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Il segmento testuale Stato è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 2079Analitici , di cui in selezione 79 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da [Gli interventi] Roberto Battaglia in Studi gramsciani

Brano: [...]siero di Labriola e quello di Gramsci, ma sulla nuova prospettiva in base alla quale 'Gramsci va elaborando i suoi concetti, la prospettiva dell’età dell’imperialismo.

Affrontare quest’argomento, cioè la concezione di Gramsci dell’età dell’imperialismo, è evidentemente un tema assai vasto e impegnativo ed

10 qui non posso che limitarmi ad enunciarne qualche aspetto più evidente. Mi sembra che sia necessario innanzi tutto chiarire quale sia stato

11 « punto morto » cui arrivò il Labriola; e di qui partire per determinare il pensiero di Gramsci, per comprendere il suo metodo di formazione, il modo con cui egli — diciamo cosi — assimila la concezione leninista.

Il pensiero del Labriola sulletà dell’imperialismo, fino ad oggi è stato poco studiato ed è particolarmente noto attraverso l'interpretazione che ne ha dato Benedetto Croce. Quest’ultimo ha rivolto infatti un elogio di « fedeltà al marxismo » al Labriola, riferendosi agli atteggiamenti che526

Gli interventi

questi avrebbe assunto sulla questione coloniale: «Labriola — dice il Croce — guardò con simpatia all’impresa d’Africa e si manifestò favorevole a'U’impresa di Tripoli, fedele anche in ciò al marxismo che non concepisce un serio movimento proletario se non preceduto da un serio e pieno svolgimento della borghesia ».

Penso che è sempre opportuno diffid[...]

[...]e la sua « simpatia » verso quell’impresa. Egli stesso ci dice esplicitamente in Cuore e Critica del 16 aprile lo scopo che si proponeva in tale occasione: «La mia lettera pubblicata sul Risveglio è indeterminata perch’io la volli fare cosi. Era diretta a1 Braccarmi: e perciò la tesi socialistica doveva essere presentata nella figura retorica della insinuazione. Detto questo non ho bisogno di aggiungere che io non credo punto alla capacità dello Stato borghese di risolvere uno solo dei problemi sociali secondo gli intendimenti nostri. Ma perché questa persuasione divenga una forza della coscienza pubblica, bisogna usare un metodo che io direi di dialettica obiettiva: porre le questioni, dire ai radicali, progressisti e filantropi: ecco dove sono i veri interessi del popolo; e poi metterli fra l’uscio e il muro. La impotenza loro dev’essere dimostrata col fatto». Dunque il Labriola suggerendo al Baccarini di proporre al governo la costituzione di cooperative agricole contadine nella prima colonia italiana non intendeva appoggiare l’espansio[...]

[...]uperarlo come per una improvvisa illuminazione, ma dobbiamo invece studiare con attenzione nell’opera di Gramsci il lento e spesso difficile processo di formazione del suo pensiero.

Vero è che Gramsci non ci ha lasciato nessuna pagina in cui la sua concezione dell’età dell’imperialismo sia espressa compiutamente, abbia il risalto e la forza sintetica che assumono nei suoi scritti altri argomenti decisivi come la concezione del partito e dello Stato. Ma proprio perciò dobbiamo respingere la tentazione di ricostruire questa pagina che manca nella sua opera attraverso una serie di citazioni, di frammenti, come se si trattasse di ricomporre le tessere di un mosaico. Questo mosaico risulterebbe certamente inerte né ci permetterebbe di capire il pensiero di Gramsci nel suo effettivo sviluppo. Del resto è questo un metodo da respingere, come da respingere l’idea che si debba ricercare in Gramsci, come ha detto Togliatti, il vangelo del perfetto militante marxista.

Se noi desideriamo comprendere come Gramsci abbia acquisito gli elementi fond[...]

[...]ioni a questo proposito. Mi sembra che una delle più interessanti sia quella relativa al modo con cui Gramsci si accorge come nella nuova età il capitale finanziario si stia distaccando dalla produzione, cioè come si renda conto di uno degli elementi essenziali dell’imperialismo e cioè del prevalere del capitale finanziario.

Egli ci dice a proposito della FIAT : « SÌ tratta di un gigantesco apparecchio industriale che corrisponde a un piccolo Stato capitalista, che è un piccolo Stato capitalista e imperialista perché detta legge all’industria meccanica torinese, perché tende con la sua produttività eccezionale, a prostrare e assorbirle tutti i concorrenti: un piccolo Stato assoluto che ha un autocrate: il' comm. Giovanni Agnelli, il più audace e tenace dei capitani d'industria italiani, un 66 eroe ” del capitalismo moderno. ÌLI capitalismo annienta i suoi 66 eroi ”, il capitalismo sta annientando il comm. Giovanni Agnelli. Il capitalismo è diventato plutocrazia, è diventato alta banca... In pochi mesi rorganizzazione (o lo sfacelo) capitalistica ha compiuto molti passi in avanti; la plutocrazia siderurgica ansaldiana ha rinnovato l’assalto, è passata sopra il cadavere del capitano d’industria ».

Ora non interessa qui tanto verificare se le indicazioni date d[...]

[...]’interno stesso deH’esperienza pratica di Gramsci. Egli ha letto infatti gli scritti leninisti suirimperialismo quando già la sua coscienza di militante della classe operala era matura e disposta ad accoglierli, ricavando poi dagli stessi scritti l’impulso per una elaborazione ulteriore, per un successivo passo in avanti compiuto a contatto della realità in continuo sviluppo. Si veda a questo proposito l’acuta e puntuale analisi ch’egli fa dello Stato fascista, ponendo attenzione innanzi tutto a quella compenetrazione fra monopolio e apparato statale cui aveva già accennato Lenin nel suo saggio suH’imperialismo. Gramsci coglie il processo in uno stadio ben più avanzato, e, ravvisando nel fascismo una delle più vistose manifestazioni dell’età imperialistica, respinge decisamente le tesi del Salvemini sul fascismo quale fenomeno della piccola borghesia : « Da questo complesso di (esigenze non sempre confessate, nasce la giustificazione storica delle cosidette tendenze corporative che si manifestano prevalentemente come esaltazione dello Stat[...]

[...] suH’imperialismo. Gramsci coglie il processo in uno stadio ben più avanzato, e, ravvisando nel fascismo una delle più vistose manifestazioni dell’età imperialistica, respinge decisamente le tesi del Salvemini sul fascismo quale fenomeno della piccola borghesia : « Da questo complesso di (esigenze non sempre confessate, nasce la giustificazione storica delle cosidette tendenze corporative che si manifestano prevalentemente come esaltazione dello Stato in generale, concepito come qualche cosa di assoluto, e come 'diffidenza ed avversione alle forme tradizionali del capita532

Gli interventi

lismo. Ne consegue ohe teoricamente lo Stato pare avere la sua base politicosociale nella piccola gente, nella piccola borghesia degli intellettuali, ma in realtà la sua struttura rimane plutocratica e riesce 'impossibile rompere i legami con il grande capitale finanziario ».

Un’indagine approfondita in questo senso ci permetterebbe non solo di cogliere il pensiero di Gramsci nel suo ininterrotto e continuo sviluppo, ma anche e principalmente di comprendere più chiaramente come il .suo concetto di egemonia non sia, per dir cosi, edificato sul vuoto o come un’ipotesi teorica per un remoto futuro, ma abbia alk propria base l’analisi o [...]



da [Gli interventi] Valentino Gerratana in Studi gramsciani

Brano: [...]iamente se ne ricavano nella strategia delk rivoluzione socialista, anche sul piano internazionale. Ad esempio, dalla sua teoria delk rivoluzione permanente, con la concezione che abbiamo già ricordato dell’inevitabile dissoluzione delle alleanze che hanno permesso alla classe operaia di conquistare il potere, Trotzki traeva la conseguenza dell’impossibilità della costruzione del socialismo in un solo paese e vedeva quindi l’unica salvezza dello Stato sovietico nella possibilità di suscitare la rivoluzione negli altri paesi. « Le contraddizioni — scriveva Trotzki — nella situazione del governo operaio di un paese arretrato, con una maggioranza schiacciante di popolazione contadina, potranno trovare la loro soluzione soltanto su scala internazionale, suH’afena delk rivoluzione mondiale del proletariato ».

Per Lenin, invece, come per Gramsci, la soluzione di queste contraddizioni può essere trovata soltanto nella funzione egemonica della classe operaia, nella sua capacità di dirigere questa maggioranza non proletaria delk popolazione. Len[...]

[...]odi di lotta, economici, politici e culturali, atti a suscitare il consenso, è precisamente l’antitesi della teoria della spontaneità.

In questo senso Gramsci poteva scrivere che Lenin « nel terreno della lotta e deirorganizzazione politica, con terminologia politica ha, in opposizione alle diverse tendenze “ economistiche ”, (rivalutato il fronte della lotta culturale e costruito la dottrina deli egemonia' come complemento della teoria dello Statoforza [cioè della dittaUira del proletariato] e come forma attuale delle dottrine quarantottesche della “ rivoluzione permanente ” » \

Il confronto tra la teoria di Lenin e quella di Trotzki è ripresa da Gramsci in un’altra pagina dei Quaderni del carcere, dove il problema è approfondito in altri suoi importanti sviluppi e implicazioni. Si tratta appunto delle pagine in cui Gramsci svolge una serie d’interessanti considerazioni dal confronto tra lotta politica e lotta militare, insistendo sul fatto che, analogamente a ciò che era avvenuto nella strategia militare, anche nella lotta politica[...]

[...]a la guerra di movimento (o guerra manovrata), cioè, in termini politici, la conquista violenta del potere, non sempre ha valore decisivo, e deve cedere il passo alla guerra di posizione.

Si può osservare a questo proposito che le conclusioni della scienza militare, sulle quali Gramsci svolgeva le sue considerazioni, erano basate suH’esperienza della prima guerra mondiale, mentre nel secondo conflitto mondiale la guerra di movimento ha riacquistato molto della sua importanza rispetto alla guerra di posizione, sebbene sia stata poi quest’ultima, in definitiva, con le sue riserve strategiche, l’elemento risolutivo del conflitto. L’analisi di Gramsci comunque conserva tutta la sua validità, indipendentemente dal paragone, del resto occasionale, e che non deve essere preso alla lettera, come avverte lo stesso Gramsci, con la strategia militare.

È bene però chiarire che non si tratta di una scelta definitiva tra guerra manovrata e guerra di posizione, tra conquista violenta del potere e conquista graduale, più o meno pacifica. Chi, per co[...]

[...]parazione la rivoluzione in un paese dove si è sviluppato il capitalismo, che ha dato una cultura e il senso dell’organizzazione democratica a tutti gli uomini, sino all’ultimo, sarebbe un errore, un’assurdità » 1.

Si capisce meglio, mi sembra, tenendo presenti queste pagine di Lenin, il senso esatto delle considerazioni di Gramsci, e si può valutare meglio l’importanza delle sue conclusioni. « In Oriente — scrive Gramsci, cioè in Russia — lo Stato era tutto, la società civile era primordiale e gelatinosa; neirOccidente, tra Stato e società civile cera un giusto rapporto,

1 Opere scelte, Mosca, II, 1948, p. 283Valentino Gerratana

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e nel tremolio dello Stato si scorgeva subito una robusta struttura della società civile. Lo Stato era solo una trincea avanzata, dietro cui stava una robusta catena di fortezze e di casematte; più o meno da Stato a Stato, si capisce, ma questo appunto domandava un’accurata ricognizione di carattere nazionale » \

Nello stesso punto Gramsci aveva anche notato che Lenin « non ebbe il tempo di approfondire la sua formula, pur tenendo conto che egli poteva approfondirla solo teoricamente, mentre il compito fondamentale era nazionale, cioè domandava una ricognizione del terreno e una fissazione degli elementi di trincea e di fortezza rappresentati dagli elementi della società civile, ecc. » 2.

Abbiamo qui, come si vede, la linea teorica di quella prospettiva politica e strategica che sarà poi nota come la lin[...]

[...] fabbrica sorgano e si sviluppino in altre situazioni storiche, ma sarebbe astratta qualsiasi analisi che si fermasse soltanto alle analogie formali senza approfondire la concreta funziona storica alla quale queste istituzioni

1 Mach., p. 68.

2 Mach., p. 68.592

Gli interventi

rispondono di volta in volta. Solo in questo modo, ad esempio, si possono mettere a confronto, tenendo conto della profonda diversità delle situazioni — come è stato fatto in un recente Convegno indetto a Roma dall’Istituto Gramsci — esperienze cosi diverse e lontane nel tempo come quella dei Consigli operai della moderna Jugoslavia e quella dei Consigli di fabbrica del movimento operaio torinese nel primo dopoguerra.

Situando storicamente questa esperienza dei Consigli di fabbrica, e inquadrando storicamente la sua idea ispiratrice nel pensiero e nell’azione rivoluzionaria di Gramsci, Togliatti ha ricondotto la funzione positiva dei Consigli ial loro valore educativo, suscitatore di capacità rivoluzionarie. Nello stesso senso esistono riconoscimenti p[...]



da Vito Grasso, Il lento disfarsi della dittatura [sopratitolo: La lunga crisi politica della Turchia] [sottotitolo: Un risultato elettorale che non ha trovato ancora sbocchi. Declino del Partito della giustizia e ascesa del Partito repubblicano. La morte di Inönü segna la fine del kemalismo. Come si sono mossi i militari in quest'ultimo decennio. Si apre una prospettiva democratica?] in KBD-Periodici: Rinascita 1974 - 1 - 4 - numero 1

Brano: [...]ste elezioni a dominare ancor oggi la vita politica turca, aperta a differenti sviluppi e carica di incerte prospettive.
I segni di una prossima crisi del regime di dittatura militare instaurato ad Ankara il 21 marzo 1971 erano divenuti pubblicamente manifesti quando nella primavera scorsa i militari non riuscirono ad imporre ad un Parlamento esautorato di fatto da due anni, il loro candidato alla presidenza della Repubblica, che era il capo di stato maggiore generale. I partiti politici, giostrando abilmente, riuscirono ad eleggere un candidato di compromesso, che offriva alcune garanzie (e permetteva, nello stesso tempo, ai militari di salvare parzialmente la faccia, trattandosi di un exammiraglio), nonostante le minacce dell'esercito che nei giorni della votazione faceva incrociare i carri armati davanti al Parlamento. Ma la dimostrazione di forza militare non poteva nascondere o sminuire la debolezza politica di una giunta la quale presentava al paese solo un bilancio di due anni di governo impastato di repressione, esecuzioni capital[...]

