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Il segmento testuale Togliatti è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 306Analitici , di cui in selezione 19 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Giovanni Battista Bronzini, Varietà e documenti. Togliatti e i canti popolari [scritto del 1953, per metà inedito [quadre nel testo]] [e trascrizione documento di Rocco Scotellaro [quadre di catalogo]] in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: VARIETÀ E DOCUMENTI
TOGLIATTI E I CANTI POPOLARI
[scritto del 1953, per metà inedito]
Tra le annotazioni di canti popolari e dialettali e altro materiale d'interesse demologico trovato fra le carte inedite di Rocco Scotellaro e affidatomi per la pubblicazione da Rocco Mazzarone (l'amico intimo e custode intelligente della sua memoria e della sua produzione) c'è un dattiloscritto di otto cartelle intitolato Togliatti e i canti popolari, che merita di essere presentato e commentato a parte, in quanto rientra nella produzione critica del nostro.
La prima parte (fino al distico « E hanno attentato a Togliatti, / il capo dei lavoratori ») apparve su « Vie Nuove », otto mesi dopo la morte di Scotellaro, nel n. 35 del 5 settembre 1954 (annata ix), p. 17, col titolo Uno scritto inedito di Rocco Scotellaro.
Questo « interessante studio inedito » di Scotellaro, come si legge nella presentazione redazionale dell'articolo, era stato redatto « a suo tempo per `Vie Nuove' ». Per la precisione, esso deve essere stato commissionato a Scotellaro per il fascicolo dell'anno precedente dedicato a Togliatti in occasione del suo sessantesimo compleanno (vIII, 1953, n. 13, 29 marzo 1953), che s'intitola appunto Pal[...]

[...]arve su « Vie Nuove », otto mesi dopo la morte di Scotellaro, nel n. 35 del 5 settembre 1954 (annata ix), p. 17, col titolo Uno scritto inedito di Rocco Scotellaro.
Questo « interessante studio inedito » di Scotellaro, come si legge nella presentazione redazionale dell'articolo, era stato redatto « a suo tempo per `Vie Nuove' ». Per la precisione, esso deve essere stato commissionato a Scotellaro per il fascicolo dell'anno precedente dedicato a Togliatti in occasione del suo sessantesimo compleanno (vIII, 1953, n. 13, 29 marzo 1953), che s'intitola appunto Palmiro Togliatti compie sessant'anni. In una sezione di questo fascicolo (pp. 1115), sotto il titolo In tutti i dialetti d'Italia il popolo canta Togliatti, furono presentati canti dialettali (non tutti, in verità, anche popolari) di varie regioni italiane composti su Togliatti. Non vi trovò posto il saggio di Scotellaro con i canti lucani da lui raccolti o trascritti, che si distingueva per impostazione critica e per originalità di documentazione, sí che meritava di essere pubblicato a solo, come fu fatto l'anno successivo.
Lo scritto è importante, prima che demologicamente in senso stretto e forse piú, come testimonianza personale del poeta nel suo ruolo di coproduttore di poesia popolare. Senza frange erudite e prolegomeni accademici, egli centra súbito e discute il momento creativo non della poesia popolare in generale, che negli anni Cinquanta — si noti — non [...]

[...]servazione di certi aspetti servili di esso, ma di fatto si ponevano pure in contraddizione stridente con la realtà e sprigionavano germi contestativi 3.
Per l'altra finalità, la borghesia intellettuale persegue intenti di aperta denuncia dei bisogni delle classi subalterne e di partecipazione ideologica alle loro rivendicazioni. Questo è il caso, in parte, della stessa poesia scotellariana ed anche, su un piano diverso, dei canti dialettali su Togliatti, che, non composti da contadini e operai (quelli da loro composti di solito non hanno credito e fortuna) o composti da essi in collaborazione con gli intellettuali, vengono cantati da contadini e operai come se fossero assolutamente propri. Cosí avvenne dei canti fatti a caldo dopo l'attentato a Togliatti del 14 luglio 1948.
Occupazioni delle terre, patto Atlantico, sparatorie della polizia contro i contadini ispirarono canti popolari lucani, il cui alto grado di dialettalità linguistica è forse spia di una relativamente maggiore partecipazione contadina alla creazione. Ma neppure in questi casi è esclusa la partecipazione della classe intellettuale locale.
La collaborazione creativa fra intellettuali e proletari è registrabile anche quando
2 G. B. BRONZINI, Kultur und Gesellschaft in den italienischen erzählenden Liedern, « Tagungsprotokoll der 9. Arbeitstagung der Kommission für Volksdich[...]

[...]a dei Maggi, in corso di stampa negli « Atti » del convegno su « Il Maggio drammatico nell'area toscoemiliana », (Pisa 2628 maggio 1978).
Alan
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non è simultanea. $ il caso in cui il contadino od operaio poeta utilizza schemi sintattici, motivi tematici e ritmi musicali di canzoni d'autore. Ce ne dà una testimonianza Scotellaro, concludendo il suo saggio, con la composizione dello stagnino già attore di varietà.
I canti togliattiani, come quasi tutti i canti di soggetto politico, sono legati al personaggio e al momento in cui egli riscosse il maggior successo popolare, che coincise con gli anni in cui Togliatti manifestò viva l'urgenza di stabilire rapporti piú solidi fra intellettuali e masse contadine 4. La popolarità fruitiva di detti canti è conseguentemente, come di fatto è stata, di breve durata. La popolarità creativa, invece, non viene intaccata dalla brevità di uso; rimane un fatto acquisito. Ed è merito di Scotellaro di averlo intuito anche prima che noi prendessimo coscienza critica, per via scientifica (antropologica e linguistica) della cultura contadina come un modo di produzione, condizionato e omologabile, in parte, al processo di produzione economica, facendo salvi alcuni altri valo[...]

[...]il loro nome e cognome, anzi che porli, mentre vivono, nel registro degli ignoti solo perché può essere un comodo intellettuale di chi si occupa identificare nella singola persona l'anima collettiva.
Inoltre, proprio negli scritti del De Martino, si rileva una certa disattenzione per l'elemento già colto, per l'intellettuale, il piccolo borghese pervenuti all'adesione o all'aperta amicizia per i contadini e gli operai. Il lavoro progres
4 Vedi Togliatti e il Mezzogiorno dell'Istituto Gramsci, Sezione pugliese, 2 voll., « Atti del convegno tenuto a Bari il 234 novembre 1975 », a cura di Franco De Felice, Roma, Editori RiunitiIstituto Gramsci, 1977; in particolare G. DE GIOVANNI, Togliatti e la cultura meridionale, I, pp. 249308: 284285.
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sivo, di cui quegli elementi sono capaci, risulta come fatto accertato che occorre, pertanto, mettere in tutta evidenza.
Personalmente ho avuto tutta un'esperienza di chi ha « studiato » in molte di queste manifestazioni, generalmente definite popolari. E, volte a volte, mi sono trovato a essere sia principale autore sia semplice collaboratore con la modestia e l'orgoglio che dà il lavoro comune.
Si capisce che il carattere popolare di una qualsiasi creazione artistica sollecita un discorso ben diverso. Qui si vuole,[...]

[...]laboratore con la modestia e l'orgoglio che dà il lavoro comune.
Si capisce che il carattere popolare di una qualsiasi creazione artistica sollecita un discorso ben diverso. Qui si vuole, invece, parlare della fase creativa, di solito comune, ma spesso individuale.
Questa premessa è parsa opportuna nel presentare le canzoni e le poesie, quelle soltanto, naturalmente, che siamo riusciti a trascrivere, cantate e scritte in onore dell'On. Palmiro Togliatti in svariate circostanze della recente storia politica italiana.
Si sa come il dialetto, in genere, e, in un modo diverso, i tanti dialetti italiani operano una specie di frantumazione delle parole della lingua. Alcune parole vengono nell'uso comune masticate tanto da ricevere una conformazione inaspettata. Ciò si verifica, anche, per i nomi degli uomini politici, chi benedetto
e chi maledetto, che pure, con la radio, i giornali e la propaganda, sono continuamente detti e consacrati alla memoria.
Ma Roosevelt diventa, come si sa, Rosa Verde; Truman lo chiamano, con disprezzo, Trumone (botti[...]

[...]me si sa, Rosa Verde; Truman lo chiamano, con disprezzo, Trumone (bottiglia); Einaudi, in un paese lucano, significa « io e un altro » dalla pronunzia dialettale della parola « eie e naute »: per il nostro presidente non sia offesa affermare che quella pronuncia è, per noi, un'invenzione linguistica che spiega un fatto politico: la intelligente, liberale e aperta mentalità di un presidente in una repubblica clericale: appunto « io e un altro ».
Togliatti, nei paesi del Sud, è una delle parole, difficili in un certo senso alla lingua dialettale, che i contadini hanno imparato. Mentre De Gasperi è altrettanto difficile e addirittura non pronunziabile, i contadini riescono facilmente ad associare a Togliatti i nomi familiari alla lotta politica prima del fascismo: Nitti, Giolitti, a cui furono lungamente abituati.
De Gasperi si chiama in mille modi: Casciparro, per esempio, che è il nomignolo di una famiglia; o Gasparri in ricordo del cardinale famoso; o Caspro, De Caspro, Degà. (In Piemonte, a Dronero, qualcuno lo pronunzia: De Gaspèri.)
Il favore incontrato da Togliatti nel Mezzogiorno, oltre che a tutte le ovvie ragioni politiche, si deve in gran parte alla persona fisica e morale dell'uomo: i contadini trovano in Togliatti la persona dimessa e intelligente, consapevole
e ferma.
I primi segni di affetto e di stima, i piú commoventi, si notano nell'ambito
della vita familiare: vi si colgono i tratti di un'amicizia piú sentita e profonda
e vicina di quanto non sia la diversa partecipazione delle folle ai comizi.
Trammone Michele, un bracciante di 35 anni, con tre figli, al piú piccolo, che porta in braccio, presenta i suoi amici o semplici conoscenti in una maniera inconsueta: — Ecco questo è compagno di Togliatti — dice di uno. Il bambino chiude il pugno e sussulta sulle braccia. Per scherzo, a volte, Trammo[...]

