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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 398

Brano: Savoia, Umberto I

sua politica triplicista e antifrancese.

Nello stesso periodo Umberto I impresse una svolta anche alla politica coloniale deiritalia, premendo sul Consiglio dei ministri per lo sbarco a Massaua e la conquista coloniale dell’Eritrea (v.), in cui era evidente l’intreccio tra ambizioni militaristiche e interessi dinastici.

Gli anni intercorsi dal primo governo Crispi (luglio 1887) alla disfatta di Adua (marzo 1896) videro Umberto I alle prese con lo scandalo della Banca romana, che a un certo punto sembrò lambire gli stessi ambienti della corte, e registrarono un crescente malcontento popolare, acuito dalla crisi economica e dalla caduta della produzione frumentaria, che si esprimeva in un'ondata di proteste da parte delle organizzazioni socialiste ed operaie.

Contrapponendosi a Giovanni Giolitti (v.), momentaneamente succeduto a Crispi, Umberto I invitò il governo alla repressione, lamentandosi che fino ad allora non fosse stato preso « qualche energico provvedimento di fronte al l’audacia provocatrice dei fasci dei lavoratori ».

L’ammirazione per Crispi non gli impedì comunque (dopo Adua) di abbandonarlo, fino a scontrarsi con la regina che avrebbe voluto proclamare lo stato d’assedio e continuare la guerra in Africa. Con più prudenza, Umberto invece nominò presidente del Consiglio il Rudinì (che era contrario a ogni avventura coloniale), dimostrando con ciò di tenere alla salvaguardia della monarchia, il cui prestigio era uscito assai compromesso dalla provata incapacità dell’apparato militare.

La strage di Milano

L’incoerenza, l’incapacità di dominare gli eventi, la mancanza di una strategia che tenesse conto del nuovo blocco storico tra borghesia industriale e movimento operaio settentrionale che andava determinandosi nel paese, spinsero Umberto I su posizioni ondeggianti tra liberalismo e reazione, tra rispetto delle regole[...]

[...]ario a ogni avventura coloniale), dimostrando con ciò di tenere alla salvaguardia della monarchia, il cui prestigio era uscito assai compromesso dalla provata incapacità dell’apparato militare.

La strage di Milano

L’incoerenza, l’incapacità di dominare gli eventi, la mancanza di una strategia che tenesse conto del nuovo blocco storico tra borghesia industriale e movimento operaio settentrionale che andava determinandosi nel paese, spinsero Umberto I su posizioni ondeggianti tra liberalismo e reazione, tra rispetto delle regole democratiche e velleità di potere personale, fino a osteggiare un ridimensionamento delle spese militari e a logorare l’iniziativa del Rudinì, spianando la strada al ministero Pelloux e ai decreti liberticidi. In questo clima, reso più preoccupante e confuso dai fatti di Milano (69.9.1898) e dal dilagare della protesta popolare per il rincaro del pane, Umberto I si mosse tra sollecitazioni diverse e contrap

poste che ne evidenziavano tutti i limiti politici e il disorientamento, essendo combattuto tra la preoccupazione per le vittime e la solidarietà con il generale Bava Beccaris che aveva fatto prendere a cannonate la folla inerme dei manifestanti milanesi (v. Eccidi in Italia).

il mito del “re buono"

Come sovrano, commise poi l’imperdonabile imprudenza, di cui non valutò tutte le conseguenze, di decorare il sanguinario generale con la croce di grand’ufficiale dell’ordine militare di Savoia « per rimeritare il servizio che Elia rese alle is[...]

[...] Italia).

il mito del “re buono"

Come sovrano, commise poi l’imperdonabile imprudenza, di cui non valutò tutte le conseguenze, di decorare il sanguinario generale con la croce di grand’ufficiale dell’ordine militare di Savoia « per rimeritare il servizio che Elia rese alle istituzioni e alla civiltà e perché le attesti col mio affetto la riconoscenza mia e della Patria ».

Domenico Farini, presidente del Senato, nel suo diario annotò che Umberto I da un lato sembrava pronto a soluzioni antiparlamentari e autoritarie scavalcando la Camera, dall'altro era « incerto, smarrito, ignaro di costituzione ».

