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Il segmento testuale comunismo è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 1701Analitici , di cui in selezione 64 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Alberto Moravia, Inchiesta sull'arte e il comunismo. Il comunismo al potere e i problemi dell'arte in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: INCHIESTA SULL'ARTE E IL COMUNISMO*
IL COMUNISMO AL POTERE
E I PROBLEMI DELL'ARTE
Un conto é sostenere e dimostrare che l'arte è sovrastruttura e un altro é pretendere che l'artista ne sia consapevole e faccia di questa consapevolezza la ragione della sua arte. Non hanno mai pensato i marxisti che l'arte comincia invece proprio a partire dalla inconsapevolezza dell'artista di ogni determina.tione extrartistica? E che un'arte che accettasse la loro definizione sarebbe paragonabile ad una donna che si definisse da se stessa venale? E che non è un caso che l'arte esplicitamente sociale sia soltanto un trascurabile episodio nella generale sto[...]

[...]essa venale? E che non è un caso che l'arte esplicitamente sociale sia soltanto un trascurabile episodio nella generale storia dell'arte di tutti i tempi? E che la poesia, insomma, nasce da un'illusione di autonomia? E che ogni determinismo, non soltanto quello economico, fa avvizzire l'arte come un soffio di aria gelida su un fiore appena sbocciato?
(N, d. R.) Ci é sembrato utile iniziare con questo primo fascicolo una inchiesta sull'arte e il comunismo. Diciamo subito che la nostra attenzione era particolarmente rivolta (ma non in modo esclusivo) ad esplorare i punti nei quali questo rapporto si presenta con carattere più accentuato di crisi: ossia da un lato in quegli scrittori che, provenendo da una formazione culturale più complessa, hanno abbracciato la jede comunista ed avvertono il travaglio di adattarsi a questa ortodossia; e dall'altro in quegli scrittori che, avendo abbandonato il partito comunista, sentono tuttavia di non poter rinunciare alle istanze sociali che lo alimentano.
Diciamo anche subito, non senza rammarico, che sotto[...]

[...]anto insormontabili da doversi considerare fallita. Noi non siamo alieni dall'apprezzarne le valide ragioni; fra di esse, non ultimo, il pudore che ogni uomo ha di rompere il riserbo intorno ai drammi spirituali non) interamente risolti.
I saggi che pubblichiamo sono quanto finora siamo riusciti a realizzare, di quel nostro progetto più ambizioso. Ci auguriamo che essi abbiano un seguito. L'inchiesta
rimane aperta.
4 INCHIESTA SULL'ARTE E IL COMUNISMO
* *
Il problema sociale non puó toccare l'arte che attraverso la mediazione della natura. Giacché l'arte è il dialogo dell'uomo con la natura, dialogo iniziato agli albori dell'umanità, quando non c'erano religioni né tanto meno partiti e, da allora, mai più interrotto. Le caverne di Altamira esistevano prima di Cristo e prima di Marx.
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I marxisti vorrebbero un'arte completamente sociale, senza residui né evasioni di alcun genere. La ragazza che ama l'operaio perché questi ha oltrepassato la « norma » di lavoro, buon esempio di questa pretesa. E forse riusciranno nel loro intento. Ma[...]

[...]ero ancora oggi essere o non essere comunisti. C'è, insomma, tuttora una possibilità di scelta e dunque, purtroppo, anche di coercizione. E basta l'ombra della coercizione per far sfumare la poesia. I comunisti dovranno conquistare il mondo intero prima di avere un'arte degna di questo nome.
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La teoria della sovrastruttura dovuta al momento in cui Marx scrisse i suoi libri. Un cattivo momento per l'arte, senza dubbio, ma pas
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seggero. Due secoli prima, Marx non avrebbe trovato appigli per la sua teoria. La teoria dell'arte come sovrastruttura é legata al problema della produzione industriale dell'arte e non porta che ad una nuova definizione, di specie sociale ed economica, dell'arte mancata, dell'arte brutta. L'arte riuscita, l'arte bella non c'entra.
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L'arte come sovrastruttura fa pensare a tanti altri determinismi che non funzionano se non nei casi minori: l'arte dei galeotti, l'arte dei pazzi, l'arte dei ciechi, l'arte dei bambini e via dicendo. Ma la grande arte non [...]

[...]in questo specchio, secondo altri essa dovrebbe sostituire lo specchio con l'oleografia di un uomo sobrio e pulito. Pochi pensano che sarebbe meglio che essa si nettasse e si riposasse. E anche quelli che lo pensano non rinunziano a proporre sia lo specchio sia l'oleografia.
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Gli artisti dei paesi occidentali sono scandalizzati e addolorati dall'arte dei paesi orientali. Ma se invece di scandalizzarsi e di addolo
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rarsi, riflettessero un momento che quell'arte esiste soltanto in quanto esiste l'arte occidentale, penserebbero piuttosto a battersi il petto e a dire « mea culpa ». Cosi il capitalismo nei riguardi del comunismo e in genere per ogni aspetto della vita civile, nell'uno e nell'altro campo.
I casi sono due: o come vuole il marxismo l'arte é una sovrastruttura e allora poiché é giusto risalire dalla sovrastruttura alla struttura ossia dai frutti all'albero, bisognerà pensare che la struttura in certi paesi orientali, oggi, non é quale ce la descrivono; oppure il marxismo, almeno per quanto riguarda l'arte, erra e allora bisogna pensare che, semplicemente, gli artisti di quei paesi valgon poco. In tutti e due i casi il marxismo esce malconcio, il che pensiamo sempre gli avverrà quando vorrà esorbitare da[...]

[...]dettami estetici. In realtà tali sistemazioni sono atti di prepotenza dell'attività predominante su quella che provvisoriamente sembra meno importante. La politica é predominante in questo secolo, dunque sembra logico inferirne che tutte le altre attività umane debbano esserle ancelle. Ma fate che la marea politica si ritragga e si vedrà che il suo flusso non ha cambiato che la cosa politica, lasciando inalterati gli altri campi.
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Il caso di Dostoieschi, bandito dalle ristampe nel suo paese, pone la questione della finale conciliazione con la storia. Dostoieschi é bandito perché evidentemente la partita del comunismo con la storia non é ancora chiusa. Ma quando sarà chiusa? Il giorno che Dostoieschi sarà riconosciuto anche nel suo paese come un grandissimo scrittore oppure il giorno in cui non si parlerà più di Dostoieschi e perfino il suo nome sarà cancellato dalla memoria degli uomini?
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Il fronte dell'elettrificazione, il fronte dell'industria pesante, il fronte del romanzo, il fronte del cinema... quante volte abbiamo veduto le opere di poesia messe sullo stesso piano e confuse con quelle d'ingegneria e di meccanica. Tuttavia, lo stato sovietico, dopo trent'anni e più di comunismo, pue, presentare[...]

[...]ome un grandissimo scrittore oppure il giorno in cui non si parlerà più di Dostoieschi e perfino il suo nome sarà cancellato dalla memoria degli uomini?
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Il fronte dell'elettrificazione, il fronte dell'industria pesante, il fronte del romanzo, il fronte del cinema... quante volte abbiamo veduto le opere di poesia messe sullo stesso piano e confuse con quelle d'ingegneria e di meccanica. Tuttavia, lo stato sovietico, dopo trent'anni e più di comunismo, pue, presentare al mondo opere pubbliche gigantesche, ma non un Guerra e Pace, non un Boris Godunof, gli equivalenti poetici, sulla scala della grandezza, di quelle opere pubbliche. Perché? Al contrario degli operai e degli ingegneri, gli artisti hanno forse sabotato la produzione? Oppure si tratterebbe di due fronti diversi, nel primo dei quali valgono i piani e le direttive e nel secondo proprio la mancanza di piani e di direttive?
Il vizio segreto del cosidetto realismo socialista é, per dirla con una formula spiccia, di essere realista su tutto fuorché sul socialismo. E poiché il social[...]

[...]le risponde con sufficiente precisione al concetto deteriore dell'arte intesa come sovrastruttura proposto dal marxismo. I comunisti dichiarano volentieri che tale arte di classe o
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8 INCHIESTA SULL'ARTE E IL COMUNISMO
arte ufficiale o arte sovrastrutturale cesserà di esistere, appunto, quando sarà stata raggiunta la soèietà senza classi. Perché allora l'arte dei paesi orientali, più forse di ogni arte contemporanea, offre gli aspetti noti dell'arte di classe o ufficiale o sovrastrutturale? La risposta non pare dubbia: l'arte non ha affatto bisogno di una rivoluzione per essere vera arte, basta che l'artista attinga per conto suo alla zona nella quale le classi non ci sono, né mai ci furono, né mai ci saranno, alla poesia. Come, infatti, in tutti i tempi e in tutti i luoghi, senza aspettare la rivoluzione [...]

[...]he garantisce vita eterna alla sovrastruttura? E perché la struttura transeunte é considerata più importante della soprastruttura che non lo è?
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Le idee dei comunisti sull'arte sono giuste, chi potrebbe negarlo? Nello stesso termine di realismo socialista é contenuta una riflessione critica inoppugnabile: l'arte fu sempre realista o non fu affatto e inoltre essa fu sempre legata direttamente o indirettamente alla ideologia
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del momento. Il realismo è dunque inseparabile dall'arte, almeno da quella europea; l'ideologia anche. Che c'è dunque di strano che lo stato socialista chieda agli artisti il realismo socialista? Rispondiamo che la stranezza consiste nel fatto che, al contrario della Chiesa e d'ogni altro organismo totalitario del passato, lo stato socialista sappia tutte queste cose, cioè che abbia una coscienza critica e storica così sviluppata. In questo senso lo stato socialista, così intellettualistico e così pragmatistico, entra nella dialettica della decadenza alla q[...]

[...] fatto che, al contrario della Chiesa e d'ogni altro organismo totalitario del passato, lo stato socialista sappia tutte queste cose, cioè che abbia una coscienza critica e storica così sviluppata. In questo senso lo stato socialista, così intellettualistico e così pragmatistico, entra nella dialettica della decadenza alla quale pretenderebbe di sottrarsi.
Quando tutto é stato detto, bisognerà pur affermare che in realtà l'arte non interessa il comunismo. E che questo sia vero lo dimostra la semplicità della ideologia marxista per quanto riguarda l'arte. Tanto più notevole se paragonata, poi, alla complessità delle teorie marxiste sui problemi sociali ed economici. Il marxismo non si interessa all'arte come, poniamo, non si interessa alla religione. La diversità di atteggiamento del marxismo di fronte all'arte e alla religione deriva dal fatto che, mentre il marxismo vuol soppiantare la religione, esso non vuole che servirsi dell'arte. E infatti tutte le teorie del marxismo sull'arte non tanto riguardano l'arte nella sua intimità quanto l'art[...]

[...] di artificio, di razionalità, di tecnica, di fattura su quella di poesia, di ispirazione, di originalità, di creatività. Di una concezione, insomma, classica o per lo meno classicheggiante, su quella romantica. Si pensa, per analogia, ad estetiche che sembravano tramontate e che invece, a quanta pare, torneranno in auge. Tanto per fare un esempio Boileau non avrebbe trovato niente da ridire su una simile imposizione
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dell'autorità sull'artista. Che differenza c'é infatti tra il realismo socialista e « l'artifice agreable » del poeta di corte di Luigi decimoquarto?
* * *
Ci si meraviglia che certi scrittori e critici d'occidente, di fede marxista, difendano l'arte dei paesi orientali che, a parere di molti, essi non potrebbero invece non giudicare assai severamente. E si parla in questi casi di disciplina di partito. Ma secondo noi si tratta invece di uno scambio avvenuto nel profondo dell'animo tra ideologia e realtà. Per i comunisti l'ideologia è la realtà, e quella che la gente comune chiama realtà n[...]

[...]e non puó aver luogo. Più tardi, di fronte all'arte come a qualsiasi altra manifestazione o attività umana, ciò che avvenne con lacerazione e dolore al tempo della conversione, si ripete facilmente, in maniera quasi automatica.
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Le idee dei comunisti sull'arte sono costantemente presentate in stretta correlazione con le loro teorie economiche e sociali e confuse con esse. Chi in parte o del tutto approva le teorie economiche e sociali del comunismo é portato così ad approvare anche le idee estetiche o per lo meno a considerarle con favore. Ma questa confusione non puó portare che ad accettare una concezione estetica rozza e semplicistica. L'arte, infatti, mentre puó benissimo avere un contenuto proletario, per i suoi moduli formali e tecnici é invece legata alla maturità del gusto, della coltura e della capacità espressiva. Come dire che essa dipende per questo aspetto così importante, non dalla giustizia distributiva bensì dal livello di coltura e di gusto raggiunto in una data società. Questo fatto non è mai stato smentito nella stori[...]

[...]gusto, della coltura e della capacità espressiva. Come dire che essa dipende per questo aspetto così importante, non dalla giustizia distributiva bensì dal livello di coltura e di gusto raggiunto in una data società. Questo fatto non è mai stato smentito nella storia; e l'arte, qualunque `fosse il suo contenuto, é sempre stato un prodotto tardo e aristocratico. L'arte appare infatti sempre all'apice delle civiltà, essa é il fiore
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terminale della pianta umana. Ogni volta, invece, che ci fu prevalenza di masse culturalmente immature, come, tanto per fare un esempio, durante le invasioni barbariche, si verifica del pari oscuramento o addirittura interruzione del fatto artistico. II significato ultimo del Itlnascimento sta appunto nel ritrovamento del fatto artistico, delle sue leggi, e della sua autonomia dopo il diluvio barbarico. I barbari che affluirono in Italia nell'alto medioevo, avevano certamente malte cose da dire ma non le dissero se non quando, appunto, non furono più barba[...]

[...]eramente preferiscono. E così avviene in tutte le rivoluzioni. Persino la rivoluzione francese che portò al potere una classe già da lungo tempo preparata e raffinata come la borghesia, produsse all'inizio del secolo un'arte più grezza e più peritura, quella del primo romanticismo. In questa prospettiva, si deve giudicare il susseguente decadentismo come una sistemazione, in senso classico di quel primo romanticismo.
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Ciò che colpisce di piú così nelle opere d'arte dell'occidente come in quelle d'oriente è la povertà del temperamento individuale. Un pittore come Tiziano farebbe un sol fascio così degli astrattisti come dei realisti socialisti. Ai primi direbbe: «Dipingetemi una mano che è una mano »; ai secondi: « Infondete nei vostri ritratti di generali e uomini politici il senso di potenza, di gloria e di poesia che seppi mettere nei miei ». Abbiamo nominato Tiziano per indicare un certo livello di maestria tecnica e di altezza di ispirazione; non per additare un modello irripetibile così in occ[...]