[...]so, che offriva alcune garanzie (e permetteva, nello stesso tempo, ai militari di salvare parzialmente la faccia, trattandosi di un exammiraglio), nonostante le minacce dell'esercito che nei giorni della votazione faceva incrociare i carri armati davanti al Parlamento. Ma la dimostrazione di forza militare non poteva nascondere o sminuire la debolezza politica di una giunta la quale presentava al paese solo un bilancio di due anni di governo impastato di repressione, esecuzioni capitali, torture, arresti indiscriminati, in breve un regime di terrore contro le forze demo cratiche, sindacali, studenti, lavoratori, intellettuali: scorrere ou'i le liste di proscrizione della giunta, cioè le liste degli arrestati, degli incriminati, degli internati, equivale leggere l'annuario delle migliori forze del paese.
D'altro canto la giunta militare non è riuscita a risolvere nessun problema del paese. Non una delle riforme promesse al momento del colpo di Stato è stata attuata, salvo quella liberticida di trasformare la Costituzione democratica in una[...]

[...]i indiscriminati, in breve un regime di terrore contro le forze demo cratiche, sindacali, studenti, lavoratori, intellettuali: scorrere ou'i le liste di proscrizione della giunta, cioè le liste degli arrestati, degli incriminati, degli internati, equivale leggere l'annuario delle migliori forze del paese.
D'altro canto la giunta militare non è riuscita a risolvere nessun problema del paese. Non una delle riforme promesse al momento del colpo di Stato è stata attuata, salvo quella liberticida di trasformare la Costituzione democratica in una Costituzione autoritaria. L'inflazione che aveva già costretto il governo del conservatore Demirel a svalutare del 66% la lira turca, nell'estate del 1970 si è aggravata ed i prezzi al dettaglio durante il regime di legge marziale sono raddoppiati. Un maldestro tentativo di calmiere, sganciato da qualsiasi misura economica nei confronti dei gruppi monopolistici e del capitale straniero, ha prodotto la scomparsa dal mercato di alcuni generi di prima necessità ed ha dovuto essere immediatamente revocato.[...]

[...]ica nei confronti dei gruppi monopolistici e del capitale straniero, ha prodotto la scomparsa dal mercato di alcuni generi di prima necessità ed ha dovuto essere immediatamente revocato. Se non ci fosse la sofferenza delle migliaia di democratici perseguitati, di coloro che sono stati uccisi e di coloro che scontano nelle prigioni dure pene detentive, ci sarebbe da sorridere al pensiero che l'unico effetto positivo sortito dalla legge marziale è stato un più ordinato svolgimento del traffico urbano, cioè che la dittatura ha partorito semafori, segnali di stop e passaggi pedonali.
La debolezza politica dei generali turchi rispecchia la debolezza politica tradizionale di un esercito che è intervenuto per ben due volte in 11 anni nella vita politica nazionale, lasciando poi il potere ai civili dopo qualche riforma costituzionale e la persecuzione degli oppositori. Vi è tuttavia una sostanziale differenza tra il colpo dì Stato del 1960 e quello del 1971: nel 1960 ufficiali riformisti abbatterono il regime reazionario di Menderes che aveva sve[...]

[...]o del traffico urbano, cioè che la dittatura ha partorito semafori, segnali di stop e passaggi pedonali.
La debolezza politica dei generali turchi rispecchia la debolezza politica tradizionale di un esercito che è intervenuto per ben due volte in 11 anni nella vita politica nazionale, lasciando poi il potere ai civili dopo qualche riforma costituzionale e la persecuzione degli oppositori. Vi è tuttavia una sostanziale differenza tra il colpo dì Stato del 1960 e quello del 1971: nel 1960 ufficiali riformisti abbatterono il regime reazionario di Menderes che aveva svenduto il paese all'imperialismo americano e si avviava alla limitazione delle libertà pubbliche; esso ebbe il sostanziale appoggio del Partito repubblicano del popolo (CHP), erede della tradizione kemalista e fautore di una politica di riforme e di indipendenza nazionale. Poi i generali moderati fa vorirono il ritorno alla normalità politica, dopo l'approvazione di una Costituzione tra le più democratiche in Europa, per impedire che i giovani ufficiali radicali facessero della [...]

[...]a repressione, la svolta autoritaria nelle strutture politiche e amministrative, la distruzione della sinistra, ma non è disponibile ad una trasformazione radicale della vita politica turca e in ogni caso, forte del successo elettorale dell'ottobre 1969, non intende delegare sine die il potere ai militari. Ecevit, a sua volta, democratico, progressista, non può accettare un regime antipopolare e la sua condanna arriva fin dal giorno del colpo di Stato; perché essa assuma un peso politico determinante sarà necessario poco più di un anno, durante il quale Ecevit riorganizzerà il partito, lascerà uscirne l'ala destra e ne farà uno strumento per vincere le elezioni. Gli altri partiti politici, o meglio partitini, nati quasi sempre o. da scissioni o da clan intorno a singole personalità, non sono in grado di offrire ai generali golpisti una base politica. Il regime militare si trova così isolato, debole perfino all'interno della sua stessa struttura ed impotente a svolgere una qualsiasi funzione politica al di fuori della gorillesca lotta contr[...]

[...]e politica. Il regime militare si trova così isolato, debole perfino all'interno della sua stessa struttura ed impotente a svolgere una qualsiasi funzione politica al di fuori della gorillesca lotta contro ogni manifestazione democratica.
I risultati delle elezioni hanno però anche fatto fallire il piano di restaurazione moderata perseguito in questi anni da Süleyman Demirel, capo del Partito della giustizia, al potere dal 1965 fino al colpo di Stato del 1971. Dei 450 seggi dell'Assemblea nazionale, 188 sono stati attribuiti al Partito repubblicano del popolo, 155 al Partito della giustizia, 49 al Partito della salvezza nazionale, espressione delle forze religiose più retrive, 43 al Partito democratico (che in concorrenza ed in polemica con Demirel si ispira all'esperienza politica del defunto Menderes), 13 al Partito della fiducia, scissionista di destra dei repubblicani, 3 al Partito di unità turca, espressione di un coraggioso gruppo di socialisti marxisti (mentre i quadri e gli attivisti del Partito operaio turco, disciolto dalla ditt[...]

[...]problemi del paese, all'acquiescenza dimostrata verso le manifestazioni più liberticide del regime militare. La strategia seguita da Demirel, consistente nel tentativo di condizionare, con un sostanziale appoggio e critiche moderate, la dittatura militare, ha finito col rivolgersi contro di lui coinvolgendolo nel discredito che i militari si sono tirati addosso in due anni e mezzo di illibertà e di sanguinosa repressione. Al momento del colpo di Stato, Demirel, in quanto capo del partito di maggioranza e premier spodestato, era stato oggetto di feroci attacchi da parte della stampa del regime. Si era perfino accennato ad una possibile incriminazione per corruzione. Poi i militari si erano trovati isolati, impegnati nella lotta contro le forze di sinistra, incapaci di frenare l'aumento del costo della vita, ed il Partito della giustizia era obiettivamente diventato la forza meno pericolosa per il regime; anzi nella misura in cui i militari avessero rinunciato ad ogni velleità di riforme, anche quelle antifeudali, e si fossero limitati ad un attacco massiccio e frontale contro i lavoratori e le loro organizzazioni, il Parti[...]

[...]rciò, ci pare, il responso elettorale del popolo turco ha detto « no » non soltanto alla dittatura dei gorilla fascisti, ma anche alla dittatura parlamentare e legalitaria vagheggiata da Demirel. E non è servito a nulla al leader dell'AP il farsi accompagnare durante la campagna elettorale dall'ambasciatore degli Stati Uniti, interessati,. dopo l'esperienza fallimentare del regime militare, ad una soluzione demireliana; ché anzi, ove ce ne fosse stato bisogno, agli occhi del popolo turco l'appoggio americano a Demirel, dopo che gli USA avevano ispirato ed aiutato il colpo di Stato militare, è stato una conferma della sostanziale continuità tra le due forme di regime.
Il successo elettorale del Partito repubblicano trae invece le sue motivazioni da una politica opposta a quella perseguita dal Partito della giustizia. A due giorni di distanza dal colpo di Stato, Bülent Ecevit, allora segretario generale del partito, dichiarò che secondo le leggi vigenti i generali ribelli avrebbero dovuto essere deferiti alle corti marziali, ma fu incriminato dai golpisti e dovette dimettersi dalla segreteria, anche per il possibilismo del presidente del partito, il vecchio Ismet Inönü. Il partito di Inönü, idealmente continuatore del riformismo laico e modernizzatore di Atatürk, era divenuto in realtà uno strumento di immobilismo e burocrazia ideologicamen te confuso ed abituato alle sconfitte. Diventato presidente della Repubblica nel 1939, alla morte di Atatürk, [...]

[...]ali, ma fu incriminato dai golpisti e dovette dimettersi dalla segreteria, anche per il possibilismo del presidente del partito, il vecchio Ismet Inönü. Il partito di Inönü, idealmente continuatore del riformismo laico e modernizzatore di Atatürk, era divenuto in realtà uno strumento di immobilismo e burocrazia ideologicamen te confuso ed abituato alle sconfitte. Diventato presidente della Repubblica nel 1939, alla morte di Atatürk, dopo esserne stato per 15 anni il fedele presidente del Consiglio, Inönü perdette il potere e la maggioranza in Parlamento alle prime elezioni politiche, nel 1950; rimesso al potere dai militari dopo il colpo di Stato del 1960, perdette nuovamente le elezioni nel 1965, dando via libera al regime conservatore di Demirel, che resuscitava quello di Menderes ad appena cinque anni di distanza dalla rivoluzione che lo aveva deposto.
Sotto la direzione dell'ormai senescente Inönü, negli ultimi anni il Partito repubblicano si era ammantato di un interclassismo nazionalista che nascondeva l'incapacità di incidere nei problemi della realtà turca e di un patriottismo popolare ricco di memorie storiche, ma privo di prospettive politiche. Lo stesso Inönü era diventato il monumento a sé stesso, un secondo padre della p[...]



da Giovanni Mari, Ritratti critici contemporanei. Louis Althusser in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: [...]mente, p. 225).
Nel 1978 i punti di maggior debolezza del pensiero di Marx gli appaiono i seguenti: la sopravvivenza in esso dell'« idea di una filosofia della storia » che, come l'« unità fittizia » imposta al Capitale dall'esigenza di dover partire dall'« astrazione del valore », rileva un'insufficiente resa dei conti filosofica con l'hegelismo; le ben scarse indicazioni circa la natura e la funzione della « sovrastruttura » (« il diritto, lo Stato, le forme ideologiche »); l'assenza di una riflessione teorica sul problema dell'organizzazione (mo, pp. 113120). L'idea di una crisi del marxismo permette infine una nuova consapevolezza storica: questa crisi non può essere considerata un mero fatto recente ed improvviso, essa appare piuttosto come qualcosa di cui lo stalinismo aveva « bloccato » l'esplosione mediante una sorta di suo congelamento dogmatico e difensivo (« Era, dunque, una crisi che veniva bloccata sotto l'abito dell'ortodossia da parte di un impressionante apparato politico e ideologico », Finalmente, p. 225). Quella di « cr[...]

[...]nesso che può intercorrere tra la « deviazione teoricista » della filosofia della prima fase della ricerca di Althusser e la congiuntura, in cui è venuto a trovarsi il movimento comunista dopo le « pseudospiegazioni » del xx Congresso, dominata dal problema dello stalinismo e delle sue « sopravvivenze » teoriche
e politiche. A questo fine mi sembra indispensabile rifarsi alla forma filosofica in cui il dogmatismo staliniano si è costituito ed è stato assimilato nell'esperienza storica del movimento comunista internazionale, cioè al « materialismo dialettico »: il programma filosofico e politico in cui la visione unitaria e totalizzante del marxismo del periodo stalinista trova la sua espressione ed i propri titoli teorici piú elevati ed efficaci. Ebbene mi pare che i limiti di speculativismo che Althusser individua nella propria ricerca debbano anche essere fatti risalire proprio ad un suo iniziale insufficiente distacco da questo « materialismo dialettico », una delle « sopravvivenze » piú tenaci e diffuse dello stalinismo. Piú precisame[...]

[...] » le leggi della dialettica erano l'ontologia ed il metodo di tutti i processi (hegelianamente. il metodo era lo schema ontologico della realtà), le quali permettevano di inserire i processi politici in una visione universale ed unitaria di tutti i processi sociali, naturali ed umani: una sorta di fondazione metafisica della politica con le note ed inevitabili conseguenze di dogmatismo e di concezione non partecipata della direzione politica di stato e di partito. È chiaro che in Althusser scompaiono tutti gli elementi ontologici, non però la sostanza degli obiettivi metodologici. Althusser non concepisce la « Teoria » del « `divenire' delle cose in generale » né come riflesso di un divenire oggettivo (suo antistoricismo), né come il risultato di una astrazione da un divenire
LOUIS ALTHUSSER 421
fattuale (suo antiempirismo). Egli cerca piuttosto di fondare questa Teoria su di uno schema della pratica in generale che altro non è se non la generalizzazione dello schema marxiano del processo lavorativo contenuto nel cap. v del i Libro del [...]

