Brano: [...]o qualche agnello. Io da fuori metto le mani: e così ho preso le pelli.
Sento gridare: — O quello! Porca madonna!
E poi: — Ti possano ammazzare!
— Che c’è? Che c’è? — mi metto a dire spaventato.
Altro che agnello: era il padrone!
— Ti possano ammazzare!
— Pè, pè, pè, pè.
Sortono due uomini dall’ovile vicino, due compagni del padrone. E ci danno un sacco di botte. Che non si dice.
Un'altra volta (questa volta era di notte) vado a cercare qualche pecora : e me l’ero messa sulle spalle. In quel momento arriva il padro96
FRANCO CAGNETTA
ne, e salgo su un albero. «Mi pare che ci deve stare qualcheduno». Ed io zitto.
AH’improwiso il pastore si mette a staccare dei rami per fare il fuoco. Ed io casco. «E tu chi sei? ». Ha capito che stavo lì per qualche bestia. Allora prende quei rami, e mi ha fatto il fuoco in culo.
Un'altra volta con Pietro, un pastore mio amico, andiamo ancora a cercare un gregge. Ed io metto presto sopra le mani. Sentiamo gridare: «Ohi, mamma mia, mamma mia! Qui ci ammazzano». Uno prende [...]
[...]o carabinieri!
Con Corbeddu stavamo meglio. Ero più grande e mi aveva messo allora al Sopramonte. C’erano latitanti di Orgosolo, di Oliena, di Nuoro, di Orune. Ci avevo 25 latitanti. Tutto un gruppo.
Andiamo a fare le capanne. Un giorno sento gridi di maiale: era una volpe che si è presa un porcetto. Gli sparo: e così cade. A colpa di quell’accidente ecco un falco. Subito si mette a cadere per prendere
il porcetto. Tiro: e l’ho colpito. Vado per prenderlo dove era caduto, e il fucile l’ho messo da parte, vicino a un «presetu», ossia un buco nella pietra dove ci sta, per la pioggia, l’acqua. Tornavo e portavo quel falcone e quella volpe.
Porca puttana! Spunta un carabiniere.
Meno male che avevo nascosto il fucile. Stava con me il latitante Valuzza Giovanni, condannato a perpetua galera.
— Qui ci sono i cacciatori — dice il carabiniere. E vede il falcone e la volpe. — Me li date?
— Se li prenda.
Mi ha dato 4 o 5 lire che a quel tempo era un bene. E parte. Prende più in là qualche pastore e l’arresta. Ma i latitanti, [...]
[...]avo quel falcone e quella volpe.
Porca puttana! Spunta un carabiniere.
Meno male che avevo nascosto il fucile. Stava con me il latitante Valuzza Giovanni, condannato a perpetua galera.
— Qui ci sono i cacciatori — dice il carabiniere. E vede il falcone e la volpe. — Me li date?
— Se li prenda.
Mi ha dato 4 o 5 lire che a quel tempo era un bene. E parte. Prende più in là qualche pastore e l’arresta. Ma i latitanti, no.
Un giorno vado a Nuoro — mi pare la prima volta — ed ecco quel brigante di carabiniere:
— Buongiorno Gangas.
Mi prende: — Che stai a fare?
— Lei si deve impicciare dei fatti suoi.
— O porco iddio!
Stavo a parlare con lui e lui fà l’occhio. Ecco <phe mi sentoINCHIESTA SU ORGOSOLO
97
tirare il paio di pelli che avevo addosso. Volto la testa e vedo un ragazzo.
— Porca puttana!
Torno a parlare e mi sento tirare due o tre volte.
— Tu sei matto!
Allora ho visto un signore discosto che sorrideva.
Porca madonna! ho avuto paura. «Chi sarà questo?».
Era il giudice istruttore: —[...]
[...]uttore: — Oh, stai qui? Come stai?
. — Bene.
« Che diavolo vorrà questo » mi ho pensato.
— Senti, tu devi avere pochi anni. Ma non ho mai trovato una pelle così dura.
Non mi fa niente. Mi convita a bere. E andiamo dentro. Allora ho bevuto, e ha pagato tutto lui.