[...]ole
e ferma.
I primi segni di affetto e di stima, i piú commoventi, si notano nell'ambito
della vita familiare: vi si colgono i tratti di un'amicizia piú sentita e profonda
e vicina di quanto non sia la diversa partecipazione delle folle ai comizi.
Trammone Michele, un bracciante di 35 anni, con tre figli, al piú piccolo, che porta in braccio, presenta i suoi amici o semplici conoscenti in una maniera inconsueta: — Ecco questo è compagno di Togliatti — dice di uno. Il bambino chiude il pugno e sussulta sulle braccia. Per scherzo, a volte, Trammone dice:
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— E questo sta con Casciparro (De Gasperi). Il bambino resta imbambolato e scontroso, alza il pugno, poi abbraccia il padre.
Oltre che nei canti e nelle poesie popolari, nelle feste dell'ultimo dell'anno, di carnevale e in quelle piú intime dei battesimi e degli sposalizi, c'è sempre qualcuno che si alza per primo a chiedere, col bicchiere in mano, di parlare:
— Mando innanzi tutto — dice — un saluto al compagno Palmiro Togliatti e viva il Comunismo e i lavorato[...]

[...]ARIETÀ E DOCUMENTI 417
— E questo sta con Casciparro (De Gasperi). Il bambino resta imbambolato e scontroso, alza il pugno, poi abbraccia il padre.
Oltre che nei canti e nelle poesie popolari, nelle feste dell'ultimo dell'anno, di carnevale e in quelle piú intime dei battesimi e degli sposalizi, c'è sempre qualcuno che si alza per primo a chiedere, col bicchiere in mano, di parlare:
— Mando innanzi tutto — dice — un saluto al compagno Palmiro Togliatti e viva il Comunismo e i lavoratori, e viva gli sposi!
Si può — per chi lo vuole ad ogni costo — anche irridere a queste cose, ma la realtà, anche per un semplice cronista, di queste manifestazioni, è ben piú ricca di sentimenti e il volerli offendere o diminuire o irridere significa non comprenderli nel quadro dell'anima schietta e buona del popolo.
Allora può capitare la triste sorte che capitò alla polizia di Castellammare di Stabia, che volle intervenire contro i bambini di quella colonia estiva. I bambini, imperterriti, continuavano a cantare: « E con De Gasperi alla testa / non si mang[...]

[...] schietta e buona del popolo.
Allora può capitare la triste sorte che capitò alla polizia di Castellammare di Stabia, che volle intervenire contro i bambini di quella colonia estiva. I bambini, imperterriti, continuavano a cantare: « E con De Gasperi alla testa / non si mangia la minestra ». E aggiungevano, fingendosi adulti e ripetendo i canti dei loro padri: « E con De Gasperi non si va, non si va / Noi che siam lavorator, lavorator / Vogliam Togliatti, capo del lavor ».
Dopo il 14 luglio i giovani braccianti di Irsina (Matera) in gruppi, propagandarono nei campi e nei paesi vicini, dove si recavano per le feste dei vari santi padroni [sic], una canzone che aveva un'aria e una cadenza dei cantici religiosi. Cominciava cosí, e pareva continuare una storia saputa, la storia di tutti gli attentati ai capi politici del socialismo, delle uccisioni e dei massacri, la storia recente delle persecuzioni: « E hanno attentato a Togliatti, / il capo dei lavoratori... ».
La commozione popolare per l'attentato del 14 luglio fu particolarmente intensa n[...]

[...]il 14 luglio i giovani braccianti di Irsina (Matera) in gruppi, propagandarono nei campi e nei paesi vicini, dove si recavano per le feste dei vari santi padroni [sic], una canzone che aveva un'aria e una cadenza dei cantici religiosi. Cominciava cosí, e pareva continuare una storia saputa, la storia di tutti gli attentati ai capi politici del socialismo, delle uccisioni e dei massacri, la storia recente delle persecuzioni: « E hanno attentato a Togliatti, / il capo dei lavoratori... ».
La commozione popolare per l'attentato del 14 luglio fu particolarmente intensa nella prima manifestazione « Togliatti è tornato » che si ebbe in occasione della Festa dell'Unità in Settembre a Roma.
Le delegazioni napoletane fecero agire « u pazziarello » che animò la festa del fuoco e del brio meridionale. E sorse, congiuntamente, una canzone a opera di impiegato statale: Roberto Mauro, cantata sul motivo di « Simmo e Napule, Paisà »:
JAMME TUTTE ADDU TOGLIATTE
Sul motivo « Simmo e Napule: Paisà »
I
Tarantella! 'a tempesta è passata
o sserene è turnate i' che ffeste 'imm'a fà. Tutti quanti uniti a Roma cu carrette e sciaraballe, c'a bandiera e sta città!
E Rumane gente 'e core c'accuglienza ci anna f[...]

[...]mmo e Napule, Paisà »:
JAMME TUTTE ADDU TOGLIATTE
Sul motivo « Simmo e Napule: Paisà »
I
Tarantella! 'a tempesta è passata
o sserene è turnate i' che ffeste 'imm'a fà. Tutti quanti uniti a Roma cu carrette e sciaraballe, c'a bandiera e sta città!
E Rumane gente 'e core c'accuglienza ci anna fà nuie venimme a tante fore e a Tugliatte 'immí a truvà.
Manduline, chitarre e ccanzone
e cumpagne cchiú buone cu nuie 'anna cantà.
Iamme a truvà a Togliatti iammece tutte quante
o Partite cchiú putente chistu cape add'a acclamà. Fra musiche e ccanzone
e tant'a rrobba bbona
nuie a Togliatte aimm'augurà
ça cient'anne adda campà.
448 VARIETÀ E DOCUMENTI
II
Tarantella! o quattordece e luglio
na mane assassina
nce 'o vuleve luvà;
ma Togliatte ch'è cchiú forte
a scunfitte pur'a morte
e o guverno sta a tremmà.
Nè De Gà, che te crerive
c'a partita se chiureva
quante cunte te facive
senza l'oste, sai pecché?
Pecché o popolo onesto e sincero
tuccate int'o core
à strillate accussi:
Nu tuccate a Togliatte
chist'ommo sta inte o core
nun [...]

[...]iú forte
a scunfitte pur'a morte
e o guverno sta a tremmà.
Nè De Gà, che te crerive
c'a partita se chiureva
quante cunte te facive
senza l'oste, sai pecché?
Pecché o popolo onesto e sincero
tuccate int'o core
à strillate accussi:
Nu tuccate a Togliatte
chist'ommo sta inte o core
nun ce pruvate ancora tutte o popolo italià. L'avviso mo a chi tocca c'a a collera pò sciocca nuie pe sta libbertà nce facimme subbissà.
Finalinn
Dicimmece Togliatti
al " nostro capo amato
ca sti faticature
son venute fine e ccà
per porgergli il saluto
d'o popolo cchiú e core
pe le dà na stretta e mane
e l'abbraccio 'e sta città.
In Lucania, durante le occupazioni delle terre, nelle soste dei lunghi percorsi e nelle pause del lavoro per tracciare i. solchi, un brindisi all'acqua diceva:
« Quánne si 'ncudene statte / quanne si martidde batte; / fauce e martidde, fauce e martidde / ama vence cò Togliatti (dobbiamo vincere con T.) ».
Quando, dopo l'approvazione del Patto Atlantico, il governo fece pervenire le prime cartoline rosa di preavviso di chiamata (una ne pervenne a un giovane già morto in guerra) cominciarono caute le prime proteste.
Altrove si era sparato sui contadini, c'erano stati morti e feriti (a Lavello per esempio, in provincia di Potenza), si era proceduto a frettolosi e sommari giudizi con severe condanne.
I contadini di un paese lucano inventarono, in quell'atmosfera gonfia di paura e di sdegno, una forma segreta di protesta. Un gruppo di persone bussando alle porte dei [...]

[...]mmari giudizi con severe condanne.
I contadini di un paese lucano inventarono, in quell'atmosfera gonfia di paura e di sdegno, una forma segreta di protesta. Un gruppo di persone bussando alle porte dei contadini, divenne una gran folla che si trattenne a cantare fino all'alba: portavano le serenate, dissero ai carabinieri: « Hanne mannate le cartulline / cume se fossero pane e vine. / Nuie alla guerra nun ce sciame / ca vulime pace e pane. / E Togliatti dille forte / pace pace fin'a la morte ».
Nell'imminenza delle elezioni amministrative del Maggio 1952, a Tricarico correva una canzone di un giovane contadino, MariaMincuccio, che commentava il fatto, davvero straordinario, di due fratelli, già grossi affittuari, che improvvisamente decisero di investire i loro capitali nella gestione del principale caffè del paese.
Era una lunga cantilena monotona che suonava aspra rampogna per i due transfughi della terra: « Rocco e Michele, Michele e Rocco / chi l'amore ri li caramelle (per amore delle caramelle) / s'àane vennute le picurelle... (hanno [...]

