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Il segmento testuale dell'Africa è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 324Analitici , di cui in selezione 9 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Francesco Cataluccio, Il Congo Belga nel nazionalismo africano in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 5 - 1 - numero 38

Brano: [...]a Africa, meno unitaria e più caratterizzata nelle parti. con infiniti problemi d'ordine territoriale umano sociale politico, con acute contraddizioni in ogni campo di vita, con linee di sviluppo, nei diversi settori, non comprensibili che per se stesse, senza che le si possa spiegare guardandoci intorno, in esperienze già compiute o prossime al compimento.
Il fatto nuovo di questi ultimi anni, in tema africano, é che, sia sui problemi generali dell'Africa come area continentale sia su quelli particolari di settore, sono stati gli stessi africani a portare il maggior contributo di esame di studio di discussione. Si tratta di uno sforzo assai serio, che dà la misura del rigoglio di uomini moderni e di élites preparate e dello sviluppo politico e culturale delle diverse società africane, che impegna governi partiti movimenti associazioni, e che si snoda in una fitta catena di incontri convegni e congressi. Non tutto — s'intende — é modello organizzativo e chiarezza di metodo, senso del reale e coerenza dottrinale, ma nel dinamismo delle iniziativ[...]

[...]lvolta resa più aspra dalla resistenza psicologica e sociale di parte dello stesso gruppo nazionale — con problemi politici economici di estrema complessità e persino col problema di definirsi nazionalmente.
A tre dei molti congressi riunitisi di recente conviene accennare, come a quelli che meglio hanno puntualizzato i due aspetti dell'attuale evoluzione africana, la rottura cioè del vincolo di dipendenza coloniale e la organizzazione politica dell'Africa divenuta arbitra della sua vita.
Il primo si è svolto a Accra capitale del Ghana dall'8 al 13 dicembre 1958 sotto la presidenza d'una forte personalità dell'odierno nazionalismo africano, il kenyese Tom Mboya. Preceduto (1522 aprile), nella stessa Accra, da una conferenza degli stati già giunti all'indipendenza, e definito « conferenza panafricana » in effetti vi hanno preso parte, attraverso duecento delegati, venticinque paesi del continente — il congresso ha presentato un netto obiettivo anticoloniale, ha mirato cioè a preparare, secondo l'espressione del suo promotore, il primo ministro[...]

[...] barriera del colore; denuncia il lavoro schiavistico nei territori di Angola, Mozambico, Congo belga, Africa meridionale e sudoccidentale; denuncia la politica svolta nell'Africa centrale e nell'Unione Sudafricana, dove la dominazione della minoranza sulla maggioranza é basata sulla dottrina razziale della discriminazione; denuncia la confisca delle terre migliori degli africani a vantaggio dei colonialisti europei; denuncia la militarizzazione dell'Africa e l'uso del territorio africano per scopi militari, specialmente in Algeria e nel Kenya ». L'influenza preponderante del primo ministro ghanese sulla conferenza la si ritrova anche nel tono assiomatico e non poco fideistico con cui é affrontato il problema dell'unità africana col superamento delle rivalità tribali e razziali, nel modo scevro di qualsiasi perplessità con cui é affermata la concezione panafricanista, nella semplicistica creazione teorica dei primi cinque complessi regionali che dovrebbero preludere all'unità continentale: una federazione costiera dal Senegal al Camerun; una fed[...]

[...]one tra Kenya, Uganda, Tanganika e eventualmente il Niassa; una federazione costituita dall'Ubanghi Sciari e dal Medio Congo. Ma anche in Europa certo unitarismo odierno é puramente velleitario, basato sul « dover essere » piuttosto che sul « poter essere », senza nemmeno l'attenuante dell'ancora ingenuo e giovanile pensiero politico!
Meno impegnato in senso politico ma maggiormente diretto a chiarire questioni di rilevante incidenza sul futuro dell'Africa é il congresso o meglio la riunione di studio che ha luogo dal 16 al 23 marzo 1959 a Ibadan, capitale della Nigeria occidentale e sede della più attrezzata università dell'ovest africano, sotto l'egida del Congresso per la libertà della cultura. Il tema di studio della riunione, « Governo rappresentativo e progresso nazionale », consente di esaminare, tra gli altri, i problemi della tribù, della nazione e della federazione. Universitari e uomini politici, partendo dalla
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constatazione che i nuovi stati africani sorgono da una geografia politica ar[...]

[...]ine, e le posizioni di Nkrumah e altri gruppi intellettuali di lingua francese o inglese. Nella riunione resta ribadita la tendenza dei più giovani pensatori africani a rivendicare alla cultura negra uguaglianza di nobiltà con le principali civiltà storiche e sinanche il privilegio di contenere nel suo seno il nucleo più valido delle altre; é ribadita anche l'avversione profonda verso l'Europa espansionista del sec. XIX, accompagnata dal ripudio dell'Africa tradizionale. Come ricorda G. Balandier in « Afrique ambigue », « devant sa chapelle, Nganga Emmanuel, fondateur de l'une des "églises noires" du Congo, brûle les derniers fétiches témoins des vielles fidélités africaines, mais il exorte aussi ses adeptes à croire en un messie qui n'est plus solidaire du monde blanc réprouvé ». Si tratta in sostanza d'un combattimento su due fronti, quale é stato realizzato in pratica nell'azione politica del Convention People's Party di Nkrumah.
Le correnti d'opinione africane tornano a confrontarsi — e a scontrarsi — su questi temi di negrità, di unità afr[...]

[...]ara mette in rilievo il dato obiettivo più importante per spiegare la difficoltà degli scrittori
e degli uomini di cultura negri ad avere una visione unitaria dei. problemi della loro civiltà. Al termine dell'incontro però essi riescono a trarre fuori taluni elementi positivi d'azione suggeriti dall'urto stesso di tendenze e di valutazioni che ha dominato le discussioni. La risoluzione finale suggerisce di: ristudiare scientificamente la storia dell'Africa; formare gruppi di storici; istituire archivi e biblioteche; riprendere in esame i sistemi associativi di base e soprattutto la democrazia comunitaria per elaborare forme nuove di vita comune; orientarsi nel grande intreccio di oltre seicento lingue e dialetti dell'Africa, scegliendo per i suoi elementi
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comuni quella lingua (swaili, bambara, ulof, malgascio, senegalese) che possa diventare in breve lingua continentale attraverso l'insegnamento obbligatorio in tutte le scuole africane; curare il passaggio dalla forma orale a quella scritta delle opere letterarie; sviluppare il dialogo ai fini d'una comprensione reciproca tra le religioni cattolica, protestante, musulmana e animista prevalenti in Africa. In definitiva il congresso dice agli africani: siate cattolici, siate marxisti, siate fedeli a qualsiasi ideologi[...]

[...]rale a quella scritta delle opere letterarie; sviluppare il dialogo ai fini d'una comprensione reciproca tra le religioni cattolica, protestante, musulmana e animista prevalenti in Africa. In definitiva il congresso dice agli africani: siate cattolici, siate marxisti, siate fedeli a qualsiasi ideologia che soddisfi le vostre esigenze intellettuali e morali, ma africanizzate la vostra ideologia, adattatela alla realtà culturale politica economica dell'Africa, in modo che tutte insieme le vostre ideologie concorrano a liberare la cultura africana dalle sovrastrutture imposte dall'esterno e a fare ritrovare al mondo africano la sua personalità originale, la sua capacità di universalizzarsi, di portare un contributo autonomo alla soluzione dei grandi problemi dell'umanità.
***
Dibattiti e discussioni e polemiche sui problemi relativi al proprio sviluppo nazionale, ad opera dei circoli politici e culturali del continente nero, si svolgono nel vivo di un processo di trasformazione del mondo africano del quale sono oggi individuabili alcune caratteri[...]

[...]a capacità espansiva delle potenze coloniali, preponderanza nello scacchiere internazionale di stati anticoloniali quali l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti, attiva solidarietà di governi affrancatisi di recente dalla amministrazione coloniale, presenza sollecitatrice dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, convergono verso l'identico obiettivo di porre in crisi il
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regime coloniale. Non tenendo conto dell'Egitto e dell'Africa settentrionale francese (Tunisia Marocco Algeria, quest'ultima tuttora in lotta di riconquista della propria individualità nazionale), dove il dominio coloniale aveva particolare carattere, né della breve parentesi coloniale dell'Etiopia dal 1936 al 1941, nell'ultimo decennio sono usciti dal mondo .coloniale Libia, Sudan, Eritrea, Costa d'Oro (Ghana), Guinea francese; mentre sono alla soglia dell'indipendenza la Somalia sotto amministrazione fiduciaria italiana, íl Camerun sotto amministrazione fiduciaria in parte francese e in parte britannica, il Togo sotto amministrazione fiduciaria france[...]