[...]tere assoluto del relativo, questo dominio assoluto dell'autonomia relativa della sovrastruttura al fine di salvaguardarne il carattere motore, assente in Marx? Lo si è detto, come una risposta ad una reale difficoltà teorica del marxismo, precisamente alla separazione presente in Marx tra carattere determinante e carattere motore della contraddizione, alla difficoltà (o impossibilità: non è forse non casualmente assente in Marx una teoria dello Stato?) in Marx di passare alla politica attraverso l'economia. È la consapevolezza di questa difficoltà ad essere presente ed operante dietro la distinzione antieconomicista che Althusser introduce, permettendo in questo modo di pensare, e non è poco, questa difficoltà (o impossibilità) di Marx.
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In Leggere « Il Capitale » Althusser riprende il tema della determinazione in ultima istanza rilevando l'assenza in Marx di un concetto preciso che permetta di pensare in maniera rigorosa la « causalità strutturale », cioè la determinazione da parte di una struttura dominante (il modo[...]

[...] e realtà, tra sviluppo logico del pensiero e sviluppo della storia. E ciò, sia per la forma, perché alle categorie ed agli oggetti reali competerebbe ugualmente il « mutamento », sia per il contenuto, perché a determinati concetti corrisponderebbe un determinato stadio dello sviluppo storico: « La storia avrebbe in qualche modo raggiunto questo punto, prodotto questo presente specifico eccezionale in cui le astrazioni scientifiche esistono allo stato di realtà empiriche, dove la scienza, i concetti scientifici esistono nella forma del visibile dell'esperienza come altrettante verità a ciel sereno » (Lc, p. 132).
Il Capitale, insomma, come una « deduzione logicostorica ». Lo storicismo è definito da Althusser una forma di empirismo in quanto individua nelle categorie delle qualità reali in qualche modo in esse « riflesse ». Lo storicismo marxista si ispira ad alcuni passi di Marx, e ad altri di Engels,
I
LOUIS ALTHUSSER 427
soprattutto dove questi interpreta il significato dell'opera scientifica di Marx (L'oggetto del « Capitale », [...]

[...]fronta la questione delle « sorprendenti affinità » tra Marx e Freud. Tali affinità sono soprattutto le seguenti: il carattere conflittuale della teoria (quelle di Marx e di Freud sono verità che dividono: la storia del marxismo e della psicoanalisi è una storia di revisionismi e di scissioni); la fondazione della teoria attraverso una precisa esperienza pratica personale (Marx ed Engels hanno « partecipato » alle lotte del proletariato, Freud è stato « educato » dai propri pazienti isterici); la critica del concetto tradizionale di « soggetto » (entrambi hanno criticato l'idea dell'« unità e dell'identità inseparabile di ogni coscienza » e della sua « funzione » unificante) .
La riflessione di Althusser insiste particolarmente su quest'ultimo aspetto: per il filosofo francese non è infatti la coscienza, bensí l'ideologia a costituire i soggetti. Se Marx, criticando l'economia politica, ne ha criticato anche la filosofia sottostante dell'uomo cosciente dei suoi bisogni come elemento primario di ogni società, la scoperta dell'inconscio cri[...]

[...]del pensiero di Marx e del marxismo. Se il problema dell'ideologia si presenta inizialmente all'interno della riflessione sul « giovane Marx » e strettamente connesso al concetto di « rottura epistemologica », esso è posto da Althusser, fin dagli scritti del Per Marx, sul piano piú generale della ricerca e della necessità di una teoria della natura e della efficacia specifica della sovrastruttura, e si specifica, piú tardi, attorno ai temi dello stato e del partito politico.
Althusser affronta la questione dell'ideologia e della sua presenza sotto molteplici aspetti. Rispetto alla filosofia tradizionale, quando sostiene che la filosofia classica borghese riflette nelle proprie categorie il soggetto giuridicopolitico dell'ideologia borghese, in particolare quando essa definisce i termini del « problema della conoscenza », cioè delle garanzie e delle condizioni per cui un soggetto entra in rapporto ad un oggetto nell'atto conoscitivo. In questa ottica la filosofia classica appare caratterizzata e dalla riflessione sulla scienza moderna (i d[...]

[...]li scienziati » (temi che vedremo subito). Sul piano politico e della lotta di classe, quando parla di « ideologia dominante », di « ideologia piccolo borghese », di « ideologia proletaria ». Infine, ed è ciò su cui soprattutto mi soffermerò, sul piano della società e della storia, quando elabora gli elementi di una teoria in generale dell'ideologia dedicandovi uno dei suoi scritti piú interessanti e fortunati, Ideologia e apparati ideologici di Stato (1969).
Ai punti estremi della riflessione althusseriana su questi temi troviamo gli scritti raccolti nel Per Marx e Il marxismo oggi (1978). Nei primi il marxismo è visto (ad eccezione del saggio Sul giovane Marx, 1961) solamente come il risultato di una « rottura epistemologica » nei confronti dell'ideologia, la filosofia come determinata dalla fondazione della scienza, l'ideologia proletaria (meglio quella che la classe operaia si dà come piú utile alla propria lotta di classe) come una sfera a sé, mero limite negativo e deformazione della realtà di fronte alla verità della scienza, insie[...]

[...]rapporto reale e del loro rapporto immaginario con le loro reali condizioni di esistenza » (ibidem). Gli altri due caratteri dell'ideologia in generale che in questo scritto Althusser rileva sono il carattere « sistematico » degli elementi conoscitivi (rappresentazioni, concetti, miti, ecc.) che la compongono, ed il modo « inconsapevole » in cui la struttura dell'ideologia, in genere, si impone agli uomini.
In Ideologia e apparati ideologici di Stato (1969) per un verso sono ripresi e precisati alcuni risultati raggiunti in Marxismo e umanismo, e per l'altro introdotte nel proprio ragionamento alcune essenziali modifiche ed aggiunte. Dello scritto del 1964 è ripreso, prima di tutto, il concetto chiave di « rapporto »: nell'ideologia non si esprime una visione distorta e immaginaria della realtà, bensí il rapporto necessariamente « immaginario » dell'uomo con questa realtà. L'ideologia è ciò che permette di rappresentare l'investitura della realtà da parte della « volontà » e della « speranza », quindi una realtà in movimento (immaginario)[...]

[...]ne l'attività. Come dire, se nella scienza l'uomo è solo di fronte alla realtà, nell'ideologia egli è sempre in compagnia della propria speranza o della propria nostalgia. A sua volta la scienza dell'ideologia è ciò che permette di pensare questa compagnia, questa associazione, cioè questo rapporto. Una compagnia in cui l'uomo, tra l'altro, può associarsi agli altri uomini: le forme ideologiche di massa.
Ma in Ideologia e apparati ideologici di Stato (TATE) Althusser introduce delle novità rilevanti nel proprio ragionamento al fine di eliminare ogni separazione tra uomo e ideologia, e cíò in due sensi. Primo, l'ideologia non è piú soltanto la rappresentazione immaginaria del rapporto uomo/realtà, e quindi ciò che attiva gli uomini facendo loro immaginare i fini e le conseguenze dei loro atti, ciò che presuppone l'esistenza degli uomini. L'ideologia è esattamente ciò che costituisce questi uomini, i quali esistono solo in quanto soggetti ideologici. Gli uomini (o « individui concreti ») non esistono fuori delle ideologie, essi sono sempre [...]

[...]ome prescritti e codificad dall'ideologia. Solo una concezione ideologica dell'ideologia può separare le idee dagli atti. Se l'ideologia è gli atti, allora si può parlare di « materialità » dell'ideologia. Se in Marxismo e umanismo era l'intrinseca sistematicità a sorreggere l'ideologia, ora questa sistematicità, nella sua materialità, è rappresentata e sorretta dall'unità (ideologica e, secondariamente, repressiva) dell'« apparato ideologico di stato » (scuola, chiesa, famiglia, partito, sindacato, ecc.) la cui funzione è la riproduzione di soggetti adatti alla riproduzione delle condizioni di sopravvivenza e di sviluppo della base economica.
In questo modo Althusser riesce a legare l'analisi dell'ideologia ad una teoria della natura e degli effetti specifici della sovrastruttura. Ma in che modo l'ideologia costituisce questi soggetti? Althusser chiama « interpellare » il meccanismo di costituzione del soggetto da parte dell'ideologia e dell'apparato ideologico di stato: « l'ideologia `agisce' e `funziona' in maniera tale che `recluta' s[...]

[...] riproduzione di soggetti adatti alla riproduzione delle condizioni di sopravvivenza e di sviluppo della base economica.
In questo modo Althusser riesce a legare l'analisi dell'ideologia ad una teoria della natura e degli effetti specifici della sovrastruttura. Ma in che modo l'ideologia costituisce questi soggetti? Althusser chiama « interpellare » il meccanismo di costituzione del soggetto da parte dell'ideologia e dell'apparato ideologico di stato: « l'ideologia `agisce' e `funziona' in maniera tale che `recluta' soggetti tra gli individui (li recluta tutti), o `trasforma' gli individui in soggetti (li trasforma tutti) con questa operazione molto precisa che noi chiamiamo l'interpellare che possiamo rappresentarci nel modo stesso del piú banale interpellare poliziesco (o no) di ogni giorno: `Ehi, lei laggiú!' » (IAIE, p. 111). Althusser esemplifica il proprio ragionamento mediante l'analisi dell'ideologia religiosa del cristianesimo (ciò vale anche per tutte le altre ideologie: l'ideologia è « eterna » e tutte le ideologie possiedono u[...]

[...]re l'articolo su « La Pensée » nel 1969, A propos de l'article de M. Verret sur « Mai etudiant », in cui Althusser definisce il movimento degli studenti una « rivolta ideologica » di segno complessivamente progressivo che fa parte della lotta di classe internazionale contro l'imperialismo. Non è difficile, mi sembra, mettere in relazione questi giudizi politici con quelli contenuti in IAIE circa la « crisi » del principale apparato ideologico di stato della società contemporanea, la scuola:
LOUIS ALTHUSSER 439
nella « rivolta ideologica » degli studenti si manifesta la crisi dei meccanismi di riproduzione dei soggetti nella scuola e, piú in generale, la crisi dell'ideologia della classe dominante nell'intera società. Non si può infine non ricordare che in un recente scritto, Quel che deve cambiare nel partito comunista (1978), Althusser affronta il problema del funzionamento ideologico di un altro apparato ideologico di stato, il partito comunista, il quale costituisce i suoi iscritti in soggetti, i « militanti », sulla base di una ideol[...]

[...]a scuola:
LOUIS ALTHUSSER 439
nella « rivolta ideologica » degli studenti si manifesta la crisi dei meccanismi di riproduzione dei soggetti nella scuola e, piú in generale, la crisi dell'ideologia della classe dominante nell'intera società. Non si può infine non ricordare che in un recente scritto, Quel che deve cambiare nel partito comunista (1978), Althusser affronta il problema del funzionamento ideologico di un altro apparato ideologico di stato, il partito comunista, il quale costituisce i suoi iscritti in soggetti, i « militanti », sulla base di una ideologia che ne
garantisce l'omogeneità e l'unità. GIOVANNI MARI
NOTA BIOBIBLIOGRAFICA
Louis Althusser è nato il 16 ottobre 1918 a Birmandreïs, vicino ad Algeri. Compie gli studi elementari in questa città e quelli secondari (193036) a Marsiglia. Nel 1937, sempre a Marsiglia, fonda la sezione della Jeunesse Etudiante Chrétienne du Lycée du Parc. Due anni piú tardi è promosso al concorso dell'Ecole Normale Supérieure, Lettere. Nel 1940 è fatto prigioniero a Vannes in Bretagna; tradot[...]

[...]rcle de philosophie de l'Union des
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étudiants communistes » (tr. it. parziale col titolo Il socialismo è la transizione, in
« Transizione », n, febbraio 1977). 71. Finalmente qualcosa di vitale si libera
dalla crisi e nella crisi del marxismo (1977), in Potere e opposizione nella società postrivoluzionaria. Una discussione nella sinistra, Il Manifesto, Quaderno n. 8, Al
fani editore, 1978, pp. 222229. 72. La questione dello stato, oggi e nella tran
sizione, intervista rilasciata a Rossana Rossanda, « Il Manifesto », 4 aprile 1978. Poi, col titolo, Il marxismo come teoria « finita », in AA.VV., Discutere lo Stato, Bari, De Donato, 1978, pp. 721 (tr. franc. col titolo La gauche malade des partis, « Dialecti
ques », 1978, n. 23). 73. Des intellectuels communistes signent une lettre col
lective pour réclamer « une véritable discussion politique » dans leur parti, Lettera di L.A., E. Balibar, G. Bois, G. Labica, J.P. Lefebvre, M. Moissonier, « Le Monde »,
6 aprile 1978 (tr. it., « Il Manifesto », 7 aprile 1978). 74. Ce qui ne peut plus
durer dans le parti communiste: I. La strategie: le tournant dissimulé, « Le Monde », 25 aprile 1978; II. L'organisation, une machine à dominer, « Le Monde », 26 aprile[...]

[...] social thougth. A comparison of the theories of C. LéviStrauss and L. Althusser, London and Boston, 1974; MACINTYRE TRISE, Althusser and Marxist theory, London, 1975; PROJEKT KLASSENANALYSE, L. Althusser, Marxistische Kritik am Stalinismus?, West Berlin, 1975; A. CALLINICOS, Althusser's marxism, London, 1976; P. FOUGEYROLLAS, Contre LévyStrauss, Lacan et Althusser. Trois essais sur l'obscurantisme contemporain, Paris, 1976; AA.VV., Discutere lo Stato, Bari, 1978; E. MANDEL, Réponse à L. Althusser et J. Elleinstein, Paris, 1979; COTTEN, La pensée d'Althusser, Paris, 1979; A. SÁNCHEZ VAZQUEZ, Ciencia y revolución, Mexico, 1979.



da Voce enciclopedica di G.Pr [Giovanni Primavera], Siria in Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S)

Brano: [...]ti che, provenienti dai paesi arabi ricchi di petrolio, dovendo attraversarla per raggiungere i porti del Mediterraneo fruttano ai siriani ricche royalties. La Siria svolge anche una notevole attività commerciale, ora soprattutto con i paesi dell'Est europeo. D'altronde la sua stessa posizione geografica, in un quadro di persistente instabilità politica del Medio Oriente, ha indotto ì dirigenti siriani a convogliare gran parte del bilancio dello Stato nelle spese militari, con grave pregiudizio per lo sviluppo economico complessivo del paese.
Cenni storici
Sede di antiche civiltà e bene amministrata dagli occupanti arabi tra il VII e il XV secolo, dal 1516 la Siria venne occupata dai turchi, subendo da allora un processo di decadenza protrattosi fino al dissolvimento dell'Impero Ottomano seguito alla Prima guerra mondiale. Già da alcuni decenni i nazionalisti arabi lottavano per l'indipendenza del paese e il 30.9.1918 i guerriglieri beduini, capeggiati da Faisal (figlio del re dell'Arabia) e dall'agente britannico D.H. Lawrence, a fianco[...]

