Brano: [...]egna, stalla di bestie, e sino a cinque e sei abitazioni vi si affacciano con ballatoi, o senza.
Tutto il paese appare duro, arcigno, severo: tradisce il suoINCHIESTA SU ORGOSOLO
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carattere di accampamento in muratura per pastori che vivono la loro vita altrove, sopra i pascoli, e qui tengono le pecore e le capre a riposo di tanto in tanto, e custodiscono gelosamente latte e formaggio in pastorecci fortilizi.
Di tanto in tanto, confusi indifferentemente con le altre abitazioni, si possono vedere ancora quattro o cinque « fughiles ». Sono le case più antiche di Orgosolo, e, cinquantanni fa, tutto il paese era costituito da esse. Salendo per qualche gradino costruito con estrema imperizia, consumato, si accede in una stanza bassissima, che costituisce tutta l’abitazione. Una persona di normale statura è costretta ad abbassarsi per entrare e, una volta entrata, deve restarvi china. Di estate e d’inverno, molto spesso, vi investe sin dall’ingresso, una nuvola di fumo denso, scuro, che annebbia tutto, ed un odore acre, forte, di[...]
[...]0
terzo grembiule » 15.000
la camicia » 2.000
primo giubbetto » 10.000
secondo giubbetto » 6.000
la benda » 15.000
zucchetto » 1.500
sottoveste » 1.500 Panello del nome (con iniziali)
gr. 50 d’oro » 15.000
i bottoni d’oro gr. 50 » 75.000
fermaglio d’oro » 10.000
corona di rosario in madreperla » 9.000
scarpe a stivaletto nere » 4.500
scarpe a stivaletto gialle » 4.5006
FRANCO CAGNETTA
sua unità, una fusione conseguita in Orgosolo e, nell’insieme, sembra precedere Israele, Babilonia, Egitto, come in un’epoca comune ai primitivi, oscuri aborigini Mediterranei.
In tutto il paese si incontrano quelle donne, in costume antico, in costume moderno, sedute ferme, impietrate sulle vie, o in continuo movimento intorno alle fontane, con le anfore in testa, che portano sempre con estrema eleganza. Le vedi anche in corsa, in affanno, per motivi che non è dato intuire, ma sempre, certamente, in faccende, mai a passeggio per diletto.
È il primo, profondo segno di quel popolo
Sullo spiazzo in fondo al[...]
[...]eli Francesco fu Salvatore e fu Corsi Filomena, di Nuoro — ma in Orgosolo dal 1919 —, nato
11 189064 anni! —, intervistato da me in località Ghirztauru il 17 luglio 1954; Muravera Salvatore fu Giovanni e fu Catgiu Anna, di Orgosolo, nato, probabilmente, il 1877, da me intervistato in lo12
FRANCO CAGNETTA
calità vicino « Orgurui » il 17 luglio 1954. Un altro caso, forse più grave, era quello della pastora Lovicu Eufrosine, detta « zia Frusina », morta l’anno prima di quest’inchiesta, assente dal paese — a quanto mi dicono — da 30 anni. La vita nelle campagne è, in Orgosolo, una vita a sé, staccata in certo senso dal paese: si svolge, a volte, quasi come su un altro pianeta, in un universo chiuso.
Ma nessuno, in Orgosolo, può completamente sottrarvisi.
Si può pensare che i casi da me citati siano unilaterali: che riguardano solo 3 o 4 vecchi e uomini che vivono in condizioni di eccezione. Quale è la vita dei pastori comuni, dei più giovani, dei pastori che vivono in condizioni medie? Quale è la vita di questi pastori di Org[...]
[...]essa figu = malattia del fegato
su eie arterau = il fiele alterato
sa ùria ’e sambene = malattia del sangue
sa iscussina = la diarrea
sa buffadura = gonfiatura per puntura di biscia, ro
spo, ecc.
Lavoro del pastore è la vendita del latte, del formaggio, della lana, della carne, delle pelli, estremamente gravoso per la concorrenza estrema tra pastori e per il dominio completo che ha il compratore sul pastore. Ecco ad esempio gli « Usi e consuetudini commerciali» di Orgosolo per la vendita più importante di Orgosolo: il latte, tra pastori e caseifici (e si intenda qui baraccamenti che raccolgono il prodotto, a conto di industriali, per spedirlo a lavorare in continente). Cito da un foglio della Camera di Commercio di Nuoro (valido per tutta la provincia):
«5) La consegna avviene nel luogo indicato dal compratore. Abitualmente il caseificio.