[...]ente de nu poco de larde.
E risponne Giuseppe Romita: Ero malate ma sel guarite. E risponne Villabruna
E risponne Saragat: tene l'ucchie sta fortuna.
Agge cantato lu Magnificat Pe) risponne pure Tupini
guerra 'n famiglia nun è fine.
Il ritornello era composto da tre strofe che si alternavano:
Don Alcide Don Alcide
tutto fernesce (finisce) e to nun ci cride (credi)
Chiamatelle amice e parente
e fallelle u testamente.
E risponne Palmiro Togliatti
Fanne sempre cane e gatti.
Come si può ben vedere, la rampogna anticipava la protesta per la legge truffa.
Ieri, mentre approntavo queste note e chiedevo informazioni di canti e poesie, in cui comunque si accennasse a Togliatti, il cinquantenne Nilvetti Atti
lio, stagnino che fu già, da giovane, artista del canto napoletano nelle riviste di varietà e che con una voce squillante da contralto si esibisce al microfono nelle feste popolari, mi ha detto di aspettarlo. È venuto poco dopo a dirmi di aver composto alcuni versi in onore di Togliatti, cantabili sul motivo di « A Rossa » del noto maestro Cioffi: « Viate chella mamma ch' l'ha fatte / Riceva tutt' a gente r'o paese. / È nate nu uaglione e tene 'n faccia / doie schiocche 'e russe e nu ranate (di melograno) / Viate chella mamma de Togliatti ».
ROCCO SCOTELLARO
IL GENOCIDIO CIRENAICO E LA STORIOGRAFIA COLONIALE
In una recente nota polemica un esponente della storiografia coloniale piú legata ai temi e miti del passato, Enrico De Leone, ha vivacemente attaccato un mío articolo di vari anni fa sulla repressione italiana della resistenza delle popolazioni cirenaiche culminata nel 193031, prendendo in particolare di mira l'espressione di genocidio che avevo usato per definire la politica di Mussolini e De Bono, Badoglio e Graziani I. Purtroppo il De Leone, invece di discutere i risultati di
t ENRICO DE LEONE, Il genocidio delle g[...]



da Enzo Collotti, Luigi Cortesi e l'archivio Secchia ovvero come si monta un «caso» inesistente in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - marzo - 31 - numero 2

Brano: [...]erso dal curare una pubblicazione di testi. Cortesi potrà criticare la pubblicazione dei testi, se non gli piace, ma non può confondere le due cose.
Putroppo, l'impressione che buona parte delle sue critiche siano dettate da motivazioni puramente pretestuose non è confermato soltanto da queste osservazioni generali che potrebbero sembrare anche troppo ovvie, ma anche dallo spirito causidico che impronta tutto il suo scritto. Io cito un testo di Togliatti del luglio del 1947 che si trova nell'Archivio Secchia (fra i non molti testi di autori diversi da Secchia ivi presenti) ed ecco che si rammarica che non sia stato pubblicato (p. 545, nota 27): io ho citato quel tanto che era necessario ai fini del discorso che stavo conducendo; che senso avrebbe avuto pubblicare quel testo di Togliatti al di là di questo limite, non soltanto nel momento in cui mi preoccupavo di curare il corpo principale del materiale direttamente relativo al lavoro
214 NOTERELLE E SCHERMAGLIE
di Secchia, ma in considerazione dei fatto che è in corso la pubblicazione delle opere di Togliatti? Sono convinto che se avessi pubblicato tutto, Cortesi mi avrebbe criticato lo stesso. Ii vero non senso è proprio qui: qualunque cosa fosse stata fatta e in qualsiasi modo Cortesi avrebbe dovuto criticare. E sarebbe soltanto affar suo se, ripeto, egli non desse tosi larga prova di confondere e mescolare cose diverse. Volere andare a cercare o sospettare ad ogni costo l'esistenza dell'inedito o del documento clamoroso quando non esiste, questo sí è veramente inspiegabile e bizzarro, per usare due aggettivi cari al lessico di Cortesi. Che cosa vuole dippiú sullo scontro tra Secchia e Togliatti[...]

[...] stata fatta e in qualsiasi modo Cortesi avrebbe dovuto criticare. E sarebbe soltanto affar suo se, ripeto, egli non desse tosi larga prova di confondere e mescolare cose diverse. Volere andare a cercare o sospettare ad ogni costo l'esistenza dell'inedito o del documento clamoroso quando non esiste, questo sí è veramente inspiegabile e bizzarro, per usare due aggettivi cari al lessico di Cortesi. Che cosa vuole dippiú sullo scontro tra Secchia e Togliatti di quanto non abbia già detto Secchia e che si trova fedelmente e integralmente riprodotto negli « Annali »? Cercare ciò che nell'Archivio Secchia non esiste e che se mai esiste salterà forse un giorno dall'Archivio del pci, mi pare ozioso e pretestuoso insieme, proprio in presenza di tutto quello che è emerso dalla pubblicazione degli « Annali » (che non so quanto sia piaciuta al pci, a dispetto di quanto pensa Cortesi e a giudicare dalle recensioni alquanto liquidatorie che ne hanno scritto Spriano su « l'Unità » e Amendola su « Rinascita »: ma possibile che siano sfuggite a un lettore cosí[...]

[...] bisogno di attendere inesistenti rivelazioni d'archivio.
Ma, questa è la critica di Cortesi: insinuare il dubbio sulla correttezza del modo in cui è stata realizzata la pubblicazione e quindi sulle possibili manomissioni. Anche quelli che apparentemente potrebbero sembrare apprezzamenti positivi sono formulati nello stesso spirito degno francamente di una scuola gesuitica. Cosí a proposito di inesistenti omissioni nei diari per quanto riguarda Togliatti egli perviene alla conclusione che si deve « annullare ogni sospetto di una sistematica censura di passi scabrosi» (p. 530). Quindi censura sistematica no, ma censura sí. È una tecnica molto vecchia: a furia di insinuare il dubbio, qualcosa rimane. Un gioco di simulazione e dissimulazione interno al diletto di Cortesi.
Nelle osservazioni che Cortesi fa sulle lacune relative ai complementi documentari di cui avrebbero dovuto essere corredati i Diari, ossia insisto l'unica parte omogenea dell'Archivio per il periodo posteriore al 1954, richiamandosi anche al metodo seguito da Secchia per i due[...]

[...]a si trova nell'archivio Secchia: interventi ai comitati centrali, un numero assai minore di testi (o riassunti di essi) di interventi in altri organismi di partito, opuscolame e altre pubblicazioni che in buona parte sono servite per il lavoro di annotazione. Il Promemoria autobiografico è l'unica traccia compiuta che consenta la sutura con l'inizio del Diario,, che non a caso Secchia prende a scrivere dopo l'inizio dello scontro definitivo con Togliatti. Sarà banale osservazione, ma è presumibile che fino al luglio del 1954 Secchia non abbia avuto letteralmente la possibilità materiale e la disponibilità di tempo per tenere un archivio personale altrettanto accurato di quello che poté organizzare a partire dal 1954, da quando cioè ebbe anche — ma non sempre con la stessa continuità —la possibilità di stendere quasi giornalmente il diario al quale affidava il rovello psicologico esploso con il caso Seniga e le riflessioni politiche sugli sviluppi all'interno del partito che in quel primo episodio ebbero certamente uno dei momenti culminanti, [...]

[...]tica della storia del PCI? Personalmente ne dubito, il che per conto mio non esclude che altri possa e voglia procedere ad una pubblicazione integrale. Ma il sospetto è l'arma ermeneutica di Cortesi: che anche sulla corrispondenza sia stata applicata la « censura »? Possibile che il criterio di selezione debba equivalere a una « censura »? Forse perché cosí è piú scandalistico? Perché fa piú rotocalco? Fa piú storia del PcI? Che il carteggio con Togliatti presente nell'Archivio Secchia cominci sul finire del 1954 si può spiegare con il fatto che la consuetudine di lavoro nel periodo precedente rese meno necessario il contatto epistolare; in secondo luogo, e prioritariamente, che la parte di questo carteggio relativa a questo periodo dovrebbe trovarsi nell'archivio del PCI, trattandosi probabilmente (e dico probabilmente perché dobbiamo ragionare per intuizione e per ipotesi non avendo io la pretesa della divinazione) di materiali non di discussione politicopersonale, come avverrà successivamente, ma piú strettamente politico. Ma c'è un richiam[...]

[...]sa capacità politica e metodologica di non percepire certe sfumature e certe spie del sistema di lavoro all'interno del partito, le regole in altri termini del gioco alle quali anche Secchia si atteneva scrupolosamente perché non erano regole né buone né cattive, moralisticamente intese, ma parte di un costume politico e di una disciplina politica tipici di un'epoca del comunismo italiano e internazionale. A proposito di una lettera di Secchia a Togliatti da me citata a p. 627 e da Secchia nei Diari, p. 289 e da me non pubblicata perché, scrivo, « di non rilevante interesse », Cortesi stupito si chiede (p. 530): « Ma può mai essere tale una lettera tra i due dirigenti del PcI, e quella lettera in particolare, che cade nel periodo piú drammatico dei loro rapporti, e della vita politica del suo autore? ». Sissignore, ci creda o no Cortesi, è proprio cosí. Quella lettera non è stata pubblicata perché è una semplice lettera di accompagnamento alla relazione di viaggio nella DDR viceversa pubblicata. Ma qui sorge appunto il problema: come può Corte[...]

[...] piú drammatico dei loro rapporti, e della vita politica del suo autore? ». Sissignore, ci creda o no Cortesi, è proprio cosí. Quella lettera non è stata pubblicata perché è una semplice lettera di accompagnamento alla relazione di viaggio nella DDR viceversa pubblicata. Ma qui sorge appunto il problema: come può Cortesi pensare che Secchia approfittasse di una circostanza del tutto secondaria del suo residuo lavoro di partito per affrontare con Togliatti problemi di ben altra natura? Secchia sapeva troppo bene quale divisione di ruoli esisteva nel PcI; nel momento in cui gli era stato affidato il compito di recarsi nella DDR egli di questo e soltanto di questo riferiva a Togliatti. Gli altri problemi venivano trattati in separata sede, come dimostrano le altre lettere scambiate tra i due.
218 NOTERELLE E SCHERMAGLIE
Senza tenere conto di questa ferrea regola di non confondere cose e ruoli diversi,
la stessa possibilità di interpretare le vicende all'interno del Pci viene amputata di una delle sue regole metodologiche fondamentali.
Altrettanto incomprensibile, pare una gaffe, a essere benevoli, è lo stupore che Cortesi manifesta per il fatto che il carteggio con Longo appaia « quasi a senso unico, perché alle dodici lettere di Secchia fanno riscontro solo due letter[...]