[...]i i nazionalisti arabi lottavano per l'indipendenza del paese e il 30.9.1918 i guerriglieri beduini, capeggiati da Faisal (figlio del re dell'Arabia) e dall'agente britannico D.H. Lawrence, a fianco delle truppe inglesi comandate dal maresciallo E. Hinman Allenby (futuro alto commissario per l'Egitto e il Sudan), entrarono a Damasco. Nel luglio 1919 il Congresso nazionale siriano, riunito nella Capitale, rivendicò l'indipendenza politica per uno Stato comprendente i territori degli attuali Siria, Libano, Giordania e Israele, da erigersi In unica monarchia costituzionale sotto Faisal, ma tale progetto fu respinto dalle potenze colonialiste che si contendevano il dominio dell'intero settore. In effetti fin dal 1916 (accordo segreto SykesPicot) i governi di Francia e Gran Bretagna avevano deciso di spartirsi tra loro tutta la vasta regione, tradendo le promesse fatte ai nazionalisti arabi per indurli a combattere i turchi: in base al piano segreto già previsto, Iraq, Palestina e Transgiordania passarono così sotto tutela britannica, mentre Si[...]

[...]ti fin dal 1916 (accordo segreto SykesPicot) i governi di Francia e Gran Bretagna avevano deciso di spartirsi tra loro tutta la vasta regione, tradendo le promesse fatte ai nazionalisti arabi per indurli a combattere i turchi: in base al piano segreto già previsto, Iraq, Palestina e Transgiordania passarono così sotto tutela britannica, mentre Siria e Libano furono affidati a un "mandato" francese che praticamente riduceva entrambi i paesi a uno stato di soggezione coloniale.
Nella nuova situazione, il Congresso nazionale siriano proclamò l'indipendenza della SiriaPalestina, ri
conoscendo il diritto del Libano a una certa autonomia, ma tale decisione non venne accettata dalla Francia e, nel luglio dello stesso anno, un corpo di spedizione francese occupò Damasco. Faisal, evidentemente convinto dagli inglesi, si diede alla fuga e nel 1921 divenne, al servizio del governo britannico, re dell'Iraq (v.).
L'occupazione francese
Per meglio controllare la complessa situazione siriana, i francesi divisero amministrativamente il paese in quattr[...]

[...], nel luglio dello stesso anno, un corpo di spedizione francese occupò Damasco. Faisal, evidentemente convinto dagli inglesi, si diede alla fuga e nel 1921 divenne, al servizio del governo britannico, re dell'Iraq (v.).
L'occupazione francese
Per meglio controllare la complessa situazione siriana, i francesi divisero amministrativamente il paese in quattro "stati" (Damasco, Aleppo, la zona Alauita, il Jebel AdDuruz). Inoltre essi formarono lo "stato" del Grande Libano unendo una parte dell'ex provincia (vilayet) ottomana della Siria con la provincia di Beirut e il monte Libano, ma i nazionalisti siriani si opposero a queste decisioni e per tacitarli, nel 1924, i francesi accettarono che Aleppo e Damasco venissero riunite. Fra il 1926 e il 1927 i drusi si ribellarono a loro volta e l'insurre, zione si estese fino a raggiungere Damasco, che venne bombardata dai francesi.
Nel 1928, con l'autorizzazione della potenza mandataria, fu infine eletta un'assemblea costituente. I nazionalisti, che in essa avevano ottenuto una larga maggioranza, va[...]

[...] videro l'affermazione delle forze moderate, pesantemente sostenute dai francesi, ma l'anno seguente, in risposta alle fortissime proteste dei nazionalisti, contrari all'elezione di un presidente della repubblica collaborazionista, i francesi sospesero addirittura la costituzione.
Nel 1936, dopo un altro periodo di rivolte (peraltro endemiche) venne concluso tra i siriani e le autorità di occupazione un trattato che prevedeva l'inclusione dello Stato alauita e di quello druso nella repubblica siriana, ma tale trattato non fu mai ratificato dal Parlamento francese. Ulteriori proteste dei nazionalisti si ebbero nel 1939, in seguito alla cessione della zona di Alessandretta alla Turchia.
Dopo l'inizio della Seconda guerra mondiale truppe britanniche e della Francia Libera occuparono di comune accordo Siria e Libano. Per assicurarsi l'appoggio dei nazionalisti allo sforzo bellico, nel settembre 1941 il generale francese Catroux proclamò l'indipendenza formale della Siria, comprendente tutti i quattro Stati (Aleppo, Damasco, zone alauita e dr[...]

[...] Oltre alla eterogeneità etnica e religiosa (tra musulmani sunniti, alauiti, drusi e varie confessioni cristiane), in Siria erano infatti presenti gravi sperequazioni sociali ed economiche fra abitanti dei centri urbani da una parte, contadini e nomadi dall'altra, tali da rendere esplosiva la situazione. Notabili e latifondisti (per la massima parte sunniti), che avevano guidato la lotta per l'indipendenza, si dimostrarono incapaci di gestire lo Stato unitario uscito dal mandato. All'interno della classe media e tra le minoranze (drusi e alauiti) andò quindi affermandosi un'opposizione al governo che, influenzato dalle forze moderate del panarabismo e più proiettato verso l'esterno che sensibile alle problematiche interne, rifiutava ogni concessione sul piano sociale. D'altra parte la repubblica siriana aveva strutture più democratiche rispetto alle monarchie arabe confinanti, non aveva quella pressante necessità di mantenere un equilibrio di rapporti interni fra cristiani e musulmani (come era il caso del Libano) e godeva della presenza d[...]

[...]di un ceto intellettuale che, fin dal secolo scorso, aveva dato un contributo fondamentale alla formazione dell'ideologia del nazionalismo arabo.
Al Blocco nazionale che reggeva il governo (diviso in un partito filosaudita e in uno filoirakeno) si contrapponevano i socialisti e il Ba'th (un piccolo movimento fondato nel 1943 da Michel Aflaq) che raccoglievano adesioni fra studenti, gruppi di ufficiali dell'esercito e fra le minoranze.
Colpi di stato
Nel dicembre 1948, quando scoppiarono sommosse contro il governo, il presidente della repubblica Shukri Al Quwatli, con l'appoggio dell'esercito, ricorse alla forza. Si ebbe così il primo di una lunga serie di colpi di stato (29.3.1949), guidato dal colonnello Hosni EzZa'Im che però rimase al potere per soli 134 giorni: egli fece appena in tempo a convocare una nuova assemblea costituente, che nell'agosto il suo posto fu preso dal colonnello Sarni Hinnawi, il quale affidò ad Akram Awrani il compito di stendere un primo progetto di riforma agraria e nominò Aflaq ministro dell'Educazione. Le scoperte tendenze filoirakene di Hinnawi provocarono tuttavia in dicembre un terzo colpo di stato, messo in atto dai colonnelli Fawzi Salu e Adib Shishakli; quest'ultimo, nel novembre 1951, con un quarto colpo di stato assunse [...]

[...]uidato dal colonnello Hosni EzZa'Im che però rimase al potere per soli 134 giorni: egli fece appena in tempo a convocare una nuova assemblea costituente, che nell'agosto il suo posto fu preso dal colonnello Sarni Hinnawi, il quale affidò ad Akram Awrani il compito di stendere un primo progetto di riforma agraria e nominò Aflaq ministro dell'Educazione. Le scoperte tendenze filoirakene di Hinnawi provocarono tuttavia in dicembre un terzo colpo di stato, messo in atto dai colonnelli Fawzi Salu e Adib Shishakli; quest'ultimo, nel novembre 1951, con un quarto colpo di stato assunse infine tutti i poteri. Nessuno dei colonnelli succedutisi al governo del paese in tre anni aveva però seguito una politica di rinnovamento, limitandosi essi sostanzialmente a mantenere lo status quo, in qualche modo appoggiati dai funzionari del precedente governo civile.
II 10.7.1953 Shishakli, consolidatosi al potere, fece approvare una costituzione che reintroduceva la repubblica presidenziale, e dopo aver indetto per l'ottobre dello stesso anno nuove elezioni, autorizzò in settembre la ricostituzione dei disciolti partiti politici. Le opposizioni boicottarono la farsa elettorale [...]

[...]e dello stesso anno nuove elezioni, autorizzò in settembre la ricostituzione dei disciolti partiti politici. Le opposizioni boicottarono la farsa elettorale e le elezioni furono vinte dal Movimento di liberazione arabo, il partito che Shishakli stesso aveva appositamente fondato nel 1952. Alle proteste dell'opposizione il dittatore rispose arrestandone i leader (novembre 1953), ma pochi mesi dopo egli stesso venne destituito da un nuovo colpo di stato capeggiato dal colonnello Feisal Al Atassi (febbraio 1954).
Intanto, dal 1949 al 1954, era cresciuta l'influenza del Ba'th e del Partito comunista siriano che, fondato nel 1924 e guidato (dal 1935) dal curdo Khaled Begdash, si era battuto fin dal 1944 per una politica di liberazione nazionale e per una rivoluzione nazionaldemocratica, da realizzarsi sulla base di un ampio schieramento politico.
L'intrusione americana
Quegli stessi anni Cinquanta videro la massiccia entrata in scena de
gli U.S.A. nel Medio Oriente. II programma enunciato nel 1949 dal presidente degli Stati Uniti Harry Trum[...]

[...]935) dal curdo Khaled Begdash, si era battuto fin dal 1944 per una politica di liberazione nazionale e per una rivoluzione nazionaldemocratica, da realizzarsi sulla base di un ampio schieramento politico.
L'intrusione americana
Quegli stessi anni Cinquanta videro la massiccia entrata in scena de
gli U.S.A. nel Medio Oriente. II programma enunciato nel 1949 dal presidente degli Stati Uniti Harry Truman, da una parte con il riconoscimento dello Stato di Israele e dall'altra con gli "aiuti economici" erogati ai governi arabi aveva definito le linee di penetrazione americana nella regione, con il risultato di favorire un progressivo avvicinamento delle opposizioni siriane all'U.R. S.S.. II ruolo e il peso della sinistra furono confermati nelle elezioni del settembre 1954, quando il leader comunista Begdash e 22 deputati del Ba'th vennero eletti al Parlamento. 1 ripetuti tentativi statunitensi di portare la Siria nella sfera di influenza atlantica furono frustrati dal sempre più accentuato sbilanciamento americano a favore dello Stato sionis[...]

[...]e, con il risultato di favorire un progressivo avvicinamento delle opposizioni siriane all'U.R. S.S.. II ruolo e il peso della sinistra furono confermati nelle elezioni del settembre 1954, quando il leader comunista Begdash e 22 deputati del Ba'th vennero eletti al Parlamento. 1 ripetuti tentativi statunitensi di portare la Siria nella sfera di influenza atlantica furono frustrati dal sempre più accentuato sbilanciamento americano a favore dello Stato sionista. La situazione si aggravò con il cosiddetto patto di Baghdad (24.2.1955) tra Turchia e Iraq, un patto che altro non era se non un'estensione della N.A.T.O. nel vicino Medio Oriente, il che per la Siria equivaleva a un vero e proprio accerchiamento militare.
Nel 1955 Shukri Al Quwatli, rielet, to presidente, firmò allora un trattato di alleanza militare con l'Egitto, dove Nasser stava consolidando il proprio potere proponendosi come leader del movimento di unità panarabo. Grazie alla mediazione egiziana la Siria poté quindi ottenere una prima fornitura di armi dai paesi dell'Est euro[...]

[...]i egiziani e il Ba'th si rese conto che stava per perdere un qualsivoglia ruolo dirigente. La situazione interna peggiorò anche in seguito al clima di repressione instaurato dal colonnello Sarraj (ministro siriano "regionale" agli Interni, nel quadro della R.A.U.), dimostratosi ben presto più legato ai leader egiziani che non al proprio paese.
Un ulteriore elemento di tensione giunse dall'Iraq, dove nel luglio 1958 il generale Kassem aveva spodestato la monarchia e dove il Partito comunista stava conquistando, con il favore delle masse, un notevole peso politico, tutto ciò grazie all'appoggio sovietico. Questo rivolgimento iracheno offriva ai siriani un'alternativa concreta, per cui i rapporti degli egiziani con il Ba'th e con la borghesia siriana si deteriorarono rapidamente. A ciò si aggiunse una pesante situazione economica, inasprita dalla concorrenza dei capitali e delle industrie egiziane nonché dal fallimento della riforma agraria.
11 28.9.1961 la situazione sfociò in un nuovo colpo di stato militare che staccò la Siria dall'Egitt[...]

[...] politico, tutto ciò grazie all'appoggio sovietico. Questo rivolgimento iracheno offriva ai siriani un'alternativa concreta, per cui i rapporti degli egiziani con il Ba'th e con la borghesia siriana si deteriorarono rapidamente. A ciò si aggiunse una pesante situazione economica, inasprita dalla concorrenza dei capitali e delle industrie egiziane nonché dal fallimento della riforma agraria.
11 28.9.1961 la situazione sfociò in un nuovo colpo di stato militare che staccò la Siria dall'Egitto. 11 15 novembre dello stesso anno fu promulgata una costituzione provvisoria e l'1 dicembre vennero indette nuove elezioni: il Ba'th ottenne soltanto 24 seggi su 165 e Nazim Al Qudsi fu eletto presidente. La guida del paese fu assunta da un governo di restaurazione che abolì la nazionalizzazioni imposte dalla R.A.U., corresse drasticamente la riforma agraria e ricercò l'alleanza irakena. Ma, di fronte a questa involuzione, i giovani ufficiali del Ba'th costituirono un'organizzazione clandestina e, 1'8.3.1963, fecero il loro colpo di stato, costituendos[...]