[...]itrea, Costa d'Oro (Ghana), Guinea francese; mentre sono alla soglia dell'indipendenza la Somalia sotto amministrazione fiduciaria italiana, íl Camerun sotto amministrazione fiduciaria in parte francese e in parte britannica, il Togo sotto amministrazione fiduciaria francese, la Nigeria britannica. In seno poi alla Comunità francoafricana, promossa alla fine del 1958 dal governo De Gaulle per evitare un radicale movimento centrifugo, i territori dell'Africa occidentale francese (Senegal, Sudan, Mauritania, Niger, Alto Volta, Costa d'Avorio, Dahomey) e dell'Africa equatoriale francese (Gabon, MedioCongo, UbanghiSciari, Ciad) e il Madagascar si sono affrancati, se non completamente, in misura tale da presentare netti lineamenti di individualità statale autonoma.
Altro dato caratterizzatore dell'evoluzione politica africana é la tendenza al raggruppamento, o su basi federali o per annessione di territori nazionalmente affini o geograficamente complementari, che si afferma presso gli stati già consolidati. Nel primo caso si tratta di fenomeno che si collega a remote esperienze storiche o rispecchia talune esigenze di più agevole amministrazione coloniale[...]

[...]disce a una realistica valuta ione delle necessità economiche finanziarie difensive di un moderno organismo statale. Dall'uno
o dall'altro di tali motivi o anche da due o più motivi simultanei sono sorti l'Unione Sudafricana, lo sforzo egiziano per ora infruttuoso d'incorporazione del Sudan, certo orientamento federalistico nel Nordafrica francese (Maghreb unito), la Federazione della Rhodesia e del Niassa, il progetto britannico di federazione dell'Africa orientale (Kenya Tanganika e Uganda) avviato dalla creazione dell'East Africa High Commission che coordina ventotto rami amministrativi dei tre territori tra cui i trasporti aerei le dogane la difesa le poste i servizi radiofonici le ferrovie le comunicazioni fluviali la statistica e l'istruzione superiore, la Federa
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zione etiopoeritrea, l'integrazione del Togo britannico nel Ghana, l'annessione del territorio di mandato dell'Africa sudoccidentale extedesca da parte del Sudafrica, la richiesta sudafricana d'incorporazione dei Protettorati britan[...]

[...]ika e Uganda) avviato dalla creazione dell'East Africa High Commission che coordina ventotto rami amministrativi dei tre territori tra cui i trasporti aerei le dogane la difesa le poste i servizi radiofonici le ferrovie le comunicazioni fluviali la statistica e l'istruzione superiore, la Federa
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zione etiopoeritrea, l'integrazione del Togo britannico nel Ghana, l'annessione del territorio di mandato dell'Africa sudoccidentale extedesca da parte del Sudafrica, la richiesta sudafricana d'incorporazione dei Protettorati britannici di Basutoland Bechuanaland
e Swaziland; e, in data più vicina, il progetto di federazione tra Ghana e Repubblica di Guinea «come nucleo della creazione degli Stati Uniti dell'Africa occidentale », la Federazione del Mali tra Senegal e Sudan e i progetti di Unione Benin (Dahomey Niger
e Togo) e di Stati Uniti dell'Africa latina (Africa equatoriale francese, Congo belga e colonie portoghesi). « Col vostro voto », afferma il presidente dell'assemblea costituente a Dakar Modibo Keita il 17 gennaio 1959 all'atto della proclamazione della Federazione del Mali, « voi avete gettato le fondamenta dell'unità africana. Voi siete gli architetti della Federazione dell'Africa occidentale. Ora dovete diventare i crociati e gli evangelizzatori dell'unità politica
e accettare ogni sacrificio per la realizzazione dell'unità africana ». Il primo ministro del Niger Hamani Dior così puntualizza a sua volta l'esigenza federalistica: « L'aspirazione all'indipendenza non potrà essere soddisfatta compiutamente che in un quadro federale. Noi intendiamo superare immediatamente la fase dell'indipendenza per raggiungere uno sviluppo nuovo corrispondente al sorgere nel mondo dei grandi raggruppamenti ».
L'Africa, che ha realizzato in passato soltanto parziali esperienze statali[...]

[...]aturali raggruppamenti: è il caso delle popolazioni somale dell'Etiopia, che parteciperebbero volentieri a quella Confederazione della grande Somalia che dovrebbe raggruppare, secondo progetti attribuiti al presidente egiziano Nasser,
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le tre Somalia (francese, britannica e in amministrazione fiduciaria italiana), l'Eritrea, l'Ogaden e parte del Kenya.
Un terzo elemento determinante della evoluzione dell'Africa è il problema dei rapporti interrazziali. Tale problema si presenta con caratteristiche diverse in Algeria, nel Sudafrica, nell'Africa centrale britannica (Rhodesia) e nell'Africa orientale britannica (Kenya), ma in tutti e quattro questi territori provoca la stessa conseguenza di allontanare nel tempo la formazione di stati africani indipendenti, e rappresenta quindi il settore in cui la colonizzazione europea é decisa a difendere ad oltranza le sue posizioni non soltanto di ordine economico ma di governo e di amministrazione. In Algeria, il riconoscimento dell'individualità nazionale araba [...]

[...]ll'emancipazione indigena, lo porrà però a suo tempo in termini non di conciliazione di interessi e di vantaggiosa coesistenza ma di violenta eliminazione del gruppo bianco — e se io tiro troppo la corda dalla parte mia », ha ricordato di recente un alto funzionario coloniale belga, «il giorno in cui sono costretto a lasciarla, ebbene, essa va molto lontano anche dalla parte opposta » —, la Gran Bretagna si é sforzata di avviare i suoi territori dell'Africa centrale e orientale, anche su sollecitazione di notevoli correnti di opinione pubblica e di associazioni (esempio, la Capricorno Africa Society), ad una esperienza di collaborazione interrazziale, di partnership. Al tentativo di conciliazione di interessi hanno nociuto e nuocciono, tuttavia, certa tendenza delle autorità locali britanniche a considerare la partnership come un mezzo di prolungamento del governo coloniale e l'evidente impulso di alcuni settori di coloni a trasformarla in uno strumento avente gli stessi fini dell'apartheid, la permanente supremazia della minoranza bianca. Se pe[...]

[...]nel territorio delle altre; da alcuni anni, inoltre, il governo sudafricano insiste nel sollecitare una comunità di difesa tra i territori africani a sud del Sahara sulla falsariga di altri patti regionali (NATO, OAS, SEATO, patto di Baghdad). In campo economicosociale, fanno spicco la creazione, nel gennaio 1954, di una Commissione per la collaborazione tecnica nell'Africa a sud del Sahara tra Belgio Francia Gran Bretagna Portogallo Federazione dell'Africa Centrale e Unione Sudafricana, la costruzione di varie centrali elettriche fornitrici di energia alle industrie di più territori vicini e, ultimamente, la decisione di inserire i territori d'oltremare nel Mercato comune europeo (MEC).
Molto problematica é invece l'esistenza o anche la semplice chiara impostazione d'una politica occidentale che esprima la preoccupazione di comprendere l'ampiezza del travaglio delle forze nazionali africane e di assecondare la soluzione dei loro problemi, di legare i propri interessi ai loro interessi in divenire, di stabilire un rapporto, possibilmente una co[...]

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patì, dalla discriminazione razziale in alcuni territori alla possi bilità e ai principi basilari di stati plurirazziali.
Non c'è alcun segno che gli stati del blocco occidentale, nel. loro complesso, si siano posti, per risolverlo, il problema d'una concreta politica africana, nei numerosi rivoli in cui questa si scinde e va coordinata. A cominciare dagli stati che mantengono controlli sovrani su settori dell'Africa — se si esclude in parte la Gran Bretagna che segue da vicino e senza apriorismi le varie situazioni del continente —, la cui politica africana sembra ridursi a un puntiglioso tentativo di contrastare il più possibile i mutamenti dello status quo, a una tenace negazione di quanto è ritenuto in contrasto col proprio interesse. Essi sono fermi su una. valutazione polemica dell'Africa che, sia pur lentamente, si affaccia al mondo moderno, e se sono disposti a concessioni di principio, si mostrano riluttanti a convertire in politica concreta le generiche ammissioni. Oppongono cioè a una politica africana teorica una politica africana reale, del tutto diversa. Le poche iniziative opportune che sono attuate hanno per lo più carattere marginale, e il loro benefico effetto psicologico . è compromesso dal non essere frutto di un orientamento tempestivo ma tardivo adattamento a situazioni non altrimenti controllabili. D'altra parte, ad aggravare la frattura politica tra negri e b[...]

