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Il segmento testuale Torino è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 432Analitici , di cui in selezione 11 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Giovanni Testo, Ritratti critici di contemporanei. Lalla Romano in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...]nte che glielo aveva dato « fuori del consueto » — l'episodio è raccontato ne Le parole tra noi leggère —, Lalla Romano ha apposto questa chiosa: « Comunque sono certa che non solo per furore logico né per desiderio di singolarità interpretò a quel modo il tema, la ragione prima — della quale non poteva essere consapevole allora — era che la sola lettura interessante per lui era quella dal punto di vista dell'autore: il fatto creativo insomma » (Torino 1969, p. 156). La postilla (postilla verba auctoris, ne è il caso) contiene un pensiero altrimenti espresso, in modo ancora piú esplicito e in una sede propriamente critica, nella Presentazione della ristampa di Maria fatta per le scuole (Torino 1973). « Cosa c'è da dire sullo stile, sul linguaggio del libro Maria? » è la domanda. E la risposta: « L'incontro, la simpatia che si verificò nella realtà si è attuata anche nel libro attraverso lo stile ». « E come altrimenti? » si stupisce la scrittrice, che torna a domandarsi in un contraddittorio pensato a scopo didattico: « Dunque lo scrittore dovrebbe modellare il suo stile a imitazione del suo personaggio? ». Ma la risposta è perentoria: « Non si tratta di compiere un tale sforzo assurdo e, come ogni sforzo, inutile, peggio, dannoso » poiché — questo è il centro del ragionamento — « [...]

[...]nopinato che ci indirizza, senza volere forse, a un preciso creditore: a Lionello Venturi, e al suo libro piú noto Il gusto dei primitivi. Troviamo qui, infatti, nel libro di Venturi, la seguente affermazione: « Se l'opera critica deve avere un senso, esso sarà quello di ragionare sul modo con cui l'artista è giunto all'opera sua. Poiché il modo è l'opera d'arte, il modo, e non il risultato, deve interessare il critico » (Il gusto dei primitivi, Torino, Einaudi, 1972, p. 174). Questo, per una scrittrice come Lalla Romano sempre cosí attenta ai risvolti di poetica, cosí sorvegliata e consapevole, è di un'importanza nient'affatto secondaria, ha il valore anzi di un punto di forza mai smentito.
« La fantasia (come la memoria) astrae dalla realtà quello che le serve »,
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dirà nell'Avvertenza alla ristampa delle Metamorfosi (Torino 1967, p. 11). È un pensiero che ha poco o nulla da spartire con ogni forma di « realismo », previa intesa che non usiamo la parola, secondo invece la proposta del Venturi, come sinonimo di « non imitazione », perché allora finiremmo per cadere in una specie di gioco nominale (ad esempio, per Pavese, si è dovuta inventare la formula, che sta come un ossimoro, di « realismo simbolico ») e dovremmo riprendere da capo ogni concetto: cosa, è ovvio, che quand'anche ne fossimo capaci, sarebbe fuori luogo. Qui piuttosto ci interessa dire che la poetica di Lalla Romano non va ascritta, se non in modi [...]

[...]concetto: cosa, è ovvio, che quand'anche ne fossimo capaci, sarebbe fuori luogo. Qui piuttosto ci interessa dire che la poetica di Lalla Romano non va ascritta, se non in modi estremamente indiretti e condizionali, al grande (ottocentesco) alveo realista e meno ancora può patire l'etichetta, ancor piú angusta, di neorealista. Ne fa fede non tanto l'esordio poetico, che avvenne nel 1941 con la raccolta Fiore pubblicata dall'editore Frassinelli di Torino e che si collocava in un ambito di risonanze elette e preziose — condotte con modulazioni di personale ermetismo —, ma il vero e proprio esordio narrativo che avvenne di contromano con Le metamorfosi (1951), un'antologia di sogni secchi e concreti, che passò, pour cause, sotto silenzio. Né bastano a smentita, tacendo d'altri pochi minimi, l'appetito curioso e non sorprendente di Sereni o l'« interessata » attenzione di Bo, che proprio allora veniva investigando, con prudenza, sul neorealismo all'apice.
Abbiamo detto per inciso della formula a cui si è fatto ricorso per Pavese e per l'altro v[...]

[...]. E nel Diario di Grecia: « È una di Alberobello, dal gran corpo a uovo con una piccola testa in cima; per cui alla mia immaginazione fertile di analogie essa appare come un'incarnazione del monumento tipico del suo paese »1). Con ciò intendiamo per un verso prendere le distanze dall'accanita officina di Pavese e per l'altro variare la formula auerbachiana, ai casi della Romano sorprendentemente adattabile, di realismo « figurale » (dr. Mimesis, Torino, Einaudi, 19562, ii, pp. 339343).
Lasciamo pur da parte Le metamorfosi, che sono anch'esse, a ben vedere, una prova estrema di raffigurazione, e pensiamo al felicissimo incipit di Maria, la « servente au grand coeur »: esordi e chiuse sono sempre, nella Romano, vere e proprie chiavi della volta:
Quando entrammo nella nostra casa, c'era già Maria. Eravamo di ritorno dal
viaggio, e camminammo in punta di piedi, perché era mezzanotte.
Io non conoscevo Maria, se non per averla vista, quando era venuta a pre
' Citiamo dalla ristampa einaudiana dei « Nuovi Coralli » (1974), p. 66.
LALLA ROMAN[...]

[...]rso l'uscio socchiuso.
Stava seduta sull'orlo della sedia, con i piedi incrociati e le mani raccolte nel grembo; era magra e minuta, vestita di nero: con un colletto, rotondo, di pizzo. Teneva la testa reclinata su una spalla; i suoi occhi azzurri e fermi, dalle palpebre piegate all'ingiú, avevano un'aria rassegnata e un po' triste. Non ne avevo concluso niente: piú che altro avevo pensato che era una figura adatta a ritrarsi nei quadri (Maria, Torino 1953, p. 9).
Dalla figura di Maria cosí nitidamente delineata nell'uscio socchiuso, dal tratto essenziale, sintetico — grazie allo scorciato inventario dei particolari —, spira come un'attesa per cosi dire geometrica, lontana, in virtú del segno, dalle figure sognanti in perplessità che, piacevano ai crepuscolari. Questo, nonostante che il periodo si serri in sottraendo, con calibrata sprezzatura. Si mostra insomma subito evidente, fin dall'esordio, un processo creativo che contiene intero il suo sviluppo. Nel principio dell'opera è il suo centro, e pensiamo, con qualche ragionevole licenza,[...]

