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Il segmento testuale collaborazionismo è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 170Entità Multimediali , di cui in selezione 68 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Entità Multimediali)


da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 193

Brano: [...]. Enzo Collotti nonché dal dott. Tone Ferenc di Lubiana, che esibì fra l'altro un'ampia documentazione sull’apparato poliziesco nazista nel Litorale Adriatico e sui corpi collaborazionisti da esso impiegati. Entrambi erano stati ammessi a deporre su richiesta delle parti civili in qualità di testi storici, insieme al segretario dell’I.R.S.M.L. Galliano Fogar e allo studioso Mario Pacor.

Nel dibattimento emerse, tra l’altro, anche il ruolo del collaborazionismo di varia tendenza e nazionalità, compreso quello espresso da gruppi della grossa borghesia triesti

na che avevano compiuto la scelta filonazista per la “difesa dell’italianità” e delle posizioni di potere consolidate durante il fascismo. Ma di fronte a questo problema del collaborazionismo non poliziesco, delle sue gravi responsabilità politiche e civili richiamate dal Col lotti e dal Fogar, come pure su quello della strategia di violenza del fascismo che, in questa regione plurinazionale, aveva preparato il terreno fornendo anche alcuni strumenti all’occupatore nazista, la Corte e il pubblico ministero manifestarono apertamente dissenso e insofferenza, considerando l’argomento come « non pertinente » all’oggetto processuale. Vennero così posti seri limiti a un processo che non poteva non essere anche storicopolitico, cioè di inquadramento di fatti non isolabili dai nessi e svi[...]

[...]anche storicopolitico, cioè di inquadramento di fatti non isolabili dai nessi e sviluppi della politica fascista e nazista in queste terre, e dal comportamento delle forze che a questa politica avevano dato un rilevante contributo. Tale impostazione riduttiva, rilevata e criticata da vari giornali italiani (“// Giorno”, “La Repubblica”, “Avvenire”, “l’Unità", “Messaggero”, “Paese Sera” e altri), lasciava volutamente in ombra tutti gli aspetti di collaborazionismo non poliziesco, un tema ostico e delicato perché riproponeva, dopo decenni di silenzi e rimozioni, il problema della linea e delle scelte di alcuni gruppi dirigenti e di ambienti della società triestina che avevano considerato gli jugoslavi come il nemico principale, se non addirittura il “vero” nemico, e i nazisti uno scudo protettivo contro di esso.

Da questi ambienti e gruppi il processo della Risiera era visto come un fatto anacronistico o scomodo o imbarazzante. Esso coinvolgeva anche quel collaborazionismo civile locale (italiano e di Volksdeutsche, cioè di cittadini italiani di nazi[...]

[...]oponeva, dopo decenni di silenzi e rimozioni, il problema della linea e delle scelte di alcuni gruppi dirigenti e di ambienti della società triestina che avevano considerato gli jugoslavi come il nemico principale, se non addirittura il “vero” nemico, e i nazisti uno scudo protettivo contro di esso.

Da questi ambienti e gruppi il processo della Risiera era visto come un fatto anacronistico o scomodo o imbarazzante. Esso coinvolgeva anche quel collaborazionismo civile locale (italiano e di Volksdeutsche, cioè di cittadini italiani di nazionalità tedesca, ma anche di sloveni e croati) che aveva operato nell’apparato politico, militare e poliziesco nazista, a fianco dei vari Rainer, Globocnik, Allers ecc. e che era stato chiamato a deporre. Queste deposizioni in gran parte brillarono per reticenza, smemoratezza o evasività, del resto riscontrate già in istruttoria; alcune furono però cariche di forte tensione per le contraddizioni od omissioni rilevate e contestate dalle parti civili, come nei casi di Augusta Reiss (inquisitrice e interprete di fiduci[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 776