[...]ecadente. E evidente che in questo caso la distinzione tra poesia e non poesia salta e viene sostituita da quella di classicità e di decadenza, ossia di completezza e incompletezza, cioè, in altri termini, di maggiore o minore coraggio, capacità e volontà della società di rappresentarsi qual é, in tutti i suoi aspetti, anche in quelli negativi e di riconoscersi in questa rappresentazione e di servirsene e di farne strumento di mi
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glioramento e di progresso. Dunque, una volta di più, niente poesia o non poesia, ma, ad un livello eguale di poesia, rappresentazione totale o parziale, classica o decadente. Ma la società comunista in quanto si vanta di essere l'erede di tutte le società della storia e il loro coronamento finale, dovrebbe dare origine all'arte più classica, più completa che si possa immaginare e questo indefinitamente e senza interruzioni di sorta. Si vede, così, come nell'ideologia comunista non c'è posto per le smentite anche minime della realtà. Tutto é tirato a fil d[...]

[...]parziale, classica o decadente. Ma la società comunista in quanto si vanta di essere l'erede di tutte le società della storia e il loro coronamento finale, dovrebbe dare origine all'arte più classica, più completa che si possa immaginare e questo indefinitamente e senza interruzioni di sorta. Si vede, così, come nell'ideologia comunista non c'è posto per le smentite anche minime della realtà. Tutto é tirato a fil di logica, tutto é razionale, il comunismo non può non produrre la società perfetta e la società perfetta non può non produrre l'arte più alta. In questa situazione l'artista che voglia discutere con il comunismo fa figura di avvocato dell'irrazionalità, ossia del nulla, per non dire del male_
Non si vede, perché, dopo avere accettato e confermato l'autonomia del fatto linguistico, quell'uomo di stato orientale non faccia lo stesso per l'autonomia del fatto artistico. Non se ne vede il perché sebbene lo si possa indovinare: la lingua, come ebbe a dire quell'uomo di stato, non é né borghese né socialista, é simile alle locomotive: é un mezzo. Invece l'arte può essere, é un fine. Ora non può esserci altro fine se non quello della rivoluzione socialista.
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Perché realismo socialista e non, poniamo, [...]

[...]rma a Raffaello che fu il grande mediatore tra il mondo dell'Antico Testamento e l'Ellenismo. Gli stati conoscono la storia, non l'estetica.
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Tra l'alienazione dell'operaio e l'alienazione dell'artista non c'è alcun rapporto. L'operaio é alienato in quanto, nell'economia di mercato, egli é una merce come tutte le altre, ed essendo tale viene defraudato, in base al prezzo di mercato, del plus valore, ossia di ciò
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che rappresenta appunto il suo valore di uomo. Ma l'artista, invece, crea un oggetto per il quale non c'è mercato (o, se c'è, non é quello degli oggetti di necessità che hanno costantemente un mercato) e il cui prezzo non esiste, in realtà, in denaro o in specie. Il prezzo del l'opera d'arte l'artista l'ha già ricevuto con la gioia provata creandola. In altri termini, al momento della consegna del libro all'editore, della musica al direttore d'orchestra, del quadro al mercante, l'artista è già stato pagato e quanto riceve in seguito é un regalo o comunque un pagamento senza rapporto alcuno c[...]

[...] neppure artista, ma l'artista colpito nell'espressione nonché uomo non potrà neppure essere operaio perché egli era già uomo in partenza ossia dotato originariamente di quelle facoltà espressive che nell'operaio si liberano soltanto .nel momento in cui egli comincia ad essere uomo. Finalmente, colpendo l'artista, si colpisce anche, indirettamente, l'operaio che nell'artista vede il suo supremo ideale umano di libera e completa espressività.
Il comunismo tenta di assorbire la cultura e l'arte dell'occidente nei. suoi uomini e prodotti migliori, in modo da lasciare alla borghesia soltanto gli uomini e i prodotti deteriori. Questo tentativo potrebbe anche riuscire. Ma resta dubbio che il risultato sarà quello che si aspettano i comunisti.
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singolare che nei paesi orientali, dove è predominante una ideologia storicistica, si abbia invece una concezione precettistica dell'arte. Ma queste sono le sorprese dello storicismo che finisce per mordersi la coda con la logica conclusione dell'avvento di una società senza storia. Dunque un'arte senza sviluppi, fissa ad un ideale immobile.
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La forza della polemica comunista per l'arte sta, più che negli argomenti, nel carattere mortuario e suicidale di grandissima parte dell'arte dell'occidente. I comunisti hanno buon gioco a dimostrare che tale arte[...]

[...]onto, una sospensione dell'arte. Così, in campagna, un campo troppe volte coltivato, si lascia senza semina per due o tre stagioni in modo che si riposi e ripigli forza. Il cristianesimo, in una simile circostanza, decise che l'arte pagana, la sola possibile in quel tempo, era opera del diavolo. I comunisti non credono al diavolo bensì alla decadenza, immoralità, corruzione e rovina del capitalismo. In realtà così il cristianesimo allora come il comunismo oggi sono strumenti della natura esausta che chiede riposo. Ma gli uomini non amano ammettere di essere determinati da semplici leggi biologiche; e così nel campo dell'arte la . stanchezza é chiamata, poniamo, astrattismo e il riposo, realismo socialista.
S'intende che queste note riguardano i rapporti dell'arte col comunismo al potere. Per i rapporti dell'arte con il comunismo all'opposi
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zione, le cose si svolgono in maniera normale, come per i rapporti dell'arte con qualsiasi motivo ispiratore. Anzi il comunismo all'opposizione, facendosi forte di molte istanze generose ed universali, ispira direttamente o indirettamente un'arte assai viva, polemica e aliena dai compromessi, di protesta e di rivolta. Ma una volta il comunismo al potere il motivo polemico ovviamente scompare, sostituito da quello celebrativo. L'arte allora entra in crisi ed é appunto tale crisi che abbiamo cercato di illuminare in queste note. È evidente d'altra parte che allo stato comunista, per quanto riguarda l'arte, si offrono due vie soltanto: o l'arte di propaganda e agiografica che si nutrirà sia della polemica contro i nemici esterni del comunismo sia di rievocazioni ed esaltazioni di personaggi e avvenimenti del comunismo; oppure l'arte classica, intendendo per classica un'arte dalla quale sia stata espunta ogni polemica sociale (nello stato comunista diventata inutile) e che tratti dell'uomo non più come di un prodotto di date condizioni sociali ed economiche ma come di qualche cosa di immutabile e di eterno, . come, appunto, avviene nell'arte classica. L'arte classica é, del resto, l'arte per eccellenza delle società che non si pongono ancora o non hanno ragione di porsi una questione sociale. La società comunista è, appunto, una di tali società, avendo risolto, una volta per sempre e con soddisfazione di tu[...]

[...]ed economiche ma come di qualche cosa di immutabile e di eterno, . come, appunto, avviene nell'arte classica. L'arte classica é, del resto, l'arte per eccellenza delle società che non si pongono ancora o non hanno ragione di porsi una questione sociale. La società comunista è, appunto, una di tali società, avendo risolto, una volta per sempre e con soddisfazione di tutti, la questione sociale.
* * *
I rapporti tra l'arte e la realtà, finché il comunismo é all'opposizione, potranno o dovranno essere determinati, per gli artisti di fede comunista, dall'ideologia marxista. Ma non si vede come questi rapporti, una volta il comunismo al potere, possano essere determinati dalla stessa ideologia. La quale é pur sempre un'ideologia di critica e di rinnovamento della società. Con il comunismo al potere, insomma, l'ideologia marxista, cessa di avere un valore ispirativo, sempre che si mantenga fedele a se stessa. Così il problema dell'arte con il comunismo al potere, é un problema di modificazione dell'ideologia marxista, modificazione tanto più difficile in quanto ogni ideologia vittoriosa tende afarsi dogmatica e precettistica.
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Vediamo cosa avvenne con la rivoluzione frances[...]

[...]a marxista, modificazione tanto più difficile in quanto ogni ideologia vittoriosa tende afarsi dogmatica e precettistica.
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Vediamo cosa avvenne con la rivoluzione francese. In un primo momento, prima della rivoluzione, l'arte é imbevuta di principi illuministici : la borghesia non é ancora al potere e attraverso l'arte esercita una critica mordente e corrosiva contro l'Ancien Regime. Dopo la rivoluzione, la borghesia abbandona l'illuminismo ormai inutile e descrive se stessa come umanità e realtà universale. Nel primo momento abbiamo Voltaire, nel secondo Balzac. Ma per far questo la borghesia deve anche abbandonare le posizioni dittatoriali dell'illuminismo e disfarsi del Ter[...]

[...]a assai diversa dalla rivoluzione francese; e il decorso da noi descritto, nel caso della rivoluzione russa, viene modificato da un fatto nuovo: il persistente carattere religioso assunto dall'ideologia marxista in Russia e nel mondo intero.
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L'arte, ogni volta che viene a contatto con un'ortodossia, abbandona la critica di fondo della società e si limita alla natura, ossia a quanto nell'uomo é immutabile e immodificabile. Ma nel caso del comunismo, abbiamo questa singolare contraddizione: un'ortodossia che postula la mutabilità e modificabilità dell'uomo attraverso i cambiamenti sociali ed economici. Per questo, mentre da un lato l'ortodossia costringe l'arte ad abbandonare la critica della società, dall'altra l'accusa di non essere abbastanza impegnata ossia, come si dice, partitica.
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Ogni ortodossia consente all'arte l'autonomia di cui questa ha bisogno nella stessa misura in cui, per così dire, essa si confonde e dissolve nell'umanità, o, se si preferisce, si espande fino ad abbracciare l'umanità. Questo é un processo storico[...]

[...]e nell'umanità, o, se si preferisce, si espande fino ad abbracciare l'umanità. Questo é un processo storico lungo e difficile; lo stesso cristianesimo non largì all'arte tale autonomia che dopo qualche secolo. Ma è indubitabile che, sia essa una questione di secoli o di anni, di lotte sanguinose o di rapide e agevoli trasformazioni, l'arte, senza tale autonomia, non può fiorire convenientemente. Perché l'arte, come é
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stato accennato, guarda alla natura e non alla società; e quando guarda alla società vuol dire che la società é diventata natura.
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I rapporti dell'arte con il comunismo possono a tutta prima apparire come rapporti dell'arte con una dittatura qualsiasi tra le tante che ci sono state nella storia. E si può essere portati a fare in proposito le riflessioni solite che valgono appunto per qualsiasi dittatura. Tuttavia ad un secondo sguardo, si vede che il problema non cambia, anche nel caso che tale dittatura cessi di esistere. Si vede allora che i rapporti dell'arte con il comunismo sono in realtà rapporti dell'arte con una data società capace o meno di assicurare all'arte l'autonomia di cui questa ha bisogno. Ci sono state società per nulla dittatoriali che però non consentivano all'arte alcuna autonomia. Ci sono state società .dittatoriali che invece permettevano una larga autonomia. In tutti i casi l'autonomia dell'arte non é mai stata largita, bensì conquistata, talvolta a caro prezzo, perché è proprio ad ogni società non consentire alcuna autonomia ad alcuna attività umana, ricondurre tutto a se stessa in maniera diretta e testuale. Questo avviene soprattutto agli i[...]

[...]uistata, talvolta a caro prezzo, perché è proprio ad ogni società non consentire alcuna autonomia ad alcuna attività umana, ricondurre tutto a se stessa in maniera diretta e testuale. Questo avviene soprattutto agli inizi delle società, quando le regole sono ancora strette e gli interessi urgenti. Una società che comprenda e ammetta interessi indiretti e lontani, é già una società raffinata, matura, riflessiva.
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Nelle faccende dell'arte, il comunismo si comporta come certe madri che non vorrebbero mai che le figlie crescessero e continuano a chiamarle « le mie bambine » anche quando hanno vent'anni, e si indignano se queste bambine chiedono le chiavi di casa. Fuori di metafora, l'arte non si riconoscerà figlia del comunismo se non quando il comunismo cesserà di considerarsi madre. Ogni costrizione cancella ogni obbligazione.
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Un quadro rappresenta un pastorello, in montagna, coperto di stracci, a piedi nudi, che pascola le sue pecore. II pastorello sorride,
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sembra felice. Davanti ad un simile quadro vien fatto, anche a chi sia a digiuno di marxismo, di pensare: «Ecco la concezione borghese dell'arte che vuole che si rappresenti la felicità di un pastore nonostante gli stracci e i piedi nudi ». Ma che dobbiamo pensare dell'equivalente del pastorello che troviamo in infiniti quadri di artisti comunisti? Lo stato comunista ci risponde: « I miei pastori non hanno i piedi nudi e non indossano stracci. Essi sono davvero felici così nei quadri come nella realtà ». A questo si potrebbe obbiettare che se ciò fosse ver[...]

[...]sta nei riguardi di questi quadri é altrettanto giustificata che nei riguardi dei quadri borghesi.
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Marx aveva detto: é tempo che la filosofia si adoperi non per spiegare ma per cambiare il mondo. Ma non aveva detto che l'arte dovesse fare la stessa cosa. Probabilmente, ove fosse stato interrogato in proposito, egli avrebbe riconosciuto che all'arte, come sempre, spettava il compito di rappresentare il mondo una volta che fosse cambiato. Il comunismo, invece, chiede all'arte di contribuire, in maniera diretta ed attiva, a tale cambiamento. Questo vuol dire prima di tutto un cambiamento dell'arte stessa, nei suoi mezzi e nei suoi fini. E forse, addirittura, la fine dell'arte, almeno quale essa é stata concepita per secoli fino ad oggi.
Qual é il dovere dell'artista, in un momento di latta e supposto che egli voglia prender parte in questa lotta? Pensiamo che il dovere dell'artista in questo caso sia sensibilmente diverso da quello degli altri partigiani che, loro, combattono con le armi e con l'azione politica. All'artista incombe prima d[...]

[...]ce alla causa in cui crede. Se riesce a far della vera arte, la questione si risolve da sé, anzi non si pone nemmeno. Ma se non ne fa, bisognerà esaminare di chi sia la colpa: se dell'artista che non seppe fare dell'arte perché in realtà non credeva nella causa per la quale pretendeva di lottare; o se della società che gli richiese di fare una determinata arte che non era arte o in qualche modo gli impedì di fare del
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l'arte. È evidente che la società darà sempre la colpa all'artista, per bocca dei suoi rappresentanti ufficiali, e come potrebbe avvenire diversamente? Ma noi siamo convinti che, in certi casi, la colpa della cattiva arte di un artista possa anche essere della società; e che comunque, tra artista e società, per quanto riguarda l'arte, non possa né debba esserci un rapporto come da inferiore a superiore ma di parità.
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In un suo discorso del 1937, Mao Tze Dun, cosí definiva il compito dell'arte: essa, qualunque sia il suo livello, deve lavorare per il popolo e soltanto per il popolo. Gius[...]

