Brano: [...]cquistammo il mulo per lire 75 (un bel mulo),
e il carretto 70 lire, pagando metà anticipato e l'altra metà alla fine del 1893. Per me fu di grande sollievo, perché non ne potevo piú: quel somaretto andava cosí lento, da non fare neanche un chilometro all'ora. Col mulo andavamo benino, facevano diversi paesi in un giorno,
e gli affari progredivano sensibilmente. Mi ritiravo a casa, mi lavavo,
e andavo da zio Sabino, il quale gestiva una bella trattoria, con sala da pranzo e giardino, e molti clienti ferrovieri, che venivano da Napoli a mangiare. E facevo il cameriere insieme ad una serva, ed avevo cosí a tavola con loro una buona cena.
Mio padre aveva restituito al compare Fusco le lire quaranta ed aveva messo da parte qualche cosa. Vi era in quell'epoca il nonno dell'attuale Acone, il quale aveva il negozio, dov'è attualmente la Rustica, e i depositi nel portone di Lanzara, di terraglie, porcellane e cristalli, e cosí accoppiato al commercio di vetri ordinaria, aggiungemmo
MEMORIE DEL CAV. ANGELO MUSCETTA 69
i generi piú fini, terraglie[...]
[...]soddisfatto di aver ripigliato il suo mestiere, e che rendeva abbastanza. Questo rendimento fece balenare l'idea a mio zio Sabino, marito di zia Angelarosa, sorella di papà, di mettersi in socio con noi; società, se cosí vogliamo chiamarla, che mio padre non potette rifiu. tarsi, perché i primi soccorsi l'avevamo avuto da lui. Il guaio lo passai io, perché questo zio era anche analfabeta, e non del mestiere, essendo lui proprietario e gestore di trattoria e di una piccola camera per uso di albergo. Ci preparammo per l'altra fiera di S. Egidio a Montefusco, lavorando come un cane per la contabilità, perché anche questo barese, era analfabeta. Insomma io che avevo frequentato la seconda classe elementare e due mesi della terza, ero un padreterno. Ma solamente alla divisione dei lucri e della merce, incominciarono a sorgere delle dificoltà, ed allora mi convinsi che nessuna società potevamo fare.
Occorre tornare qualche anno indietro, e precisamente nel settembre del 1890.
Frà i moltissimi clienti di mio zio Sabino, vi era il Capotreno Recine d[...]
[...]bambina, con gran dispiacere di mia zia, vuoi per la morte della figlia, vuoi perché gli aveva dato latte, tanto si era affezionata.
I rapporti tra il Capotreno Recine e mio zio Sabino non solo rimasero cordiali, ma si cementarono fraternamente. Si era alla fine di giugno del 1896. Mio zio Sabino, malgrado i miei diciannove anni, voleva che io sposassi, sapendo che questo Capotreno aveva una sorella signorina a Montefusco, e lo sapeva perché la trattoria di mio zio era il punto d'appoggio di lettere e pacchi, sia da Napoli per Montefusco che da Montefusco a Napoli. Un giorno mio zio abbordò questo Capotreno che era in vena, e gli disse queste testuali parole: — Don Carlo, mi è venuta un'Idea. Perché non facciamo sposare Angelino con vostra sorella? — Il Capotreno su due piedi non sapeva che cosa rispondere, e disse: — Poi vedremo.
Stavano così le cose. Io senza approfondire troppo a questa proposta, seguitavo a lavorare con passione. E si avvicinava l'epoca della fiera di S. Egidio e siccome avevo ricevuto da questa fiera delle belle soddisf[...]
[...]ciuponi, (come la madre), e sfortunati.
Presi le consegne del buffet, alla Stazione, e siccome questo mio zio, sardo cucinava molto bene, pregai mio zio Sabino di prenderlo in servizio, in qualità di cuoco, per lire 10 mensili. Ebbe inizio il mio nuovo lavoro, di cui ero profano, sia perché non avevo mai frequentato caffé (per mancanza di denaro), sia perché non avevo nessuna cognizione di liquori e di ristorante. Avevo un poco di pratica della trattoria di mio zio Sabino, ma era una cosa diversa. Sempre tenace e sempre passione nel lavoro, tutto ciò che iniziavo lo portavo a buon fine. Una sola volta feci una brutta figura, ed era il terzo giorno della mia gestione. Si presentarono al banco un signore ed una signora, chiedendo due coca. Li pregai d'attendere un minuto, e chiesi aiuto a questo zio cuoco, perché non aveva interpretato bene la richiesta, e tanto io che questo zio sardo ci lampicchevamo il cervello, ma poi mi decisi tornare al banco, e con molte scuse feci intendere che eravamo sprovvisti di quello che chiedevano. Ed il signore [...]