[...] l'exambasciatore statunitense Chester Bowles, il cui volume Africa's Challenge to America (1956) prende posizione contro l'orientamento del Dipartimento di Stato del suo paese verso i giovani stati africani e asiatici, facente perno essenzialmente sugli aiuti militari e sul rigido allineamento politico.
***
I vari problemi or ora accennati, la cui reciproca interferenza e la cui soluzione contribuiranno a determinare il nuovo assetto politico dell'Africa, sono quasi tutti presenti nel Congo Belga. È come se su questo immenso territorio, posto nel cuore del continente nero, si riflettesse l'immagine vera genuina del mondo africano, consentendo di raccogliere in una visione unitaria, e quindi più fedele, aspetti diversi dispersi qua e là; é come un lago in cui svariati fiumi e torrenti immettono le loro acque mescolandosi e placandosi in una limpida superficie che l'occhio pus?) scrutare in modo riposato e sicuro. Impulsi d'indipendenza, polverizzazione tribale che cerca di cementarsi in una unità nazionale, ricerca di collegamento con popolazi[...]

[...]oni della provincia di Kivu, appare chiaro che lo status quo sociale e politico presenta le prime incrinature.
Né l'isolamento dall'esterno ha più ampie probabilità di durare, una volta che nelle regioni confinanti si verifichino, come già avviene, decisi movimenti di opinione pubblica in senso nazionale. L'osmosi di idee di impulsi tra le popolazioni congolesi e quelle vicine, soprattutto con quelle sotto amministrazione francese — la capitale dell'Africa equatoriale francese Brazzaville e Leopoldville sono sulle due sponde del fiume Congo separate da soli 4 km. — ha precedenti sintomatici: l'unica rivolta di una certa proporzione
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scoppiata nel Congo prima della seconda guerra mondiale, quella del 192021, ha avuto a protagonista un carpentiere, Simone Kimbangu, che era membro di una setta religiosa fondata al di là del fiume Congo, nel 1948, da Zéphyrin Lassy. L'osmosi ha, oltre tutto, una base etnica: il gruppo etnico dei Lari infatti é stato disperso dal giuoco delle spartizioni coloniali tra il Congo fran[...]

[...]l di là della frontiera.
Che vi sia, nel sottofondo della vita congolese, un ribollio cauto ma intenso di sêtte segrete e religiose, lo dimostra il rapido formarsi di associazioni rivendicatrici di diritti politici congolesi — evidentemente non dovuto a improvvisazione — che ha luogo nello stesso momento in cui, nel giugno 1956, l'Africa equatoriale francese ottiene da una leggequadro del governo di Parigi, insieme agli altri territori francesi dell'Africa nera, l'avvio a una decisa evoluzione autonomistica che andrà a compimento con la costituzione francese del 5 ottobre 1958. Il là sembra essere dato dal manifesto Conscience africaine, redatto da un gruppo di intellettuali Bangala di residenza a Kinshasa, in cui si rivendica l'esistenza di una nazione congolese; ma, il fatto che esso fissi in tappe lungo un trentennio il processo evolutivo verso la completa emancipazione, fa comprendere che si tratta di manovra diversiva organizzata dalla missione di Scheut e utilizzante l'avversione tradizionale della popolazione Bangala contro la popolazion[...]

[...]isce piuttosto propositi di più ferma resistenza, non bene mascherati dagli accenni ai necessari adattamenti della politica indigena (dichiarazione governativa del 18 novembre 1958 e costituzione
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d'un gruppo di lavoro per lo studio dei problemi politici nel Congo Belga).
Sul più accentuato dinamismo dell'Abako influisce indubbiamente anche l'ulteriore sviluppo nazionalistico dei vicini territori dell'Africa equatoriale francese, che giunge all'epilogo vittorioso con la nuova costituzione francese dell'ottobre 1958. È proprio alle porte di Leopoldville, a Brazzaville, che il gen. de Gaulle annunzia solennemente la sua politica di rottura radicale con il vecchio colonialismo in Africa. Alla testa dei due territori del Congo e dell'UbanghiSciari, divenuti stati indipendenti — il secondo col nome di Repubblica centroafricana — membri della Comunità francoafricana, vi sono due personalità, rispettivamente l'abate Youlou e B. Boganda (perito poi in un incidente aereo il 30 marzo 1959), di vivacissima [...]

[...]e di Repubblica centroafricana — membri della Comunità francoafricana, vi sono due personalità, rispettivamente l'abate Youlou e B. Boganda (perito poi in un incidente aereo il 30 marzo 1959), di vivacissima fantasia panafricanista, assai sensibili ai problemi del Congo belga. Il primo é infatti il capo dei Lari, il gruppo etnico che abbiamo visto dislocato in parte nella colonia belga, e l'altro, fondatore del Movimento per l'evoluzione sociale dell'Africa nera (Mésan), insiste sul fatto che le due rive del fiume Ubangui (la riva sinistra fa parte del Congo Belga) sono abitate dalle stesse tribù M'baka e Banziai, e lancia l'idea d'un raggruppamento, « Stati Uniti dell'Africa latina », che dovrebbe comprendere i quattro territori dell'exAfrica equatoriale francese, il Camerun, il Congo belga e l'Angola, e si allineerebbe agli Stati Uniti dell'Africa occidentale, di influenza anglosassone (Nkrumah), e a una zona di influenza musulmana (Nasser), nel dare un primo assetto politico all'Africa. « Io stesso sono nato congolese » — afferma denunziando « l'errore geografico degli esploratori » e chiedendo una revisione della frontiera dell'Africa centrale — « e sono divenuto ubanguiano. Una parte della mia tribù si trova nel Congo belga, un'altra nell'antico territorio dell'Ubangui e un'altra ancora al Ciad. Ma è la lingua francese e la nostra comune cultura latina che costituiscono per noi dei legami fondamentali. Ed è perciò ch'io credo fermamente all'avvenire di quella che si dovrà chiamare Africa latina, così come si parla di America latina ».
È problematico che possa avere eco fra i nazionalisti congolesi un progetto del genere, come anche del resto quello Lari del
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Youlou, ma costituisce u[...]



da Vittorio Lanternari, Religione, società, politica nell'Africa Nera avanti e dopo l'indipendenza in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1964 - 7 - 1 - numero 69

Brano: [...]onialismo culturale perseguito dalle élites dirigenti dei paesi indipendenti (3). Tanto piú, secondo noi, si giustificano i nuovi neotradizionalismi africani, in questa situazione di «autocolonizzazione» interna.
Sincretismi e neo,tradizionalismi d'epoca coloniale.
A proposito di sincretismo e messianismo, c'é anzitutto un problema di terminologia. Spesso questi termini sono stati usati indiscriminatamente per designare in genere i culti nuovi dell'Africa Nera e di altre popolazioni. Ma — come osserva Denise Paulme — « quale culto può non dirsi sincretista al suo inizio? D'altronde, tutto confondere sotto la designazione di messianismo sarebbe deformare i fatti: non necessariamente si trova in tutti i culti la persona del salvatore divino» (4).
Dunque i due termini non coprono l'intera realtà dei nuovi movimenti religiosi africani. Esistono in realtà tanti sincretismi differenti fra loro, quante sono le nuove religioni, anzi le fasi di sviluppo di ciascun movimento religioso. Quanto ai messianismi, ne esiste un tale numero ed una varietà così[...]

[...]one» (« deprivation », come dicono gli anglosassoni) e d'oppressione. E' la medesima situazione che fornisce il terreno d'origine allo sviluppo parallelo dei movimenti sincretisti, messianici e millenaristi. In questi culti magici antistregonisti noi dunque vediamo un genere, o una fase particolare dei movimenti neotradizionalisti: é il neotradizionalismo d'epoca coloniale. Nel corso del colloquio di Bouaké, dedicato ai sincretismi e messianismi dell'Africa Nera, noi lo definimmo « asincretismo ». Certo, conviene distinguere questa fase del neotradizionalismo, dal neotradizionalismo postcoloniale di cui riparleremo. Infatti differenti situazioni storiche danno, alle due fasi del fenomeno, significati ben distinti.
Se si guardano i sincretismi e i neotradizionalismi d'età coloniale in funzione della loro origine, sviluppo e destino, essi presentano chiare differenze. L'origine è diversa, perché nei primi si risente fortemente della personalità del fondatore che é stato a contatto diretto o indiretto con le missioni, ed in essi si esprime un comp[...]