Secondo l’analisi di Arturo Labriola, la grande paura del ’98 suggerì al re il tentativo di un vero e proprio colpo di stato, ora sotto forma legalitaria (come invocava Sidney Sonnino nel famoso articolo “Torniamo allo Statuto », cioè limitando i poteri del Parlamento e rafforzando le prerogative reali) e ora pensando a una soluzione di tipo tedesco, con l’instaurazione di un regime personale e del cancellierato. Questi progetti comunque[...]

[...] fine contribuì ad « assommare contro l'istituto monarchico i danni delle due possibili alternative: un risultato che suona condanna delle capacità politiche di Umberto » (U. Alfassio Grimaldi). Le inclinazioni quantomeno assai poco democratiche dei Savoia erano state certificate.

In realtà, lasciando da parte i giudizi di certa letteratura encomiastica e reazionaria che, al di fuori di ogni obiettività storica, creerà il mito del re “buono”, Umberto I non si era reso conto delle trasformazioni in atto nel paese e non aveva compreso che la difesa degli equilibri sociali e la stessa sopravvivenza dell’istituto monarchico avevano bisogno di quelle riforme sollecitate da uomini come Giolitti e non dei disegni reazionari della “camarilla di corte”.

Poco dopo l’inaugurazione della nuova legislatura, il 29.7.1900, essendo a Monza per una manifestazione ginnica, il monarca cadde ucciso per mano dell’anarchico Gaetano Bresci che aveva inteso così vendicare le vittime della repressione del ’98.

Bibliografia: C. Rinaudo, Umberto I di Savoia re [...]

[...]tessa sopravvivenza dell’istituto monarchico avevano bisogno di quelle riforme sollecitate da uomini come Giolitti e non dei disegni reazionari della “camarilla di corte”.

Poco dopo l’inaugurazione della nuova legislatura, il 29.7.1900, essendo a Monza per una manifestazione ginnica, il monarca cadde ucciso per mano dell’anarchico Gaetano Bresci che aveva inteso così vendicare le vittime della repressione del ’98.

Bibliografia: C. Rinaudo, Umberto I di Savoia re d'Italia, Torino, 1900; E. Pedrottl, Umberto

I re d'Italia, Napoli, 1900; A. Comandinl, Il regno d'Umberto I (18781900). Storia e critica, Milano, 1900; U. Pesci, Il re martire: La vita e il regno di Umberto I, Bologna, 1901; Lettere di Umberto I re d'Italia riunite, annotate e precedute da uno studio critico biografico di E.E. Ximenes, Cremona, 1904; A. Labriola, Storia di dieci anni, Milano, 1910; A.G. Guerra, Umberto I, Torino, 1935; A. Amante, “Umberto I”, in Un secolo di regno. L'unità nazionale, Bologna, 1959, pp. 33371;

D. Farini, Diario di fine secolo, a cura di E. Morelli, Roma, 1962; U. Alfassio Grimaldi,

II re "buono”, Milano, 1970; A. Guccioli, Diario di un conservatore, Roma, 1973; U. Levra,

Il colpo di stato della borghesia. La crisi politica di fine secolo in Italia; 18961900, Milano, 1975; G. Artieri, Cronaca del Regno d'Italia, Voi. I. Da Porta Pia all'interventò, Milano, 1977; R. Brancalini. La Regina Margherita, Milano, 1983.

E.Tor.

// regicidio

Emblematicamente speculare alla falsa immagine del “re buono” fu [...]

[...]colo in Italia; 18961900, Milano, 1975; G. Artieri, Cronaca del Regno d'Italia, Voi. I. Da Porta Pia all'interventò, Milano, 1977; R. Brancalini. La Regina Margherita, Milano, 1983.

E.Tor.

// regicidio

Emblematicamente speculare alla falsa immagine del “re buono” fu quella creata per il suo uccisore, dipinto come un assassino fanatico, pazzoide e infine suicida. Ma la storia ha fatto giustizia di entrambe le mistificazioni e mentre oggi Umberto I, pur essendo presente con il suo nome in tante vie e piazze italiane, viene ricordato quasi esclusivamente per la sua morte, l'operaio Gaetano Bresci è rimasto nella memoria popolare come un coraggioso e coerente giustiziere. Trentunenne, originario di Coiano (Castelfiorentino), Bresci era stato costretto a emigrare in America, come tanti suoi compagni, per trovare un lavoro. Occupato in una fabbrica tessile di Paterson (New Jersey), iscritto al circolo anarchico Società per il diritto all'esistenza, alla notizia della strage compiuta dal Bava Beccaris a Milano e deM’encomio solenne tributato[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 397

Brano: Savoia, Umberto I

mici e militari e al Comitato delle forze antifasciste), diretta ad allontanare la possibilità di una evoluzione degli eventi in senso antimonarchico e di sinistra. Tentativi il più delle volte ingenui, al limite del dilettantismo politicodiplomatico, ma comunque importanti, come quello effettuato nell'ottobre 1942 con lallora sostituto alla Segreteria di Stato monsignor Giovan Battista Montini per usare il Vaticano da tramite con i governi di Londra e di Washington e far uscire l'Italia dalla guerra.

