Brano: [...]rsino qui a farsi luce una più consapevole coscienza civica, mediata da quei partiti che laggiù stanno assolvendo una funzione ((liberale» fra questi oppressi, i partiti di sinistra. Le tre biografie che seguono la breve analisi delle condizioni dei cortili Cascino testimoniano appunto questi diversi livelli di coscienza civica, e relativamente alle prime due la biografia di Gino O. documenta certo il livello più alto. ll testo delle biografie è stato trascritto dal Dolci con
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tutta la scrupolosa fedeltà che é necessaria per documenti che non sono destinati ai letterati, ma unicamente ai politici di oggi affinché se ne giovino nella loro opera e agli storici di domani affinché sia piú concreto e individuato il loro giudizio. Abbiamo abbastanza fiducia nella intelligenza dei lettori per non temere che taluno possa scandalizzarsi di alcuni pochi particolari molto crudi della biografia di Gino O.: la rivista si svolge a un ristretto pubblico di studiosi e pertanto non é legittimo lo scrupolo che quei par[...]
[...]pavimento di terra,
e certe sono grotte. In tante case per sedersi usano pietre o latte di conserva. Pidocchi a quintali. Quando sono morti quelli là, erano pieni di pidocchi che facevano paura. Sono venuti a portare delle polveri disinfettanti e le buttavano dentro le abitazioni, sulle strade, e anche andavano gli uomini e le donne così, vestiti, e ci aprivano la camicia e quelli ci buttavano la polvere dentro.
Anche quest'inverno passato c'é stato la pioggia potente e si sono riempite parecchie case e sono venute delle autorità a guardare e, se ne sono andate via. La gente mettevano sui carrettini materassi, cuscini, quei pochi stracci che avevano, e andavano in giro a cercare abitazione, con gente di altri quartieri, presentandosi alla legge. Tutti questi fuori di casa, l'hanno riuniti tutti e l'hanno portati nelle stanze vuote del mercato. Centinaia di persone messe tutte assieme: come si mettono i cavalli in scuderia. Gli uomini in un posto, le donne dall'altro. Dormivano a terra, con soltanto qualche coperta. Sono stati qualche qua[...]
[...]daie.
Sono ritornato da prigioniero l'8 ottobre '44. Circa un mese di viaggio. A casa ho trovato la famiglia mezza morta di fame. Allora non ero sposato. Quando sono arrivato a Palermo, si sono presentati due amici miei, mi hanno chiesto se lavoravo, e io ho risposto che non lavoravo. Mi hanno portato con sé a trasportare un po' di legna che era abbandonata tra le macerie. Si é presentata una signora e mi ha domandato cosa facevo io lì, che era stato bombardato. Si sono presentati i carabinieri e mi hanno invitato di venire con sé. La signora diceva ai carabinieri che ci avevano portato via la mobilia di casa. Pere. a me non m'hanno trovato nulla. Il maresciallo mi ha interrogato e mi ha detto se avevo documenti: il giorno proprio prima ero venuto da militare. Io mi trovavo sprovvisto di documenti e il maresciallo mi ha mandato in carcere. Io non ero stato mai arrestato nella mia vita. Circa cinque mesi che ero io al carcere, mi hanno fatto la causa. E mi imputarono per tentato furto, e mi hanno condannato à dodici mesi: non ci avevo avvocato che non avevo da mangiare né per me né per la famiglia. Allora poi mi sono appellato. E mi hanno tolto sei mesi. Così io sono diventato delinquente per la legge. Così io mi sono macchiato le carte.
Quando sono uscito dal carcere, per fortuna non ci sono stato mai più. Ho sofferto molto, perché il mestiere che faccio non guadagno una somma da poter soddisfare la famiglia. Quindi è necessario che mia moglie deve andare a persona di servizio.
Ho avuto la febbre maltese per diciotto mesi. Sono analfabeta come quasi tutti quanti noi. Alla mattina mi alzo alle sette, sia d'inverno che di stagione. Piglio il mio carrettino, andando in giro gridando per la strada. Compro ferro vecchio e oggetti usati e stracci. Il ferro è poco di prezzo: tredici lire al chilo. Quindi nessuno vende a questo prezzo. I soldi per comprare me li da il padrone; anche la carret[...]
[...]possesso della tessera di giornalista. E tornavamo ogni tanto a Palermo, alla base.
Una volta, in una città, eravamo in tre, abbiamo incontrato una donna che poi portammo all'albergo. Io avevo un quattordici anni, gli altri erano maturi. Prima ci andarono gli altri, per ultimo io ci passai la notte e questa mi ha fatto raccontare cosa facevamo. La mattina dopo, questa é sparita senza farsi pagare. E ci siamo accorti, quando la polizia ci ha arrestato, che la polizia sapeva tutto quanto io avevo raccontato alla donna. Li s'era a farci da « nona » un brigadiere dei carabinieri, palermitano come noi, che conoscevamo. Perché abbiama pensato che la donna era una spia? La polizia insisteva nel voler sapere da me se il brigadiere, che poi hanno fatto maresciallo, era dei nostri, come io nel... m'ero lasciato scappare.
A quindici anni sono stato proposto per il riformatorio di Santa. Maria Capo a Vetere, provincia di Napoli. Uno di quelli con i quali lavoravo, dispiaciuto che dovessi essere rinchiuso, mi accompagnò sulla nave (ma incognito, la guardia non sapeva niente), quasi fino a destinazione. E sul treno mi porse un medicinale da strofinarmi negli occhi, perché fossi riformato alla visita al Riformatorio. Cosa che feci, perché anch'io volevo starmene libero e ormai mi piaceva girare l'Italia. Difatti dopo Otto giorni fui riformato: ma ancora oggi agli occhi mi é rimasta un po' di congiuntivite cronica, per quello. Tornato a casa[...]
[...]occhi, perché fossi riformato alla visita al Riformatorio. Cosa che feci, perché anch'io volevo starmene libero e ormai mi piaceva girare l'Italia. Difatti dopo Otto giorni fui riformato: ma ancora oggi agli occhi mi é rimasta un po' di congiuntivite cronica, per quello. Tornato a casa, ripresi a gironzolare per l'Italia. In questo periodo riportai due condanne di venti giorni e trenta, segnate ma non scontate perché minorenne. Un giorno fui arrestato a Roma, e da quella questura ebbi fatte le pratiche per essere rinchiuso, questa volta nell'Istituto Vittorio Emanuele III,. in provinzia di . Mantova. E qui fu la mia prima esperienza « rivoluzionaria ». Ci davano botte, il Direttore faceva cose che é meglio non. dire; bastava che noi giocassimo a tamburello quando lui dormiva, durante il giorno, per buscarci due o tre giorni di cella. Andavamo in cucina di notte a scassinare per prendere del pane, o nell'orto per meIoni o pomodori. Abbiamo deciso di denunciarlo: scrissimo una lettera al Podestà del comune, nella quale denunciavamo i sopprus[...]
[...]a di notte a scassinare per prendere del pane, o nell'orto per meIoni o pomodori. Abbiamo deciso di denunciarlo: scrissimo una lettera al Podestà del comune, nella quale denunciavamo i sopprusi ricevuti, sottoscritta dai piú grandicelli, e a sorte toccò proprio a me consegnarla.
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nelle mani del Podestà. È andata a finire che il Direttore, quando son tornato, mi ha puntato la rivoltella addosso, ma lui poi é stato costretto ad andarsene.
Tre anni sono stato 11: vita di recluso, si pub immaginare. Si sacrificava certe volte una parte del pane per cambiarlo, coi contadini che venivano 11, in sigarette fatte a mano. