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Il segmento testuale Turchia è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 504Analitici , di cui in selezione 47 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Camillo Pisani, Turchia. Un pilastro corroso in KBD-Periodici: Rinascita 1971 - 3 - 12 - numero 11

Brano: Turchia
Un pilastro
corroso
di Camillo Pisani
Gli avvenimenti spettacolari e drammatici che in questi giorni richiamano l'attenzione internazionale sulla Turchia (rapimenti di soldati americani, scioperi di studenti, incursioni della polizia e raffiche di mitra nelle mense universitarie) non sono una esplosione estemporanea e inopinata di con trasti occasionali. La stampa ufficiale turca cerca di accreditare la tesi del tentativo di sovversione di una minoranza di giovani raggruppati in una organizzazione terroristica di recente formazione, ma la realtà è piuttosto quella definita dai leaders del quasi clandestino Partito operaio turco: ci si trova oggi , di fronte a un'ondata di scioperi e dimostrazioni che hanno una profondità ancora maggiore di. q[...]

[...]dittatura atlantica di Menderes e Bayar e alla dissoluzione del filofascista Partito democratico. Il carattere della protesta è anzi più marcatamente politicizzato in senso democratico: mentre nel '60 la scintilla scoppiata nelle Università portò a manifestazioni di massa che avevano fondamentalmente l'obiettivo di rovesciare la dittatura, ora la ribellione studentesca, in quanto preceduta da scioperi e lotte sociali di massa senza precedenti in Turchia, mette sotto giudizio tutte le strutture politiche ed economiche del paese. Senza cadere in facili schematismi, non trascurando per esempio il ruolo che possono svolgere alcuni settori militari scontenti del governo « tecnocratico A di Demirel, si può tuttavia dire che le proteste e gli stessi atti di guerriglia urbana (una novità della lotta politica in Turchia si rivolgono nello stesso tempo contro l'atlantismo e la sudditanza verso gli americani, contro le strutture feudali delle campagne, contro la classe neocapitalistica e burocratica delle città.
La situazione sociopolitica della. Turchia uresentä del resto aspetti tali che c'è da meravigliarsi del fatto che la ribellione non abbia raggiunto dimensioni e forme anche più drammatiche. Dei 37 milioni di abitanti che conta la Turchia, quattro milioni sono disoccupati o sottooccupati; una crisi profonda scuote le campagne anche nelle regioni tradizionalmente più ricche come quelle di Adana coltivate a cotone. Il reddito medio procapite non raggiunge le 200.000 lire annue; la moneta ha perso il 74 per cento del sun valore in setteotto anni: l'analfabetismo tocca il 61 per cento dell'intera popolazione. Nell'ottobre e nel dicembre scorsi si sono svolti ad Adana scioperi rivendicativi. Dopo una repressione poliziesca assai dura fu organizzata una marcia durante la quale furono assaltate prigioni ' e caserme, e in seguito ad e[...]

[...]cento del sun valore in setteotto anni: l'analfabetismo tocca il 61 per cento dell'intera popolazione. Nell'ottobre e nel dicembre scorsi si sono svolti ad Adana scioperi rivendicativi. Dopo una repressione poliziesca assai dura fu organizzata una marcia durante la quale furono assaltate prigioni ' e caserme, e in seguito ad essa tutti i sindacalisti arrestati dovettero essere liberati.
A questi elementi sociali ed economici (che qualificano la Turchia come un paese colonizzato .del Terzo mondo, dove i contrasti sono resi ancora più esplosivi da sultanesche esibizioni di ricchezza e di sprechi) ` bisogna aggiungere i dati della situazione più propriamente politica. Scomparso nel 1960 il Partito democratico di Menderes, le forze filofasriste e atlantiche della campagna e delle città poterono nuovamente prevalere sul moderato nazionalprogressismo del Partito repubblicano (di tradizioni kemaliste) grazie al denaro degli americani e alle attività della CIA. Sorse così il Partito della giustizia che ha rimesso in piedi l'apparato squadristico ch[...]



da Giancarlo Lannuti, Cipro: dai complotti allo sbarco turco [sopratitolo: L'ostinata volontà americana di liquidare Makarios ha messo in moto e alimentato la nuova crisi] [sottotitolo: Il conflitto fra le due comunità non basta da solo a spiegare come si è giunti alla fine dell'indipendenza dell'isola. Una lunga storia di interferenze imperialiste. Il ruolo della NATO e dei servizi segreti. L'internazionalizzazione nella proposta dell'URSS accettata dalla Grecia] in KBD-Periodici: Rinascita 1974 - 8 - 30 - numero 34

Brano: [...]ato 24 agosto, sono 'efficacemente sintetizzate la genesi e le implicazioni della crisi cipriota, non solo negli ultimi due mesi ma dai tempi della dominazione inglese fino ad oggi.
Invano si cercherebbe infatti di comprendere quanto è avvenuto e sta avvenendo a Cípro e di formulare ipotesi attendibili sulle prospettive future se ci si limitasse a prendere in considerazione il conflitto fra le due comunità dell'isola e il contrasto fra Grecia e Turchia, ignorando quello che è stato il vero detonatore di tutte le ricorrenti crisi, vale a dire l'ostinata determinazione degli Stati Uniti di liquidare, in un modo o nell'altro, l'indipendenza di Cipro e di fare dell'isola una « portaerei inaffondabile » a disposizione della Nato.
Basta dare un'occhiata alla carta geografica per comprendere quale sia la po sta in gioco. Situata nel cuore di quel Mare di Levante che costituisce il bacino orientale del Mediterraneo, a poca distanza dalla Turchia e di fronte alla co sta sirolibanese, Cipro non è soltanto il « crocevia di tre continenti », come è st[...]