[...]sso Secchia. La seconda osservazione sottolinea piuttosto un aspetto politico: non è forse casuale che, dopo la freddezza che si nota nei rapporti tra i due dirigenti del PCI negli anni immediatamente successivi al 1954, le lettere di Secchia si intensifichino dopo la nomina di Longo a segretario generale del PCI. La circostanza non sembra indicativa soltanto della maggior confidenza personale che Secchia aveva nei confronti di Longo, rispetto a Togliatti; essa fa pensare anche che Secchia considerasse la presenza di Longo alla segreteria del PCI come una garanzia del recupero di linee e di posizioni politiche che in altri anni e in altri periodi della vita del partito li avevano accomunati nelle stesse battaglie.
Se Cortesi avesse tenuto conto, come in altri casi, di queste e analoghe osservazioni, forse il processo indiziario che egli ha voluto intentare al volume degli « Annali » Feltrinelli avrebbe assunto un tono e uno spessore diversi. C'è fra l'altro un piccolo particolare che mi sfugge: procedendo all'annotazione dei Diari e di altri [...]

[...]ida di determinate ipotesi e dove serve per avviare un discorso critico? Nessuna distinzione esiste piú tra un uso e l'altro della citazione? O dovremo tacere di chi ha scritto, in modo apologetico o critico, della storia del PcI perché ha in tasca la tessera del PcI? Ingenuità, naturalmente, da parte mia. Ma che dire allora quando Cortesi si richiama alla « introduzione (pp. ci sgg.), molto precisa ed esplicita su tutta l'esperienza spagnola di Togliatti » (« Belfagor » p. 539, nota 15) di Paolo Spriano al tomo primo del IV volume delle Opere di Togliatti? Gli piacerebbe che si sospettasse di una sua connivenza o complicità con operazioni di occultamento politico del PcI?
ENZO COLLOTTI
Luigi Cortesi rinunzia al consueto intervento di chiusura, con la seguente breve lettera:
Caro Belfagor, non mi pare che la replica di Enzo Collotti introduca elementi di chiarimento e di discussione tali da rendere utile un mio nuovo intervento. Mi limito quindi a rimandare i lettori al mio scritto nel fascicolo del settembre scorso, e ad invitare i piú interessati ad un confronto fra le osservazioni ed argomentazioni mie e quelle di Collotti. Nella replica [...]



da Franco Fortini, Che cosa è stato il Politecnico in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: [...]ione moralistica, e un abbraccio di generosi malintesi » 3; Alicata e per
3 Quasi con le medesime parole, anni più tardi, G. Pampaloni, giudicherà il Politecnico (in Belfagor) «una generosa illusione n. Con la differenza che, per Luporini, l'illusione moralistica è nell'intento predicatoria, parenetico, del foglio; per Pampaloni è illusorio, probabilmente, nel senso che « Cristo » non è cultura, ad ogni tentativo di sto
192 FRANCO FORTINS
lui Togliatti, che su «Rinascita» (ottobre 1946) dichiara esplicitamente di averne ispirata la nota, rimproverano una « ricerca astratta del nuovo, del diverso, del sorprendente ». Ora é , davvero sorprendente che queste critiche paiono riferirsi al settimanale, ai più scoperti difetti del settimanale, fingendo di ignorare le ragioni del passaggio a rivista e l'autocritica compiuta. Vittorini lo farà ben notare in una prima nota alla lettera di Togliatti (n. 3334). Gli scritti di Luporini, Alicata, Togliatti, hanno insomma un falso scopo — la critica al confusionarismo del Politecnico settimanale — ed uno scopo reale: mettere in guardia i lettori comunisti contro i pericoli deviazionistici dell'« approfondimento » nella rivista mensile; e, al tempo stesso, provocare una decisiva autocritica del direttore della rivista. Il risultato sarà, naturalmente, che le critiche alla rivista come tale passeranno in second'ordine e il centro della discussione diventerà quello dei rapporti fra attività (o autorità) culturale e attività (o autorità) politica.
Non c'è dubbio che, da un punto di vista tanto poli[...]

[...]esso, provocare una decisiva autocritica del direttore della rivista. Il risultato sarà, naturalmente, che le critiche alla rivista come tale passeranno in second'ordine e il centro della discussione diventerà quello dei rapporti fra attività (o autorità) culturale e attività (o autorità) politica.
Non c'è dubbio che, da un punto di vista tanto politico quanto filosofico, le repliche di Ferrata e di Vittorini agli scritti di Luporini, Alicata e Togliatti sono evasive e manifestamente insufficienti. Finché si tratta di pubblicare Hemingway o Sartre o Reed, di mostrare simpatie per la narrativa sovietica, di difendere Gide`contro i «codini» o di parlar di «psicanalisi progressiva », tutto questo, almeno nel 1946, e in Italia, non sarebbe sufficiente a mettere in difficoltà disciplinari Vittorini e la sua rivista. Piuttosto, dietro gli scritti di Cantoni su Burnham, di Preti su Dewey e sull'Antiduering, di Leontiev sul pensiero economico sovietico; dietro le citazioni di Gramsci (che appunto in quei mesi cominciava ad esser pubblicato 4), si del[...]

[...]o; che la guerra di Spagna aveva pur avuto, in questo senso, una sua storia; che la storia degli intellettuali comunisti e non comunisti in Unione sovietica, in Germania, in Cina, aveva pur qualcosa da insegnare. Gli uni e gli altri paiono invece preoccupatissimi di non estendere la discussione là dove solo avrebbe un senso, cioè sul terreno storicopolitico. E poi sembra impossibile che Vittorini, nelle righe più appassionate della sua Lettera a Togliatti ((pando discorre della rivoluzione che ha come fine l'individuo, quando dice di sperare in una rivoluzione straordinaria, o parla dell'occhio vitreo del Partito, o rifiuta di suonare il piffero per la rivoluzione o definisce i compiti dello scrittore rivoluzionario) non si rendesse conto che, pur nella
nano o su quello deliberativo della Terza Internazionale... è necessario che pongano una dialettica concreta delle varie situazioni nazionali... lo spirito del marxismo è nel superamento effettivo del contrasto non nella rinuncia a porlo fino alle sue estreme conseguenze v.
194 FIANCO Fôa tP [...]

[...]che condividendo le finalità rinnovatrici del socialismo pretendevano, negli specifici campi della propria attività culturale, quali che ne fossero i riflessi politici, ad una integra autonomia critica. Era — o meglio avrebbe dovuto essere e non fu — la rivendicazione della pluralità necessaria contro la teoria della pluralitàminor male, destinata a naufragare nella unitàunanimità.
Nella primavera del 1947, dopo la pubblicazione della Lettera a Togliatti (la rivista era uscita, sino allora, in cinque fascicoli), non poche persone e motivi volevano indurre Vittorini ad interrompere subito il periodico. Nella sede di via Filodrammatici, lugubre come un circolo filologico, non esisteva più una vera e propria redazione. Fra i collaboratori ci furono discussioni a tempesta. Chi voleva la fine immediata della rivista, con o senza un manifesto conclusivo, chi ne voleva la continuazione, con o senza il medesimo editore, accettando eventualmente di diminuire il numero delle pagine
CHE COSA É STATO (( IL POLITECNICO )) 195
e la periodicità; chi ancor[...]

[...] piani regolatori. E non mancavano, anzi crescevano ogni giorno coloro che in tutto questo vedevano solo una conferma del loro cattolico pessimismo, coltivando amorevolmente quella cattiva coscienza che, negli ultimi anni, par diventata per molti un titolo d'onore.
Così dunque finiva il Politecnico. Pochi mesi più tardi, spento l'ottimismo elettorale del convegno fiorentino promosso dall'Alleanza della Cultura, dopo il 18 aprile e l'attentato a Togliatti, Vittorini, di ritorno dal congresso di Wroclaw, leggeva a Ginevra, alle Rencontres Internationales, una memoria sulla letteratura engagée 7 dov'era riaffermato l'equivoco del quale era morto il Politecnico; e ne forniva così la conclusione. Invece di andare innanzi, riprendere l'osservazione di Onofri ed affermare che, sì, la richiesta di indipendenza della ricerca letteraria é una richiesta politica, la richiesta di una certa politica culturale da imporre ai dirigenti politici, il contenuto della Lettera a Togliatti viene ridotto, dalla distinzione di cultura e politica qual era, alla disti[...]

[...]ra, alle Rencontres Internationales, una memoria sulla letteratura engagée 7 dov'era riaffermato l'equivoco del quale era morto il Politecnico; e ne forniva così la conclusione. Invece di andare innanzi, riprendere l'osservazione di Onofri ed affermare che, sì, la richiesta di indipendenza della ricerca letteraria é una richiesta politica, la richiesta di una certa politica culturale da imporre ai dirigenti politici, il contenuto della Lettera a Togliatti viene ridotto, dalla distinzione di cultura e politica qual era, alla distinzione di letteratura e politica e finalmente di poesia e letteratura, per non dire all'opposizione fra poesia e cultura. Invece di difendere dalla riduzione all'immediato propagandistico e insomma dalla critica delle armi, dalle soluzioni di forza dei comitati centrali, tutta la cultura, tutta la ricerca, anche quella di più immediate risultanze politiche (come quella storica, filosofica, economica) e quindi implicitamente proporre al suo partito, restandovi o uscendone, e più in genere agli organismi della «sinistra»[...]