[...]re vennero indette nuove elezioni: il Ba'th ottenne soltanto 24 seggi su 165 e Nazim Al Qudsi fu eletto presidente. La guida del paese fu assunta da un governo di restaurazione che abolì la nazionalizzazioni imposte dalla R.A.U., corresse drasticamente la riforma agraria e ricercò l'alleanza irakena. Ma, di fronte a questa involuzione, i giovani ufficiali del Ba'th costituirono un'organizzazione clandestina e, 1'8.3.1963, fecero il loro colpo di stato, costituendosi in Consiglio nazionale del comando della rivoluzione (C.N.C.R.).
La politica del Ba'th
Il Ba'th (che significa letteralmente "Rinascita") aveva una ideologia radicalborghese e laica elaborata da Michel Aflaq, secondo il quale il nazionalismo e non la fede religiosa doveva costituire la principale forza di unificazione del mondo arabo. Grazie al suo laicismo il Ba'th era quindi in grado di superare le profonde divisioni sussistenti in Siria tra le varie minoranze religiose che non potevano unirsi sotto la bandiera dell'Islam sunnita. Sorto come si è detto nel 1943, dopo un dec[...]

[...]a decisiva nel 1953, grazie alla sua fusione con il Partito socialista arabo guidato da Akram Awrani. Era sorto così il Partito socialista della rinascita araba (di cui il Ba'th costituiva l'ala più radicale), la cui influenza si era estesa rapidamente fra gli intellettuali e i ceti medi progressisti. L'adesione alla R.A.U.
e l'infelice esito di tale esperienza avevano provocato all'interno del nuovo partito gravi tensioni, esplose nel colpo di stato dell'8.3.1963, sostenuto appunto dalla sua ala radicale.
In seguito al colpo di stato del marzo 1963 si formò un governo guidato dal colonnello (ora generale) Feisal Al Atassi e risultò costituito da una coalizione di "ba'thisti", di militari e di nazionalisti filonasseriani. Quando questi ultimi, il 18.7. 1963, tentarono con un nuovo colpo di stato di impadronirsi completamente del potere, furono sconfitti
e il loro fallimento rinforzò il Ba'th, che portò alla presidenza del C.N. C.R. Amin Al Hafiz. Nell'aprile 1964 fu promulgata una nuova costituzione (provvisoria) che assegnava il potere legislativo al C.N.C.R. e vennero al tempo stesso avviate misure di nazionalizzazione e di ri, forma agraria di tipo socialista. Queste misure provocarono in diverse parti del paese (soprattutto fra gli artigiani e i commercianti della città, per lo più sunniti) disordini antigovernativi capeggiati dai filonasseriani e dalla setta islamica dei Fratel[...]

[...]ttraversavano anche il Ba'th, nel quale era sorta una nuova generazione di militanti che, convinti del, la necessità di collegare la lotta nazionale a una prospettiva di azione contro l'imperialismo occidentale, non condividevano il puro
e semplice nazionalismo di Aflaq e degli altri capi storici del partito. Nell'ottobre 1963, al VI Congresso del Ba'th, quest'ala di sinistra ebbe la maggioranza e il 23.2.1966, in seguito a un ennesimo colpo di stato militare, Aflaq e Bitar vennero espulsi dal partito e costretti all'esilio. Alla testa del nuovo governo fu posto Yusuf Zuwayyin, ma l'azione era stata ispirata dal generale Salah Jedid.
Riprese quindi il cammino verso una ristrutturazione economica di tipo socialista all'interno, mentre in politica estera si aveva un'avvicinamento all'U.R.S.S. e un miglioramento dei rapporti con Nasser (a sua volta orientatosi, nel frattempo, verso il "socialismo scientifico"). La partecipazione siriana a fianco dell'Egitto, cioè all'attacco militare egiziano contro Israele nella cosiddetta "guerra dei sei [...]

[...]eterminarono una nuova crisi: del dissidio tra comunisti e Ba'th poterono profittare i militari, dimostrandosi ancora una volta la forza dominante del regime ba'thista. All'interno della sinistra del Ba'th acquistò grande potere il generale Hafez El Assad, un alauita che era ministro della Difesa e leader di un nucleo nazionalista più spregiudicato in campo economico e sociale.
L'ascesa di Assad
Nel 1969 Assad riuscì a compiere il suo colpo di stato prendendo di fatto il potere che consolidò l'anno successivo, manovrando abilmente in campo economico con l'Unione Sovietica e i passi dell'Europa orientale, e sostenendo al tempo stesso la resistenza palestinese, fino a intervenire militarmente in Giordania in appoggio ai palestinesi nei giorni del "Settembre nero". Salito al vertice dello stato nel no
vembre del 1970, attraverso una gestione molto personale del potere e per mezzo di un liberismo realista Assad riuscì a guadagnarsi l'adesione di buona parte della borghesia mercadora che si era rapidamente sostituita all'aristocrazia fondiaria, formando un nuovo strato sociale urbano strettamente le gato allo Stato e ai militari. Bloccate le nazionalizzazioni e acquistato un certo seguito anche fra i sunniti (nonostante che il Ba'th si identifichi, in Siria, con il partito degli alauiti, cioè di una minoranza numericamente insignificante), e fronteggiando l'opposizione interna dei Fratelli musulmani con i Servizi di sicurezza, il regime di Assad si è posto il compito di realizzare gli obiettivi strategici dei governi che l'hanno preceduto: stabilire la supremazia siriana nella "mezzaluna fertile" attraverso il controllo del Libano, della Giordania e della Palestina (ossia dell'O.L.P.) , cercando di tener fuori da questa zona, attraverso vari sistemi di alleanz[...]



da Voce Enciclopedica redazionale, Turchia in Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol VI (T-Z e appendice)

Brano: [...]a poche decine di migliaia per gli eccidi compiuti dai turchi contro questa nazionalità (v. Genocidio). Vi sono inoltre circa 370.000 arabi, residenti nella provincia già siriana di Hatay, acquisita dalla Turchia nel 1939 in seguito ad accordi con la Francia, all'epoca potenza mandataria sulla Siria. Oltre il 99% della popolazione è di religione islamica, compresi un 10% circa di sciiti, concentrati nella Turchia sudorientale. Quest'area ha acquistato una particolare importanza dopo la rivoluzione iraniana del 1979, per cui lo Stato turco, aiutato dagli U.S.A., ha qui dato impulso alla costruzione di infrastrutture militari.
La Turchia è membro della N.A.T.O. dal 18.2.1952 ed è anche membro associato della Comunità economica europea. Le sue istituzioni, formalmente democratiche, sono di fatto dominate da una fortissima casta militare, legata alla N.A.T.O. e in particolar modo agli U.S.A. che vedono in questo paese il più agguerrito bastione contro l'espansionismo sovietico e per il controllo dei bacini petroliferi del Medio Oriente.

Dall'Impero ottomano ai Giovani Turchi
Centro del grande impero che, a partire dal secol[...]

[...]. Le sue istituzioni, formalmente democratiche, sono di fatto dominate da una fortissima casta militare, legata alla N.A.T.O. e in particolar modo agli U.S.A. che vedono in questo paese il più agguerrito bastione contro l'espansionismo sovietico e per il controllo dei bacini petroliferi del Medio Oriente.

Dall'Impero ottomano ai Giovani Turchi
Centro del grande impero che, a partire dal secolo XIII, in circa 200 anni era divenuto il più potente Stato islamico, esteso dall'Ungheria alla Crimea e dal Marocco al Golfo Persico, comprendendo da una parte i paesi balcanici, dall'altra il Nordafrica e il Medio Oriente, verso la metà del secolo XIX la Turchia era già stata alquanto ridimensionata dai ripetuti attacchi dell'Austria e della Russia. All'indomani delle rivoluzioni europee del 1848 ebbe origine, all'interno del paese, il movimento detto dei Giovani Turchi che, ispirandosi al liberalismo borghese mutuato dai circoli rivoluzionari dei paesi balcanici, per fermare il disfacimento dell'impero si fece promotore di una modernizzazione in se[...]

[...]facimento dell'impero si fece promotore di una modernizzazione in senso occidentale, laico e capitalistico. Nel 1908 i Giovani Turchi, affermatisi come partito degli ufficiali dell'esercito, imposero al sultano Abdul Hamid un assetto formalmente costituzionale. Ma il potere era rimasto nelle mani delle caste feudali e religiose che tentarono un colpo controrivoluzionario; a questo punto una grossa unità militare legata ai Giovani Turchi (capo di stato maggiore ne era il giovane colonnello Mustafa Kemal) occupò Costantinopoli, depose il sultano Hamid e lo sostituì con il fratello Mehmed V ritenuto più fidato. Mehmed V serviva solo da facciata e il potere era completamente nelle mani dei militari.
Alcune potenze europee cercarono di approfittare della temporanea instabilità politica turca per impadronirsi dell'Impero ottomano: nell'ottobre 1908 l'imperatore austroungarico Francesco Giuseppe si annetté la Bosnia e l'Erzegovina, la Bulgaria si proclamò indipendente e l'isola di Creta decise di unirsi alla Grecia, senza che la Turchia potesse i[...]

[...]leò alla Serbia, poi alla Grecia e al Montenegro) per dichiarare guerra alla Turchia (18.10.1912). Sconfitti militarmente in Macedonia e in Tracia, i turchi poterono conservare in territorio europeo soltanto una piccola parte della Tracia Orientale (Trattato di Londra del 30.5.1913). Questa serie di tracolli innescò nuovi mutamenti politici interni: il governo che si trovava al potere dal luglio 1912 fu rovesciato nel gennaio 1913 da un colpo di stato capeggiato dal giovane ufficiale Enver Bey (18791922), esponente dell'ala più autoritaria dei Giovani Turchi. I contrasti sorti fra gli Stati balcanici vincitori per spartirsi i territori strappati all'Impero ottomano sfociarono in una seconda guerra balcanica (giugno 1913); questa offrì ai turchi l'occasione di rioccupare Adrianopoli e parte della Tracia, ma l'Impero ottomano era ormai scomparso per sempre. A Costantinopoli il potere venne assunto da un triumvirato composto dal ministro della Guerra Enver Bey, dal ministro degli Interni Talat Pascià e dal governatore militare della capitale [...]

[...] ottenere l'annullamento del Trattato di Sèvres firmato dal sultano il 10.8. 1920 e a rinegoziare la pace attraverso il Trattato di Losanna (24.7. 1923) che restaurava la sovranità turca sull'intera Anatolia, sulla Tracia orientale e sugli Stretti.
Oltre a ottenere questi successi militari e diplomatici, Kemal avviò un programma di riforme politiche, sociali ed economiche. Fondato il Partito repubblicano del popolo e divenutone il leader incontrastato, puntò sulla laicizzazione della Turchia per trasformarla in un paese moderno: nel 1922 abolì il sultanato; il 29.10. 1923 proclamò la repubblica e ne assunse la presidenza, ponendo a capo del governo il suo fido collaboratore Ismet Pascià; nel 1924 fece approvare dalla Assemblea nazionale una nuova Costituzione che, fra l'altro, aboliva l'istituzione del califfato (cioè dei "successori" di Maometto, carica e dignità religiose riconosciute ai sultani fin dal 1517). Negli anni successivi furono adottati in Turchia il calendario gregoriano (1925), nuovi codici civili e penali basati su modelli [...]

[...] Assemblea nazionale una nuova Costituzione che, fra l'altro, aboliva l'istituzione del califfato (cioè dei "successori" di Maometto, carica e dignità religiose riconosciute ai sultani fin dal 1517). Negli anni successivi furono adottati in Turchia il calendario gregoriano (1925), nuovi codici civili e penali basati su modelli europei (1926), l'alfabeto latino al posto dei caratteri arabi (1928). Nel 1928 l'islamismo cessò di essere religione di stato e nel 1934 fu anche concesso il voto alle donne. Nel 1937 fu inserita nella Costituzione turca una legislazione per la pianificazione economica che dava ampio spazio alle nazionalizzazioni e alla proprietà statale, con un particolare potere di intervento diretto delle forze armate nella vita del paese. Tutte queste riforme cambiarono il volto della Turchia, eliminando il potere islamico, ma sotto altri aspetti la rottura con il passato era più apparente che reale: il nuovo Stato continuava a servirsi degli apparati burocratici e militari ereditati dall'impero ottomano; inoltre sotto l'egida d[...]

[...] il voto alle donne. Nel 1937 fu inserita nella Costituzione turca una legislazione per la pianificazione economica che dava ampio spazio alle nazionalizzazioni e alla proprietà statale, con un particolare potere di intervento diretto delle forze armate nella vita del paese. Tutte queste riforme cambiarono il volto della Turchia, eliminando il potere islamico, ma sotto altri aspetti la rottura con il passato era più apparente che reale: il nuovo Stato continuava a servirsi degli apparati burocratici e militari ereditati dall'impero ottomano; inoltre sotto l'egida del kemalismo, al sultanato si era sostituita un'autocrazia militare, al sultano era subentrato Kemal, il ruolo della potente chiesa islamica era stato assunto dal partito kemalista, diventato "partito unico", pur con la facoltà riservata a pochi "indipendenti" di presentarsi alle elezioni. Era insomma un regime totalitario.
Presidente della repubblica dal 1923 al 1938 (regolarmente riconfermato da maggioranze schiaccianti nelle "elezioni" del 1927 e del 1931), nominato "maresciallo" dall'Assemblea nazionale e ghazi ("Che ha combattuto nella guerra santa contro gli infedeli") dalla chiesa islamica, Mustafa Kemal, che nel 1929 assunse il nome di Ataturk ("padre della Turchia" o "grande turco") esercitò la propria dittatura giustificandola con[...]

