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Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 1125Analitici , di cui in selezione 26 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Romano Ledda (a cura di), Dossier NATO in KBD-Periodici: Rinascita 1969 - 5 - 9 - numero 19

Brano: [...]« terzo mondo ». E' stata, dall'altro lato, la struttura portante della difesa e del consolidamento dei regimi capitalistici dell'occidente europeo. Elemento unificatore di questi due aspet ti sono state la politica dei blocchi voluta dall'imperialismo e la supremazia americana sull'Europa.
La NATO ha simboleggiato per l'Europa e per il mondo tutto ciò. Per cui volere un mutamento, oggi, della realtà degli ultimi venti anni è incompatibile, per usare le parole di un cattolico, « con l'idealizzazione e la sopravvivenza della NATO ». Al contrario, richiede la rimessa in discussione della NATO e dell'Alleanza atlantica, per rovesciare e battere la logica che ne presiedette la nascita e ne determina i destini. ciò che vogliamo dimostrare ai lettori di Rinascita con questa ricerca.
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di Romano Ledda
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[...]nel bacino del Mediterraneo
p. 12 Rinascita n. 19 9 maggio 1969 Dossier NATO
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« Gli Stati Uniti sono troppo ricchi per accettare uno scacco politico senza cercare un altro modo per imporre la loro volontà. Essi possono, se vogliono, trasformare il problema politico in un problema economico o, come ultima risorsa, in un problema militare » : è su questa base che nasce l'impegno mondiale degli USA
Il primo atto che sancisce formalmente la nascita della Alleanza atlantica è la risoluzione Vandenberg votata dal Senato degli Stati Uniti d'America l'11 giugno 1948. Con essa si auspica « il progressivo sviluppo di accordi regionali » .e si autorizza il Presidente ad « associare l'America all'Europa occidentale in accordi di mutua difesa che contribuiscano alla sicurezza nazionale ». Ma è noto che la sua radice politica è da ricercarsi un po' più indietro nel tempo, in quella inversione di tendenza della politica estera americana che iniziò sul finire stesso della seconda guerra mondiale, e[...]

[...]perialistico come « una cospirazione sovietica globale ». Walter Rostow, ad esempio, vedeva nella lotta di liberazione vietnamita contro il colonialismo francese nel 1946, « il risultato della decisione di Stalin di lanciare una offensiva in Oriente». E fu quindi essenziale combattere il comunismo in ogni parte del mondo.
La definizione compiuta di questa strategia di contenimento si ebbe con la Dottrina Truman (12 marzo 1947), con la quale gli USA si impegnavano a « sostenere i popoli liberi i quali resistono ai tentativi di coercizione da parte di minoranze armate o di pressioni esterne ». L'Alleanza atlantica fu il primo e coerente corollario di quella dottrina, che nel giro di pochi anni avrebbe proliferato nel mondo una catena interminabile di patti. Nel suo Pax americana lo studioso americano Ronald Steel osserva giustamente che « la NATO è stata la prima delle nostre alleanze coinvolgenti ed è ancora la più importante. Attorno alla NATO costruimmo la nostra diplomazia postbellica di contenimento e di intervento ». Di lì, con una [...]

[...]l New York Times dell'li aprile 1969 afferma che le basi sono 3.491), quattro alleanze di « difesa », 42 trattati di mutua assistenza militare, aiuti militari a oltre settanta paesi. « Impegni i cui eguali — ha scritto James Reston — nessuna nazione sovrana ha mai preso nella storia del mondo ». L'Alleanza atlantica fu il primo anello della catena perche l'Europa era l'epicentro dello scontro.
Si è parlato molto, con l'assunzione da parte degli USA di responsabilità mondiali, di fine completa dell'isolazionismo tradizionale, grazie a uno slancio morale immune da vecchi egoismi, al risveglio provocato dal dramma della seconda guerra mondiale e dagli sviluppi della guerra fredda. Più realisticamente De Gaulle osserva nelle sue Memorie che la «volontà di potenza degli americani » è sempre « propensa ad ammantarsi di realismo ». Tre ragioni di fondo, assai poco idealistiche, spingevano gli USA a rompere definitivamente con l'isolazionismo: una militare, l'altra economica, l'altra ancora politica, tutte strettamente intrecciate.
Vediamo prima quella militare. Nonostante il monopolio della bomba atomica, essa poteva essere il vero « asso nella manica » se gli americani, in mancanza (allora) di bombardieri intercontinentali e di sommergibili atomici, avessero potuto disporre di basi oltreoceano che avessero avuto a loro tiro il campo socialista. « Il sistema di basi riflette essenzialmente la nostra decisione di assicurare l'efficacia del deterrente
La struttura " organizzativa
del[...]

[...]vviamente si otteneva anche lo scopo politico di « rafforzare la decisione di molte nazioni di resistere alla pressione comunista esterna e reagire con fermezza contro la sovversione interna ». La necessità e l'utilità delle basi in Europa e nel mondo, non verrà meno, anche sotto il profilo militare, neanche quando il monopolio atomico sarà finito, e entreranno in funzione i missili intercontinentali e i sommergibili atomici.
Economicamente gli USA uscivano dalla guerra con un colossale apparato economico, e con tutti i pericoli di crisi o di recessione che la caduta della domanda bellica avrebbe potuto provocare. Impedire quella caduta e nel contempo garantire degli sbocchi a tutta la produzione americana, assicurarsi nuove sedi di investimento, si poneva come una necessità inderogabile.
Le motivazioni politiche sono di due ordini. La prima, scarsamente esplorata, e su cui oggi si inizia una ricerca, riguarda lo stato della società americana di allora. Dietro un'apparente e gagliarda compattezza vi era in realtà il primo germe della c[...]

[...]ità mondiale fu un atto di autoesorcismo da parte di un popolo tormentato dai demoni ».
La seconda motivazione, più nota, è derivata da quella militare ed economica: supporto di quelle operazioni non potevano che essere regimi politici fedeli, omogenei, disponibili.
Nel discorso che il generale Marshall pronunciò a Harvard il 5 giugno 1947 per lanciare il suo «Piano di aiuti », tutte queste componenti sono presenti: la necessità per l'economia USA di avere un'Europa capitalistica sulla base di una espansione e penetrazione del capitale americano, la lotta a quei partiti e gruppi politici che vi si oppongono (la estromissione dei partiti comunisti dai governi),
La commissione Harriman aveva già del resto, nel suo rapporto a Truman sugli aiuti, affermato che « gli interessi degli USA in Europa non possono essere valutati semplicemente in termini economici, essi sono anche strategici e politici ». « L'Alleanza atlantica — ha scritto di recente un altro studioso americano — è la componente politicomilitare di una operazione di cui il Piano Marshall è l'ingrediente basilare », « un muro » dietro il quale sarebbero passate molte altre cose. E più chiaramente ancora Claude Julien, autorevole giornalista di Le Monde, nel suo L'empire americain: «L'impegno militare ed economico [degli USA] non è un accidente o un accessorio. Senza di esso la società americana sarebbe stata costr[...]

[...] termini economici, essi sono anche strategici e politici ». « L'Alleanza atlantica — ha scritto di recente un altro studioso americano — è la componente politicomilitare di una operazione di cui il Piano Marshall è l'ingrediente basilare », « un muro » dietro il quale sarebbero passate molte altre cose. E più chiaramente ancora Claude Julien, autorevole giornalista di Le Monde, nel suo L'empire americain: «L'impegno militare ed economico [degli USA] non è un accidente o un accessorio. Senza di esso la società americana sarebbe stata costretta a una revisione lacerante non solo dei suoi obiettivi e dei suoi mezzi di sussistenza. Fondata sull'impero economico e rafforzata dall'impero militare l'American Way of Life non sopravviverebbe a un ripiegamento nelle proprie frontiere.
Le classi dominanti europee subirono, ma anche accettarono e persino cercaro no tutto ciò. Uscivano scosse dalla guerra, sotto accusa, da un lato responsabili del fascismo, dall'altro di un'antica capitolazione di fronte alla tracotanza nazista. Il crollo degli imp[...]

[...]dente o un accessorio. Senza di esso la società americana sarebbe stata costretta a una revisione lacerante non solo dei suoi obiettivi e dei suoi mezzi di sussistenza. Fondata sull'impero economico e rafforzata dall'impero militare l'American Way of Life non sopravviverebbe a un ripiegamento nelle proprie frontiere.
Le classi dominanti europee subirono, ma anche accettarono e persino cercaro no tutto ciò. Uscivano scosse dalla guerra, sotto accusa, da un lato responsabili del fascismo, dall'altro di un'antica capitolazione di fronte alla tracotanza nazista. Il crollo degli imperi coloniali apriva nuovi e drammatici problemi. Le economie erano stremate. Negli USA trovarono ciò che serviva loro per ricostruire il loro potere. Vi fu come una partita doppia di ricatti: da un lato legavano gli USA a una responsabilità europea, dall'altro lato gli affidavano la loro sopravvivenza; da un lato gli garantivano una impostazione di politica sociale, economica, di esasperata difesa capitalistica dell'ordine costituito, dall'altro lato chiedevano una copertura per questa garanzia. A questa duplice operazione di reciproco sost4gno le classi dominanti europee sacrificarono l'Europa, la sua pace, la sua unità, e con esse l'autonomia, l'indipendenza e la sovranità nazionale. Queste ultime venivano a morire con la NATO, dietro la quale si profilavano i blocchi come « universi politici, economici, m[...]

[...]Cineent) Brunssum (Olanda)
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Nord Europa.
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Non si può negare che alcuni fautori dell'Alleanza avessero in mente qualche cosa di più di un patto militare. Sta di fatto però che l'Alleanza si è concretizzata tutta e soltanto in una struttura militare ed è attraverso di essa che si è stabilito il vero rapporto fra gli USA e l'Europa
Partendo da un preambolo in cui si fa riferimento alla « civiltà » comune dei paesi atlantici, il Trattato dell'Alleanza definisce un duplice ordine di accordi: cooperazione politica ed economica tra i suoi membri e mutua difesa militare. Nel dibattito attualmente in corso sull'Alleanza e la necessità di un suo riadeguamento, si tende a separare i due termini e si punta sulla definizione del Trattato come momento di una collaborazione comunitaria atlantica, sul terreno politico ed economico. Non a caso si parla di « distorsione » militare dovuta a fattori internazionali, esterni a[...]

