Brano: [...]lo due dati statistici: quello sull'occupazione e quello sul reddito. In base all'indagine effettuata dall'Istat nell'ottobre 1958 il numero degli occupati si elevava a 1.501.000 persone su una popolazione complessiva di 4.748.000 abitanti: cioè, in media, 3 occupati per ogni 10 persone economicamente inattive. Secondo le stesse rilevazioni, il reddito medio per abitante veniva stimato a L. 143.633 all'anno, equivalenti a poco più di 200 dollari U.S.A. che è il termine di riferimento adottato dall'O.N.U. per classificare precisamente i paesi. e sottosviluppati ». Se si volesse, poi, osservare più attentamente come è ripartito tra i vari rami di attività il reddito prodotto dai siciliani equale è il livello dei consumi della popolazione dell'isola, il grado di depressione da essa raggiunta non potrebbe che apparire più grave (1).
(1) Secondo uno studio del prof. Guglielmo Tagliacarne (« Moneta e credito », IV trimestre 1959) la percentuale del reddito prodotto in Sicilia, durante il 1958, nei vari rami economici, prendendo come termine di r[...]
[...]ne di questi anni contiene delle indicazioni che non si possono ignorare. Che vi sia un esodo dalla campagna siciliana verso i centri più produttivi e che, in misura diversa, affluiscano verso le attività industriali e terziarie non solo le nuove leve, ma anche aliquote di persone che avevano perduto il lavoro o che non l'avevano mai avuto, sono fatti sui quali si deve riflettere. Anzitutto c'é da osservare che essi rispecchiano una tendenza diffusa in tutto il paese. In Sicilia il fenomeno é forse più accentuato che altrove; ma ha la stessa origine. Lo sviluppo delle tecnologie produttive moderne spinge il potenziale umano a dirigersi verso le zone più sviluppate dove si vanno maggiormente concentrando gli investimenti. Così, istintivamente, per cercare di salvarsi dalla marea della miseria, i meridionali tendono a emigrare al Nord e i contadini poveri ad abbandonare l'agricoltura per l'industria. Contro questa tendenza la passività non è certo un rimedio. Occorre avere una politica che operi in modo da ristabilire l'equilibrio, favoren[...]
[...]della produzione agricola; soltanto allora sarà possibile procedere a una riconversione dalla coltura cerealicola estentiva, ormai insostenibile, ad una coltura più redditizia, che alimenti una sana attività industriale.
Il suo predecessore, La Loggia, dice che si deve procedere a una trasformazione radicale dell'economia agraria dell'isola, condannata inesorabilmente a decadere se si continua cosi. La trasformazione alla quale pensa non va confusa con la riforma fondiaria : si tratta di cosa ben diversa. Che certe modifiche della struttura sociale nella campagna siciliana, possano essere utili e perfino necessarie non lo mette in dubbio. Ma una ridistribuzione della proprietà terriera si risolverebbe in una rovina per gli assegnatari se non fosse inquadrata in un piano organico di rinnovamento della agricoltura isolana. Quello che occorre, in primo luogo, è una chiara idea di ciò che si può e si vuol fare. Bisogna studiare anzitutto quali siano le colture più adatte alla Sicilia e più convenienti in termini di sviluppo economico; poi e[...]
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Sta di fatto, però, che tale programma è ancora nel limbo. Né i democristiani né i socialisti, né i comunisti hanno dimostrato finora di essere pronti a formulare uno schema di sviluppo agricolo moderno, che sia qualcosa di più che un catalogo di rivendicazioni e di aspirazioni. Insensibilità? Incompetenza? Forse anche questi motivi possono aver influito. Per:, dietro questa apparenza di inerzia si nasconde una convinzione diffusa anche se inconfessata: la convinzione che per liberare la Sicilia dalla sua arretratezza economica convenga concentrare l'attenzione e lo sforzo principale in un'altra direzione. Questa è la verità.
Studiosi e uomini politici sono ormai tutti concordi nel ritenere che l'agricoltura non basti a risolvere da sola il problema della massima occupazione in un'area sottosviluppata. Sono soprattutto le attività industriali e terziarie che contribuiscono a risolverlo. Queste ultime, tuttavia, se non s'innestano su un'economia caratterizzata da un forte sviluppo dell'agricoltura e dell'industria, pos[...]