[...]genere agli organismi della «sinistra» italiana, con le armi della critica, nuove soluzioni teoriche e pratiche, Vittorini finiva col formulare la richiesta «corporativa» della libertà della letteratura. Il periodico, che s'era aperto chiedendo una « cultura che prendesse il potere» si chiudeva con una istanza assai meno preoccupante per i nostri uomini di governo. Sarebbe invece stato possibile dar battaglia sulla breccia aperta dalla Lettera a Togliatti, assumere intero il compito di ripensamento delle ideologie rivoluzionarie che, proprio in quei mesi, gli scritti di Gramsci stavano riproponendo agli intellettuali italiani? Ma, per far questo, sarebbe stato necessario ottenere dai collaboratori della rivista una disciplina, un lavoro di comune
7 « Poiché l'artista é naturalmente engagé in quanto é artista. Engagé alla propria spontaneità, engagé dalla esperienza collettiva di cui è spontaneo portatore... engagé
a sealth» (Rassegna d'Italia, marzo 1949). Doveva bastare, e bastò infatti, a rassicurar
t sulla strada che avrebbe presa l'exdi[...]



da Saverio Tutino, «Un grande dirigente di statura internazionale». Il saluto di Cuba a Palmiro Togliatti. Gli editoriali del direttore di «El Mundo» e di Blas Rocas su «Hoy» - Le condoglianze dei tecnici italiani. in KBD-Periodici: l'Unità - Nuova serie - Edizione nazionale 1964 - - agosto - 25

Brano: Un grande dirigente di statura internazionale
Il saluto di Cuba a Palmiro Togliatti
Gli editoriali del direttore di «El Mundo» e di Blas Roca su» Hoy» — Le condoglianze dei tecnici italiani
Dal nostro corrispondente
L'AVANA, 24.
«Con la morte di Palmiro Togliatti — scriveva ieri il direttore del quotidiano El Mundo — il movimento operaio internazionale perde uno dei suoi dirigenti più straordinari, la cui azione ha inciso in maniera intensa e brillante nella vita politica europea degli ultimi cinquant'anni».
Anche a Cuba la morte di Togliatti ha suscitato echi di profonda emozione e di insolita partecipazione. Nel corso di assemblee sindacali, i lavoratori del tabacco e quelli metallurgici hanno votato mozioni di Cordoglio. Telefonate di persone — che desideravano esprimere , le loro condoglianze sono giunte al corrispondente dell'«Unità». Sabato e domenica i giornali hanno dedicato largo spazio al notiziario dall'URSS e dall'Italia sulla morte del compagno Togliatti. Sono stati pubblicati per esteso i messaggi del PCUS, il discorso di Krusciov e i messaggi dei partiti comunisti dell'America Latina.
Ieri sono stati dedicati a Togliatti gli editoriali di «El Mundo» e di «Hoy».Su «Hoy», Blas Roca ricorda con queste parole la figura di Togliatti dirigente comunista internazionale: << Per noi era il compagno comunista Ercoli, che si interessava ai minuti particolari della vita dei popoli latinoamericani, che voleva sapere quale fosse la situazione di Cuba dopo la liquidazione di Machado e che si preoccupava del grado di unità raggiunto fra le diverse forze antiimperialiste... Oggi, insieme con tutto il mondo progressista e socialista, con tutti i marxistileninisti, piangiamo la grave perdita del combattente tenace e fedele, del grande dirigente del popolo italiano che per cinquanta anni ha preso parte alla incessante battaglia della c[...]

[...]ggi, insieme con tutto il mondo progressista e socialista, con tutti i marxistileninisti, piangiamo la grave perdita del combattente tenace e fedele, del grande dirigente del popolo italiano che per cinquanta anni ha preso parte alla incessante battaglia della classe Operaia per la sua liberazione, per il socialismo, per il comunismo, seguendo l'insegnamento di Marx e di Lenin».
L'editoriale di «El Mundo» descrive con queste parole la figura di Togliatti: «Forgiatore con Gramsci di un poderoso partito comunista — il più forte nei paesi dell'Occidente — il leader scomparso non era solo una figura politica di primo piano, un gran combattente marxista leninista, ma anche un oratore degno di ammirazione un magnifico scrittore che ha arricchito gli aspetti teorici del marxismo con contributi altrettanto considerevoli di quelli portati all'applicazione pratica dei principi del materialismo scientifico».
Dopo aver ricordato il ruolo di Togliatti e del Partito comunista italiano nella lotta contro il fascismo, «El Mundo» annota «Ma la sua statura e[...]

[...]roso partito comunista — il più forte nei paesi dell'Occidente — il leader scomparso non era solo una figura politica di primo piano, un gran combattente marxista leninista, ma anche un oratore degno di ammirazione un magnifico scrittore che ha arricchito gli aspetti teorici del marxismo con contributi altrettanto considerevoli di quelli portati all'applicazione pratica dei principi del materialismo scientifico».
Dopo aver ricordato il ruolo di Togliatti e del Partito comunista italiano nella lotta contro il fascismo, «El Mundo» annota «Ma la sua statura e la sua azione escono dal quadro del suo paese, e ne fanno una figura di taglia internazionale. Durante la guerra fu uno dei pilastri dell'Internazionale ed è indimentila sua attività durante l'aggressione fascista alla Repubblica spagnola... Senza distinzione di milizia politica, il popolo italiano si prepara a rendere un fervido omaggio al grande dirigente caduto. Anche noi cubani partecipiamo a questo lutto per la perdita di un grande combattente della causa degli oppressi, per la mort[...]



da [Gli interventi] Alberto Caracciolo in Studi gramsciani

Brano: Alberto Caracciolo

Ad un certo punto delila sua relazione l’on. Palmiro Togliatti ha ricordato come Lenin abbia svòlto la propria elaborazione intorno a tre principali punti nodali: quello della Rivoluzione, quello dello Stato e quello del Partito. In questo triplice ordine di problemi strettamente connessi ed interdipendenti, si deve effettivamente svolgere, mi pare, ogni ricerca per stabilire il leninismo di Gramsci, i suoi rapporti con l'esperienza rivoluzionaria ed il pensiero bolscevico.

Io qui desidero fermarmi, però, su di un solo aspetto: quello della teoria dei Consigli di fabbrica e più in generale dei Consigli operai, quale si presenta in Gramsci nel quadro d[...]

[...]aturati nella speciale temperie di Torino e dell’Itaiia del primo dopoguerra.

Accennato sia pure rapidamente a questo, io devo fare qui, in un certo senso, un passo indietro. Sento il bisogno cioè di riaffermare come il pensiero di Gramsci si muova, a mio avviso, sulla questione dello Stato operaio e dei Consigli ancora sempre, precisamente, nel grande alveo del pensiero leninista. Non è vero, come potrebbe apparire dalla relazione di Padmiro Togliatti, Che Gramsci non abbia presente la distinzione organica fra società civile e società politica, come dimostrano moltissime affermazioni; non vero soprattutto, come apparirebbe dalla stessa relazione, che Gramsci abbia della dittatura del proletariato una idea indeterminata, astratta, indifferente alla ricerca di forme istituzionali proprie. Questa era, se mai, precisamente la posizione degli avversari politici di Gramsci in campo socialista, massimalisti, centristi, estremisti, portati a pronunziare ad ogni passo la parola « rivoluzione », molte volte la parola « dittatura del proletariato », [...]

[...]er questo, grazie a questo impegno del quale ogni atto ed ogni pagina dell'azione sua sono testimoni, mi pare si possa parlare di un Gramsci e di un movimento dell’Ordine Nuovo che si inquadrano con le loro originalità e peculiarità nel grande filone leninista dei problemi dello Stato operaio. E non avrei bisogno di ripeterlo tanto la cosa appare ovvia se non mi avesse colpito, in verità, il fatto che nel testo a noi distribuito defila redazione Togliatti, mentre si parla molto di dittatura e di egemonia, di partito di avanguardia e di intellettuali organici, quesito argomento 'invece si accenna solo di sfuggita per dichiarare inaccettabile la tesi secondo la quale il Consiglio conterrebbe in sé la soluzione del problema del potere, cioè la conquista di esso e la creazione di un nuovo Stato. Eppure questa è precisamente la tesi che ancora venti anni fa Togliatti sosteneva parlando di Gramsci, quando diceva : « Egli fu il capo del movimento dei Consigli di fabbrica e faceva dei Consigli di fabbrica l’asse della lotta per il potere ». Mi riferisco ad un volumetto che tutti conoscono, commemorativo di Gramsci, che è del 1938.

C’è anzi di più, perché nel discorso sviluppato ieri sono stato colpito, dal fatto che neppure una volta sia stata pronunziata la parola « Consigli di fabbrica », neppure una volta la parola od il concetto dei Soviet, il concetto dei Consigli operai e contadini, ed è mancato quell’accenno che troviamo invece in uno scritto assai[...]

[...]er il potere ». Mi riferisco ad un volumetto che tutti conoscono, commemorativo di Gramsci, che è del 1938.

C’è anzi di più, perché nel discorso sviluppato ieri sono stato colpito, dal fatto che neppure una volta sia stata pronunziata la parola « Consigli di fabbrica », neppure una volta la parola od il concetto dei Soviet, il concetto dei Consigli operai e contadini, ed è mancato quell’accenno che troviamo invece in uno scritto assai noto di Togliatti aH’indomani del XX Congresso sovietico sull'originale significato democratico di un sistema fondato sui Soviet e sui Consigli.

Io mi chiedo, perciò: che cosa è Gramsci senza i Consigli di fabbrica, senza io sforzo suo di comprensione dei Soviet russi, che cosa, senza di questo, gli resta di leninista nella concezione d'elio Stato operaio? Soltanto una credenza nella dittatura del proletariato, senza forme reali, senza istituzioni, senza garanzie per il dominio della classe e per la sanità stessa del potere.

Certo molte cose sono accadute da allora nel movimento operaio italiano, inella [...]

[...]la stessa Unione Sovietica, che sembrano avere allontanato di attualità questo ordine di problemi. Ma noi siamo qui per sforzarci di conoscere Gramsci per quello che è stato, e Gramsci anche su questo punto, io credo, fu leninista, secondo quello che era il leninismo nelAlberto Caracciolo

565

suo tempo, naturalmente, non il leninismo di oggi od il leninismo dell’epoca di Stalin.

Allora io accetterei piuttosto l’interpretazione fatta da Togliatti appunto nel lontano 1938, quando dedicava un lungo capitolo di quel suo scritto a giudicare Gramsci « primo leninista italiano anche precisamente perché interprete nel movimento e nella concezione dei Consigli di fabbrica di una forma italiana della idea dei Soviet, della idea del governo operaio». Vorrei che fossero ricordati ancora, come Togliatti li. ricordava in quello scritto, alcuni acutissimi passi nei quali Gramsci ribadisce che « il Soviet non è un istituto solamente russo, è una forma universale, il Soviet è la forma in cui, dappertutto dove esistano proletari, la lotta per conquistare l'autonomia industriale, la classe operaia, manifesta questa volontà di emanciparsi. Il soviet è la forma di autogoverno delie masse operaie ».