[...]contenuto e una certezza di garanzia » a quegli articoli.
Non si può certo negare che alcuni fautori dell'Alleanza avessero in mente qualche cosa di più di un patto militare. Sta di fatto però che l'Alleanza si è concretizzata « tutta e soltanto in una struttura militare », ed è attraverso di essa che si è stabilito il vero rapporto tra gli Stati Uniti e l'Europa sul terreno politico ed economico: un rapporto di subordinazione dell'Europa agli, USA.
In uno studio sui problemi della NATO apparso su Lo Spettatore internazionale (numero 1, 1967) si riconosce che « spesso le scelte e gli indirizzi assunti in sede NATO hanno contrastato e contrastano con la prospettiva di distensione, e che l'organizzaatone in quanto tale può costituire un elemento di ritardo sul processo. Ma questo è dovuto non tanto alla influenza di Washington sugli europei, quanto alla egemonia dei militari (americani ed europei) sui civili ». Anche se così fosse, non bisognerebbe chiedersi attraverso quale meccanismo si è potuto arrivare a ciò? Ma non è così. Lo Spetta[...]

[...]gravosi in questo senso (tranne qualche fedelissimo come l'Italia). Vi erano altre tre ragioni di fondo, oltre a quelle addotte da Stikker, a motivare quelle riluttanze. Prima: un rapporto americano metteva in luce, in quegli anni, come nonostante la propaganda sull'aggressione sovietica non « esisteva in Europa il reale senso del pericolo » tale da giustificare quello sforzo. Seconda: gli alleati europei intendevano il rapporto militare con gli USA prevalentemente come uno spostamento di forze americane sul continente, e soprattutto come utilizzazione del SAC (Strategic Air Command), ossia dell'enorme potenziale aereo statunitense, cui avevano già concesso basi e infrastrutture. Terza: chi ricorda le lotte sociali e politiche di quegli anni, comprende il ruolo decisivo che esse ebbero nell'impedire la piena attuazione del progetto. Ciò non significa, naturalmente, che l'Europa non fosse travolta dalla spirale del riarmo. Le spese militari della NATO nel 1949 erano di 18,7 miliardi di dollari, nel 1950 salirono a 20,4 miliardi, nei 1951 [...]

[...]a non fosse travolta dalla spirale del riarmo. Le spese militari della NATO nel 1949 erano di 18,7 miliardi di dollari, nel 1950 salirono a 20,4 miliardi, nei 1951 a 42,2 miliardi, nel 1952 a 59,9, nel 1953 a 64 miliardi. E un terzo di queste spese veniva sostenuto dagli alleati europei.
Tuttavia vi era un altro aspetto del problema che ten
(disegno di Gal) deva a emergere fino a divenire, negli anni immediata
mente successivi, dominante. Gli USA chiedevano un potenziamento delle forze tradizionali europee in virtù di una loro strategia (fondata sulla invulnerabilità, allora, del territorio americano) che faceva dell'Europa lo scudo di un attacco nemico sino al «momento in cui la spada del SAC sarebbe sopravvenuta a stroncarlo ».
L'Europa in altri termini avrebbe dovuto servire come prima lineacuscinetto. Nella sua Histoire diplomatique de l'Europe René AlbrechtCarrié, osserva che in fondo «il desiderio di non divenire un campo di battaglia era comprensibilmente forte tra gli europei, che non trovavano ragione di rallegrarsi della pr[...]

[...] evidente dal fatto — non tecnico, ma poli
tico che il comandante
americano della NATO (Saceur) è contemporaneamente comandante di tutte le forze americane in Europa non integrate nella NATO (EUCOM). Se si considera che nell'arsenale della NATO le forze più importanti sono i bombardieri del SAC e la VI flotta americana nel Mediterra neo, e che essi non sono integrati nella NATO, si capisce subito quale sia il reale rapporto di dipendenza dagli USA.
Dobbiamo insistere brevemente su questo punto. Si tratta infatti di un potenziale militare atomico e missilistico dipendente unicamente dal presidente degli Stati Uniti. Esso viene utilizzato come mezzo di pressione sugli stessi alleati, ma soprattutto è la base di pronto intervento americano in ogni parte del. l'occidente e del Medio Oriente (nel 1958, ad esempio, in Libano). Ebbene, la questione è: fino a che punto questo intreccio di poteri coinvolge la NATO, e quindi la trascina automaticamente in conflitti esterni alla sua regione? Ancora. Giustamente Filippo Frassati osserva su Critic[...]

[...] collega automaticamente le forze della NATO a quelle altre, estendendo già così la territorialità della NATO stessa.
Abbiamo detto che il problema non è tecnico, bensì politico. Esso è intrinseco alla natura militare del Patto atlantico, e alla logica che vuole la supremazia del più forte. Anche un mutamento sul piano tecnico delle strutture dei comandi non muterebbe il dato essenziale del potere reale — grazie alla loro forza nucleare — degli USA, e della loro arbitraria utilizzazione del potenziale atomico ospitato in Europa, e caposaldo della struttura militare della NATO.
Non può perciò stupire che i diversi organismi « collettivi » inventati per íl « coordinamento tra alleati » dell'iniziativa militare (Standing Group, Comitato militare ecc.), siano a poco a poco scomparsi, o giacciono come strumento inutile. L'integrazione militare li ha messi fatalmente a tacere, essendo per sua natura « da una parte uno strumento di indirizzi strategici del tutto autonomi, quelli del Pentagono» scrive il generale Beaufre su Politique étrangère[...]

[...]anto significativo è che la NATO divenisse un avamposto della « rappresaglia massiccia », caricatasi nel frattempo della politica di roll back nei confronti dei paesi socialisti, proprio nel momento in cui negli Stati Uniti si iniziava quella profonda revisione strategica in campo militare che culminò nella «Dottrina McNamara ». Non ricorderemo qui il complesso dibattito di quegli anni. Basterà ricordare che il lancio del primo Sputnik privò gli USA della loro invul nerabilità e li costrinse quindi a rivedere le dimensioni stesse del conflitto nucleare, che stava alla base della « rappresaglia massiccia ». E' qui interessante rilevare che, nel corso della revisione, nessun « alleato » venne consultato o semplicemente informato di mutamenti che riguardavano i destini del mondo, e in modo ancor più diretto gli alleati militari degli USA. « Il senso di insicurezza — ha scritto una volta Henry Kissinger, attuale consigliere di Nixon — della maggior parte dei nostri alleati è stato aumentato dai rapporti unilaterali che si sono stabiliti all'interno dell'Alleanza in campo militare. In nessun altro settore la dipendenza europea dagli Stati Uniti è stata maggiore e così prolungata. La politica americana ha avuto un solo pensiero, quello di rendere più sopportabile la nostra tutela ». Gli alleati vennero semplicemente informati, a cose fatte, della svolta strategica USA: risposta flessibile, guerra limitata, escalation.
Non ricor[...]

[...]re di Nixon — della maggior parte dei nostri alleati è stato aumentato dai rapporti unilaterali che si sono stabiliti all'interno dell'Alleanza in campo militare. In nessun altro settore la dipendenza europea dagli Stati Uniti è stata maggiore e così prolungata. La politica americana ha avuto un solo pensiero, quello di rendere più sopportabile la nostra tutela ». Gli alleati vennero semplicemente informati, a cose fatte, della svolta strategica USA: risposta flessibile, guerra limitata, escalation.
Non ricorderemo tutto il complesso sviluppo politico che sottese alla nuova strategia militare. Basterà ricordare che il punto di partenza fu — una volta considerato che l'uso dell'atomica avrebbe toccato anche l'America — una più acuta coscienza della sterilità della « rappresaglia massiccia », del carattere catastrofico di una guerra nucleare su scala mondiale e del fallimento dei tentativi di disgregare il campo socialista.
Ne derivava una visione politica che tendeva a disinnescare il meccanismo della guerra fredda, per varare un proces[...]

[...]il campo socialista.
Ne derivava una visione politica che tendeva a disinnescare il meccanismo della guerra fredda, per varare un processo distensivo le cui caratteristiche dovevano però essere: 1) status quo internazionale, con un equilibrio statico tra i due sistemi, di cui si riconosceva finalmente la esistenza; e quindi smobilitazione della crociata antisovietica dullesiana; 2) garanzia dell'equilibrio attraverso un accordo « bipolare » tra USA e URSS, da potenza a potenza, e quindi tenendo intatto il potenziale di blocco che stava loro dietro; 3) i mutamenti in qualsiasi area del mondo dovevano essere contrastati, se necessario con l'intervento armato.
Questo il quadro politico della risposta flessibile e delle guerre limitate, contenenti la spirale della scalata. Dietro la reale crisi che questa visione conteneva della guerra fredda, appariva però chiaro che vi era in essa il germe di quel « globalismo » dell'intervento imperialista nel mondo, che negli ultimi mesi della presidenza Kennedy, e successivamente con Johnson, arriverà[...]

[...]ia la possibilità di prendere decisioni immediate relative al « grado di replica » all'avversario, e quindi esclude nel modo più tassativo consultazioni tra gli alleati e ogni divisione di comando. Per cui, come ha scritto in un acuto, per quanto filoatlantico saggio Luisa Calogero La Malfa (in La NATO nell'era
L'accelerazione di questo processo di integrazionedipendenza si è avuta anche sotto il profilo delle diverse strategie mondiali che gli USA venivano via via sperimentando e dalla collocazione che è stata data alla NATO.
Nell'ottobre del 1953 il National Security Council americano autorizzava i militari a « introdurre l'impiego di armi nucleari tattiche e strategiche nei piani di difesa contro attacchi convenzionali ». Veniva maturando la teoria della « rappresaglia massiccia » ossia la « massima dissuasione a un costo sopportabile fondandosi su una grande capacità» di risposta ato mica istantanea « nei luoghi da noi scelti » (Dulles). Nel 1954 il Consiglio della NATO faceva propria quella strate gia dichiarando che « gli esercit[...]