— Senti, so che sei buon cacciatore. Se ci hai un cinghiale di 67 chili te lo compro.
— Bene, bene.
Mi imputano la prima volta per una rapina a Benetutti, il 1890, e vado da lui. Era il giudice CoiPodda.
— Sentite, mi è successo questo.
— Non ti preoccupare. Ti tiro io in due o tre giorni. (E così è stato). Piuttosto, combina qualche bella caccia di cinghiale. Al Sopramonte.
— Sapete — gli dico io — Ci sono latitanti.
— Non importa — dice lui.
La massima contentezza.
— State sicuro — dice — So che sta Corbeddu e sono stato a caccia due o tre volte con lui. Anche con Congiu di Oliena e qualche altro.
Vado a Corbeddu, lo dico, e facciamo allora una caccia. Hanno ammazzato due mufloni e sei sette cinghiali. Dopo ce l’abbiamo cotto uno sotto t[...]
[...] Era il giudice CoiPodda.
— Sentite, mi è successo questo.
— Non ti preoccupare. Ti tiro io in due o tre giorni. (E così è stato). Piuttosto, combina qualche bella caccia di cinghiale. Al Sopramonte.
— Sapete — gli dico io — Ci sono latitanti.
— Non importa — dice lui.
La massima contentezza.
— State sicuro — dice — So che sta Corbeddu e sono stato a caccia due o tre volte con lui. Anche con Congiu di Oliena e qualche altro.
Vado a Corbeddu, lo dico, e facciamo allora una caccia. Hanno ammazzato due mufloni e sei sette cinghiali. Dopo ce l’abbiamo cotto uno sotto terra, al fuoco.
Gli ha detto a Corbeddu: — Tu sei un grande capocaccia!
Allora passa un cinghiale, gli ho tirato e quello è morto.
— È un tuo degno alunno! — dice, CoiPodda.
E si è preso quello ancora. Poi si è andato e a noi tutti versava98
FRANCO CAGNETTA
tabacco, dinari, dicendo che quando veniva la combinazione, di scrivergli, perché amante di trovarsi a caccia.
Anche col Sindaco di Oliena abbiamo avuto di queste cacce. E una volta,[...]
[...]ete una pecora.
E così ce l’abbiamo mangiata subito, insieme.
Adesso vi dico la prima rapina grave che mi hanno imputato. Era la famosa rapina di Tortoli, il 1° ottobre 1899, in casa del fratello del vescovo De Pau di Lanusei, che duecento o trecento latitanti si presero tutto Toro, dieci casse, e sgozzarono un servo. Anche un latitante fu lasciato senza la testa e le mani, tagliate, per non farlo conov scere.
Io ero in età di soldato e vado a farlo. In fortezza al 28° artiglieria. Ho avuto fortuna e fatto due anni invece di tre, perché ho tirato un numero alto. Tornavo proprio il giorno prima di quella rapina. Ma ora mi penso che ero a Bologna, il 1° ottobre 1899.
Mi mettono dentro mentre ero in Fundales di Sopramonte, a « Osporrai », coi maiali. Vengono sopra i carabinieri, quattro o cinque, ed io scappo. Sono caduto e mi acchiappano. E allora mi portano a Oliena e a Nuoro. Dopo un paio di giorni viene il giudice istruttore:
12 o 13 capi di accusa. Quello che li stuzzicava era il fatto di Tortoli. Mi fanno lavorare:
— [...]
[...]ogna. Lei si vede le mosche in sogno. Me lo lasci vedere a me il telegramma.
— Beh! Finitela!
Stava il carceriere vicino a lui con un involto.
— Volete la libertà provvisoria?
Io me lo ho preso per uno scherzo.
— E accidenti! Ma che si crede? Che io sia un Giovanni Tolu, un famoso latitante? E accidenti!100
FRANCO CAGNETTA
Viene il capocarceriere e mi dà il fagotto in mano: era la roba mia. « Beh, buono ».
Torno a casa e vado di nuovo a fare il ladro.