[...]detonatore di tutte le ricorrenti crisi, vale a dire l'ostinata determinazione degli Stati Uniti di liquidare, in un modo o nell'altro, l'indipendenza di Cipro e di fare dell'isola una « portaerei inaffondabile » a disposizione della Nato.
Basta dare un'occhiata alla carta geografica per comprendere quale sia la po sta in gioco. Situata nel cuore di quel Mare di Levante che costituisce il bacino orientale del Mediterraneo, a poca distanza dalla Turchia e di fronte alla co sta sirolibanese, Cipro non è soltanto il « crocevia di tre continenti », come è stata definita fin dall'antichità, ma è anche un nodo di prim'ordine in un'area politicamente e militarmente nevralgica, teatro di gravi tensioni e di conflitti a catena. Senza dilungarci in una lunga casistica, ricordiamo soltanto che l'isola ha costituito, fra l'altro, la testa di ponte per l'invasione anglofrancese dell'Egitto nel novembre 1956, per lo sbarco di marines americani in Libano e di paras inglesi in Giordania nell'estate del 1958, nonché un punto d'appoggio per le « manovre » mi[...]

[...] e nulla abbia lasciato di intentato dal 1959 (anno dell'indipendenza) per colmare quello che agli occhi degli strateghi del Pentagono appariva come l'« anello mancante » nella cosiddetta « fascia difensiva meridionale » della Nato. La presenza a Cipro di due grandi basi militari britan niche — residuo dell'era coloniale imposto alla nuova Repubblica nel corso dei colloqui del 1959 a Zurigo dai tre « garanti » (atlantici) Gran Bretagna, Grecia e Turchia — non è infatti sufficiente a soddisfare le « esigenze imperiali » di Washington, che non ha mai rinunciato alla prospettiva di assumere direttamen te il controllo dell'isola.
E' qui che entra in gioco il contrasto grecoturco. La contrapposizione fra le due comunità cipriote, e di riflesso fra Ankara ed Atene, risale a molti secoli indietro: fu nel 1571 — esattamente quattrocento anni fa — che l'Impero ottomano si impadronì dell' isola, dopo avere sbaragliato a Famagosta l'esercito veneziano di Marcantonio Bragadin (che fini scuoiato vivo dopo la cattura). Da quel momento Cipro, abitata in g[...]

[...]attura). Da quel momento Cipro, abitata in grande maggioranza da greci, fu soggetta alla immigrazione turca, e le sue sorti si intrecciarono con quelle della lotta dei popoli balcanici, e segnatamente del popolo greco, contro la dominazione ottomana. L'indipendenza della Grecia nel 1830, il crollo dell'Impero ottomano con la prima guerra mondiale (che trasformò Cipro in colonia britannica), il drammatico scambio di popolazione fra la Grecia e la Turchia di Kemal Ataturk sono gli eventi che più di ogni altro hanno alimentato la ostilità e il risentimento fra i due popoli e, di riflesso, fra le due comunità cipriote.
Favorevoli fin dagli inizi degli anni cinquanta alla spartizione dell'isola, che sottoponendola a Grecia e Turchia la avrebbe automaticamente inclusa nella Nato, ma costretti (dalle circostanze o biettive della lotta di indipendenza cipriRta e dal margine di autonoma mano vra di cui ancora disponeva l'imperialismo britannico) a riconoscere la nuova repubblica, gli Stati Uniti hanno costantemente giocato sul contrasto grecoturco sia per legare sempre di più a sè ciascuno dei due alleati, sia per minare alle fondamenta il potere indipendente dell'arcivescovo Makarios.
La repubblica cipriota si è trovata così al centro di una rete di intrighi e di complotti praticamente senza fine, per tessere i quali la Ci[...]

[...]iocato sul contrasto grecoturco sia per legare sempre di più a sè ciascuno dei due alleati, sia per minare alle fondamenta il potere indipendente dell'arcivescovo Makarios.
La repubblica cipriota si è trovata così al centro di una rete di intrighi e di complotti praticamente senza fine, per tessere i quali la Cia ha agito, volta a volta, direttamente o per l'intermediario del Kyp greco, della casta militare insediata per tanti anni al potere in Turchia, della organizzazione fascista EokaB del generale Grivas (già capo dell'Eoka durante la lotta armata di indipendenza e poi schieratosi apertamente contro il neutralismo di Makaríos) ed anche dei servizi segreti israeliani, il cui ruolo nelle vicende cipriote è ancora tutto da scoprire.
Il colpo di Stato del 15 luglio scorso è stato l'ultimo anello di questa oscura catena; secondo i suoi autori (i fascisti di Atene) ed i suoi istigatori (i capi della Cia e i generali del Pentagono) esso avrebbe dovuto sfociare rispettivamente nella enosis con la Grecia o, come soluzione di ripiego, nella spar[...]

[...]i Makaríos) ed anche dei servizi segreti israeliani, il cui ruolo nelle vicende cipriote è ancora tutto da scoprire.
Il colpo di Stato del 15 luglio scorso è stato l'ultimo anello di questa oscura catena; secondo i suoi autori (i fascisti di Atene) ed i suoi istigatori (i capi della Cia e i generali del Pentagono) esso avrebbe dovuto sfociare rispettivamente nella enosis con la Grecia o, come soluzione di ripiego, nella spartizione fra Grecia e Turchia con la mediazione di Washington. In entrambi i casi l'isola sarebbe finita dritta dritta nelle braccia della Nato, e gli Stati Uniti avrebbero riaffermato la loro funzione di arbitri dell'area mediterranea, compensando al tempo stesso con il « recupero » di Cipro l'indebolimento determinato nel « bastione israeliano » dalla guerra mediorientale dello scorso ottobre.
Sul ruolo di Washington nel vergognoso golpe di Nicosia (come già sette anni prima nel golpe di Atene) non ci sono ormai più dubbi. Sarebbe bastato già l'atteggiamento equivoco e dilatorio mantenuto dalla diplomazia americana nei[...]



da senza firma, La NATO al fianco degli eredi di Menderes in KBD-Periodici: Rinascita 1969 - 10 - 17 - numero 41