[...]indigena e quella occidentale —, ma poi man mano che questi rapporti progrediscono verso un regime di mutua simbiosi ed integrazione, i movimenti stessi si volgono verso un autonomismo non piú accesamente polemico, ma integrista e aggiustativo. E' il caso dei movimenti del Nyassa, delle chiese nativiste sudafricane che negli ultimi anni stanno trovando la strada di un'autonomia e d'una integrazione via via più moderna (28); in parte delle chiese dell'Africa occidentale. Lo sviluppo e l'intensificazione dei rapporti fra i due tipi di civiltà contrapposti creano il terreno per una progressiva integrazione anche nel campo religioso.
Sincretismo formale, nativista, autonomista: sono le fasi dei movimenti religiosi più durevoli e di cui conosciamo intera la storia. Ma conosciamo molti movimenti di breve durata, talvolta coevi e territorialmente vicini, altre volte successivi, indipendenti e fondati da personalità differenti. Come sempre, la tendenza fondamentale di ciascuno di questi è legata ai fattori storicosociali, cioè anzitutto alle condizioni[...]

[...] 1964, col titolo: Crise et désintégration culturelle dans le processus d'acculturation.
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principale la Christ Army Church. Essa é fondata sul culto di guarigione dei malati, sull'antistregonismo, sull'attesa millenarista del trionfo finale di Dio su Satana (Ata Abassi degradato), con liberazione dalla paura e dalla magia.
Si é visto fin qui qual'é il posto che i sincretismi occupano fra le risposte che le culture negre dell'Africa danno alla civiltà occidentale. In conclusione, gli asincretismi hanno un ruolo culturale conservatore ed effimero; i movimenti d'imitazione occidentale con disprezzo verso la tradizione un ruolo falsamente progressivo, ed anzi distruttivo. Solamente dai sincretismi prende avvio un reale rinnovamento della cultura in tutti i suoi aspetti: rinnovamento che assume anche aspetti insurrezionali.
I sincretismi insomma sono, nel senso adottato da Talcott Parsons e Sundkler (58), delle «adaptive structureS », ed hanno valore positivo perché esprimono una presa di coscienza religiosa e culturale di[...]

[...]organo entro religioni cosí fortemente ancorate ai bisogni esistenziali più immediati.
Ora, fra i vari motivi di conflitto che entro le società illetterate abbiano generato nuove religioni, quelli dovuti all'occupazione dei bianchi, allo stato d'asservimento o al dislivello culturale di fronte alla supremazia occidentale, sono i più noti e diffusi. E' giusto chiedersi, a questo punto, quali siano i caratteri propri dei nuovi movimenti religiosi dell'Africa Nera, in relazione ai movimenti di livello etnologico in genere.
Attenendomi ai risultati del mio lavoro (61) nonché della abbondante letteratura apparsa in questi ultimi anni, ecco le principali tendenze. In primo luogo, un complesso religioso tradizionale o precristiano, che comprende: la figura d'un Essere supremo identificato col dio giudiacocristiano; il tema del ritorno dei morti e il culto funerario, reinterpretati nel contesto di un rinnovamento escatologico e cosmico definitivo; il principio di guarigione magica; le pratiche taumaturgiche e di pos sessione che improntano sia l'azion[...]

[...]acristiano, che viene ogni volta selezionato e reinterpretato in modo nativista o auto nomista. Fra le stesse componenti del cristianesimo missionario viene operata una selezione ed una reinterpretazione secondo una tendenza « giudaizzante»: il popolo negro s'identifica col popolo ebraico, sulla base d'una comune origine mitizzata e di analoghe persecuzioni subite. Ecco perché numerosi sono i movimenti « sionisti», «israeliti » presso le società dell'Africa nera (62).
Ora, se si guardano nel loro insieme le risposte dei negri africani ai richiami cristiani trasmessi dall'occidente, si deve tener conto anche di altri fatti: in particolare dell'entusiastica adesione di gruppi di negri a certi movimenti religiosi e parareligiosi per così dire eterodossi o nonconformisti, venuti tra loro dall'occidente, come i Testimoni di Geova (Watch Tower, Kitawala, Russellismo) (63), e l'Esercito della Salvezza (64). Si tratta di movimenti che predicano il ritorno alla morale cristiana fuori dalle sovrastrutture ecclesiastiche o (Russel'lismo) contro le chiese [...]

[...] dal contatto occidentale, a uscire dalla tradizione — e l'élite dirigente del paese: un vuoto che significa distanza e tensione di classi. Contra l'élite dirigente «colonizzata » e « colonizzatrice » la massa rurale esprime il suo insoddisfacimento nei modi conformi alla tradizione, attraverso una polemica che si attua sul piano sociale e insieme religioso: a tal punto l'interpenetrazione dei bisogni sociali e deligiosi é radicata nelle culture dell'Africa Nera.
Si va dunque profilando una tensione fra masse rurali e città, fra cultura tradizionale ed élites europeizzate. Jean Rouch ha ben mostrato in casi dettagliati come le culture tradizionali reinterpretano a modo loro fatti, istituzioni, persone proprie della civiltà secolarizzata ed europeizzante delle città. I Songhay del Niger hanno dal 1926 aggiunto al pantheon tradizionale dei loro spiriti, o geni, o divinità, la categoria degli Hauka, che rappresentano la ((forza » della civiltà occidentale. Essi includono personaggi come Gamma: (( le gouverneur », «le générale Malia », «le roi des [...]

[...]larizzazione, specie negli ambienti intellettuali e inurbati, a causa delle lotte fra gruppi, a causa del ritorno alle feste e ai riti tradizionali, mentre si estromettono le influenze occidentali (88).
Vi sono parecchi casi nei quali un precedente sincretismo si sviluppa — come già si é detto a rovescio, indietreggiando da una fase ricca di elementi cristiani a un vero neotradizionalismo per nulla cristiano. Così i molti movimenti neoharristi dell'Africa occidentale derivano storicamente dal sincretismo ricco di elementi cristiani fondato da Wade Harris nel 1914; ma oggi l'antico harrismo é ridotto a una serie di culti di guarigione, e ha perduto gli elementi millenaristi, innovatori della fase iniziale. Nella setta dei Water Carriers degli Nzema (Ghana) — come ci indica Ernesta Cerulli — abbiamo l'esempio d'uno di questi culti di guarigione neoharristi. Si fa uso di acqua battesimale, della croce e della Bibbia, che sono privati d'ogni contenuto cristiano e sono rimodellati in un senso del tutto magicomedico. Gesù non vi ha alcuna importanza[...]

[...]e Religioni », (SMSR)
Roma, 34. 1963, 1, 2760.
CHENU P. M. D., Libération politique et messianisme religieux, « Parole et Mission», 19, Oct.
1962, 529542.
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LANTERNARI V., I movimenti millenaristi e il compara[...]



da Jacques Howlett, I comunisti e la lotta contro il colonialismo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 5 - 1 - numero 8

Brano: [...]a dal partito comunista è assai intensa; essa riguarda, tra l'altro, gli abusi dell'amministrazione, lo sfruttamento delle masse indigene e il loro basso livello di vita, la mancanza di libertà
(12) V. ANDRÉ JULIEN, Impérialisme économique et impérialisme mondial, in « Chemins du Monde: Fin de I'ère coloniale? », 1948.
I COMUNISTI E LA LOTTA CONTRO IL COLONIALISMO 69
individuale, le questioni culturali. Degli spunti polemici che la situazione dell'Africa Nera offre a questa propaganda, ci si può fare un'idea esaminando le severe critiche rivolte alla situazione stessa da osservatori anche non impegnati politicamente. Così, J. A. Noon (13) nota che « gli europei, appropriandosi di vaste porzioni del continente, hanno limitato la quantità di terre di cui gli agricoltori indigeni possono disporre, ed hanno così costretto larghe masse indigene ad accettare ogni specie di lavoro senza possibilità alcuna di protestare per l'irrisorietà del compenso ». William Top (14) ci informa dei minimi salariali ufficiali (e la maggior parte dei lavoratori è re[...]