Questa volta ci avevo più esperienza. Nei tempi antichi, specie quando per le annate cattive, per la morte del bestiame c’era più miseria, più fame, in Orgosolo ci riunivano in 4 o 5, o in 2030, di tutte le specie, e, incensurati, andavamo a rubare il bestiame. Non ad Orgosolo, dai nostri stessi fratelli: a Mamoiada, a Fonni. Anche in paesi lontani — che ora non ci sono più uomini come allora e i giovanotti sono imminchioniti. Una volta, con un solo compagno, ci abbiamo trasportato a piedi un maiale di 3040 chili per 60 chilometri, da Villanova Strisaili. Ci mette[...]
[...] di ***.
Io dico : — Sì. Può essere — e stavo per mettere la mano al coltello.
Allora chiama sua figlia e le dice: — Nina, ti ricordi di quest’uomo?
— Sì, perché c’era un raggio di luna e l’ho conosciuto in volto.
Porca madonna, stavo proprio per dare un colpo!
— Ci avete fatto bene — dice l’uomo. — Non temete. Bevete ora e grazie, grazie davvero.
Allora gli ho manifestato e siamo stati amici. Tanto tempo.
Una volta, invece, vado a rubare maiali senza prenderne uno solo per me. La sola volta che è successo. Questa volta mi viene un uomo102
FRANCO CAGNETTA
in casa. E siamo soli. Mi dice che c’è un suo cognato che ci ha perduto tutto il gregge.
— È possibile? — dico io.
— Sì. È stata la mancanza di erba, di acqua. E poi la volpe, il sequestro.
Andiamo a un compagno e ne prendiamo 7 od 8. Così ci andiamo in un posto e abbiamo preso una vaccina. Poi 10 o 15 pecore, che l’erano proprio belle. Le diamo a questo cognato. E quello tutto contento.
Il giorno dopo viene un ragazzo in casa mia e mi porta una cr[...]
[...]equestro.
Andiamo a un compagno e ne prendiamo 7 od 8. Così ci andiamo in un posto e abbiamo preso una vaccina. Poi 10 o 15 pecore, che l’erano proprio belle. Le diamo a questo cognato. E quello tutto contento.
Il giorno dopo viene un ragazzo in casa mia e mi porta una crobbuia di grano. Dico:
— Chi sei?
Scoppia a ridere e scappa via.
Il giorno dopo viene una bambina con un bel pezzo di lardo:
— E tu chi sei?
Scappa via e io vado, dietro, sino a casa della madre.
Qui la donna mi vede e sorride: — Ci avete salvato. Quella è roba vostra.
— Come l’è? — dico.
— Questa è roba vostra. Non la mia. Grazie a voi. Benedette le tue mani!
Io mi ho scappato e gli ho dato indietro grano e lardo.
Ci capitavano anche di quelle disavventure. ,
Una volta siamo andati (non l’ho mai confessato a nessuno e lo confesso adesso) a fare un affare: a rubare in qualche posto. E lì, insieme, dove ero mi hanno messo di guardia. C’erano anche altri, ma lontani; ognuno al posto suo.
Viene un uomo verso di me. Lo chiamo e questo[...]
[...]o per gli orti.106
FRANCO CAGNETTA
Patre mea, Ave Maria.
10 subito ho capito. «Certamente ci hanno abile studio. Ma li aggiusto io ».
— Cantate in latino? — gli dico.
E quelli niente:
Patre mea, pea, pea.
— E adesso vi faccio cantare in orgolese — dico.
Ero in ginocchio, vicino al muro, con il fucile puntato. Mi hanno conosciuto e veduto così.
— Non sparate! Non sparate!
— Chi siete?
— Compagni tuoi.
Insomma, vado là e li trovo più morti che vivi. Poveracci!
— Andate, andate. E arrangiatevi.
11 giorno dopo vengo a sapere che la crapa risultava rubata ad un mio amico. Di Orani. Vado alPamico, e dico: — Sapete. C’è la possibilità di riavere la bestia. Bisognerebbe, però, pagare tanto.
— Bene, bene — dice. — Vale di più. Sei proprio un amico.