Per Mario Toscano è agli inizi del 1943 che si può far risalire l'« azione autonoma » [...]

[...]i al governo Badoglio. Inoltre visitò numerosi campi di internamento, svolgendo attività assistenziale e di propaganda a favore della monarchia.

Secondo dopoguerra

Tornata a Roma poco dopo II 25.4.

1945, prese parte senza entusiasmo agli sviluppi della nuova situazione politica e sembrò acconciarsi passivamente al breve ruolo di regina. Fu contraria a dilazionare la data del referendum istituzionale e non partecipò al giro elettorale di Umberto II, quasi a voler sottolineare

il proprio distacco dal destino dei Savoia.

Adele Cambria riferisce di un colloquio di Maria José a Berna, nel 1945, con Aldobrando Medici Tornaquinci, sottosegretario delle Terre occupate nel governo Bonomi, a conclusione del quale ebbe ad affermare che non sarebbe mai tornata in Italia « a fare la questua dei voti monarchici ».

Secondo precise testimonianze, si astenne dal votare per il referendum e, per ['Assemblea Costituente, votò Saragat. A tale linea di condotta, rispettosa dell’esito della consultazione, si è sempre attenuta nel successivo esilio,[...]

[...]cupate nel governo Bonomi, a conclusione del quale ebbe ad affermare che non sarebbe mai tornata in Italia « a fare la questua dei voti monarchici ».

Secondo precise testimonianze, si astenne dal votare per il referendum e, per ['Assemblea Costituente, votò Saragat. A tale linea di condotta, rispettosa dell’esito della consultazione, si è sempre attenuta nel successivo esilio, lontana dagli appelli legittimistici e patetici che frequentemente Umberto indirizzava agli italiani dal Portogallo.

Nel rifugio de Merlinge ha coltivato e coltiva gli studi storici sui Savoia e ha compiuto fino a non molti anni fa numerosi e prolungati viaggi, visitando, tra l’altro, la Cina e l’U.R.S.S.. Dopo la morte di Umberto si è tenuta fuori dalle risorgenti dispute tra i Savoia e gli Aosta e fra i gruppi monarchici. In un incontro col presidente della repubblica Sandro Pertini ha invece cautamente, e a suo modo, fatto sapere di essere interessata alla possibilità di un rientro in Italia.

Bibliografia: Marie de Piemont, Infirmière en Afrique Orientale. Pa[...]

[...]o”, a. XLIV, n. 4, dicembre 1979, pp. 67784; G. Ciano, Diario 19371943, a cura di R. De Felice, Milano 1980; D. Grandi, 25 luglio. Quarant'anni dopo, a cura di R. De Felice, Bologna, 1983; E. Signori, La Svizzera e i fuoriusciti italiani. Aspetti e problemi dell'emigrazione politica 194345, Milano, 1983; C. Musso, Diplomazia partigiana. Gli alleati, i rifugiati e la Delegazione del Clnai in Svizzera (19431945), Milano, 1983.

E.Tor.

Savoia, Umberto I

N. a Torino il 14.3.1844, m. a Monza

il 29.7.1900; secondo re d’Italia. Primogenito di Vittorio Emanuele II e di Maria Adelaide d'AsburgoLorena, salì al trono il 9.1.1878 assumendo (sembra su consiglio dell’allora ministro deH’Interno Francesco Crispi) il nome di Umberto I, non conforme alla progressione dinastica, proprio per rimarcare la funzione nazionale della monarchia.

Il suo regno segnò un’epoca importante per l’Italia (v.), caratterizzata

dall’avvento al potere della Sinistra, daH’allargamento della base dello Stato, dal “trasformismo” di Agostino Depretis e dall’autoritarismo di Crispi, dai primi passi del colonialismo (v.) italiano, dall’avanzata del socialismo e del movimento operaio per concludersi con la reazione antipopolare e antidemocratica del 1898, cui seguì l’attentato di Monza.

