Brano: [...]estiame). Nella storia della nostra civiltà abbiamo altri esempi di genocidio, anche su scala maggiore (basti pensare ai fasti del colonialismo inglese, francese o statunitense), se questo può consolare qualcuno. A noi spetta però denunciare le responsabilità del colonialismo e del fascismo italiano verso le genti del Gebel cirenaico, a infamia dei protagonisti e dei loro difensori
e ad ammonimento degli italiani di oggi.
GIORGIO ROCHAT
BORIS TOMASEVSKIJ, DELLA POETICA
Il potere stimolante che ancor oggi, a molti anni di distanza, continuano ad esercitare gli scritti dei formalisti russi, trova una delle sue giustificazioni nel fatto che, in essi, anche gli errori sono felicemente intaccati dall'intelligenza,
e che questa finisce col contagiare assai piú di quanto quelli non sopraffacciano.
E non intendiamo soltanto alludere alle loro esegesi dei testi letterari (i saggi del Vinogradov e del Tomasevskij sullo stile del Puskin, o dello Sklovskij sul Tolstoj, restano tuttora fondamentali; la Tecnica del comico in Gogol' dello Slonimskij ha d[...]
[...], DELLA POETICA
Il potere stimolante che ancor oggi, a molti anni di distanza, continuano ad esercitare gli scritti dei formalisti russi, trova una delle sue giustificazioni nel fatto che, in essi, anche gli errori sono felicemente intaccati dall'intelligenza,
e che questa finisce col contagiare assai piú di quanto quelli non sopraffacciano.
E non intendiamo soltanto alludere alle loro esegesi dei testi letterari (i saggi del Vinogradov e del Tomasevskij sullo stile del Puskin, o dello Sklovskij sul Tolstoj, restano tuttora fondamentali; la Tecnica del comico in Gogol' dello Slonimskij ha dischiuso le vie ad un puntuale intendimento dell'arte gogoliana,
e permane una piattaforma dalla quale è impossibile prescindere; e potremmo continuare ampiamente a elencare opere e nomi di componenti o fiancheggiatori della scuola, dal Tynjanov allo 2irmunskij), ma riferirci anche, e soprattutto, ai loro tentativi di consegnarci una teoria della letteratura. O — come essi preferivano dire — una « poetica » del linguaggio dell'arte.
Un secondo, e piú ripo[...]
[...] fabbricare « termini, schemi e classificazioni » non era affatto da attribuire ad una miopia degli eclettici o degli epigoni, bensí da collegare con le riposte finalità dello stesso formalismo; il quale, ambendo ad assurgere a « scienza », ambiva a fornirsi degli istrumenti di cui ogni scienza necessita.
Ne è abbondante riprova l'opera di uno dei padri — e non certo degli « epigoni » — del formalismo russo: la Teoria della letteratura di Boris Tomasevskij (che Maria di Salvo ci ripropone, per i tipi di Feltrinelli, in un'ottima veste italiana, corredandola di una introduzione chiara e puntuale). E sarebbe sufficiente, da solo, a mostrarlo il capitolo su La costruzione dell'intreccio, dove la venerazione per la terminologia giunge al punto di adulterare la « teoria » in anatomia della letteratura; offrendoci, è vero, un materiale di grande suggestione, ma di nessuna, o assai scarsa, utilità per l'intendimento di un'opera d'arte.
Tuttavia, questi non sono che aspetti secondari sui quali non merita indugiare. Ci offrono esempi di distorsioni di [...]
[...] linguaggio trovano manifestazione anche intensa i sentimenti, e del non considerare che in certe opere d'arte (teatro) sia proprio il « linguaggio colloquiale » a costituire il mezzo espressivo — si instaurava una sorta di dicotomia nelle facoltà del destinatario: ora disattento, frettoloso e disinteressato verso tutto ciò che, nel colloquio, non è « contenuto », ora, all'opposto,
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sensibile e attento alla forma (che il Tomasevskij dà per « definita ») del testo d'arte.
Qui potrà essermi fatto carico di rendere alquanto anguste le tesi dei formalisti con l'immettere le loro premesse nell'alveo di una logica dall'apparenza spietata (il che è, tuttavia, indispensabile allorché si compie una analisi), e col condurle a conseguenze alle quali essi non giungevano mai apertamente; o che mitigavano in grazia di quella intelligenza alla quale abbiamo già tributato un doveroso elogio. Ma certe conseguenze non possono resultare che palesi e incontrovertibili. Si oltrepassavano, ad esempio, con disattenzione manifesta, i confini d[...]
[...]; e cosí discorrendo. Ma i formalisti russi, rinverdendo una antica, e mai interamente tramontata, credenza nel potere di una singolare sollecitazione propria di ogni singolo fonema, attribuivano ad esso una facoltà emotiva derivante, per cosí dire, dalla sua struttura fisica (mostrandosi, tuttavia, in questo — occorre riconoscerlo — piú accorti dei romantici che la individuavano nella semantica).
