Brano: Savoia, Umberto I
sua politica triplicista e antifrancese.
Nello stesso periodo Umberto I impresse una svolta anche alla politica coloniale deiritalia, premendo sul Consiglio dei ministri per lo sbarco a Massaua e la conquista coloniale dell’Eritrea (v.), in cui era evidente l’intreccio tra ambizioni militaristiche e interessi dinastici.
Gli anni intercorsi dal primo governo Crispi (luglio 1887) alla disfatta di Adua (marzo 1896) videro Umberto I alle prese con lo scandalo della Banca romana, che a un certo punto sembrò lambire gli stessi ambienti della corte, e registrarono un crescente malcontento popolare, acuito dalla crisi economica e dalla caduta della produzione frumentaria, che si esprimeva in un'ondata di proteste da parte delle organizzazioni socialiste ed operaie.
Contrapponendosi a Giovanni Giolitti (v.), momentaneamente succeduto a Crispi, Umberto I invitò il governo alla repressione, lamentandosi che fino ad allora non fosse stato preso « qualche energico provvedimento di fronte al l’audacia provocatrice dei fasci dei lavoratori ».
L’ammirazione per Crispi non gli impedì comunque (dopo Adua) di abbandonarlo, fino a scontrarsi con la regina che avrebbe voluto proclamare lo stato d’assedio e continuare la guerra in Africa. Con più prudenza, Umberto invece nominò presidente del Consiglio il Rudinì (che era contrario a ogni avventura coloniale), dimostrando con ciò di tenere alla salvaguardia della monarchia, il cui prestigio era uscito assai compromesso dalla provata incapacità dell’apparato militare.
La strage di Milano
L’incoerenza, l’incapacità di dominare gli eventi, la mancanza di una strategia che tenesse conto del nuovo blocco storico tra borghesia industriale e movimento operaio settentrionale che andava determinandosi nel paese, spinsero Umberto I su posizioni ondeggianti tra liberalismo e reazione, tra rispetto delle regole[...]
[...]ario a ogni avventura coloniale), dimostrando con ciò di tenere alla salvaguardia della monarchia, il cui prestigio era uscito assai compromesso dalla provata incapacità dell’apparato militare.
La strage di Milano
L’incoerenza, l’incapacità di dominare gli eventi, la mancanza di una strategia che tenesse conto del nuovo blocco storico tra borghesia industriale e movimento operaio settentrionale che andava determinandosi nel paese, spinsero Umberto I su posizioni ondeggianti tra liberalismo e reazione, tra rispetto delle regole democratiche e velleità di potere personale, fino a osteggiare un ridimensionamento delle spese militari e a logorare l’iniziativa del Rudinì, spianando la strada al ministero Pelloux e ai decreti liberticidi. In questo clima, reso più preoccupante e confuso dai fatti di Milano (69.9.1898) e dal dilagare della protesta popolare per il rincaro del pane, Umberto I si mosse tra sollecitazioni diverse e contrap
poste che ne evidenziavano tutti i limiti politici e il disorientamento, essendo combattuto tra la preoccupazione per le vittime e la solidarietà con il generale Bava Beccaris che aveva fatto prendere a cannonate la folla inerme dei manifestanti milanesi (v. Eccidi in Italia).
il mito del “re buono"
Come sovrano, commise poi l’imperdonabile imprudenza, di cui non valutò tutte le conseguenze, di decorare il sanguinario generale con la croce di grand’ufficiale dell’ordine militare di Savoia « per rimeritare il servizio che Elia rese alle is[...]
[...] Italia).
il mito del “re buono"
Come sovrano, commise poi l’imperdonabile imprudenza, di cui non valutò tutte le conseguenze, di decorare il sanguinario generale con la croce di grand’ufficiale dell’ordine militare di Savoia « per rimeritare il servizio che Elia rese alle istituzioni e alla civiltà e perché le attesti col mio affetto la riconoscenza mia e della Patria ».
Domenico Farini, presidente del Senato, nel suo diario annotò che Umberto I da un lato sembrava pronto a soluzioni antiparlamentari e autoritarie scavalcando la Camera, dall'altro era « incerto, smarrito, ignaro di costituzione ».