6) Il latte viene consegnato nei mesi freddi una volta al giorno, nei mesi caldi due. r28
FRANCO CAGNETTA
7) Le spese di trasporto sono a carico del venditore.
13) La det[...]
[...], prende il nome di « grande famiglia » o « grande famiglia pastorale » (die Grosse Familie). È la forma sociale che, sviluppatasi nel tardo paleolitico e nel neolitico tra i primi pastori delle steppe dell’Asia centrale, diffusasi per millenni tra quasi tutti i popoli Indoeuropei e Semiticamiti; si può ritrovare oggi, con forme quasi lineari, solo nelle zone montuose più isolate e ad economia unilateralmente pastorizia della Russia (Ciukci, Tungusi, Samojedi, Tartari, Mongoli, Calmucchi, Ostiachi, Kirghisi), della Turchia, della penisola balcanica (Slavi zadruga, Albanesi) e, parzialmente, della Spagna.
Lo studio della organizzazione particolare che ha la famiglia in Orgosolo (e così, seppure con forme più contaminate, in quasi tutti i paesi della Barbagia), costituisce la chiave di volta per una larga comprensione di quasi tutta la locale società. Questa, infatti, si può dire che, per quella propria organizzazione, sia arrestata, o quasi, soltanto alla famiglia: le forme sociali più sviluppate e superiori, che costituiscono invece l[...]
[...]li cinesi vuoti all’interno, riuniti solo nel giro esterno, e, cavatele, le tagliano in due orizzontalmente con un lungo coltello. Le rimettono ancora nel forno per poco tempo fino a che diventano dorate, croccanti ed allora il pane e fatto. Ritiratolo dal forno, lo ripongono nei larghi cesti sardi di asfodelo, che sono fatti per quésta conservazione.34
FRANCO CAGNETTA
In Orgosolo questo pane ha vario nome, secondo più tipi :
Carta ’e musica = il pane ili generale (« carta di musica »
perché croccante)
o « limpidu » o « carasau »
sas ispianadas = il pane di grano
sas tondinas = il pane di orzo
su orgathu = il pane più tondo e più lavorato.
La coabitazione di uomini e di donne nella casa, ciò che in modo completo avviene raramente — se si considera la necessità degli uomini di stare nelle campagne, di migrare — si manifesta altrettanto in carattere collettivo (famigliare) e gerarchico (patriarcale). Non vi è divisione vera e propria di uomini e di donne in due parti ma una tendenza accentuata. Il padre più anziano, <( su mannu », dorme nel letto con la[...]
[...], sì che l’uomo moderno, coperto di secoli di civiltà, non nasconde, al fondo, che
il pastore di terre povere rimasto in quella vita primitiva, nelle origini di millenni. Il carattere, la fiducia in sé, la straordinaria forza di saper rimanere solo; come l’istinto di solidarietà famigliare; la generosità per l’altro, la « fratellanza » sono però, altrettanto, il prodotto di questa antica vita, di questa educazione, che ha il suo centro di diffusione nella «grande famiglia». Un uso precedente, ora scomparso, che si può ritrovare tra i pastori Ebrei della Bibbia (Deuteronomio XV, 14) era, per esempio « sa ponidura » : il regalo di una pecora da parte di ogni gruppo famigliare a quel pastore che per cattive annate, per furto ecc. avesse avuto il gregge distrutto.
Naturalmente, con il procedere degli anni, con lo sviluppo sociale, con la penetrazione e la crescente pressione dello Stato la « grande famiglia », come istituto tipico e integrale, si va oggi disgregando in Orgosolo. Le eccezioni alla regola si fanno sempre più numerose, pi[...]