[...]e prima di tutto di non sembrare di partito. Perché, se non altro, gli uccelli non si lasciano prendere se le reti non sono ben dissimulate.
***
Non abbiamo nulla in contrario al realismo socialista o qualsiasi altra estetica desunta dal marxismo. Ma non ci convince del tutto il fatto che questa estetica o altra simile diventi l'estetica ufficiale di uno stato potente, proprietario di tutte le case editrici, di tutti i giornali
A. MORAVIA IL COMUNISMO AL POTERE E I PROBLEMI DELL'ARTE 21
e le riviste, di tutti i musei, di tutte le sale di concerto, di tutti gli studi di cinema e di tutti i teatri. Ove fosse lasciata all'arte l'autonomia che le é indispensabile, il realismo socialista trionferebbe e (come é da credersi seconda la legge che regola le cose umane) decadrebbe
e verrebbe sostituito dall'altra estetica più conveniente in maniera affatto spontanea, attraverso le discussioni e le opere degli artisti. Ma dal momento che il realismo socialista o qualsiasi altra estetica simile diventa una faccenda di stato, è da temersi che esso ubb[...]

[...]lo antico é la sua incapacità di cinismo. Il mondo antico era vicino alla natura e la natura é cinica, diretta e ingenua. Il mondo mo demo invece é lontano dalla natura, intellettualistico, indiretto, scaltro.
Zdanov, in un suo discorso, dice tra l'altro: «rappresentare le nuove virtù degli uomini sovietici, mostrare al nostro popolo non soltanto ciò che egli é oggi ma quello che sarà domani, illuminare di un raggio
22 INCHIESTA SULL'ARTE E IL COMUNISMO
luminoso la sua marcia in avanti: ecco i compiti dello scrittore sovietico onesto. Lo scrittore non deve trascinarsi al rimorchio degli avvenimenti, deve marciare all'avanguardia del popolo e additargli la strada del suo sviluppo ». Ecco, in poche parole, una buona definizione dell'arte di propaganda la quale infatti non rappresenta gli uomini come sono ma come dovrebbero essere, non tratta delle cose presenti ma di quelle che immancabilmente saranno e, insomma, non descrive il regno di questa terra bensì quello del cielo. Il che si vuol dire per sottolineare il carattere edificante di una s[...]

[...]rità, l'impotenza espressiva, l'astrazione. Il realismo socialista, nel suo aspetto di conformismo politico e sociale, non sembra che faccia eccezione a questa regola. L'arte sovietica, come é noto, fu decadente, ossia europea, fino al giorno in cui, per ordine superiore, dal mattino alla sera, dovette adottare il realismo socialista. Il cambiamento, dunque, non avvenne per sviluppo spontaneo ma d'autorità, per semplice capovolgi
A. MORAVIA IL COMUNISMO AL POTERE E I PROBLEMI DELL'ARTE 23
mento. Parafrasando il Belli il quale dice che dentro ogni uomo vivo c'é un uomo morto, potremmo dire che dentro ogni realis a socialista vivo c'é un astrattista morto ma sempre pronto a risuscitare. In questo senso bisogna considerare il realismo socialista come uno degli aspetti del decadentismo universale, forse il più vistoso, certo il più significativo.
Abbiamo parlato dell'arte classica come del solo possibile sbocco positivo dell'arte in regime comunista. E invero non vediamo dove si possa trovare l'oggettività assoluta e universale cui aspira il m[...]

[...]l'oggettività assoluta e universale cui aspira il marxismo se non nell'arte classica quale si manifestò tutte le volte che una civiltà raggiunse l'apice della maturità. Essa nasce infatti nei momenti di perfetta e profonda stabilità quando la classe al potere si illude di aver trovato un assetto definitivo, eterno; ossia nei momenti in cui più lontana anzi impossibile appare ogni revisione dei valori. E non é forse questa l'ambizione massima del comunismo, di giungere ad una tale stabilità e immutabilità dei valori? Ma le civiltà del passato raggiunsero il classicismo perché seppero rispettare la natura ossia lo stile individuale dell'artista pur, talvolta, imponendo determinati con tenuti ideologici o religiosi. Il comunismo, invece non soltanto vuole imporre un determinato contenuto ideologico ma anche esige un determinato stile. Su questa strada, il comunismo non incontrerà l'arte classica, bensì la stilizzazione rituale bizantina.
Il marxismo é un potente strumento di risanamento e di rinnovamento nel mondo presente. Esso é all'opera da quasi cinquant'anni e ad esso, in parte, si deve se l'enorme eredità passiva dell'ultimo ottocento sia stata liquidata e il gusto e l'arte del novecento abbiano potuto assumere il loro carattere attuale. L'abbandono del marxismo nella sua accezione di diagnosi e di critica in tutti i paesi comunisti, può significare due cose: o uno sviluppo dell'arte non dissimile da quello del compromesso borghese dell'ottocento[...]

[...]ttere attuale. L'abbandono del marxismo nella sua accezione di diagnosi e di critica in tutti i paesi comunisti, può significare due cose: o uno sviluppo dell'arte non dissimile da quello del compromesso borghese dell'ottocento; oppure l'instaurazione di un'arte, come abbiamo già accennato, di tipo classico. Ma per ora questa seconda ipotesi rimane soltanto un'ipotesi, mancando al tutto opere che possano confermarla.
24 INCHIESTA SULL'ARTE E IL COMUNISMO
Non si discute qui la realtà della rivoluzione comunista. Essa si impone, per così dire, ad occhio nudo. Nel 1917 i comunisti erano un pugno d'uomini, oggi, quarant'anni dopo, la bandiera del comunismo sventola su più di un terzo del globo. Quello che si discute è un particolare infimo, dopo tutto, di questa rivoluzione, un particolare senza grande importanza rispetto alle ambizioni del comunismo e alle sue effettive realizzazioni. Questo particolare che è l'arte, per noi, che non crediamo alla teoria della sovrastruttura se non in parte e in maniera condizionata, tutt'al più starebbe a significare che nei paesi comunisti non vi sono buoni artisti. Ma sono i comunisti stessi che, propugnando la teoria della sovrastruttura, ci obbligano a pensare che nei paesi comunisti non vi siano buoni artisti per colpa non della natura bensì della società. I comunisti ci rispondono: date tempo al tempo. E noi, a nostra volta, rispondiamo: il tempo è galantuomo ed esso porterà senza fallo al riconos[...]

[...]rci che non siamo in grado di apprezzarli. La forma, il contenuto dell'arte possono forse essere legati ad un'ideologia, non il suo valore. E questo valore, anche a volerne fare un mero valore di utilità politica, non c'è, dal momento che, appunto, i vostri romanzi non sono ammirati.
* * *
Il problema dell'arte comunista è strettamente legato alla questione della decadenza di tutte le arti in tutto il mondo. Questa decadenza si
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manifesta in occidente in maniera esplicita e in oriente implicita, ma dappertutto con la rozzezza e infantilità del mestiere dell'artista. Alla luce di questa decadenza generale vien fatto di domandarsi se la vera rivoluzione del mondo moderno non sia quella dell'avvento di una civiltà meccanica e pratica, scientifica e burocratica, eudemonistica e statalistica, nella quale l'arte non avrebbe piú alcun posto e di cui la rivoluzione comunista non sarebbe che un episodio. Proprio i comunisti ci dicono che l'uomo non è immutabile e puó cambiare secondo che c[...]

[...]me in passato.
* * *
Che cosa rispondono di solito i comunisti alle obbiezioni del genere di queste che abbiamo mosso sinora ? Tante cose, alcune molto sottili e sofistiche, altre semplicemente negative. Possono confutare l'obbiettore punto per punto; e possono sbrigarsela invece con la semplice accusa di essere un « borghese decadente ». Ma in ultima analisi, la vera risposta non la danno; e come potrebbero? La vera risposta é che dovunque il comunismo prenda il potere esso é risoluto a non abbandonarlo per secoli. E che il tempo in faccende a lunghissima scadenza come il comunismo e l'arte non conta. E che ci sia una generazione o due o tre di cattivi artisti e di buoni propagandisti é cosa priva della minima importanza. E che alla fine l'arte, come ogni oltra attività umana, scorrerà nei canali che il comunismo le ha scavato. E che, insomma, l'uomo e dunque anche l'arte é infinitamente adattabile; e il comunismo no. O forse anche il comunismo é adattabile; ma questo é un altro discorso che sarà fatto, appunto, tra qualche secolo.
* * *
Gli Stati, così quelli socialisti come gli altri, sono oggi tutti, quali più e quali meno, machiavellici. Ma come é possibile che l'arte, la cosa più seria del mondo, diventi materia di machiavellismo?
26 INCHIESTA SULL'ARTE E IL COMUNISMO
* *
Nei paesi socialisti, il rapporto tra le masse e la ragion di stato é così stretto che non c'è posto per l'arte. Appena si produrrà uno iato, l'arte respirerà.
Prima della rivoluzione l'artista dovrebbe informare la sua arte al concetto marxista di struttura e sovrastruttura; ma dopo la rivoluzione tale concetto va abbandonato, perché, come é ovvio, esso porterebbe ad una critica corrosiva della società stessa che la rivoluzione ha instaurato. Questo passaggio e questa trasformazione prendono tutto il loro spicco nei paesi in cui la rivoluzione comunista non ha avuto luogo. In questi p[...]

[...]reranno infatti che anche in quei paesi la società si difende nell'arte con gli stessi mezzi
e gli stessi compromessi che nei paesi borghesi.
* * *
Lo stato socialista quando vuol dettare norme agli artisti, tiene d'occhio soprattutto il livello medio delle masse. Se, per fare un esempio, le masse leggessero come vanno al cinema, pochi tra i libri che vengono oggi stampati sarebbero pubblicati. Ma i comunisti immaginano che il
A. MORAVIA IL COMUNISMO AL POTERE E I PROBLEMI DELL'ARTE
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livello delle masse salirà indefinitamente. Purtroppo, però, quando il livello delle masse sarà veramente alto, bisognerà provvedere a far salire egualmente il livello degli artisti, diventato, nel frattempo, estremamente basso.
* * *
Il problema della realtà per uno stato che pretenda di essere in possesso della verità attraverso una sua ideologia, si pone in maniera molto semplice: é reale tutto ciò che risponde a quell'ideologia; irreale, ossia irrazionale, ossia negativo, tutto ciò che la contraddice. Insomma un artista che non piaccia allo sta[...]

[...] si aspettava certo che questa gioia potesse durare un anno soltanto. E poi diventare tristezza per ordine superiore.
* * *
Lasciar giudicare agli uomini politici sulle cose dell'arte può essere utile soltanto in un caso: che gli uomini politici siano anche loro degli artisti. Caso raro, caso straordinario di cui l'umanità serba ricordo imperituro. Si dice infatti: il secolo di Leone X, il secolo di Pericle. Questa
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gratitudine però sta a dimostrare quando il caso inverso sia piú frequente e al tempo stesso abborrito. Il caso, vogliamo dire, dell'uomo politico che statuisce sull'arte senza né amarla né comprenderla, per ragioni estrinseche all'arte medesima.
* * *
Certe idee sull'arte sono proprio un letto di Procuste per il povero artista: tagliamo i piedi o tagliamo la testa? Tagliamo la testa e facciamo l'arte coi piedi.
* * *
Al comunismo orientale, almeno per quanto riguarda l'arte, le vittorie in Asia non portano alcun conforto. In Asia l'arte è sempre stata sottoposta a regole, norme e leggi statali o religiose. Il banco di prova delle idee del comunismo sull'arte é l'occidente. Purtroppo, però, né una vittoria dell'oriente sull'occidente, né una vittoria dell'occidente sull'oriente, chiarirebbero la questione dell'arte. La quale si giova di scambi non di vittorie.
* * *
L'arte in occidente ha raggiunto un grado di disintegrazione che certamente fa buon gioco ai comunisti. Ma si rifletta che questa disintegrazione poco ha a che fare con il fatto sociale. Essa é piuttosto un fatto biologico. I comunisti possono forse sopprimerla, non raddrizzarla. Quando la biologia bussa alla porta della storia, essa non si contenta di una rivoluzione. Essa[...]

[...]i, le invasioni, i medi evi. E la storia compiacemente le dá quanto essa chiede, magari servendosi dei comunisti.
* * *
I tuoi libri non rispondono alla ideologia dominante e dunque non li pubblichiamo. Ma io non posso fare a meno di scrivere in questo modo. Allora sei un traditore. Sono un traditore perché scrivo questi libri o perché non posso fare ameno di scriverli? Sei un traditore perché non puoi fare a meno di scriverli.
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* * *
Che rapporto c'è tra il marxismo e l'arte cosidetta partitica? Nessuno a ben guardare. Il marxismo, con il suo determinismo brutale ma sano svelando il carattere, appunto, partitico, dell'arte borghese, in realtà contribuisce a purificarla, a liberarla, a rafforzarne l'autonomia. Invece l'arte partitica, sia pure del partito comunista, tende a rimettere le cose come stavano prima del marxismo. In altri termini il proletariato imita, sia pure inconsapevolmente, la borghesia del peggiore periodo vittoriano. E valga un solo esempio: nel David Copperfie[...]



da Franco Cagnetta, Inchiesta su Orgosolo. Parte terza: Orgosolo moderna in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 9 - 1 - numero 10

Brano: [...]logie generali e moderne organizzazioni, con la formazione di veri e propri partiti, per la prima volta, la politica fa il suo ingresso in Orgosolo.
È nel 1943 che per la prima voltai « pastori declassati » portano in paese le prime idee « comuniste », tentano una prima « organizzazione comunista ». Corrispondendo esattamente alla particolare situazione « proletaria » e « coloniale » di quei pastori disoccupati — del proletariato pastorale — il comunismo é la sola ideologia e la sola forma di organizzazione che prospetti e consenta una liberazione « nazionale » (o qui «paesana ») ed una liberazione « sociale »; é la sola teoria e la sola pratica che siano nate per combattere con una profonda azione pratica, e non con la declamazione, l'oppressione nazionale e proletaria. I nemici del comunismo su piano mondiale sono i nemici del proletariato pastorale di Orgosolo su piano locale.
Con l'ingresso di fermenti « comunisti » nel paese le due antiche classi sociali, la opposizione tra il paese e lo Stato acquistano un rilievo mai raggiunto. Sotto questa stimolo nascono in Orgosolo in altri gruppi, tra i «meres» soprattutto, anche idee e organizzazioni opposte: in particolare la d. c., il partito dei proprietari, dei conservatori, governativo, « statale ». Due i partiti, e corrispondono quasi nettamente alle
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due classi sociali tradizionali, alla interna divisio[...]