Brano: [...]ustizia » del primo ministro Suleyman Demirel, sono tutt'altro che clamorosi perchè non inattesi. E' in ogni modo un fatto singolare che a quasi dieci anni dal rovesciamento violento della sanguinosa dittatura dei profittatori atlantici Adnan Menderes e Celal Bayar, il « Partito della giustizia » (che del « Partito democratico » dei citati dittatori è, e ammette di essere, l'erede diretto) abbia ora nuovamente il controllo pressochè totale della Turchia con circa il 60 per cento dei seggi dell'Assemblea nazionale e con in mano la stragrande maggioranza delle municipalità (per le quali si votò qualche tempo fa). Ma neanche in questo senso è il caso di manifestare sorpresa.
Si può dire che all'indomani stesso della cacciata di Menderes, le forze della conservazione in Turchia e, all'estero, gli alleati della NATO, soprattutto gli Stati Uniti — spaventati da qualche debolissimo segno di spinta democratica all'interno e di tendenze neutraliste in politica estera — si coalizzarono rapidamente per ricostituire in Turchia un forte partito atlantico, assolutamente conservatore, facendo leva proprio sull'apparato del « Partito democratico » che le dimostrazioni e poi ìl colpo di Stato del 1960 avevano spaventato, giuridicamente disciolto e disperso ma non distrutto. Nacque così ii « Partito della giustizia » dello attuale primo ministro Demirel, che già nel 1961 ebbe un discreto successo elettorale, confermato poi nel 1965 e diventato ora — con il voto del 12 ottobre 1969 — una « clamorosa vittoria », appena limitata dal fatto che anche il rivale « Partito repubblicano del popolo » ha visto aumentare il numero d[...]

[...]ti e rafforzato la sua rappresentanza all'Assemblea. E' utile aggiungere che la percentuale dei votanti è stata estremamente bassa, intorno al 60 per cento, e che violen ze incredibili si sono avute in diverse parti del paese, anche se gli organi governativi negano che esse siano da mettere in relazione diretta con le elezioni, le quali avrebbero al più dato occasione a « vecchie rivalità personali » di esplodere in diversi centri agricoli della Turchia. E' un fatto però che cinque o, secondo altre fonti, sette persone sono state uccise a fucilate o a coltellate.
In effetti è vero che non sono tanto la bassa percentuale dei votanti o le esplosioni di violenza nella giornata elettorale, che qualificano le recenti elezioni turche, ma piuttosto il clima politico che domina da anni sul paese e che si è andato sempre più deteriorando. Discriminazioni, violenze e illegalità hanno colpito il movimento studentesco e i gruppi che fanno capo alla sinistra operaia (si ricorderà che in occasione della conferenza romana delle forze progressiste dell'are[...]

[...] perseguiti al loro ritorno in patria); in particolare negli ultimi tempi si sono avute persecuzioni contro i dirigenti giovanili; all'università di Ankara e di Istanbul i comitati studenteschi hanno denunciato torture, imprigionamenti arbitrari e anche uccisioni.
Molte delle istanze che avevano animato il paese anche recentemente, come le rivendicazioni di sovranità rispetto agli accordi jugulatori con le forze americane della NATO presenti in Turchia (contro il diritto degli americani di avere propri tribunali in Turchia per crimini commessi in Turchia, contro la totale sovranità americana nell'area delle basi e contro il controllo americano su stazioni radio di cui le forze atlantiche dispongono nel paese) sono state abbandonate. Tuttavia anche se le elezioni non lo hanno indicato, o lo hanno manifestato solo in piccola parte con lo aumento dei voti repubblicani, l'insofferenza per i troppo stretti vincoli dell'atlantismo si rafforza egualmente in diversi strati della popolazione turca.
Nella foto Suleyman Demirel



da Taylan Ozgur, Turchia. Il terrorismo dei generali. [sottotitolo: Soppresse tutte le libertà. Il gruppo militare che ha operato a marzo il colpo di Stato mostra sempre più la sua natura di intermediario della penetrazione neocoloniale. La repressione dilaga colpendo tutta la sinistra nelle sue varie componenti, ma la partita è ancora aperta] in KBD-Periodici: Rinascita 1971 - 6 - 11 - numero 24

Brano: TURCHIA
Il
terrorismo
dei
generali
Manifestazione di studenti ad Ankara
Soppresse tutte le libertà. Il gruppo militare che ha operato a marzo il colpo di Stato mostra sempre più la sua natura di intermediario della penetrazione neocoloniale. La repressione dilaga colpendo tutta la sinistra nelle sue varie coinponenti, ma la partita è ancora aperta
di Taylan Ozgur
Ankara, giugno. — Qui c'è il terrore. Arrivano alle tre, alle quattro del mattino e portano via la gente. Le perquisizioni domiciliari si infittiscono, e si spara a chi, durante il coprifuoco, non si fermi immediatam[...]

[...]Jugoslavia — e qualche piccolo gruppo assolutamente innocuo. Il vero obiettivo è stata invece la sinistra: dai giovani universitari appartenenti a gruppi gauchistes, al Partito del Lavoro, ai sindacati. Giù, giù, sino alle stesse ali riformiste piccoloborghesi: si è incriminato persino, per « vilipendio » il segretario generale del Partito repubblicano, Ecevit, che ufficialmente sostiene il governo.
Viene perciò da chiedersi, a questo punto: in Turchia siamo al fascismo? Una prima risposta ci dice che sì, ci siamo. Vi poteva forse essere qualche dubbio in proposito nei primi giorni del colpo di Stato militare. Giocavano in questo senso una certa ambiguità della collocazione dei militari nella società turca,
funzione ch'essi ebbero nel 1960 contribuendo al rovesciamento del dittatore Menderes, l'idea che nell'esercito fosse ancora solida la tradizione kemalista, tutte cose che potevano corrispondere a connotati storici realmente esistenti. Oggi tuttavia il quadro è più nitido e si può cercare di dipanare meglio la matassa degli avvenimenti [...]

[...]della collocazione dei militari nella società turca,
funzione ch'essi ebbero nel 1960 contribuendo al rovesciamento del dittatore Menderes, l'idea che nell'esercito fosse ancora solida la tradizione kemalista, tutte cose che potevano corrispondere a connotati storici realmente esistenti. Oggi tuttavia il quadro è più nitido e si può cercare di dipanare meglio la matassa degli avvenimenti del marzo scorso.
Fino ad allora il sistema di potere in Turchia era fondato, sul piano politico, su una democrazia formale, duramente repressiva di ogni tendenza vagamente comunista o socialista. Il gioco si articolava tra una maggioranza conservatrice e una minoranza « riformista » (rappresentata dal Partito repubblicano del popolo) che si richiamava al riformismo piccoloborghese di Ataturk: modernizzazione del paese e collocazione europea della Turchia. L'equilibrio funzionava a ridosso di una società statica e sottosviluppata, priva di forti tensioni sociali. Era certo un equilibrio precario, susseguito alla liquidazione della dittatura, ma a tenerlo in piedi contribuiva un congruo aiuto americano sul terreno economico, politico e militare.
Ma il paese reale andava verso diversi equilibri. La penetrazione di capitali americani (e poi tedescoorientali, in grande quantità) bene o male metteva in movimento il tessuto sociale come accade per ogni operazione di tipo neocoloniale. Non è un caso che il primo « terremoto » politico avvenga propr[...]

