Brano: TURCHIA
Il
terrorismo
dei
generali
Manifestazione di studenti ad Ankara
Soppresse tutte le libertà. Il gruppo militare che ha operato a marzo il colpo di Stato mostra sempre più la sua natura di intermediario della penetrazione neocoloniale. La repressione dilaga colpendo tutta la sinistra nelle sue varie coinponenti, ma la partita è ancora aperta
di Taylan Ozgur
Ankara, giugno. — Qui c'è il terrore. Arrivano alle tre, alle quattro del mattino e portano via la gente. Le perquisizioni domiciliari si infittiscono, e si spara a chi, durante il coprifuoco, non si fermi immediatam[...]
[...]Jugoslavia — e qualche piccolo gruppo assolutamente innocuo. Il vero obiettivo è stata invece la sinistra: dai giovani universitari appartenenti a gruppi gauchistes, al Partito del Lavoro, ai sindacati. Giù, giù, sino alle stesse ali riformiste piccoloborghesi: si è incriminato persino, per « vilipendio » il segretario generale del Partito repubblicano, Ecevit, che ufficialmente sostiene il governo.
Viene perciò da chiedersi, a questo punto: in Turchia siamo al fascismo? Una prima risposta ci dice che sì, ci siamo. Vi poteva forse essere qualche dubbio in proposito nei primi giorni del colpo di Stato militare. Giocavano in questo senso una certa ambiguità della collocazione dei militari nella società turca,
funzione ch'essi ebbero nel 1960 contribuendo al rovesciamento del dittatore Menderes, l'idea che nell'esercito fosse ancora solida la tradizione kemalista, tutte cose che potevano corrispondere a connotati storici realmente esistenti. Oggi tuttavia il quadro è più nitido e si può cercare di dipanare meglio la matassa degli avvenimenti [...]
[...]della collocazione dei militari nella società turca,
funzione ch'essi ebbero nel 1960 contribuendo al rovesciamento del dittatore Menderes, l'idea che nell'esercito fosse ancora solida la tradizione kemalista, tutte cose che potevano corrispondere a connotati storici realmente esistenti. Oggi tuttavia il quadro è più nitido e si può cercare di dipanare meglio la matassa degli avvenimenti del marzo scorso.
Fino ad allora il sistema di potere in Turchia era fondato, sul piano politico, su una democrazia formale, duramente repressiva di ogni tendenza vagamente comunista o socialista. Il gioco si articolava tra una maggioranza conservatrice e una minoranza « riformista » (rappresentata dal Partito repubblicano del popolo) che si richiamava al riformismo piccoloborghese di Ataturk: modernizzazione del paese e collocazione europea della Turchia. L'equilibrio funzionava a ridosso di una società statica e sottosviluppata, priva di forti tensioni sociali. Era certo un equilibrio precario, susseguito alla liquidazione della dittatura, ma a tenerlo in piedi contribuiva un congruo aiuto americano sul terreno economico, politico e militare.
Ma il paese reale andava verso diversi equilibri. La penetrazione di capitali americani (e poi tedescoorientali, in grande quantità) bene o male metteva in movimento il tessuto sociale come accade per ogni operazione di tipo neocoloniale. Non è un caso che il primo « terremoto » politico avvenga propr[...]
[...]ol dire persino fisicamente antiamericano) e tende a divenire la base organizzata di una iniziativa di sinistra (per quanto frantumata). Sono gli universitari infatti che iniziano l'ampio movimento di lotta contro le basi USA. La loro attività, tumultuosa e spesso spettacolare, si svolge in una situazione ormai instabile dal punto di vista economico e sociale, e quindi opera come catalizzatore di quella politica.
Le contraddizioni sociali della Turchia sono infatti giunte, in questi anni, a un punto esplosivo. Nell'estate del '70 tutti i nodi arrivano al pettine. La lira turca crolla fragorosamente e i gruppi dominanti fanno ricadere la sua svalutazione sui
salariati e sulle categorie a reddito fisso, collegandovi il primo tentativo serio di liquidazione dei nascenti sindacati. Questa volta la reazione è immediata. Alla legge limitativa delle libertà sindacali e ai costi dell'inflazione, si risponde con lo sciopero, il sabotaggio e le grandi manifestazioni popolari. I limiti della lotta appaiono subito evidenti: è solo la città a muoversi[...]
[...]dei gruppi dirigenti, con le sue clientele e le sue faide, non agisce più come deterrente delle tensioni sociali, non è più in grado di egemonizzare una società in ebollizione. Il fossato tra paese reale e paese legale diviene enorme e. rende inefficace lo stesso apparato di repressione e di corruzione.
E' a questo punto che entrano in ballo i militari. Il credito di cui essi dispongono è enorme: non hanno forse rappresentato nella storia della Turchia moderna « la coscienza della nazione »? non era stato Kemal Ataturk un soldato che si era battuto per la. salvezza della patria, fondando nel lontano 1923 la repubblica e lo Stato sulle rovine dell'impero ottomano? In effetti la tradizione kemalista è ancora assai forte nell'esercito, ma è questa la componente essenziale del colpo di Stato?
La risposta, ora possiamo darla con certezza, è. negativa. In primo luogo perché la risposta kemalista è divenuta insufficiente per problemi del paese. La realtà impone oreintamenti che vadano oltre una impostazione puramente modernista e nazionalista, .p[...]
[...] lontana e evasiva appare la linea nazionale modernista. Ma vi è una seconda ragione che appare più importante.
L'esercito in questi decenni è venuto secernendo una sua casta particolare, ancorata più ai trattati internazionali che alla tradizione nazionale, educata più allo spirito delle alleanze occidentali che al culto del kemalismo. Per mentalità, costume, preparazione è maturato un gruppo militare che ha le sue radici nella NATO più che in Turchia. E non solo mentalità, ma anche interessi e privilegi economicosociali. Bisognerà arrivare a una analisi più completa di questo gruppocasta, anche nel quadro del problema più generale che concerne il ruolo e il peso dei militari in tutta un'area del mondo. Quel che però si può, sin d'ora, dire è che, non si tratta di una componente arcaica e arretrata della società turca.
I militari che hanno diretto il colpo di Stato sono anzi una componente « moderna » di quella società, sono una casta che è « moderna » anche in senso culturale e ideologico: nulla quindi di paragonabile al vecchio gorilla [...]
[...]nti, per passare successivamente al contenimento delle spinte più arcaiche che sono d'impaccio alla penetrazione neocoloniale.
Questo sembra essere il connotato principale dei militari turchi oggi. Un « fascismo » perciò che non difende uno, status quo arretrato, ma che trae la sua carica di aggressività antipopolare e antidemocratica dal dettato e dagli interessi del capitale internazionale. Qualcosa di analogo lo si è avuto anche altrove e la Turchia vi si adegua.
Non abbiamo esaminato la componente strategicomilitare dell'operazione, collegata alla politica statunitense nel Mediterraneo. Essa non è meno importante di quella sinora tratteggiata e meriterà una anàlisi a parte. Per ora però la seconda domanda che si pone è la seguente: riuscirà l'operazione repressiva dei militari? riusciranno a imporre « l'ordine » neocoloniale? I dubbi sono molti. La sinistra è certo divisa, incerta nella sua strategia, messa in difficoltà da un intervento la cui durezza non ha precedenti. Ma non è vinta e la società turca è, come dicevamo, giunta oggett[...]