[...]eno della lotta civile, del dibattito delle idee, della organizzazione in partiti. Nobilitati, elevati nella vita di moderni partiti, gli interessi locali — i vecchi « partiti », se così si può dire — sono spinti ad abbandonare ogni legame col sangue. È questa la prima grande vittoria, la « rivoluzione » iniziata dal proletariato pastorale, dai suoi «intellettuali », che ha imposto a tutto il paese, amici ed avversari questo terreno di lotta. Il comunismo, come nessuno per secoli, sembra aprire la via della civiltà moderna in Orgosolo; sembra essere il fenomeno che può introdurre una nuova vita moderna nel paese, spezzare l'antica organizzazione, l'antico mondo chiuso.
Ma vediamo l'ambiente, le forme culturali, le organizzazioni con cui è nato il particolare, singolare « comunismo » di Orgosolo.
Chi pensi, secondo uno schema preconcetto, che il comunismo in Orgosolo sia stato « importato » ad opera di « agitatori » commette un errore di valutazione della situazione. Esistono pochi paesi come Or gosolo che abbiano un terreno « precostituito » per la introduzione e lo sviluppo interno del comunismo, anche se non esiste, e non può esistere, un locale proletariato industriale.
Le situazioni coloniali (ed é ormai chiaro in tutto il mondo) sono estremamente « ricettive », « propense » alla introduzione ed allo sviluppo interno del comunismo. Come già il liberalismo nel XIX secolo é il solo movimento di liberazione nazionale dei popoli europei oppressi dal potere feudale, il comunismo nel XX secolo è il solo movimento di liberazione nazionale dei popoli coloniali oppressi dall'imperialismo. Per comprendere la situazione di Orgosolo in una scala assai ridotta bisogna riferirsi su scala mondiale a ben più vaste situazioni che possono ritrovarsi tra i popoli coloniali dell'Africa e dell'Asia. Il comunismo orgolese presenta singolari identità con ìl comunismo di quei paesi coloniali.
Ciò che crea un terreno « naturale » per il comunismo in Orgosolo é costituito, innanzitutto, da due particolari condizioni:
INCHIESTA SU ORGOSOLO 219
1) La prima é una situazione economica comune, per es., in alcune zone e popolazioni africane: l'economia locale é basata sul comune uso del pascolo. La proprietà privata, oltre che veramente estranea, é estremamente nociva alla vita del paese. L'antica abitudine al pascolo comune, il patriarcale « comunismo » (e tale é infatti l'antico termine locale) é lo sfondo per il moderno comunismo :
Tottu dipende dae sa facenda
de non esser comune sa sienda (1).
E ancora:
Podimus sas delizias antigas
nos cherinde in su mundu gosare?
Basta per?) in comune lascare
terrinos e produttos e fatigas (2).
2) Probabilmente non esiste in tutt'Europa popolo che, come quello orgolese, per millenni abbia sofferto l'oppressione e non abbia potuto parlare. Il popolo orgolese é simile al popolo ebraico. Ma se per l'ebreo il « volto di dio » é comparso or è 5000 anni fa, per l'orgolese un « volto di dio » é comparso solo oggi, dopo 5000 anni. Il comunismo per la prima volta dà all'orgolese la p[...]

[...] antigas
nos cherinde in su mundu gosare?
Basta per?) in comune lascare
terrinos e produttos e fatigas (2).
2) Probabilmente non esiste in tutt'Europa popolo che, come quello orgolese, per millenni abbia sofferto l'oppressione e non abbia potuto parlare. Il popolo orgolese é simile al popolo ebraico. Ma se per l'ebreo il « volto di dio » é comparso or è 5000 anni fa, per l'orgolese un « volto di dio » é comparso solo oggi, dopo 5000 anni. Il comunismo per la prima volta dà all'orgolese la possibilità, in una comunità di interessi con milioni di uomini, di parlare, di farsi conoscere, di esprimere il proprio dolore nella storia. L'orgolese oggi vuole entrare nella storia non solo nel senso di impadronirsi dello Stato, di mutare la situazione, ma in quello più semplice che il proprio dolore privato non si consumi più nel buio dell'individuo: si faccia noto, comune, acquisti carattere pubblico. « Dite che noi pure orgolesi siamo uomini. Dite che noi pure orgolesi siamo uomini sventurati », dicono a tutti continuamente gli orgolesi. E la cosci[...]

[...]tato, di mutare la situazione, ma in quello più semplice che il proprio dolore privato non si consumi più nel buio dell'individuo: si faccia noto, comune, acquisti carattere pubblico. « Dite che noi pure orgolesi siamo uomini. Dite che noi pure orgolesi siamo uomini sventurati », dicono a tutti continuamente gli orgolesi. E la coscienza di un paese che si risveglia, che entra nel mondo. E per la prima volta davvero l'orgolese entra nel mondo. Il comunismo gli fa conoscere se stesso come uomo, gli fa conoscere che la sua condizione umana é comune a quella di milioni di uomini come lui. I suoi problemi non sono più problemi soltanto locali, ma mondiali. E sa che esistono altri uomini come lui, suoi simili, suoi amici. Cum panzu, cum panzu (Compagno, compagno) suona questo nome sulla bocca del
(1) Tutto dipende dalla faccenda / che non sono comuni i beni.
(2) Possiamo le delizie antiche / noi volendo nel mondo godere? / Basta in comune lasciare / terreni e prodotti e lavoro.
S'r
FRANCO CAGNETTA
l'orgolese come anticamente doveva suonare frat[...]

[...]omune lasciare / terreni e prodotti e lavoro.
S'r
FRANCO CAGNETTA
l'orgolese come anticamente doveva suonare fratello sulla bocca del cristiano. Il cristianesimo non ha più questo suono, non libera. Al contrario! Il cristianesimo è il prete, il prete che benedice lo Stato. E l'antica millenaria aspirazione alla fine dell'oppressione, alla giustizia, all'eguaglianza, al mondo migliore l'orgolese non la trova più nel cristianesimo, la trova nel comunismo. Il comunismo é la Speranza.
Per queste due condizioni, assai profonde, quasi tutto il paese di Orgosolo, uomini e donne, bambini e vecchi, si professano « comunisti »; quasi tutto il paese è « propenso » al comunismo.
I maggiori stimoli al comunismo, ad uno sforzo verso il comunismo, ad una organizzazione, vengono poi, in verità, soprattutto dallo Stato. Il generale operato dello Stato é la più profonda propaganda al comunismo. E lo Stato lo crea poi, per es., in particolare con due vere e proprie « scuole di comunismo » che sono la leva militare ed il carcere e il confino.
L'importanza della leva, della vita militare per la formazione di un ambiente di simpatia al comunismo è di molta importanza. Per avere interrogato i « primi » comunisti orgolesi in ordine di tempo e diecine e diecine di comunisti orgolesi posso dire che la prima cognizione di idee comuniste e la prima « cosciente » formazione comunista é avvenuta (e ancora avviene) attraverso l'esercito italiano. Trasportato per la prima volta in una vita « collettiva » più moderna, a contatto con soldati più evoluti, per es., emiliani; in un ambiente che per ottusità di ufficiali costituisce quasi sempre un moderno « proletariato » militare, il pastore di Orgosolo dischiude gli occhi, si fa una prima « cosci[...]

[...]ai al « Signor ,> tenente medico dopo avergli detto che avevo febbre mi rispose: sai che si chiede visita 24 ore prima di morire, perché io non riconosco malati che non sputano almeno un litro di sangue in mia presenza. Non mi adirai : sarebbe stato peggio. Ma intanto da ora, come mi hanno detto certi bolognesi : viva sa bandera comunista e tottu cantu sa Russia intera. Pro aver votadu su clericalista nos tratana cun pessima manera. Viva viva il comunismo ».
Altra scuola di « comunismo » il carcere, il confino. Anche qui la concentrazione, lo scambio con altri uomini, l'incontro con «politici », le condizioni particolari di « proletariato » carcerario e confinario creano le condizioni per la formazione di una coscienza « I`omunista ». E singolare osservare, per es., che il carcere di Nuoro persino per molte donne di Orgosolo costituisce la sola « scuola » moderna, la scuola « comunista » che offre loro lo Stato : molte donne escono dal paese solo per venire a colloquio con famigliari detenuti: prima non hanno visto mai niente oltre il loro paese. Il viaggio, l'incontro con [...]

[...]sino per molte donne di Orgosolo costituisce la sola « scuola » moderna, la scuola « comunista » che offre loro lo Stato : molte donne escono dal paese solo per venire a colloquio con famigliari detenuti: prima non hanno visto mai niente oltre il loro paese. Il viaggio, l'incontro con un nuovo mondo, qualche discorso sentito e fatto furtivamente le fanno « moderne, comuniste ».
Per avere, per es., un'idea del rapporto di ingenuo proselitismo al comunismo che si instaura tra confinati e famigliari, riporto qui di seguito alcune lettere anche queste scelte a caso tra molte e che, con pochi squarci sono di per sé esemplari :
1) « Cara sorella, rispondo con ritardo alla tua. Siamo qui circondati dall'oceano, nell'isola di dolore, ossia "confino". Molti sono comunisti e pensano bene. Io comincio a vedere ».
2) « Compare carissimo, il 30 luglio o ricevuto la vostra adorabile letterina e sono contentissimo. Vi faccio sapere delle novità del paese
ZZZ FRANCO CAGNETTA
che hanno ammazzato a ziu P. gli hanno ammazzato 210 pecore ed hanno arrestato i[...]

[...]ti quelli che fanno piangere noi mamme, distruggono le famiglie ».
5) « Ustica... Ogni confinato due comunisti. Ogni comunista due possibilità di meno per il confino ».
Posseggo diecine di ricevute di vaglia da 100, 500, 1000 lire inviate per aiuto e per solidarietà da parenti ed amici orgolesi ai confinati. Nelle comunicazioni del mittente leggo scritto sempre, o quasi sempre, intramezzate a saluti, frasi come : « Abbasso il confino e viva il comunismo. Viva Russia e abbasso d. c. ».
Il comunismo è — é evidente — un fenomeno culturale. Quali erano le condizioni culturali del paese che permettevano l'ingresso e lo stabilizzarsi di una cultura comunista ?
L'incapacità ad intendere l'italiano assai diffusa; l'incapacità a leggere e scrivere quasi generale.
INCHIESTA SU ORGOSOLO 223
La frattura tra l'orgolese e l'intellettuale sardo « tradizionale » incolmabile. Generalmente l'intellettuale apertamente e coscientemente schierato contro il pastore e il contadino, l'ideologo del proprietario terriero, dell'industriale, dello Stato é « figura » meno diffusa in Sardegna che in continente: [...]

[...] pastore e del contadino. E una via la ha trovata soprattutto, e la trova tuttora, nella antica forma culturale di su tenore.
Abbiamo visto esattamente che cosa, per l'aspetto « formale » é su tenore (4); indicheremo ora, in breve la sua funzione di moderno « formatore » o « organizzatore » di cultura.
È singolare osservare, per es., che questo antico, millenario strumento culturale é divenuto la forma più larga, piú profonda di propaganda del comunismo in Orgosolo. Diecine e diecine di giovani, di anziani, di donne, di ragazzi devono a su tenore le loro prime e le loro più entusiastiche, più vaste conoscenze del comunismo. Per questo aspetto su tenore é uno strumento o una organizzazione culturale che trova paragone in analoghe forme locali popolari usate ampiamente, per es., nella Cina comunista, e che per ragioni di analfabetismo generale, di dialetto, e cosí via, sono le sole vie accessibili ad i più larghi strati popolari.
Esisteva già una produzione culturale poetica, cantata attraverso su tenore, di netta impostazione socialista e largamente conosciuta. Il fascismo la aveva combattuta ed impedita persino attraverso « circolari ». Poeti operai (minatori di Iglesias) o artigiani, popolarissimi, idolatrati[...]

[...] degli orgolesi per queste poesie è di ferro, primitiva. Pochi sono i « libretti », consunti, odorosi di pecora. L'abitudine a cantare ha creato una schiera, una larghissima schiera di nuovi « poeti », di improvvisatori. Una raccolta delle loro poesiedocumenti di grandissimo interesse (e ne posseggo una larga raccolta registrata) darebbe un quadro, vivacissimo, della cultura popolare del paese.
In questo ambiente di preparazione « naturale » al comunismo si é innestata ora l'opera della vera e propria organizzazione politica. La Federazione di Nuoro del P. C. I. é una federazione forte e ben organizzata, composta di sardi intelligenti, sensibili, preparati ai loro problemi, coraggiosi, e, buoni conoscitori dei problemi di Orgosolo. È interessante notare — ed è un dato indicativo che la sua vera possibilità di azione e di successo in Orgosolo, la possibilità di creare una sua organizzazione locale le si è aperta solo dopo le elezioni politiche del 1948: quando cioè il P. C. I., uscito dalla coalizione governativa con la D. C., è divenuto « il[...]

[...]'alto feudalista. Se qualche altro scenderà a duello lo mangeremo a carne di macello. Tremano tutti di falce e martello
o Truman tu sei un vero somarello. E Scelba se non eri pappagallo
234 FRANCO CAGNETTA
non lo mettevi il mondo a bordello.
Il tuo scopo è andato a male
non sarà più tu capo drappello.
Nel mondo sarà Stalin il gallo
capo comandante di battello
e se qualcuno non vuol stare al ballo
da Stalin si fa rompere il cervello.
Il Comunismo l'è il partito bello
il mondo tutto lo deve salvare
sta combattendo proprio per quello
e l'operaio da schiavo levare
perché il mondo cosí l'è un macello
nemmeno Cristo lo poté salvare.
Capitalista, tu uccidi il fratello
e l'operaio si deve rispettare.
Abbasso l'ingiustizia sociale
che regna qui nel mondo universale.
Verrà nel mondo uguaglianza feroce
se no guerra e rivolta sociale.
L'operaio non si tratta male
perché il Comunismo non vuole.
La Legge deve essere uguale
come sono le bimbe nelle scuole.
Essere analfabeta, o quanta male:
è non avere la luce del sole.
Inquisitori, Signori brutali,
sarete uccisi a colpi di pugnale.
Ma altrettanto l'azione pratica, l'organizzazione della lotta e del lavoro ha avuto in Orgosolo già una storia, ed una storia epic,a.
Il 1950, in lotta contro la disoccupazione 300 pastoribraccianti organizzano il primo « sciopero », uno sciopero « a rovescio », la prima « rivoluzione » nel paese. La sua cronaca si può leggere nel vivo racconto del protagonista, Peppino Marotto, di cui pu[...]