[...]Consiglio della NATO faceva propria quella strate gia dichiarando che « gli eserciti atlantici opporranno i loro mezzi atomici a ogni attac co importante anche se non atomico ».
Questo passo della NATO fu denso di gravi implicazioni.
Bisogna dire che i governi europei, o almeno una parte di essi, cominciarono a comprendere i pericoli di quelle implicazioni, e a vivere in una reale contraddizione. Cominciarono a comprendere, ad esempio, che gli USA non si limitavano più a una politica di contenimento, ma puntavano oramai a una politica di controllo e intervento mondiale (il 1953 e il 1954 furono dominati dalla tentazione di Dulles di usare l'atomica in Indocina), sulla base di quella che Federico Artusio nel 1965 chiamava « una prefigurazione ideologica omogenea del mondo », a tutela dei loro interessi. Per cui sentivano, quei governi, l'esigenza di un distacco, di una separazione,
o per lo meno di una manifestazione di automia, per la sproporzione che veniva a crearsi tra gli interessi europei e quelli americani. La contraddizione non fu sciolta per molti anni (e non lo è ancora oggi) perché tutto ruotava intorno all'accettazione dell'egemonia americana.
In realtà i processi che venivano alla luce erano profondi e drammati[...]

[...]l Caucaso, attraverso una parte dell'Asia Minore. Le considerazioni militari avevano così pieno sopravvento sugli scrupoli di « civiltà ».
Già nel 1950, del resto, il Senato americano aveva chiesto che con la Turchia, la Grecia, la Germiania federale, anche la Spagna entrasse nella NATO. Fu soprattutto per la opposizione della Norvegia che ciò non avvenne. Ma proprio in quegli anni (1953) la Spagna firmava un accordo militare bilaterale con gli USA che le conferiva un posto di rilievo in tutto il sistema militare occidentale. Sempre in quegli anni accordi militari bilaterali vennero stipulati dagli USA con la Libia, il Marocco, l'Etiopia mentre venivano varati i grandi trattati regionali del Sudest asiatico e del Pacifico.
La NATO venne a trovarsi così, tramite gli USA, e anche in parte l'Inghilterra, in un intrico politico militare
diplomatico così denso di nessi intercontinentali, che fu fatalmente coinvolta in tutti i punti di tensione del mondo, automaticamente, senza che alcun governo europeo potesse minimamente decidere e incidere su quelle tensioni. Questo dato drammatico, che oggi pare attenuarsi nella memoria di chi sostiene che la NATO ha salvato la pace in Europa, era del resto la conseguenza logica dell'accettazione della « rappresaglia massiccia ». Nel suo famoso discorso, pronunciato il 12 gennaio 1954 davanti al Council on Foreign Relations,[...]

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n. 19 Rinascita p. 15
Dossier NATO 9 maggio 1969


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Manifesto della sezione propaganda d el PCI
L'Europa
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L'aggravamento della tensione favorisce il ricatto permanente che la Germania di Bonn, spalleggiata dagli USA, esercita sugli altri alleati: è la crisi di ogni reale prospettiva dello stesso « europeismo atlantico » e della capacità dell'Europa di stabilire nuovi rapporti con i paesi di nuova indipendenza
della distensione) « la natura eminentemente politica delle scelte possibili nella strategia della dissuasione porta a rafforzare anzichè ad attenuare la supremazia politicomilitare esercitata dagli USA »,
Con l'accettazione della nuova strategia americana, la NATO diviene definitivamente
e semplicemente un « braccio militare » del presidente degli Stati Uniti. In secondo luogo, si è caratterizzato meglio lo impegno della NATO nell'ambito extraeuropeo. Mentre con la « rappresaglia massiccia » la NATO era solo automaticamente travolta da un conflitto mondiale, qui il suo impegno diventa più diretto, non automatico ma volontario, in quella che Walt Rostow chiama la « continuità territoriale della difesa ». Con molta chiarezza del resto il 6 marzo 1965, in un importante discorso tenuto a Clev[...]

[...]nzionali per la guerra limitata (la copertura atomica e il grilletto della escalation rimangono agli americani); anche degli eserciti europei, perchè si dovrebbe combattere in Europa, nel territorio degli « alleati », i quali però, come non hanno avuto nessuna parte nell'elaborazione della nuova strategia, non avrebbero nessun potere nel determinare il corso stesso, politico
e militare, dell'eventuale conflitto. Nonostante questo paradosso, gli USA hanno conseguito anche questo obiettivo, dopo anni di resistenza da parte degli europei, a ridosso degli avvenimenti cecoslovacchi. L'Italia, ad esempio, ha aumentato il proprio bilancio militare del 7% solo da alcuni mesi.
Questo può essere considerato il punto terminale di un processo la cui logica è nel Trattato del 1949. Non a caso essa coincide con una profonda crisi politica della NATO e delle relazioni tra gli alleati. Taluno ha voluto spiegare quella crisi come il risultato di una serie di errori deformanti interni a una struttura buona e positiva. E di qui vengono tutte le proposte [...]

[...]il punto terminale di un processo la cui logica è nel Trattato del 1949. Non a caso essa coincide con una profonda crisi politica della NATO e delle relazioni tra gli alleati. Taluno ha voluto spiegare quella crisi come il risultato di una serie di errori deformanti interni a una struttura buona e positiva. E di qui vengono tutte le proposte « revisioniste » della Alleanza. Ma non si tratta, invece, della natura stessa degli attuali rapporti tra USA ed Europa? non si tratta della scelta storica compiuta dall'imperialismo americano di fronte ai processi del nostro tempo? Prima di analizzare, quindi, le caratteristiche di quelle crisi e la impossibilità o velleità del « revisionismo » atlantico, converrà vedere più da vicino il prezzo che l'Europa (e il mondo) hanno pagato alla politica atlantica degli Stati Uniti.
Nel 1949, al momento del voto sul Patto Atlantico l'onorevole Ugo La Malf a, con una divinazione di cui possiamo apprezzare tutto l'acume, ebbe a dire: « Oggi sta nascendo l'Europa e l'America non c'entra ». A distanza di vent'[...]

[...]ebbe a dire: « Oggi sta nascendo l'Europa e l'America non c'entra ». A distanza di vent'anni quale è il bilancio che l'Europa può trarre dalla nascita della NATO e dalla appartenenza a essa dei paesi occidentali? Il prezzo pagato, come si vedrà, è stato altissimo: attraverso la NATO l'Europa è stata l'epicentro della guerra fredda, ha subito una spaccatura profonda dettata dalla logica dei blocchi, ed è pervenuta a una condizione subalterna agli USA sul terreno politico ed economico. Vediamo come.
La questione tedesca è stata e continua a essere il perno di ogni problema concernente la vita dell'Europa. « Dal tipo di sistemazione che sarebbe stato dato al problema tedesco scriveva tempo fa il già citato settimanale delle ACLI — dipendeva in realtà o meno la sussistenza delle strutture » politiche e militari che « si erano andate consolidando in Europa nel dopoguerra ». E' persino superfluo richiamare l'importanza del problema. A essa infatti era, ed è ancora legato il riconoscimento della realtà emersa dalla seconda guerra mondiale (fro[...]

[...]ente articolo sulla rivista Affari Esteri — riconosce «la volontà dei sovietici di fare agli occidentali concessioni suscettibili di rovesciare la situazione ».
Eisenhower rispose che « una Germania riunificata deve avere la possibilità di esercitare il suo inerente diritto all'autodifesa collettiva » il che significava una Germania unita nella NATO. Con tardiva resipiscenza George Kennan commentava che così si cacciava l'URSS in « una porta chiusa ». Pochi mesi dopo infatti nasceva il Patto di Varsavia. Il fatto era che la politica del contenimento, coincidente con quella di Adenauer, puntava sulla presunta possibilità di ottenere — attraverso un duro confronto di forza — lo sgretolamento e lo assorbimento della Repubblica democratica tedesca, come primo passo della disgregazione del campo socialista.
Nel quadro di questa politica era naturale che la Germania federale divenisse il mo.. tore _trainante della NATO, e si stabilisse tra NATO e Germania un gioco di influenze e di ricatti reciproci densi di tragiché conseguenze per la
p. 1[...]

[...]nza destinata ad assumere la leadership di una Europa irrevocabilmente legata alla politica statunitense » e nel contempo l'avamposto « dell'Europa cristiana contro il bolscevismo... non avrebbe potuto procedere se non si fosse incontrata con la volontà degli Stati Uniti di rivalutare il potenziale europeo e soprattutto tedesco in funzione antisovietica. Senza la politica di Truman e di Foster Dulles, senza la conquista economica (da parte degli USA) dell'Europa, senza il Piano Marshall
e il Patto Atlantico, senza la politica di forza, il roll back
e la teoria della liberazione dei paesi dell'Europa orientale, il fanatismo anticomunista
e antisovietico di Adenauer sarebbe rimasto isolato ». Ne venne invece l'esaltazione di un ruolo primario e preminente della Germania federale. Al punto che quando si delinearono — alla luce della potenza atomica dell'URSS — nuove ipotesi che liquidassero le tesi della rappresaglia massiccia; la Germania potè assumere all'interno della NATO un ruolo di punta oltranzista, preoccupata soltanto di un abba[...]

[...]233 TORINO Via A. Doria, 7 Tel. 538566
PALERMO Via M. Stabile, 222 Tel. 248027
GENOVA Via Cairoli, 14/3 Tel. 205900
Dossier NATO 9 maggio 1969 n. 19 Rinascita p, 17
Peretrazione
del capitale
no_
Le posizioni degli Stati Uniti nell'economia europea sono tali da condizionare la stessa competitività mondiale dell' industria del vecchio continente. Quale costo ha dovuto pagare l' Europa in conseguenza dell'asservimento alla politica USA
Gli organi civili NATO dipen di Bruxelles
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Produzione
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Oberúhldingen
Produzione
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trifrastrilture
elettrOnica
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(NAOGE). Parigi
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ORGANI CIVILI DELLA NATO ISTITUITI DAL CONSIGLIO ATLANTICO
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(NAOGE). Parigi
Produzlone
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Approvvigionamenl0
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I NAMSO.). Parigi
Produzione
del missile .Hawk,.
RueilMalmaison
/ ALTRI
ORGANI CIVILI DELLA NATO ISTITUITI DAL CONSIGLIO ATLANTICO
Conviene a questo punto chiedersi quale sia il reale rapporto, attraverso i mecca nismi politici e militari della NATO, che si è venuto stabilendo tra Europa e USA in questo ventennio, sia sul terreno economico sia su quello degli sviluppi interni a ogni singolo paese europeo.
All'inizio di queste note si osservava lo stretto intreccio che si stabiliva fin dal dopoguerra tra obiettivi militari, politici ed economici. E cib per diverse ragioni. Prima fra tutte, e la più contingente, quella del « mercato militare » europeo, che per il peso assunto dall'industria bellica nel meccanismo produttivo statunitense, diveniva uno dei pilastri degli orientamenti dell'economia americana dei dopoguerra. Nel n. 2/1968 di Critica marxista si possono leggere utilmente[...]