[...]i, di ammassarli, e quindi di trasportarli dalla costa in Francia. In cambio, egli introduce nel paese degli oggetti fabbricati : cotonate, chincaglieria, sigarette, alcoolici, biciclette, ecc. Queste operazioni s'effettuano in comptoirs e in centri d'immagazzinaggio che appartengono a potenti società metropolitane : la C.F.A. (di Marsiglia), i cui comptoirs dominano la zona che s'estende da Dakar al Congo Belga; la S.C.O.A. (società commerciale dell'Africa occidentale, con interessi che fanno capo a Lione e in Isvizzera); le società bordolesi Maurel & Prom, Peyrissac, ecc., e le filiali del trust Unilever. Una delle conseguenze di questa « economia di tratta » è che le società commerciali interessate reinvestono una parte ridottissima dei loro benefici : ciò che esse cercano sono dei profitti immediati senza importante impiego di capitali, ed è per questo che la produzione industriale é così debolmente sviluppata in A.O.F. e in A.E.F. « Dei 27 miliardi di franchi investiti da privati nell'Africa Nera prima della guerra — nota il Dresch — ben 10[...]

[...]e di liberazione della colonia.
Nell'Africa Nera, insomma, tutto é sacrificato all'esportazione, e nessuna accumulazione di capitale è possibile. « Le condizioni per l'accumulazione di capitali necessaria allo sviluppo dei trasporti, delle comunicazioni e dei lavori pubblici, non esistono, talmente il paese dipende dal capitale esterno e dai servizi e dai mezzi tecnici importati» : tale é la conclusione del « Rapporto sulla situazione economica dell'Africa » pubblicato nel 1951 dall'O.N.U.
Per comprendere la questione culturale quale si pone nell'Africa Nera, e qual é vista dal comunismo nella sua denuncia di certe forme dell'oppressione colonialista in questo campo (17), dobbiamo porre in luce il carattere particolare che assume colà il colonialismo francese. Questo pub certo, all'occasione, assumere delle forme aggressive, ma la sua forma più generale é quella paternalista : forma non meno pericolosa delle altre. Il pregiudizio razziale, per esempio, non ha assunto nell'Africa Nera francese quegli aspetti patologici che ha potuto avere ed ha[...]

[...]ione, ma lui ad esser qualificato di « primitivo ». (Bisogna tuttavia osservare che diversi occidentali di mente più aperta hanno superato questo razionalismo dommatico, e lo stesso LevyBruhl, nei suoi Carnets, abbandona onestamente la sua idea circa il carattere prelogico della mentalità primitiva; ma quest'idea s'é ormai molto radicata presso il gran pubblico).
I COMUNISTI E LA LOTTA CONTRO IL COLONIALISMO 73
Date le condizioni di dipendenza dell'africano, si capisce che la teoria ufficiale dell'« assimilazione » venga respinta dai più coscienti, e che i comunisti, dal canto loro, non vedano in essa niente altro che una mistificazione. Il contatto tra popoli diversi— scrive Aimé Césaire — é fecondo in se stesso, ma è funesto e impossibile nel quadro della colonizzazione, poiché colonizzare non è civilizzare, ma « cosificare », ridurre a oggetto, a cosa : assenza di contatti umani, « rapporto di dominazione e di sottomissione che trasforma l'uomo colonizzatore in sorvegliante, guardaciurma, aguzzino, e l'uomo indigeno in strumento di produzio[...]

[...]al bianco nella sua essenza più profonda, si vede costretto ad opporre al bianco stesso una più giusta visione della propria soggettività. E questa soggettività che si manifesta nella poesia negra; ed è la « négritude », ormai pensata più che vissuta — poiché il negro è passato per l'Inferno del mondo bianco, e non coincide più con se stesso — ad ispirare certi temi eternamente ricorrenti nella poesia negra: tali sono il tema dell'esilio, quello dell'Africa lontana, e quello — correlativo — del Ritorno al Paese Natale. Il canto dell'Esilio del poeta negro è quello di tutti i suoi fratelli oppressi.
Sartre cerca quindi di avvicinarsi all'essenza più profonda di questa « négritude ». Essa è, innanzitutto, un certo atteggiamento affettivo nei riguardi del mondo; è « l'esserenelmondo del negro ». Più precisamente, essa è comprensione per simpatia (un po' come l'intuizione bergsoniana, ma ben più violenta), ed è comprensione per amore: «Il Negro testimonia dell'Eroe naturale D. Essa procede dai misteri del sesso.
Essa è anche Passione; sebbene anti[...]

[...] piano d'investimenti per l'oltremare, nel 1946, prevedeva un 25% per la parte sociale, di cui il 10 % per l'insegnamento, nel 1949 queste cifre sono cadute rispettivamente al 18 e al 5%, il che, tenendo conto del calo del potere d'acquisto del franco dal 1946 al 1949, significa che i crediti per l'insegnamento sono stati ridotti nel 1949 ad un sesto di quello che erano nel 1946. Questa era dunque la situazione mentre, sui 17.000.000 di abitanti dell'Africa Nera francese, c'erano appena 100.00 bambini a scuola (26).
Parlando della questione dell'insegnamento nell'Africa Nera, non bisogna trascurare la parte importante che hanno in questo campo le missioni cattoliche. Lo sforzo dei missionari in tale campo é certo, ma non bisogna attenderci da costoro che contribuiscano all'emancipazione politica degli africani, e neppure alla loro emancipazione intellettuale. Si tratta innanzitutto di evangelizzazione : e se degli onesti cristiani, qualche volta, levano la voce contro abusi troppo sfacciati, nessuno di loro osa mettere veramente in questione le[...]

[...]ei negri sui banchi delle chiese d'Africa ?
Abbiamo esaminato alcuni problemi sui quali fa leva la critica comunista al colonialismo nell'Africa Nera. Possiamo ora osservare che questi tre fattori — 1) il forzoso stato di dipendenza delle masse indigene, 2) il loro basso grado di istruzione, 3) la debole industrializzazione del paese — costituiscono altrettanti impedimenti che rallentano la penetrazione comunista tra gli Africani. Il solo paese dell'Africa Nera francese in cui sia esistito un partito politico apparentato a quello comunista é la Côte d'Ivoire. Il partito in questione é il già citato R. D. A. (Rassemblement Démocratique Africain), il cui leader, Felix Houphouet, è un uomo potente e di grande prestigio morale nel suo paese. Ma nel 1947 i coloni, sostenuti dall'Amministrazione, cominciarono a provocare degli incidenti in serie che condussero ad arresti e a processi contro i militanti del partito, il quale fini per smembrarsi (27).
Oltre a questa attiva vigilanza del capitalismo, ed ai tre « fattori di rallentamento » già menzionat[...]

[...]voluzione sociale non può in alcun modo essere anteriore alla rivoluzione nazionale ». Se dunque è vero che i popoli coloniali sono gli alleati naturali delle masse proletarie del mondo, è anche vero che molti africani distinguono accuratamente gli obbiettivi immediati dei primi da quelli delle seconde, e insistono sul fatto che l'alleanza in questione non dev'es sere una dipendenza. Un pratico esempio di armonizzazione delle due tendenze, fuori dell'Africa Nera francese, è dato dal leader della Gold Coast, il dott. Kwane N'Krumah (34), la cui opera
(33) « Présence Africaine », n. 14.
(34) GEORGE PADMORE, The Gold Coast Revolution. The struggle of an african people from slavery to freedom. Un partito nazionalista denominato United Gold Coast Convention (U.G.C.C.) nacque tra gli intelletuali negri delta Costa d'Oro nel 1945; ma esso non seppe riunire le masse popolari e indirizzarne a fini pratici il malcontento finché, nel 1947, il posto di segretario generale non fu assunto dal dort. N'Krumah, di ritorno dall'Europa. Nacquero però anche, all'[...]