[...]ol dire persino fisicamente antiamericano) e tende a divenire la base organizzata di una iniziativa di sinistra (per quanto frantumata). Sono gli universitari infatti che iniziano l'ampio movimento di lotta contro le basi USA. La loro attività, tumultuosa e spesso spettacolare, si svolge in una situazione ormai instabile dal punto di vista economico e sociale, e quindi opera come catalizzatore di quella politica.
Le contraddizioni sociali della Turchia sono infatti giunte, in questi anni, a un punto esplosivo. Nell'estate del '70 tutti i nodi arrivano al pettine. La lira turca crolla fragorosamente e i gruppi dominanti fanno ricadere la sua svalutazione sui
salariati e sulle categorie a reddito fisso, collegandovi il primo tentativo serio di liquidazione dei nascenti sindacati. Questa volta la reazione è immediata. Alla legge limitativa delle libertà sindacali e ai costi dell'inflazione, si risponde con lo sciopero, il sabotaggio e le grandi manifestazioni popolari. I limiti della lotta appaiono subito evidenti: è solo la città a muoversi[...]

[...]dei gruppi dirigenti, con le sue clientele e le sue faide, non agisce più come deterrente delle tensioni sociali, non è più in grado di egemonizzare una società in ebollizione. Il fossato tra paese reale e paese legale diviene enorme e. rende inefficace lo stesso apparato di repressione e di corruzione.
E' a questo punto che entrano in ballo i militari. Il credito di cui essi dispongono è enorme: non hanno forse rappresentato nella storia della Turchia moderna « la coscienza della nazione »? non era stato Kemal Ataturk un soldato che si era battuto per la. salvezza della patria, fondando nel lontano 1923 la repubblica e lo Stato sulle rovine dell'impero ottomano? In effetti la tradizione kemalista è ancora assai forte nell'esercito, ma è questa la componente essenziale del colpo di Stato?
La risposta, ora possiamo darla con certezza, è. negativa. In primo luogo perché la risposta kemalista è divenuta insufficiente per problemi del paese. La realtà impone oreintamenti che vadano oltre una impostazione puramente modernista e nazionalista, .p[...]

[...] lontana e evasiva appare la linea nazionale modernista. Ma vi è una seconda ragione che appare più importante.
L'esercito in questi decenni è venuto secernendo una sua casta particolare, ancorata più ai trattati internazionali che alla tradizione nazionale, educata più allo spirito delle alleanze occidentali che al culto del kemalismo. Per mentalità, costume, preparazione è maturato un gruppo militare che ha le sue radici nella NATO più che in Turchia. E non solo mentalità, ma anche interessi e privilegi economicosociali. Bisognerà arrivare a una analisi più completa di questo gruppocasta, anche nel quadro del problema più generale che concerne il ruolo e il peso dei militari in tutta un'area del mondo. Quel che però si può, sin d'ora, dire è che, non si tratta di una componente arcaica e arretrata della società turca.
I militari che hanno diretto il colpo di Stato sono anzi una componente « moderna » di quella società, sono una casta che è « moderna » anche in senso culturale e ideologico: nulla quindi di paragonabile al vecchio gorilla [...]

[...]nti, per passare successivamente al contenimento delle spinte più arcaiche che sono d'impaccio alla penetrazione neocoloniale.
Questo sembra essere il connotato principale dei militari turchi oggi. Un « fascismo » perciò che non difende uno, status quo arretrato, ma che trae la sua carica di aggressività antipopolare e antidemocratica dal dettato e dagli interessi del capitale internazionale. Qualcosa di analogo lo si è avuto anche altrove e la Turchia vi si adegua.
Non abbiamo esaminato la componente strategicomilitare dell'operazione, collegata alla politica statunitense nel Mediterraneo. Essa non è meno importante di quella sinora tratteggiata e meriterà una anàlisi a parte. Per ora però la seconda domanda che si pone è la seguente: riuscirà l'operazione repressiva dei militari? riusciranno a imporre « l'ordine » neocoloniale? I dubbi sono molti. La sinistra è certo divisa, incerta nella sua strategia, messa in difficoltà da un intervento la cui durezza non ha precedenti. Ma non è vinta e la società turca è, come dicevamo, giunta oggett[...]



da Massimo Robersi, La Turchia "atlantica" e la crisi di Cipro. [sopratitolo: Gli impegni di Ankara nella NATO] [sottotitolo: La massiccia presenza del capitale anglo-americano grava sugli orientamenti della politica estera turca] in KBD-Periodici: Rinascita 1964 - 2 - 15 - numero 7

Brano: [...]cano. La maggioranza parlamentare, che si era disfatta dopo l'esito delle elezioni amministrative del 17 novembre, disastroso per il governo in carica, sotto l'incalzare delle polemiche sulla situazione nell'isola contesa si è dunque ricomposta in un tempo relativamente breve con una compagine ministeriale repubblicanoindipendente che si giova, in pratica, dell'appoggio di tutti i maggiori partiti dell'assemblea (dei contadini, nazionale e Nuova Turchia). All'opposizione rimane solo il Partito della giustizia, vincitore nella consultazione di tre mesi fa e portavoce dei gruppi che facevano capo a Bayar e Menderes.
Ma sebbene la difficile congiuntura politica sia stata per il momento superata e sebbene il secondo gabinetto Inonu goda di consensi abbastanza ampi, i problemi di fondo del paese, alcuni dei quali hanno direttamente causato il tracollo elettorale di novembre, rimangono intatti, pronti a riemergere in tutta la loro urgenza non appena la tempesta nelle acque cipriote si calmi. E poichè proprio nella pesante condizione interna della[...]