[...] tra noi leggère e in
Una giovinezza inventata che sono i piú prosastici — l'impronta (l'imprinting) della formazione di poeta non verrà mai meno.
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2. Una giovinezza inventata (1979) è il ritratto della scrittrice da giovane. Dylan Thomas ha detto da qualche parte che una « certezza deve pure esistere, se non di amare bene, almeno di non amare »2 e la considerazione sta nel libro come un emblema. In Una giovinezza inventata (Torino 1979) c'è una pagina che apre con una cert'aria di risolutezza e insieme, quasi, di sfida un po' trepidante, il capitolo xxxix:
Dissi a Venturi che volevo scrivere (raccontare) ma che non era possibile, perché a me sarebbe piaciuto scrivere soltanto storie della mia famiglia. Nulla mi avrebbe mai interessata quanto il mio mondo. (...).
Rise, e con l'aria di chi ha già risolto il problema, si alzò, sfilò da uno scaffale alle mie spalle un volume in brossura, e me lo porse. Era il primo volume della Recherche (p. 208).
L'ouverture racchiude l'ineluttabile di una vocazione, ma anche, certo no[...]

[...] il gioco segreto delle affinità elettive che tramano i rapporti dei protagonisti (due giovani donne e un uomo) esalta il valore allusivo dei gesti, ridesta per attimi il senso ultimo delle cose:
Qualche volta mi svegliavo a notte alta; se tutto era tranquillo, se, dopo essere stata un poco in ascolto, mi convincevo che anche Paolo dormiva o almeno non dava segno di essere sveglio e di voler parlare, scivolavo piano fuori della
3 Tetto murato, Torino 1972', p. 36.
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camera. Mi avvolgevo in qualcosa di lana o nel mio pellicciotto stesso, ma sul pianerottolo il freddo mi piantava addosso le unghie. Scendevo a metà scala e rimanevo per un poco affacciata a un finestrino — senza vetri — sulla campagna. Vedevo, sotto, un piccolo orto quadrato, sepolto nella neve: affioravano i rami corti della siepe, rade macchie nere, di sterpi e alberelli, che disegnavano tracce lineari. Era uguale a un piccolo cimitero, e dava, della morte, una immagine povera, calma e solenne. Lo guardavo a lungo, fin che potevo resistere al freddo; e mi[...]

[...]istere al freddo; e mi pareva di cogliere un poco del senso ultimo delle cose (p. 97).
Ma non sempre è un senso cosí pacificato, poiché il terrore può aggredire all'improvviso (« Improvvisamente mi trovai accerchiata da terrori che mi ero illusa di aver smarrito nel tempo », p. 79), scoprendo il dramma dell'esistere: se è vero, come sarà detto dalla scrittrice in un altro libro, che « per ognuno l'esserci è tutto quello che abbiamo » (L'ospite, Torino 1973, p. 112).
In quest'atmosfera creativa si situa anche la seconda parte de La villeggiante, poi stampata a sé con il titolo Pralève e la cui data effettiva è il 1958. Pralève piú che un luogo connotato di particolari e popolato di figure (il luogo delle vacanze povere: « bellezza, avara, che nasce dalla povertà » come in Tetto murato, p. 41), è una « dimensione diversa » 4, nella quale sembra di entrare ancora con il piú recente Lettura di un'immagine (1975). Questo libro infatti, tutto giocato com'è — e calibrato — su una sorta di doppio immaginario, fotografico e testuale, è un tessuto [...]

[...]a, e cercai con gli occhi il balconcino alto sul Borgo Sottano, dal quale Maria aveva salutato il bambino diventato grande che ripartiva sulla sua motocicletta.
Prima di scendere, per la gradinata di pietra, al vicolo di Maria, volli rivedere il paese.
Rividi, nell'attraversarlo, la villa dei Maina, che dietro l'alterigia della f acdata celava le sue storie oscure, e le fastose alcove, che Maria spolverava con tanta fatica.
4 La villeggiante, Torino 1975, p. 95.
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Percorsi i piccoli portici, uscii nella piazza, e m'indugiai nel leggere le piccole lapidi bianche, murate in memoria dei fucilati dell'ultima guerra. Cercai il nome di Milio; ecco: Emilio Martini, di anni ... Una bicicletta attraversò la piazza deserta, metà sole e metà ombra. Margherita? (avevo pensato a lei, cercando il nome di Milio?).
Poteva essere lei, la donna della bicicletta: la testa piccola, dal profilo minuto e severo. Anche lei mi guardò (p. 136).
È soltanto il primo « respiro » del capitolo, ma ci troviamo già un poco nel clima della Penombra. C[...]

[...]nni dell'Università, con gli umori, le inquietudini, le contraddizioni di una vitalità ispida e inappagata.
È la storia di una iniziazione, dei rituali e delle sofferenze che tale iniziazione comporta; la storia di un personaggio di angoscia (e di allegria?) dentro la « grande misteriosa città » (p. 73) autunnale, che sta come una favola dal fascino intenso, come un amore doloroso e senza futuro: che anzi con quest'amore fatalmente coincide. La Torino di una tardiva belle époque vibra di una sua doppiezza ed è il luogo emblematico dei fatti memorabili. La vita della ragazza si snoda per frammenti tra le pareti protettive di un pensionato (molto esclusivo) di suore, e le ciance, le alleanze, i ripicchi di una comunità di giovani curiose e anche petulanti, tra le lezioni all'Università e le sedute di pittura, tra zie e compagni, tra affabulazioni epistolari e incontri divisi, fatti un po' di audacia e un po' di perplessità, tra presunzioni intellettuali e pene d'incompiuto amore. Eccone un esempio estremo:
Quest'anno, che lui era piú gentil[...]