[...] riguardi di « sos poveros » o « sos terraccos » un atteggiamento paternalistico di protezione, di apparenti atti di bontà, di promesse, di manifestazioni di simpatia che (sempre nel loro interesse, temendo il peggio) manifestano affittando qualche pascolo a prezzo appena più umano; trattando i servi delle greggi sempre alla buona, quasi da pari a pari, con non visibili differenze di vita, di vitto, di vestimento; allacciando qualche volta (per lusinga) un « comparizio » con il povero. Se il povero o servo dimostra però di comprendere la differenza sostanziale che intercorre tra di loro, se manifesta intelligenza, energia, spirito di indipendenza, il padrone o superiore scopre di colpo, allora, il suo disprezzo, comincia a sospettarlo come un nemico, come il futuro ladro delle sue greggi, delle sue terre, dei suoi averi; e apre le ostilità apertamente con l’oppressione, con la denunzia a torto o a ragione per ogni minimo fallo, con l’angheria, con rappresaglie, con l’omicidio.
La formazione di questa classe di « sos proprietarios » o [...]
[...] inconsciamente l’origine dell’uomo.
Anche il più grande zoologo di Sardegna del XVIII secolo, padre Francesco Cetti S.J., ricorda questa lotta (6).
Che l’abitante di Orgosolo fosse probabilmente un popolo cacciatore (e guerriero) può essere sottolineato anche, indirettamente, dall’abilità e dalia fama che in passato ha avuto, ed ha ancor oggi, come cavaliere. Gli orgolesi, chi li vede per la prima volta a cavallo, strappano un grido di entusiasmo. Basta guardarli con le gambe nervose e sottili strette alla pancia del cavallo, senza sella e senza staffa, slanciarsi con in mano la criniera tra uno svolazzo
(6) Francesco Cetti, Gli uccelli di Sardegna. Presso Giuseppe Piattoli. Sassari. MDCCLXXVI, p. 23.
IINCHIESTA SU ORGOSOLO
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di pelli o di lucenti panni, tra balzi, dirupi, precipizi. I primi cavalieri di Sardegna.
L’amore quasi incredibile che l’orgolese porta per le armi, qualsiasi genere di armi, può essere un segno, ancora, della origine antichissima e lunghissima, da un popolo in eminenza di bellicosi cacciato[...]
[...]ora soltanto per uno o due48
FRANCO CAGNETTA
periodi dell’anno) a fare legna, pietre, ghiande ed altri frutti che si trovino. L’ademprivio come « diritto » è rimasto sino ad oggi solo in Orgosolo.
In esso è da individuarsi il più antico e primitivo istituto agrario locale e, tenuto conto lo scarso sviluppo che sino ai nostri giorni ha avuto in Orgosolo l’agricoltura e potrebbe, forse — come in altre zone d’Italia dove esistono analoghi usi civici — avere le sue più lontane radici in una consuetudine propria a « raccoglitori ». Naturalmente avanzo questa ipotesi in modo solo dubitativo e non credo che si potrà mai effettuarne la comprova, mancando del tutto i documenti di tradizione ed i residui culturali che potrebbero certificarne quella origine.
Ma per indicare i caratteri probanti (e non soltanto ipotetici come i precedenti) di una origine dai cacciatori e raccoglitori (ciò che serve a chiarire il problema specifico strutturale e culturale della « turbolenza » di Orgosolo) vale qui studiare soprattutto e innanzitutto l’is[...]
[...]ione con particolari « cicli culturali » (poiché si ritrova, infatti, in tutte leINCHIESTA SU ORGOSOLO
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società e le culture) e lo definisce, un fenomeno ideologico valido in assoluto, agevolato da strutture particolari e da particolari culture : ma fondamentalmente fatto « sacro », « ragione magica », « dovere ».
La « vendetta », che sempre si origina in strutture economiche che portano ad una formazione della società in gruppi « chiusi » trova sempre il suo movimento in un fatto culturale. Tutti gli uomini che si ritengono esistenti (discendenti e legati) in una singola unità il cui elemento comune è considerato ideologicamente il sangue in primo luogo, e, secondariamente, altro elemento ideologico come il totem in antico, l’amicizia modernamente ecc., all’atto in cui viene intaccata dall’esterno, da altri uomini (e nelle società « chiuse » da un altro gruppo analogo) la propria comune unità con spargimento di sangue od altra offesa, sentendo minacciata la comune esistenza e con ciò la propria e singola sentono la necessità[...]
[...], di individuare in essa un uso così largo, che si è venuto a profilare con un vero e proprio « codice » o « diritto consuetudinario » locale ed una vera e propria prassi giuridica o « procedura consuetudinaria » locale.