[...] la bandiera é la bandiera comunista, o la bandiera della pace.

236 FRANCO CAGNETTA
Molti giochi seguono in questa atmosfera tribale : tiro alla fune, pugno di ferro, gare tutte di fisica abilità. Per tutta la durata della festa, da mane a sera, « sos .tenores » tuonano canzoni — canzoni sociali — tra un'ecatombe di agnelli e di pecore squartate, cotte li, all'aperto, tra barili di vino e di birra che non restano mai pieni.
Lo sviluppo del comunismo in Orgosolo, come si vede, acquista forme specialissime : tipicamente « coloniali », non riscontrabili, almeno per intensità, in ogni altro paese d'Italia.
Rimane qui da sottolineare un aspetto fondamentale che riguarda l'atteggiamento « nuovo » del paese nei riguardi del banditismo, cioè del problema più grave, piú immediatamente grave del paese.
L'attività sociale di « liberazione » dei comunisti pare la sola forma volta profondamente alla pace, allo sviluppo della cultura, alla lotta per il lavoro : la sola che non porti al sangue ma combatta il sangue, che combatta la ribellione individ[...]



da Nicola Chiaromonte, Inchiesta sull'arte e il comunismo. Arte e comunismo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: ARTE E COMUNISMO
Stalin, agl'inizi del suo potere, enunciò quella sua famigerata definizione dell'artista: «ingegnere delle anime », cioè funzionario propagandista specializzato, tecnico soggetto come gli altri agli ordini e alle ordinazioni dello Stato. La questione dell'arte comunista era esaurita. Il «realismo socialista» era nato, insieme al totalitarismo assoluto.
Quando si discute di questo problema a dir vero insussistente: il rapporta fra la creazione artistica e l'ideologia comunista, si dimenticano molte cose, fra cui che il problema nasce da un atto preliminare: l'accettazione del fatto compiuto [...]

[...]«trasformare» integralmente il mondo esterno e quindi la coscienza individuale e collettiva. Il corso delle azioni è deciso dallo Stato; il socialismo é la direzione in cui marcia lo Stato, ciò che dev'esser tenuto per giusto, per vero, e per bello, si deduce da questa direzione. Come potrebb'essere altrimenti? Non potrebbe. Ma un'idea di questo genere non inizia, anzi termina, ogni questione propriamente spirituale.
Il problema dell'arte e del comunismo fu discusso con qualche autenticità fra il 1925 e il 1935. L'intellettuale che lo discusse con più intelligenza e delle esigenze del comunirno e di quelle dell'arte fu André Malraux. Malraux ammetteva senz'altro che, nell'universo comunista, non si trattava di discutere in astratto sulla libertà, dell'artista o d'altri. Che alla libertà, fino a nuovo ordine, bisognasse rinunciare, era dato e concesso; che si dovesse aderire di tutto cuore al regime e al partito prima di avere il diritto di
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fare o dire una cosa qualsiasi, era un assioma primo. L'universo c[...]

[...]tuale che lo discusse con più intelligenza e delle esigenze del comunirno e di quelle dell'arte fu André Malraux. Malraux ammetteva senz'altro che, nell'universo comunista, non si trattava di discutere in astratto sulla libertà, dell'artista o d'altri. Che alla libertà, fino a nuovo ordine, bisognasse rinunciare, era dato e concesso; che si dovesse aderire di tutto cuore al regime e al partito prima di avere il diritto di
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fare o dire una cosa qualsiasi, era un assioma primo. L'universo comunista era totalitario, sì, ma in nome die una grande idea, un'idea che s'identificava col solo compito etico escogitato dal pensiero moderno: l'umanizzazione visibile del mondo. Il comunismo poteva ben essere un'ideocrazia come Bisanzio era stata una teocrazia. Bisanzio aveva creato l'arte cristiana; perché da Mosca non sarebbe venuto l'esempio dell'arte comunista ? Il comunismo era imperioso e dogmatico, ma anche la Chiesa di Roma era stata imperiosa e dogmatica; ciò non aveva impedito né Giotto, né Dante, né il Greco; dall'oc agape » cristiana era nato un nuovo significato del mondo; perché dalla o fraternità virile» dell'azione comunista non sarebbe nata una nuova figura dell'uomo?
Nell'universo comunista, non si trattava di rimasticare il vecchio problema romantico della libertà dell'artista individuo. Si trattava del rapporta fra l'individuo e la collettività, fra l'artista e una nuova fede unanime. Rimaneva dunque legittimo un solo problema: quello di sapere c[...]

[...] perché dalla o fraternità virile» dell'azione comunista non sarebbe nata una nuova figura dell'uomo?
Nell'universo comunista, non si trattava di rimasticare il vecchio problema romantico della libertà dell'artista individuo. Si trattava del rapporta fra l'individuo e la collettività, fra l'artista e una nuova fede unanime. Rimaneva dunque legittimo un solo problema: quello di sapere che cosa significasse, per il comunista, l'atto di aderire al comunismo; che cosa, in particolare, l'artista e il oo chierico» potessero fare del nuovo principio una volta aderitovi; quale nutrimento potessero ricavarne; quale fosse la sostanza della nuova fede accolta la quale essi potessero sentirsi autorizzati a viverla e ad esprimerla e, sacrificando ad essa le vecchie idee e le antiche passioni, per questa via di disciplina e di fermezza interiore, diventare non già liberi di fare a proprio talento, ma liberi di essere comunisti: comunisti e liberi. Se la libertà cristiana era stata, perché non poteva essere la libertà comunista? E se questo era possibile, t[...]

[...]gli argomentava — l'uomo risoluto si trova faccia a faccia con una necessità che lo sorpassa infinitamente: il Destino. Che si manifesti nella fatalità della battaglia, o sotto forma di comando che impone di accettare la propria disfatta morale, al Destino non si sfugge con gli argomenti. Il comunista é l'uomo che, di fronte alle necessità dell'azione, é pronto a far gettito non solo della propria esistenza fisica,

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ma anche della propria coscienza d'individuo, o, per meglio dire, del proprio modo di concepire la logica degli eventi. Ma, nell'abnegazione totale, c'è una realtà alla quale il comunista non può rinunciare, ed é la realtà della coscienza. Perché la coscienza è data all'uomo come gli é data il destino: inesorabilmente. Ora, la coscienza della verità di quello che gli accade, il militante, nella lotta, può soltanto averla, non esprimerla; spetta — sosteneva Malraux — all'artista comunista di darle parola, forma e . figura. Li, in quell'opera che non poteva essere se non pienamente responsabil[...]

[...]enza. Perché la coscienza è data all'uomo come gli é data il destino: inesorabilmente. Ora, la coscienza della verità di quello che gli accade, il militante, nella lotta, può soltanto averla, non esprimerla; spetta — sosteneva Malraux — all'artista comunista di darle parola, forma e . figura. Li, in quell'opera che non poteva essere se non pienamente responsabile e dunque pienamente libera, si sarebbe affermata la libertà comunista: il senso del comunismo. Altrimenti, l'azione comunista sarebbe rimasta per sempre separata dalle regioni dove l'esistenza umana attinge un significato durevole. I comunisti avrebbero forse conquistato il mondo, ma se lo sarebbero dïmenticato via facendo, come i Mongoli di Voltaire.
Ma l'argomento di Malraux era puramente intellettuale. La sua domanda si riduceva a quella se la fede comunista fosse, in senso proprio, una fede comune, oppure un'insegna di comando, pertinenza esclusiva delle supreme gerarchie. A questa domanda, la risposta era già: venuta, era negli atti e nei fatti, nonché negli argomenti impiegati [...]

[...] A questa domanda, la risposta era già: venuta, era negli atti e nei fatti, nonché negli argomenti impiegati a giustificare gli atti e i fatti: la fede comunista — se di fede si poteva parlare —. era da riporre nei fatti compiuti e da compiere; li era la certezza, non nel regno vano delle « idee ». Le idee erano, per così dire, già avvenute, e servi vano, una volta per sempre, a rendere inflessibile il corso dell'azione, a consacrare i fatti. Il comunismo, per sua dichiaratissima essenza, era volontà d'organizzazione e d'imperio. In esso, fede, dogma e disciplina erano una stessa e medesima cosa. La sua ortodossia riguardava gli atti e il comportamento, non un'inconcepibile realtà intellettuale superiore ai fatti e agli atti. Per l'artista e per il o chierico », come per ogni altro suddito, non c'era quindi altro da fare che eseguire con infinita sollecitudine gli ordini e le ordinazioni che scendevano per via gerarchica. Nessuna autonomia, nessun potere proprio, poteva esser riconosciuto, nell'universo comunista, alle idee, alla coscienza, al[...]

[...]iore ai fatti e agli atti. Per l'artista e per il o chierico », come per ogni altro suddito, non c'era quindi altro da fare che eseguire con infinita sollecitudine gli ordini e le ordinazioni che scendevano per via gerarchica. Nessuna autonomia, nessun potere proprio, poteva esser riconosciuto, nell'universo comunista, alle idee, alla coscienza, alla fede comunista essa stessa. Tanto meno, dunque, alla fantasia creatrice.
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Quanto all'analogia col Cristianesimo, era un'ipotesi astratta. Astratto era ragionare come se, per il cristiano, fede e dogma fossera la stessa cosa, e anzi la fede nascesse dal fatto compiuto del dogma. Astratto pure era il parallelo con Bisanzio. Se Bisanzio era una « teocrazia », gli é perché il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo vi avevano un potere reale e temibile infinitamente superiore a quello del «basileus» suo assoluto mandatario. Rappresentanti di quel potere erano gli orgogliosi «uomini di Dio », monaci e vescovi che rivendicavano il diritto non solo di vivere e pensare la [...]

[...]a morte fisica, é certamente l'atto estremo e supremo della coscienza comunista. Atto grandiosamente negativo, al quale é dovuto l'omaggio della nostra totale repulsione. Ma atto nel quale tutto muore, e dal quale nulla può nascere, tranne vantaggio per il potere.
Di che si discute, dunque?
Se il comunista fosse un rivoluzionario e non, com'è, il soldato di un potere ideocratico, di fronte all'arte egli dovrebbe sa
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per ripetere l'oltraggio dei rivoluzionari russi del 1860: cc Meglio un ciabattino che Shakespeare ». Chi si è dedicato alla redenzione degli oppressi, può anche disprezzare l'arte, o non curarsene. Ma quell'oltraggio era una sfida e un atto di fede, oltre che una negazione. Il comunista non può permettersi gesti così inconsulti. Tutto può giovare al potere, e il contrario di tutto. Quindi sola é permessa al buon comunista la convinzione che l'aspetto ufficiale delle cose è l'unico vero, che il mondo, cioè, è popolato di oggetti da manipolare, o da eliminare. L'imitazioné inflessibile della [...]

[...]e considerazioni sembreranno non solo eccessive, ma anche fanaticamente ostili, ai molti che, in Occi dente, credono ancora possibile conciliare l'ideocrazia comunista con quella libertà interiore, intrinseca e sostanziale senza la quale nesuna opera umana (tranne quelle del tutto meccaniche e servili) è concepibile e la quale può in teoria persistere anche nell'assenza di ogni libertà pubblica e formalmente riconosciuta.
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Quello che qui si nega è precisamente che il comunismo qual è oggi in realtà, in termini di vera e non immaginaria esperienzay il comunismo, insomma, preso sul serio, lasci adito alla libertà della prima specie, quella sostanziale. Questa non tanto a causa della disciplina. Si può immaginare una stretta disciplina delle azioni la quale non intacchi alla radice la libertà spirituale (cioè quella distanza viva e variabile fra la mente e il mondo che è essenziale alla visione interiore). Si può (anche più facilmente) immaginare una forte disciplina dell'ordine dei pensieri che lasci libero il lavoro creatore, e anzi lo sostenga. Ma una disciplina dei pensieri imposta in funzione di un'inflessibile disciplina degli atti e la quale no[...]

[...]ttolica. Così, i temi della rivolta si trovano spontanei in tutta la letteratura e l'arte del secolo XIX, da Stendhal a Tolstoi, da Goya a Van Gogh, e non hanno bisogno di esser classificati « socialisti » per nutrire quel rifiuto del mondo « così com'è » che è uno dei grandi motivi della coscienza moderna. Ma l'Operaio, la Costruzione Socialista, la Pace, il Popolo, eccetera, sono gli oggetti (mutevoli, per giunta) della devozione comunista. Il comunismo stesso, per trovarlo visto, descritto, amato, odiato, vissuto come esperienza e come tema, bisogna ricorrere ai libri degli excomunisti: Malraux, Silone, Koestler, Orwell. Se l'ideocrazia comunista avesse potuto ammettere altro che la retorica edificante, la propaganda e la bigotteria, essa sarebbe forse riuscita a trattenere quegli uomini irrequieti nella sua orbita, così come il cristianesimo seppe, per lungo tempo, tollerare e dominare non solo l'anticlericalismo, ma anche una grande quantità di elementi perfettamente estranei al
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l'ispirazione cristi[...]

[...]degli excomunisti: Malraux, Silone, Koestler, Orwell. Se l'ideocrazia comunista avesse potuto ammettere altro che la retorica edificante, la propaganda e la bigotteria, essa sarebbe forse riuscita a trattenere quegli uomini irrequieti nella sua orbita, così come il cristianesimo seppe, per lungo tempo, tollerare e dominare non solo l'anticlericalismo, ma anche una grande quantità di elementi perfettamente estranei al
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l'ispirazione cristiana. Senonché, gli oggetti di devozione non sono soltanto dei temi prescritti: é prescritto, in essi, anche il senso in cui devano essere sentiti e interpretati, e quindi il modo di trat tarli. A questo punto, per quanto si dica e si faccia, non c'è piú posto che per una più o meno abile accademia: la mente, infatti, si trova in stato di paralisi forzata. Certo, l'accademia si può ridurre a dare un titolo «devoto» a oggetti artistici del tutto «profani ». Ma il sotterfugio, allora, denuncia, insieme alla costrizione, anche l'intenzione di eluderla. Non é precisamente un o[...]