[...]ata nel 1928 in senso laicista e nel 1937 in senso totalitario kemalista). Ferma restando la rigorosa messa al bando del Partito comunista (mai accettato in Turchia) , fu consentita la nascita di qualche formazione politica, ponendo fine al sistema di "partito unico" kemalista: nacque così, alla fine del 1945, la prima forza di opposizione costituzionale, rappresentata dal Partito democratico diretto da Celal Bayar e Adman Menderes. Il primo era stato già nel 19371939 presidente del Consiglio con Ataturk e poi con lo stesso Inonu; il secondo era assai più giovane, ma entrambi godevano di larga popolarità. Nelle elezioni del 1946 infatti il Partito democratico ottenne 1/6 dei deputati, dando avvio all'interno del regime a una certa dialettica che favorì ulteriori riforme. Nel 1947 venne fondato anche il Partito del Millet, antikemalista islamico e conservatore che ottenne la reintroduzione dell'istruzione religiosa. Nel 1948 venne abrogata la legge marziale e nel maggio 1950 furono indette nuove elezioni che videro il trionfo del Partito de[...]

[...]zione al governo. Bayar e Menderes risposero instaurando un regime sempre più autoritario e arrestando i kemalisti. Le elezioni del 1957 ridiedero ai democratici la vittoria, ma la situazione economica interna era andata intanto cosí gravemente deteriorandosi per le forti spese imposte dai militari e per lo scarso aiuto internazionale dato al governo BayarMenderes, che la destra militare poté facilmente riprendere il sopravvento: con un colpo di stato, il 27.5.1960 i militari arrestarono Bayar e Menderes, insediarono al potere un Comitato nazionale composto da 38 ufficiali sotto la presidenza del generale Cemal Gursel e questi, nel 1961, assunse anche la presidenza della repubblica.
Nel processo celebrato il 15.9.1961 Bayar e Menderes, insieme a una quindicina di altri ministri loro collaboratori, furono condannati a morte (Menderes fu impiccato, Bayar se la cavò con l'ergastolo).

La dittatura militare
Sciolti i partiti e nominata dall'alto una Assemblea costituente, i militari capeggiati da Gursel vararono una nuova Costituzione (9.7.196[...]

[...]ese era sempre legato dal 1952.
In effetti, nella metà degli anni Sessanta, esplosero in Turchia tutte le tragiche conseguenze di una politica ventennale del tutto estranea agli interessi e alle esigenze vitali della popolazione: divenuta essenzialmente una base che doveva proteggere in funzione antisovietica il fronte Sud dell'Alleanza Atlantica, con un esercito di oltre 600.000 uomini enormemente al di sopra delle possibilità finanziarie dello Stato, quindi con una casta militare potentissima ma nello stesso tempo dipendente in modo assoluto, tramite la N.A.T.O., dall'imperialismo nordamericano, la Turchia subiva tutte le conseguenze di quella impossibile situazione per un paese delle sue dimensioni: uno sviluppo industriale accelerato ma unilaterale perché rivolto esclusivamente al potenziamento di infrastrutture di interesse militare (industria pesante peraltro mal gestita, armamenti, vie di comunicazione predisposte solo secondo programmazioni belliche ecc.), naturalmente a scapito dei servizi di interesse pubblico e dell'agricoltura;[...]

[...]elle importantissime di cromo), i pozzi petroliferi, gli impianti idroelettrici ecc., così come negli altri paesi capitalistici queste risorse appartengono alle rispettive holding private. Per tale motivo gli ufficiali turchi (diversamente da quanto accade con frequenza in certe dittature militari del Sudamerica) potevano presentarsi come una forza operante "al di sopra" e "al di fuori" del quadro politico chiamato formalmente ad amministrare lo Stato. Seguendo l'esempio dei potentati economici dei paesi capitalistici più avanzati, i militari turchi usavano le istituzioni e i governi come "comitati d'affari" necessari per l'amministrazione pubblica e per il funzionamento dell'economia nazionale, avendo però come obiettivo primario non certo il soddisfacimento delle esigenze della popolazione, bensì quello delle strutture militari ed economiche cui erano più direttamente interessati. Da qui le pesanti storture dello sviluppo in senso economico generale della Turchia e, nello stesso tempo, la saldezza del regime militare, s'intende a spese d[...]

[...]una vera e propria guerra civile, i morti erano saliti a 2.500. A questo punto i militari ritennero giunto il momento di riprendere (secondo il diritto loro conferito dalla Costituzione) il controllo della situazione. Dapprima imposero il coprifuoco; poi, all'indomani di una giornata particolarmente cruenta, nella quale erano state uccise per la strada 35 persone, il Comitato nazionale di sicurezza rappresentata dal generale Kenan Evren (capo di stato maggiore generale) dichiarò lo stato d'assedio e arrestò tutti i maggiori esponenti politici e sindacali, a cominciare dagli esponenti del governo, " per misure precauzionali a loro beneficio ". Ristabilito l'"ordine", Evren dichiarò che i militari avrebbero governato transitoriamente fino a quando i civili non avessero dato prova di saperlo fare da soli, quindi designò l'ex capo della Marina, l'ammiraglio a riposo Bulent Ulusu, a capo di un governo composto da altri ufficiali e da alcuni tecnici civili (tra questi, come vicepresidente del consiglio, Turgut Ozal che godeva fama di buon manager). Nello stesso tempo furono abolite[...]

[...]ntro i 71 seggi del Partito di democrazia nazionale sponsorizzato dai militari. Si trattava di una nuova evidente mascheratura, anche se indicava l'esistenza di una opposizione della maggioranza del paese ai militari. Comunque questi accettarono la formazione di un governo di apparente coalizione, nel quale Turgut Ozal veniva incaricato di dirigere gli affari economici, mentre il Consiglio presidenziale diretto da Evren e comprendente il capo di stato maggiore generale, nonché i comandanti delle forze armate di terra, mare e aria, si riservava in prima persona i ministeri di politica estera, difesa, sicurezza interna e istruzione pubblica. Continuava di fatto, sotto vesti "democratiche", la dittatura militare.

La questione di Cipro
Fin dal 1954, nonostante l'accordo esistente con la Grecia, i militari turchi avevano rivendicato la spartizione di Cipro (v.) con il pretesto di voler tutelare la minoranza turca dell'isola. La questione era stata formalmente risolta nel 1960, con il riconoscimento dell'indipendenza di Cipro, ma erano rimaste [...]

[...]nte l'accordo esistente con la Grecia, i militari turchi avevano rivendicato la spartizione di Cipro (v.) con il pretesto di voler tutelare la minoranza turca dell'isola. La questione era stata formalmente risolta nel 1960, con il riconoscimento dell'indipendenza di Cipro, ma erano rimaste forti tensioni, sfociate nel 1974 con l'occupazione militare turca (20.000 soldati) della parte settentrionale dell'isola e la proclamazione unilaterale dello Stato Federale Turco di Cipro. Non riconosciuta dall'O.N.U. e duramente osteggiata dalla Grecia, che da parte sua rivendica la piena indipendenza dell'isola con una gestione comune dello Stato assicurata da entrambi i ceppi etnici (grecocipriota e turcocipriota), la soluzione di forza imposta dai turchi rimane come uno dei problemi più inquietanti nel Mediterraneo. Va notato infine che tanto la Grecia che la Turchia sono membri della N.A.T.O., una collocazione che, lungi dal rendere conciliabili i loro problemi, li perpetua.



da (Nove domande sullo stalinismo) Valdo Magnani in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: [...] dalla riabilitazione di coloro che erano stati condannati nel passato per aver avuto opinioni politiche diverse da quelle . del gruppo dirigente capeggiato da Stalin. L'abolizione dei procedimenti giudiziari di carattere eccezionale — senza le guarentigie fondamentali di un processo regolare — ne consegue logicamente. Ma ciò non tocca ancora il fondo delle questioni connesse col metodo staliniano che si intende colpire. Il Partito comunista, lo Stato sovietico sono fondati su dichiarazioni di democrazia sostanziale che intendono rendere concreti i principi dell'89. I singoli membri del popolo eguali — in regime borghese — secondo note espressioni di Marx, nel cielo del loro mondo politico (democrazia formale) e ineguali nell'esistenza terrestre della società divisa in classi, sono, nella società sovietica, proclamati eguali in senso pieno, nei diritti formali e nella concreta possibilità di pesare sulla gestione della società intesa nel senso piú ampio. Espropriata la classe capitalistica era impossibile, nel mondo sovietico, condannare d[...]

[...]o delle sollecitazioni democratiche f ermentanti in basso in tutti i settori, dall'agricoltura colcosiana alla tecnica e alla scienza, dalla letteratura alla vita di partito e di fabbrica. La parola d'ordine del ritorno alla legalità e all'antidogmatismo leninista permette di immettere questa ventata di aria nuova nel mondo sovietico senza violente ed impossibili soluzioni di con tinuità.
II. La prima questione che si pone é la seguente: come é stato possibile che la dottrina e le istituzioni rivoluzionarie si risolvessera in un regime fondato sul « culto della personalità » o, fuori dal linguaggio convenzionale, in un regime dittatoriale che aveva necessità di una serie di atti illegali, in senso formale rispetto alle leggi esistenti e in senso sostanziale rispetto ai principi, anche se la forma corrispondeva alla legge scritta ? La risposta a questa domanda, nel campo socialista, é fondata su una estensione temporale del momenta di eccezionalità della rivoluzione nelle condizioni particolari della Russia del 1917 e dopo, sia in consider[...]

[...]ggi esistenti e in senso sostanziale rispetto ai principi, anche se la forma corrispondeva alla legge scritta ? La risposta a questa domanda, nel campo socialista, é fondata su una estensione temporale del momenta di eccezionalità della rivoluzione nelle condizioni particolari della Russia del 1917 e dopo, sia in considerazione della situazione interna del paese, sia in considerazione dell'atteggiamento di tutto il resto del mondo verso il primo Stato in cui i capitalisti sono stati espropriati. La necessità di intraprendere la costruzione del socialismo in un solo paese e precisamente in un paese di violentissimi contrasti di classe e quindi esplosivo (ciò che ha permesso la vittoria dei bolscevici nella rivoluzione e nella successiva guerra civile), ma grandemente arretrato nei confronti dell'occidente europeo stabilizza per un lungo periodo la fase delle via lenze e delle illegalità tollerate per aprire la strada ad una sostanziale democrazia. L'affermazione di Nenni che ora sta per chiudersi il periodo del « comunismo di guerra » corri[...]

[...]continua mente nel periodo stalinista tra gli stessi comunisti. Sono note le opposizioni alle purghe e ai processi non solo in quanto sopprimevano o riducevano all'impotenza sostenitori di tendenze diverse ma in quanto pretendevano di imporre la falsa accusa di tradimento, di spionaggio ecc. Tuttavia — ecco la tragedia dell'antistalinismo nel mondo sovietico e in quello comunista sinceramente convinto della necessità preliminare di difendere lo. Statoguida — era possibile tradurre in una politica, cioè in una azione efficiente a favore del socialismo la rivolta moralmente giusta ? Per avere chiari i termini dell'angosciosa alternativa si può pensare all'opposizione morale, nella sfera capitalistica, alla disumana ferocia delle forme di sfruttamento delle donne dei bambini degli operai nei decenni dell'industrialismo nascente. La maggior parte di coloro che erano sensibili al richiamo morale si limitavano a cercare di essere più buoni nell'ambito del sistema, i pochi che tentavano un'opposizione politica erano per lo più giudicati traditori[...]

[...] trasformazioni socialiste si pone immediatamente. I rapporti tra i partiti comunisti fuori dell'URSS e gli altri settori del movimento operaio e democratico — già vivificati dalla politica unitaria dei fronti popolari contro il fascismo — si pongono, dove i partiti comunisti sono diventati grandi organismi di massa, sotto il profilo della realizzazione di una politica nazionalepopolare cui l'egemo
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nia ideologicopolitica dello Statoguida é sempre più estranea. Per l'URSS più ancora, a mio parere, dell'aumentata produzione e dell'aumentato tenore di vita — che ovviamente hanno la loro importanza — é divenuta decisiva la nuova condizione politica rappresentata dall'avanzata del movimento socialista e popolare nel inondo, dai paesi socialisiti ai territori coloniali già indipendenti o in via di diventarlo, ai movimenti socialisti o progressisti dei paesi più evoluti. La sicurezza, per l'URSS, si profila possibile non più appellandosi allo Statoguida con tutto il suo armamentario (divisione del mondo in due blocchi contrappo[...]

[...], dell'aumentata produzione e dell'aumentato tenore di vita — che ovviamente hanno la loro importanza — é divenuta decisiva la nuova condizione politica rappresentata dall'avanzata del movimento socialista e popolare nel inondo, dai paesi socialisiti ai territori coloniali già indipendenti o in via di diventarlo, ai movimenti socialisti o progressisti dei paesi più evoluti. La sicurezza, per l'URSS, si profila possibile non più appellandosi allo Statoguida con tutto il suo armamentario (divisione del mondo in due blocchi contrapposti, partiti comunisti che difendono dogmaticamente il mito sovietico e tendono a ripetere il modello staliniano ecc.) ma diventando essa stessa un elemento — assai importante ma un elemento — dello schieramento solidale dei popoli e via via degli Stati, sempre più modellati dal movimento delle masse, per la pace, la smobilitazione dei blocchi militari e la coesistenza competitiva, nel rispetto dell'indipendenza di ognuno. La svolta politica è in questi tratti che si stanno delineando. L'opposizione allo stalinism[...]

[...]ne alla proprietà privata dei mezzi di produzione e di scambio. D'altra parte le istituzioni sovietiche se trovano una loro giustificazione nella storia del paese e della rivoluzione non appaiono, per tutto ciò che è successo, tali da aver raggiunto il loro pieno sviluppo socialista. Seguendo le stesse indicazioni del movimento in corso le modificazioni necessarie sembrano essere nella direzione del decentramento, della distinzione tra Partito e Stato nei suoi vari organi e soprattutto nella ricerca della partecipazione diretta dei lavoratori alle decisioni che riguardano i problemi della produzione. Si profila qui una certa autonomia, anche economica, delle collettività produttrici (aziende industriali e colcos) e quindi una nuova fase della pianificazione non più fondata sull'assoluta centralizzazione e burocratizzazione. Si riallacciano al decentramento le possibilità più ampie di vita autonoma di una serie di associazioni, dai sindacati, ai circoli culturali, artistici ecc. che sono certo strumenti fondamentali di una concreta funziona[...]

