limitata dell'Ajace cercheremo, dunque, di verificare alcuni elementi qualificanti sotto il profilo piú strettamente teatrale.
La sera del 9 dicembre 1811, la seconda tragedia foscoliana andò in scena al Teatro alla Scala e, come ricorda il Pezzi sul « Corriere milanese » pubblicato il giorno seguente: « La folla degli, spettatori era straordinaria; l'ampio recinto del nostro grande teatro non bastò a contenerla tutta; molte persone furono obbligate di ritornarsene indietro per mancanza di posto... ». Sul concorso eccezionale di pubblico, tutti i cronisti concordano 25, anche se gli spettatori non furono certo [...]
[...]mi sono annojato moltissimo, e la Tragedia mi è sembrata troppo lunga » (ivi).
33 Piú stringate le altre tragedie foscoliane, rispettivamente di 1407 versi il Tieste e di 1298 versi la Ricciarda.
36 I pareri dei critici sulla validità dei singoli atti sono discordi: in linea di massima, tuttavia, le censure colpiscono soprattutto i primi tre atti (dr. « Giornale italiano », 15 dicembre 1811; E. FLORI, op. cit., p. 157). Dopo la lettura privata dell'Ajace del 14 ottobre 1811, il Foscolo scrisse a G. Grassi: « ... tutti giudicarono che il primo atto fosse peggiore degli altri, e mi raccomandarono d'accorciarlo ... Il quarto e il quint'atto riescono sommamente patetici, tragici, e rapidi, e compenseranno il cattivo de' primi tre; benché il secondo a me paia il migliore di tutti ... » (Epistolario, vol. III, pp. 531532).
152 PAOLO BOSISIO
è abbastanza omogenea ad eccezione del secondo che risulta spezzato artificiosamente in undici tronconi per consentire l'entrata e l'uscita continue di personaggi e comparse 37.
Una spia significativa è la so[...]
[...]ongiunzione: di scene, cioè, create con il solo scopo di superare un ostacolo d'intreccio, permettendo entrate e uscite di personaggi ed evitando incontri dannosi ai fini dello svolgimento della trama 38. La costruzione simmetrica degli atti, aperti e conclusi da un soliloquio, dovette sembrare al Foscolo maturo un inutile ossequio alla precettistica di ascendenza classica, se, dopo averla rispettata nel 1 e nel iv atto del Tieste e nel iv atto dell'Ajace, la ignorò nella Ricciarda.
Alla base del concetto di teatralità sta quello di azione sul quale, non a caso, insiste molto il Foscolo negli scritti in cui puntualizza la sua poetica drammaturgica 39. Nonostante egli riveli una notevole lucidità speculativa, le sue tragedie, e l'Ajace in particolare, non sono sempre soddisfacenti sotto tale profilo. « Opera nobilmente immota nella sua antiteatrale staticità » 40, l'Ajace è privo di un vero sviluppo tragico: l'azione è svuotata del suo principio motore dal momento che il protagonista è deciso ad uccidersi fin dall'inizio e la catastrofe, dunqu[...]
[...]ià ricordato frantumarsi del II atto in una serie di entrate e uscite dei personaggi che contribuiscono al movimento piuttosto che all'azione drammatica; si veda, infine, l'artificio della narrazione di fatti e accidenti avvenuti fuori scena che fornisce solo un surrogato del vero dramma (ad esempio cfr. I, 4 e III, 3). Di tale artificio, tuttavia, il Foscolo sa fare un uso davvero magistrale: lo nota acutamente il Binni nella sua lucida analisi dell'Ajace in cui rileva e dimostra « ... la forza epicotragica che in certe parlate ... il Foscolo ha saputo realizzare potentemente traducendo narrazione in rappresentazione e dando alla memoria della tragedia il risalto indiscutibile di una suggestione persino di movimento e di azione di masse, uno sfondo di vita e di azione bellicosa e guerresca di grande efficacia » (L'« Ajace » del Foscolo, p. 232).
Alla carenza di azione che appesantisce certe parti della tragedia fanno riscontro scene assai riuscite, efficaci anche sotto il profilo strettamente teatrale: si pensi allo scontro fra i tre personag[...]
[...]a — è vero — di artifici, forse poco consoni a un'opera di poesia ma, sotto il profilo teatrale, essi sono assolutamente giustificati dall'esigenza di tener desto l'interesse dello spettatore, coinvolgendolo il piú possibile nel meccanismo dell'azione tragica, cioè a dire in quello scontro di forti passioni in cui lo stesso Foscolo identifica la fonte di ammaestramento morale e civile.
Quanto alla struttura dialogica 42, un'analisi approfondita dell'Ajace rive
42 L'importanza dei dialoghi nella tragedia è sottolineata dallo stesso Foscolo: « Qualunque tragedia tutta intera non è che la rappresentazione d'una o piú azioni sviluppate solamente per mezzo d'una serie di discorsi » (Della nuova scuola drammatica italiana, in: Saggi di letteratura italiana, a cura di C. Foligno, Firenze, Le Monnier, 1958, parte seconda, pp. 563564).
154 PAOLO BOSISIO
la che gran parte dei dialoghi è composta di brevi monologhi giustapposti e indipendenti anziché da battute concatenate e reciprocamente necessitate. Ogni personaggio sembra condurre un suo personale[...]