Secondo l’analisi di Arturo Labriola, la grande paura del ’98 suggerì al re il tentativo di un vero e proprio colpo di stato, ora sotto forma legalitaria (come invocava Sidney Sonnino nel famoso articolo “Torniamo allo Statuto », cioè limitando i poteri del Parlamento e rafforzando le prerogative reali) e ora pensando a una soluzione di tipo tedesco, con l’instaurazione di un regime personale e del cancellierato. Questi progetti comunque[...]
[...] fine contribuì ad « assommare contro l'istituto monarchico i danni delle due possibili alternative: un risultato che suona condanna delle capacità politiche di Umberto » (U. Alfassio Grimaldi). Le inclinazioni quantomeno assai poco democratiche dei Savoia erano state certificate.
In realtà, lasciando da parte i giudizi di certa letteratura encomiastica e reazionaria che, al di fuori di ogni obiettività storica, creerà il mito del re “buono”, Umberto I non si era reso conto delle trasformazioni in atto nel paese e non aveva compreso che la difesa degli equilibri sociali e la stessa sopravvivenza dell’istituto monarchico avevano bisogno di quelle riforme sollecitate da uomini come Giolitti e non dei disegni reazionari della “camarilla di corte”.
Poco dopo l’inaugurazione della nuova legislatura, il 29.7.1900, essendo a Monza per una manifestazione ginnica, il monarca cadde ucciso per mano dell’anarchico Gaetano Bresci che aveva inteso così vendicare le vittime della repressione del ’98.
Bibliografia: C. Rinaudo, Umberto I di Savoia re [...]
[...]tessa sopravvivenza dell’istituto monarchico avevano bisogno di quelle riforme sollecitate da uomini come Giolitti e non dei disegni reazionari della “camarilla di corte”.
Poco dopo l’inaugurazione della nuova legislatura, il 29.7.1900, essendo a Monza per una manifestazione ginnica, il monarca cadde ucciso per mano dell’anarchico Gaetano Bresci che aveva inteso così vendicare le vittime della repressione del ’98.
Bibliografia: C. Rinaudo, Umberto I di Savoia re d'Italia, Torino, 1900; E. Pedrottl, Umberto
I re d'Italia, Napoli, 1900; A. Comandinl, Il regno d'Umberto I (18781900). Storia e critica, Milano, 1900; U. Pesci, Il re martire: La vita e il regno di Umberto I, Bologna, 1901; Lettere di Umberto I re d'Italia riunite, annotate e precedute da uno studio critico biografico di E.E. Ximenes, Cremona, 1904; A. Labriola, Storia di dieci anni, Milano, 1910; A.G. Guerra, Umberto I, Torino, 1935; A. Amante, “Umberto I”, in Un secolo di regno. L'unità nazionale, Bologna, 1959, pp. 33371;
D. Farini, Diario di fine secolo, a cura di E. Morelli, Roma, 1962; U. Alfassio Grimaldi,
II re "buono”, Milano, 1970; A. Guccioli, Diario di un conservatore, Roma, 1973; U. Levra,
Il colpo di stato della borghesia. La crisi politica di fine secolo in Italia; 18961900, Milano, 1975; G. Artieri, Cronaca del Regno d'Italia, Voi. I. Da Porta Pia all'interventò, Milano, 1977; R. Brancalini. La Regina Margherita, Milano, 1983.
E.Tor.
// regicidio
Emblematicamente speculare alla falsa immagine del “re buono” fu [...]
[...]colo in Italia; 18961900, Milano, 1975; G. Artieri, Cronaca del Regno d'Italia, Voi. I. Da Porta Pia all'interventò, Milano, 1977; R. Brancalini. La Regina Margherita, Milano, 1983.
E.Tor.
// regicidio
Emblematicamente speculare alla falsa immagine del “re buono” fu quella creata per il suo uccisore, dipinto come un assassino fanatico, pazzoide e infine suicida. Ma la storia ha fatto giustizia di entrambe le mistificazioni e mentre oggi Umberto I, pur essendo presente con il suo nome in tante vie e piazze italiane, viene ricordato quasi esclusivamente per la sua morte, l'operaio Gaetano Bresci è rimasto nella memoria popolare come un coraggioso e coerente giustiziere. Trentunenne, originario di Coiano (Castelfiorentino), Bresci era stato costretto a emigrare in America, come tanti suoi compagni, per trovare un lavoro. Occupato in una fabbrica tessile di Paterson (New Jersey), iscritto al circolo anarchico Società per il diritto all'esistenza, alla notizia della strage compiuta dal Bava Beccaris a Milano e deM’encomio solenne tributato[...]