[...]omia americana dei dopoguerra. Nel n. 2/1968 di Critica marxista si possono leggere utilmente alcuni saggi su questo problema. La funzione della NATO fu inizialmente, ma questo aspetto perdura ancor oggi, quella « di perpetuare un alto livello di spese militari negli Stati Uniti, attraverso commesse per il riarmo degli eserciti europei e la istituzione di un sistema di basi militari, il cui costo divenne uno stimolo costante alla domanda interna USA, un incentivo alla ricerca scientifica e tecnologica e alla competitività internazionale ».
Ma l'obiettivo era di più lungo respiro. Restaurare il capitalismo europeo non voleva infatti essere soltanto la ricostruzione di un mercato bellico e la garanzia politica di un sistema sociale omogeneo agli Stati Uniti, voleva dire — e questo è il fenomeno che è venuto delineandosi con grande chiarezza nel corso del ventennio — rimettere in piedi un capitalismo nettamente subordinato alla divisione internazionale del lavoro predisposta dall'imperialismo statunitense. Intorno al 1950 venne imposta, at[...]

[...]ro citato di Critica marxista si scrive che « le conquiste di posizioni di predominio da parte dei grandi gruppi monopolistici americani in setto ri economici fondamentali, la subordinazione tecnologica, la penetrazione americana nei mercati dei capitali europei sono tutti fatti che poterono realizzarsi e cominciare a imporsi già negli anni '50, proprio per le condizioni create dall'esistenza della NATO e dalla posizione che in essa occupano gli USA ».
Per attenerci a fonti sempre non sospette ricorderemo le due relazioni dell'allora ministro Fanfani in cui emergeva la consapevolezza di come gli USA fossero arrivati a una posizione egemonica così forte da compromettere l'autonomia dell'Europa e da condizionare alle loro esigenze e ai loro interessi la stessa competitività mondiale dell'economia europea. Fanfani coglieva — le due relazioni erano sul gap tecnologico e sull'Euratom — un aspetto decisivo del problema: quello del possesso americano di tutte le industrie tecnologicamente più avanzate (elettronica, leghe metalliche, aeronautica, trasporti, petrolchimica, prodotti alimentari conservati, ecc.), e quindi della chiave di ogni ulteriore sviluppo economico.
Non è cosí affat' o casua[...]

[...]i in atto negli Stati Uniti, che hanno tra le loro cause l'avventura vietnamita. Anzi vi è qualcosa di più e di più grave. Di fatto, e la cosa è assolutamente paradossale nell'illustrare la politica delle classi dominanti europee, la Europa ha pagato direttamente una serie di costi, che hanno pesato sul suo sviluppo, alla politica americana, anche quando essa contrastava con gli interessi dello stesso capitalismo europeo. In un
Gli investimenti USA in Europa a seguito della costituzione dell'alleanza atlantica dossier sull'imperialismo americano in Europa, pubblicato da Problemi del socialismo (n. 38, 1969) si costata giustamente: « Il fatto singolare è che nel corso di questi anni, mentre l'economia americana compiva il più grosso balzo di questo dopoguerra, aumentando il suo distacco rispetto all'economia europea considerata complessivamente, l'attenzione veniva centrata piuttosto sulle difficoltà della bilancia dei pagamenti USA e sui crescenti attivi realizzati dai paesi della CEE, trascurando che i fenomeni monetari dissimulavano u[...]

[...]dell'alleanza atlantica dossier sull'imperialismo americano in Europa, pubblicato da Problemi del socialismo (n. 38, 1969) si costata giustamente: « Il fatto singolare è che nel corso di questi anni, mentre l'economia americana compiva il più grosso balzo di questo dopoguerra, aumentando il suo distacco rispetto all'economia europea considerata complessivamente, l'attenzione veniva centrata piuttosto sulle difficoltà della bilancia dei pagamenti USA e sui crescenti attivi realizzati dai paesi della CEE, trascurando che i fenomeni monetari dissimulavano una situazione reale capovolta. Ciò che si può dire in sintesi su questo punto è che i paesi del MEC accettando tra le proprie riserve dollari inflazionati, senza esigerne la conversione in oro (Francia a parte), trasferendo capitali europei negli USA e finanziando con capitali propri gli investimenti USA in Europa, hanno consentito all'economia americana di mettere insieme tre politiche, che senza l'aiuto europeo sarebbero state tra loro incompatibili: le guerre del Vietnam, un forte tasso di espansione interna, una crescita senza precedenti degli investimenti in Europa ».
Il problema che quindi si pone, in questo quadro, non è soltanto quello di una resistenza agli Stati Uniti d'America, ma ha dei contorni più profondi e precisi. E' possibile, in altri termini, proseguendo dalla via dell'attuale integrazione monopolistica che caratterizza lo sviluppo economico dell'Europa, ottenere una real[...]

[...]ilitare. Il primo piano pluriennale di produzione bellica della NATO arriva al 1972, prescindendo già quindi da ogni possibile recessione di questo o quello alleato a partire dal 1969.
In altri termini la NATO è diventata un enorme apparato economico, militare, politico che invade la vita di ogni paese alleato fin nei suoi aspetti più interni.
Cade qui il discorso sugli « accordi segreti » e bilaterali che ogni paese alleato ha firmato con gli USA. La Francia, uscendo dal comando militare integrato, ha sollevato un velo — ancora modesto e incompleto — sulla natura di questi accordi e sullo stretto rapporto esistente tra lo atlantismo e la democrazia interna di ogni paese alleato. Il colpo di Stato in Grecia ha sollevato un velo più consistente e ci ha fatto comprendere da un lato, e ancora una volta, la netta subordinazione della NATO agli interessi statunitensi, e dall'altro la
to la sua presenza effettiva
e per molti versi ricattatoria
e condizionante su tutta la vita interna dei paesi della Europa occidentale. Su questo stesso se[...]

[...]la difesa civile è ambiguo, perchè abbiamo già visto, all'inizio, come nel concetto di aggressione esterna rientri anche la « sovversione interna », ossia la lotta politica e sociale. Ed è in questa luce che colpisce un'affermazione neanche apparentemente innocua: « Un gabinetto di guerra dovrà probabilmente venir costituito, perchè potrebbe verificarsi la impossibilità che i Parlamenti si riuniscano per occuparsi degli affari della nazione come usano fare in tempo di pace. E' particolarmente importante provvedere affinchè tutti i posti importanti siano provvisti del personale necessario: un gruppo di lavoro della NATO sta studiando con attenzione questo vitale aspetto dei piani di emergenza ».
INVESTIMENTI AMERICANI IN EUROPA (tnmato,i a dollari)
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1946 1950


1957 1960
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p. 18 Rinascita n. 19 maggio 1969 Dossier NATO
Crisi politica
delPAlleaiiza
La crisi di Cuba e l'aggressione al Vietnam fanno precipitare le tensioni all'interno dell'Alleanza. Quali basi reali può avere una polit[...]

[...]nosa vipenria internazionale di questi ultimi anni. Ma la sua radice principale è nella subalternità
e diseguaglianza in cui si
è trovata l'Europa rispetto agli Stati Uniti. L'urto e il uu.seaiso sono divenuti nnevitabili nel momento in cui la politica di Washington, lungi dall'esercitare una mediazione in nome degli interessi di tutto l'occidente capitalistico, si è rivelata pienamente come corrispondente a specifiche scelte dell'imperialismo USA, cercando di coinvolgervi l'Europa. La crisi di Cuba nel 1962, e soprattutto l'aggressione al Vietnam, furono i campanelli d'allarme di una situazione che era venuta già incancrenendosi fin dai primi anni di vita dell'Alleanza.
Gli interessi degli Stati Uniti coincidono sempre con quelli dei loro alleati europei? questo l'interrogativo che ha cominciato a dilagare in Europa, anche in settori non trascurabili della borghesia europea... Di qui una serie di spinte di varia natura e anche di segno opposto. Il ripiegamento nazionale gollista, espressione di un insorgente conflitto interirnperiali[...]

[...]li della borghesia europea... Di qui una serie di spinte di varia natura e anche di segno opposto. Il ripiegamento nazionale gollista, espressione di un insorgente conflitto interirnperialista, oltre che di una diver nte veduta sui problemi mondiali, ha costituito la spinta principale. Ma a essa se ne sono aggiunte altre, per esempio nella destra della Germania occidentale, determinate dal risentimento e dalla paura che gli impegni globali degli USA comportino un « disimpegno » americano in Europa, che metterebbe in crisi il revanchismo.
Riflussi nazionalisti, esigenze di autonomia nazionale, spinte economiche oggettive, spunti revanchisti, preoccupazioni reazionarie si sono confusi insieme scuotendo le strutture politiche (me
no quelle militari) della NATO. Neanche gli avvenimen
ti cecoslovacchi — che pure
hanno avuto un peso nel « rilanciare » gli impegni milita
ri e far passare antiche ri
chieste degli Stati Uniti agli alleati europei — hanno potuto attenuare la portata di questa crisi nè sminuire le esigenze di una « modifica »[...]

