Brano: [...]e di Ginevra, dove ho raccolto le seguenti biografie, non è motto diversa do quella di altri posti. Più di 20.000 italiani, molti dei quali abitanti in baracche o alloggi a ben diritto definibili come `tuguri': nessun assistente sociale che, al consolato, si preoccupi della loro salute materiale e morale e che li aiuti nei momenti difficili. Nessuno che dia loro una mano, quando sono trattati male dai padroni; purtroppo succede talvolta anche in Svizzera, a far cambiare a questi modo di agire o a trovare loro un padrone migliore. Nessuno che li aiuti, quando senza buone ragioni e all'improvviso vengano licenziati, a trovare un'altra occupazione.
Per comprendere meglio i loro problemi mi sono mescolato, per vari mesi, alla loro vita. Mangiavo con loro nei vari locali da loro preferiti, o li incontravo nei bar o nei circoli o nei luoghi dove vivono usualmente.
Ho potuto cos? intervistare circa un centinaio di operai di varie categorie, soprattutto perd manovali o muratori o operai di qualche fabbrica.
Il risultato di queste ricerche (provvis[...]
[...]o diventando per noi — mi ha detto pressapoco — un po' quello che i negri e i nord africani sono rispettivamente per l'America del Nord e per la Francia. Persone della cui forzalavoro abbiamo bisogno ma che vorremmo avessero meno diritti possibile. Ciò che rende ancor più grave il problema è il fatto che i pregiudizi contro gli italiani, molte volte completamente infondati o almeno molto esagerati, vanno ogni giorno aumentando tra la popolazione svizzera ed anche tra gli operai ». (A proposito di pregiudizi non è infrequente vedere sui giornali ginevrini avvisi come questo: `affittasi camera — italiani esclusi'. Oppure se avviene in città un furto o una rapina i primi a essere sospettati sono molto spesso degli italiani che poi, molte volte, si scopre non c'entrano per niente).
Queste tre biografie non sono scelte a caso né sono particolarmente tipiche. Sono soltanto le tre persone, tra le tante intervistate, che avevano più da raccontare e con le quali mi sono inteso meglio. Mi sembrano significative per comprendere meglio lo stato d'animo [...]
[...]i si aspettava la chiamata da parte dei padroni, ma, quando venne, ci dissero che lo stipendio era di soli 6000 franchi al mese più 4000 per mia moglie se lavorava mezza giornata. E che poi al mangiare dovevamo pensare noi. E come potevo vivere con quella miseria con tutta la famiglia! Lo avessi saputo prima non ci sarei nemmeno andato. Così, dopo circa quaranta giorni di campo di smistamento, ce ne tornammo a casa.
Qualche anno dopo emigrai in Svizzera, nei Grigioni. Avevo addirittura due contratti di lavoro: uno, come contadino l'avevo avuto pagando 5000 lire ad uno svizzero, almeno così diceva di essere, che andava in giro vendendo contratti di lavoro per l'agricoltura persino a 20.000 lire. Tanto che dopo l'hanno arrestato. L'altro, nell'edilizia, attraverso un conoscente che era andato a lavorare in Svizzera già da qualche anno. Scelsi quest'ultimo lavoro perché si guadagnava di più e rimandai l'altro contratto dicendo che ero ammalato. Divenni così manovale nella costruzione di una diga. Eravamo in montagna, in mezzo alla neve e con l'acqua fino al ginocchio ed anche piú. Dopo pochi giorni di lavoro mi fracassai tre dita della mano sinistra. Stettï trentacinque giorni all'ospedale e dopo qualche tempo che avevo ripreso il lavoro mi tornarono i reumatismi e non potetti più lavorare, fui così costretto a rientrare a casa.
Quattro anni fa andai a cercare lavoro a Locarno. Dopo otto giorni di ricer[...]