[...]mentali dell'economia, la facoltà di eleggere i proprii rappresentanti nei soviet possa diventare l'atto più importante di un sistema di democrazia diretta che ha le sue basi nelle strutture stesse dell'economia. Lungo questa strada ha proceduto arditamente la rivoluzione jugoslava con i
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consigli di gestione operaia nelle imprese che sono economicamente autonome nel quadro di una pianificazione fissata nelle linee generali. Lo Stato piuttosto che burocraticamente accentratore è regolatore, attraverso il credito e interventi più diretti di un mercato socialista — le imprese sono tutte nazionalizzate — nel quale il decentramento e le autonomie alimentano lo sviluppo di una democrazia diretta che culmina in una Camera dei produttori che affianca il parlamento a suffragio diretto e segreto.
Diverso mi sembra debba essere oggi il discorso per i paesi capitalistici. Dico oggi perché é soltanto ora, in questo secondo dopoguerra, nella nuova situazione internazionale, che si profila la via pacifica per il socialismo. Si pensa c[...]



da Ibio Paolucci, «Unità e fermezza democratiche hanno isolato le BR» [sopratitolo: Intervista al giudice Caselli] in KBD-Periodici: l'Unità - Nuova serie - Edizione nazionale 1979 - - maggio - 20

Brano: [...] «forze irregolari», costituite da militanti che apparentemente vivono nella più ineccepibile legalità».
— Questo dal punto di vista, diciamo cosi, tecnico. E dal punto di vista politico?
«Dal punto di vista politico, il dato forse più interessante è la mescolanza di radicalismo verbale e di nullismo pratico per quanto concerne l'obiettivo di fondo dell'organizzazione: quel tentativo di coinvolgimento delle 'masse' nella lotta armata contro lo Stato, rispetto a cui l'attività delle Br — per quanto ormai pluriennale — non sembra aver conseguito risultati di decisivo rilievo a dispetto dell'impegno profuso e delle interpretazioni di comodo. L' unità e la mobilitazione delle forze democratiche più consapevoli (superando anche momenti di incertezza) hanno saputo contenere l'iniziativa politica delle Br in un ambito sostanzialmente settario. Con ciò non si vuole togliere nulla alla 'realtà' delle Br, che hanno radici anche nel modo distorto in cui è venuta sviluppandosi la nostra società, che in alcune fasi della loro storia hanno saputo alla[...]

[...]o profonde differenze: dalla fase delle azioni esemplari — con finalità pedagogiche — rivolte ad una cerchia assai ristretta di interlocutori, si è passati (attraverso una serie di operazioni sempre più ispirate a tecniche di vera e propria guerriglia) alla realtà di un terrorismo spietato e feroce, i cui 'messaggi' pretendono di rivolgersi all'intera collettività, così da inseguire la collocazione del gruppo su di un livello pari a quello dello Stato. Peraltro, mentre realizzano imprese criminali clamorosamente ambiziose (Coco, Moro), le Br moltiplicano gli attentati contro bersagli «intermedi» (giornalisti, capi e dirigenti d'azienda, magistrati e funzionari, guardie carcerarie e poliziotti). La 'logica' è spesso quella di 'sparare nel mucchio'. scegliendo le proprie vittime 'a freddo', così da rifletterere gli effetti dell'atto terroristico entro l'intiero strato di appartenenza del soggetto colpito ed oltre».
— Ancora differenze, dunque. E' cosi?
«Si constatano, però, livelli di efficienza diversi: dal sequestro Moro (cosi 'preciso' [...]

[...]per la motivazione sembra trasformarsi in vera e propria interruzione della comunicazione col mondo esterno. Alle «immagini» che nascono dal rapporto con gli altri si sostituiscono immagini fornite al gruppo stesso con elaborazione esclusivamente interna. Come nel caso dell'omicidio di agenti di PS in servizio presso uno stabilimento carcerario, originato dal proposito di mantenere con ogni mezzo un legame tra il gruppo ed i militanti di esso in stato di detenzione, ciò che risponde — è evidente — ad una «logica» esclusivamente propria del gruppo stesso.

Gli interventi dello Stato contro il terrorismo
— Che cosa ha fatto lo Stato per combattere il terrorismo?
«Allo Stato, per lungo tempo almeno è mancata una strategia degna di questo nome. Gli interrenti normativi contro la criminalità organizzata — è noto — sono sempre stati disorganici e settoriali, ispirati alla logica dell'aggiustamento e del ritocco superficiali, senza una visione armonica dei vari aspetti dei problemi da affrontare. Sul piano delle strutture si conosce soltanto il metodo dell'affannosa rincorsa tra necessità e mezzi, spesso vana perché interminabile e, comunque, senza capacità di incidere in modo razionale sugli apparati: fino al punto che le carenze possono apparire tali da incentivare[...]

[...]o qualunque iniziativa (di polizia o giudiziaria) in materia di criminalità politica. Vigilare, esercitare nella maniera più ampia il diritto di critica, stimolare i pubblici poteri verso prassi operative corrette e democratiche: son tutte cose doverose ed ineccepibili. Altra cosa, però, è sforzarsi di menare colpi di piccone fin dal primo momento, con scelta aprioristica ed irreversibile, contro tutto ciò che sia posto in essere da organi dello Stato impegnati nel tormentato e malagevole compito di far fronte alla gravità della situazione creata dal terrorismo. In questo modo il pericolo da fronteggiare si finisce per scorgerlo — in pratica — non già nel terrorismo, ma anzi negli interventi che vi si oppongono. Ciò che col 'garantismo' non ha più niente a che fare».
— Molti, anche svolgendo considerazioni interessanti, si sforzano di trovare spiegazioni teoriche al terrorismo. Vorrei conoscere, in proposito. la sua opinione.
«Anche i più accreditati tentativi di spiegazione 'teorica' del terrorismo appaiono insufficienti quando il fenom[...]

[...]di settori sempre più larghi della società)».
— E con quali obiettivi?
«Con l'obiettivo di favorire il distacco qualunquistico dalla vita politica di quanti (col proprio costante impegno democratico) continuano invece a rappresentare l'ostacolo maggiore al prevalere della strategia dei terroristi. L'impegno democratico sta invece aumentando. Non c'è dubbio che proseguendo per questa via si riuscirà ad imporre in termini nuovi la questione dello Stato, della sua articolazione democratica e della sua efficiente sicurezza, contribuendo ad isolare e contenere il terrorismo».



da Romano Ledda (a cura di), Dossier NATO in KBD-Periodici: Rinascita 1969 - 5 - 9 - numero 19

Brano: [...] un colossale apparato economico, e con tutti i pericoli di crisi o di recessione che la caduta della domanda bellica avrebbe potuto provocare. Impedire quella caduta e nel contempo garantire degli sbocchi a tutta la produzione americana, assicurarsi nuove sedi di investimento, si poneva come una necessità inderogabile.
Le motivazioni politiche sono di due ordini. La prima, scarsamente esplorata, e su cui oggi si inizia una ricerca, riguarda lo stato della società americana di allora. Dietro un'apparente e gagliarda compattezza vi era in realtà il primo germe della crisi sociale e politica che sarebbe esplosa in questi anni.
« A coloro il cui senso di sicurezza era stato distrutto dall'estrema mobilità della vita americana — scrive lo Steel — che si sentivano minacciati dalle richieste di
l'ultima iii' ordine di tempo presa dalla NATO, nella riunione tenuta nel novembre scorso a Reykjavik. Il nuovo comando di Malta è stato assunto dall'ammiraglio degli Stati Uniti, Edward C. Autlaw, nel quadro del comando delle Forze alleate della Europa meridionale .di cui è capo un ammiraglio italiano eguaglianza da parte delle minoranze razziali e che erano umiliati dalla mancanza di personalità di una società sempre più burocratizzata, lo anticomunismo ideologico serviva come punto focale di scontento. Esso non poteva sedare quelle ansie, ma poteva spiegarle in una forma accettabile a chi vedeva altrettanti nemici all'interno di quanti ne scorgeva all'estero. L'assunzione di una responsabilità mondiale fu un atto di autoes[...]

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Washington
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Comando Region.
Difesa Aerea
Regno Unito
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Com, Alleato 'Centro [...]

[...]to però che l'Alleanza si è concretizzata « tutta e soltanto in una struttura militare », ed è attraverso di essa che si è stabilito il vero rapporto tra gli Stati Uniti e l'Europa sul terreno politico ed economico: un rapporto di subordinazione dell'Europa agli, USA.
In uno studio sui problemi della NATO apparso su Lo Spettatore internazionale (numero 1, 1967) si riconosce che « spesso le scelte e gli indirizzi assunti in sede NATO hanno contrastato e contrastano con la prospettiva di distensione, e che l'organizzaatone in quanto tale può costituire un elemento di ritardo sul processo. Ma questo è dovuto non tanto alla influenza di Washington sugli europei, quanto alla egemonia dei militari (americani ed europei) sui civili ». Anche se così fosse, non bisognerebbe chiedersi attraverso quale meccanismo si è potuto arrivare a ciò? Ma non è così. Lo Spettatore coglie una verità parzialissima. All'interno dell'Alleanza non si sono verificati alcuni accidenti ne una dolorosa ma necessaria separazione tra obiettivi politici e militari. L'impro[...]

[...]oni importanti che riguardarono: a) il potenziamento delle forze tradizionali degli alleati europei; il progetto, definito successivamente in un Consiglio atlantico a Lisbona, prevedeva l'allestimento di 100 divisioni e di 9.000 aerei; b) l'istituzione di un esercito integrato, sotto comando americano; c) l'adozione della « strategia in avanti », ossia l'inserimento della Germania federale nella NATO.
Il punto a) non venne mai realizzato. Dello stato reale dell'Europa si fece interprete il ministro degli Esteri olandese Dirk U. Stikker affermando che qualunque « ulteriore abbassamento di vita » dovuto a « insostenibili » spese di riarmo « metterebbe a repentaglio quella pace sociale sul fronte interno che è così necessaria al nostro sforzo difensivo ». In realtà gli alleati europei furono sempre riluttanti a impegni estremamente gravosi in questo senso (tranne qualche fedelissimo come l'Italia). Vi erano altre tre ragioni di fondo, oltre a quelle addotte da Stikker, a motivare quelle riluttanze. Prima: un rapporto americano metteva in luc[...]

[...]one del Quartier generale supremo delle forze alleate in Europa (SHAPE). L'integrazione militare e il comando unico sono i catalizzatori di tutto ìl senso che veniva ad assumere la NATO. Con l'integrazione veniva automaticamente a ridursi ogni margine di sovranità nazionale dei paesi alleati.
La dottrina che la presiedeva era infatti la seguente: « Le forze nazionali sotto comando nazionale dovevano rispondere a comandanti alleati riuniti nello Stato Maggiore alleato ». Le forze « rimangono sotto comando nazionale fino allo scattare di determinati livelli di allarme, per poi passare sotto il comando alleato. La sola eccezione è costituita dalla rete integrata di difesa aerea che copre il comando alleato in Europa, dalla Norvegia alla Turchia orientale. Tale rete è posta in ogni momento sotto mio comando e deve assicurare in permanenza la polizia dello spazio aereo alleato» (generale Lemnitzer).
Si veniva così affermando un criterio di sovranazionalità — nel solo ambito militare — di tale portata che più di uno studioso del diritto si è c[...]

[...]oltre che politicamente accettabile. Il giurista Alberto Predieri nel suo studio su « Il Consiglio supremo di difesa » (organismo nazionale italiano) si chiede, ad esempio, fino a che punto « integrando la difesa italiana nella NATO », con i suoi organi che « impartiscono direttive ai singoli governi degli Stati », si siano « limitati i poteri » di quel Consiglio, in netto contrasto con l'articolo 87 della Costituzione italiana.
Il meccanismo è stato reso ancora più evidente dal fatto — non tecnico, ma poli
tico che il comandante
americano della NATO (Saceur) è contemporaneamente comandante di tutte le forze americane in Europa non integrate nella NATO (EUCOM). Se si considera che nell'arsenale della NATO le forze più importanti sono i bombardieri del SAC e la VI flotta americana nel Mediterra neo, e che essi non sono integrati nella NATO, si capisce subito quale sia il reale rapporto di dipendenza dagli USA.
Dobbiamo insistere brevemente su questo punto. Si tratta infatti di un potenziale militare atomico e missilistico dipendente uni[...]

[...]a rappresaglia ma offensivi: « Il loro effetto è potente, — scrisse allora A. Wohlstetter sulla rivista Foreign Af fairs — solo in caso di attacco a sorpresa ». Il 10 dicembre, avendo già Dulles reso pubblica la proposta americana, il governo sovietico aveva proposto la denuclearizzazione della Polonia, della Cecoslovacchia e della Germania orientale, a condizione che i missili non venissero istallati nella Germania federale.
Il Dipartimento di Stato americano liquidò la nota sovietica « come un tentativo di seminare discordia tra gli alleati ». Non così fecero alcuni alleati europei. A Parigi, il primo ministro norvewese Gerhardsen affermò che « la Norvegia non intendeva ospitare depositi atomici nè missili » soprattutto perchè vi era in Europa un nuovo clima di negoziati che non bisognava lasciar cadere. Varie voci si levarono a sostegno della posizione norvegese. Le proposte di Dulles naturalmente passarono anche se, poi, solo l'Italia, la Turchia, l'Inghilterra e la Germania federale accettarono le basi missilistiche. E' abbastanza si[...]