[...]ezza, noia e perfino gentilezza (distratta).
Ma soprattutto io non rinunzio a tentare di conoscerlo, discorsivamente voglio dire. So bene che le domande sono un sistema sbagliato; ma ci ricasco. Lui è seduto davanti a me, immerso in un libro (magari un fumetto). Io provo a incominciare un discorso, e per di piú su temi generali. Senza alzare il capo risponde: — Non so (p. 9).
GIOVANNI TESIO
BIBLIOGRAFIA
OPERE DI LALLA ROMANO. Poesia: Fiore, Torino, Frassinelli, 1941; L'autunno, Milano, Edizioni della Meridiana, 1955; Giovane è il tempo, Torino, Einaudi, 1974. Poesie di Lalla Romano sono apparse in Prima antologia di poeti nuovi, Milano, Edizioni della Meridiana, s.d. [ma 1950]
Prosa: Le metamorfosi, Torino, Einaudi, 1951 (poi, riveduta e ampliata, nei « Coralli », 1967); Maria, ivi, 1953 (poi nei « Coralli », 1965; nelle « Letture per la scuola media », 1973; nei « Nuovi Coralli », 1975); Tetto murato, ivi, 1957 (poi nei « Supercoralli », 1972); Diario di Grecia, Padova, Rebellato, 1959 (poi, con qualche variante, presso Einaudi, nei « Nuovi Coralli », 1974); L'uomo che parlava solo, Torino, Einaudi, 1961; La penombra che abbiamo attraversato, Torino, Einaudi, 1964 (poi negli « Struzzi », 1977); Le parole tra noi leggère, ivi, 1969 (poi negli « Struzzi », 1972); L'ospite, ivi, 1973 (poi nelle « Letture per la scuola media », 1978); Lettura di un'immagine, ivi, 1975; La villeggiante, ivi, 1975; Pralève, ivi, 1978 (ma già compreso ne La villeggiante); Una giovinezza inventata, ivi, 1979.
Traduzioni: G. Flaubert, Tre racconti, Torino, Einaudi, 1944 (e ora, con Nota introduttiva, nelle « Centopagine », 1980); E. Delacroix, Diario (18221863), Torino, Chiantore, 1945; B. Beck, Léon Morin, prete, Torino, Einaudi, 1954.
SCRITTI SU LALLA ROMANO. A parte i repertori e le storie letterarie del Novecento, che dedicano qualche spazio alla scrittrice, sono pochi su di lei i saggi sistematici. Ricordiamo il profilo di F. VINCENTI contenuto ne « I contemporanei » di Marzorati (v vol., 1974), e perciò fermo a L'ospite. Della stessa Vincenti è da ricordare il profilo piú ampio Lalla Romano apparso nella collana « Il castoro » (Firenze, La Nuova Italia, 1974). Aggiornato fino a Una giovinezza inventata è l'Invito alla lettura di Lalla Romano di A. CATALUCCI (Milano, Mursia, 1980).
Moltissime le recen[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] G. Trevisani, Gramsci e il teatro italiano in Studi gramsciani

Brano: Giulio Trevisani
GRAMSCI E IL TEATRO ITALIANO.
L'attività del giovane Gramsci come critico teatrale comincia il 16 gennaio 1916 quando l'Avanti! inizia nell'edizione piemontese la pagina di cronaca di Torino, e finisce il 16 dicembre 1920, quindici giorni prima dell'apparizione dell'Ordine Nuovo quotidiano. Dal suo ventiseiesimo al suo trentesimo anno — l'intenso quinquennio della segreteria della sezione socialista, dell'Ordine Nuovo rivista e della latta per la fondazione del partito comunista — Gramsci riesce ad intercalare una costante attività giornalistica, alternando ai caustici commenti della rubrica « Sotto la mole » la critica teatrale. Gobetti, che si compiacque di posizioni paradossali contro la critica teatrale, scrisse: « Si può compiere con utilità anche l'esperienza di critico tea[...]

[...] e i valori dell'arte dovevano essere rispettati in teatro come essenziali ai suoi fini nel tempo stesso ideali e pratici, perché senza di questi ultimi non esisterebbe teatro e la sua opera rimarrebbe nell'ambita della letteratura. Battendosi contro « l'insincerità psicologica, la bolsa espressione artistica », la forma « crassamente sguaiata » o « romanticosentimentale » della vita sessuale, Gramsci denunzia l'impresa teatrale Ghiarella che, a Torino, sta « lentamente abituando » il pubblico « a preferire lo spettacolo inferiore, indecoroso, a quello che rappresenta una necessità buona dello spirito » . Scrive: « Non è vero che il pubblico diserti i teatri; abbiamo visto dei teatri, vuoti per una lunga serie di rappresentazioni, riempirsi, affollarsi, all'improvviso per una serata straordinaria in cui si esumava un capolavoro, o anche piú modestamente un'opera tipica di una moda passata, ma che avesse un suo particolare cachet. Bisogna che ciò che ora il teatro dà come straordinario diventi invece abituale. Shakespeare, Goldoni, Beaumarch[...]

[...]onomica, del teatro come fatto avente fine in se stesso e per la sua influenza sull'espressione artistica.
La prefazione posta alla pubblicazione di Letteratura e vita nazionale avverte, per quanto riguarda le cronache e critiche teatrali, che esse offrono un quadro pressocché completo della vita teatrale torinese di quel periodo. In verità, data, come vedremo, la particolare organizzazione del teatro italiano in quel tempo, la vita teatrale di Torino era strettamente legata a quella di Milano, di Genova, di Bologna e di Roma: e quindi era parte integrante della vita teatrale italiana. Possiamo dire, senza preoccupazioni, che le note di Gramsci hanno un valore di testimonianza e di giudizio su piano nazionale.
Fu, come è noto, quello della guerra e dell'immediato dopoguerra, un periodo di grande prosperità economica per qualsiasi genere di spettacolo. Certo, i locali piú affollati erano i caffèconcerto, dove si river
sava la gente favorita dalle nuove e facili fortune di guerra e, durante la guerra, i privilegiati sottrattisi al servizio[...]

[...]ente, piú importante, era stato rappresentato dallo sviluppo dell'« esercizio » teatrale, e cioè dalla gestione dei locali, e ciò soprattutto per la costruzione, nelle grandi città, di nuovi teatri liberi dalla soggezione del « palchismo » e cioè dal condominio: e lo sviluppo era stato tale, da portare, nel tempo in cui Gramsci scriveva le sue note, alla creazione di un potente trust. I piú importanti teatri d'Italia, e cioè quelli di Milano, di Torino, di Genova, di Bologna, erano nelle mani della Società SuviniZerboni di Milano, dei fratelli Chiarella, genovesi, (con locali a Genova e Torino), del comm. Paradossi di Bologna; e questo trust sindacava anche quasi tutti i teatri di Roma.
Si era venuta, cosí, formando in Italia, dai principi del secolo, l'industria capocomicale, timida e subalterna a quella dell'« esercizio »
Giulio Trevisani 299
teatrale, a quella cioè dei gestori dei teatri, generalmente chiamati proprietari, sia che fossero proprietari sia che fossero fittuari dei relativi edifizi. La soggezione era diventata enormemente piú grave negli ultimi anni. Ed è con evidente riferimento a questa situazione che Gramsci, nella pagina già citata, vede il capocomico ridoti[...]