[...]otta per l'autonomia immediata del paese e invitò il popolo alla disobbedienza civile e alla noncollaborazione, ciò che portò all'incarcerazione
I COMUNISTI E LA LOTTA CONTRO IL COLONIALISMO 81
è al centro delle discussioni tra le giovani élites di cui dicevamo. Ma queste discussioni, e il prestigio di quell'opera esemplare, non superano il ristretto cerchio di quei giovani intellettuali attualmente tagliati fuori dal loro ambiente. L'avvenire dell'Africa Nera francese potrà dunque esser segnato dalla loro presenza, ma é sulle basi determinanti dell'industrializzazione e della lotta sindacale che quest'avvenire sembra prepararsi più sicuramente.
JACQUES HOwLETT
dei suoi capi. Ma la base tenne fermo e, alle elezioni del 1950, il successo del C.P.P. fu cosí vasto da preoccupare il Colonial Office, che fu costretto a liberare N'Krumah — ormai divenuto eroe popolare — ed a tollerarne la presenza alla presidenza del governo della Costa d'Oro.



da (Mito e civiltà moderna) Vittorio Lanternari, Frammenti religiosi e profezie di libertà fra i popoli coloniali in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1959 - 3 - 1 - numero 37

Brano: FERMENTI RELIGIOSI E PROFEZIE DI LIBERTA
FRA I POPOLI COLONIALI (1)
Fremiti di rivolta scuotono il Congo Belga, il Nyassa, l'Africa Equatoriale Francese. Sono di ieri i moti sediziosi del Kenya e dell'Africa occidentale. Per l'etnologo e per lo storico delle religioni che non abbia veli sugli occhi — come invece può esser indotto ad avere il funzionario coloniale — ciò non é una sorpresa. È l'eco conturbante ma per nulla inatteso di fermenti religiosi — ancor prima che politici i quali hanno maturato e vanno sconvolgendo la cultura dell'Africa Negra da oltre un cinquantennio con vigore crescente. Alla radice di ogni rivolta politica e militare di popoli indigeni stanno effettivamente altrettanti moti di rinnovamento religioso premonitori, cioè i culti profetici di liberazione.
Essi son venuti fiorendo nell'Africa Negra, dal Sud Africa alla Rhodesia, al Tanganika all'Africa Equatoriale e Occidentale, all'Angola, al Congo all'Uganda al Kenya, ecc. Ma altri numerosissimi sono venuti sviluppandosi e via via diffondendosi, dove piú presto dove più tardi, in Melanesia, Polinesia, Indonesia e nell'America indigena settentrionale e meridi[...]

[...]e immunizzati da malattie e dai perniciosi effetti degli stregoni (ndoki): era la società Lukusu (—Lukoshi=Nkisi Lukoi). Ma essa doveva ben presto sboccare nel culto del «Serpente parlante » (uomoserpente), con funzione protettiva contro ogni sorta di mali. Con ciò essa appare come una forma locale di quel grande complesso di culti segreti, e delle relative società di uominibestie che rappresentano uno dei lineamenti più notevoli della religione dell'Africa equatoriale: associazioni intese a procurarsi potenza (magica) contra ogni creatura e forza ostile. Ma qui importa sottolineare che nell'ambito dell'associazione del Serpente parlante dei Bashilele si sviluppava un mito nuovo e chiaramente antieuropeo. Dal serpente, seconda il mito, sarebbero nati alcuni profeti o messia i quali avrebbero lottato contra la nazione egemonica e scacciato i bianchi dal paese (6). Così si scorge come le varie formazioni religiose tradizionali africane, del resto già sorte con funzioni di protezione dai mali e dagli stregoni (feticismo, società di uominibestie), a[...]

[...]e per un certo periodo indulse ad una messianica attesa degli Americani visti come mitici liberatori (35). Bene si scorge da ciò come il drammatico bisogno di rinnovare religione e cultura assuma, nei movimenti nativisti, forme mitiche e millenaristiche spesso caotiche e puerili, nelle quali vanno a conglomerarsi le più elementari esperienze vissute.
Il movimento Kitawala resta a tuttoggi una fra le più estese organizzazioni religiose nativiste dell'Africa Negra (36). « Noi siamo figli di Dio e perciò non siamo tenuti a riconoscere le leggi degli uomini » : cosí suona un annuncio dei fedeli Kitawala, dato in occasione d'una rivolta nell'Uganda nel 1942. E continua: « I tempi sono mutati: non obbediremo più alle leggi temporali, perché prestare obbedienza agli uomini significa obbedire a Satana » (37).
Annuncio di un'età che porrà fine per i Negri alle alienazioni, annuncio della fine del mondo con rovesciamento imminente dell'ordine attuale, invincibilità nella rivolta, lotta contra la stregoneria: sono questi i temi comuni non solamente alle [...]

[...]nuncio di un'età che porrà fine per i Negri alle alienazioni, annuncio della fine del mondo con rovesciamento imminente dell'ordine attuale, invincibilità nella rivolta, lotta contra la stregoneria: sono questi i temi comuni non solamente alle varie organizzazioni locali dei Kitawala, ma a tutti i profetismi africani, specialmente diffusi tra genti di lingua Bantu. Così in particolare tra i profetismi del SudAfrica.
Il SudAfrica fu, ancor prima dell'Africa equatoriale, uno dei maggiori epicentri del messianesimo Negro. Nel 1892 sorse la chiesa Etiopista, il più antico modello delle chiese cosiddette «separatiste» (o « indigeniste ») — fra cui le stesse formazioni Kitawala —, fondata dal profeta Mokone. La chiesa « etiopista » (dal name « Etiopia » che secondo il linguaggio biblico (Acta Ap. 8. 27; Psalm. 68. 32) designa l'Africa) persegue un programma di reazione autonomista verso le chiese missionarie, facendo della Bibbia l'unica fonte attendibile di autorità religiosa, evitando polemicamente la terminologia « importata » dai bianchi (così « [...]

[...]TI RELIGIOSI E PROFEZIE DI LIBERTA FRA I POPOLI COLONIALI
dai fucili spagnoli, guidava le masse fanatizzate alla rivolta. La carneficina fu tragicamente conclusa dall'arresto e dal linciaggio di Solares (55).
Si ripete nell'America Latina, con questo e altri molteplici esempi che non stiamo a narrare, l'esplosione di fanatismi messianici prodotti dall'urto fra una cultura egemonica e le culture native. Anch'essi, come altri movimenti già visti dell'Africa e dell'America settentrionale, sono tesi alla liberazione dai bianchi. Anch'essi denunciano una condizione oppressiva e un bisogno di redenzione economica, sociale, religiosa. Perciò sono volti all'ansiosa attesa d'una catastrofe rigeneratrice, foriera di un'età dell'oro.
Il mito dell'età dell'oro imminente, contrassegnata dall'espulsione dei bianchi, dal capovolgimento delle attuali condizioni di soggezione e miseria, sta al fondamento degli innumerevoli culti profetici pullulanti da alcuni decenni fra le popolazioni di coltivatori primitivi delle isole melanesiane. Guidati da altrettanti p[...]

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da Asiaticus, Due tesi sull'evoluzione dei paesi ex-coloniali. [sopratitolo: "democrazia nazionale" e "Nuova democrazia"] [sottotitolo: Diverse vie di sviluppo per i popoli del Terzo mondo - Dalla democrazia al socialismo. Le prime esperienze storiche in Mongolia, Cina e Turchia - Il ruolo dirigente del proletariato] in KBD-Periodici: Rinascita 1963 - 1 - 26 - numero 4

Brano: [...]ducono una lotta attiva per portare a fondo coerentemente la rivoluzione antimperialista, antifeudale e democratica, per fondare uno Stato a democrazia nazionale, per migliorare decisamente il tenore di vita delle masse popolari ».
Il significato di questo concetto cosi ricco e così nuovo merita di essere precisato.
La lotta per l'indipendenza e per la democrazia
In primo luogo, si tratta di una via aperta, di una possibilità offerta ai paesi dell'Africa, dell'Asia e dell'America latina (il « terzo mondo ») che stanno per staccarsi dall'imperialismo. I due elementi fondamentali e strettamente complementari che caratterizzano questa via sono la lotta per l'indipendenza nazionale e la lotta per la democrazia. Il paragrafo della risoluzione degli 81 che abbiamo citato è sufficientemente chiaro su questo punto.
Se uno di questi due caratteri fondamentali, lotta per l'indipendenza nazionale e lotta per la democrazia, viene a mancare, non si potrà parlare di democrazia nazionale. Certo, non si deve cessare di considerare positivo il ruolo dei gove[...]

[...]essa è stata accelerata dalle necessità stesse
della lotta contro i piani di intervento degli Stati Uniti e contro i loro eventuali complici all'interno. In altri casi, la democrazia nazionale può rappresentare una fase di stabilizzazione abbastanza lunga. Gli 81 partiti non hanno d'altronde mai cessato di proclamare che il socialismo costituisce la sola soluzione veramente definitiva ai problemi degli Stati moderni, compresi quelli dell'Asia e dell'Africa. Da questo punto di vista, la democrazia nazionale non ha niente di comune con le posizioni di un Nehru o di Senghor, che cercano di definire per l'Asia e per l'Africa un avvenire radicalmente e definitivamente opposto a quello dei paesi del mondo socialista, per esempio del Vietnam, della Gina, della Mongolia.
L'originalità e la novità del concetto di democrazia nazionale appaiono dunque chiaramente. Ma vale egualmente la pena, ci pare, di precisare il contesto in cui esso è stato elaborato e formulato.
Questo concetto si inserisce innanzitutto, molto nettamente, nella linea generale del X[...]