[...]del conflitto nucleare, che stava alla base della « rappresaglia massiccia ». E' qui interessante rilevare che, nel corso della revisione, nessun « alleato » venne consultato o semplicemente informato di mutamenti che riguardavano i destini del mondo, e in modo ancor più diretto gli alleati militari degli USA. « Il senso di insicurezza — ha scritto una volta Henry Kissinger, attuale consigliere di Nixon — della maggior parte dei nostri alleati è stato aumentato dai rapporti unilaterali che si sono stabiliti all'interno dell'Alleanza in campo militare. In nessun altro settore la dipendenza europea dagli Stati Uniti è stata maggiore e così prolungata. La politica americana ha avuto un solo pensiero, quello di rendere più sopportabile la nostra tutela ». Gli alleati vennero semplicemente informati, a cose fatte, della svolta strategica USA: risposta flessibile, guerra limitata, escalation.
Non ricorderemo tutto il complesso sviluppo politico che sottese alla nuova strategia militare. Basterà ricordare che il punto di partenza fu — una volta [...]

[...] luogo, si è caratterizzato meglio lo impegno della NATO nell'ambito extraeuropeo. Mentre con la « rappresaglia massiccia » la NATO era solo automaticamente travolta da un conflitto mondiale, qui il suo impegno diventa più diretto, non automatico ma volontario, in quella che Walt Rostow chiama la « continuità territoriale della difesa ». Con molta chiarezza del resto il 6 marzo 1965, in un importante discorso tenuto a Cleveland, il segretario di Stato americano Dean Rusk affermava: « La Europa e la comunità nordatlantica non possono preservare la loro sicurezza semplicemente vigilando lungo una linea che passa soltanto per l'Europa. La loro sicurezza comune è coinvolta anche in ciò che accade in Africa, nel Medio Oriente, nell'Amertica latina, nell'Asia meridionale e nel Pacifico occidentale. L'Alleanza atlantica deve adeguarsi a nuove esigenze ». Gli impegni via via assunti dalla NATO nel Mediterraneo (v. Rinascita, nn. 41 e 50 del 1967, nn. 5,6,13,14 del 1968), la sua diretta partecipazione alla guerra coloniale portoghese, sono un segno[...]

[...]ondo) hanno pagato alla politica atlantica degli Stati Uniti.
Nel 1949, al momento del voto sul Patto Atlantico l'onorevole Ugo La Malf a, con una divinazione di cui possiamo apprezzare tutto l'acume, ebbe a dire: « Oggi sta nascendo l'Europa e l'America non c'entra ». A distanza di vent'anni quale è il bilancio che l'Europa può trarre dalla nascita della NATO e dalla appartenenza a essa dei paesi occidentali? Il prezzo pagato, come si vedrà, è stato altissimo: attraverso la NATO l'Europa è stata l'epicentro della guerra fredda, ha subito una spaccatura profonda dettata dalla logica dei blocchi, ed è pervenuta a una condizione subalterna agli USA sul terreno politico ed economico. Vediamo come.
La questione tedesca è stata e continua a essere il perno di ogni problema concernente la vita dell'Europa. « Dal tipo di sistemazione che sarebbe stato dato al problema tedesco scriveva tempo fa il già citato settimanale delle ACLI — dipendeva in realtà o meno la sussistenza delle strutture » politiche e militari che « si erano andate consolidando in Europa nel dopoguerra ». E' persino superfluo richiamare l'importanza del problema. A essa infatti era, ed è ancora legato il riconoscimento della realtà emersa dalla seconda guerra mondiale (frontiere dell'Oder Neisse ecc.). In altri termini, era attraverso la questione tedesca che passavano tutti i problemi di un nuovo assetto dell'Europa e della speranza di nuovi rapporti internazionali tra l[...]

[...]l problema. A essa infatti era, ed è ancora legato il riconoscimento della realtà emersa dalla seconda guerra mondiale (frontiere dell'Oder Neisse ecc.). In altri termini, era attraverso la questione tedesca che passavano tutti i problemi di un nuovo assetto dell'Europa e della speranza di nuovi rapporti internazionali tra le grandi potenze.
Già nella primavera del '47 una serie di accordi anglo
franco americani avevano
gettato le basi di uno Stato tedesco occidentale: la Repubblica federale tedesca, nata nel 1949 come una delle più tipi che creature della guerra fredda. Fu con la NATO, però, che la questione tedesca ven ne via via assumendo un peso determinante e decisivo per la storia di questi ultimi venti anni. Infatti con la NATO si ebbe quel riarmo tedesco che avrebbe sancito la politica dei blocchi: fu — è bene ricordarlo ancora una volta — dopo l'ingresso della Germania federale nella NATO che i paesi socialisti diedero vita al Patto di Varsavia (14 maggio 1955).
Nel 1950, adottando la « strategia in avanti » che portava la pol[...]

[...]militare, politico che invade la vita di ogni paese alleato fin nei suoi aspetti più interni.
Cade qui il discorso sugli « accordi segreti » e bilaterali che ogni paese alleato ha firmato con gli USA. La Francia, uscendo dal comando militare integrato, ha sollevato un velo — ancora modesto e incompleto — sulla natura di questi accordi e sullo stretto rapporto esistente tra lo atlantismo e la democrazia interna di ogni paese alleato. Il colpo di Stato in Grecia ha sollevato un velo più consistente e ci ha fatto comprendere da un lato, e ancora una volta, la netta subordinazione della NATO agli interessi statunitensi, e dall'altro la
to la sua presenza effettiva
e per molti versi ricattatoria
e condizionante su tutta la vita interna dei paesi della Europa occidentale. Su questo stesso settimanale si scriveva alcune settimane orsono: « Si tratta die vedere (per ogni paese alleato) quale potente gruppo di potere — forse dell'apparato militare, civile e poliziesco dello Stato — sia venuto consolidandosi intorno alla NATO con una sua autonom[...]

[...] lato, e ancora una volta, la netta subordinazione della NATO agli interessi statunitensi, e dall'altro la
to la sua presenza effettiva
e per molti versi ricattatoria
e condizionante su tutta la vita interna dei paesi della Europa occidentale. Su questo stesso settimanale si scriveva alcune settimane orsono: « Si tratta die vedere (per ogni paese alleato) quale potente gruppo di potere — forse dell'apparato militare, civile e poliziesco dello Stato — sia venuto consolidandosi intorno alla NATO con una sua autonomia di manovra e di iniziativa, e con una tensione di punta nel fare emergere, oramai periodicamente, pericoli autoritari »
Ma a questa domanda bisogna aggiungerne altre riguardanti gli strumenti specifici di cui la NATO dispone per quegli interventi_ Da un lato il tipo di struttura dato agli eserciti degli alleati, dall'altro lato i servizi segreti, e dall'altro ancora i servizi di « difesa civile ». In un recente numero di Notizie NATO (febbraio 1969) vi è un articolo non firmato, dal titolo « L'importanza della difesa civile [...]



da Carlo Salinari, Marxismo e critica letteraria in un libro di Lukàcs in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1953 - numero 11 - novembre

Brano: 620 RINASCITA
piangere, intervenne sua madre, disse forte : — La grazia si manifesta più tardi, quando, non si sa. Andate a casa, adesso — e tutti sentirono come un ristoro, che fosse finito quel supplizio. Rientrare sotto gli alberi, scendere al paese, rompere il silenzio gremito, occuparsi della vita propria, raccontare l'avventura a chi non c'era stato : ognuno pensava a queste cose, e gli parvero meravigliose.
— L'Agata ? — chiese la madre, e la signora rispose : — Non so dov'è. Piange — e lo disse con insolita se pure disapprovante compassione. Allora la piccola donna nera si gird, le aprirono il passo, si avviò per la discesa nella frescura : — Addio — disse voltando la testa alla bambina immobile sulla porta. Guidava il corteo oramai un po' disfatto, le lacrime le cadevano insieme al sudore. Nell'ombra si ascugò d'improvviso in un brivido : era stata certa per tante notti sveglie di condurlo giù per mano, adagio, il bambino, se proprio[...]

[...]e). Avezzano, Tipografia Vincenzo Pollo, 1953.
P. S. LAPLACE, Compendio di storia dell'astronomia. Milano, Universale economica, 1953.
FRANCESCO DE SANCTIS, Saggi critici. Vol. I. Milano, Universale economica, 1953.
IvAN TURGHANIEV, Acque di primavera. Milano, Universale economica, 1953.
VEr so Muccl, L'umana compagnia. Roma, Il Costume editore, 1953.
JAIME SABARTiS, Buon giorno Picasso. Milano, Mastellone, 1953.
Il Partito comunista nello Stato sovietico. Roma, Edizioni di cultura sociale, 1953
Pablo Picasso. (Catalogo della mostra al Palazzo Reale di
Milano). Milano, Edizioni d'arte ,Amilcare Pizzi, 1953. CESARE LUPORINI, La mente di Leonardo. Firenze, San
soni, 1953.
DOMINGO F. SARMIENTO, Facundo o Civiltà e barbarie. Torino, Unione Tipograficoeditrice, 1953.
PAOLO RosoTTr, Nell'Unione Sovietica si vive così. Roma, Edizioni di cultura sociale, 1953.
EMILIO ZANONI, Sessant'anni di lotte del movimento sindacale cremonese (18931953). Cremona.
Gli animali parlanti. Roma, Edizioni di cultura sociale, 1953. Le favole della volpe.[...]

[...] deve essere alla base di ogni successiva considerazione — il richiamo a qualsiasi tradizione rimane inerte e puramente libresco e rischia di soffocare le istanze più valide che lo stesso Lukàcs pone : la polemica contro lo psicologismo e contro il naturalismo, la lotta per un nuovo realismo. E la classe operaia, la sua funzione, la trasformazione che essa ha provocato con la sua presenza combattiva in ogni nazione e eon la costruzione del primo Stato socialista nel mondo intiero appaiono poco nelle argomentazioni di Lukàcs o appaiono sotto forma di nozioni ancora una volta dottrinarie e libresche. E infine, il richiamo alla grande stagione del realismo per la Germania significa Goethe, per, la Russia Tolstoi, per la Francia Balzac. Cosa può significare per noi? Il richiamo al Manzoni? In Italia non c'è stata la riforma, non c'è stata — o c'è stata in misura straordinariamente limitata — la grande esperienza illuministica, razionalistica e materialistica del secolo XVIII, non c'è stata una impetuosa e radicale rivoluzione democraticoborghe[...]

[...] monopolio attraverso la libertà »; chi ancora dubita che questa formula non riassuma esattamente il programma dei clericali nel campo della scuola, non ha che da leggere il commento dedicato dal gesuita Trossarelli, su Civiltà Cattolica (1), alle recenti riforme scolastiche adottate in Belgio o nella Spagna. Il Trossarelli, che addita queste riforme ad esempio e ad incitamento per clericali nostrani, dice in chiare lettere che la funzione dello Stato nell'istruzione dei cittadini a6 secondaria rispetto a quella primaria della Chiesa e della famiglia e deve volgersi soprattutto a incoraggiare e aiutare tutte le iniziative scolastiche e educative che godono la fiducia di tali enti,»; cosa si debba intendere per « incoraggiare ~e aiutare », lo spiega poi, quando afferma che è necessario « distribuire, proporzionalmente alla loro entità ed efficacia nazionale, le disponibilità economiche attinte dall'erario comune D. Come nel Belgio, dove lo Stato pagherà alle scuole confessionali, per l'anno 1954, 8500 franchi per alunno, pari a circa 110.00[...]

[...]petto a quella primaria della Chiesa e della famiglia e deve volgersi soprattutto a incoraggiare e aiutare tutte le iniziative scolastiche e educative che godono la fiducia di tali enti,»; cosa si debba intendere per « incoraggiare ~e aiutare », lo spiega poi, quando afferma che è necessario « distribuire, proporzionalmente alla loro entità ed efficacia nazionale, le disponibilità economiche attinte dall'erario comune D. Come nel Belgio, dove lo Stato pagherà alle scuole confessionali, per l'anno 1954, 8500 franchi per alunno, pari a circa 110.000 lire italiane; come in Spagna, dove le scuole confessionali, che pure già godevano condizioni di grande privilegio (2), potranno ancora estendere la loro influenza, grazie alla nuova legge che non solo riconosce la loro « funzione sociale », ma impegna lo Stato a fornire loro « un conveniente aiuto economico, e sgravio fiscale D. Si aggiunga che la Chiesa potrà sorvegliare e ispezionare tutte le scuole spagnole, anche quelle statali e private, « per tutto ciò che concerne l'insegnamento della religione, l'autonomia delle dottrine e la moralità dei costumi »; la definizione è abbastanza lata perchè si comprenda come la Chiesa controllerà praticamente, nell'indirizzo generale e nella vita quotidiana, la scuola pubblica.
Sembrerebbe impossibile, ma per i clericali non basta neanche quanto hanno ottenuto in Spagna. Ci informa infatti Ecclesia, organo c[...]

[...]scuola pubblica.
Sembrerebbe impossibile, ma per i clericali non basta neanche quanto hanno ottenuto in Spagna. Ci informa infatti Ecclesia, organo centrale dall'Azione cattolica spagnola, che « l'autorità ecclesiastica, se non oppose difficoltà al disegno di legge, non gli diede però una formale approvazione, non avendolo trovato di suo pieno gradimento s! Non basta dunque la libertà delle scuole confessionali, non basta il finanziamento dello Stato a queste scuole e il controllo della Chiesa sulla scuola pubblica? Ma più di questo, non vi è che il ritorno al monopolio assoluto della Chiesa sull'istruzione, la totale rinuncia dello Stato ad altra funzione che non sia quella di pompar denari dalla tasca dei contribuenti per versarli agli istituti scolastici confessionali!
Non saremo noi a meravigliarci di tali pretese. La fallimentare esperienza della politica scolastica clericale in Italia, dimostra chiaramente che nell'animo dei clericali non possono albergare altri propositi che questi.
Il fallimento della politica scolastica clericale
Non vi è campo della scuola italiana ove i clericali siano stati capaci di dare effettiva soluzione a qualcuno dei più gravi problemi attuali; al contrario, questi problemi si sono andati [...]


precedenti successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Stato, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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