[...]vanzato e adottato in questi venti anni, per avere un maggiore « peso » nell'Alleanza sono miseramente falliti. Dai « tre saggi » del 1956 al piano Duynster, dalla proposta del direttorio « a tre » avanzata da De Gaulle al piano Harmel, una per una le proposte sono cadute di fronte all'intoccabilità dei dominio statunitense. Nel già citato saggio di Luisa Calogero La Malfa si conviene, con una punta di amarezza, sulla « scarsa disposizione degli USA a cedere parte della loro leadership non solo strategica . ma anche politica in seno alla NATO e quindi a capire quale sia il ruolo dell'Europa nell'Alleanza atlantica ». Le stesse controproposte americane, di cui rimane emblematico il grande disegno kennediano di una
minimo », il quale sarebbe tuttavia largamente sufficiente a distruggere almeno i tre quarti dell'Italia. I cerchi indicano le zone di effetto diretto delle bombe (termico, meccanico, radioattivo); il quadro nero la zona di espansione dell'effetto radioattivo intenso a seguito dell'esplosione
Atlantic partnership, hanno questo[...]

[...]rchi indicano le zone di effetto diretto delle bombe (termico, meccanico, radioattivo); il quadro nero la zona di espansione dell'effetto radioattivo intenso a seguito dell'esplosione
Atlantic partnership, hanno questo segno, chiamando semmai l'Europa occidentale a una integrazione più profonda nel terreno politico e economico.
Adesso, si dice, il quadro sarebbe cambiato molto e vi sarebbe un ripensamento profondo verso l'Europa da parte degli USA. E' vero? E se è vero, in che cosa consiste il mutamento? Nelle diverse varianti che appaiono in tutti coloro che hanno aperto questo discorso — da Alastair Buchan a Henry Kissinger — tre sono gli elementi che appaiono in maggiore evidenza: 1) gli Stati Uniti potrebbero essere anche disposti a rive dere il meccanismo interno dell'Alleanza, pronti a fare « realistiche » concessioni agli alleati europei, a condizione che non venga meno il loro sostanziale predominio sugli affari europei; 2) il blocco della NATO dovrebbe essere rinsaldato in funzione di un dialogo bipolare — Stati Uniti e URSS —[...]

[...]minio sugli affari europei; 2) il blocco della NATO dovrebbe essere rinsaldato in funzione di un dialogo bipolare — Stati Uniti e URSS — su tutti gli affari mondiali; 3) l'Europa occidentale dovrebbe partecipare più attivamente alla politica repressiva degli Stati Uniti in tutte le altre aree del mondo.
Ciò che in realtà si vuole non è un'autonomia dell'Europa occidentale, ma una sua diretta corresponsabilizzazione alla politica mondiale de gli USA. Nelle sue diverse sfumature, questa è la linea che emerge. Citiamo testualmente da uno dei testi più significativi di questi ultimi tempi espressi da un autorevole artefice della politica estera americana. Il punto da cui si parte è il seguente: « La collaborazione con l'Europa rimane un elemento centrale, una premessa della nostra po litica estera, perché i rapporti euroamericani sono interdipendenti. La logica implacabile del potere di dissuasione nucleare costituisce una delle dimensioni di questa interdipendenza. La progressiva integrazione delle economie, la altra ». La crisi che sta co[...]

[...]più rapido serrare le file da parte dei nostri alleati, per associarsi a noi nei vitali compiti del mantenimento della pace e degli aiuti nelle zone più importanti ai fini del progresso mondiale ».
E' su questa base che l'Alleanza va modernizzata e adeguata, nella visione americana, ai problemi del nostro tempo. Si comprende chiaramente, così, come la stessa richiesta di una partnership assuma oggi un significato non di un condizionamento degli USA, ma di una partecipazione volontaria alla loro politica imperialista nel mondo. Per usare le parole di Riccardo Lombardi: « La soluzione vagheggiata della trasformazione dell'Alleanza in partnership (addirittura con poteri sovranazionali come ha detto piacevolmente Nenni in sede di direzione del partito) è una non pia illusione data la sproporzione addirittura mostruosa delle forze, e tra l'altro raggiungerebbe il risultato opposto a quello proclamato: ribadirebbe, rendendola ferrea, la solidarietà degli alleati europei con la politica mondiale della potenza egemone e trasformerebbe la solidarietà in connivenza D.
Appare del resto evidente che gli Stati Uniti non possono rinunc[...]

[...]egli alleati europei con la politica mondiale della potenza egemone e trasformerebbe la solidarietà in connivenza D.
Appare del resto evidente che gli Stati Uniti non possono rinunciare volontariamente alla difesa dei loro oramai vasti interessi economici e finanziari nel continente europeo. Per cui sono pronti a discutere i modi con cui la loro tutela si esercita e que sto naturalmente nel caso migliore, ma non certo un'alternativa a essa. Gli USA hanno ancora bisogno della NATO qualunque forma possa assumere, poichè in essa è lo strumento « di controllo e di unità », di condizionamento di ogni istanza realmente autonoma e di ogni forza centrifuga, ed è anche la « garanzia » di conservazione del sistema capitalistico nell'Europa occidentale. Da qualunque parte si guardi al problema, questo è il risultato. Perchè tutta la strategia mondiale americana è ancora fondata sulla politica dei blocchi, sull'equilibrio delle forze militari o del terrore e sulla visione bipolare, diarchica della condotta degli affari mondiali. La stessa accettazi[...]

[...]igidi presupposti. Da essi la NATO appare per molti versi esaltata, come un fattore pregiudiziale all'attuazione di quella politica. La « fedeltà attraverso le mutazioni », l'ordine statico fondato sulla egemonia americana, « distensiva » o no divenga l'azione della NATO, sono due connotati intrinseci alla sua natura, alle sue funzioni, alle sue origini. Perciò ogni riammodernamento o revisione che non metta in discussione la realtà dei rapporti USAEuropa, ogni atto politico che rimanga i
alla logica del blocchi imposta dall'imperialismo americano, è destinato a restare lettera morta, pura velleità, e a consacrare quello strapotere americano in Europa che nella NATO ha trovato la sua istituzionalizzazione e le vie del suo progressivo consolidamento.
Non esistono una Alleanza atlantica o una NATO pulite, fatte di eguali tra gli eguali. In quest'ambito e con quella politica non vi è spazio per la sovranità, l'autonomia nazionale; non vi è spazio per l'Europa; non vi è spazio per il pieno dispiegamento della libertà e della democrazia, fo[...]

[...] le vie del suo progressivo consolidamento.
Non esistono una Alleanza atlantica o una NATO pulite, fatte di eguali tra gli eguali. In quest'ambito e con quella politica non vi è spazio per la sovranità, l'autonomia nazionale; non vi è spazio per l'Europa; non vi è spazio per il pieno dispiegamento della libertà e della democrazia, fondate sulla libera dialettica delle classi e delle forze politiche, all'interno dei paesi alleatisubalterni degli USA.
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da Saverio Tutino, Al comando di generali travestiti da «sociologhi». Un esercito di gendarmi anticomunisti sarà creato nell'America Latina. Significative ammissioni della stampa USA e Latinoamericana. Il progetto americano «rivisto» mantiene intatta la sua gravità. Ora è all'approvazione dell'OSA. in KBD-Periodici: l'Unità - Nuova serie - Edizione nazionale 1966 - - dicembre - 20

Brano: Al comando di generali travestiti da «sociologhi»
Un esercito di gendarmi anticomunisti sarà creato nell'America Latina
Significative ammissioni della stampa USA e latinoamericana Il progetto americano «rivisto»» mantiene intatta la sua gravità Ora è all'approvazione dell'OSA
Dal nostro corrispondente
L'AVANA. 19.
Il piano per la creazione di una forza militare interamericana non è stato respinto e sepolto a Buenos Aires come vorrebbero far credere malte fonti. La conferenza degli eserciti americani che si è tenuta nella capitale argentina ha in realtà approvato il piano statunitense per l'integrazione degli eserciti del continente. Solamente è stato cambiato il nome del progetto. Ma la tesi fondamentale degli Stali Uniti è stata accettata ed ora[...]

[...] forza interamericana infatti ha come primo scopo l'intervento in qualsiasi paese del continente, in caso di minaccia sovversiva». Il Venezuela, in omangio a un principio piuttosto formale. non riconosce il regime di Ongania sorto da un colpo di stato. Per ragioni non chiare, ma forse dietro suggerimento del Pentagono, anche i delegati di El Salvador, Costa Rica, Guatemala, Haiti e Nicaragua — paesi peraltro militarmente già integrati al sistema USA attraverso il Consiglio Centroamericana di Difesa e altri organismi — non parteciparono alla riunione di agosto. Dopo quella riunione comunque trapelò che i punti fondamentali stabiliti per l'ordine del piamo della conferenza di novembre furono i seguenti: 1) La presenza di uno stato socialista — Cuba — nello emisfero occidentale; 2) Aiuto militare nordamericano all' America latina: 3) Fissazione di una strategia comune.
Alla riunione preparatoria parlarono per l'Argentina i generali che avevano effettuato il colpo di stato. Dissero che l'Argentina avrebbe favorito «l'integrazione di un sis[...]

[...]la strada perchè anche paesi come il Cile e il Messico potessero accettare la creazione della Forza Interamericana Permanente. Cosi, dopo molti viaggi, conferenze bilaterali, pressioni e incontri ad alto livello, la Settima Conferenza degli Eserciti Americani si è svolta alla presenza di tutti, esclusi i delegati di Venezuela, Haiti e Costa Rica.
La discussione si è svolta a porte chiuse. Si è saputo che la delegazione di Santo Domingo aveva accusato il colonnello Caamano — guarda caso — di «tradimento». I brasiliani avevano denunciato il «comunismo internazionale». Messo da parte il progetto iniziale, la delegazione argentina ha proposto di creare un «Consiglio interamericano di Difesa in seno all'OSA», basato sulla creazione di una forza militare che può intervenire in qualsiasi paese dell'America Latina quando il Consiglio di Sicurezza dell'OSA sarà del parere che se ne presenta la necessità. La creazione di un Consiglio di Difesa interamericano, competente per prendere decisioni di estrema gravità, come lo intervento unilaterale deg[...]

[...]ale, la delegazione argentina ha proposto di creare un «Consiglio interamericano di Difesa in seno all'OSA», basato sulla creazione di una forza militare che può intervenire in qualsiasi paese dell'America Latina quando il Consiglio di Sicurezza dell'OSA sarà del parere che se ne presenta la necessità. La creazione di un Consiglio di Difesa interamericano, competente per prendere decisioni di estrema gravità, come lo intervento unilaterale degli USA a Santo Domingo nel '65, dovrà ottenersi con il riconoscimento di un valore istituzionale alla attuale Giunta Interamericana di Difesa, che è stata finora solo un organismo consultivo al di fuori dell'OSA.
La proposta argentina è stata approvata. Il documento sollecita che i militari partecipino in modo pià attiro alla soluzione dei problemi economico sociali. Le proposte della conferenza di Buenos Aires saranno studiate e certamente approvate dalla prossima riunione dei ministri degli esteri che si terrà pure a Buenos Aires. Non vi è nulla di nuovo, nelle decisioni prese dalla conferenza d[...]