[...] caratteristiche della democrazia nazionale risultano chiaramente dalla dichiarazione degli 81 partiti e dai commenti pubblicati dalla stampa sovietica. Pensiamo in particolare all'articolo apparso nel numero del maggio 1961 della rivista Kommunist, a firma del compagno Ponomariov, in cui sono analizzati i tratti essenziali della democrazia nazionale, e sono illustrati numerosi esempi concreti tratti dall'evoluzione attuale dei paesi dell'Asia e dell'Africa, come il Ghana, il Mali, la Guinea, l'Indonesia e Ceylon.
In due punti questo articolo merita di essere ulteriormente sviluppato. Esistono cioè almeno due questioni a proposito delle quali sarebbe utile arricchire l'elaborazione teorica: si tratta dei precedenti storici della democrazia nazionale e delle sue basi di classe.
La democrazia nazionale è certo un concetto nuovo, nella sua formulazione attuale. Esso è strettamente legato, come abbiamo sottolineato, all'evoluzione stessa dei paesi dell'Asia e dell'Africa dopo la seconda guerra mondiale, e all'evoluzione del sistema comunista mondi[...]

[...]n due punti questo articolo merita di essere ulteriormente sviluppato. Esistono cioè almeno due questioni a proposito delle quali sarebbe utile arricchire l'elaborazione teorica: si tratta dei precedenti storici della democrazia nazionale e delle sue basi di classe.
La democrazia nazionale è certo un concetto nuovo, nella sua formulazione attuale. Esso è strettamente legato, come abbiamo sottolineato, all'evoluzione stessa dei paesi dell'Asia e dell'Africa dopo la seconda guerra mondiale, e all'evoluzione del sistema comunista mondiale, della sua ideologia e della sua strategia. Ciò non vuol dire tuttavia che tentativi nella medesima direzione non siano già stati fatti nel passato, sia sul piano teorico sia sul
ï1
Diverse vie di sviluppo per i popoli del ` Terzo mondo Dalla democrazia al socialismo
Le prime esperienze storiche in Mongolia, Cina e Turchia Il ruolo dirigente del proletariato

Politica internazionale 26 gennaio 1963 pag. 15 Rinascita
Ik
piano pratico, e pensiamo che non sia giusto passare sotto silenzio questo aspetto de[...]

[...]ocratica (cioè, sempre per la Cina del 1940, della lotta contro il comportamento autoritario e dispotico del Kuo Mintang). Mao fece appello a partire dal 1940 al fronte unito di tutti coloro che accettavano questa duplice esigenza.
Il parallelismo può anche essere spinto più lontano, poiché, nello spirito di Mao, la « nuova democrazia » è una soluzione che non interessa solo la Cina ma che può presentarsi a tutti i paesi coloniali e dipendenti dell'Africa e dell'Asia. Opponendo la « nuova democrazia » alle vecchie democrazie borghesi da una parte e all'URSS dall'altra, egli dichiara in effetti che si tratta di « un terzo tipo, una forma transitoria dì Stato creata dalle rivoluzioni nei paesi coloniali e semicoloniali ». La parola transitoria indica bene che si tratta di una fase, non di un'opposizione definitiva della
« nuova democrazia » al socialismo; ma anche che questa formula ha i suoi caratteri specifici e originali, inerenti alle esigenze dei paesi dell'Africa e deIl'Asia nel loro insieme.
Il parallelismo fra la « nuova democrazia » e[...]

[...]emocrazie borghesi da una parte e all'URSS dall'altra, egli dichiara in effetti che si tratta di « un terzo tipo, una forma transitoria dì Stato creata dalle rivoluzioni nei paesi coloniali e semicoloniali ». La parola transitoria indica bene che si tratta di una fase, non di un'opposizione definitiva della
« nuova democrazia » al socialismo; ma anche che questa formula ha i suoi caratteri specifici e originali, inerenti alle esigenze dei paesi dell'Africa e deIl'Asia nel loro insieme.
Il parallelismo fra la « nuova democrazia » e la « democrazia nazionale » è rafforzato ancora dal fatto che questi due concetti hanno suscitato a suo tempo gli stessi sospetti e motivato gli stessi silenzi. La stampa e il pubblico sovietici ignoravano le idee di Mao sulla nuova democrazia sino alla edizione delle opere di Mao in russo nel '49. D'altro canto, la stampa cinese è oggi assai discreta sul concetto di democrazia nazionale, e a maggior ragione sul rapporto di filiazione che potrebbe unire questo concetto a quello formulato da Mao sin dal 1940. Sembra c[...]



da Giorgio Rochat, Varietà e documenti. Il genocidio cirenaico e la storiografia coloniale in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: [...]ica questa cifra in 136.200 (Il genocidio cit., p. 4) perché dimentica la popolazione delle zone desertiche, che porta appunto la popolazione araba della Cirenaica a 142.000. Un altro grossolano errore del De Leone a p. 11, dove Omar alMukhtar diventa « successore » del senusso Mohammed Idris, anziché suo rappresentante generale sul Gebel.
7 Il vicegovernatore Graziani al ministro De Bono, 2 maggio 1931, in ASMAI (archivio storico del ministero dell'Africa italiana), posizione 150, cartella 22, fascicolo 98. Nella preparazione della sua opera La colonizzazione dell'Africa del nord (Padova, Cedam, 1960) il De Leone aveva visto questo archivio e questo stesso fascicolo, senza però utilizzare i documenti che avrebbero offuscato il quadro idilliaco da lui fornito della « pacificazione » della Cirenaica.
8 Graziani ed EvansPritchard, con valutazioni separate, fanno ascendere a 20.000 anime l'emigrazione forzata in Egitto negli anni della repressione. Secondo il « Bollettino informazioni del comando delle truppe della Cirenaica », parte di questi fuggitivi morirono di fame e malattie; alla fine del 1934 ne erano rimpatriati circa 2.250, mentre altri 12.000 restavan[...]

[...] del volume che la ministeriale collana « per la documentazione dell'opera dell'Italia in Africa » dedica a Il territorio e le popolazioni, per mano di noti esperti come Migliorini e De Agostini, in cui le valutazioni della popolazione degli anni 191128 ed i censimenti degli anni Trenta sono allineati senza alcuna riserva sulla loro validità e senza alcun commento su quanto documentato; ed anche il De Leone, nella sua storia della colonizzazione dell'Africa settentrionale, non fornisce alcuna cifra sui costi umani della conquista italiana, ma si preoccupa soltanto di minimizzarli fino a smentire lo stesso Graziani, che, forte della protezione della dittatura fascista, poteva permettersi una certa brutale sincerità 9. Non potendo poi controbattere le mie conclusioni sul prezzo della conquista italiana sul piano della documentazione scientifica, il De Leone avanza dubbi indiscriminati su tutte le valutazioni italiane della popolazione cirenaica negli anni Venti, che pure furono accettate dalle autorità coloniali e dagli studiosi piú autorevoli, e [...]



da Vittorio Lanternari, Discorso sul messianismo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 9 - 1 - numero 46

Brano: [...] difensore esemplare dell'indipendenza negra contro l'oppressione dei bianchi. Ras Tafari sarà, secondo i tafaristi, l'autore della liberazione e fondatore dell'era messianicamente attesa dai Negri. Come si vede, l'idea messianica di un « ritorno all'Africa » si fonda su esperienze storiche concrete, benché a loro volta pur esse passate al vaglio del mito. Insomma, l'identificazione dell'Etiopia con l'Africa, di Hailé Selassié col messia negro e dell'Africa stessa col regno paradisiaco della salvezza sono riplasmazioni mitiche di determinati eventi ed esperienze storiche. Ciò mostra come i miti si creano exnovo, sotto l'impulso di esigenze vitali fattesi particolarmente urgenti e drammatiche. Altre forme religiose di « ritorno » all'Africa si esprimono, a lor modo, nei culti negri afroamericani (Vodu di Haiti, Candomblé di Bahia, Xango, ecc.) dell'America centromeridionale. In essi l'intensificata ripresa dei mistici riti originali africani attua simbolicamente un 1 ritorno all'Africa » nel quale trova adeguata
DISCORSO SUL MESSIANISMO 27
espr[...]