[...]fica rendere obbligatori i postulati del filisteismo, elevare a dignità di modello i (( valori» formali e sostanziali dell'arte borghese della fine del secolo: l'imitazione amorfa, il conformismo e il rispetto delle «convenienze ».
E ben certo che molti militanti, specie giovani, non sono oggi comunisti perché accettano in coscienza tutto quanto il partito fa, ordina e proclama, ma perché, di fronte a un mondo che non li
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soddisfa, vedono nel partita il solo strumento efficace di un cambiamento radicale. E anche certo che molti di questi giovani si piegano alla disciplina per una stoica, amara, e quasi disperata, decisione: a causa dell'assenza di un altro centro di fede operante, piuttosto che per spontanea e positiva adesione dell'animo alla «linea »; mossi più dal disprezzo per tutto il resto che dall'amore per la potente compagnia cui sono aggregati. Una tale adesione fredda, voluta, e «negativa », è anzi caratteristica dei partiti comunisti del dopoguerra, e costituisce forse il fondo della loro tenac[...]

[...]ssenza; ma l'inferno dei Padri Gesuiti, per paura che faccia ai ragazzi, rimane profondamente scemo.
Se poi si parla di «realismo» nel senso in cui è lecito dire che Omero, Velazquez e Tolstoi sono dei grandi realisti, allora siamo lontanissimi da ogni passione negatrice o polemica, in una: zona che è forse la zona suprema dell'arte: quella dell'armonia spontanea fra gli oggetti del mondo e la pienezza del significato.
INCHIESTA SULE ARTE E IL COMUNISMO
Comunque la si giri e rigiri, la questione dell'arte e del comunismo appare senza oggetto. Ciò, tuttavia, non vuol dire che non abbia una raglan d'essere. C'è, per cominciare, il fatto ovvia che l'arte contemporanea implica un tale relativismo del gusto (a, se si vuole, una tale libertà) che, seriamente parlando, non si sa più che cosa sia e che cosa non sia arte, e in ogni caso qualsiasi norma o definizione generale è perfettamente aleatoria. In queste condizioni, certo, non c'è discussione astratta che non sia in qualche modo giustificata. Al tempo stesso, riaffiora naturalmente la tentazione moralistica. Ma, (panda si fa della morale a proposito d'arte, o s[...]

[...]cioè, parte integrante del reale, ma quasi delle emanazioni nebbiose che conviene riportare a forza di volontà nei limiti del concreta, del proficuo e del decoroso. Tali limiti sarebbero quelli asse gnati dalla ragione scientifica (o da un sistema d'idee assunto come « scientifico ») alla quale spetta organizzare razionalmente la società, e quindi risolvere in pratica il problema morale attraverso istituzioni appropriate.
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Questa è la stortura del razionalismo utilitario, ed ha radici abbastanza profonde nel pensiero moderno per avere in vari modi e a più riprese fomentato il tentativo di ottenere finalmente il dogma, l'ortodossia, la Chiesa in cui sistemare l'uomo moderno. Il tentativo contraddice sia la ragione che la scienza, ma ha un fascino inevitabile su quelli appunto i quali non possono ammettere una ragione e una scienza che non siano assolutamente efficaci, che non affermino, cioè, il loro impero sulla vita umana tutta quanta.
Non è sicuro che sia esatto parlare di « religione comunista ». Quel c[...]

[...]omunista ha bisogno, per giustificarsi, di una struttura logica che è essenzialmente quella del razionalismo utilitario. Questa, infatti, è l'unica (o ultima) idea moderna che offra, se non una spiegazione del mondo, almeno la possibilità di una morale dogmatica e volgarizzatile. D'altra parte, i razionalisti di questa specie, che sono legione, giacché è appunto la volgarizzazione della cultura moderna che li ha formati, trovano naturalmente nel comunismo quella religione e chiesa atea della quale soltanto possono accontentarsi. Nell'uno come nell'altro sistema, l'arte in generale, e l'essere umano in particolare, hanno forse una «funzione utile », ma non veramente un posto. Senonché, malgrado tutto, la vita del mondo si svolge altrove.
NTCOLA CHIAROMONTE



da Sebastiano Timpanaro, Il Marchesi di Antonio La Penna in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...]e di elevazione culturale per i diseredati e gli oppressi, eppure legato a una concezione aristocratica della vita e a un senso dell'arte come creazione assolutamente individuale; angosciato dal dubbio esistenziale, dal « mistero », da un bisogno di fede religiosa sempre insoddisfatto e sempre perdurante, eppure non toccato da alcun dubbio di fronte alle atrocità staliniane, nemmeno quando esse, troppo tardi e troppo poco, furono sconfessate dal comunismo « ufficiale »; ostile all'aridità del « filologismo », eppure, quando si dedicava a lavori filologici, seguace proprio di una filologia « arida », senza ricerca di connessioni con la storia politicoculturale e la critica letteraria. Giustamente il La Penna ritiene (p. 93 s.) che queste ed altre contraddizioni, se devono essere francamente messe in rilievo e criticate, non per questo inducano a un giudizio svalutativo su Marchesi:
Ci sono personalità coerenti, in cui la coerenza è facilitata dalla povertà spirituale; ce ne sono altre ricche e incoerenti, in cui l'incoerenza è aggravata dalla [...]

[...]l buon gusto fosse, per ripetere un'espressione che abbiamo visto usata metaforicamente dal La Penna, un « dono delle Muse » largito a spiriti eletti: poeta et criticus nascuntur, non
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fiunt. E di questa aristocratica certezza di possedere il buon gusto si appagava, senza sentire il bisogno di motivarla. Nei momenti in cui si sentiva socialista o comunista (di momenti bisogna parlare, proprio perché il suo comunismo non era né teoricamente fondato, né basato su una militanza costante) vagheggiava un'umanità alla quale, tutta, i doni delle Muse potessero essere elargiti; ma questa era, in fondo, una speranza lontana e tutt'altro che certa; e se qualcuno gli avesse parlato di distinzione tra
« convincere » e « persuadere », il suo antiscientismo e la sua stessa vocazione retorica lo avrebbero indotto a rispondere che il « persuadere » è via alla verità (alla verità umanamente calda, non alla gelida e presuntuosa
« esattezza ») piú sicura e feconda che il « convincere ».
Confesso che, proprio per questo [...]

[...]nta, molto fuggevoli. Anche le letterature medievali e moderne soffrivano in varia misura, per Marchesi, di quelle angustie « civiche » di cui la cultura romana si era liberata. Di qui proviene, fra l'altro, la sua tenace battaglia, dopo la caduta del fascismo, per l'insegnamento del latino esteso a tutti i ragazzi, o quanto piú possibile esteso (cfr. La Penna, p. 84 s.). In uno degli ultimi scritti dedicati a questo problema (ora in Umanesimo e comunismo, Roma, Editori Riuniti, 19742, p. 389) ribadiva: « Lingua morta, dunque, la lingua latina: ma in questa lingua parla al mondo una delle piú grandi letterature: e certamente la piú universale » 6.
6 Accanto all'argomento, piú tipicamente marchesiano, dell'« universalità », compare in questi scritti anche la tesi classicistaumanistica, secondo la quale l'arte classica è l'unica che può essere gustata solo nella lingua originale e non in traduzioni, laddove in Shakespeare o in Tolstoj « la grandiosità e la ricchezza della scena e l'immensa forza suggestiva della rivelazione umana s'impongono su[...]

[...]rsale » 6.
6 Accanto all'argomento, piú tipicamente marchesiano, dell'« universalità », compare in questi scritti anche la tesi classicistaumanistica, secondo la quale l'arte classica è l'unica che può essere gustata solo nella lingua originale e non in traduzioni, laddove in Shakespeare o in Tolstoj « la grandiosità e la ricchezza della scena e l'immensa forza suggestiva della rivelazione umana s'impongono su ogni vizio di forma » (Umanesimo e comunismo, p. 397). Ma, a parte quell'accenno stranamente sprezzante a « ogni vizio di forma » in autori grandissimi, è facile obiettare che la maggiore o minore traducibilità delle opere artistiche si misura caso per caso, e anche a seconda del genere letterario, non già con una contrapposizione globale antichimoderni. Sarebbe arduo sostenere che, traducendo in lingua diversa dall'originale Shelley o Leopardi o Verlaine,
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Ma come si era formata questa cosmopoli romana che « costituiva veramente non uno Stato, ma una civiltà » (Storia lett. lat., if, p. 468)? Non con mezzi pac[...]

[...]e nei suoi amori e odi per artisti e personaggi politici), oscillò fortemente da uno scritto e da un'occasione all'altra. Nella Storia, dalla prima all'ultima edizione, domina l'esaltazione senza riserve. Nel discorso su Livio del 1942 (= Voci di antichi, p. 117; dr. LA PENNA, p. 34) l'esaltazione è seguita da una nota di profonda incertezza se la grandezza di Cesare sia stata benefica o distruttiva. In un articolo politico del 1952 (Umanesimo e comunismo, p. 81), di contro alla tirannia di Mussolini e di Franco tornava a esaltare la tirannia di Cesare, certo con ragione quanto all'abissale distanza, ma senza esprimere su Cesare nemmeno l'ombra di una riserva, anzi attribuendogli il merito di esser riuscito « a realizzare esigenze democratiche spietatamente combattute e a dilatare civilmente i confini di un impero dentro un tessuto barbarico ». Ma l'anno dopo, commemorando Stalin (ivi, p. 258), lo contrapponeva agli uomini come Cesare che « hanno creato sulla morte e per la morte »!
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vano e dicevano che per opera dei [...]

[...]visse negli autori antichi a lui piú cari. La scienza alla quale egli si riferisce è la scienza materialistica, a cui egli non muove propriamente un rimprovero di « falsità » (ché, altrimenti, se in questo mondo lo Spirito regnasse, il dolore e il senso angoscioso di finitudine dell'uomo non avrebbero ragion d'essere), ma di orgoglio ottimistico, di pretesa di fugare il « mistero ». Ancora nel 1956, un anno prima della morte, diceva (Umanesimo e comunismo, p. 32): « Sappiamo che oltre la realtà tangibile e sperimentabile c'è l'ignoto e l'inconoscibile, c'è la favola e il sogno ». Questo, in pieno secondo Novecento, è ancora Graf o Pascoli o addirittura Spencer, non certamente Croce né Bergson. Anagraficamente piú giovane di Croce e di Gentile e, piú ancora, di Bergson, Marchesi restò sempre ancorato a una formazione spirituale anteriore.
Alcuni di quegli intellettuali di formazione tardoottocentesca finirono con l'approdare a una loro religione teistica (come il Graf) o al cristianesimo (come un « minore » molto amato da Marchesi, Giovanni Be[...]

[...]mistero », e disprezzava il positivismo come un'epoca di decadenza filosofica. Marchesi, se non si sentiva appagato dalla scienza, ancor piú era irritato dal trionfalismo della filosofia: dall'aspra invettiva contenuta in un saggio del 1910 (SM, ir, p. 669 s., messa in rilievo anche dal La Penna, p. 36) alla drastica asserzione, nel già citato discorso del 1956, che « le costruzioni filosofiche del pensiero puro sono tutte fallite » (Umanesimo e comunismo, p. 32), il suo atteggiamento a questo riguardo non ha mutamenti, in un'Italia in cui la maggior parte dei critici letterari e degli storici filosofeggiava, anche se spesso la cultura filosofica di costoro si riduceva a un po' di Croce. Quando, nella già citata commemorazione del Bertacchi (Divagazioni, p. 132) Marchesi contrapponeva « l'ottocento pieno di grandezza » al « novecento pieno di boria », intendeva certo dichiararsi fedele all'ambiente della propria giovinezza; e parlando di « boria » si riferiva, con tutta probabilità, in primo luogo alla filosofia.
L'amore di Marchesi per i « t[...]

[...]lgativa, con tendenza allo psicologismo e al « bello scrivere », spesso anche alla retorica. Naturalmente si sottraggono a tale caratterizzazione capolavori come il Virgilio nel Medio Evo del Comparetti; ma non vi si sottrae del tutto il Carducci (a
9 Specialmente negli ultimi anni, e in scritti di argomento estraneo alla letteratura latina, l'accenno ai « tre presenti » compare piú volte, anche senza che Agostino sia nominato: cfr. Umanesimo e comunismo, pp. 30, 45, 182, 342; ma in una forma estremamente generica, per significare l'intero corso della storia umana, oppure ciò che è sempre attuale. Si ha l'impressione che Marchesi si fosse innamorato della formula in quanto tale (nel terzo dei passi ora citati la usa addirittura in senso ironico) piú che del suo significato filosofico o teologico.
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parte la « retorica civile » estranea a Marchesi), e meno ancora tutta la schiera degli eruditiletterati carducciani; e non vi si sottrae, malgrado la grande diversità di temperamento dal Carducci, il Graf, uno dei fondat[...]

[...] e disciplina storica, Bari, Laterza, 1929, pp. 107117). A sua volta, Marchesi, pur non desistendo mai dalle sue puntate contro la filosofia « incapace di consolare », non s'impegnò mai in polemiche esplicite contro l'idealismo crociano e gentiliano e contro l'estetica crociana 10; non è improbabile che,
Io Una sua replica a Croce di argomento politico, assai rispettosa e tendente a conciliare piú che ad accentuare il dissenso, è in Umanesimo e comunismo, p. 50 ss. (da « La città libera », 24 maggio 1945). Con Gentile aveva avuto una discussione a proposito dell'Etica Nicomachea nella tradizione latina medievale (Messina 1904): cfr. LA PENNA, p. 18 e n. 10. Sui posteriori rapporti con Gentile, fino alla sdegnata lettera aperta del 1944 (il cui testo, peraltro, fu diffuso con una frase finale non autentica, che poté sembrare un incitamento all'uccisione di Gentile) cfr. FRANCESCHINI, Marchesi, p. 110 ss. Ma discussioni filosofiche, pare sicuro, non ve ne furono. Sull'equivoco per cui molti considerarono ortodossamente idealistica e addirittura[...]

[...]n modo essere confuso con certi odierni universitari del Pci: a suo modo, era appassionatamente comunista davvero, e, benché incapace di ogni atteggiamento coerente di opposizione interna al PCI togliattiano, fu anche, talvolta, un militante « scomodo »: non votò, unico tra i parlamentari del PCI, a favore del famigerato art. 7 della Costituzione; insisté piú volte, senza far nomi ma con un tono abbastanza marcatamente polemico (cfr. Umanesimo e comunismo, passim), sulla necessità di non degradare la cultura a propaganda di partito (la cultura, s'intende, era per lui l'espressione dell'« umanità eterna »; ma quella polemica aveva pure un suo valore difensivo non disprezzabile); la sua stessa passionale difesa di Stalin all'viiz Congresso del Pci nel 1956, politicamente aberrante, non mancò di una certa dignità di fronte ai destalinizzatori italiani dell'ultima ora (e destalinizzatori solo in superficie), i quali, a cominciare da Togliatti, avevano pronunciato all'indirizzo di Stalin vivo e potente, o appena morto, le piú vergognose piaggerie. [...]