Vado a trovare quei due gaglioffi e faccio minacce. Il giorno dopo
che Thanno rubata si ritrova la crapa. Io mi ho preso i soldi. E gli ho dato pure 5 lire a quei ladracci.
Ne ho passate di brutte in quegli anni e, per quanto specialista in pecore, ho visto anche sotto i miei occhi ammazzare una donna. Come capra. Si chiamava Podda Battonia, una bella donna. Deceduta il 1899.
Un giorno che ero ad Orgosolo e camminavo nel paese, trovo il marito di questa donna e mi metto a trattare di certi furtarelli di pecore. Mi occorreva di qualche cosa — non so bene che — e dice che posso andare a cas[...]
[...]e di brutte in quegli anni e, per quanto specialista in pecore, ho visto anche sotto i miei occhi ammazzare una donna. Come capra. Si chiamava Podda Battonia, una bella donna. Deceduta il 1899.
Un giorno che ero ad Orgosolo e camminavo nel paese, trovo il marito di questa donna e mi metto a trattare di certi furtarelli di pecore. Mi occorreva di qualche cosa — non so bene che — e dice che posso andare a casa sua a prenderlo subito. A quelPora vado a trovarlo, lui e la moglie, e in quel frattempo vedo una testa di uomo alzato dietro il muro di cinta, alle spalle. Torno a guardare e la testa mi fa segno di star zitto. Intanto il marito e la moglie si erano messi un po’ a camminare. Ed io pure. Cerco di fare segni e di mettermi almeno tra quei due. Intanto l’uomo nascosto era andato avanti dietro il muro, e tira di nuovo la . testa ed un pugnale pecorino. Io son scappato e faccio appena due passi. Accidenti: un grido di dolore!INCHIESTA SU ORGOSOLO 107
»
— Che c’è? Che c’è?
— Hanno ammazzato zia Battonia.
II marito fa il mio [...]
[...]a mia parte?
— No — dice Crapoledda. — Se no ti arresto. Tieniti le zampe!
11 maialese lo ha fatto imbarcare a casa sua.
Quel brigadiere, così e così, mi dice un giorno: —1 Vedete. Se mi portate ancora in casa un maiale ve lo pago.
— Sentite — gli dico io. — Non mi ingannate.
— No. No.
— Beh, ce ne ho uno a casa.
Viene la notte a casa, io stavo a dormire, e se lo ruba.108
FRANCO CAGNETTA
Allora mi volevo vendicare.
Vado in caserma la mattina, facendo finta di niente, e dico:
— Crapoledda, il maiale ce l’ho per te.
È rimasto male. Chi sa che pensava!
— Quanto pesa?
— 20 chili.
Quello che aveva rubato lui ne pesava 5 o 10.
— Io in casa, però, non ce Pho.
— Chi lo tiene?
— Quella donna.
Va in casa di una donna che gli avevo detto. Ed era una donna che a lui gli piaceva, ma ad Orgosolo la conosceva sotto un altro nome
— come succedeva allora con i carabinieri. Va alla casa e trova i fratelli che io avevo avvertito. E gli danno botte che ha vomitato tutto il porco mangiato. Ed anche [...]
[...] Quella donna.
Va in casa di una donna che gli avevo detto. Ed era una donna che a lui gli piaceva, ma ad Orgosolo la conosceva sotto un altro nome
— come succedeva allora con i carabinieri. Va alla casa e trova i fratelli che io avevo avvertito. E gli danno botte che ha vomitato tutto il porco mangiato. Ed anche gli intestini suoi.
In quei tempi c’era miseria, e sempre peggio, in Orgosolo: non ce la facevo più. Sarà stato il 19041905. «Vado in America». Uno del continente che era passato a Nuoro mi aveva detto questo. Vado in caserma per trovare Crapoledda, e a chiedere quel permesso. Mi ha risposto :
— L’America? Sai tu che cosa è l’America? Io te lo nego.
—* Allora —* io ho detto — io mi faccio latitante.
Ma non era così. Mi ero messo, intanto, a fare di altri mestieri. Rubare pecore non fruttava.