[...]r e Menderes.
Ma sebbene la difficile congiuntura politica sia stata per il momento superata e sebbene il secondo gabinetto Inonu goda di consensi abbastanza ampi, i problemi di fondo del paese, alcuni dei quali hanno direttamente causato il tracollo elettorale di novembre, rimangono intatti, pronti a riemergere in tutta la loro urgenza non appena la tempesta nelle acque cipriote si calmi. E poichè proprio nella pesante condizione interna della Turchia pensiamo siano racchiusi parecchi motivi atti a spiegare l'intransigenza di Ankara nella questione di Cipro, è più che opportuno soffermarsi una volta a tratteggiare. le caratteristiche di tale situazione, alla luce, pure, dei vivaci e interessanti discorsi e interventi che è sta
possibile ascoltare in occasione della presentazione alla Camera ed al Senato della compagine governativa.
Al riguardo pare giusto prendere le mosse dalle affermazioni fatte da Inonu. Nell'esporre il suo programma di lavoro al parlamento egli ha sostenuto infatti che gli indici economici per il 1962 e per il 1963 a[...]

[...]nale denunciasse come il famoso piano quinquennale sin dall'inizio sia assai lontano dagli obiettivi fissati? Questa condizione generale dunque spiega perchè il primo ministro abbia tentato di abbellire il panorama tracciato di fronte all'Assemblea nazionale; egli era tutto impegnato infatti, a dimostrare come il paese sia in pieno fervore di opere
e come sia conveniente, per il capitalismo internazionale, investire grosse quantità di denaro in Turchia. Ma poichè assai forte è la presenza di capitale straniero, in particolare angloamericano, in questo Stato, con notevoli ripercussioni negli orientamenti della politica estera, sarà bene
Il piano angloamericano per Cipro (dall'Humanité)
segnalare anche al riguardo alcuni elementi.
Secondo le valutazioni del dicastero del Commercio statunitense, gli investimenti di capitale privato ammontavano a tutto il 1962 a 70 milioni di dollari. Interi rami dell'industria (raffinerie di petrolio, produzione di macchinari, fabbriche di radio, farmaceutici, chimica e industria bellica) sono sotto control[...]

[...]o interventi stranieri fino al 6070 per cento del totale delle partecipazioni. In cambio di tali possibilità — del dirittó di produrre le merci che vogliono e di limitare, a loro arbitrio, le importazioni — i monopoli occidentali hanno concesso ai turchi il permesso di sviluppare la loro agricoltura e determinati rami di industria leggera. E' secondo questa impostazione che va interpretata l'associazione al Mercato comune europeo ottenuta dalla Turchia nello scorso autunno.
Se si vogliono tirare le somme della condizione economico finanziaria quale risulta dai dati schematicamente esposti, risulta molto chiaramente quale sia oggi la funzione della Repubblica turca nell'ambito dell'Alleanza atlantica: non solo di completa subordinazione politica alle direttive americane, ma di assoluta impossibilità a tentare qualche esperimento d'autonomia economica. Di conseguenza il colpo di Stato del 1960 — nonostante taluni pallidi accenni innovatori — si è andato qualificando sempre più come un maldestro sforzo di modernizzare la permanente sottomiss[...]

[...] esperimento d'autonomia economica. Di conseguenza il colpo di Stato del 1960 — nonostante taluni pallidi accenni innovatori — si è andato qualificando sempre più come un maldestro sforzo di modernizzare la permanente sottomissione agli Stati Uniti, solo eliminando gli eccessi di corruzione; allorchè Inonu, al ritorno da Washington per le esequie di Kennedy, ha creduto opportuno dichiarare immediatamente nell'affrontare la crisi di governo: « In Turchia gli uomini ed i governi possono cambiare, ma i turchi rimarranno fedeli ai loro impegni e alla loro collaborazione con gli Stati Uniti », appare evidente il motivo per cui ancora una volta l'incarico di primo ministro è toccato proprio a lui. Così quando un quotidiano come Le journal d'Orient può permettersi tranquillamente di dare il 28 gennaio la notizia che il consorzio degli aiuti alla Turchia concederà per il programma d'importazioni un finanziamento da parte americana di 70 milioni di dollari da impiegarsi per l'acquisto di merci americane (!), pensiamo non vi sia nulla da aggiungere per illustrare la soggezione di questo Stato mediterraneo alle direttive della Casa Bianca.
Una base strategica importante
Ed allora sembra molto difficile sostenere che dietro l'intransigenza turca per Cipro non vi sia lo zampino ed anche qualcosa di più, degli inglesi
e degli americani interessati al mantenimento d'una base strategica assai importante. In altre parole, scorrendo
la stampa di An[...]

[...]e azioni del secondo barbuto (Makarios) dopo i guai provocati dal primo (Castro).
Se a Cipro non scorresse del sangue, se per calcoli strategici non si mettesse in grave rischio l'indipendenza di un piccolo Stato, si potrebbe forse sorridere dei toni esagitati usati dagli ambienti politici turchi in questa occasione. Invece tutto è ulteriormente complicato e giunge sull'orlo del dramma per la quasi catastrofica situazione generale del paese: in Turchia c'è oggi inoperoso e costosissimo un enorme apparato militare; v'è, di contro, un proletarlato dì 2 milioni di persone più organizzato
e combattivo che in passato (350.000 lavoratori si riuniscono in 550 leghe sindacali). In varie occasioni si sono recentemente avute non solo agitazioni economiche, ma lotte sovente trasformatesi in dimostrazioni politiche contro le compagnie americane. In questo contesto di tensioni sociali e di interferenze straniere si situa con storica logicità la carta governativa dell'avventura, della eccitazione nazionalistica, della repressione all'interno in nome del[...]



da senza firma, Novità diplomatiche fra Bucarest e Ankara in KBD-Periodici: Rinascita 1969 - 3 - 28 - numero 13