Alla ricerca di popolarità

« Cresciuto tra monsignor[...]

[...]olarità

« Cresciuto tra monsignori e soldati era entrato nella vita pubblica senza entusiasmo e senza genialità, senza nemmeno quelle turbolenze che avevano reso popolare il padre. S’era comportato bene nella terza guerra d’indipendenza, ma a corte erano unanimi nel dire che il principe “era purtroppo ignorante” e che non mostrava alcuna attitudine regale » [fì. Brancalini).

Nonostante ciò, la fiducia e la speranza per l’ascesa al trono di Umberto I furono quasi generali, provenendo anche dall’opposizione repubblicana e liberale. I primi passi del giovane monarca furono contraddistinti dalla ricerca della popolarità (sintomatiche le visite nella Romagna repubblicana e la partecipazione all’opera di soccorso in occasione del terremoto di Casamicciola e del colera di Napoli), nella quale ebbero un ruolo non secondario l’iniziativa e il fascino personale della regina Margherita (v.), sposata nel 1868 e attivissima in campo culturale.

Involuzione reazionaria

Gli anni Ottanta rappresentarono tuttavia un'inversione di rotta rispetto alle[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 819

Brano: Monza

Funerali di Umberto I a Monza (agosto 1900)

presto forti limiti nell’azione rivendicativa e nella conduzione delle lotte.

Nel 1898 la locale Camera del lavoro annoverava già 3.770 iscritti e quando, nel maggio di quello stesso anno, ebbero luogo scioperi e agitazioni contro il caropane duramente repressi a Milano dal generale Bava Beccaris, anche Monza pagò il suo tributo di sangue con 7 morti (tra cui 2 cappellai),

12 feriti e decine di arrestati (v. Eccidi in Italia). Il 29.7.1900, per vendicare le vittime di quésta strage, l'anarchico Gaetano Brescì proprio a Monza uccideva il re Umberto I, ai cui ordi[...]

[...]mera del lavoro annoverava già 3.770 iscritti e quando, nel maggio di quello stesso anno, ebbero luogo scioperi e agitazioni contro il caropane duramente repressi a Milano dal generale Bava Beccaris, anche Monza pagò il suo tributo di sangue con 7 morti (tra cui 2 cappellai),

12 feriti e decine di arrestati (v. Eccidi in Italia). Il 29.7.1900, per vendicare le vittime di quésta strage, l'anarchico Gaetano Brescì proprio a Monza uccideva il re Umberto I, ai cui ordini aveva agito il sanguinario Bava Beccaris.

Nel marzo 1901 suscitò particolare tensione lo sciopero detto « delle monache », provocato dall'assunzione (con evidenti scopi di crumiraggio) di tre suore guardiane nella sezione « guarnissaggio » del cappellificio RicciValera. La protesta si estese a tutti i lavoratori della categoria (2.050 uomini e 1.450 donne), per cui la Direzione della fabbrica fu costretta a ritornare sulla propria decisione.

Questo episodio, come molti altri analoghi che si verificarono in vari stabilimenti tessili della Lombardia, rivelò per la prima vol[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 401

Brano: [...]odena e della scuola di guerra. Sottotenente nel 1886, nel 1892 era già maggiore generale. Compiuti alcuni viaggi nei paesi europei e in Medio Oriente, nel 1896 sposò Elena di Montenegro.

Gli anni del "giolittismo"

Dotato di « una intelligenza e cultura superiori alla media », aveva assorbito dal clima di fine secolo una discreta inclinazione anticlericale; quando salì al trono (in seguito all’attentato di Gaetano Bresci contro

il padre Umberto I), probabilmente aveva già maturato un giudizio critico sulle difficoltà a cui il regno paterno era andato incontro, segnatamente dopo la disfatta di Adua, per « l’autoritarismo, la germanofilia, l’imperialismo di Crispi » e le tendenze del re e della corte (D. Bartoli).

li suo primo proclama del 2.8.1900 al popolo italiano sembrò aprire al paese un nuovo ciclo democratico.

E, in effetti, la mano di Giovanni Giolitti nella politica interna e sociale, la cura e il distacco del giovane re negli affari costituzionali (mentre si guardava dall'intromettersi nelle vicende governative e parlame[...]