In quei tempi c’era in Sardegna una macchina che faceva i quattrini. Io non sapevo niente. Certi di Napoli questa macchina la avevano portata il 19011902 ad Isporrai. Faceva i denari mezzi marenghi, ossia mezzi venti: dieci lire. E io dovevo andare con un mio amico a Pozzomaggiore.
Questo mio amico, S[...]
[...]ezzi di formaggio. Così facevo io ed un mio compagno. Abbiamo preso 14 o 15 pezze. E come rotolavano nel grand hotel l’altro compagno le raccoglieva.
Non si hanno accorto del furto. E così hanno accusati certi americani. Un altro giorno, invece di formaggio, mi ho fatto rotolare in tasca i soldi di una majarda. Anche qui, come in Sardegna, trovo una majarda, ossia strega. Beveva e beveva. Sarvenas. Dice che sapeva tutto. E teneva tanti soldi. Vado da lei. Sto a sentirla un poco e poi vedo sul tavolo una carta di 500 pezze. Tiro 5 pezze e dico di cambiarle. Quella si volta per cercare i soldi, io prendo le 500 pezze e glie ne metto 5. Torna, sempre bevendo sarvenas, e io gli metto pure nel bicchiere un pezzo di tabacco. Tutta succa.
— Non c’erano qui 500 pezze?
— No. Non c’era niente. Le avete prese.
Prendo allora le 5 pezze e dico:
— Il resto non è giusto. Ce ne vogliono altre 5.
Allora me le ha date.
Un’altra volta imbroglio un prete di Cordova. E per riuscire a questo bisogna conoscere tutto.
Ero lì in America in[...]
[...]Prendo allora le 5 pezze e dico:
— Il resto non è giusto. Ce ne vogliono altre 5.
Allora me le ha date.
Un’altra volta imbroglio un prete di Cordova. E per riuscire a questo bisogna conoscere tutto.
Ero lì in America in una città che si chiama Cordova e soldi non ne avevo: mi avevo bevuto tutto. C’era allora quel prete che sapeva che ero di Orgosolo e sempre mi chiedeva: — Ci sono latitanti? E chi li converte? E quanti missionari?
Vado da lui piangendo. Mi ero messo un paio di dita, ed ancheINCHIESTA SU ORGOSOLO
113
il piede magari, nell’occhio. E gli dico che ho perduto tutto il denaro da mandare in famiglia.
— Poveretto — dice lui. — Ma che avete, Gangas?
Piangevo.
— Quanto hai perduto?
— 200 pezze.
— Ehi, accidenti! Tanto guadagni?
— Come faccio, come faccio?
— Ma sì, ma sì; ma sì.
— Basta. Io mi ho bisogno di ammazzare!
— Eh, Dio ci liberi. Tieni 20 pesi.
— Tante grazie, tante grazie.
— Mi raccomando. Spediscile alla famiglia.
— Non dubitate. Non dubitate.
Esco. E me li vado[...]
[...]tutto il denaro da mandare in famiglia.
— Poveretto — dice lui. — Ma che avete, Gangas?
Piangevo.
— Quanto hai perduto?
— 200 pezze.
— Ehi, accidenti! Tanto guadagni?
— Come faccio, come faccio?
— Ma sì, ma sì; ma sì.
— Basta. Io mi ho bisogno di ammazzare!
— Eh, Dio ci liberi. Tieni 20 pesi.
— Tante grazie, tante grazie.
— Mi raccomando. Spediscile alla famiglia.
— Non dubitate. Non dubitate.
Esco. E me li vado a spendere in sarvenas e. maiali.
Il giorno dopo lo trovo. E in sospetto:
— Dov’è la tua famiglia?
Gli ho dato un indirizzo falso, di certi parenti che mi avrebbero ucciso : questo sì.
Scrive. Ed ha avuta una lettera piena di parolacce.
— È per la carità che ti ho fatto?
— Che se non me li spendevo io, te li spendevi tu con femmine e sarvenas.
E così era.
Me ne torno allora ad Orgosolo, al mio paese: è meglio che l’America. Riprendo il mio mestiere di raccoglitore di pecore.