Brano: Novità diplomatiche
fra Be Ankara
La visita che il capo dello Stato e segretario generale del Partito comunista romeno Nicolae Ceausescu, sta per iniziare in Turchia può essere considerata la conclusione di una prima fase di ripresa dei rapporti diplomatíc, e commerciali fra i due paesi. E' dal 1966 infatti che la diplomazia di Bucarest dà prova di accresciuto dinamismo nei confronti della vicina Turchia, dinamismo e attenzioni che Ankara ha mostrato di apprezzare, dimostrando analoga volontà di colmare i lunghi anni di vuoto — spesse volte colmato da pessimi rapporti — che hanno caratterizzato le relazioni fra i due paesi.
La visita di Ceausescu era stata preparata nel novembre scorso dal misistro degli Esteri romeno, Cornelio Manescu, il quale nel corso di una lunga visita in Turchia, aveva avuto mode di illustrare a fondo ai suoi interlocutori l'importanza che la Romana attribuisce in generale ai rapporti di coesistenza e di pacifica cooperazione con paesi a regime differente (e con differente collocazione all'interno dei due blocchi) e, in particolare, alla creazione di buoni rapporti nella regione balcanica.
La questione della pace e della sicurezza nei Balcani sarà la questione di fondo — anche se non la sola, poiché i problemi della cooperazione economica e commerciale dovrebbero trovare una piazza di rilievo nella agenda degli incontri sulla quale il leader romeno[...]

[...] straniere nel la regione. Progetti di tipo analogo erano stati avanzati altre volte nel passato (basta pensare in particolare al progetto bulgaro, avanzato dal premier Jivkov nel corso di una visita ad Ankara) e per la verità non avevano trovato accoglienza molto calda ad Ankara, ove le pressioni americane si erano fatte sentire fortissime per impedire persino la discussione attorno al problema della liquidazione delle basi della NATO di cui la Turchia è sede. La Turchia aveva sempre declinato l'invito a prendere in esame l'ipotesi della denuclearizzazione. Ma la situazione è adesso abbastanza differente, poiché l'aggressione dello Stato d'Israele contro i paesi arabi ha notevolmente rafforzato anche in Turchia le correnti politiche favorevoli ad una ripresa della discussione attorno ai pericoli che l'inserimento nella NATO e, più in generale, nel disegno strategico degli Stati Uniti fa correre al paese. Il dinamismo diplomatico romeno potrebbe quindi trovare nella nuova congiuntura una eco ben diversa che nel passato.



da Vito Grasso, Turchia. Contraddizioni dell'alleato di ferro [sottotitolo: Anche qui la politica americana e della NATO è stata messa in discussione. I primi incerti passi della democrazia dopo la dittatura militare. Ma adesso i militari hanno recuperato gran parte del loro potere] in KBD-Periodici: Rinascita 1974 - 8 - 30 - numero 34

Brano: Turchia
Contraddizioni
dell'alleato di ferro
Anche qui la politica americana e della Nato è stata messa in discussione. I primi incerti passi della democrazia dopo la dittatura militare. Ma adesso i militari hanno recuperato gran parte del loro potere
di Vito Grasso
La virata con cui Washington ha sposato, dopo avere appoggiato l'avventura cipriota dei colonnelli greci, la maggior parte delle tesi turche, potrebbe far credere che la Turchia sia un « alleato di ferro », sicuro al cento per cento, in quel nodo geografico e strategico che fa di quel paese il punto di saldatura tra la Nato e la Cento e lo spartiacque tra il mondo socialista e il mondo arabo. Le cose non stanno così. La condotta della diplomazia statunitense testimonia anche la preoccupazione che la presenza americana in Turchia fosse rimessa in discussione, con nuovi slittamenti di Ankara e scelte autonome di politica estera. Occorre infatti ricordare che l'attuale governo di Ankara mostrò subito, fin dal suo sorgere, di volere perseguire su varie questioni una politica meno dipendente nei confronti degli americani. E non a caso, benché la Turchia non abbia ragioni di rimettere in discussione l'Alleanza atlantica e goda anzi del sostegno degli Stati Uniti e della condotta passiva (quindi di appoggio) da parte dei comandi Nato, lo stesso Ecevit ha discusso, con velate critiche, il ruolo della Nato e, a ben vedere, non ha considerato, nel corso di tutta la crisi, gli Stati Uniti come un interlocutore esclusivo e privilegiato.
Il 12 marzo 1971 in Turchia vi fu un colpo di Stato militare e per due anni e mezzo il paese fu governato con lo stato d'assedio e la legge marziale. Privo di ogni consenso popolare, incapace di fronteggiare i drammatici problemi del paese, il regime militare entrò in crisi nella primavera del 1973 quando, al momento delle elezioni del presidente della Repubblica, da parte del Parlamento, subì una prima sconfitta. Nonostante il Parlamento fosse manipolato, esautorato, e per l'occasione particolarmente minacciato, il candidato dei militari non passò e fu invece eletto un exammiraglio di convinzioni legalitarie e costituz[...]

[...]revolezza ed una funzione capaci di far dimenticare gli scandalosi privilegi di cui godono, le crudeltà e l'imperizia da essi dimostrate nel governo, le responsabilità per il colpo di Stato.
Se già prima della crisi di Cipro, la presenza dei militari costituiva per Edevit un pericoloso condizionamento, essa appare oggi più minacciosa e tale da consigliargli una estrema prudenza non solo nei rapporti interni ma an che nella politica estera della Turchia: alla quale non giova certo uno stato di tensione permanente che determinerebbe l'aumento delle spese militari con pregiudizio per la ricostruzione economica, e un riaccresciuto potere dell'esercito con un arresto della incipiente democratizzazione.
Un appunto a parte merita la situazione della sinistra, duramente colpita dalla dittatura militare nelle sue diverse espressioni. Duramente colpita è, anzi, dire poco. I colpi portati alle organizzazioni operaie e popolari dai militari sono stati di una durezza eccezionale e hanno provocato guasti profondi sia sul terreno delle strutture organizz[...]



da Massimo Robersi, Il "buon vicinato" fra URSS e Turchia. [sopratitolo: Obiettivi della visita di Gromiko a Ankara] [sottotitolo: La presenza del ministro degli Esteri sovietico ad Ankara ha costituito una prova tanto dell'erosione del prestigio americano quanto dell'interesse che i paesi che intendono sganciarsi dalla opprimente ingerenza della NATO attribuiscono sempre più al miglioramento dei rapporti con l'URSS] in KBD-Periodici: Rinascita 1965 - 6 - 5 - numero 23