È interessante notare per la datazione dell’istituto della « vendetta » in Orgosolo che esso si può far risalire con la massima certezza a tempi primitivi, poiché nelle forme proprie che ha oggi nel paese si possono ritrovare usi e consuetudini di giure che risultano incorporati e codificati nella prima raccolta di leggi sarde, la « Carta de Logu » di Eleonora Giudichessa di Arborea (XIV secolo) — il più antico ed importante documento scritto che ci permette di far luce sulla storia popolare sarda dell’alto medioevo (78).
Ho domandato, innanzitutto, a diecine e diecine di orgolesi quale credono che possa essere la ragione che rende necessario lo esercizio della « vendetta » nel paese. Quasi tutti mi hanno risposto che questa è « sa justissia » (la giustizia) — non la « sola », aggiungeva qualcuno, ma quella « vera [...]
[...]zioni di principio che richiamano l’« onore », il « prestigio ». Avendole riferite ad anziani e soprattutto ai giovani le ho viste quasi sempre derise come « stupidaggini di vecchi » ma, persino tra i più scettici, ho sempre trovato di fronte ad esse una certa sospensione e, in qualche caso, persino un dubitoso riaffiorare di quell’antica superstizione.
La « vendetta » come istituto giuridico si presenta, innanzitutto, in Orgosolo con una confusione e simbiosi dei tre poteri legislativo, amministrativo ed esecutivo, e con una confusione e simbiosi di diritto privato e pubblico, come avviene in ogni « diritto » barbarico.
Dedurrò ora da numerosissimi casi concreti di « vendetta » da me studiati nella cronaca di Orgosolo una generalizzazione o tipizzazione, non indicando ogni volta, ovviamente, i lunghi casi particolari, poiché quello che qui interessa è in generale la legge del movimento. Per una idea concreta del movimento di una « vendetta » in Orgosolo rimando il lettore al mio citato studio sulla famosa «vendetta» tra i Cossu e i Corraine durata in Orgosolo dal 1905 al 1927 con innumerevoli fatti di sangue e uccisio[...]
[...]mando il lettore al mio citato studio sulla famosa «vendetta» tra i Cossu e i Corraine durata in Orgosolo dal 1905 al 1927 con innumerevoli fatti di sangue e uccisioni.
Una legislazione generale della « vendetta » non esiste, ovviamente, in codice scritto o in un codice vero e proprio che si tramandi oralmente, tuttavia nel costante ritordo di « vendette » che hanno gli orgolesi è rintracciabile un vero e proprio « corpus » consuetudinario di usi e tradizioni a cui mantengono sempre fede.
Posso indicare qui intanto le leggi generali più costanti e rispettate, che è possibile rintracciare, in modo vario, tra quasi tutte le società in cui si pratica la « vendetta ».
Alla « vendetta » in Orgosolo partecipano tutti i membri ma54
FRANCO CAGNETTA
schi delle « grandi famiglie » implicate (i congiunti più prossimi, i famigliati, gli affiliati come compari amici, ecc.) dall’età puberale sino a tarda vecchiaia. La limitazione al solo mondo maschile (non ho notizie di « vendette » eseguite da donne) discende certamente dall’essersi [...]
[...]rimoniale ecc. Un elemento « artificiale » considerato però come offesa al « sangue », ed assai importante in Orgosolo, è ancora la denunzia alla estranea autorità statale, carabinieri, polizia, magistratura ecc.
I perseguibili per « vendetta » sono in Orgosolo il responsabile diretto, senza distinzione di età e di sesso, poi il padre più importante del gruppo avverso, « su mannu », e tutti gli uomini in ordine di importanza e di età, non esclusi i bambini, come più volte ebbe a verificarsi durante la « disamistade ».
L’interesse particolare e proprio della « vendetta » in Orgosolo, oltre questi caratteri generali, sta però nel fatto che durante il suo esercizio si profila un vero e proprio « processo penale » secondo il modo della più antica tradizione sarda conosciuta, appunto, attraverso la « Carta de logu ».
Cercherò di indicare i singoli momenti secondo moderne corINCHIESTA SU ORGOSOLO
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rispondenze, tenendo presente che nel « processo orgolese », naturalmente, esiste sempre una grande rozzezza e, spesso, una contem[...]