[...] il caso del profeta Joao Maria e di Padre Cicero: di costoro, i quali fondarono i movimenti profetici già menzionati, si attende tuttora vivamente il ritorno: essi ripristineranno il regno di pace e giustizia. Anche il grande filone dei movimenti mahdisti, in Africa ed Asia, esprime con periodicità ricorrente l'identica attesa di un ripristino di condizioni più antiche. In generale, lo stesso Cristo Negro così diffuso nelle religioni profetiche dell'Africa nera, rappresenta la reincarnazione messianica, proiettata in futuro,
(29) Op. cit., Cap. VI.
DISCORSO SUL MESSIANISMO 29
di altrettante, attuali figure di profeti nativi, dei quali si attende dunque il ritorno come liberatori. Alla morte di Isaiah Shembe, fondatore del movimento Sionista sudafricano, si diffuse l'opinione che sarebbe risorto (30). Altro caso è quello di Kanakuk, profeta dei Kikapu. Quando egli mori (1852) per una epidemia di vaiolo, si diffuse la voce che sarebbe risorto; ed alcuni seguaci in fidente attesa ne vegliarono il corpo, finché vinti essi stessi dal contagio non[...]



da Alberto Mario Cirese, Lo studio del folklore in Italia in KBD-Periodici: Calendario del Popolo 1951 - numero 84 - settembre

Brano: [...]ù belli Iddii ». Il concetto romantico di folklore maturava cosí il suo valore nazionalista con orientamento razzista. Ma la nascita e lo sviluppo degli studi di etnologia (e cioè di storia delle civiltà dei primitivi, o a selvaggi », come si diceva un tempo), portarono un ampliamento a questa visione ristretta e ancora letteraria: il confronto degli usi, dei costumi, delle leggende ecc., si estese quindi fuori del mondo indoeuropeo ai primitivi dell'Africa, dell'Amerina, dell'Oceania, dell'Asia : in tal senso lavo rarono tra noi G. Bellucci, G. Pansa e poi più specificamente Raffaele Corso.
L'influenza delle correnti etnologiche e lo sviluppo degli studi di storia comparata delle religioni hanno portato a precisare diversamente quel concetto di a popolo » che abbiano visto sino ad ora considerato o nazionalisticamente o razzisticamente. Si è cominciato infatti a parlare di volghi dei popoli civili (Raffaele Pettazzoni), cioè di classi umili, ed in esse non si sono più cercati gli aspetti nazionali o quelli razziali, ma piuttosto i caratteri di[...]



da Franco Cagnetta, Inchiesta su Orgosolo. Parte terza: Orgosolo moderna in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 9 - 1 - numero 10

Brano: [...]rno del comunismo. Come già il liberalismo nel XIX secolo é il solo movimento di liberazione nazionale dei popoli europei oppressi dal potere feudale, il comunismo nel XX secolo è il solo movimento di liberazione nazionale dei popoli coloniali oppressi dall'imperialismo. Per comprendere la situazione di Orgosolo in una scala assai ridotta bisogna riferirsi su scala mondiale a ben più vaste situazioni che possono ritrovarsi tra i popoli coloniali dell'Africa e dell'Asia. Il comunismo orgolese presenta singolari identità con ìl comunismo di quei paesi coloniali.
Ciò che crea un terreno « naturale » per il comunismo in Orgosolo é costituito, innanzitutto, da due particolari condizioni:
INCHIESTA SU ORGOSOLO 219
1) La prima é una situazione economica comune, per es., in alcune zone e popolazioni africane: l'economia locale é basata sul comune uso del pascolo. La proprietà privata, oltre che veramente estranea, é estremamente nociva alla vita del paese. L'antica abitudine al pascolo comune, il patriarcale « comunismo » (e tale é infatti l'antico[...]


Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine dell'Africa, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Ciò <---Storia <---siano <---Pratica <---abbiano <---colonialismo <---Così <---ideologia <---nell'Africa <---Del resto <---Folklore <---Francia <---Le Monde <---Più <---colonialisti <---comunista <---comunisti <---cristiana <---cristiani <---cristiano <---d'Africa <---d'Oro <---imperialismo <---individualismo <---italiana <---italiano <---liberalismo <---mitologia <---Afrique <---Afrique Noire <---Agraria <---Bakongo <---Congo <---Congo Belga <---Dinamica <---Dio <---Diritto <---Entro <---Gold Coast <---Kimbangismo <---Logica <---Northern Rhodesia <--- <---Poetica <---Quale <---Rhodesia <---Stato <---The Hague <---artigiani <---autonomismo <---autonomista <---colonialista <---comunismo <---conservatorismo <---d'Avorio <---d'Italia <---dell'America <---dell'Asia <---denunciano <---etnologico <---fascismo <---ideologie <---imperialista <---lismo <---messianismo <---nativisti <---nazionalismi <---nazionalista <---nazionalisti <---profetismi <---profetismo <---proselitismo <---sacerdotalismo <---separatiste <---sincretismo <---socialismo <---Accra <---African <---African Studies <---Angola <---Antropologia <---Archives de Sociol <---Archives de Sociologie <---Babemba <---Basso Congo <---Basta <---Bastide <---Bibbia <---Bibliografia <---Bisogna <---Brazzaville <---Bwiti <---Cabinda <---Camerun <---Capodanno <---Cargo Cult <---Christianity <---Ciad <---Conscience <---Contestado <---Convention People <---Cristo Negro <---Donna Beatrice <---Ecco <---Elisabethville <---Eranos Jahrbuch <---Europeans <---Fang del Gabon <---Fisica <---Geografia <---Geova <---Ghana <---Ghost Dance <---Giamaica <---Handbook <---Handsome Lake <---Horn-Wien <---International Review <---Isaiah Shembe <---Jamaican <---Joazeiro <---John Rave <---John Wilson <---Kimbangista <---Kimbangu <---Koréri <---Kulturwandel <---La Chiesa <---La lotta <---Le Kitawala <---Le Mahdisme <---Lesa Mukulu <---Lower Congo <---Léopoldville <---Madagascar <---Materiali di Storia <---Mau Mau <---Messianic <---Messianisme <---Migrations <---Millénarisme <---Mission <---Missionary <---Missions <---Movimento <---New Haven <---Niente <---Niger <---Nyassa <---Parole <---Peiotismo <---Pochi <---Presso <---Prophetismus <---Prophétisme <---Présence <---Présence Africaine <---Ras Tafari <---Reaction <---Regno di Dio <---Religious <---Repubblica <---Rivista di Antropologia <---Sahara <---Schlosser <---Sekou Touré <---Sierra Leone <---Sistematica <---Stalin <---Stanleyville <---Storia religiosa <---Storia sociale <---Sudafrica <---Sudan <---Sulla <---Sundkler <---Tanganika <---Te-Ua <---The Ghost <---Uganda <---Unilever <---Uppsala <---Wade Harris <---Watch Tower <---Wowoka <---annunciano <---anticolonialismo <---anticolonialista <---antifeticista <---antimperialista <---antistregonista <---artigiano <---autonomiste <---brasiliani <---capitalista <---capitaliste <---cipazionista <---comuniste <---cristiane <---cristianesimo <---d'Asia <---d'Israele <---d'Ivoire <---dell'Alto <---dell'Esilio 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Equatoriale Francese <---Africa High <---Africa South <---African Abstracts <---African Affairs <---African Church <---African Cultures <---African History <---African Separatist <---Africanas <---Africanistes <---Afrika <---Afrikanisch <---Afrique Equatoriale <---Afrique Occidental <---Afro-American <---Agenorea <---Agerona <---Agge <---Aggrey <---Ahamadyya <---Aimé Césaire <---Akim Kotoku <---Akim-Kotoku <---Albert Atcho <---Albert Hensley <---Alberto Goddi <---Alberto Mi <---Alcide Don <---Alessandro D'Ancona <---Alessandro Manzoni <---Alexander Bedward <---Alice Lenshina Mulenga <---Aliena <---Alioune Diop <---Allah Walter Cult <---Alta Autorità <---Alto Volta <---Altri <---Amakhehlane <---American Church <---American Indians <---Amicale Balali <---Amérique <---Anaideia Antirtide <---Anang <---Anang Ibibio <---Anche J <---Andersson <---André Matstia <---André Matsua <---André Retif <---Angelo De Gu <---Ango <---Angramaniu <---Anima <---Annales Spiritaines <---Annals Amer <---Anomie 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