« È naturale », leggiamo nel capitolo in cui il Tomasevskij tratta della Eufonia, « che i suoni labiali sordi possano conferire al discorso una coloritura, in quanto segno emotivo di disprezzo; parole come prezirat' [disprezzare], pòdlyj [vile], plòcho [male], hanno già, nella loro composizione fonica, una determinata coloritura » (p. 102). E ancora: « un discorso ricco di suoni quali
c, `é, c, s, k, si considera poco eufonico » (p. 96) 1.
Si approdava, in tal modo, a una sorta di psicologia della lingua, se non addirittura a un classismo verbale. E si riduceva il gioco dell'arte entro l'àmbito di una scacchiera dove i procedimenti erano le figure [...]
[...]E ancora: « un discorso ricco di suoni quali
c, `é, c, s, k, si considera poco eufonico » (p. 96) 1.
Si approdava, in tal modo, a una sorta di psicologia della lingua, se non addirittura a un classismo verbale. E si riduceva il gioco dell'arte entro l'àmbito di una scacchiera dove i procedimenti erano le figure e i fonemi i pedoni.
Il valore in sé del fonema infirmava l'asserita distinzione fra linguaggio dell'arte e linguaggio pratico. E il Tomasevskij, non rendendosi conto di aggravare, in tale maniera, la dicotomia nelle facoltà ricettive del destinatario, correva ai ripari col sostenere che, contrariamente a quanto accade allorché ci troviamo dinanzi ad un'opera d'arte, « nel linguaggio pratico i suoni non intrattengono mai la nostra attenzione » (p. 89).
È, a questo punto, inevitabile doversi chiedere perché un « suono » — e il determinato potere emotivo che esso racchiude in sé — ora agisca su noi, ora
1 Si veda ancora, in questo capitolo, quanto detto sulla onomatopea, sulle sonanti — la cui « facilità articolatoria le associa con l[...]
[...]eguenza degli effetti che produce sul nostro animo che si accende o non accende in noi un « interesse »), ma in base a non si sa quale facoltà discernitiva, sotto il cui potere la sensibilità ora si ottunde (al contatto coi testi colloquiali, di prosa pratica), ora è viva e vitale (al contatto coi testi d'arte).
Ma anche il contatto con un testo d'arte non si presenta del tutto piano. Anche colui che legge un romanzo o un racconto — sostiene il Tomasevskij —« riconoscendo con gli occhi le parole [...], non si sofferma sul loro suono, e passa subito al loro significato ». (Ricade, allora, forse nella medesima, e medesimamente inspiegabile, insensibilità di cui era vittima durante la comunicazione colloquiale?) « Soltanto nelle opere appartenenti alla cosiddetta `prosa ornamentale' [...] il lettore, già mentre percepisce visivamente il testo stampato, ricostruisce, ma solo nel pensiero, il suono di ciò che è scritto; `recita' il testo » (p. 111).
E anche qui occorrerà porsi un problema: se la comprensione di un testo sia fatto razionale. E cerca[...]
[...] o simbolicofantastici, dei luoghi dell'azione) e del regista (e del concetto che si è avuto della regia: si pensi all'ancor recente periodo in cui la direzione della messinscena era del « capocomico » che la accentrava sul carattere dell'agonista, contornandosi a tale scopo di attori la cui levatura modesta gli consentiva di concertarli in un coro su cui campeggiava la sua voce di solista). « L'arte registica — ci conforterà a tale proposito il Tomasevskij — progredisce, rivoluziona il sistema della messinscena » (p. 216).
La tesi della inscindibilità dell'opera drammatica dalla sua attuazione conduce ad una seconda conseguenza: che il testo — per cosí dire, nella sua « purezza » — non sarebbe dotato di autonoma esistenza. Il che non è pianamente accettabile; e pertanto, se vorremo discutere utilmente, occorrerà partire da un principio opposto al dettato tomascevskiano: che « le circostanze della lettura e quelle dello spettacolo sono completamente » identiche. E che lo sono per dare, e nell'un caso e nell'altro, origine ad una interpretazione[...]
[...]ro. In esso l'attuazione travalica il testo per incentrarsi ed esercitarsi sull'« apparato ». Il regista dello spettacolo puro muove dal testo letterario, attingendovi solo pretesti per le sue fantasiose creazioni e i suoi giochi. Spettacoli puri, o tendenti al puro, si sono avuti fino dai tempi della Rinascenza, quando ornamento e macchina erano proposti, e posti, al centro dell'interesse.
3) Ibrido. Ha avuto i suoi esordi negli anni in cui il Tomasevskij attendeva alla sua Teoria: il regista apporta « numerose modifiche al testo letterario a profitto dello spettacolo » (p. 214). È ibrido in quanto le « modifiche » corrono sull'orlo periglioso di una sopraffazione dell'originale che, non tendendo a resultati di « spettacolo puro », si bilanciano fra questo e una presunta esegesi del testo. Presunta, in quanto il regista opera a travestire quest'ultimo dei propri panni, se non addirittura ad assoggettarlo ad un sostanziale rifacimento (oggi gli esempi piú comuni vengono offerti dalle « attualizzazioni », dalle « socializzazioni » di componiment[...]