[...]che è male, ma di ciò che avviene e diviene nella società umana; non parla in nome del diritto naturale o della ragione suprema, ma in nome di una realtà che, piaccia o n o , bisogna riconoscere nel fluire stesso delle cose E...]. Diceva ciò che è, non ciò che dovrebbe essere, ciò che accade, non ciò che dovrebbe accadere: ciò che accade necessariamente. E qui sentivo la forza di quelle parole, in questo imperativo della necessità » (Umanesimo e comunismo, p. 30 s.).
Qui ancora la necessità è vista come qualcosa che dà incentivo alla lotta; e quel « piaccia o no » non autorizza certo a pensare che al giovane Marchesi degli anni Novanta (e tanto meno al Marchesi vecchio che rievocava quel lontano se stesso) la prospettiva del socialismo « non piacesse ». Ma in un articolo del 1908 su Orazio (SM, ii, pp. 545561) la concezione fatalistica conduce Marchesi a enunciazioni che vanno assai al di là della lettera di Graf a Turati. Questo articolo non è sfuggito a La Penna, che giustamente parla di « riflessioni sorprendenti sul socialismo » (p. 43); [...]



da Bruno Bongiovanni, Ritratti critici contemporanei. Maximilien Rubel in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]nni Cinquanta Rubel aveva avuto uno scambio epistolare. In ogni modo, nella biografia di Marx un grande spazio hanno le opere giovanili, testimonianza della protesta antihegeliana ed antistatale in nome della società concreta, protesta che secondo Rubel è in sintonia con l'antihegelismo proclamato da Kierkegaard in nome del l'individuo concreto. Rubel mette in luce l'influenza dell'etica di Spinoza su Marx 3B, il suo passaggio dal liberalismo al comunismo, la critica della burocrazia intesa come élite del sapere esoterico, il passaggio dall'analisi della religione all'analisi della politica attraverso la mediazione di Feuerbach e la critica dell'emancipazione politica in nome dell'emancipazione umana: in Marx, secondo Rubel, la critica diventa lo strumento teorico per eccellenza, atto ad articolare sul piano della coscienza e della conoscenza il progetto etico e rivoluzionario di farsi disertore del vecchio mondo. Con la concezione materialistica della storia, successiva alla critica della politica, Marx approda ad un metodo di indagine che Ru[...]

[...]ò e deve essere insieme soggetto ed oggetto di emancipazione. In questo stesso periodo Marx — e Rubel lo evidenzia — introduce la tematica del Gemeinwesen, dell'essere comunitario dell'uomo (das kommunistische Wesen), a proposito del quale viene ricordato che Marx, in un passo della sua opera, in un primo tempo, in luogo di Gemeinwesen, aveva scritto die Kommune, parola che in seguito aveva cancellato. Di qui l'inizio di tutta la riflessione sul comunismo, che non è solo il punto d'approdo conclusivo di uno sviluppo economicoquantitativo, ma è l'essere reale dell'uomo, esiliato in una società civile separata ed oppressa dallo Stato, atomizzato e parcellizzato da una parte, inquadrato e burocratizzato dall'altra 4D. La concezione materialistica della storia, come la sociologia critica, come la critica dell'economia politica, è il metodo d'analisi delle leggi della società, di quelle leggi che soffocano il Gemeinwesen, che ne impediscono la libera affermazione. Il Gemeinwesen è la sostanza del comunismo, ciò che ne rende possibile la realizzazio[...]

[...]e reale dell'uomo, esiliato in una società civile separata ed oppressa dallo Stato, atomizzato e parcellizzato da una parte, inquadrato e burocratizzato dall'altra 4D. La concezione materialistica della storia, come la sociologia critica, come la critica dell'economia politica, è il metodo d'analisi delle leggi della società, di quelle leggi che soffocano il Gemeinwesen, che ne impediscono la libera affermazione. Il Gemeinwesen è la sostanza del comunismo, ciò che ne rende possibile la realizzazione: il comunismo, a sua volta, è il movimento reale che fa emergere il Gemeinwesen, è l'azione sociale che affossa la troppo lunga preistoria umana.
4. Bonapartismo e stalinismo. — Nel 1917 David Rjazanov aveva pubblicato a Stoccarda gli scritti di Marx, prevalentemente a carattere giornalistico, del periodo che va dal 1852 al 1856 41: secondo il progetto iniziale, la pubblicazione doveva proseguire sino a comprendere gli scritti tra il 1856 ed il 1862. La rivoluzione russa ed il ritorno dello studioso in patria tra le file del bolscevismo, interruppero questo lavoro: in seguito Rjazanov si mise a progettare[...]

[...]sione del centenario della Prima Internazionale, con un'eccellente cronologia di Rubel su Marx e la Prima Internazionale, cronologia che prosegue nel numero successivo. Di notevole importanza anche il numero 11 (1967) sul centenario de Il Capitale e soprattutto il numero del 1969 contenente gli scritti di Marx e di Engels (alcuni inediti in francese)
300 BRUNO BONGIOVANNI
sullo zarismo e sulla comune russa 51. Il numero del 1970, consacrato al comunismo, mette in luce le origini utopiche del pensiero di Marx: il comunismo, si cerca di dimostrare, è poi degenerato in mitologia attraverso la mediazione degli apparati ideologici di Stato. Questo numero contiene testi importanti di Moses Hess, di Max Adler, di Weitling, di Rühle e di Mattick: la presentazione di lavori poco noti o addirittura inediti, con commenti ed annotazioni, è sicuramente uno dei meriti maggiori degli « Etudes ». Nel numero 15 Rubel pubblica il saggio La légende de Marx ou Engels fondateur che indica in Engels il primo ed ancor timido responsabile della costituzione del « marxismo »: in questo numero, oltre a studi importanti di Draper e di B[...]

[...]nto di emancipazione. I partiti che si formano di volta in volta sono semplici mezzi per raggiungere questo fine, per assecondare il processo di autoliberazione e di autosoppressione del proletariato in una società senza classi. Il partito storico, organo del proletariato, è invece l'accumularsi delle esperienze di liberazione ed insieme anticipazione utopica della società futura: questo partito è l'espressione del movimento reale finalizzato al comunismo, è il depositario della coscienza e della conoscenza, ma non s'incarna mai compiutamente in istituti formali e concreti. La costituzione della classe in partito è necessaria per la conquista della democrazia, per abbattere ogni residuo del passato feudale e reazionario: da questo momento, però, opera il processo di autoemancipazione, che mira alla soppressione dello Stato e del denaro ed alla formazione di una società in cui il lavoro venga associato senza costrizione e senza sfruttamento. Di qui, secondo Rubel, deriva la non rottura tra gli utopisti e Marx, il cui pensiero è ben radicato nel[...]

[...]e dentro questa ha ravvisato una missione storica, operando, nel contempo, per fornire al proletariato stesso, senza pretese egemoniche, la conoscenza delle leggi della società e dei mezzi e dei fini del processo di liberazione. Nel movimento reale che tende al comuni
MAXIMILIEN RUBEL 303
smo Marx ha ravvisato, secondo Rubel, le norme di un'etica rivoluzionaria, che è insieme coscienza critica dello stato di cose esistente ed anticipazione del comunismo, entrambe armoniosamente collegate con l'utopia socialista. Ecco perché in Marx coesistono la libertà (etica della rivoluzione) e la necessità (determinismo delle forze produttive), l'utopia e la critica: con Marx, il socialismo non ha proceduto dall'utopia alla scienza, come ha preteso Engels e dopo di lui lo scientismo di marca sovietica. Marx non ha mai rinnegato la tensione utopica insita nel movimento reale, pur analizzando con rigore storicocritico e scientifico le norme di funzionamento del processo di produzione. Del resto, se il socialismo è scienza svincolata dalla utopia è piú che [...]

[...]ú che normale che esso divenga ricettario di partito, patrimonio di un'élite che, dall'alto e dall'esterno, s'incarica di portare il sapere agli agenti puramente meccanici della trasformazione sociale. I partiti formali, i movimenti operai politici, lottano per la conquista della democrazia, per le otto ore, per la legislazione del lavoro, per il suffragio universale: il partito storico, che attraversa indenne un'intera fase storica, anticipa il comunismo, mèta finale del lungo processo di autoemancipazione. Il partitoscienza, il partitopotere, si è invece rivelato in tutti i paesi (arretrati) dove si è affermato come lo strumento dell'industrializzazione e dell'accumulazione. Tutti questi temi si collegano idealmente al dibattito sulla barbarie e sulla traiettoria della catastrofe: se infatti, com'è secondo Rubel avvenuto, l'azione cosciente degli oppressi (l'umanità che soffre e che pensa, secondo Marx) non interviene per affermare il polo positivo della liberazione inserito come possibilità nel determinismo delle forze produttive, ecco che [...]



da p. t., [recensione a] Benedetto Croce, Per la storia del comunismo in quanto realtà politica, Bari, Laterza, 1943-XXI in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 1 - giugno

Brano: La battaglia delle idee
BENónarro CROCE, Per la storia del comunismo in quanto
realtà politica. Bari, Laterza, 1943 XXI.
Premetto che recensire questo scrittarello è cosa alquanto
penosa; ma non ostante ciò sentiamo dovere di farlo pro
prio nel primo numero di questa nostra pubblicazione. E penoso che un uomo della fama di Benedetto Croce metta i lettori d'un suo lavoro nella condizione di dovergli ripetere le parole beffarde con le quali il massimo nostro poeta cavalleresco sentì accogliere l'opera sua. Quale altro giudizio ,però si può dare di questa raccolta di asserzioni esposte, sì, con molta boria e con molte pretese, ma cbe tuti al più inducono al [...]

[...] quali il massimo nostro poeta cavalleresco sentì accogliere l'opera sua. Quale altro giudizio ,però si può dare di questa raccolta di asserzioni esposte, sì, con molta boria e con molte pretese, ma cbe tuti al più inducono al sorriso chiunque abbia una conoscenza qualsiasi, non diciamo delle correnti moderne del pensiero politico e sociale, ma anche solo dei fatti principali della storia dell'ultimo cinquantennio? Non è possibile uña storia del comunismo 7 E perché ? Prima di tutto è possibilissimo, — anche se Bernstein e Kautski non ci riuscirono, il che non prova proprio niente, perchè il primo non fu un marxista e il secondo anche nei suoi tempi migliori fu un pedante che del marxismo possedette la lettera ma non assorbì lo spirito vitale, — scrivere una storia delle affermazioni utopistiche dell' ideale di una società di c liberi ed eguali s. Ognunà di queste affermazioni, infatti, è legata, in modo più o meno diretto, a un movimento di forze reali, cioe è legata a uno sviluppo, di cui è legittimo si possa fare la storia. La cosa é così v[...]

[...]ueste affermazioni, infatti, è legata, in modo più o meno diretto, a un movimento di forze reali, cioe è legata a uno sviluppo, di cui è legittimo si possa fare la storia. La cosa é così vera che le utopie comuniste e socialiste modificano il loro contenuto quanto più ci si avvicina al periodo del dominio della borghesia, dell'organizzazione, della grande industria e dell'avvento del proletariato. Se poi arriviamo a questo periodo, la storia del comunismo tende a identificarsi con la storia stessa della società moderna, poichè l' ideologia comunista diventa l' ideologia dominante della classe operaia, e come movimento reale il comunismo assume la sua forma ben definita di movimento cha tende a superare le contraddizioni interne e il caos della società capitalistica mediante la soppressione della proprietà privata dei grandi mezyi di produzione e di scambio. Curiosissima poi e la contraddizione in cui cade l'autore, quando prima irride ai tentativi di costruire piani di una società comunista al di fuori della realtà, e quindi vorrebbe trovare una prova della pretesa inconsistenza del comunismo critico marxista proprio nel fatto che Carlo Marx non pensb mai a costruire e servire belli e pronti piani di questo genere. Ma ancora[...]

[...]e la sua forma ben definita di movimento cha tende a superare le contraddizioni interne e il caos della società capitalistica mediante la soppressione della proprietà privata dei grandi mezyi di produzione e di scambio. Curiosissima poi e la contraddizione in cui cade l'autore, quando prima irride ai tentativi di costruire piani di una società comunista al di fuori della realtà, e quindi vorrebbe trovare una prova della pretesa inconsistenza del comunismo critico marxista proprio nel fatto che Carlo Marx non pensb mai a costruire e servire belli e pronti piani di questo genere. Ma ancora più curiosi sono gli altri, non oserei dire argomenti, ma travisamenti di cose, di fatti e di pensieri, che egli mette a fondamento della sua argomentazione. Che day
vero nell'Italia del 1943 la gente non si fosse accorta che c lo stabilimento del proletariato s, non solo è stato possibile in un paese, ma che è proprio in questo paese, e non in quelli di putrefatto liberalismo sfociato infine nel fascismo, che si à sviluppata a una forma mentale e culturale [...]

[...], non solo è stato possibile in un paese, ma che è proprio in questo paese, e non in quelli di putrefatto liberalismo sfociato infine nel fascismo, che si à sviluppata a una forma mentale e culturale superiore s, cioè si è sviluppata una civiltà che non ha permesso sorgesse del suo seno il fascismo, anzi, è all'avanguardia della lotta per schiacciarlo nel mondo. intiero? Perchè l'autore non confronta le rivendicazioni formulate dai classici del comunismo critico all' inizio del movimento, con le realizzazioni sovietiche (e perchè servirsi di sospettissime fonti inglesi e americane per giudicare 1' Unione sovietica, quando sono a tutti accessibili le fonti sovietiche?), per convincersi che si tratta proprio, in condizioni storiche che concretamente nessuno poteva prevedere, dell'affermqzione e del trionfo di quel movimento? Povero Benedetto Croce, costretto a sentirsi ripetere la storiella dello zoologo che posto davanti alla giraffe vivente, e poichè le forme di quell'animale non corrispondevano agli schemi suoi cervellotici, si ritirò sdegna[...]



da (Nove domande sullo stalinismo) Arturo Carlo Jemolo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: [...]ora nelle dichiarazioni rese dallo scarcerato London ai giornalisti: essersi rassegnato a confessare colpe non commesse, per non diminuire nelle masse la persuasione della infallibilità del partito. L'errore stalinista è dunque di carattere a un tempo meccanicistico e metafisico; ma non tocca l'esigenza prima, quella della razionalità della scienza sociale. Dimenticarne la drammatica serietà, vuol dire precludersi la comprensione di un secolo di comunismo. Bisogna ripetere ancora l'irriducibilità della differenza tra la dottrina liberale che, proprio perché nacque storicamente quale mediatrice fra conflitti insolubili, lì rese istituzionali, e quella marxista, che in nome della dialettica e del salto qualitativo, afferma la trasformabilità qualitativa dei conflitti dopo averli identificati, nelle società classiste, come conflitti di classe. Si che la 'volontà generale' liberale è sintesi astratta (le souverain) mentre quella marxista è, almeno tendenzialmente, concreta, cioè tendenzialmente unanime. Questa pretesa marxista sembra uscire sconfi[...]