[...]ene, continuava a spendere a larghe mani, ritirando da Modena i migliori salami e zamboni, da Codogno, Parma e Milano le forme intere di formaggi di tutte le specie.
Tralascio per i1 momento l'andamento dell'esercizio del buffet. Malgrado le mie nuove occupazioni, vi era la gestione amministrativa dello sviluppato e crescente lavoro dei cristalli e porcellane,
e danaro di questa azienda spesse volte veniva impiegato per otturare le falle della trattoria, che con l'apertura del buffet, era diventata passiva. Di questo caos ne avevano tratto profitto i clienti ferrovieri che erano centinaia al giorno, e che venivano da Napoli (perché ad Avellino allora non vi era nessun deposito). E costoro mangiavano a credito, ordinando dei pranzi luculliani, e per la bontà di mio zio, che andava a Napoli per riscuotere tutti i mesi, erano piú quelli che non pagavano, che quelli che pagavano, ed i morosi ritornavano a venire a mangiare ed alle rimostranze di mia zia Angelarosa, sua moglie, che lavorava giorno e notte in cucina, lui rispondeva che era senza c[...]
[...]ai la medesima camera che mensilmente fittava lui — Albergo Wachinton — (lato partenze) e che pagavo lire 1.25 per sera, e lire 2 al giorno per mangiare. In queste 2 lire erano comprese le sigarette e qualche divertimento. Saltavo il pasto di mezzogiorno, rimpiazzandolo con una pizza (calzone) imbottita di ricotta, qualche soldo di frutta, ed alla sera dopo la chiusura della cassa sotto l'orologio esterno della ferrovia, andavamo al pranzo dalla trattoria della Fortuna (tutt'ora esistente) alle spalle della statua di Garibaldi, ove spendevamo 8590 centesimi, massimo 1 lira. I miei compagni, per lo stesso servizio, erano tre: Cioffi Gaetano, calzolaio di Solofra, Fiumara Pietro, esercente una trattoria di Salerno, e Saturno
ANGELO MUSCETTA
Antonio di Cassino. Era la seconda sera che stavo in loro compagnia, dopo di aver mangiato, facemmo una passeggiata a piedi dalla ferrovia alla Galleria. Lessi un manifesto che al S. Carlo si rappresentava La Forza del Destino, con dopo il Ballo Excielsior, e al loggione di quinta fila (non numerato a quei tempi) si pagava lire 1.25 a persona. Proposi ai miei amici di andare: tutti profani di opere liriche. Ma per convincerli, ce ne volle, perché loro preferivano farsi una partita con qualche litro di vino. Io tenevo lire 2.40, somma che potevo disporre[...]
[...]rte, pensando che il matrimonio potesse andare a monte, e l'amare era cosí potente, balenandomi nel cervello di commettere qualche sciocchezza. Però fidavo sempre nella preghiera, e di cui non mi sono mai staccato, e nella mia vita ho trovato sempre conforto. Un giorno mia zia Angelarosa, [di] nascosto del marito Sabino, venne a trovarmi e si rammaricò per quello che era successo, e lo stato mio compassionevole e disperato. Mi mandò subito dalla trattoria da mangiare, e venne di nuovo ad assicurarsi, se io avessi mangiato, perché quasi da tre giorni non avevo toccata cibo. Intanto Vincenzina mi scrisse da Montefusco, che aveva saputo che erano sorte delle questioni serie, tra noi e zio Sabino: i soliti amici e invidiosi s'erano preso la briga di scriverle una lettera anonima informandola di tutto, aggiungendo perfino che il matrimonio sarebbe andato a monte. Supplicandomi di scriverle tutta la verità, e conoscendo il mio tipo affettuoso, non mancò d'incoraggiarmi, di avere fede in Dio per il nostro destino. Un giorno, profittando che lo zio Sa[...]
[...]miliazione, ero padrone, cameriere, sguattero, facchino, venditore di acqua ai treni ecc.: credetemi, non esagero, dalle quattro del mattino a mezzanotte. L'unico conforto era mia moglie, che passato qualche mese incominciò a coadiuvarmi, acquistando pratica, e [a] stare al banco. Eravamo tanto felici, da invidiarci vicendevolmente.