[...]ressione economica attraverso l'integrazione nella ALALC e nel Mercato Comune latinoamericano; l'intervento militare attraverso l'integrazione degli eserciti. I vicari di questo nuovo orientamento sono tutti travestiti da sociologi e economisti e letterati preoccupati del bene dei popoli. Cosi anche i militari dovranno preoccuparsi dei problemi economici e sociali. Sì parla perfino dell' utilizzazione della tecnologia e dell'ingegneria militare USA nello sviluppo economica dei vari paesi del Continente. Un nuovo concetto sovranazionale della sovranità e dell'indipendenza viene propagandato dai servizi USA: la missione fondamentale degli eserciti sarà di difendere oltre al territorio nazionale anche tutti i paesi del continente «dalla oppressione economica, ideologica e guerrigliera del comunismo internazionale». Alle frontiere nazionali si sostituiscono secondo il noto concetto del generale Ongania, e dei suoi colleghi brasiliani, le «frontiere ideologiche». E' la dottrina Johnson. Un minaccioso apparato che sta facendo la prova in Vietnam e che si prepara a funzionare in America Latina.
Saverio Tutino



da Saverio Tutino, Inviato da una zona di guerriglia dell'America Latina. Un messaggio di Guevara diffuso all'Avana. Il testo pubblicato dal comitato della Conferenza Tricontinentale. in KBD-Periodici: l'Unità - Nuova serie - Edizione nazionale 1967 - - aprile - 18

Brano: [...] (un binocolo e un mitra appeso per la cinghia alla spalla), tutto questo accuratamente stampato su carta patinata in un opuscolo di ventisei pagine dalla copertina rossa, è stato solennemente consegnato oggi ai giornalisti durante una conferenza stampa convocata improvvisamente dalla segreteria generale della Conferenza, al quarto piano dell'albergo Habana Rivera. Il messaggio di Guevara è un appello alla lotta ad oltranza contro l'imperialismo USA nell'America Latina. Il messaggio rivela, in tutto il suo contenuto, la netta consapevolezza di un'azione che si stava organizzando su scala continentale e che ora è manifesta soprattutto attraverso gli inizi di una solida attività di guerriglia in Bolivia, che si aggiunge a quelle già in corso in Guatemala, nella Colombia e nel Venezuela. Il segretario della OSPAAAL (la organizzazione permanente della Conferenza tricontinentale), Osmani Cienfuegos ha detto che questo messaggio avrebbe dovuto apparire in forma di articolo sul prossimo numero della rivista Tricontinentale che uscirà nel giugno[...]

[...]n la camicia bianca e la cravatta a pallini e il sigaro, accuratamente sbarbato, probabilmente pronto per partire e quasi irriconoscibile; quindi di nuovo Guevara barbuto al lavoro in un accampamento, e infine la foto di Guevara armato in un bosco.
LA premessa editoriale sottolinea che la OSPPAAAL ha deciso di pubblicare l'importante messaggio inviato da Guevara soprattutto per la denuncia energica che esso contiene della politica adottata dagli USA di inviare i soldati nordamericani a reprimere i movimenti di liberazione in qualsiasi parte del mondo e per «il vigoroso appello con il quale esorta i popoli a dare una adeguata risposta a questa criminale politica». Nel suo lungo messaggio Guevara prende in esame l'intera situazione mondiale e ripropone all'attenzione del movimento operaio e rivoluzionario alcune sue posizioni che già hanno suscitato vivaci polemiche soprattutto tra i partiti comunisti dell'America latina.
Guevara considera che vi è una falsa e misera pace nel mondo e giudica con amarezza quella che egli chiama la tragica [...]

[...]tra i partiti comunisti dell'America latina.
Guevara considera che vi è una falsa e misera pace nel mondo e giudica con amarezza quella che egli chiama la tragica solitudine del Vietnam. In una panoramica mondiale, Guevara, vede l'Europa in preda a problemi che certamente si acutizzeranno, ma che presentano soluzioni diverse da quelle dei popoli dipendenti ed economicamente arretrati. Vede l'Asia in preda a conflitti esplosivi, dato che per gli USA esiste un interesse strategico fondamentale nell'accerchiamento militare della Cina e la ambizione dei suoi capitali di penetrare nei grandi mercati che tuttora non domina. Vede in Africa un facile terreno di riconquista neocolonialista come terreno di riserva a lunga scadenza. Qui, egli dice, una nuova epoca comincerà solo quando le masse negre sudafricane o rodesiane daranno inizio alla loro autentica lotta rivoluzionaria. In America Latina «quasi tutti i paesi — afferma Guevara — sono maturi per una lotta di tipo tale che per risultare vittoriosa non può accontentarsi di meno che dell[...]

[...] combattere laddove le sue abitudini si scontrino con la realtà Invita a non sottovalutare i mezzi e le capacità del soldato americano, ma a considerare la sua totale mancanza di motivazioni ideologiche e la possibilità di minare il suo morale.
Guevara conclude il suo messaggio con un accenno alle divergenze attuali ed afferma che è ora di superare i contrasti per porre tutte le forze rivoluzionarie al servizio della lotta contro l'imperialismo USA.
Saverio Tutino



da Georg Lukacs, Problemi della coesistenza culturale in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1964 - 7 - 1 - numero 69

Brano: [...] del mondo. Qui ci interessa mostrare la funzione di queste concezioni del mondo nel decidere sulle alternative della vita, in particolare su quelle che riguardano l'accettazione o il rifiuto del mondo sociale nel quale l'uomo vive, ed eventualmente — ciò che nella pratica é assai frequente — l'astensione dal giudizio su questo problema, astensione che pub essere rassegnata, cinica etc.
Per influenza del neopositivismo, in Occidente é assai diffusa l'opinione che soltanto i cosidetti sistemi totalitari diano importanza alla concezione del mondo, mentre il ((mondo libero» per principio sarebbe privo di concezione del mondo, e in ciò consi
sterebbe appunto la sua forza. Naturalmente, contro questa definizione forse un po' troppo rozzamente sintetica alcuni avanzeran
no obbiezioni. Ma dovrebbero tener presente che i maggiori
neopositivisti per principio eliminano dal campo di ciò che può essere colto scientificamente o anche soltanto razionalmente tutto
ciò che sfugge ad una manipolazione matematica dei fenomeni. Cos', in un'opera cele[...]

[...]malinteso, si tratta di un mutamento all'interno del sistema capitalistico; non sto parlando ora delle possibilità di una rivoluzione socialista. Dopo la grande crisi del 1929, Franklin D. Roosevelt aveva compreso che, data la grande labilità di tutto il mondo attuale, data 'l'esistenza di un potente Stato socialista, il ripetersi di simili criSi avrebbe po
PROBLEMI DELLA COESISTENZA CULTURALE 11
auto recare con sé gravi pericoli anche per gli USA. Di conseguenza, elaborò una politica economica la cui linea fondamentale mirava a evitare le crisi, a creare misure profilattiche per evitare il loro scoppio, etc. Prescindendo dal fatto se questa posizione sia stata assunta con una giusta o falsa coscienza della sua base economica, il suo significato oggettivo risiede nella difesa degli interessi generali del capitalismo nel suo complesso, se necessario anche contro gli interessi di singoli gruppi capitalistici, per quanto potenti ed influenti. Infatti, non c'è alcun dubbio che alcuni di essi, in determinate circostanze, possano essere .int[...]

[...]io che alcuni di essi, in determinate circostanze, possano essere .interessati allo scoppio di una crisi, anzi, addirittura a provocarla, per raggiungere una più ampia concentrazione delle posizioni di monopolio e distruggere dei concorrenti molesti. Ma la scossa mondiale che si è avuta nel 1929 e dopo ha dimostrato che in tali casi può essere messo in pericolo il sussistere del sistema capitalistico. Per contro, Roosevelt riuscì a realizzare in USA questa linea di politica economica, anzi, a trasformarla nel filo conduttore della prassi capitalistica nei Paesi capitalistici più sviluppati.
Pl secondo caso in cui si' presentò questa nuova politica fu la guerra contro la Germania di Hitler. Anche qui, interessi parziali di potenti gruppi capitalistici portarono a Monaco e alle sue conseguenze. A quel tempo, Roosevelt e 'Churchill avevano compreso che gli interessi collettivi del mondo borghese esigevano una guerra contra il sistema hitleriano — sia pure alleandosi con l'Unione Sovietica — e che qualora gli interessi parziali di singoli g[...]

[...]sero prevalsi più a lungo, avrebbero condotto alla rovina del sistema nel suo complesso. Da quel momenta, la questione non è mai più stata cancellata dall'ordine del giorno. Il sorgere di una potente coalizione di Stati socialisti, l'irresistibile movimento di liberazione dei popoli coloniali, la tendenza altrettanto irresistibile di Paesi economicamente arretrati a superare la propria arretratezza, la trasformazione generale della strategia a causa delle armi nucleari, etc., hanno reso ormai obiettivamente sempre più impossibile ignorare tale problema. Tuttavia, dalla morte di Roosevelt in poi, Kennedy é stato il primo, e finora l'unico, uomo poli
12 GEORG LUKACS
fico del mondo capitalistico a riprendere questo programma, in condizioni differenti e assai più sviluppate. E che anche qui si tratti del contrasto di interessi tra il capitalismo nel suo complesso e le singole organizzazioni monopolistiche, é dimostrato con la massima chiarezza dal rapporto tra gli USA e gli Stati dell'America centrale e meridionale: l'attuazione pratica di[...]