[...]atori » si giunge al riconoscimento della colpa da parte del responsabile, e ad una chiarificazione delle due parti, si conviene un risarcimento che è, oggi, in generale, pecuniario. Il principio del risarcimento pecuniario discende, propriamente, dalla legislazione medioevale sarda, dalla « Carta de Logu ».
Ma esiste anche una specie di « abbonamentu » più antico con spargimento di sangue non umano ma animale nel caso, ad es., di invasione abusiva di pascolo o di seminato da parte di una pecora
o di un gregge. Il danneggiato ha il diritto di fare immediatamente l’esecuzione della bestia, o di più bestie, consegnandone il cadavere,
o i cadaveri, al loro proprietario. È dato ritrovare in questo modo un antico principio di riscatto sacrificale, di « simbolica » vendetta,60
FRANCO CAGNETTA
che nel medioevo, per es. si può ricollegare ai processi contro gli animali. L’uso di questo era così vasto e diffuso che la « Carta de Logu » e la legislazione spagnola lo stabiliscono come istituto che prende il nome di « maquizia ».
[...]
[...] cui trapeli qualche cosa.
Se non vi è spia, se non vi è conflitto accidentale, fortuito, si può tener fede a LeiSpano, già capo della Magistratura in Sardegna che scrive : « per esperienza personale posso dire essere rarissimo il caso che un malfattore sia scoperto e assicurato alla Giustizia ».
Le cronache delle « bardane » (che richiederebbero una intera biblioteca), il loro sviluppo continuo non « straordinario » portano ad alcune conclusioni generali. Scrive, ad es., il PaisSera nella su citata inchiesta, a proposito della « bardana » : « Si avverta che nella sua esecuzione ha un colore di impresa guerresca che si riattacca alle tradizioni dei popoli primitivi della Sardegna » (13).
Se non si tiene presente questo carattere normale, (seppur per noi « straordinario ») si rischia di non comprendere una situazione locale che non può essere se non quella che è: non si può affrontare concretamente la soluzione del problema.
Un fenomeno singolare su cui bisogna rivolgere l’attenzione è che l’abitante di Orgosolo, il pastore, i[...]
[...]li paesi di pastori, che, prima di Orgosolo hanno raggiunto un progresso superiore.
Quali siano le ragioni della conservazione in Orgosolo di questi residui di arcaici elementi strutturali e culturali che non discendono dalla struttura economica e dalla cultura presente vedremo chiaramente, nella seconda parte di questa inchiesta, analizzando i rapporti tra Orgosolo e lo Stato.
* * *
Alcune manifestazioni culturali ancor vivissime e diffusissime nel paese di Orgosolo, al punto che possono ritenersi tipiche e fondamentali, testimoniano l’arcaicità del paese.
Bisogna considerare, in primo luogo, le manifestazioni culturali che si svolgono in occasione della morte, ed in particolare lo attitu o lamento funebre. Nel corso della mia inchiesta ho avuto occasione di effettua re una documentazione su 1 ’attitu basata su alcune registrazioni con apparecchio a nastro magnetico e piccole riprese cinematografiche.
I documenti ed i dati da me raccolti sono stati qui cortesemente elaborati dall’amico prof. Ernesto De Martino, le cui imp[...]
[...]le che non sono pie72
FRANCO CAGNETTA
namente entrate nel processo di industrializzazione, come l’Europa balcanica e danubiana, qualche zona della Spagna, e — per l’Italia
— la Puglia, la Lucania, la Calabria, qualche settore anche abbastanza a nord della catena appenninica (come la Sabina) e, infine, la Sardegna. Nella sua forma generale il lamento funebre è un sistema organico tradizionale e rituale di espressioni foniche (verbali e musicali) e mimiche, sistema che si inserisce nel cerimoniale funerario in momenti critici particolari, e che per il suo interno meccanismo deve essere interpretato come un modo di difesa dall’eccesso parossistico (o addirittura autolesionistico) che l’evento luttuoso scatena nei sopravvissuti, soprattutto le donne. Il lamento funebre è reso dalle parenti femminili del defunto, o dalle lamentatrici professionali in un ulteriore sviluppo dell’istituto, e si appoggia su moduli fissi verbali mimici e melodici che tendono a spersonalizzare il dolore e che inducono, attraverso la ripetizione stereotipa[...]