[...]giorni interi, per aiutarmi a trovare un lavoro. Ed infine riuscimmo a trovare il posto dove sono ancora, in una ditta asfal tatrice di strade. Sono manovale, la paga è buona ed il padrone mi rispetta. L'unico guaio è che si lavora sempre all'aria aperta, anche quando piove, ed ogni tanto mi riprendono i reumatismi. Inoltre, ogni anno, devo tornare in Italia per i mesi d'inverno, con tutta la famiglia, e non si è mai sicuri di poter rientrare in Svizzera. Se, per qualche ragione, non vogliono rinnovare
TRE STORIE DI EMIGRATI 169
il contratto, ci tocca restare in Italia. Mio figlio va a scuola qui, nella scuola svizzera, e va anche bene. Il maestro ne è molto contento, e deve studiare in francese! Ma ogni inverno gli tocca perdere due o tre mesi di scuola, non lo posso mica lasciare solo, ha appena 12 anni. Lui ci ha passione per lo studio e mi ha detto che vuole continuare. E io non voglio fare come mio padre che mi fece smettere alla seconda, non voglio che poi possa rimproverarmi di averlo rovinato. Se ne ha la capacità è giusto che vada avanti a studiare ed impari un mestiere migliore, più qualificato, e che non sia costretto a fare il manovale, come me. C'è la scuola di arti e mestieri, per esempio, che[...]
[...]ri un mestiere migliore, più qualificato, e che non sia costretto a fare il manovale, come me. C'è la scuola di arti e mestieri, per esempio, che è molto buona. E per fortuna qui gli studi sono tutti gratis. Non è come in Italia che tocca sempre comprare il quaderno, i libri, le matite, eccetera, eccetera. Qui danno tutto loro.
Io resto per questo, per permettergli di studiare, perché abbia una vita migliore della mia. E poi mi ci trovo bene in Svizzera. Sono gente onesta. Si può lasciare la roba per la strada e nessuno la ruba. Da noi, invece, appena si pianta qualche cavolo e qualche altra cosa qualcuno viene di notte e se li porta via. Noi, per esempio, coi soldi guadagnati con il carbone, ci facemmo un bel fienile, non una cosa di lusso, lo facemmo noi stessi, ma finalmente avevamo qualcosa di nostro. Ci portavamo le bestie durante il giorno. Mia moglie aveva una mucca e qualche agnello, dormivano con noi, in paese, nella stanza di sotto, altrimenti le avrebbero rubate. Scassinarono due volte il lucchetto del fienile e presero tutto quel[...]
[...]si trovava più un arancio in paese e, se ci beccavano, erano guai. Uno che é stato preso a rubare un cavolo ha avuto due mesi di carcere e lo volevano denunciare all'alta corte. Poi, per fortuna, si sono ricordati che era solo un cavolo e l'hann.o lasciato libero. Il nostro comandante, invece, in quel periodo, faceva il contrabbando.
Di mestiere faccio l'alesatore, in una ditta che fabbrica macchine utensili. E da tre anni e mezzo che lavoro in Svizzera. Prima lavoravo a Modena, la mia città. Ho fatto fino alla quinta industriale poi sono entrato a lavorare alla FIAT. Ma dopo la guerra di Abissinia il lavoro diminuì, così mi licenziai ed andai a lavorare da un'altra ditta. Poi scoppiò la guerra ed andai militare. Ero in uno dei reparti pompieri dell'esercito e lavoravo nel carro attrezzi, ma non sono mai stato un buon militare. Ho sempre detto a tutti che facevo parte del battaglione « lepre » (o « scappa »). A quei tempi ero giovane, non pensavo che a mangiare, quando avevo la pancia piena ero contento. Mi ricordo che una volta, quando ci s[...]
[...]lasciano sempre 11 e sempre tutti in disordine. Così, per fare lo stesso lavoro devo fare le prove finché non trovo il ferro adatto; si perde un sacco di tempo in più senza concludere niente. Inoltre molto spesso i dirigenti non sono capaci di organizzare bene il lavoro; per questo talvolta le nostre ditte vanno male e devono fare tutti quei licenziamenti. Dovrebbero venire qui ad imparare!