[...]ossibile ignorare tale problema. Tuttavia, dalla morte di Roosevelt in poi, Kennedy é stato il primo, e finora l'unico, uomo poli
12 GEORG LUKACS
fico del mondo capitalistico a riprendere questo programma, in condizioni differenti e assai più sviluppate. E che anche qui si tratti del contrasto di interessi tra il capitalismo nel suo complesso e le singole organizzazioni monopolistiche, é dimostrato con la massima chiarezza dal rapporto tra gli USA e gli Stati dell'America centrale e meridionale: l'attuazione pratica di una stretta collaborazione economica politica, in cui uno sviluppo maggiore, una modernizzazione degli Stati del Centro e del SudAmerica sarebbero di interesse vitale per il capitalismo statunitense nel suo complesso, naufraga sempre per il fatto che potenti gruppi capitalistici sono interessati a determinate situazioni di arretratezza di questi Stati — monoculture, grande proprietà terriera feudale, etc.
Abbiamo indicato soltanto il problema di fondo, giacché la sua realizzazione in tutti i campi della vita internazion[...]

[...]varsi in aspro contrasto con la generica manipolazione oggi imperante e basata sul neopositivismo. Infatti, essa considera lo stato odierno già, ed erroneamente, come un dominio degli interessi collettivi della società. Alcuni ideologici vanno tanto oltre da negare addirittura il carattere capitalistico dell'economia. Ma per quanto abilmente si possano manipolare i problemi che qui emergono
PROBLEMI DELLA COESISTENZA CULTURALE 13
— ad esempio, usare soltanto tra virgolette parole come imperialismo, colonialismo, etc. — i fatti rimangono tali, e i reali mutamenti di struttura della realtà finiscono sempre per imporsi, prima o poi, direttamente o indirettamente, in modo adeguato o deformato. I contrasti che determinano in modo decisivo l'azione pratica non possono essere eliminati totalmente neppure dal pensiero. Questa potenza dell'essere sociale é tale che le conseguenze concettuali e sentimentali dei suoi mutamenti qualitativi possono essere avvertite assai prima della sua comparsa decisiva, anche se ciò avviene soltanto da parte degl[...]

[...]formazioni capillari, e il timore di un nonconformismo sostanziale — e perciò impopolare — non é diventato il motivo conduttore del pensiero. Numerose sono oggi queste affermazioni isolate, e senza dubbio aumenteranno in numero e in intensità acquistando sempre maggiore influenza, anche se ci vorrà molta tempo prima che possano diventare la voce dominante. Naturalmente, questo sviluppo sul piano economicopolitico e ideologico non é limitato agli USA, dove però assume, oggettivamente e soggettivamente, un'espressione fenomenica di particolare rilievo.
IV
Queste due grandi tendenze del nostro tempo conferiscono alla coesistenza culturale il suo significato peculiare. Sono ben lontano dal sottovalutare le forme iniziali già esistenti, dalle manifestazioni sportive e gare di scacchi alle rappresentazioni di balletti e ai concerti di virtuosi. Data la manipolazione generale dell'opinione pubblica, che può avere per conseguenza che ampie masse di un sistema giudichino gli appartenenti all'altro sistema dei barbari della cultura, esse possono[...]

[...]ese in modo reale, giusto e non unilaterale. In proposito, posso forse richiamarmi ad esperienze personali. Quando, alla fine degli anni quaranta, pubblicai un'aspra critica dell'eSistenzialismo francese, cercai di dimostrare come alcuni aspetti, non certo trascurabili, di questa filosofia derivassero dalla situazione ideologica della «résistance ». Ciò parve a Fadeev una manifestazione di « oggettivismo » , giacché equivaleva 'a trovare delle scusanti per pensatori idealisti, per agenti della borghesia. Naturalmente, vi fu anche un'eccezione a questa regola critica: alcuni ideà'logi che avevano firmato _ determinati manifesti po litici furono dichiarati tabù per qualsiasi critica. Anche qui, mi permetto di rifarmi alla mia esperienza personale. Prima del viaggio di André Gide nell'Unione Sovietica, scrisSi un saggio teoricoletterario, nel quale criticavo in modo rispettoso ma nella sostanza aspro alcune sue concezioni. La redazione della rivista pretese che questa parte del mio saggio fosse eliminata. Il lavoro usci soltanto dopo il rit[...]

[...] e con esso la presa di posizione differenziata, dall'assimilazione di certe teorie all'alleanza su singoli problemi fino a un rifiuto radicale basato per() sulla conoscenza, acquisteranno ampiezza e profondità. Allora soltanto la vera coesistenza potrà verificarsi come lotta reale tra concezioni del mondo. Per comprenderla rettamente, dobbiamo sapere soprattutto che ogni concezione del mondo corre dei rischi sia che soddisfatta di sé rimanga chiusa in se stessa, sia che sia pronta ad accogliere quanto viene dall'esterno. Che il primo di questi comportamenti conduca all'inaridimento e quindi — in situazioni di crisi — all'incapacità a resistere, può essere facilmente
20 GEORG LUKACS
confermato in base alle esperienze storiche. Del resto, oggi lo possiamo riscontrare come fenomeno largamente diffuso sia nel capitalismo sia nel socialismo. Nell'altro caso, si dimostra che ogni concezione del mondo, proprio perché scaturisce sempre da un determinato essere sociale, é internamente assai sensibile. Per rifarci ad un esempio meno recente: l'[...]



da Luciana Castellina, Scacco al re e ai colonnelli [sopratitolo: La crisi di Cipro] [sottotitolo: La diplomazia americana deve registrare il fallimento del piano di trasformare Cipro in una base NATO ma l'influenza di Washington sul governo greco lascia aperte le prospettive più negative per la sicurezza nel Mediterraneo] in KBD-Periodici: Rinascita 1967 - 12 - 8 - numero 48

Brano: [...]ntagono e alla Corona. Il contra
sto era nato proprio in merito alla questione cipriota poiché Garuf alias voleva accettare il piano Acheson e vedeva nell'opinione dei primo ministro i sintomi di una pericolosa autonomia della Grecia rispetto alla volontà americana. Anche lo « scandalo Andreas Papandreu » e l'affare Aspida, denunciati dalla destra in quell'occasione, avevano la medesima origine: il figlio del primo ministro era stato infatti accusato di un complotto che puntava ad ottenere l' indipendenza del KYP (i servizi segreti greci) dalla CIA che fino ad allora aveva rigidamente controllato non solo ogni mossa del governo di Atene ma che aveva anche cercato di sabotare le iniziative (( indipendenti » del governo di Nicosia.
Con il governo Stefanopulos, imposto da re Costantino in seguito alla destituzione di Papandreu, gli USA riprendono in mano la situazione. E' questo — infatti il periodo in cui la Grecia accetta di partecipare nuovamente alle esercitazioni militari NATO accanto alla Turchia. E « il carattere delle spettacolari manovre atlantiche che si svolgono nel Mediterraneo sud orientale nel settembre del '65 scrive Jan Maynaud, professore di scienze politiche all'Università di Montreal e autore di un documentato rapporto " Sull'abolizione della democrazia in Grecia " — è tale da far facilmente comprendere lo accanimento degli americani nel perseguire l'integrazione di Cipro nell'Alleanza atlantica ». Impeg[...]

[...]litare del 21 aprile che fra i suoi obiettivi non secondari avrebbe dovuto avere anche quello di consentire una rapida soluzione del problema cipriota, e se possibile, estendendo il regime putchista a Cipro.
Se questi erano veramente i piani concertati fra Atene e il Pentagono americano, le cose, come si è visto, sono andate diversamente. Da un lato il governo turco, investito l'indomani degli incidenti di Cipro, da un vasto moto popolare anti USA non ha potuto avallare il piano americano ed è stato costretto dalla pressione della propria opinione pubblica a reagire; dall'altro, la debolezza del regime greco non ha permesso ad Atene di correre alcun rischio e l'ha dunque costretto a cedere alle prime proteste di Ankara. Agli ame
ricani — a questo punto non resta
va che scongiurare il peggio, e cioè un conflitto armato fra due paesi della NATO, una guerra che avrebbe fatto (( saltare » uno dei più delicati settori della strategia atlantica. E questo per giunta, proprio nel momento in cui, in seguito alla rottura dei rapporti diplomati[...]

[...]ame
ricani — a questo punto non resta
va che scongiurare il peggio, e cioè un conflitto armato fra due paesi della NATO, una guerra che avrebbe fatto (( saltare » uno dei più delicati settori della strategia atlantica. E questo per giunta, proprio nel momento in cui, in seguito alla rottura dei rapporti diplomatici fra paesi arabi e Stati Uniti, esso appariva ancor più indebolito.
Questa fase della lunga crisi cipriota si pub dunque dire conclusa con un sostanziale scacco della manovra USA — oltrechè con un ulteriore indebolimento del prestigio dei già tanto squalificati governanti di Atene. E tuttavia le riserve che l'arcivescovo Makarios ha fino all'ultimo continuato a manifestare nei confronti dell'accordo faticosamente raggiunto per opera dell'inviato di Johnson Cyrus Vance, obbligano ad una certa cautela. Makarios, è vero esce dalla crisi senza più sul capo la spada di Damocle che i 12.000 uomini di Grivas rappresentavano per la sua autonomia; ma è anche vero che la riduzione della milizia grecocipriota, il protettorato stabilito dall'ONU sull'isola e infine il ruolo deter[...]



da senza firma, De Gaulle in Turchia: un viaggio tempestivo in KBD-Periodici: Rinascita 1968 - 11 - 1 - numero 43

Brano: [...]gli ultimi tempi a padre il prezzo dell'alleanza, e ciò ha aato vita a fenomeni di indubbio interesse. La crisi atlantica in Turchia i:nizib, si può dire, nella estate del 1960, quando venne abbattuta, a furor di popolo, la crudele dittatura di Menderes. Da allora il paese ha assistito al crescere di un forte movimento di opposizione alla politica estera dei successivi governi — non servili come quelli di Menderes, ma pur sempre subalterni
agli USA e soprattutto alla conces
sione di basi militari in territorio turco (qui vi sono alcune delle basi più potenti, e dotate di missili atomici, della NATO e degli USA in proprio).
L'opposizione si è espressa attraverso la costituzione di un nuovo partito — il Partito operaio turco — che nel giro di pochi anni, e nonostante il tentativo di « messa al bando » da parte degli attuali gruppi dirigenti, è riuscito a inviare alla Camera dei deputati quindici suoi rappresentanti. E a fianco al POT si è avuto un rifiorire di tendenze « nazionali » assai robuste, che si richiamano non formalmente alla rivoluzione di Ataturk, la cui caratteristica essenziale fu quella di dare alla Turchia un volto moderno e nazionale. La Turchia è così uscita dal precedente immobili[...]