[...] che sa piangere bene e che ha la funzione di essere la guida del lamento: ma anche le parenti che sappiano eseguire il lamento partecipano col canto al cordoglio. La funzione del coro sembra limitata ad alcune brevi interiezioni stereotipe come ‘fradi meu’, ‘fizu meu’, ‘ziu meu’, ‘tattaiu meu’ » e simili che o sono ripetute all’unisono con la lamentatrice o riempiono gli intervalli nei quali la lamentatrice si riposa. Vi sono moduli letterari, musicali e mimici : cioè delle forme stereotipe tradizionali che consistono in immagini, interi versi, melopea, gesti.
In particolare, secondo i dati elaborati da Diego Carpitella, gli « attitos » registrati in Orgosolo per la parte musicale hanno particolare importanza. Essi, infatti, si basano su tre sole note: la loro struttura, estremamente elementare, appartiene indubbiamente, alle forme musicali più arcaiche che si conoscano. È difficile dire se le tre note in cui gli attitu si articolano fanno parte di una scala « modale » o di un scala pentatonica ridotta. E, data la frequenza del lamento funebre pentatonico in Italia la cosa non si potrebbeINCHIESTA SU ORGOSOLO
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escludere. Il loro modo di esecuzione è un declamato sillabico libero ed asimmetrico.
È molto interessante il fatto che alcune donne si trascrivono in un quadernetto i lamenti che hanno occasione di ascoltare: questo quadernetto, gelosamente conservato, è utilizzato poi dalle donne pei attingere alla prima [...]
[...] il cordoglio in generale e quella forma rituale di cordoglio che é il lamento.
Una seconda manifestazione di estremo interesse e così diffusa da costituire la forma tipica ed il principale mezzo di formazione e di colloquio culturale tra gli orgolesi, è costituita dalla produzione di poesie cantate, « poesia sarda » o « su tenore » nel quale è rintracciabile il carattere arcaico e classico di identità tra parole e suoni di tutta la poesia e musica propriamente popolare.
Nel corso della mia inchiesta ho avuto modo di effettuare numerose registrazioni di questa forma su apparecchio a nastro magnetico, integrate da piccole riprese cinematografiche. I testi e le notizie da me raccolte sono state qui cortesemente elaborati dall’amico prof. Diego Carpitella del Centro Studi di musica popolare, dell’Accademia di S. Cecilia, e ne dò qui la sua relazione:
« Improvvisando queste poesie gli Orgolesi sogliono (come, d’altronde, in quasi tutta la Barbagia) riunirsi abitualmente in quattro cantori che iniziano un dialogo poeticomusicale. Il primo di essi — detto Sa Boghe — ponendosi al lato degli altri tre in posizione rigida, in piedi o seduto, qualche volta con una mano attorno alla bocca, posta in forma di conchiglia e come cassa armonica, incomincia a cantare un primo verso con una voce acuta che svolge il canto scandendo le sillabe, con un tremolio continuo e singhiozzato
— un declamatosillabico « rubato ». Il modo ritmico di dire questi
. . , . . /3+2 4+2+3
versi e sempre molto vario, irregolare ''Simmetrico I ^—r;
3+2 ,2 \ .
——| — ecc.) caratterizzato da continue accelerazioni e rallenta8 478
FRA[...]
[...]o
— un declamatosillabico « rubato ». Il modo ritmico di dire questi
. . , . . /3+2 4+2+3
versi e sempre molto vario, irregolare ''Simmetrico I ^—r;
3+2 ,2 \ .
——| — ecc.) caratterizzato da continue accelerazioni e rallenta8 478
FRANCO CAGNETTA
menti, da ornamenti e improvvisazioni varie che l’abbelliscono.
Questa voce — tipica di tutto il bacino mediterraneo e con caratteri comuni, per tendenza alla tonalità acuta, alla musica primitiva asiaticoeuropea — assomiglia, sotto alcuni aspetti, alle voci pastorali di altre regioni italiane, ad esempio il Gargano e la Calabria.
Conclusa l’esposizione del canto, la cui durata è legata al testo, al suo significato ed all’emozione provata, questo cantore tace e quasi sulle sue ultime note entrano contemporaneamente le altre tre voci.
La prima di esse è quella del cantore detto — Su bassu —. Questo emette con voce di gola, rauca e cavernosa, di timbro metallico e ferrigno, un suono cupo, continuo, una successione di note rapide e violente, che fa da base agli altri due[...]