Perd, per quanto riguarda le assicurazioni sociali, la Svizzera é il paese
176 ALBERTO L'ABATE
dove ce n'è di meno. Per la Cassa Malattie, per esempio, ogni ditta ha la sua solo per l'operaio. Se si ammala qualcuno della famiglia non c'è niente. Oppure bisogna fare una assicurazione privata, come ce n'è moltissime, `ma che si ingrassano sugli operai. Io ho le stesse assicurazioni degli svizzeri, tranne quella contro la disoccupazione. Se resto senza lavoro e non ne trovo un altro entro quindici giorni, mi fanno rientrare in Italia. Ed il contratto scade ogni anno e non si è mai sicuri se sarà rinnovato o meno. E pago anche molte tasse, perché non sono s[...]
[...]n sindacato dove non c'è libertà non ci voglio entrare. Inoltre il sindacato non fa quasi nulla, non può neppure fare scioperi. Firmò un patto con i padroni, qualche anno fa, dove si impegnavano a non farli. La chiamano « pace sindacale », la chiamano.
Io, una volta al giorno, mangio in un ristorante di fronte a casa mia. I padroni sono italiani ed hanno una buona cucina. L'altro pasto lo prendo invece alla mensa della fabbrica, é cucinato alla svizzera, non è molto buono, ma meglio che niente.
Per la camera ho avuto fortuna: pago solo 55 franchi al mese. Per una camera cosí chiedono, di solito, 100 franchi ed anche piú. Ma c'è il cimitero, qui davanti, per questo il prezzo è basso. Ma a me i morti non danno noia, stanno sempre zitti. Sembra che ci sia seppellito anche Calvino, che era protestante. Io però non l'ho sentito protestare mai!
Ogni tanto, nelle ore libere, mi metto a disegnare. Che vuole, è un passatempo! Tempo fa mi sono anche comprato un giradischi. Di dischi ne ho pochi ma spero di farmene di più. L'altro giorno, per caso, h[...]
[...]tanti che sono consultati dalla commissione interna per questioni che li riguardano. Prima, nel nostro sindacato, c'erano anche dei membri del partito del lavoro. Ma dopo i fatti di Ungheria sono stati buttati fuori.
Sono sposato ma non ho bambini. Mia moglie vive qui con me. Ma queste sono questioni personali, non hanno importanza.
Uno dei problemi principali, per gli italiani che lavorano a Ginevra, è quello degli alloggi. Quando entriamo in Svizzera mettono sul permesso di soggiorno un timbro con scritto sopra: « non può affittare un appartamento ». Cosi siamo costretti a prenderli in subaffitto e si paga molto più caro. Oppure si prende una camera in qualche famiglia, ma spesso non vogliono i bambini e tosi molti italiani non possono richiamare i loro familiari. Nella mia ditta si sta un poco meglio perché lo Stato ha dato dei sussidi alle fabbriche per degli appartamenti a buon mercato per operai. A noi non li danno, non ne abbiamo diritto, ma spesso gli svizzeri che ci vanno ci lasciano le loro vecchie case. Ma altri italiani vivono a[...]
[...] malattia professionale, la silicosi, per esempio, per i minatori, e cadono ammalati in Italia, sono rovinati.
Quelli che lavorano nelle costruzioni, inoltre, se hanno famiglia in Italia, non hanno assegni familiari. E se hanno a carico i genitori o i fratelli gli tolgono pochissimo dalle tasse. Ma questo anche per le altre categorie.
Inoltre c'èé la questione della difesa militare. Perché a noi italiani ci tocca pagare per la difesa nazionale svizzera? I francesi hanno ottenuto di non farlo. Tempo fa, alla Cappella italiana, è venuto a parlare un nostro ministro. Quando ha finito, ho chiesto il contraddittorio e gli ho domandato perché il governo non facesse niente per farci togliere questa tassa. Ha cominciato a rispondere un sacco di belle cose, dicendo che, per amor della patria, era giusto che si pagasse per la difesa delle altre patrie contro l'aggressione. Io non ci ho visto più ed ho gridato: « Ma che patria e patria, il portafoglio! ». E diventato livido e bianco come un cencio, ma intanto il governo si ingrassa alle nostre spalle.[...]