Brano: [...]esta era stata considerata come rientrante nella nozione di « formazioni di camicie nere con funzioni politicomilitari ». Pertanto i suoi ufficiali erano stati considerati responsabili ai sensi del n. 5 dell’art. 1 del D.L.L. n. 142. Con una sentenza 47.2.1946 la Cassazione modificava la sua precedente giurisprudenza e affermava che 1e formazioni della Guardia nazionale repubblicana non erano formazioni di camicie nere, per cui la presunzione di collaborazionismo non era applicabile ai suoi ufficiali superiori. Un mutamento di notevole rilievo ebbe a verificarsi anche nei confronti della valutazione da dare sulla Repubblica sociale italiana e sugli ordini da essa impartiti. All’inizio la Corte di cassazione aveva insistito a varie riprese sulla assoluta illegittimità delle autorità fasciste repubblicane e degli ordini da queste impartiti:

« Ad un ordinamento anticostituzionale e basato soltanto sull’audacia e sulla forza non potevano corrispondere ordini legittimi »; gli ordini provenivano da « una autorità illegittima, ribelle, traditrice, emanazi[...]

[...]i fatto, di Stato sovrano, politicamente e giuridicamente organizzato, pure al determinato fine della applicazione del diritto di guerra, ne consegue che anche illegittimo dal lato formale, il suo ordinamento giuridico aveva forza cogente per tutti i cittadini e

che coloro i quali furono investiti in forza di tale ordinamento del potere di giurisdizione, nell’esercizio dello stesso compirono ed intesero compiere atti di giurisdizione ».

Il collaborazionismo

Nel complesso, volendo dare un giudizio di assieme sulla giurisprudenza in tema di collaborazionismo, può ritenersi che la legge sia stata nel complesso applicata, anche se è chiarissimo il tentativo, ma mano che ci si allontanava dalla Liberazione, di attenuare le responsabilità e di dare del testo una interpretazione sempre più edulcorata; comunque si tratta, in ogni caso, dell’unico settore nel quale lo spirito delle norme non sia stato totalmente vanificato attraverso i canali miracolosi della logica giudiziaria.

L’amnistia Togliatti

Nel 1946, in coincidenza con l’avvento della Repubblica, il governo concesse una amnistia per reati comuni, politici e militari. Il relativo decreto p[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 192

Brano: Risiera di San Sabba

possibile trarre elementi consistenti sui meccanismi repressivi nazisti e fascisti dai processi per collaborazionismo istruiti nel dopoguerra dalle Corti straordinarie d’assise istituite dal G.M.A. appunto per giudicare tali reati (v. Processi ai fascisti), notizie che sarebbero state utili al momento dell’apertura di una istruttoria sulla Risiera.

Tali processi misero più che altro in evidenza (anche prescindendo dalla posizione del G.M.A.) la superficialità delle istruttorie e la sommarietà, per non dire l’assenza di ogni serio tentativo di ricostruire la rete di rapporti politicopolizieschi fra collaborazionisti e nazisti. Grazie a questo comportamento di una parte della magistratura locale, in ciò non[...]

[...]tificare la Resistenza con le “foibe” e la “minaccia slava”, quindi considerare l'occupazione nazista (con i suoi misfatti) alla stessa stregua del movimento partigiano jugoslavo, contro il quale i nazisti avrebbero “difeso” la città opponendosi alle mire annessionistiche di Tito. Questo fenomeno di rimozione storica e, insieme, di mistificazione politica concorse ad attenuare e quasi a cancellare dalla memoria collettiva sia il ruolo svolto dal collaborazionismo locale di varia estrazione e tendenza, sia le violenze e le stragi naziste e fasciste, delle quali la Risiera era stata teatro e manifestazione esemplare. Anche a ciò si dovette l'assenza di qualsiasi iniziativa giudiziaria sui fatti della Risiera dopo la partenza del Governo militare alleato.

Le cose non cambiarono neppure quando, alle notizie di cronaca forzatamente incomplete, si aggiunsero resoconti più dettagliati, le testimonianze dei superstiti, le prime ricostruzioni storiche apparse su alcuni giornali e riviste ('// Gazzettino”, la rivista “Trieste” con l'articolo dello storico Ca[...]

[...] dei massacri dell’Aktion Reinhard, e di altri non identificati.