[...]esterne che ostacola lo sviluppo di nuove attività produttive in Sicilia. E per far questo occorre un'azione pubblica di ampio respiro, non più ristretta nell'ambito tradizionale delle opere indispensabili in una società civile (e purtroppo ancora scarse nell'isola), ma atta a creare certe premesse, in mancanza delle quali l'iniziativa privata non avrebbe alcuna convenienza a manifestarsi. Questa fase di preindustrializzazione non può dirsi conclusa; molto resta ancora da fare.
Molto, si; perché non basta vedere quello che manca oggi e prevedere quello che occorre per creare le condizioni necessarie al sorgere di nuove imprese domani. Man mano che si va avanti, si manifestano nuove esigenze, che non potevano essere preventivate prima. Né c'è motivo di scandalo se i grandi complessi che sono stati impiantati di recente incominciano a chiedere che si faccia qualcosa per agevolarne l'attività e lo sviluppo. A parte ogni considerazione su chi debba pagarne le spese, é naturale che si avvertano, oggi, necessità che ieri non si avvertivano. L[...]
[...]o questo il fatto che sta all'origine della polemica in corso.
Si dice a questo proposito che la vera colpa dei « monopoli » consista nell'aver impedito all'iniziativa pubblica di funzionare come avrebbe dovuto in Sicilia. Siamo indubbiamente su un terreno minato; e bisogna stare attenti a dove si mettono i piedi. Per quanto imparziali si voglia essere, è difficile evitare gli errori su un argomento come questo. Gli elementi su cui si basa l'accusa mossa alla SGES, considerata quale incarnazione del « monopolio » elettrico nell'isola, sarebbero in sostanza questi: di aver bloccato e deviato a proprio profitto, con la complicità del governo nazionale, i finanziamenti che avrebbero dovuto
(12) Quest'esame, per essere utile, non va fatto partendo da pregiudiziali di carattere ideologico. Intanto si deve osservare che, secondo le conclusioni a cui sono giunti gli esperti che hanno studiato il problema, le risorse idroelettriche economicamente sfruttabili in Sicilia sarebbero valutabili a circa 888 milioni di kWh. Però, si deve subito aggiu[...]
[...] il combustibile nel caso di impianti termici), è praticamente uguale in tutto il paese. Anzi, è piuttosto inferiore che superiore in Sicilia rispetto al Nord. Il secondo, che comprende anche le spese di trasporto, con relative perdite di linea dovute alle distanze dal luogo di produzione al luogo di consegna, in Sicilia, dove le utenze sono più diluite nello spazio, data la bassa densità di distribuzione, e data la irregolarità di prelievo, a causa di una maggiore concentrazione dei consumi nelle ore di massimo carico, è certamente più elevato che nelle regioni settentrionali. Ne consegue che, indipendentemente dal carattere pubblico o privato delle aziende, l'elettricità costa più cara nelle zone sottosviluppate, come la Sicilia, appunto per il minor consumo procapite e per la minor densità di utenze.
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essere destinati all'Ente pubblico, ossia all'E.S.E. Che ciò sia realmente accaduto resta ancora da dimostrare con prove circostanziate. Però non lo si può escludere. Da fonte competente, si r[...]
[...]ttere pubblico o privato delle aziende, l'elettricità costa più cara nelle zone sottosviluppate, come la Sicilia, appunto per il minor consumo procapite e per la minor densità di utenze.
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essere destinati all'Ente pubblico, ossia all'E.S.E. Che ciò sia realmente accaduto resta ancora da dimostrare con prove circostanziate. Però non lo si può escludere. Da fonte competente, si risponde con una controaccusa; non è vero che son mancati i finanziamenti, ci sono già stati nella misura dei due terzi della spesa d'impianto ed erano disponibili anche per il rimanente terzo. È mancata invece la capacità dei dirigenti dell'E.S.E. i quali non hanno saputo utilizzare le possibilità esistenti. Se alla testa di quell'Ente ci fosse stato un uomo come Mattei si dice — a quest'ora la centrale dell'E.S.E. sarebbe già entrata in funzione da un pezzo. Bastava che non si respingesse l'offerta di credito di un'impresa appaltatrice (offerta che sarebbe stata integrata e garantita dai fondi della Regione), per il ti[...]