Brano: Obiettivi de a visita di Gromiko a Ankara
Il "buon
vicinato
fra URSS
e Turchia
La presenza del ministro degli Esteri sovietico ad Ankara ha costituito una prova tanto dell'erosione del prestigio americano quanto dell'interesse che i paesi. che intendono sganciarsi dalla opprimente ingerenza della NATO attribuiscono sempre più al miglioramento dei rapporti eon l'URSS
Gromiko a colloquio con Ii premier turco
Urguplu
La visita compiuta in Turchia dal 17 al 22 maggio dal ministro degli Esteri sovietico Gromiko si pub dire avesse due obiettivi — l'uno di minore, l'altro di maggiore portata — i quali, stando al contenuto del documento ufficiale pubblicato al termine delle conversazioni, paiono essere stati ambedue nel complesso raggiunti. Da un punto di vista generale la missione del ministro sovietico s'inquadra indubbiamente nello sforzo avviato dall'URSS per salvare la pace, messa a grave repentaglio dalle iniziative di guerra americane: cosi, mentre a Mosca, veniva solennemente accolto il primo ministro indiano Shastri che Johnson av[...]

[...]ano sganciarsi in qualche modo dalle opprimenti ingerenze della NATO.
Per quanto concerne più specificatamente '.e relazioni turcosovietiche gli incontri tra Gromiko ed i dirigenti del paese ospite erano attesi da tutti gli osservatori con grande curiosità, E' vero che dal punto di vista protocollare non si è trattato che della risposta alla visita in URSS del ministro degli Esteri turco del novembre '64; è vero che in seguito ha soggiornato in Turchia, nel gennaio di quest'anno, una delegazione molto qualificata del Soviet supremo capeggiata da Nicolai Podgorni. Ma va subito precisato che nel febbraio scorso una grossa crisi politica ha travagliato il paese, crisi che ha , portato all'allontanamento dalla carica di primo ministro Ismet Inonu, sostituito alla presidenza del Consiglio dall'indipendente Suat Hayri Urguplu, del quale il giudizio più benevolo che si potesse dare era che si ignorava in quale direzione si sarebbe mosso.
O meglio, dal momento che alla vicepresidenza del Consiglio si insediava il capo del partito della Giustizia, [...]

[...] che Inonu era stato costretto ad andarsene proprio per le accuse di eccessiva freddezza nei confronti dell'America formulate dal partito della Giustizia e da altri raggruppamenti ultraconservatori, era logico attendersi dal nuovo ministero una netta marcia indietro ed un tentativo di ritorno all'ovile atlantico sotto il peso dei ricatti, delle pressioni e della corruzione.
In effetti dall'estate 1964 — epoca in cui particolarmente vivace fu in Turchia la polemica verso gli Stati Uniti e l'autocritica verso i cedimenti dei propri governanti — ad oggi v'è stato un continuo tentativo di smussare l'insofferenza verso la Casa Bianca diffusa un poco in tutti i ceti. E questo anche perchè il dissidio per Cipro con la Grecia è venuto a poco a poco perdendo la gravità d'un tempo ed ha permesso ai gruppi di destra il ritorno alle consuete posizioni filoamericane senza che il loro estremismo nazionalistico ne scapitasse. Tuttavia un riassorbimento completo della tendenza neutralistica non vi è stato, nè avrebbe potuto esservi senza gravi scontri tra [...]

[...]e compagnie straniere hanno un evidente interesse a non estrarre petrolio nel nostro paese ».
Da questi rapidi accenni risulta palese l'ampiezza della posta in gioco con le vicine elezioni, la responsabilità gravissima che s'è accollato a suo tempo Inonu quando ha preferito cedere. il potere piuttosto che appoggiarsi a sinistra, la radicali7zazione che va sempre più apertamente manifestandosi nella lotta politica. I giornali più influenti della Turchia dichiarano: il risultato delle prossime votazioni sancirà o la possibilità di discutere liberamente la nostra realtà nazionale o il ritorno d'una brutale repressione di stile fascista. E precisano: per il partito della Giustizia ed i suoi alleati tutti coloro che domandano una nazionalizzazione sono comunisti, chi critica l'America è comunista, chi vuole aumentare gli scambi con l'URSS è comunista; si tratta invece d'avere ben chiaro che la democrazia esiste o non esiste.
Ci paiono, questi, discorsi coraggiosi, che indicano un maturare delle coscienze, un prendere consapevolezza dei problemi[...]

[...]gli scambi con l'URSS è comunista; si tratta invece d'avere ben chiaro che la democrazia esiste o non esiste.
Ci paiono, questi, discorsi coraggiosi, che indicano un maturare delle coscienze, un prendere consapevolezza dei problemi di fondo del paese, ed è fin troppo facile, a questo punto, rammentare la delicatezza d'una situazione che sempre più si tingerà dei colori assunti o dalla vicenda dell'Iran nel 1953 o da quella egiziana del 1956. La Turchia si muove, dunque; anche per questo il buon vicinato con l'URSS costituisce e costituirà un fattore positivo per il suo futuro.
Massimo Robersi
Libri di testo
Si dice, ad esempio, che " Hitler era il capo della Germania e il solo che si era mostrato amico dell'Italia" e che " il fascismo era una dittatura, ma ha compiuto bonifiche, ha conquistato t'impero e l'Abissinia e ha fatto la Conciliazione" (dal Giorno).



da Massimo Robersi, Patto islamico: una sfida imperialista ai popoli arabi [sopratitolo: I "pellegrinaggi diplomatici" del monarca saudita all'insegna dell'attacco contro le forze del progresso] in KBD-Periodici: Rinascita 1966 - 10 - 1 - numero 39

Brano: I "pellegrinaggi diplomatici" del monarca saudita all'insegna dell'attacco contro le forze del progresso
Palto isicunco
una s imperia .is a
ai popoli arabi
In occasione della visita in Turchia, durante la prima settimana di settembre, di re Feisal dell'Arabia Saudita — il patrocinatore del cosiddetto Patto islamico — così scriveva il commentatore politico del quotidiano indipendente di Istanbul Aksam: « Se la Turchia aderirà al Patto islamico, anche in maniera poco impegnativa, la sua politica estera entrerà in un vicolo chiuso. Non vi sarà più alcuno sbocco, nè possibilità di collaborazione con i paesi dell'Est e del Terzo mondo. Ma il pericolo fondamentale per la Turchia sarà quello di vedere la religione islamica giocare una funzione dinamica nella politica internazionale: ciò procurerebbe nuove occasioni d'azione per coloro che sono inclini a sfruttare i sentimenti religiosi. Invero tutto questo può non essere altro che un incubo; tuttavia certi indizi ci spingono a suonare l'allarme con tutte le nostre forze: grandi evoluzioni si sono registrate nell'ultimo anno nel Medio Oriente, le posizioni degli sceicchi si sono irrigidite e di fronte allo scacco del Patto di Bagdad ed agli insuccessi della CENTO, gli anglosassoni stanno ricercando nuove combinazioni c[...]