La sentenza istruttoria, frutto di un faticoso e contrastato lavoro che richiese ripetuti interventi presso la magistratura tedesca per l'interrogatorio delle S.S. attive a Trieste, l'audizione dei testi superstiti provenienti anche dalla vicina Jugoslavia, la ricerca dei civili già impiegati presso i vari comandi locali dello S.D.S.I.P.O., l'esame dei fascicoli dei processi per collaborazionismo nel dopoguerra ecc., stabilì che i reati perseguibili erano soltanto quelli che le S.S. della Risiera avevano commesso nei confronti delle vittime « innocenti », cioè colpite iper motivi razziali o per rappresaglia o per motivi abietti, e che non erano perseguibili i reati commessi nei confronti dei resistenti politici e militari, dal momento che questi ultimi erano stati avversari attivi del Reich e delle sue forze di occupazione, perciò soggetti alle misure previste dalle leggi di guerra o condannati da corti marziali. Questa assurda distinzione, insieme ad altri erronei punti e arbitrarie [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 379

Brano: [...]rno (realizzata anche mediante l'insediamento di podestà e viceprefetti croati o sloveni e il concreto appoggio dato a organizzazioni collaborazioniste slave) non solo ricorse a feroci persecuzioni e a radicali modifiche giuridicoamministrative, ma fu accompagnata da una intensa campagna propagandistica

che andava dalla rievocazione nostalgica della belle époque austriaca e delle fortune dell'emporio adriatico, fino all’abile sfruttamento del collaborazionismo « indigeno ». A quest’ultimo aderirono i gruppi industriali, armatoriali, assicurativi e agrari triestini e giuliani, con le loro frange di ex irredentisti e volontari giuliani della prima guerra mondiale, legatisi al capitalismo locale per opportunismo, miopia nazionalista o slavofobia. Per favorire tale collaborazionismo il Rainer insediò alle cariche locali alcuni italiani, su designazione dell’Unione Industriali: come prefetto di Trieste il dott. Bruno Coceani (v.), vicepresidente dell’Unione stessa ed ex gerarca corporativo; come podestà, l’avvocato Cesare Pagnini, già consigliere della Associazione italo germanica; a direttore del Lloyd Triestino, l’armatore Guido Cosulich; e a direttore della R.A.S., Gustavo Comici. A prefetto di Gorizia fu nominato il conte Marino

Pace, grande proprietario terriero. Il collaborazionismo della borghesia locale obbediva a interessi di autoconservazione di fronte al pe[...]

[...]ni, su designazione dell’Unione Industriali: come prefetto di Trieste il dott. Bruno Coceani (v.), vicepresidente dell’Unione stessa ed ex gerarca corporativo; come podestà, l’avvocato Cesare Pagnini, già consigliere della Associazione italo germanica; a direttore del Lloyd Triestino, l’armatore Guido Cosulich; e a direttore della R.A.S., Gustavo Comici. A prefetto di Gorizia fu nominato il conte Marino

Pace, grande proprietario terriero. Il collaborazionismo della borghesia locale obbediva a interessi di autoconservazione di fronte al pericolo « sovversivo », rispetto al quale i nazisti rappresentavano il partito « dell’ordine ». Quei gruppi, portatori di un’« italianità » classista e razzista con tradizioni fortemente autoritarie, cercarono di attirare la popolazione italiana presentando la collaborazione con i nazisti come la salvezza della « civiltà » nazionale contro la marea « bolscevica » slava. In ciò si servirono de II Piccolo, il quotidiano triestino che fin dal 1920 aveva sostenuto i fascisti e i capitalisti locali e di cui il gerarca R[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 100

Brano: [...], in Germania, dove risiedette fino al 1933.

Al suo ritorno in Belgio fu eletto vicepresidente del Partito operaio belga, diventando una delle personalità più rappresentative del movimento. Autore del Piano di lavoro belga, fece parte come ministro del gabinetto Van Zeeland (19351938). Nel 1940, dopo la capitolazione di Leopoldo III di fronte ai tedeschi, espresse pubblicamente le proprie simpatie per gli occupanti. Nel 1946 fu condannato per collaborazionismo a venti anni di lavori forzati, ma potè successivamente evadere dal carcere e riparare in Svizzera, dove morì nel 1953.