[...] consolidare con un contratto tipo il dominio dei loro interessi sulle aziende capocomicali. Contro il trust SuviniZerboniChiarelliParadossi costituitosi sotto forma di Consorzio, la Lega dell'Arte Drammatica dette il grido d'allarme ai capocomici; e questi, appoggiati anche dalla Società degli Autori, trovarono il piú battagliero rappresentante dei loro interessi in Ermete Zacconi, proprietario della compagnia a lui intitolata.
Sull'Avanti! di Torino, prima ancora che questa lotta fosse impostata sul terreno economico, Gramsci aveva rilevato i pericoli del trust sul terreno culturale. « Torino — egli aveva scritto il 25 maggio 1916,
300 I documenti del convegno
sotto il titolo « Sfogo necessario » — è diventata una buona piazza per il trust che regola il mercato artistico italiano »; e quel che diceva era valido per quasi tutta Italia. « Il trust ha ammazzato la concorrenza, ha rotto la molla che costringeva a dare il meglio se si voleva molto pubblico, si è formata la palude, la marcita che favorisce prosperità ai girini e alle erbacce ». E qui, nel successivo articolo del 18 giugno, « Malinconia », la dimostrazione della sempre maggiore scarsezza di spettacoli teatrali sostitui[...]

[...]lle erbacce ». E qui, nel successivo articolo del 18 giugno, « Malinconia », la dimostrazione della sempre maggiore scarsezza di spettacoli teatrali sostituiti da « un pullulare malsano di varietà e di canzonettisterie ».
Un anno dopo, il male si aggrava: gli spettacoli di varietà, operette, vaudevilles si sono allargati, hanno preso posto in tutti i teatri di prosa. Sotto il titolo « L'industria teatrale », il 28 aprile 1917, Gramsci scrive: « Torino è diventata una fiera, Barnum è diventato il dio tutelare della attività estetica e del gusto dei torinesi. Barnum o il consorzio teatrale: Barnum o il trust dei fratelli Chiarella ».
Qui Gramsci denunzia lo spirito animatore dell'industria teatrale, tal quale esso si rivelava allora di fronte al caffèconcerto (e tal quale si rivela oggi di fronte alla rivista): « lo spirito dell'accumulatore di quattrini, cieco, sordo, insensibile a tutto ciò che non sia cespite di guadagno. Se domani sarà provato che è piú che conveniente adibire i teatri a rivendita delle noccioline americane e dei rinfre[...]

[...]ntro la gretta politica degli « accumulatori di quattrini » , che, avendo in programma l'accondiscendere ai gusti degli amatori di banalità, contribuisce all'abbassamento di livello del gusto generale.
Alla reazione della ditta Chiarella, che aveva id monopolio dei teatri torinesi e genovesi e che protestava contro le note dell'Avanti! egli risponde informando i lettori dell'Avanti!: «II trust del Consorzio teatrale ha già escluso dai teatri di Torino Ermete Zacconi; ora anche Emma Gramatica è caduta in ostracismo ». E poiché questa nobilissima artista, che Gramsci loderà per un tentativo di lotta per l'arte, non accettava le forche caudine del trust, l'organo milanese del Consorzio attaccò volgarmente l'artista, rimproverandole di « non fare interesse », di non rendere, cioè, tanto in quattrini, quanto ne rendevano le compagnie di pochades.
Per completare l'accenno al conflitto fra il trust degli esercenti ed i capocomici, che impegnò Gramsci a favore di questi ultimi, ricorderemo che, dopo un inutile convegno del luglio a Milano, di cui[...]



da [Le relazioni] P. Togliatti, Gramsci e il leninismo in Studi gramsciani

Brano: [...]ali date, è vero, ma almeno secondo esigenze e bisogni fortemente sentiti in questo senso) » 1.

È evidente, qui, la nota autobiografica e la nota critica, direi persino animata da una vena di ironia, di simpatia ironica per questo sardo che avanzava sulla scena della vita nazionale e sulla scena della storia europea» di questo che egli chiamerà in un altro passo « il triplice e quadruplice provinciale » venuto dalla Sardegna all’Università di Torino e che nell’Università di Torino accoglieva quegli insegnamenti che conosciamo, e nella vita economica, politica, sociale della grande capitale industriale, quale allora si organizzava e si affacciava alla direzione della vita nazionale, veniva formando se stesso.

Il punto di arrivo è assai lontano da questo. È un politico di portata nazionale e internazionale il quale si è cimentato, in tutta la sua esistenza, nella conoscenza, nello studio e nella soluzione dei più gravi problemi del momento storico nazionale ed internazionale, fondatore quindi di un partito e Capo comunista, cioè uomo che esprime e realizza con la ;sua[...]

[...]quelli che erano allora i Maestri della filosofia idealistica. L’influenza idealistica qui non si può negare. In questo periodo dello sviluppo del pensiero di Gramsci e già — direi — precedentemente, negli anni universitari, la efficacia del pensiero idealistico si manifesta però essenzialmente in una direzione, nella spinta a ricercare e a far proprio un concetto della dialettica come sviluppo storico della realtà.

1 Negli Scritti giovanili (Torino, 1958), che uscirono pochi mesi dopo il Convegno, sono inclusi tutti gli scritti del periodo 1914’ 18 citati nel presente volume.424

Le relazioni

È vero che nelle soluzioni che vengono date anche a questo problema in questo periodo vi sono espressioni che oggi non accetteremmo. Il nesso tra la realtà e l’azione, che è la sostanza dello sviluppo storico, non è ancora cercato nella materialità del processo complessivo della storia. Ancora viene alla luce la tendenza a cercarlo soltanto nella sfera dei puri rapporti ideali, di pensiero. In pari tempo, però, a questa influenza dell’idealis[...]

[...] conPaimiro Togliatti

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il concetto di sviluppo storico, che è un’altra cosa. Una precisa visione di che cosa fosse l'arrovesciarnento rivoluzionario dei rapporti sociali non vi era.

Vorrei ricordare una osservazione scherzosa di Gramsci, che forse consente di precisare meglio questa deficienza. È una osservazione fatta in polemica con i riformisti. Egli porta l’esempio di certe lezioni di filosofia che aveva sentito airUniversità di Torino, e rievoca il vecchio professore dell’Università che da quaranta anni si proponeva di svolgere un corso di filosofia teoretica sull’« Essere evolutivo finale». «Ogni anno incominciava una 66 scorsa ” sui precursori del sistema, e parlava di Laotsè, il vecchio^fanciullo, l’uomo nato a ottantanni, della filosofia cinese. E ogni anno ricominciava a parlare di Laotsè, perché muovi studenti erano sopraggiunti, ed anche essi dovevano erudirsi su Laotsè, per bocca del professore. E cosi 1’“ Essere evolutivo finale 99 divenne una leggenda, una evanescente chimera e l’unica realtà vivente, per gli stu[...]

[...]e degli operai e dei contadini, del popolo italiano per rovesciare il corso della storia t diventarne padroni. Il Labriola, ho già avuto occasione una volta di ricordarlo e credo che del resto questa osservazione sia oggi generalmente riconosciuta valida, non riuscì a giungere al concetto deirimperialismo e questa fu la più grave deficienza dello sviluppo del suo pensiero, deficienza che spiega anche alcuni degli errati

1 II grido del popolo, Torino, 25 maggio 1918.426

Le relazioni

giudizi da lui stesso avanzati, negli ultimi anni dell’esistenza, circa la politica coloniale dell’imperialismo.