[...] allora ad affrettare comunque la conclusione dell'opera incompiuta, sostenendo che si sarebbe alleggerito in tal modo una grave passività.
Ma il contrasto tra iniziativa pubblica e privata in tema di energia elettrica, non può dirsi, con ciò, esaurito. Nel corso dello stesso dibat
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tito é infatti riemerso in forma piuttosto acuta. Questa volta, però, le parti erano invertite. Erano i sostenitori dell'iniziativa privata che accusavano l'E.S.E. di aver ostacolato con pretesti capziosi il decreto di autorizzazione della centrale di Termini alla Tifeo. Dunque, l'ostruzionismo a danno dell'incremento produttivo nel settore elettrico, andrebbe ora addebitato all'Ente pubblico. II colmo é che quest'accusa veniva candidamente — diciamo così — ribadita dall'Assessore delegato dell'Industria, Barone, il quale ammetteva che vi era stato da parte dell'E.S.E. un tentativo per indurre il governo a revocare quel decreto di autorizzazione (revoca che venne deliberata in seguito). Messo in grave imbarazzo da questa ammissione, il Presidente Milazzo ritenne allora di non dovere né approvare né sconfessare il suo, forse ingenuo, collaboratore. Ma la K gaffe » rimase; e con essa il dubbio che la politica di intervento pubblico per lo sviluppo dell'energia elettrica in. Sicilia fosse in mano di uomini che n[...]
[...]na terza osservazione viene fatta meno di frequente, sebbene offiirebbe maggiori spunti per una critica convincente. È un fatto: che
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attorno ai grandi complessi sorti in Sicilia non si sia verificato quello sviluppo di attività indotte che sembrava dovesse manifestarsi spontaneamente. Su questo avremo occasione di soffermarci in seguito; ma non si può forse pensare che i grandi complessi abbiano una parte di responsabilità a causa della loro istintiva tendenza a provvedere direttamente alla creazione delle attività 'sussidiarie, quando sono economicamente fruttuose, e a non farlo, quando sono poco convenienti? Se si vuole insomma che gli utili ricavati dalle attività industriali sorte in Sicilia vengano, almeno in parte, investiti in altre attività produttive a beneficio dell'isola, sarebbe opportuno studiare meglio quali meccanismi o quali incentivi dovrebbero essere messi in opera per raggiungere questo scopo, che, fino a prova contraria, è il vero scopo da proporsi.
A conti fatti, si deve comunque riconoscere che n[...]
[...] 500.000 tonnellate all'anno di fertilizzanti azotati e 3) una centrale termoelettrica capace di produrre annualmente un miliardo di kWh di cui il 20% dovrebbe essere immesso al consumo. Complessivamente l'investimento previsto arriverebbe alla cifra considerevole di ben 120 miliardi. Impianto veramente imponente, dunque, nel quadro dell'economia isolana. Ma stiamo attenti a non esagerare con le cifre, suscitando un'attesa che potrebbe essere delusa. Il costo elevato del progetto non si traduce automaticamente in un aumento enorme degli introiti della Regione e dell'occupazione. Purtroppo il greggio di Gela é ad elevata densità e richiede per l'estrazione processi tecnici molto costosi. Come l'ing. Mattei ha avuto occasione di precisare, perché lo sfruttamento dei giacimenti di Gela sia economico, due condizioni sono necessarie: c che si realizzi un complesso industriale integrato verticalmente e che le royalties da corrispondere sulle quantità estratte siano adeguate alla qualità e ai costi di produzione ». La prima di queste due condiz[...]
[...] è verificata una certa atrofia dell'organismo economico isolano. A che cosa si deve imputare questo mancato sviluppo?
Il quesito ci riconduce all'esame di quel processo di induzione che avrebbe dovuto esplicarsi attorno alle industrie di base con una germi
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nazione di attività sussidiarie. In quale misura si è avuta tale induzione? O, piuttosto, perché é così esiguo il numero delle industrie indotte?