[...]te (D. Bartoli).

li suo primo proclama del 2.8.1900 al popolo italiano sembrò aprire al paese un nuovo ciclo democratico.

E, in effetti, la mano di Giovanni Giolitti nella politica interna e sociale, la cura e il distacco del giovane re negli affari costituzionali (mentre si guardava dall'intromettersi nelle vicende governative e parlamentari, pur tenendosi diligentemente informato) introdussero notevoli novità rispetto agli ultimi anni di Umberto I.

Sul finire dell’età giolittiana, idealizzando e schematizzando un giudizio che era nell'aria e alludeva all’accento liberalriformistico della lotta politica interna, Mario Missiroli (v.) parlerà di « monarchia socialista », ma già c’era stato il “ritorno in Africa” con la guerra di Libia (v.) e una nuova ondata di nazionalismo imperialistico si era appena annunciata.

Vittorio Emanuele compensava la sua piccola statura, per cui forse non era né amato né ammirato, con una notevole attenzione per la politica militare ed estera, che gli competeva in modo particolare; e nelle sue prerogativ[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 400

Brano: Savoia, Umberto II

che costituiscono i valori italiani ». Nulla di notevole fino all’8 settembre: il principe, nonostante i suoi incarichi militari, rimase estraneo ai travagli che condussero all’armistizio. Amaro risveglio, invece, con la fuga di Pescara (v.) ; ma anche allora prevalse la ragione dinastica confusa con la ragion di stato, secondo gli ordini del re e di Badoglio.

Luogotenente del re

Nei mesi successivi Umberto intese la debolezza della posizione paterna (pur conservando il suo neutrale astensionismo) e fece in modo di non essere del tutto assente daH'impegno del I Raggruppamento motorizzato e, più tardi, del Corpo italiano di liberazione (v.). Di fronte alla nuova vita dell’Italia, si avvertì molto netta nella sua condotta la preferenza per la parte politica più spiccatamente fedele alla tradizione di casa Savoia.

Nella primavera del 1944 venne designato ad assumere la luogotenenza (v.) del Regno, secondo la soluzione studiata da Enrico De Nicola e resa possibile dalla “svolta di Salerno” (v.).
[...]

[...]l’azione del re U. Il dall’esilio, Milano 1966; ld., Il Re dall’esilio, Milano 1978; A. Cambria, Maria José, Milano 1966; S. Bertoldi, Umberto, Milano 1966; Idem, Umberto. Da Mussolini alla Repubblica: storia dell’ultimo re d’Italia, Milano 1983; G. Artieri, U.ll e la crisi della monarchia, Milano 1983.

E.Sa.

Savoia, Vittorio Emanuele III

N. a Napoli l’11.11.1869, m. ad Alessandria d’Egitto il 28.12.1947; terzo re d’Italia.

Figlio di Umberto I (v.) e di Mar

400



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 836

Brano: [...]VII per non aver accettato la rinuncia alla sovranità temporale della Chiesa (in seguito Pio VII sarà deportato in Francia).

Nel 1849, durante la Repubblica Romana, quando Pio IX fuggì a Gae

ta, per breve tempo il Quirinale ospitò Giuseppe Mazzini.

Dal 1870, dopo la proclamazione di Roma capitale del Regno, il Quirinale divenne la dimora dei Re d'Italia. Nel 1878 vi morì Vittorio Emanuele IL

Si stabilirono successivamente nel palazzo Umberto I con la regina Margherita, Vittorio Emanuele III con la regina Elena e infine Umberto II. Quest’ultimo vi soggiornò soltanto dal 9.5.1946, data di abdicazione del padre, fino al 16.6.1946 quando partì per l’esilio.

Il Quirinale fu quindi per tre quarti di secolo teatro di importanti avvenimenti per la storia italiana: nell’ottobre 1922 Vittorio Emanuele 111 vi ricevette il primo ministro Facta quando questi, di fronte al fascismo che minacciava di occupare la città di Roma, propose di proclamare lo stato d’assedio. Ma alle 10.30 del

28 ottobre, quando i fascisti irruppero nella Capitale, il monarca accolse Benito Mussolini e, tradendo

10 Statuto, lo incaricò di formare [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 634

Brano: [...]ella pubblica piazza, i confinati tolsero i gradi al direttore della colonia Suppa, disarmarono gli ufficiali della milizia e i loro uomini. NelToccasione trovò la morte un mìlite fascista, tale Bianca

gemma di Pisticci, che aveva tentato di sottrarsi alla cattura.