[...]ati Uniti tentarono, per mezzo delle pressioni politiche e dei ricatti economici ed in stretta collaborazione con i gruppi di governo più reazionari e più timorosi di perdere i loro privilegi, di impiantare un sistema di alleanzecapestro che costituis se una cintura di « sicurezza » tanto verso i paesi socialisti, quanto verso i popoli delle colonie in fermento. Nel Medio Oriente tale progetto si concretizzò nell'alleanza « difensiva » tra Irak, Turchia, Iran, Pakistan e Gran Bretagna (con gli americani dietro le quinte) : il Patto di Bagdad, appunto. Troppo complesso sarebbe esaminare i motivi specifici che spinsero ciascuno di questi Stati all'adesione: vale la pena di dire che essa fu però avversata violentemente dalle masse popolari, che lo Scià dell'Iran, ad esempio, si affrettò a sottoscriverla perchè appena uscito dal tentativo di democrazia avanzata di Mossadegh, che in Irak la monarchia era traballante (cadde infatti nel 1958), che in Giordania, re Hussein, per la pressione popolare dovette rinunciare al proposito di inserire il suo[...]

[...]lotti imperialistisionisti nella regione e l'azione di re Feisal in vista della creazione d'una alleanza che si qualifica islamica, ma che non è suscettibile di servire che gli interessi della reazione, dell'opportunismo e del colonialismo ».
A questo punto, proprio perchè appare un poco il bandolo della matassa che egli stesso sta intrecciando, diventa utile tornare a seguire da vicino le mosse di re Feisal. Dopo aver visitato Iran e Pakistan, Turchia e Marocco, Sudan e Somalia, egli intende recarsi in Tunisia, nel Mali e nella Guinea; scopo di queste visite è promuovere un grande incontro di capi islamici
e di uomini politici alla Mecca, nel prossimo aprile, in occasione del tradizionale pellegrinaggio in tale località sacra alla religione musulmana. Ben fornita di armi occidentali (in primo luogo di aerei e istallazioni britanniche; secondo indiscrezioni di giornali inglesi un ufficiale a riposo della RAF sarebbe stato inviato a diri gere — come ai tempi di Glubb Pashà? il sistema aereo saudiano) l'Arabia Saudita, costituisce dunque, i[...]

[...]ascita economica e della rivendicazione della dignità nazionale, i movimenti progressisti possono accettare senza timore la gara; il cedimento di fronte alle prevaricazioni delle forze conservatrici ed alle ingerenze internazionali non è un tornante obbligatorio, a cui sia impossi bile sottrarsi.
A testimonianza dell'ampiezza di questo margine d'azione giunge utile segnalare un episodio di modesta portata ma invero emblematico. Il governo della Turchia — paese facente parte dell'Alleanza atlantica — ha vietato il 9 settembre scorso, in virtù delle disposizioni della convenzione di Montreux, l'entrata nel mar Nero attraverso lo stretto dei Dardanelli a due navi da guerra americane dotate di missili. Anche un governo conservatore, di uno Stato legato agli Stati
KaiUwe von Hassel, ministro dell'autoDifesa (dal Frankfurter Allgemeine Zeitung)
Uniti da molti impegni, ha potuto quindi, volendolo, compiere un gesto in favore tanto della pace, quanto del proprio interesse nazionale.
D'altro canto è un fatto che attualmente negli ambienti arabi p[...]



da senza firma, Per chi ha combattuto Israele in KBD-Periodici: Rinascita 1967 - 6 - 30 - numero 26

Brano: [...]ubito da parte . degli israeliani.
Linea di comunicazione commerciale. — La via d'acqua che dall'Atlantico, attraverso il Canale di Suez ed il Mar Rosso conduce all'Oceano Indiano, è stata considerata per lungo tempo come una via di comunicazione vitale per il commercio e per le linee di trasporto mondiali. La stessa cosa è vera oggi per un'altra vitale forma di trasporto: le comunicazioni aeree.
All'estremità orientale del Mediterraneo sta la Turchia, bastione orientale della NATO, organizzazione creata appunto per contenere l'aggressione sovietica. Le strade che collegano l'Unione Sovietica con il Medio Oriente passano attraverso i territori e gli spazi aerei dell'Iran e della Turchia. Si tratta di paesi che gli Stati Uniti hanno rifornito di massicci aiuti militari e d'altro genere, ed ai quali la Russia sta adesso strizzando l'occhio. In particolare è necessario che la Turchia sostenga il fianco destro della NATO, e che ii Mediterraneo sostenga l'intero fianco meridionale della NATO: l'Italia, la Grecia e la Turchia.
Se mai i sovietici riusciranno in un modo o in un altro a conquistare una posizione dominante in questa parte del mondo, attraverso i loro satelliti nel Medio Oriente o attraverso basi aeree, navali e forse anche terrestri in questa zona, qualsiasi sostegno della NATO da parte della Turchia diventerebbe estremamente incerto.
Il Mediterraneo, dopo la seconda guerra mondiale, è stato prima un « lago anglo francoamericano »; poi, con il ritiro della flotta francese dalla NATO, è diventato un « lago angloamericano ». Ora, data l'evidente intenzione della Gran Bretagna di ritirarsi dagli impegni strategici in questa come nelle altre zone, il Mediterraneo somiglia più di ogni altro ad un «lago americano ». Comunque, non più di nove mesi fa, risultò chiarissimo a chi scrive, durante una visita alle Forze armate meridionali (della NATO), che i comandanti americani dell'intero fianco me[...]


precedenti successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Turchia, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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