Dimenticavo dire che mio zio Sabino nei primi tempi della gestione del buffet a me affidata, esercitava un'antica trattoria con giardino, e una camera con quattro letti per uso di albergo. Trattoria che per ventisei anni lavorava benino con i ferrovieri ed anche privati, e che poi si decisero lasciare, per esercitare insieme a me il buffet per economie di spese. Passarono cosí tre anni di matrimonio, ed ero già padre di due figli Amato e Sabino, lavoravo come non avevo mai lavorato in vita mia, notte e giorno, coadiuvato da mia moglie Vinoenzina, che era animata di tanta volontà, e spesse volte per forza maggiore in cucina toccava lavare anche i piatti (perché delle volte in poche ore dovevano essere servite centinaia di persone). Io che servivo a tavola insieme ad una cameriera col suda[...]
[...]di 500 lire, cosa che fece subito, rilasciandogli una cambiale firmata da me e mia moglie.
Intanto mio zio Sabino, per far fronte ai suoi impegni, precipitò la vendita del residuo di merce cristalli e porcellane, gestione tenuta con capitali suoi, e venduta da mio padre.
Intanto col prestito delle 500 lire fattemi improntare dallo zio Bocchino pensai aprire un negozio sempre di cristalli e porcellane, fiatai quel basso, dove tutt'ora esiste la trattoria di Brigida, di fronte alla ferrovia, e mi decisi andare a Napoli o meglio a S. Giovanni a Teduccio da RichardGinori per fare degli acquisti: naturalmente lire 500 in contanti, ed il resto di un vagone di merce (che costava lire 3000 circa) in cambiale.
Mio zio Sabino vomitava fiele, e non sapendo che dispetto farmi, mi precedette di qualche giorno, ed andiede a S. Giovanni a Teduccio da RichardGinori, insinuando a questa ditta di non farmi credito, perché ero un nullatenendo e imbroglione. Non ebbi nessuna sorpresa quando mi recai a S. Giovanni, e la ditta suddetta mi disse che era spiacente[...]
[...]fatto per me, creandomi una famiglia, finii per accettare, e tranne mio padre che seguitava il suo mestiere, e mia madre che con la cameriera vigilava cinque camere mobiliate nel palazzo Alvino, che avevano nove ferrovieri a pensione, io, mia moglie e le mie sorelle, ci riunimmo con zio Sabino e zia Angelarosa. Per ragioni di economia, cambiammo casa. Io e mia moglie due camere al secondo piano, alla casa di Giordano (Melella); e dove sta ora la trattoria di Melena presero alloggio mio padre, mia madre e mia sorella.
Mio zio Sabina e mia zia Angelarosa fiatarono la casa al secondo piano dove sta ora il bar di Umberto Avagliano, compreso di tre camerette e cucina. Le tre camerette furono utilizzate per piccolo albergo, mentre la piccola cucina fu adibita per camera da letto di mio zio e mia zia, cucina umida, che a stento conteneva i1 letto. Avevo pietà dei miei zii nel .modo come si erano potuto adattarsi, ma intanto andava in certo qual modo pareggiare il bilancio molto passivo. Quanti sacrificii, quante privazioni, è inutile descriverlo, ep[...]
[...]sue ossa eternamente in una nicchia di una nostra cappella gentilizia.
Da quell'epoca incominciò una vita nuova per me; piena di sacrificii e piena di responsabilità. Fu necessario trasferirmi dal palazzo Alvino alla casa da poco fabricata, e precisamente nella camera n. 8 abitata dal defunto zio Sabino, e alla stanzetta attigua n. 7 si trasferì la zia Angelarosa, con i miei due figli Amato e Sabino, mentre nel basso, dove attualmente esiste la trattoria di Melella Giordano, abitava mio padre, mia madre, e le mie due sorelle, tornate da S. Giorgio del Sannio.
Il lavoro del buffet era di molto aumentato: poco per volta pagai tutti i debiti lasciati dal mio povero zio, fino all'ultimo centesimo, perché non volevo che si parlasse male di mio zio defunto. Posso garantirvi che la mia felicità era completa, lavoravo con la mia povera moglie Vincenzina senza limiti.
Nel novembre del 1909 avvenne un forte diluvione nella provincia di Salerno, producendo fortissimi danni, con la caduta di un ponte ferroviario e con la distruzione di parecchi chilome[...]