Si prenda ad esempio Ragusa, la città del petrolio. Ebbene dal 1953, ossia da quando sono stati scoperti i giacimenti tuttora sfruttati dalla « Gulf », quali attività sono sorte? In un primo tempo vi é stato un gran fiorire di esercizi che alla stregua del livello di vita cittadino potrebbero senz'altro definirsi di lusso : alberghi, ristoranti, cinema, negozi... Poi, passata l'euforia, il boom si è arrestato. Oggi, a parecchi anni di distanza, a Ragusa manca ancora la luce e l'acqua, che vengono erogate in misura assolutamente insufficiente. Non parliamo poi di attività industriali; solo in questi ultimi tempi è entrato in funzione l'impianto della ABCD (società del gruppo Bomprini Parodi Delfino) per la produzione di politene. È il primo esempio di utilizzazione del petrolio estratto a Ragusa; ma è, purtroppo, anche l'unico. Quel petrolio che da anni sgorga abbondantemente, va attraverso l'oleodotto costruito dalla « Gulf » direttamente alla raffineria Rasiom di Augusta, senza lasciare dietro di sé, nella città, se non un cumulo di speranze deluse.
Bisogna riconoscere — e i ragusani l'hanno imparato a loro spese — che il vero punto di accumulazione di ricchezze non è il centro dove si estrae il petrolio, ma semmai, quello dove avviene la raffinazione di esso. Logico quindi che le prospettive per lo sviluppo di attività industriali indotte dalla produzione petrolifera dovessero polarizzarsi attorno ad Augusta piuttosto che a Ragusa. Ma neanche questa previsione ha trovato l'attesa conferma. Vicino ad Augusta sono sorti, infatti, i grandi complessi della Sincat a Priolo. Pere) Siracusa, che come capoluogo aspirava a diventare un centro industriale é rimasta quella che era: una stupenda città museo. Tranne il cementificio del Barone Pupillo — uno dei rarissimi esemplari di imprenditore siciliano — e lo stabilimento dell'« Eternit Siciliana », più qualche fabbrica minore, non si è visto sorgere null'altro di nuovo in questi anni. Nemmeno il progetto di creazione di una « zona industriale », dopo tante discussioni e opposizioni, si è riusciti a varare. Non si pile, dunque dire che, almeno fino a questo momento, Siracusa abbia saputo ricavare tutti i vantaggi che il sorgere dei[...]
[...] una stupenda città museo. Tranne il cementificio del Barone Pupillo — uno dei rarissimi esemplari di imprenditore siciliano — e lo stabilimento dell'« Eternit Siciliana », più qualche fabbrica minore, non si è visto sorgere null'altro di nuovo in questi anni. Nemmeno il progetto di creazione di una « zona industriale », dopo tante discussioni e opposizioni, si è riusciti a varare. Non si pile, dunque dire che, almeno fino a questo momento, Siracusa abbia saputo ricavare tutti i vantaggi che il sorgere dei grandi complessi industriali sembrava dischiudere.
Per ragioni che si spiegano in parte, tenendo conto della favorevole ubicazione, la città che ha più risentito o utilizzato la benefica vicinanza di Augusta, è stata invece Catania. Il maggiore dinamismo dei suoi abitanti e soprattutto la costituzione di una ben attrezzata « zona industriale » hanno certamente contribuito ad imprimere quell'impulso che
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è mancato altrove. Si è avuto cosi uno sviluppo nel settore della media e piccola indust[...]
[...]le regioni più avanzate: a cominciare dalle fonti di energia (scarse le risorse idriche, data la irregolarità delle precipitazioni stagionali e la natura del terreno, e notevole la dispersione degli utenti) per finire con le materie prime e i semilavorati che dovrebbero essere importati (14). La insufficienza delle infrastrutture crea, in partenza, condizioni di inferiorità per un industriale siciliano nei confronti di
(14) È opinione molto diffusa che lo sviluppo industriale sarebbe stato ritardato nel nostro paese dall'alto costo dell'energia elettrica. In realtà, l'incidenza della spesa per l'energia elettrica sul valore del prodotto è in media del 2%. Se si considera, ad esempio, che l'incidenza del costo del lavoro è invece dell'ordine del 50% si deve riconoscere che le spese per l'energia elettrica non influiscono in misura determinante sui costi industriali. Ciononostante è innegabile che una riduzione del costo dell'energia elettrica avrebbe un effetto benefico sullo sviluppo industriale in zone come la Sicilia. Una politica tar[...]