Chi torni a sfogliare gli scritti di Gramsci non può che trovare conferma, senza davvero bisogno di accostamenti tendenziosi, di questo solido nucleo leninista nel suo pensiero sullo Stato. Non si trat[...]

[...]pare a questa concezione. « Aderire aliinternazionale comunista — scriveva Gramsci fin dal 1919 — significa ingranare le proprie istituzioni con quelle degli Stati proletari di Russia e di Ungheria. La Internazionale comunista deve essere una rete di istituzioni proletarie che dal loro seno stesso esprimono una gerarchia complessa e bene articolata ».Alberto Caracciolo

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Ed ancora in queirarticolo in polemica con Mondolfo, già citato da Togliatti, si dice che « ... l’essenziale fatto della Rivoluzione russa è l'instaurazione di un tipo nuovo di Stato, lo Stato dei Consigli, ed a esso deve rivolgersi la critica storica. Tutto il resto è contingenza ».

Più cerco di 'esaminare questa questione e meno riesco a capire come un simile aspetto del leninismo di Gramsci, e direi, del leninismo tout court, possa essere dimenticato. La questione era allora di cosi grande importanza che rappresentava una vera e propria condizione per partecipare al movimento comunista internazionale, e una decisiya discriminante rispetto ad ogni sorta di posizi[...]



da [Gli interventi] Livio Maitan in Studi gramsciani

Brano: Livio Maitan

In alleimi scritti di Gramsci esistono annotazioni sul pensiero di Trotzki. La mia opinione è che questi giudizi di Gramsci non siano pertinenti, cioè riguardino non il reale pensiero di Trotzki, ma una sua deformazione.

Come primo esempio faccio subito quello del motivo cui si è rifatto stamattina Togliatti, il motivo della cosiddetta guerra manovrata e della cosiddetta guerra di posizione.

Benché il riferimento gramsciano non appaia del tutto chiaro, ritengo legittima l'interpretazione secondo cui Gramsci si riferirebbe alla tattica del «fronte unico» adottata dairinternazionale Comunista dopo il III Congresso mondiale. A questa tattica corrisponderebbe la guerra di posizione, valida per i paesi deirOccidente, dove sarebbe riuscita inapplicabile la tattica della guerra manovrata applicata in Russia nel ’17.

Ora, questa valutazione non corrisponde affatto alle posizioni dell’Internazionale[...]

[...]ki poi, l’equivoco di Gramsci viene accentuato. Infatti, come è facile constatare, nella battaglia per il « fronte unico » contro gli ultrasinistri, Trotzki si è trovato sulla stessa linea di Lenin, assumendo persino in un’occasione ili ruolo di relatore a nome della Direzione delrinternazionale.580

Gli interventi

Altro esempio della scarsa pertinenza delie critiche di Gramsci a Trotzki: la teoria della rivoluzione permanente, sulla quale Togliatti ha riferito un accenno di Gramsci che può essere fatto solo partendo da una caricatura volgare e non da una. conoscenza diretta della teoria stessa.

Anche qui basterebbe un confronto tra quello che Gramsci dice e le reali formulazioni di Trotzki a dimostrare l’insussistenza della ripetuta critica gramsciana. Un elemento solo dovrebbe del resto essere sufficiente a convincere dell’equivoco del giudizio di Gramsci.

Ad un certo momento, parlando della teoria in questione, Gramsci dice: «la teoria di Trotzki,Parvus». Si tratta di una identificazione assoilutamente inesatta, perché se è vero[...]

[...]tta di una legalità sovietica e non di una democrazia parlamentare} e aderiscano allo Stato operaio ».

Sarebbe assurdo pensare ad uno sviluppo storico unicamente in questo senso; ma la lezione di Gramsci è che, qualora le condizioni spingano in questa direzione, la pluralità dei partiti operai è un elemento essenziale dello Stato proletario.

Quali sono gli elementi di debolezza della concezione gramsciana? Goncordo su quanto detto dall’on. Togliatti anche nella relazione scritta, cioè che Gramsci non delimiterebbe sempre1 con la necessaria precisione le funzioni dei Consigli operai prima e dòpo la conquista del potere e che verrebbero a volte attribuite ai Consigli prima della conquista del potere determinate funzioni economiche che in realtà potranno esercitare soltanto dopo.

Non mi paiono invece giuste le accuse di opportunismo o di gradualismo riformista rivolte da taluni a Gramsci e di cui primo formulatore è stato Bordiga. Queste accuse possono essere avanzate solo se si esaminano alcuni passi di certi scritti astraendoli dal' co[...]

[...]e contributo al marxismo creatore, sul terreno più propriamente storicoculturale che non sul terreno più specificatamente politico. Se volessimo includere Gramsci nella schiera eletta dei grandi marxisti di tutti i paesi e di tutti i tempi, lo dovremmo includere di più per il suo contributo sul terreno storicoculturale ohe non per il contributo politico specifico.

Manacorda ha sottolineato alcune delle radici italiane del pensiero di Gramsci, Togliatti l’apporto decisivo del leninismo alla sua formazione. Su questo punto concordo. Il pensiero gramsciano si è formato sotto l'influenza diretta delle tesi di Lenin e della III Internazionale e senza questa influenza Gramsci non sarebbe probabilmente giunto a tutte le conclusioni cui è giunto. Schematizzando un po’, si può concludere che, su questo terreno, non esiste una vera e propria originalità di Gramsci.

Qual è il suo merito? Quello di aver compreso a fondo il pensiero leninista — e molto pochi lo comprendevano allora, anche tra coloro che a Lenin e alla III Internazionale si richiamava[...]

[...]a torinese alle cui lotte prendeva parte. Potrei dire — quasi paradossalmente — che le stesse manchevolezze nella concezione gramsciana dei Consigli costituiscono una riprova di originalità, perché è molto più facile prendere una tesi leninista belle pronta e riportarla meccanicamente, che non « ricrearla » sulla base di una esperienza propria.

A proposito dell’attualità politica del pensiero di Gramsci, vorrei riferirmi ad un’affermazione di Togliatti che esigerebbe un chiarimento.

38.584

Gli interventi

Togliatti dice che il pensiero politico di Gramsci « non è legato a una piattaforma politica determinata, quale poteva essere quella su cui venne fondato, nel 1921, il partito comunista».

Che il programma del ’21 non esaurisca il pensiero di Gramsci è fuori dubbio, ma non si può d’altro canto farne astrazione, insistendo soprattutto sul valore del metodo. Il metodo non è una cosa astratta, ma una cosa concreta ed è fecondo in quanto porta a determinati risultati e cioè a determinate tesi, a determinate teorie. E le tesi, le teorie per i marxisti, per i leninisti non sono che la cristallizzazione del[...]



da [Gli interventi] Roberto Battaglia in Studi gramsciani

Brano: Roberto Battaglia

Paimiro Togliatti ha formulato un’osservazione che mi sembra di grande interesse per lo studio del pensiero di Gramsci. Mi riferisco all'osservazione con cui egli ha accennato alla novità del pensiero di Gramsci rispetto a quello di Antonio Labriola.

Cito dalla relazione di Togliatti: «La guida delle conclusioni leniniste sulla natura dteU’imperialismo fa superare a Gramsci il punto morto cui era giunta all’inizio del secolo l’indagine politica di A. Labriola e alla quale aveva corrisposto in sostanza la impossibilità del movimento operaio italiano di liberarsi sia dal riformismo che dall’estremismo ». Togliatti ha cosi richiamato la nostra attenzione non solo sulla linea di displuvio che corre tra il pensiero di Labriola e quello di Gramsci, ma sulla nuova prospettiva in base alla quale 'Gramsci va elaborando i suoi concetti, la prospettiva dell’età dell’imperialismo.

Affrontare quest’argomento, cioè la concezione di Gramsci dell’età dell’imperialismo, è evidentemente un tema assai vasto e impegnativo ed

10 qui non posso che limitarmi ad enunciarne qualche aspetto più evidente. Mi sembra che sia necessario innanzi tutto chiarire quale sia stato

11 « punto morto » cui arrivò il Labriola; e d[...]

[...]rciò dobbiamo respingere la tentazione di ricostruire questa pagina che manca nella sua opera attraverso una serie di citazioni, di frammenti, come se si trattasse di ricomporre le tessere di un mosaico. Questo mosaico risulterebbe certamente inerte né ci permetterebbe di capire il pensiero di Gramsci nel suo effettivo sviluppo. Del resto è questo un metodo da respingere, come da respingere l’idea che si debba ricercare in Gramsci, come ha detto Togliatti, il vangelo del perfetto militante marxista.

Se noi desideriamo comprendere come Gramsci abbia acquisito gli elementi fondamentali della concezione della nuova età, dobbiamo invece studiarlo nelle sue esperienze concrete e ben determinate storicamente, dobbiamo porre in rapporto queste esperienze con la loro elaborazione teorica, con l’assimilazioine dei principi essenziali del leninismo.

A me sembra che nell’epoca della prima guerra mondiale Gramsci non avesse ancora una chiara concezione ddl’età dell’imperiaM’smò, Non è solo un problema di maturità politica — egli aveva ventitré anni [...]

[...]re del popolo lavoratore russo inizia una rivoluzione assoluta e completa che trasformerà radicalmente la configurazione sociale di tutto il mondo».

È evidente che già in queste fomulaziomi del ’20, Gramsci è arrivato a un punto assai avanzato nel giudizio sui rapporti tra l’età dell imperialismo e la rivoluzione proletaria.

L’ultimo suo scritto destinato alla pubblicazione, il saggio sulla" Quistione meridionale, come ha detto giustamente Togliatti, dev’essere interpretato come uno scritto in cui i principi del leninismo hanno contribuito decisamente alla rottura degli schemi salveminiani. E di questo scritto si può sottolineare ancora un altro aspetto: esso spazzava via decisamente le vecchie concezioni borghesi che ponevano la soluzione della questione meridionale nell’espansione coloniale e che avevano teorizzato sulla esistenza dun imperialismo italiano di natura affatto speciale, il cosidetto « imperialismo democratico ». (Ricordiamo a questo proposito il saggio del Michels e la violenta risposta che ebbe occasione di dargli sul Co[...]