Sotto la guida di Déat

Il neosocialismo francese fu ca peggiato da Marcel Déat, a sua volta profondamente influenzato dalle idee di H. de Man.

N. nel 1884 e professore a Reims, Déat iniziò la carriera politica nel 1925 a Parigi come consigliere municipale e nel 1926 fu eletto deputato. Nel 1931 pubblicò sulla rivista Perspectives socialistes un lungo saggio di. critica del marxismo. Nel 1932 fu rieletto deputato. Nel 1933 raggruppò intorno a sé i parlamentari Renaud[...]

[...]es Dumoulin e René Belin (segretario della C.G.T.), Pierre Vigne, Francis Million, André Del mas.

Nel 1940, all'indomani della disfatta francese, offrì la propria collaborazione al governo di Vichy, sperando di diventare capo di un partito unico parafascista. Visto fallire questo progetto, si rivolse direttamente ai

nazisti e, col loro appoggio, nel gennaio 1941 fondò il Raggruppamento nazionalpopolare ÌR^N.P.), tristemente noto per il suo collaborazionismo nella repressione antipartigiana. Rimase a capo dell'R.N.P. fino all'inizio del 1944, quando i tedeschi lo designarono ministro del Lavoro e della Solidarietà nazionale nel governo collaborazionista di Pierre Lavai, insieme al quale operò per diffondere i principi del corporativismo fascista.

Nell'agosto 1944, aH'indomani dello sbarco degli Alleati in Francia, si portò a Sigmaringen, in Germania, dove Fernand de Brinon aveva formato una Commissione governativa francese ed entrò a farne parte come ministro del Lavoro. Ma, di fronte al progredire dell'avanzata degli Alleati, decise di fuggir[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 546

Brano: [...]so aH’Accademia di Francia, Nel 1931, a 75 anni, cedette le sue funzioni a Weygand. Come ultima impresa militare, aveva sedato nel 192526, in Marocco (v.), la rivolta del Rif capeggiata da AbdelKrim. Per i suoi successi militari e la durezza usata anche in questa situazione, venne mitizzato presso l'opinione pubblica conservatrice come « uomo del destino », cui affidare le sorti della Francia nei momenti di estrema difficoltà.

Dalla destra al collaborazionismo

Quando, di fronte al rapido espandersi del movimento filofascista (v. Action frangaise)f venne a contrapporsi in Francia il blocco delle sinistre (v. Fronte popolare) che, nel novembre 1934, provocò la caduta del governo di Gaston Doumergue, di cui Pétain faceva parte come ministro della Guerra, il maresciallo si rifiutò di entrare nel nuovo gabinetto di « tregua civile » formato da Pierre FI and in. E, mentre nel gennaio 1936 le sinistre elaboravano il programma del Fronte popolare, le associazioni nazionalfasciste della destra antiparlamentare alimentarono una intensa campagna propagandi[...]

[...]fu varata la Carta corporativa del lavoro industriale e agricolo.

Col richiamo al governo di Lavai (v.), cui Pétain nel novembre 1942 delegò la propria firma, il potere del maresciallo si ridusse a livello formale.

Dopo lo sbarco degli angloamericani in Normandia, mentre si sviluppava la Resistenza in tutto il paese, i tedeschi si trascinarono Pétain nella ritirata, prima a Belfort e poi a Sigmaringen (BadenWurttemberg). Negli anni del suo collaborazionismo, egli era diventato un semplice strumento dei nazisti, dai quali non riùscì a ottenere neppure [I pur promesso ritorno in patria dei militari francesi deportati in Germania.

Il processo

Quando seppe che nella Francia liberata si stava istruendo il processo a suo carico, Pétain chiese a Hitler il permesso di rientrare a Parigi e il 24.4.1945 si costituì alla frontiera svizzera, dove fu arrestato e tradotto nel forte parigino di Montrouge.