In quegli appunti che dopo una certa rielaborazione, credo, sono stati presentati come un « quarto saggio » sulla concezione materialistica della storia, con il titolo Da un secolo all’altro, Antonio Labriola affronta questo problema, il problema dell'imperialismo. La sua ricerca, egli dice, tende a « illuminare la scena attuale del mondo civile, tratteggiarla nei suoi contorni, nel suo interiore aspetto e nell’intreccio delle forze che la[...]

[...]ria: gli obiettivi rivoluzionari servono di guida anche nelle lotte immediate che orientano e illuminano, cosi come le lotte immediate servono a scoprire e indicare le linee fondamentali di organizzazione del nuovo blocco storico che, attraverso la rivoluzione e nella marcia verso di essa, afferma se stesso come forza dirigente nazionale.

In questa luce e soltanto in questa luce credo possa oggi essere considerata l’azione svolta da Gramsci a Torino negli anni 1919 e 1920. È infatti assurdo pensare che mentre Gramsci, come egli stesso dice nelle sue Note sulla quistione meridionale, già nel 1919 era giunto a questa nuova concezione dell’alleanza di classe tra gli operai e le masse contadine per risolvere la questione dello Stato e della sua unità, è assurdo ritenere che in questo stesso momento egli avesse una visione della funzione della classe operaia che escludesse la organizzazione del partito politico e la lotta politica come forma più alta della lotta di classe e desse un valore esclusivo per giungere alla conquista del potere, al [...]

[...]i proprietà, cioè il rapporto tra le classi, la relazione tra chi è il proprietario dei mezzi di produzione e chi non possiede che la propria forza di lavoro, cioè se non si esce dall’ambito della fabbrica per proiettare il rapporto che si stabilisce nella fabbrica in una visione generale di tutti i rapporti sociali.

Questa fu la ricerca di Gramsci negli anni dal 1918 al 1920. Egli intendeva fare uscire dalla fabbrica moderna capitalistica di Torino, luogo più avanzato dello sviluppo industriale italiano, una forza adeguata alla soluzione dei problemi nazionali che in quel momento si ponevano, capace di superare la crisi terribile provocata dalla guerra e dalla distruzione delle forze produttive, di eliminare il disordine e il caos, di vincere il profondo scoraggiamento che regnava nei ceti dirigenti e nelle masse. Tutto questo poteva essere fatto dalla classe operaia se, partendo dalle questioni che si ponevano nella fabbrica, fosse riuscita ad acquistare una giusta coscienza dei grandi problemi nazionali e del modo di risolPalmiro Tog[...]



da Federico Sanguineti, Varietà e documenti. Caterina Sforza nel "mito" Gramsciano in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...], nella sua monumentale biografia, il Pasolini considera questa mirabile difesa della rocca di Forlí per opera di Caterina Sforza come una specie di epopea popolare; Vittorio Cian, la cui attività critica è ben nota a Gramsci, proprio recensendo il volume del Pasolini, preferisce invece richiamarsi all'indole della fiera contessa, e ricordando alcuni dei suoi atti storicamente
1 Lettere dal carcere, a cura di S. Caprioglio e E. Fubini, Einaudi, Torino 1965, p. 412.
2 R. MARTINELLI, Una polemica del 1921 e l'esordio di Gramsci sull'o Avanti! » torinese, in « Critica marxista », a. X, n. 5, settembreottobre 1972, pp. 1556.
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provati, concludere all'opposto che la narrazione del Machiavelli deve essere considerata di una verosimiglianza innegabile 3.
Possiamo anche pensare che Gramsci (il quale nei suoi Quaderni del carcere si richiamerà nel corso della sua interpretazione di Machiavelli a una pagina dei Ragguagli di Parnaso) debba aver tenuto conto, nel momento in cui utilizza il « mito » di Caterina Sforza, della r[...]

[...]a. X, fasc. 4, ottobredicembre 1893, pp. 577610.
4 T. BOCCALINI, Ragguagli di Parnaso, a cura di G. Rua, Laterza, Bari 1910, pp. 1201.
5 E la ricetta soreliana, alla quale Gramsci si richiamerà esplicitamente nella sua interpretazione del Príncipe di Machiavelli come « mito ». Cfr. G. SOREL, L'Opera di Luciano Jean, in « Divenire sociale », 1 giugno 1910, p. 148.
6 La matrice, in Cronache torinesi (19131917), a cura di S. Caprioglio, Einaudi, Torino 1980, pp. 3978.
7 P. TOGLIATTI, Il capo della classe operaia italiana, in Gramsci, a cura di E. Ragionieri, Editori Riuniti, Roma 1967, p. 20: « Sin dall'epoca dei convegni di Zimmerwald e di Kienthal, una delle maggiori preoccupazioni di Gramsci era stata quella di riuscire a conoscere e a prendere contatto con le correnti rivoluzionarie del movimento operaio internazionale e in primo luogo del bolscevismo ». Cfr. anche P. Spriano, Storia di Torino operaia e socialista. Da De Amicis a Gramsci, Einaudi, Torino 1958, p. 355.
VARIETA E DOCUMENTI 709
lo stesso procedimento per cui il Principe di Machiavelli è innalzato nei Quaderni del carcere a simbolo della volontà collettiva nazionalepopolare. Dal punto di vista formale non esiste quindi una differenza fra l'utilizzazione giovanile di Machiavelli e l'utilizzazione che Gramsci farà di Machiavelli in carcere. Ma il rapporto fra il « mito » giovanile di Caterina Sforza e il piú noto « mito » gramsciano del moderno Principe non si riduce a un'analogia esteriore. Caterina Sforza non rimane infatti il cappello piccante di un articolo scritto alla giorn[...]

[...]abilità che comporta la loro posizione » 13
Si comprende che Gramsci nei Quaderni del carcere definisca la Storia come attività rivoluzionaria che crea nuovi rapporti sociali. Cosi Gramsci ricava da Machiavelli i due simboli, fra loro indissolubili, nei quali è possibile riassumere tutto il suo pensiero: Caterina Sforza è la Storia, il Principe è il Partito.
FEDERICO SANGUINETI
11 La taglia della Storia, in L'Ordine Nuovo (19191920), Einaudi, Torino 1954, pp. 610.
12 Manca ancora un lavoro organico sulla concezione gramsciana della storia confrontata con le Tesi di Benjamin; si veda per ora F. DESIDERI, Il nano gobbo e il giocatore di scacchi. Le «Tesi sul concetto di Storia » di Benjamin, in « Metaphorein », a. I, n. 3, marzogiugno 1978, pp. 4881.
13 Senza uscita?, in Socialismo e fascismo. L'Ordine Nuovo (19211922), Einaudi, Torino 1966, p. 303. Cfr. anche Passato e presente. Spontaneità e direzione consapevole, in Quaderni del carcere, edizione critica dell'Istituto Gramsci, a cura di V. Gerratana, Einaudi, Torino 1975, p. 330.



da Franco Cagnetta, Inchiesta su Orgosolo. Parte prima: Orgosolo antica [e appunti di Ernesto De Martino sul pianto rituale sardo] in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 9 - 1 - numero 10

Brano: [...] 8 di bettole con vendita di vino, birra, acquavite.