[...]entiranno di essere appoggiati da uomini di civiltà superiore » , (e mi sembra evidente che gli uomini di civiltà superiore cui si 'riferisce Gramsci sono gli uomini della civiltà socialista); « 3)' perché solo questa resistenza mostra che si è realmente in un periodo superiore di civiltà e di pensiero », (e cioè in un periodo in cui si è avverata la rivoluzione proletaria ed i popoli coloniali tendono alla conquista della loro indipendenza).

Togliatti ha richiamato la nostra attenzione sul fatto che non dobbiamo ricercare in Gramsci pensieri profetici. Quando noi leggiamo pagine come questa, in cui s’intuiscono i nuovi sviluppi dell’età contemporanea, in cui si .afferma cosi recisamente la certezza che l'imperialismo perderà ia sua base d’appoggio nei popoli coloniali, noi possiamo constatare come questa profezia non derivi da qualche misteriosa od occulta facoltà del pensiero di Gramsci, ma dalla sua chiarezza di prospettiva generale, dalla sua piena coscienza dell’età in cui vive e delle sue leggi di sviluppo. Proprio in virtù di tale ch[...]



da [Gli interventi] Paolo Spriano in Studi gramsciani

Brano: Paolo Spriano

È mia intenzione richiamarmi a quel ipasso degli « Appunti » per la relazione delloin. Togliatti sul 'tema Gramsci e il leninismo nel quale è detto : « ... un grande interesse nei dibattiti di oggi sembra avere il puntò circa la funzione che alla classe operaia era attribuita dal movimento torinese dei consigli di fabbrica». E non per risollevare alcune questioni che, è vero, il movimento operaio italiano, in particolare il movimento comunista ha chiarito, ma piuttosto per cercare di individuare, attraverso il conforto di una indagine concreta, la concezione gramsciana della pdlitica. Essa è appunto, come già ha ricordato il prof. Garin, una continua lezione realistica, un aderire di ogn[...]

[...]lasse dai riformisti.

Si potrebbe ritrovare questo punto di partenza nello stesso modo come si sviluppò la discussione in seno al gruppo dell’Ordine Nuovo, volta a cercare in (Italia il germe che corrispondesse al Soviet russo. Ma, pur540

Gli interventi

restando nell’angolo visuale che ho scelto per questo breve intervento, la predicazione gramsciana si rivela subito con una preoccupazione essenziale, che giustamente ci ricordava l’on. Togliatti : educare il moto spontaneo che sorgeva da questi istituti, creati davvero dalla storia del movimento operaio, « indirizzarlo, purificarlo » — sono parole del Gramsci dei Quaderni —, dargli quell’elemento di direzione che era prima mancato e che aveva segnato una vicenda di insuccessi ricorrenti; purificarlo alimentandolo, per farne una scuola di educazione politica.

Di qui la impostazione di Gramsci, democratica, sul Consiglio, contro la impostazione, burocratica, dei sindacati; di qui quella natura, che Gramsci, ad un certo punto, definiva addirittura di parlamento operaio, riservata ali[...]

[...] perché traduce, altresì, in una grande leva politicomorale, in azione, un desiderio profondo degli operai che si era già manifestato nel 1917, quel desiderio di fare come in Russia.542'

Gli interventi

Seguire l’esempio sovietico, cercare a Torino i germi del « soviet » e farli sviluppare portava nelle cose la polemica contro i riformisti che accusavano i bolscevichi di' essere degli utopisti.

Di qui, le osservazioni che ha fatto l’on. Togliatti, quando ha ricordato come Gramsci avesse compreso essere l’azione di Lenin ad assumere un valore universale. Togliatti ha contrapposto questa giusta valutazione a quella distinzione erronea fatta da Gobetti secondo cui era Trotzki, e non Lenin, il vero europeo della Rivoluzione. Io direi — se mi si permette questa piccola parentesi — che l’osservazione di Togliatti, pur valida, può essere integrata da un’altra che ci fa capire un carattere peculiare dell’opera di Gramsci. Ed è questa: che anche Gobetti, pur apponendo, pur sottoponendo ad un suo paradigma ideaile di rivoluzione liberale la rivoluzione sovietica, comprese — tra i pochi intellettuali borghesi, e non solo borghesi — il carattere profondamente liberatore della rivoluzione d’Ottobre. E 'già nel novembre del 1919, nell suo Energie Nuove, un giornaletto di studenti, ammoniva i nostri nazionaliliberali a inon voler racchiudere negli scherni del passato la Rivoluzione russa, a non nutrire illusio[...]



da Enrica Lauzi, Studi gramsciani in KBD-Periodici: Calendario del Popolo 1969 - numero 302 - dicembre

Brano: [...] di un contesto storico culturale quasi esclusivamente nazionale, cadde in un limite di provincialismo assai simile a quello di cui era stato accusato Gramsci quando si iniziò il processo di approfondimento critico della sua opera.
C'è, comunque, un punto di partenza comune, unitario, che fa da solido fondamento ai due momenti di ricerca e col quale ogni studio serio su Gramsci deve fare i conti, cioè la fondamentale relazione tenuta da Palmiro Togliatti al Convegno del 1958: « Il leninismo nel pensiero e nell'azione di Antonio Gramsci ».
Togliatti, partendo dalla ricostruzio ne delle fonti leniniane che maggior peso avevano avuto nella formazione del pensiero di Gramsci e analizzandole alla luce dei concetti di « rivoluzione », « partito », e « funzione degli intellettuali » dimostrò come l'apparizione e lo sviluppo del leninismo sulla scena mondiale costituì il fattore decisivo di tutta l'evoluzione di Gramsci come pensatore e come uomo politico di azione. Secondo Togliatti è soprattutto nella politica che bisogna ricercare l'unità della vita e dell'opera di Gramsci, il suo punto di partenza e il suo punto di arrivo. E' quindi in una concezione del mondo non idealista e astratta, ma marxista, che si verifica nella pratica e da cui la pratica è costantemente illuminata che è da ricer
carsi il filo conduttore unitario dell'opera di Gramsci, cosa che per altro Gramsci stesso aveva indicato — come ha messo in luce il Garin nella sua relazione del 1958 —, in alcune sue note metodologiche del 1933, quando aveva trattato il problema dello studio di « una concezione de[...]

[...]ondo che dal suo fondatore non è mai stata esposta sistematicamente (e la cui coerenza essenziale è da ricercarsi non in un singolo scritto, o serie di scritti, ma nell'intero sviluppo del lavoro intellettuale vario, in cui gli elementi della concezione sono impliciti) ».
La relazione presentata al Convegno di Cagliari dal Garin (« Politica e cultura in Gramsci (il problema degli intellettuali) »), tendo ben presenti i temi centrali indicati da Togliatti sviluppa e approfondisce principalmente tre questioni: il problema della storicizzazione del pensiero di Gramsci nel contesto sia italiano che internazionale; lo storicismo; e le condizioni per cui lo storicismo di Gramsci si pone ancor oggi come vivo ed operante. La relazione del Garin, insieme a quella del Bobbio (« Gramsci e la concezione della società civile ») è la più ricca di problemi e implicazioni e offre vivaci spunti per nuove discussioni e ricerche.
L'analisi del Bobbio verte principalmente sui concetti di struttura e di sovrastruttura e quindi dei rapporti tra essi intercorrenti[...]

[...]rtante porre Gramsci in una giusta collocazione nella storia del socialismo e del movimento operaio internazionale. E' questo quello che cerca di fare Ernesto Ragionieri nella sua relazione che ha come argomento « Gramsci e il dibattito teorico nel movimento operaio 'internazionale ». Due fattori principalmente caratterizzano il discorso di Ragionieri, uno positivo, e cioé il non staccare in Gramsci, strada peraltro che era stata già indicata da Togliatti, l'uomo politico dal filosofo, il pensiero dall'azione; l'altro negativo, e cioè l'estrema ambiguità del discorso politico dell'autore.
Per dare una giusta balutazione delle altre relazioni tenutesi nel Convegno, e che sono tutte di grande interesse, e che toccano i temi più svariati quali « Educazione e scuola in Gramsci » di Lamberto Borghi, « Gramsci e i problemi della letteratura italiana » di Natalino Sapegno, la questione meridionale, i problemi della storia italiana, la cultura sarda, non bisogna dimenticare che, se in una personalità
così ricca e aperta come quella di Gramsci, non è[...]



da Sebastiano Timpanaro, Il Marchesi di Antonio La Penna in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...]Carducci (anche al Carducci critico) e a Pascoli, e a un tipo di critica che era anch'essa « arte sull'arte », benché con uno stile assai diverso da quello di Marchesi (minore tensione retorica, maggiore pericolo di leziosaggine). E in quanto criticoartista, o aspirante tale, apprezzò anche, oltre che per le sue doti di affettuosa cordialità, Francesco Flora (cfr. Franceschini, op. cit., p. 51). Su un piano diverso si colloca la sua amicizia con Togliatti: sincera indubbiamente da parte di Marchesi, non altrettanto, credo (qui dissentirei da La Penna, p. 87), da parte di Togliatti. Difficilmente un marxistacrociano come Togliatti può avere scritto con sincerità che Marchesi fu « il piú profondo degli umanisti e il piú audace dei pensatori moderni » (cfr. La Penna, p. 103). Bisogna, credo, ripensare al grande bisogno di intellettuali di prestigio che il Pci ha avuto sempre, dal '45 ad oggi, data la sua linea politica « nazionale », onnicomprensiva, anticlassista. Se gli intellettuali di prestigio erano piú « umanisti » che marxisti, tanto di guadagnato: non c'era il rischio che entrassero in conflitto col partito esigendo quella coerenza ideologicopolitica che esso, in conformità alla sua linea, non doveva possedere; e[...]