In questa seconda mia vita ho avuto dispiaceri, quasi solo dispiaceri. Ma ci ho anche fatti [...]
[...]eria.
— Fermati!
Ci spara subito e un colpo di striscio, mi ha colpito il collo. Non114
FRANCO CAGNETTA
ci ho più visto: un paio di salti. Afferro un carabiniere e lo butto a terra. Il mio compagno fa lo stesso con un altro. Gli prendiamo le armi, pistole e moschetti e 6070 lire che portavano. I signori!
C’era il problema delle armi, ora: farle sparire era un peccato.
Un proprietario del posto nostro amico dice: — Ci penso io. Vado a venderle agli stessi carabinieri.
Va da quelli derubati (si fidavano di lui) e i carabinieri erano tutti contenti: — Evitiamo il peggio con i nostri superiori. Non diciamo niente. Anche un anno di paga vi diamo.
E hanno dato 500 lire: 300 al proprietario, 100 a me, 100 al mio compagno.
Una volta sola ho sparato ai carabinieri. Ed era a Fonni.
Avevo 5 o 6 maiali. Rubati, naturalmente.
— Fermate, fermate!
Cominciano a sparare. Pum! pum! faccio io: e rispondo.
Allora: — Passate, passate! — dicono a mani in alto. — Ci siamo sbagliati. Non c’è niente per voi.
Quando me ne[...]
[...]che ero io.
Ma tanta forza, tanta valentia è scomparsa oggi. Che mi è rimasto di loro, di Giuseppe, di Diego, di Antonio Maria?
Ma ora passo ad un altro argomento più allegro che devo dire: i preti.
Io con i preti ci ho avuto sempre poco a che fare. E quelle volte che ci ho avuto a che fare con loro, soldi ne ho fatti. Sempre. Ce ne hanno tanti!INCHIESTA SU ORGOSOLO
121
Cera, all’esempio, un prete Tanno che mi dovevo maritare. Ci vado lì per questa storia. E lui mi dice:
— Beh, la sai la Dottrina?
— La Dottrina? \
— Sì.
— E perché?
— Se non conosci la Dottrina non ti posso confessare. E se non ti confessi non ti sposo.
— Allora — dico io — la so. Mi dia un libro.
Dice: — Sai leggere?
— Sicuro — dico io.
Lo dà.
— Ma, per favore, mi dia anche una lira per il tabacco. A leggere mi stanco, vado al sonno. E un sigaro sveglia.
Mi dà una lira: — Ritorna domani!
Mi ha dato tre giorni di tempo. Mi tengo il libro. E dopo quei giorni mi vede:
— E il libro?
— Ohi, ohi, ohi! Me l’ho perso in campagna. Avevo fatto una baracca di frasche. Si prende il fuoco e il libro si è bruciato.
— O Maria Santissima. Quel libro, quel libro! Valeva 60 7 lire.
— Toh! — dico io — ti ridò la lira che mi hai dato.
— O macché! Il libro, il libro!
— Sentite — dico io. — Se vuole vado a Nuoro e lo ricompro. Ma faccia così: mi paga la mia roba che mi ha bruciato il fuoco.
E dice: — Quanta[...]
[...]dà una lira: — Ritorna domani!
Mi ha dato tre giorni di tempo. Mi tengo il libro. E dopo quei giorni mi vede:
— E il libro?
— Ohi, ohi, ohi! Me l’ho perso in campagna. Avevo fatto una baracca di frasche. Si prende il fuoco e il libro si è bruciato.
— O Maria Santissima. Quel libro, quel libro! Valeva 60 7 lire.
— Toh! — dico io — ti ridò la lira che mi hai dato.
— O macché! Il libro, il libro!
— Sentite — dico io. — Se vuole vado a Nuoro e lo ricompro. Ma faccia così: mi paga la mia roba che mi ha bruciato il fuoco.
E dice: — Quanta roba si è bruciata?
Dico: — 200 lire. Ho perso tutto.
— Accidenti! Duecento lire. Lascia stare. Quel libro valeva 6070
lire.
— Mi dia settanta lire — dico. — Ricompro il libro.