Pochi giorni dopo, un altro gruppo di militari alleati giunse a Pisticci e, senza motivo apparente (pare però che vi fosse stata la provocazione di un fascista), sparò in Piazza Umberto I mandando in frantumi l'orologio del Palazzo municipale e il crocefisso posto sulla chiesa a fianco.

Scomparsa la colonia fascista, la maggior parte dei confinati prese la via di casa, ma molti si stabilirono definitivamente a Marconia, dove tuttora risiedono con le loro famiglie.

Dopo la Liberazione

Dopo T8.9.1943 i fabbricati di Marconia vennero utilizzati come centro di smistamento profughi. Nel dicembre 1943 questi cominciarono ad affluire da Cassino, Chieti, Ortona, Formia, Anzio, Roma, Napoli, ecc. per un complesso di circa

18.000 unità.

Al centro di smistamento profughi, [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 855

Brano: [...]: era in corso il decollo industriale del paese e, accanto all’Italia artigiana, stava formandosi un’Italia industriale, divoratrice della manodopera a buon mercato dei contadini che lasciavano le campagne: cresceva il fenomeno dello sfruttamento della manodopera minorile e della dònna, aumentava paurosamente il numero degli emigranti. Si moltiplicavano gli scioperi, a Milano operai e popolani cadevano sotto i fucili

di Bava Beccaris, a Monza Umberto I moriva per mano dell’anarchico Gaetano Bresci.

Ormai alle soglie dell’età giolittiana, stava per mettere radici nel paese una democrazia industriale che avrebbe lasciato profondamente aperto il problema del rapporto fra un Nord in fase di espansione capitalistica e un Sud ancora arretrato, politicamente sottoposto alle leggi di un feudalesimo trasformista e clientelare. Fu appunto in quel clima che Romolo Murri elaborò un programma nel quale, lasciando da parte le cautele della impostazione di Giuseppe Toniolo, con un linguaggio moderno e attuale metteva a fuoco ed esprimeva i problemi del[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 698

Brano: [...]tolici andavano acquistando una crescente importanza politica, per quanto spesso la loro linea di azione apparisse contraddittoria: attraverso i loro giornali (L’Osservatore cattolico e La Lega Lombarda), espri

mevano infatti intenti ora progressisti e ora decisamente intransigenti e conservatori.

L’occasione per un confronto e uno scontro tra questi schieramenti venne nel 1900, all’indomani della crisi politica apertasi con l’uccisione di Umberto I, dalla prospettata formazione di un governo liberale ZanardelliGiolitti. La cosa non mancò di preoccupare la parte più moderata della borghesia milanese, che aveva nella « Perseveranza » il proprio organo di stampa, il quale definì il nuovo ministero addrittura di « estrema sinistra ».

Il giudizio era motivato, secondo il foglio conservatore, dal l'atteggiamento critico assunto da Giolitti durante il dibattito in occasione dello scioglimento della Camera del Lavoro di Genova (v.) nei confronti di quanti combattevano le organizzazioni di classe dei lavoratori e le consideravano pericolosi s[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 601

Brano: [...]ande potenza ed esercitò una notevole influenza sulla condotta politica della classe dominante del paese. Ebbero a farne parte con funzione dirigente tutti i più importanti uomini politici italiani, compresi capi di governo come Agostino Depretis, Benedetto Cairoti e Francesco Crispi. Vi fu un momento nel quale, su 507 deputati, 300 erano iscritti alla Massoneria; da questa, accettarono titoli onorifici anche i due sovrani Vittorio Emanuele II e Umberto I. Del resto, era un fatto che tutti i maggiori esponenti della Massoneria erano stati protagonisti del Risorgimento. Anche se la maggior parte di essi, dinanzi alla realtà della nuova Italia, aveva abbandonato le posizioni giudicate troppo avanzate nel campo politico e sociale, tuttavia i principi generali basati sui concetti della rivoluzione borghese non erano mutati. Essi continuavano perciò a considerare i capi della Chiesa cattolica quali avversari implacabili dell’indipendenza e dell’unità dello Stato italiano e il loro potere come un ostacolo al progresso del paese. D’altra parte la nas[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Umberto I, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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