[...]l'unica vera difficoltà ad aderire al Pci, per un cittadino italiano, è di avere idee comuniste e di aspirare a metterle in pratica. Nel '45 erano molto meno. Beninteso, Marchesi, con tutte le sue contraddizioni, non può in
658 SEBASTIANO TIMPANARO
alcun modo essere confuso con certi odierni universitari del Pci: a suo modo, era appassionatamente comunista davvero, e, benché incapace di ogni atteggiamento coerente di opposizione interna al PCI togliattiano, fu anche, talvolta, un militante « scomodo »: non votò, unico tra i parlamentari del PCI, a favore del famigerato art. 7 della Costituzione; insisté piú volte, senza far nomi ma con un tono abbastanza marcatamente polemico (cfr. Umanesimo e comunismo, passim), sulla necessità di non degradare la cultura a propaganda di partito (la cultura, s'intende, era per lui l'espressione dell'« umanità eterna »; ma quella polemica aveva pure un suo valore difensivo non disprezzabile); la sua stessa passionale difesa di Stalin all'viiz Congresso del Pci nel 1956, politicamente aberrante, non mancò di [...]

[...]degradare la cultura a propaganda di partito (la cultura, s'intende, era per lui l'espressione dell'« umanità eterna »; ma quella polemica aveva pure un suo valore difensivo non disprezzabile); la sua stessa passionale difesa di Stalin all'viiz Congresso del Pci nel 1956, politicamente aberrante, non mancò di una certa dignità di fronte ai destalinizzatori italiani dell'ultima ora (e destalinizzatori solo in superficie), i quali, a cominciare da Togliatti, avevano pronunciato all'indirizzo di Stalin vivo e potente, o appena morto, le piú vergognose piaggerie. Ciò forse andava ricordato a p. 87 del libro del La Penna, pur tenendo fermo che non è attraverso le nostalgie staliniste (o stalinisteumaniste) che si può ricreare una prospettiva socialista. Ma certo il suo prestigio di grande umanista dovette, con ragione, apparire prezioso a Togliatti: di qui quelle parole troppo ditirambiche (in un uomo intelligente e, al tempo stesso, freddo e privo di senso dell'amicizia) per essere sincere.
7. Marchesi socialista nel primo Novecento. — Avendo accennato al Marchesi politico, siamo ancora una volta (l'ultima) ricondotti al clima tardoottocentesco della sua formazione. In quegli intellettuali a cui lo abbiamo accostato (Rapisardi, Graf, Pascoli) il « positivismo bisognoso di religione » si collega con una morale della fraternità, che sfocia in un socialismo umanitario, oscillante tra la rivolta anarchica e il solidarismo cristianomassoni[...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Togliatti, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Storia <---comunista <---italiano <---italiani <---marxista <---fascismo <---siano <---socialismo <---Pratica <---italiana <---socialista <---Gramsci <---comunisti <---marxismo <---fascista <---leninismo <---leninista <---Dialettica <---comunismo <---ideologica <---italiane <---socialisti <---Lenin <---Ordine Nuovo <---Palmiro Togliatti <---Partito <---Stato <---d'Italia <---Filosofia <---Meccanica <--- <---Storiografia <---capitalismo <---ideologico <---marxisti <---materialismo <---Ecco <---Editori Riuniti <---Fisica <---Il lavoro <---Rinascita <---Russia <---Sulla <---abbiano <---fascisti <---filologico <---gramsciana <---gramsciani <---ideologia <---ideologici <---metodologiche <---progressista <---Antonio Gramsci <---Ciò <---Del resto <---Diritto <---Linguistica <---Mussolini <---PCI <---PCUS <---Perché <---Più <---Scienze <---Stalin <---antifascismo <---cattolicesimo <---crociano <---dell'Italia <---filologica <---gramsciano <---idealista <---leninisti <---opportunismo <---provincialismo <---riformista <---Agge <---Alcide Don <---Ambrogio Donini <---Archivio <---Atti <---Belfagor <---Benedetto Croce <---Cantoni <---Chiamatelle <---Chiesa <---Cirenaica <---Concetto Marchesi <---Così <---De Bono <---De Felice <---De Leone <---Dinamica <---Don Alcide <---Enrico De Leone <---Ercoli <---Ernesto Ragionieri <---Ezio Franceschini <---Fanne <---Filologia <---Giuseppe Romita <---Graziani I <---Graziani I Purtroppo <---La Nuova Italia <---Logica <---Marchesi <---Maria-Mincuccio <---Nenni <---Nilvetti Atti <---Non voglio <---Nuova Italia <---Oltre <---P.C.I. <---Pacciardi <---Padova <---Partito Comunista <---Pasquali <---Pedagogia <---Poetica <---Psicologia <---Retorica <---Sartre <---Scienze naturali <---Seneca <---Sicilia <---Sistematica <---Spagna <---Teoretica <---Torino <---Trotzki <---Tupini <---Viate <---Viene <---Vittorini <---antifascista <---antifascisti <---biologica <---cattolicismo <---classista <---comuniste <---cosmopolitismo <---cristianesimo 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Mozart <---Ambedue <---Amendola <---Amministrazione <---Anche J <---André Gide <---Anna Kuliscioff <---Anna Maria Mozzoni <---Annali <---Antonio Cazzaniga <---Antonio La Penna <---Antonio Labriola <---Antonio Raddi <---Antonio Roasio <---Apologetico <---Appunti <---Apuleio <---Arbeitstagung <---Archibusieri <---Archivio Pietro Secchia <---Archivistica <---Aritmetica <---Armando Gualtieri <---Arnobio <---Arrivé <---Arti <---Arturo Graf <---Aspetti <---Atti Istituto Veneto di Scienze Lettere <---Attilio Agostini <---Attilio Momigliano <---Attualità di Gramsci <---Auden <---Auferre <---August Reifferscheid <---Avendo <---Avere <---Baccani <---Baccarini <---Balbo <---Balcani <---Bandinelli <---Basta <---Basterà <---Bauhaus <---Beauvoir <---Bedouin <---Belles Lettres <---Bellum Catilinae di Sallu <---Bengasi <---Ber Gramsci <---Bergson <---Beria <---Bernasconi <---Bertacchi <---Bibliografia <---Bibliopolis <---Bisogna <---Blas Roca <---Boario Terme <---Boboli <---Bollettino <---Bologna 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Lauzi <---Enrico Camagna <---Enrico Fulchignoni <---Enrico Maria <---Entro <---Enzo Collotti <---Epicuro <---Era Giuseppe Rossi <---Ermeneutica <---Ernesto De Martino <---Estetica <---Ethnographisches Institut <---Etica <---Eugenio Donadoni <---Eugenio Garin <---Evans-Pritchard <---Ezio FRANCESCHINI <---FIAT <---Faliero Pucci <---Falterona <---Farinacci <---Farmacia <---Federazione <---Feltrinelli <---Ferrarino <---Ferrata <---Festa dell'Unità in Settembre <---Filologia classica <---Filosofici di Napoli <---Finalinn <---Firenze N <---Folklore <---Fondazione Feltrinelli <---Fortichiari <---Fortini <---Fortleben di Lucano nel Medioevo <---Foscolo Lombardi <---Fottini <---Franceschini <---Francesco De Sanctis <---Francesco Flora <---Francesco Leone <---Francia <---Franco Fortini <---Friedrich Leo <---G.A.P. <---Gaetano Pieraccini <---Gaetano Trezza <---Galvano Della Volpe <---Garfagnana <---Gattaia <---Genealogia <---Geografia <---Germania Tacito <---Gino Manetti <---Gino Menconi <---Giobbe di Rapisardi <---Giorgio Pasquali <---Giorgio Valgimigli <---Giornale storico della letteratura italiana <---Giornalismo e realizzazione artistica nella letteratura sovietica <---Giosuè Carducci <---Giovanni Agnelli <---Giovanni Bertacchi <---Giovanni Gentile <---Giulio Montelatici <---Giulio Preti <---Giunti <---Giuseppe Rossi <---Giussani <---Giustizia <---Gnomon <---Gobetti <---Gogol <---Goncordo <---Graf <---Graf a Turati <---Graf-Rapisardi <---Graziani <---Greve <---Gronovius <---Gruppi di Amici del Politecnico <---Guardandolo <---Guerra Alessandro Casati <---Guglielmo Ferrero <---Guicciardini <---Guido De Ruggiero <---Guido Mazzoni <---Guido Targetti <---Gunnar Carlsson <---Gustave Le <--- <---Hagendahl <---Heinze <---Helbo <---Hemingway <---Henri Bordeaux <---Henri Le <---Herbert Spencer <---Housman <---I Rinvio a Cultura <---Iamme <---Iginio De Luca <---Igino Bercilli <---Il Comitato <---Il LA PENNA <---Il Maggio <---Il Politecnico <---Il V <---Il disgelo <---In Marchesi <---In Spagna <---Infine La Penna <---Ingarano <---Internazionale <---Internazionale Comunista <---Irsina <---Istituto Ernesto <---Italia del Nord <---Iunga <---Ivo Poli <---Jugoslavia <---Kafka <---Karl Renner <---Katà <---Kommission <---Kriza <---Krusciov <---Kultur <---Kulturgeschichte <---Kunstprosa <---La Penna <---La Rivoluzione <---La Stampa <---La cultura per fl New Deal e contro il New Deal <---La notte <---La sera <---Labriola <---Lachmann <---Lamanna <---Lamberto Borghi <---Lanciotto <---Lanciotto Ballerini <---Lares <---Lavello <---Le Bon <---Le Bonniec <---Leo Marchesi <---Leo Negro <---Leonhardt <---Leontiev <---Leontinae <---Leopardi <---Lettera a Togliatti <---Lettere a Milano <---Lhoest <---Liberazione <---Liedern <---Liguori <---Limitiamoci <---Lingua <---Lo NIGRO <---Loescher <---Lombardia <---Longo <---Lucania <---Lucano nel Medioevo <---Lucrezio-Virgilio <---Lucrèce <---Luigi Casti <---Luigi Cortesi <---Luigi Gaiani <---Luigi Pugi <---Lukacs 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