Me le dà. Ed io prometto di andare a comprarlo, a Nuoro.
Un giorno dopo mi vede e:
— Il libro?
— Pù, pù, pù, pù.
Era la festa di ferragosto. Come l’ho visto mi ho messo a fare122
FRANCO CAGNETTA
l’imbriaco. Venivano a mangiare a questa festa tanti preti. Spalleggiato, si avvicina[...]
[...]ite: — Andiamo a bere.
Ci porta a casa sua. E tira il vino.
— Senti — dice. — Tu le sai tutte, più del diavolo. Ti lascio il libro e i soldi. Ma tu raccontami qualche cosa della tua vita, che lo possa poi dire in predica, per dire contro il peccato.
Questo mio padrino dice pure: — Digli qualche cosa.
E noi a bevere. Sarà stato scolato un bottiglione di vino.
— Beh; adesso vi racconto un fatticello.
— L’altro giorno — ho detto — vado in un covile. Verso di me venivano tanti cani e un capo in testa che mi veniva a bocca aperta, contro me. Così gli metto una mano in bocca e sono arrivato dentro sino alla coda, poi l’ho girato, ossia rivoltato, e quello se ne è andato via,
— Ma questo non può essere mai!
— Beh! È così. Proprio così.
— E il cane cosa ha fatto?
— Se ne è andato via, ma non poteva più abbaiare.
— Beh, beh. Seguite a bevere.
— Adesso, dunque, vi racconto un altro fatto.
— Ma uno vero, uno vero. Per la mia predica.
— L’altro giorno — dico —i, vedete, esco e trovo un altro cane. Lo abbiamo [...]
[...]ieri.
— Buono, buono — dico io.
E lui : — Ganga, fai così. Dì che sei morto ad Orgosolo. Io ti porto dalla parte di Urzulei e facciamo un bando intanto.
— Ma...
— Ganga, fai così.
Andiamo ed io giravo con lui. Ci avevo tutta la faccia dipinta di oro, con la porporina, e un mantello azzurro. E dopo questo ce n’erano dietro di noi pastori di Urzulei, di Siniscola, di Arzana, di ogni dove.
Appuntamento in «Gorropu», al Supramonte. Vado lì e salto due
o tre volte. C’erano tanti pastori.
Io dico : — In nome di Dio. Sono S. Francesco di Lula. Fate come me. Raccomandatevi l’anima e saltate. Se ci avrete fede sarete salvi e forti. Che se no qui vi rompete tutti l’osso del collo.
Faccio due o tre salti ancora. E il prete tutto contento. I pastori stavano a guardare.
Quello ha riscosso i soldi e vi è stato qualcuno che voleva provare.
Cerca il primo e cade allora in quel bucone. — Ahi, ahi, ahi. — dice. Da quel fondo. E noi niente.
Prova il secondo e ci è riuscito appena: arriva a trattenersi con le maini all’orl[...]
[...]— Tirami fuori che qui sto morendo con le ossa rotte.
Un altro dice no. Erano in fondo a quella buca e li ho sentiti di parlare.
— Ti diamo una crapa ciascuno. Tiraci fuori.
Dice il frate: — Infedeli. Il Santissimo Padre qui vi ha chiesto due crape ciascuno.
Dico io:
— Date allora una crapa grassa ciascuno e vi faccio sortire.
Il frate si è morsa la mano. I tre nel fondo della fossa ho sentito che parlavano: — Bene. È fatto.
Vado a pigliare una fune, per tirare quei cretini.
— E il miracolo non lo fate? Che diavolo di santo siete?
Ci prendiamo le crape e scappiamo.
Così, nel nome di un Santo e del Signore posso chiudere questa storia della mia vita sfortunata.
Il mio stato oggi, a 90 anni, è il più peggio che un mio nemico mi possa augurare. Sono malato: ho un’ernia che tanto mi è cresciuta tra le cosce che non mi lascia camminare, ho un braccio che non si muove quasi più: il destro.
Il mio dolore è che non posso più lavorare, come ho fatto sempre.
La mia vita di lavoro, di sacrificio è tutta sprecat[...]