[...]pposizioni, una nuova « teoria dell'errore », una diversa verifica della verità. Per questo il suo linguaggio è rimasto un linguaggio bellico, alle volte da trincea (ed anche alcuni suoi atti). Per noi marxisti occidentali una delle peggiori pene è oggi constatare che alcune sue azioni (e definizioni di queste azioni) abbiano trovato una, anche se solo formale, rispondenza di verità nei commenti di allora del « Corriere della Sera ». Che cioè il comunismo sia sceso per qualche momento ad un punto tale da poter essere giudicato, con una certa verosimiglianza, dal peggiore anticomunismo.
Come è possibile che il giudizio su alcuni processi delittuosi che oggi danno le pubblicazioni sovietiche, concordi, almeno nella
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forma, ai giudizi (non della migliore), ma della, ancor fresca di fascismo, nostra democrazia borghese apparente ? È che l'ideologia e la prassi socialiste erano, in alcune loro parti, scadute al livello dell'avversario, che contavano, con falsa astuzia, di eliminare usando le sue stesse armi. Ma per l'ideologia e per la prassi marxista ogni uomo è infinitamente recuperabile, non esiste limite al rifarsi una vita, alla riabilitazio[...]

[...] quanto, anche per il suo esplicito contributo, si riesce a fare. Scompare la figura giudicante e insieme irresponsabile. La grande piramide staliniana sta per rovesciarsi. In alto, i Soviet. In basso, le apparecchiature coordinatrici, funzionali, operative, del piano a servizio dei Soviet.
6) Si può parlare dell'inizio dell'estinzione dello Stato ? Di primo passaggio dalla fase inferiore alla superiore ? Dal socialismo
ROBERTO GUIDUCCI 67
al comunismo ? La concezione staliniana era, come abbiamo prima accennato, basata su due cardini. Necessità del sistema centralistico della dittatura del proletariato per far fronte alla « latta di classe » prima, all'«accerchiamento capitalistico » poi.
Fin dal 1936 Stalin stesso chiariva essersi estinta ogni lotta di classe nell'URSS (e la Costituzione era la codificazione di questa vittoria), oggi Krusciov afferma: «si é formata sull'arena internazionale una vasta ' zona della pace ' che comprende, oltre i paesi socialisti, gli Stati non socialisti, europei e asiatici, amanti della pace. Questa zona a[...]

[...]cosiddette democrazie popolari. Ciò dipenderà soprattutto dal dato se si accompagni o
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meno a questa critica l'abbandono della idea dello Statoguida, la accettazione di una sostanziale parità di posizione di tutti i partiti comunisti.
7. Penso comunque che non recherà di per sé alcun sensibile mutamento nei rapporti con l'occidente.
Questi rapporti sono segnati: da uno spirito di proselitismo che indubbiamente il comunismo ha e contro cui l'occidente non comunista è deciso a difendersi con ogni mezzo; dalla profonda fede che l'America nutre nella iniziativa privata, nella economia della impresa privata, ch'essa idealizza ed in cui crede di scorgere la base delle libertà.
Chi guarda spassionatamente sa che l'avversione al bolscevismo qual é stato fin qui: in un piccolo numero di occidentali é legata al senso della libertà e cadrebbe il giorno in cui la Russia divenisse un Paese liberale; in un numero maggiore, é connessa all'avversione per la filosofia deteriore, per il materialismo, per la irreligiosità che so[...]



da Vezio Crisafulli, Liberalismo e democrazia in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 3 - agosto

Brano: [...]anto, came a tutta prima potrebbe sembrare ove ci si fermi alla lettera dei testi, una antitesi della democrazia, ma costituiscono invece le conseguenze estreme, rigorosamente dedotte dalle premesse democratiche: e proprio per questo, si oppongono polemicamente alla democrazia capitalistica, della quale denunciamo le intime eontraddizioni e la congenita insufficienza. An21, puo ben dirsi, spingendosi più lontano su questo piano, che socialismo e comunismo sono gia impliciti, embrionalmente, nella stessa ideologia liberale, della quale pure rappresentano una critica radieale. O. per esprimersi eon maggior esattezza: che socialismo e comunismo presuppongono, concettualmente e storicamente, il liberalismo; solo che, prendendone alla lettera le suggestive formulazioni di principio, interpretandone in profondità il contenuto umano fondamentale, ne traggono conclusioni, teoriche e pratiche, che, — al pari della democrazia, ed in misura assai maggiore e con più vivace intensità di accenti — finiscono per contraddire nettamente quel sistema di convinzioni e di istituti giuridici ed economici, nel quale sotto la spinta di determinati interessi e in genere sulla base di certe date condizioni di fatto, l'idea liberale è stata calata agli al[...]

[...] di demoerazia con non minor diritto di chiunque altro ed ecco perchè se si vuole davvero instaurare in Italia una democrazia vitale, è necessario evitare con la massima cura i ritorni indietro e sforzarsi di . eliminare, o almeno di ridurre, le più gravi contraddizioni interne della democrazia liberale d'anteguerra.
VEZIO. CRISAFULLI
La fiera dei bugiardi
Flora...
Secondo Flora, nella rivista « Aretusa », Mussolini, che « guardava rapito al comunismo russo », rubò al comunismo russo il saluto romano, la funzione del partito nella vita dello Stato, le adunate, le parate, l'opera della maternitd, il dopolavoro, ecc. Ogni parola, una bugia. In Russia la gente si saluta, come in tutto il mondo, stringendosi la mano o togliendosi il cappello; non vi sono nè adunate nè parate che assomiglino nemmeno da lontano a quelle fasciste; il partito è una organizzazione volontaria e de.nocratica (con elezioni libere e segrete di tutte le cariche dall'alto al basso), e tosi via. Quanto al « rapimento » di Mussolini per ii comunismo, stia a darne prova l'aggressione vigliacca del 21[...]

[...]rate, l'opera della maternitd, il dopolavoro, ecc. Ogni parola, una bugia. In Russia la gente si saluta, come in tutto il mondo, stringendosi la mano o togliendosi il cappello; non vi sono nè adunate nè parate che assomiglino nemmeno da lontano a quelle fasciste; il partito è una organizzazione volontaria e de.nocratica (con elezioni libere e segrete di tutte le cariche dall'alto al basso), e tosi via. Quanto al « rapimento » di Mussolini per ii comunismo, stia a darne prova l'aggressione vigliacca del 21 giugno 1941, punto d'approdo di una politica rabbiosamente anticomunista di vent'anni. Flora, dunque, mente. E mente, tanto per poter mantenere in piedi qualcosa della sconcia propaganda anticomunista del fascismo, proprio in uno scritto in cui vorrebbe dar prova della indipendenza sua e degli scrittori del suo tipo dalla influenza fascista.
. e faina
Armando Zanetti, a stia volta, neil'« Opinione a, non sapendo che cosa obiettare alla nostra politica di unità nazionale antifascista, scopre che l'Unione Sovietica è un paese dal livello econ[...]



da Romano Ledda (a cura di), Dossier NATO in KBD-Periodici: Rinascita 1969 - 5 - 9 - numero 19

Brano: [...]overà la sua più compiuta espressione nella politica « planetaria » di Johnson. Ma se ne gettarono le radici con il contenimento (politica del containment) e se possibile, con l'inversione dei processi di emancipazione aperti nel mondo. Fu uno spostamento deciso dell'asse storico della politica estera americana. Politica di potenza e sfida sociale vi si intrecciarono, trovando di volta in volta ora l'uno ora l'altro maggiore o minore rilievo. Il comunismo fu allora visto come la forza di un presunto « imperialismo sovietico ». La più generale crisi tradizionale del sistema imperialistico come « una cospirazione sovietica globale ». Walter Rostow, ad esempio, vedeva nella lotta di liberazione vietnamita contro il colonialismo francese nel 1946, « il risultato della decisione di Stalin di lanciare una offensiva in Oriente». E fu quindi essenziale combattere il comunismo in ogni parte del mondo.
La definizione compiuta di questa strategia di contenimento si ebbe con la Dottrina Truman (12 marzo 1947), con la quale gli USA si impegnavano a « sostenere i popoli liberi i quali resistono ai tentativi di coercizione da parte di minoranze armate o di pressioni esterne ». L'Alleanza atlantica fu il primo e coerente corollario di quella dottrina, che nel giro di pochi anni avrebbe proliferato nel mondo una catena interminabile di patti. Nel suo Pax americana lo studioso americano Ronald Steel osserva giustamente che « la NATO è stata la prima delle nostre alleanze c[...]

[...]. Nel suo Pax americana lo studioso americano Ronald Steel osserva giustamente che « la NATO è stata la prima delle nostre alleanze coinvolgenti ed è ancora la più importante. Attorno alla NATO costruimmo la nostra diplomazia postbellica di contenimento e di intervento ». Di lì, con una logica obbligata, sarebbero discesi poi i patti militari e le alleanze regionali del CENTO, SEATO, ANZUS, la Dottrina Eisenhower per « proteggere » gli arabi dal comunismo, e, infine, la risoluzione del Golfo del Tonchino, che autorizzò il presidente a intervenire nel Sudest asiatico: in breve, più di un milione di soldati americani all'estero, più di 3.000 basi militari sparse in tutto il mondo (sulla base di un rapporto del Pentagono il New York Times dell'li aprile 1969 afferma che le basi sono 3.491), quattro alleanze di « difesa », 42 trattati di mutua assistenza militare, aiuti militari a oltre settanta paesi. « Impegni i cui eguali — ha scritto James Reston — nessuna nazione sovrana ha mai preso nella storia del mondo ». L'Alleanza atlantica fu il primo [...]

[...]'ultima iii' ordine di tempo presa dalla NATO, nella riunione tenuta nel novembre scorso a Reykjavik. Il nuovo comando di Malta è stato assunto dall'ammiraglio degli Stati Uniti, Edward C. Autlaw, nel quadro del comando delle Forze alleate della Europa meridionale .di cui è capo un ammiraglio italiano eguaglianza da parte delle minoranze razziali e che erano umiliati dalla mancanza di personalità di una società sempre più burocratizzata, lo anticomunismo ideologico serviva come punto focale di scontento. Esso non poteva sedare quelle ansie, ma poteva spiegarle in una forma accettabile a chi vedeva altrettanti nemici all'interno di quanti ne scorgeva all'estero. L'assunzione di una responsabilità mondiale fu un atto di autoesorcismo da parte di un popolo tormentato dai demoni ».
La seconda motivazione, più nota, è derivata da quella militare ed economica: supporto di quelle operazioni non potevano che essere regimi politici fedeli, omogenei, disponibili.
Nel discorso che il generale Marshall pronunciò a Harvard il 5 giugno 1947 per lanciare [...]

[...] che la Francia non po trebbe restare membro di! un sistema di sicurezza che autorizzi la Germania a riarmarsi ». Attraverso la NATO la partita fu, ovviamente, vinta dagli Stati Uniti, i quali minacciarono subito una « revisione lacerante » della loro politica, ottenendo una non del tutto rassegnata ubbidienza. E fu questa la sanzione della rinascita, non della Germania, ma di quelle forze economiche, politiche e militari, che nel segno dell'anticomunismo costituirono il nucleo principale del neorevanchismo tedesco, ostacolando con questa soluzione del problema tedesco stesso, non soltanto un diverso assetto europeo, ma anche una effettiva distensione nel cuore dell'Europa.
Non descriveremo qui le diverse tappe attraverso le quali l'obiettivo americano venne pienamente realizzato, e che segnarono uno dei momenti più travagliati della vita dell'occidente europeo (basti ricordare il fallimento della CED). Ciò che interessa vedere è invece il modo con cui la NATO impostò la questione tedesca e le conseguenze che ne derivarono allora, di cui l'Eu[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] U. Cerroni, Gramsci e il superamento della separazione tra società e Stato in Studi gramsciani

Brano: [...]tturale caratteristica dello Stato come risultanza necessaria della divisione della società in classi. Soltanto cosí, cioè, si può evitare l'errore soggettivistico — che non fu evitato, per esempio, dal Vyscinski — di concepire il condizionamento di classe
1 Struve, a sostegno della sua tesi, aveva affermato appunto che anche il sistema gentilizio conosceva lo Stato, che lo Stato, dunque, rimane anche quando vengono eliminate le dassi (cioè nel comunismo).
2 Mach., p. 128.
Umberto Cerroni 109
dello Stato e del diritto come derivante dalla volontà del gruppo dominante 1. E, finalmente, soltanto cosí si può preservare l'integrità rivoluzionaria della critica marxista allo Stato borghese moderno ove la separazione tra potere pubblico e popolo non può essere sanata se non dalla totale trasformazione delle strutture economiche e della stessa « macchina statale ». Con le parole di Gramsci si può altrimenti dire che senza un riassorbimento (sia pure graduale) del potere politico nella società dei produttori la trasformazione radicale dello Stato [...]

[...]lotta di classe, fase suprema, in cui il proletariato ha il sopravvento come forza politica organizzata » , lo Stato « che viene usato dalla classe operaia e dai contadini per garantire la propria libertà di sviluppo, per eliminare completamente la borghesia dalia storia, per consolidare le condizioni materiali in cui nessuna oppressione di classi può ancora determinarsi » j. Sarà, insomma, lo Stato di transizione, di cui parlava Lenin, verso il comunismo ove « ogni problema e bisogno è pubblico, deve essere risolto socialmente dal piú limitato al piú universale, gradualmente », ove cessa, cioè, per storico esaurimento dei suoi presupposti materiali, la scissione tra individuo e società, tra Stato e società: « La differenza essenziale tra il regime capitalista e il comunismo consiste appunto in ciò: nell'essere il regime capitalista fondato sull'individuocittadino in latta con lo Stato e quindi con la società, mentre i1 comunismo avrà per base cellule già organiche di compagni solidali, i quali risolvono i loro problemi e soddisfano i loro bisogni non singolarmente, in lotta gli uni contro gli altri, come problemi e bisogni privati, ma nella sfera sociale della comunità » 2. II comunismo, dunque, si prospetta come quella condizione necessaria per la realizzazione integrale della critica marxista (o se si vuole della filosofia), per la ricostruzione unitaria, insomma, del genere umano sotto il profilo del lavoro e del pensiero.
O. N., pp. 398399. 2 O. N., pp. 442443.


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine comunismo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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