In tutto il paese non vi sono fogne (se non un solo condotto nella strada principale); vi è la luce elettrica, introdotta da non molto a 160 volt, da una impresa privata, ma non in tutte le case; vi è l’acqua in poche fontane pubbliche, ma non nelle case, o solo in pochissime; vi è 1 pubblico telefono.

Corridore, Storia documentata della popolazione di Sardegna (14791901). Carlo Clausen, Torino, 1902, pp. 330. I dati dei censimenti del « Regno di Sardegna », del « Regno d’Italia » e della « Repubblica Italiana » sono riportati dalle relative pubblicazioni ufficiali. Quelli del 1951 sono ancora in elaborazione.INCHIESTA SU ORGOSOLO

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Gli istituti pubblici sono il Municipio, la Posta, 1 scuola con 5 classi elementari, 1 — incredibile — ambulatorio (l’acqua bollita per le iniezioni i clienti devono portarsela da casa); 1 chiesa e 12 cappelle, 1 cimitero.

Dei carabinieri e della polizia si dirà dopo.

In paese vi sono: 1 camion, 1 trattore, 5 motociclette, 10 biciclette; qua[...]

[...]1896 nella inchiesta parlamentare da lui condotta sulle condizioni della p. s. in Sardegna per incarico di Crispi, così scriveva: «Non è raro il caso che partecipino a rapine agiati pastori, e spesso ve ne ha di coloro che seguitano i loro affari, resi più prosperi dal bottino ricavato in siffatte

(9) Avv. G. M. LeiSpano, Presidente dell’Associazione Economica Sarda. La questione sarda. Con dati originali e prefazione di Luigi Einaudi. Bocca, Torino, 1922, pp. 112.

(10) Egidio Castiglia, Undici anni nella zona delinquente. Dessi, Sassari, 1899, pp. 8284.INCHIESTA SU ORGOSOLO

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imprese; e se non se ne vantano non se ne sentono però né rimorso né vergogna, come se si trattasse di agiatezza acquistata (11) ».

Se i « ricchi » sono i promotori della « bardana » per arruolamento, gli arruolati sono, in generale, rintracciabili tra i « poveri ». Scriveva il PaisSerra : « È altrettanto vero che la forza bruta viene arruolata tra i miserabili. Se la volontà iniqua che li dirige non trovasse questo facile strumento di sua nequizie no[...]

[...]anchi che pascolavano e per

i formaggi che si estraevano » (17).

Altra notizia di questo periodo si deduce da una Transazione del 23 settembre 1726 pervenuta dal Municipio di Orgosolo all’Archivio di Cagliari, con la quale si annette « il salto della villa spogliata di Locoe » a quello di Orgosolo (18).

(16) Codice diplomatico di Sardegna con altri documenti storici raccolti, ordinati ed illustrati dal cav. Pasquale Tola. Chirio e Mina, Torino, 1845, pp. 128 sg. e ristampato in: Historiae patriae monumenta edita iussu Regis Caroli Alberti. Tomus X. Codex diplomaticus Sardiniae. Tomus I. Codice diplomatico di Sardegna con altri documenti raccolto ordinato ed illustrato dal cav. P. Tola ecc. Augustae Taurinorum e Regio Typographeo. MDCCCLXI. Diplomi e carte del sec. XIV. CL. L’originale è conservato nell’Archivio di Stato di Cagliari. Voi. F, fol. 43 (5).

(17) Dizionario geografico storico statistico commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna compilato per cura del prof. Goffredo Casalis ècc. Presso G. Maspero, Torino, 183[...]

[...]Tomus I. Codice diplomatico di Sardegna con altri documenti raccolto ordinato ed illustrato dal cav. P. Tola ecc. Augustae Taurinorum e Regio Typographeo. MDCCCLXI. Diplomi e carte del sec. XIV. CL. L’originale è conservato nell’Archivio di Stato di Cagliari. Voi. F, fol. 43 (5).

(17) Dizionario geografico storico statistico commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna compilato per cura del prof. Goffredo Casalis ècc. Presso G. Maspero, Torino, 1834. Voi. XII, pp. 678.

(18) Testi e documenti per la storia del diritto agrario di Sardegna. Pubblicati e coordinati con note illustrative da Gino Barbieri, Vittorio Devilla, Antonio Era, Damiano84

FRANCO CAGNETTA

Dal 1765 Orgosolo fa parte della lncontrada di Nuoro sino al 1849, fine del feudalesimo in Sardegna. « I diritti che si pagavano erano quello del feudo, che era fisso, quindi quello del montone per Orgosolo, una prestazione per i formaggi, il diritto del vino e un canone per gli ademprivi di Locoe » (19).

Soccorso alle notizie di storia medioevale ci viene da documen[...]

[...]o Napoli delle Scuole pie colleggiate dell’Università di Cagliari e del cav. Rizzi Zannoni del Buro topografo della guerra presso S. M. il Re delle Due Sicilie.

9) Carta/ dell’isola e Regno / di Sardegna f dedicata f alla Maestà del Re f Carlo Alberto primoJ dal suo umilissimo e devotissimo suddito / Maggiore Generale Conte Alberto Ferrerò della Marmora / Comandante la R. Scuola di Marina di Genova / Membro della R. Accademia delle Scienze di Torino / già J Colonnello AiutanteGenerale J aiutato dal suo collaboratore / il cav. D. Carlo De Candia / Maggiore del R. Corpo suddetto / Parigi e Torino 1845 (incisori Desbruissons e Arnoul, dal 1838 al 1840) 1/250.000. I rami sono conservati negli archivi dell’istituto Geografico Militare di Firenze. Da questa Carta la posizione di Orgosolo è definita.INCHIESTA SU ORGOSOLO

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sempre senza fisso mestiere, è un uomo ormai famoso, leggendario nel paese, per il suo modo vivace di raccontare, per la sua geniale vita di picaro. E ad un picaro spagnolo certamente si avvicina. La difficoltà maggiore che ho incontrato nel raccogliere la biografia stava nel fatto che mi era difficile tenergli dietro perché sempre agitato, indaffarato a cercare [...]