Al processo, svoltosi dal 23 luglio al 15.8.1945, Pétain asserì di aver sempre agito nell’interesse della Francia. La sua appassionata autodifesa no[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 772

Brano: [...]efinita pianista, che gli ex sindacalisti italiani riconoscevano in buona parte nel corporativismo fascista.

Date queste posizioni di Rigola e compagni, il fascismo diede loro una certa libertà di esprimersi. Questa era utile al regime anche per dimostrare che in Italia era possibile perfino il dissenso, nonostante tutte le accuse lanciate dagli esuli antifascisti. All’estero la stampa antifascista naturalmente attaccò sempre e con durezza il collaborazionismo dei vecchi dirigenti sindacali. In questi attacchi si distinsero l'Operaio italiano diretto da Bruno Buozzi e, fino al

1935, il comunista Lo Stato operaio. Sulla rivista comunista il compromesso di Rigola era visto come l'aspetto più significativo che dimostrava il tradimento perpetrato dal P.S.I. ai danni della classe operaia. Rinaldo Rigola impostava ideologicamente la rivista e suoi erano gli interventi più impegnati, ma direttamente responsabile ne era Giovan Battista Maglione (che si firmava maglio, gì bi emme e Bruno Arnaldi), il quale teneva anche una rubrica fissa (// sindacato giu[...]

[...]a o corrispondenza o collocazione con il tedesco invasore, di aiuto od assistenza ad esso prestata, è punito a norma delle disposizioni del Codice penale militare di guerra ».

Quale fu il destino di queste norme nella loro concreta applicazione da parte delle Corti? La risposta può essere data utilizzando le parole di un osservatore insospettabile, Achille Battaglia (v.) :

« A conti fatti nessuna di queste norme, ad eccezione di quelle sul collaborazionismo, ebbe effettiva applicazione. Le sentenze di condanna pronunciate nei primi tempi furono annullate in gran numero dalla Cassazione anche quando la legge aveva voluto espressamente sottrarle al suo sin



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 839

Brano: [...]la totale mobilitazione della manodopera per

il Reich (primavera del 1943), nonché dell’invio di « volontari » norvegesi per la guerra del Reich.

Condannato e giustiziato

Dal punto di vista della Resistenza norvegese, la presenza in primo piano di un uomo screditato e moralmente condannato quale servo dei tedeschi come Quisling presentò anche un aspetto positivo, nel senso che concorse ad accentuare l’isolamento morale e politico de!

collaborazionismo e radicalizzò le posizioni, costringendo chiunque a uscire dall'agnosticismo e dall’attendismo.

La stessa propaganda degli Alleati, additando in Quisling il simbolo del collaborazionismo, contribuì a ribadirne l’isolamento. Respinto dalla popolazione norvegese, bollato come traditore dagli Alleati (che agli occhi dei norvegesi potevano vantare di aver dato ospitalità al governo legale e al re di Norvegia, emigrati dopo una onorevole ma sfortunata resistenza all’invasione tedesca, e soprattutto l’alleanza della Norvegia nel fronte delle Nazioni Unite), trattato dai tedeschi come null’altro che strumento esecutivo della loro politica, Quisling concluse la sua avventura politica nel più inglorioso dei modi.

Illudendosi forse di poter ancora far valere i suoi meriti nella lott[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 23

Brano: [...]Rahn ordinò a Tarchi di rinviare l’attuazione della legge) e all'ostile disinteresse degli operai (scioperi del marzo 1944). Nella strategia del grande padronato italiano, il controllo delle informazioni occupava un posto centrale: Tarchi istituì pertanto commissariati per la produzione industriale, nei quali le maggiori imprese insediarono i loro uomini (Cicogna, Gavazzi, Pesenti, Ghiringhelli, Vailardi) per poter svolgere quel doppio gioco tra collaborazionismo e tutela dei propri interessi, collegandosi anche alla Resistenza che rappresentava la loro « assicurazione per il futuro» (Giorgio Bocca). Fu quindi dispiegata una ambigua attività per la difesa degli impianti, che si tradusse in trattative personali di Tarchi con Kesselring e Vietinghoff, in accordi bilaterali per evitare spostamenti [Fiat, Innocenti, llva, Falck, Officine Reggiane, Edi

son) e nella cosiddetta “Legge 340” che prevedeva la restituzione (a guerra finita) degli impianti trasferiti in Germania.