[...]o un ulteriore spostamento dell'opinione pubblica in senso antiamericano. Primo, la guerra araboisraeliana. Le manife
stazioni antimperialiste, e antiNATO, raggiunsero nel giugno del 1967 una assai grande intensità. D'altro canto lo stesso governo turco, preoccupato dall'ondata di fondo che scuoteva il paese, dovette dichiarare ufficialmente che l'Alleanza non avrebbe avuto alcun significato e peso in caso di iniziative antiarabe da parte degli USA. E per dimostrare con i fatti le sue intenzio ni, fece presidiare gli aeroporti americani e quelli della NATO da truppe turche, onde impedire il decollo di aerei militari. Il secondo elemento che ha scosso la solidità dell'Alleanza è stato quello del conflitto grecoturco sulla questione cipriota. Gran parte dello stesso partito di governo dovette in quella occasione mettere in rilievo come la NATO lungi dal conciliare i diversi interessi nazionali, li sacrificasse all'unico vero interesse strategicomilitare: tenere in piedi e potenziare la base di Cipro,. E fu anche questo un momento di forte[...]



da senza firma, I contrasti USA - Turchia in KBD-Periodici: Rinascita 1967 - 4 - 7 - numero 14

Brano: [...]
LISA Turchia
ss In Turchia
(un tempo il paese più comodo per gli
SIRIA á Stati Uniti: si
pensi soprattutto ai tempi della dittatura di Menderes e Bayar) la vita comincia a farsi difficile per i comandi e le truppe americani delle numerosissime basi militari della NA'T'O dislocate nel paese. Naturalmente non siamo allo sfratto, come è accaduto in Francia; ma la revisione dello statuto giuridico che ha regolato finora l'attività delle basi USA in Turchia, concedendo privilegi e immunità di tipo coloniale a ufficiali e soldati stranieri, comincia a dare seri fastidi al governo di Washington.
Sono più di cinquanta gli accordi sulle basi firmati in epoche passate fra USA e Turchia, soprattutto ai tempi di Menderes e Bayar, e tutti sono seriamente lesivi della sovranità e delle leggi turche; a Chiare lettere tutto questo è stato scritto nei giorni scorsi dal giornale ufficiale Czimhuriet (Repubblica), mentre un viceministro è arrivato a dire in Parlamento che l'ambasciata americana aveva la abitudine di preparare gli accordi in una sola copia, scritta ovviamente in inglese, la quale veniva sottoposta alla firma di qualche ministro turco compiacente che, senza leggere (o non potendo nemmeno farlo non conoscendo l'inglese), firmava immediatamente: niente affatt[...]

[...]kara rovesciarono la diarchia dittatoriale MenderesBayar. Sintomi positivi di questa evoluzione si sono avuti nel 1962 con l'allontanamento delle basi missilistiche americane dalla Turchia, in coincidenza con la soluzione della crisi di Cuba; e successivamente con l'intensificarsi dei rapporti fra l'URSS e la Turchia. Sicché l'aspra polemica in atto fra Washington. e Ankara deve essere vista sia come un'affermazione di indipendenza rispetto agli USA, sia come un desiderio di migliorare le relazioni eon il grande vicino della Turchia: l'URSS.



da senza firma, Un "golpe" per Cipro in KBD-Periodici: Rinascita 1967 - 6 - 30 - numero 26

Brano: [...] Atene, non soltanto perché con il colpo di Stato del 21 aprile la Grecia e diventata uno Stato fascista; ma anche perché la Turchia ha, a1 contrario, cercato di distinguersi dagli Stati Uniti nella valutazione della crisi del Medio Oriente e ha recentemente impegnato con Washington un'aspra polemica per la revisione degli status che regolano la vita amministrativa e giuridica delle numerose basi statunitensi in territorio turco. La polemica antiUSA della Turehia e addirittura esplosa questo mercoledì, quando it presidente Sunay, ospite di De Gaulle, ha convenuto con il generale che nel Vietnam come altrove ogni popolo dovrebbe disporre di se stesso).
Così ara, dicevamo, i piani contro Cipro sono « in favore » della Grecia e vengono elaborati in Grecia. Questi piani sono stati rivelati, appena qualche giorno fa, da fonti dell'opposizione clandestina greca. Ovviamente le rivelazioni non mostrano Washington in primo piano, ma — come sempre — dietro le quinte. E' pero provato che, come furono gli americani all'origine del colpo di Stato in[...]

[...] quasi tutti i membri del governo cipriota ma anche dei dirigenti dei movimenti sindacali, del Partito comunista e delle associazioni popolari. Grivas, noto esponente di destra greco e già capo delle forze elleniche nell'isola, dovrebbe diventare, a colpo di Stato avvenuto, ministro del governo di Atene incaricato di dirigere la vita politica di Cipro, diventata ormai — con l'annessione — la punta più avanzata dell'atlantismo e dell'imperialismo USA ,nel Medio Oriente.
CIPRO
¡op,



da g. p. t., «Tanti saluti autonomi» da Parigi all'americano Stark [sopratitolo: Con cartoline firmate da Bignami, Bifo e Guattari] in KBD-Periodici: l'Unità - Nuova serie - Edizione nazionale 1979 - - maggio - 27

Brano: [...]ordiamolo, con numerosi diplomatici americani, stando a quanto ha scritto l'11 aprile il giudice Floridia nell'ordinanza di scarcerazione: «Molte circostanze consentono di ipotizzare che lo Stark, addetto dal 1960 in avanti ai servizi segreti americani, si sia introdotto...».
Lo Stark, d'altra parte, oltre che agente CIA (anche se ora pare che appartenga, più precisamente, alla DIA: Defense Intelligence Agency, cioè il servizio segreto militare USA) era anche in contatto con i servizi segreti italiani, attraverso il capitano Gustavo Pignero (quello dell'operazione padre Girotto, alias «frate mitra»), uno dei principali collaboratori del generale Dalla Chiesa. E, a questo punto, sarà utile riportare un brano di una lettera dello stesso Stark alla vice console USA di Firenze, Wendy Hansen: «Il solo passo importante che occorre (passaggio a un regime militare, n.d.r.) è ancora lontano».
Andiamo avanti. Pare che, pochi giorni prima di sparire da Firenze, Ronald Stark abbia chiesto al giudice Floridia il permesso di soggiornare a Vicenza (base NATO), permesso che gli viene negato. Poi la scomparsa, alla vigilia dell'operazione dei carabinieri a Genova, con la cattura di Gianfranco Faina, sospettato d'essere organizzatore di «azione rivoluzionaria», alla quale, secondo le accuse del PM Nunziata di Bologna, lo stesso Stark apparterrebbe.
I collegamenti so[...]



da Camillo Pisani, Turchia. Un pilastro corroso in KBD-Periodici: Rinascita 1971 - 3 - 12 - numero 11

Brano: [...]Il Partito comunista, i cui militanti sono rimasti uccisi sotto la tortura, o fucilati, o dispersi nell'esilio, resta da sempre nella clandestinità.
Tuttavia nel 1962 un gruppo di intellettuali, operai e studenti di Ankara e Istanbul crearono un partito di ispirazione socialista — il Partito operaio turco — che ha condotto fin qui una esistenza in ogni caso precaria. Ricordiamo che un deputato di questo partito, venne arrestato e posto sotto accusa due anni orsono per avere preso parte a Roma alla conferenza delle forze progressiste del Mediterraneo.
Fra i gruppi della sinistra del Partito operaio — la cui linea è di tipo socialdemocratico con spinte a volte moderate, a volte velleitarie — si sono formati gruppi giovanili e sindacali che paiono essere ora la punta avanzata del movimento rivendicativo e di contestazione: il comitato studentesco Aydinlik (« chiarezza A), il sindacato di classe Disk, la federazione giovanile Dei, Gene.
Questo panorama non sarebbe completo se non ci riferissimo. anche brevemente, al fatto che il paese è p[...]

[...]n spinte a volte moderate, a volte velleitarie — si sono formati gruppi giovanili e sindacali che paiono essere ora la punta avanzata del movimento rivendicativo e di contestazione: il comitato studentesco Aydinlik (« chiarezza A), il sindacato di classe Disk, la federazione giovanile Dei, Gene.
Questo panorama non sarebbe completo se non ci riferissimo. anche brevemente, al fatto che il paese è praticamente sotto occupazione militare. Le forze USA (cifre ufficiali non esistono) assommano a circa 60.000 uomini; Washington dispone sul territorio turco di cinque basi ufficiali e di un numero imprecisato di basi clandestine, soprattutto in prossimità del confine con l'URSS. All'interno di queste basi e nelle città dove esistono forti nuclei di americani, civili e soldati, questi sono soggetti solo alle leggi americane. E questo spiega perché certe parole d'ordme giovanili, soprattutto quelle di carattere nazionalistico, trovano sovente larga eco anche in ambienti non di sinistra: per esempio settori nazionalisti del Partito repubblicano e [...]

[...]città dove esistono forti nuclei di americani, civili e soldati, questi sono soggetti solo alle leggi americane. E questo spiega perché certe parole d'ordme giovanili, soprattutto quelle di carattere nazionalistico, trovano sovente larga eco anche in ambienti non di sinistra: per esempio settori nazionalisti del Partito repubblicano e anche delle forze armate.
A seguito degli episodi del 20 febbraio e del 3 marzo (il rapimento dei cinque avieri USA, quattro dei quali sono stati rilasciati) è venuto fuori per la prima volta il nome di un « Fronte di liberazione popolare turco ». Su di esso non si hanno al momento altre indicazioni che quelle fornite dallo stesso FLPT in occasione del più recente rapimento: « O il governo si dimette e si creano condizioni serie per difendere la sovranità del nostro paese e garantire il progresso della società turca, oppure le azioni del 20 febbraio e del 3 marzo sono da considerarsi le prime della guerra di liberazione del popolo turco A.
Pensiero e azione
« Mai soluzione ad un problema pa litico diffic[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine USA, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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