da a.n.[Anna Nozzoli], scheda sintetica di «Società» (1945-1961) in KBD-Periodici: Rinascita 1975 - 8 - 29 - numero 34

Brano: Società (19451961)
Rivista trimestrale fondata da Ranuccio Bianchi Bandinelli,
comitato di redazione originario: R. Bilenchi, M. Chiesi,
M. B. Gallinaro, C. Luporini.
Case editrici: Leonardo, Firenze (19451950), Einaudi, Torino
(1950I956), Parenti, Milano (19571961),
formato: cm. 22x15.
Rivista trimestrale, fondata a Firenze nel 1945 da Ranuccio Bianchi Bandinelli, affiancato da una redazione inizialmente composta da R. Bilenchi, M. Chiesi, M. B. Gallinaro, C. Luporini. Negli anni '45'53 si sono avvicendati alla guida della rivista numerosi comitati direttivi di cui hanno fatto parte alternativamente D. Cantimori, L. Geymonat, G. Manacorda, A. Banfi, M. Alicata, C. Salinaci, N. Sapegno, L. Lombardo Radice, V. Crisafulli e molti altri. Nelle annate 195356 il periodico è stato diretto da G. Manacorda
e C. Muscetta[...]

[...] Crisafulli e molti altri. Nelle annate 195356 il periodico è stato diretto da G. Manacorda
e C. Muscetta, mentre dal '57 in poi si ritorna a comitati direttivi più numerosi (l'ultimo composto da M. Aloisio, A. Banfi, R. B. Bandinelli, G. Candeloro, L. Colletti, G. Della Volpe, P. Fortunati, C. Luporini, A. Massolo, G. Pietranera, M. Spinella). Pubblicata negli anni '45'49 dalla casa editrice Leonardo di Firenze, negli anni '50'56 da Einaudi di Torino e dal '56 in poi dalla Parenti di Milano, Società terminò le sue pubblicazioni nel 1961.
Nata per iniziativa di intellettuali di formazione storicoumanistica e di letterati (R. B. Bandinelli, C. Luporini, D. Cantimori, R. Bilenchi) Società iniziò le sue pubblicazioni negli anni immediatamente successivi alla fine della seconda guerra mondiale, con la precisa volontà di « integrarsi nella nostra cultura in modo polemico e dialettico richiamandosi alla tradizione di concretezza di quella parte degli intellettuali del Risorgimento che riuscirono a riportare l'Italia a livello europeo ». D'orien[...]



da relazione di Costantino Lazzari sotto presidenza Azimonti, Discorso Lazzari in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...]ito ci ha portati a decidere su questa base. La Terza Internazionale, la quale è stata male informata, in piena buona fede, ma imperfettamente, ed i nostri compagni di Russia ci consigliano continuamente, ci spingono a fare sí che questa scissione avvenga per la necessità del loro movimento e fanno appello agli organi loro speciali in Italia, coi quali si vede hanno rapporti diretti e che sono considerati come il loro Vangelo.
L'Ordine Nuovo di Torino. Sí, noi abbiamo visto con molta simpatia, anche per i muri delle città, i manifesti di questo giornale, significanti il mondo legato con le catene ed il proletariato che spezza queste catene che cascano nell'abisso del creato. È l'ordine nuovo ! Mi ricordo di essermi fermato davanti a quel manifesto. Ma guarda un po' ! L'Ordine Nuovo? Ma perché? Ma questo è ordine vecchio ! Noi abbia
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mo sempre lavorato e lottato per quest'ordine. Noi al popolo abbiamo sempre detto questo, abbiamo sempre detto che questo era l'ordine che si doveva raggiungere in un prossimo futuro e che dovevamo prepara[...]

[...]l sentimento, in quel sentimento che ci deve guidare continuamente attraverso la nostra azione ed in rapporto al sentimento della fraternità e dell'uguaglianza fra di noi. (Approvazioni).
Guardate cosa mi capita di leggere in questo giornale. Vi si pubblica il programma del Partito comunista il quale viene a dire che il Partito comunista, riunendo in sé la parte piú avanzata e cosciente del proletariato... Modestia a parte, i compagni nostri di Torino si credono la parte piú avanzata e piú cosciente del proletariato. Ho piacere di constatare in essi la superba sicurezza. Noi non ci siamo mai considerati né piú avanti, né piú coscienti degli altri, ma ci siamo sempre limitati a dire che, tenendo conto della situazione in cui ci troviamo, è necessario che tutti quanti uniamo le nostre facoltà, i nostri diritti, la nostra buona volontà; dobbiamo unirci compatti, solidali, fratelli, perché nella formazione delle organizzazioni non si creino frazioni di gruppo... (applausi della maggioranza), le quali ci possano condurre, attraverso qualche ecc[...]



da Eugenio Reale, Comunisti e cattolici in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 1 - giugno

Brano: [...]e forze attive della nazione. I comunisti italiani non hanno dimenticato che accanto a Gramsci, ad Amendola e a Matteotti s' erge la sublime figura di don Minzoni, il mite sacerdote di Argenta che addita dalla sua tomba alle masse cattoliche la via della lotta contro il fascismo fino al sacrificio della propria vita. I comunisti italiani, infine, non hanno dimenticato nè potranno mai dimenticare il carnaio del Colosseo, le esecuzioni sommarie di Torino e di Savona, le fucilazioni di antifascisti che continuano ad aver luogo in tutta Italia e nelle quali cadono sotto il piombo nazista cattolici, comunisti e cittadini di altri partiti,
AI di sopra di ogni opinione politica e di ogni divergenza di fede religiosa, la collaborazione dei cattolici con i comunisti 'e con tutte le altre forze del popolo può essere oggi particolarmente feconda. I comunisti sanno per propria esperienza quanto gravemente e quanto a ]ungo la divisione delle masse cattoliche e non cattoliche abbia pesato sulla recente storia d' Italia. Essi sanno quanta parte questa di[...]



da [Gli interventi] Alberto Caracciolo in Studi gramsciani

Brano: [...]ita dai congressi ai quali ha partecipato l’avanguardia rivoluzionaria di tutta la nazione ». Consigli che, secondo un’altra immagine di Gramsci « stanno al Partito Comunista come, nello svolgimento storico tradizionale, lo Stato sta al Governo».

Differenze dunque dalla pratica dei Soviet, che si possono e si devono ancora approfondire, originalità del movimento dei Consigli, suggerimento di sviluppi nuovi, maturati nella speciale temperie di Torino e dell’Itaiia del primo dopoguerra.