L’azione di Tarchi suscitò la diffidenza dei nazisti e a un certo momento egli[...]

[...]nel concitato clima insurrezionale gli accordi non ebbero seguito.

li 25 aprile Tarchi lasciò Milano in compagnia di Guido Buffarini Guidi per raggiungere la Svizzera, ma al confine di Porlezza i due furono riconosciuti e bloccati dai partigiani. Tradotto a Milano e preso sotto la protezione degli americani (mentre Buffarini Guidi veniva fucilato), Tarchi fu sottoposto a processo e, con sentenza del 18.4.1946, condannato a 5 anni e 4 mesi per collaborazionismo. Ben presto riacquistò la libertà grazie all’amnistia.

Il 26.1.1949 depose al processo contro Rodolfo Graziarli, naturalmente a favore dell'ex maresciallo. Nel dopoguerra continuò a svolgere politica attiva come membro del Comitato centrale del Movimento sociale italiano. Riprese anche la sua attività di uomo di fiducia della grande industria: dal 1955 al 1958 fu presidente della Camera di commercio italobrasiliana, vicepresidente del CISMEC [Centro studi sulla comunità europea) e direttore della rivista La nuova chimica. Nel 1967 pubblicò un libro di memorie dal titolo significativo: Test[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice), p. 8

Brano: [...]ire di salvacondotto quanti dei suoi uomini volessero rientrare indenni ai loro paesi. Un atto che divise gli “sbandati”, steso mentre l’invasore deportava e sopprimeva i militari del disciolto regio esercito che tentavano di opporsi o di fuggire.

A metà di settembre del 1943 un gruppo di ufficiali e militi occupò a Udine la caserma dell'80 Alpini e il

17 dello stesso mese ebbe inizio una campagna di arruolamento. Era l’atto di nascita del collaborazionismo e venne così costituito, con leve forzate e con volontari, un reggimento su 3 battaglioni (2 di alpini e 1 di bersaglieri) che sostenne i primi scontri con i partigiani nella zona di Sedilis (Tarcento). Il 15.11.1943 il reparto, forte di un migliaio di uomini, assunse il nome di Reggimento Volontari Friulani “Tagliamento" e, da quel momento, operò al di fuori di ogni collocazione giuridica internazionale. Infatti aveva una propria autonomia, in quanto non dipendeva neppure dalla repubblica di Salò, il cui esercito non era ancora costituito. Gli alpini “neri” del “Tagliamento” compirono soprat[...]

[...]lero”, favorì le operazioni militari del « nemico e i suoi disegni politici nel territorio nazionale invaso », nonché nei paesi di Branik, Gradisc, Rence, Vogrsko e nell’area della guarnigione repubblichina di Dornberg, centri abitati ora appartenenti alla Jugoslavia.

La Corte d’Assise straordinaria di Udine (atto n. 111 del 9 agosto 1946) condannerà lo Spollero a 30 anni di reclusione e a 3.000 lire di multa per i vari reati commessi e per « collaborazionismo politico col nemico », oltre all’espulsione dall’Esercito. Successivamente la Suprema Corte di Cassazione, per « difetto di motivazione » e per la sopravvenuta amnistia, annullerà la sentenza del 1946, assolvendo il criminale dai fatti ascrittigli.

Tagliavini, Domenico

N. a Massalombarda (Ravenna) il 9.9.1886; muratore.

Per aver commentato negativamente le prime sconfitte militari in Africa, nel luglio 1940 fu arrestato. Deferito al Tribunale Speciale, I’11.10.

1940 fu condannato a 5 anni di reclusione con l’accusa di aver diffuso « notizie atte a deprimere lo spirito nazionale ».[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine collaborazionismo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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