[...] A questo prezzo rinuncerebbero a qualsiasi ricchezza, pur di non vergognarsi di se stessi. Non si deve quindi interpretare l'insufficiente sviluppo industriale della Sicilia come un segno di
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inferiorità congenita dei siciliani. Chi giudica così sbaglia, e non contribuisce certo a promuovere quello sviluppo della Regione che é nell'interesse anche della nazione.
Ma La Cavera, come si diceva, non si nasconde che, anche a voler usare il metodo più appropriato, l'opera di riforma della mentalità isolana é molto ardua e di lungo respiro. E se non riuscisse? Se nonostante tutto l'impegno appassionato e i mezzi impiegati non si riuscisse a formare una classe imprenditoriale siciliana, quale situazione si verrebbe a creare? È inutile nasconderselo: se l'iniziativa privata siciliana non sarà capace di affermarsi, dovrà cedere il posto o a quella « settentrionale » o a quella pubblica, regionale e statale. Non vi é alternativa, fuori di questa.
Qui non si é più nell'ambito del certo, bensì in quello dell'opinabile. La scelta [...]
[...]sariamente dall'economia alla politica. Il calcolo di ciò che può essere più utile, qui deve cedere il posto al calcolo di chi può ricavarne un maggior utile. Entrano in giuoco interessi di gruppi, siciliani e non siciliani, che non consentono più di ragionare in astratto per il bene dell'isola. Nella classe dirigente regionale vi é una
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divisione di opinioni e convergenza occasionale di interessi, che presenta un'immagine confusa, contraddittoria e quasi incomprensibile di quella società in evoluzione.
Cercare di spiegarsi che cosa sia il c milazzismo », non è semplice. Come fenomeno politico si può pensare che all'origine del movimento ci sia stato l'impulso a formare un secondo partito cattolico, piú sensibile alle esigenze locali e capace di sostituirsi, a breve scadenza, a quei partiti di destra, instabili e incoerenti come il loro elettorato. Un'idea del genere poteva incontrare all'inizio il favore di alcuni settori della gerarchia ecclesiastica, preoccupati del vuoto a destra che esiste nello schieramento poli[...]
[...]ranza dominata dalla D.C. e, di riflesso sul piano nazionale, ha alimentato la crisi della formula Segni. Ma per quanto si riferisce allo sviluppo dell'economia isolana, ed in particolare alla industrializzazione, non si può dire che vi sia mai stata una vera identità di obbiettivi fra le due ali su cui si reggeva il governo Milazzo. Al contrario, vi è sempre stato un inconciliabile contrasto. E ancor oggi, quel contrasto perdura: la partita, chiusa con la fine dell'esperimento Milazzo, rimane aperta all'interno della Sofis. Può darsi che, in tema di utilizzazione di questo strumento di sviluppo industriale, prevalgano le tendenze privatistiche, che avrebbero il loro più forte assertore nel Presidente della Società, Bianco; o quelle pubblicistiche, che farebbero capo al Direttore, La Cavera. Può anche darsi che, neutralizzandosi a vicenda, le due tendenze finiscano per paralizzare la Società Finanziaria siciliana, condannandola a un'azione spicciola, disordinata e inconcludente. E ancora troppo presto per fare previsioni, anche se sono g[...]
[...]ore naturale e insostituibile tra i siciliani e il resto del paese, fa di questa sua inconfessata vocazione una vera e propria professione. Ieri era con Milazzo, perché si vedeva maltrattato e minacciato, nella propria sopravvivenza, dagli industriali del Nord e dai dirigenti dei partiti di Roma. Oggi è in parte contro, perché spera di ottenere qualche segno di riconoscenza, mettendosi a disposizione di coloro che fino a pochi giorni fa aveva accusato di essere i « nemici » dell'isola. Domani, con altrettanta disinvoltura, potrebbe tornare da capo con un nuovo Milazzo. Niente è definitivo : meno che mai in Sicilia. Cambiano i governi, si capovolgona le maggioranze, rna quel ceto cerca di restare sempre a galla, trasformandosi secondo le circostanze. Purtroppo questa è la realtà. Si sta formando nella società isolana una strozzatura che vede nell'autonomia nient'altro che un mezzo per speculare su una evoluzione, matura e necessaria, o per impedirla, se dovesse attuarsi al di fuori del suo controllo.
Gli slogan sono sempre pericolosi per[...]