[...]egolare (in genere prevale il ritmo ternario). Le tre voci non ripetono alcuna parola del testo esposto dalla voce solista, ma fondono il loro blocco ritmico sulla scansione di alcune sillabe tradizionali : Barillà, Bimbarà, Bimborò; ecc. Conclusosi questo inciso ritmico la voce solista riprende il canto, per essere poi nuovamente interrotta dalle tre voci, e così via di seguito. Questo insieme di voci rintracciabile anche in qualche altra zona musicale italiana si differenzia però essenzialmente da queste, soprattutto nella impostazione della voce bassa, la quale ha caratteri analoghi nella musica primitiva di Oceania e di Africa. Nel centro di quest’ultimo continente si possono infatti trovare forme ed esecuzioni affini a Su tenore. Non si può dimenticare, inoltre, che ad Orgosolo questi canti servivano quale eccitazione ed incitamento alla « bardana », come tuttora, servono larINCHIESTA SU ORGOSOLO
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gamente a popolazioni dell’Africa per intraprendere la guerra. Le voci di Su tenore sono caratterizzate da sedimentazioni e imitazioni naturalistiche: è rintracciabile infatti una affinità tra i comandi che
i pastori usano per gli armenti e la dimensione dei loro canti : la [...]
[...]e interrompono Su tenore). Un’altra identità può trovarsi nella imitazione di versi propri del mondo animale (belati, muggiti, campanacci, ecc.). I tre cantori, seduti o in piedi, cantano anch’essi come Sa boghe, in uno stato quasi di assoluta immobilità, se si eccettua, qualche volta, il portamento di una delle due mani sulla guancia, tra l’orecchio e la bocca, per cassa armonica, o, come essi dicono, per « sentire » meglio la voce.
L’altra musica pastorale italiana è caratterizzata invece da una continua e straziante deformazione della faccia e di tutto il tronco. Questi caratteri di immobilità sono comunque rintracciabili in diverse altre culture, tra le quali quelle celtiche e di derivazione africana ».
Rimane, infine, tra le manifestazioni culturali tipiche di Orgosolo anche il ballo detto « su ballu sardu » o « su ballu tondu » (il ballo sardo o il ballo tondo) che, diffuso in tutta la Sardegna, è stato da molto tempo e largamente studiato. Si tratta, come è noto, di un ballo in circolo tra uomini e donne (a volte centinaia) [...]
[...] il ballo tondo) che, diffuso in tutta la Sardegna, è stato da molto tempo e largamente studiato. Si tratta, come è noto, di un ballo in circolo tra uomini e donne (a volte centinaia) nelle case o sulla pubblica piazza, eseguito tenendosi per le braccia, con quasi immobilità della parte superiore del tronco e passi lenti e gravi, a volte accelerati e quasi frenetici, intramezzati da saltelli, ma mai deformanti e scomposti. I balli a circolo, diffusi in tutto il bacino mediterraneo (Kolo montenegrino ecc.) tradiscono la loro arcaica tradizione nella forma di circolo, sempre legata a ragioni di magia il cui significato è oggi difficile determinare e ricostruire. Altra caratteristica fondamentale di questo ballo è che esso non è danzato su musica strumentale ma su musica vocale, cioè sulla poesia cantata: « su tenore ». Gli scarti ritmici di questo nel caso specifico del ballo (secondo le osservazioni che mi fornisce l’amico Carpitella ascoltando le registrazioni da me effettuate) sono qui più evidenti e si passa, attraverso una vivace accelerazione, da un ritmo di80
FRANCO CAGNETTA
ottava ad un ritmo di quarta —t — j. E il ritmo è sottolineato,
molto spesso, dal battito sincrono dei piedi, interrotto da grida, fischi, interiezioni. L’unione di poesia, musica e danza risale alle più antiche manifestazioni culturali che si conoscano, diffuso tra tu[...]
