Brano: [...]tegrazione, assimilazione o di marginalizzazione, ghettizzazione e persecuzione a cui furono sottoposte le popolazioni più diverse nei trapianti massicci, imposti o volontari, ch’esse subirono nelle più varie circostanze in tempi remoti e meno remoti. La storia c’insegna specialmente gli effetti a lungo termine, sul piano dei comportamenti collettivi e dei rapporti interculturali, seguiti tra i più diversi gruppi etnici costretti per qualsiasi causa a insediarsi in terre straniere.
La « cattività babilonese » degli antichi Ebrei è un caso che apre la storia dei rifugiati nel mondo vicinoorientale; la diaspora ebraica dopo la distruzione di Gerusalemme nel i secolo d.C. dà il via ad uno dei più grandiosi processi storici di dispersione di rifugiati nel mondo occidentale. Pensiamo anche ai grandi rimescolamenti di popoli che seguirono le invasioni di « barbari » nell’alto Medioevo europeo; alle masse di perseguitati religiosi fuggiti dall’Inghilterra in America nel ’600, e che fondarono quella Nuova Inghilterra da cui sarebbero nati gli Stati Uniti di oggi. Sostanziali analogie col problema dei rifugiati, sotto il profilo socioculturale, ha l’intero capitolo della tratta di schiavi africani portati nei secoli xvixvm e oltre in America, [...]
[...] masse omogenee unite da un comune destino che simultaneamente o in breve periodo li ha « costretti » a fuggire.
Qualche insegnamento ci viene, per un approccio al problema dei rifugiati, anche dal caso delle minoranze etniche trapiantate da secoli in paesi dell’area occidentale Europa, Stati Uniti, Canada per esempio le « colonie » albanesi del Mezzogiorno d’Italia, o di minoranze costituitesi in epoche recenti (Portoricani e Haitiani negli usa; Indiani nei paesi dell’Africa orientale, ecc.). Un caso particolarmente indicativo è quello delle minoranze di nomadi (gli Zingari) da secoli trapiantate tra popolazioni sedentarie in Europa. Da questi casi impariamo quanto forte è l’esigenza di salvaguardare e serbare gelosamente le tradizioni, la cultura, la propria identità originaria tra i « rifugiati »; e quanto è pressante all’opposto nella società ospitante la tendenza a integrarli, omologandoli alla propria cultura, riservando loro ostilità, disprezzo e comportamenti persecutori nel caso ch’essi (penso in particolare a numerosi casi [...]
[...]a, la propria identità originaria tra i « rifugiati »; e quanto è pressante all’opposto nella società ospitante la tendenza a integrarli, omologandoli alla propria cultura, riservando loro ostilità, disprezzo e comportamenti persecutori nel caso ch’essi (penso in particolare a numerosi casi riguardanti gli Zingari) rifiutino d’integrarsi nella società borghese ufficiale (i nomadi come sedentari, i negri come proletari o borghesi tra i bianchi in usa, albanesi come italiani nel nostro Mezzogiorno).
Certamente nei tempi moderni, e sempre più negli ultimi decenni con l’aggravarsi di squilibri, conflitti e moti politici nel Terzo Mondo, con la nuova esplosione di conflittualità sociali, politiche e religiose all’interno dei paesi dell’area capitalista e socialista, è cresciuta la popolazione dei rifugiati. La disperata fuga dal Vietnam dei « BoatPeople » e la diaspora dei Palestinesi imposta da Israele con la guerra nel Libano sono segni d’una sempre più sconvolgente tragedia che investe le più diverse popolazioni. Il fenomeno di massicce[...]
[...]elli d’insediamento durevole, o definitivo. Alcuni hanno perciò distinto problemi di « emergenza » (relativi a bisogni primari e immediati), di « sussistenza » (assistenza in attesa di smistamento) e d’« insediamento definitivo ». Emblematici di tale eterogeneità di situazioni e di esigenze sono i casi africani: dall’Ogaden etiopico alla Somalia; dall’Ogaden all’Europa, dall’Eritrea in Italia
o a Gibuti; dalPUganda in Tanzania, Zaire, Kenya e USA; dalla Rhodesia allo Zimbabwe; dal Sudan meridionale ai paesi prossimi e poi ritorno in Sudan; dall’Angola, Guinea Bissau, Mozambico durante le lotte di liberazione; dal Sahel, ecc.
L’enormità e l’eterogeneità dei problemi che si pongono nell’insieme, specie di fronte al tentativo di pervenire ad alcune generalizzazioni di qualche utilità non solo scientifica, ma anche operativa, sono tali da rendere improbabile l’assunto stesso di proposte risolutive universalmente valide.
Noi conosciamo bene, nel campo delle discipline antropologiche, i processi di disgregazione socioculturale determi[...]
[...]e: Graecia capta ferum victorem cepit. Né, in età moderna, possiamo dimenticare e tacere gli influssi deiroriginaria cultura negroafricana tra i discendenti degli schiavi trapiantati or sono quattro secoli dal continente nero in America. Si pensi solo ai culti afrocattolici anch’oggi vivi fra i negri del Brasile e del CentroAmerica: o agli apporti della cultura negra alla musica, all’arte coreutica, perfino all’ideologia dei diritti civili negli usa di oggi. E sappiamo che le condizioni degli schiavi negri rispetto alla società dominante erano tali da poterli classificare come dei « rifugiati » sui generis.
In realtà, se consideriamo lo sviluppo e gli esiti di ogni processo acculturativo che riguardi gruppi etnicamente e culturalmente omogenei, quando essi si trovino posti di fronte a modelli altri dai propri, per quanto attraenti e impositivi, non possiamo ignorare che la tendenza costante segue spontaneamente un andamento dialettico. Tradizione e cambiamento s’intrecciano in modo da interpenetrarsi tra loro secondo criteri diversi e[...]
[...]iviltà accattivante e malgrado il relativo « stato di necessità », essi sentono il richiamo della propria cultura, e non solo per « nostalgia » ma perché in essa sta il centro primario di riferimento ideologico. Agisce in loro, a livello di psicologia collettiva, un nesso ombelicale con la storia comunitaria, con il mondo degli antenati, con il sistema di valori e di simboli interiorizzati per nascita e formazione. La cultura tradizionale è per usare la terminologia degli psicologi il primo di quei « contenitori fantasmatici » su cui poggia il significato dell’esistenza individuale e comunitaria.
Pertanto Patteggiamento dei rifugiati è tipicamente ambivalente e dualista, dato che in loro fanno contrasto una dose di accettazione, ed una di rifiuto verso la cultura dominante del paese ospitante. Sono accettati e forzosamente recepiti i modelli del sistema organizzativo, istituzionale, amministrativo, politico; viene rifiutato ogni tentativo di scalzare la loro lingua, le feste, le forme consuetudinarie d’aggregazione sociale, il tipo [...]