Accennato sia pure rapidamente a questo, io devo fare qui, in un certo senso, un passo indietro. Sento il bisogno cioè di riaffermare come il pensiero di Gramsci si muova, a mio avviso, sulla questione dello Stato operaio e dei Consigli ancora sempre, precisamente, nel grande alveo del pensiero leninista. Non è vero, come potrebbe apparire dalla relazione di Padmiro Togliatti, Che Gramsci non abbia presente la distinzione organica fra società civile e società politica, come dimostrano moltissime affermazioni; non vero soprattutto, come apparirebbe dalla [...]



da m.m.[M. Marchi], scheda sintetica di «Filologia e Letteratura» (1962-1971) in KBD-Periodici: Rinascita 1975 - 8 - 29 - numero 34

Brano: Filologia e Letteratura (19621971)
Rivista trimestrale diretta da Salvatore Battaglia.
Lof fredo Editore, Napoli,
formato: cm 24x17.
Sotto la nuova testata di Filologia e Letteratura, inaugurata nel 1962, Salvatore Battaglia riprendeva a dirigere l'attività di una rivista da lui fondata nel 1954 ed esauritasi nel 1960, dopo sette annate di vita. Si allude al periodico Filologia Romanza, edito prima da LoescherChiantore di Torino e dal '58 al '60 da Pironti di Napoli. Il titolo stesso della primitiva pubblicazione è indicativo della configurazione assunta e mantenuta pressoché intatta per la intera durata delle sue uscite: l'operazione di Filologia Romanza consistette nel definire « gli aspetti letterari e linguistici della civiltà medievale e romanza », continuando metodi d'indagine e campi d'applicazione relativi largamente acquisiti dalla tradizione critica italiana. Attorno all'iniziativa ruotarono, con collaborazioni di diverso impegno e di diversa frequenza, A. Pagliaro, E. Li Gotti, F. A. Ugolini, G. Petrocchi,[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Torino, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Storia <---italiana <---italiano <---siano <---Gramsci <---Pratica <---comunista <---comunisti <---italiani <---socialista <---Cosa <---Ordine Nuovo <---Partito <---fascismo <---italiane <---marxismo <---marxista <---socialismo <---Basta <---Bologna <---Dei <---Dialettica <---Diritto <---Ecco <---Lenin <---Noi <--- <---Perché <---Poetica <---Quale <---Russia <---Stato <---abbiano <---capitalismo <---cristiani <---d'Italia <---dell'Ordine <---fascista <---gramsciana <---gramsciano <---ideologico <---metodologia <---mitologica <---realismo <---riformista <---riformisti <---socialisti <---Agraria <---Antonio Labriola <---Carlo Marx <---Chiesa <---Ciò <---Come <---Congresso di Bologna <---Cosmo <---Del resto <---Divina Commedia <---Estetica <---Filosofia <---Folklore <---Francia <---Grecia <---Kienthal <---La lotta <---Loescher <---Logica <---Marx <---Meccanica <---Mi pare <---Non voglio <---Palmiro Togliatti <---Però <---Presso <---Pure <---Retorica <---Rivista trimestrale <---Scienze <---Sistematica <---Società <---Sulla <---Togliatti <---Trotzki <---Umberto Cosmo <---Zimmerwald <---capitalista <---centristi <---cominciano <---cristiana <---crociana <---crociano <---dell'Avanti <---dell'Internazionale <---ideologia <---ideologica <---ideologiche <---ideologie <---illuminismo <---imperialismo <---leninismo <---leninista <---metodologica <---ostracismo <---riformismo <---sindacalisti <---storicismo <---volontaristi <---Accademia Nazionale <---Accademia Pistoiese <---Ademprivio <---Aderire <---Agricoltura <---Aiutante <---Aiutante-Generale <---Alasennora <---Albanesi <---Alberobello <---Alberto Goddi <---Alfredo Oriani <---Alicata <---Allocutiones <---Altoviti <---Amendola <---Amsterdam <---Ancora <---Andat <---Andrea Costa <---Angius <---Anno V <---Antico Testamento <---Antologia <---Antonio Gramsci <---Anzelu <---Appare <---Appunti <---Appunto <---Aragona <---Arborea <---Archivio Storico Italiano <---Archivio di Stato <---Arcocho <---Armi <---Arnoul <---Arte 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Giorno <---Corriere del Ticino <---Corriere della Sera <---Corsi <---Cosi Gramsci <---Cosi in Maria <---Così <---Cova <---Crinvellas <---Critica marxista <---Cronologia <---Cucinello <---Cuneo <---Cuneo Provincia Grande <---Curatoria <---D'Amico <---D'Annunzio <---Dante di Cosmo <---Dario Niccodemi <---De Amicis <---De Candia <---De Lorenzi <---De Sanctis <---Dedurrò <---Del Lungo <---Del Monte <---Delàcana <---Demetrio Pasolini <---Demonte <---Desbruissons <---Devilla <---Di Cagno <---Di Lorenzo <---Diderot <---Diecine <---Diego Carpitella <---Dimensione Democratica <---Dina Galli <---Dino Compagni <---Dio <---Direzione del Partito <---Diritto agrario <---Diritto privato <---Discipline <---Dogali <---Domenichino <---Domenico Gismano <---Domus <---Donianìcaru <---Donori <---Dorgali <---Dorè <---Dovilinò <---Dramma Italiano <---Due Sicilie <---Duli <---Dylan Thomas <---E Carlo Marx <---Eam <---Ebrei <---Edda Gabler <---Editore G <---Editore G C Sansoni <---Editori Riuniti <---Edmondo De 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Sud <---Geografico <---Gerosa <---Gherardi <---Ghiarella <---Ghirztauru <---Giannantonio <---Giannessi <---Giansiro Ferrata <---Gigantes <---Ginestra <---Giordanengo <---Giornale del Mattino <---Giornale di Sicilia <---Giovanni Giolitti <---Girolamo Vasari <---Giudicato di Arborea <---Giudice Istruttore <---Giulio Trevisani <---Giuseppe Lovicu di Orgosolo <---Giuseppe Peano <---Giustizia di Camillo Prampolini <---Già nella Penombra <---Glauco di Ercole Morselli <---Gli <---Gonàri <---Gorropu <---Gorthine <---Gortòthihe <---Gossu <---Gramsci in Italia <---Gramsci nei Quaderni <---Gramsci sulla Rivoluzione <---Gran <---Grande <---Grande Guerra <---Gregorio I <---Greuter <---Grignanu <---Grillandi <---Grosso <---Guarda Turati <---Guido Cavalcanti <---Guspine <---Hesse <---Ibsen <---Idrografia <---Il Beffardo di Nino Berrini <---Il Bimestre <---Il Capitale <---Il Contemporaneo <---Il Corriere <---Il Gazzettino <---Il Giornale <---Il Giornale Nuovo <---Il Giornale del Mattino <---Il Giorno 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