[...]i scarti ritmici di questo nel caso specifico del ballo (secondo le osservazioni che mi fornisce l’amico Carpitella ascoltando le registrazioni da me effettuate) sono qui più evidenti e si passa, attraverso una vivace accelerazione, da un ritmo di80
FRANCO CAGNETTA
ottava ad un ritmo di quarta —t — j. E il ritmo è sottolineato,
molto spesso, dal battito sincrono dei piedi, interrotto da grida, fischi, interiezioni. L’unione di poesia, musica e danza risale alle più antiche manifestazioni culturali che si conoscano, diffuso tra tutti
i popoli primitivi e, altrettanto, dell’antichità. Il ballo dell’antica Grecia, per es., non doveva essere dissimile come ci testimonia l’Iliade (cap. XVIII, scudo di Achille). E così era altrettanto il ballo dell’antica Roma se si tiene conto della testimonianza dell’Eneide (VI, 664):
Pars pedibus plaudunt choreas et carmina dicunt...
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Chi ricerchi qualche notizia sulla origine, sulla storia antica, medioevale e moderna di Orgosolo si mette in una impresa quasi disperata. A somigli[...]
[...]etaglie, vasi in pietra, vasetti in bronzo e in argento, monete varie, residui di ossami di animali e due classiche navicelle votive muragiche di bronzo. Informato il podestà il materiale era stato portato a Nuoro nel museo del Comune. Recatosi in Orgosolo il 1930 il prof. Taramelli, per ricerche sulla sua « Carta archeologica della Sardegna », saputo anche che sul luogo esistevano leggende di tesori sepolti, di fantasmi, ne aveva tratta la conclusione che doveva trattarsi di « un sacrario » per l’adorazione delle rupi — come nei culti Cananei — dotato di un altare per sacrifici animali, le cui ossa venivano gettate dall’alto. Riteneva che fosse stato frequentato dai primi abitatori della Sardegna, anche in epoca cartaginese, e poi romana, — come comprova il trovamento di 9 monete puniche e 16 monete romane (imperiali) di cui si dà descrizione (15).
Nel corso della mia gita al Supramonte ho avuto anch’io occasione di fare, come ho accennato, scoperta di un abitato neolitico che può essere di una certa importanza. Aggiungo qui che la l[...]
[...]t. sua opera :
« Ecci nel più montagnoso ed aspro sito della Barbagia, nel popoloso villaggio d’Orgozzolo, ove le genti vivon sequestrate dalle circostanti ville, uomini selvatici e crudi, che campan di ratto, e stanno a guardia di sé medesimi, saldi a non volere guarnigione di soldati, o briglia di leggi. Costoro non ebber forse mai mescolanza straniera; né pellegrino, che non sia sacerdote, trova colà cortese accoglienza.
Ora, in fra gli usi paesani, è quello d’ugnersi i dì delle feste; e più la festa è grande e maggiore è il gaudio della cospersione.
Monsignor Varesini, arcivescovo di Sassari, facendo, ha circa tre anni, la visita Apostolica nella diocesi di Nuoro, si condusse ad Orgozzolo in fra i monti di Oliena. E come gli uomini di quel villaggio seppero della venuta di sì gran Prelato, che a memoria non avevan veduto il Vescovo in quella terra, fecero gli apparecchi grandi e, venuto il dì ordinato, molti scesero a’ confini di lor territorio ad incontrarlo. Egli era scortato da otto Cavalleggeri per onore di sua dignità; [...]
[...]ore di sua dignità; e, conoscendo il talento di que’ duri uomini, e sapendo che in fra essi erano di molti banditi che avean francato il confine per trovarsi alla festa, impose a’ Cavalleggeri che, come di sua brigata, la venuta loro fosse pacifica e cheta. Giunto in su quel
lo d’Orgozzolo, ogni uomo si mise a ginocchi e, avuta la benedizione, e gridato: Vivai sa Monsénori, d’ottant’uomini ch’erano in tutti, quaranta spararono a gioia gli archibusi e gli altri quaranta non ispararono i loro, sinché non videro i sozi aver già rimesso la carica e alzato il cane in resta, tant’era il sospetto in che gli aveva gittati la vista di Cavalleggeri.
Per su tutto il cammino insino al villaggio eran bande di loro masnade, e facevan tripudio di spari, e le donne s’eran tutte raccolte ad attendere l’Arcivescovo nella Chiesa, e i preti in sulla porta maggiore con la croce in asta.
L’Arcivescovo, fatte sue orazioni all’altare, e voltosi a quella gente, recitò una calda e forte Omelia, dicendo — in fra le altre gran cose — che ivi gli uomini non p[...]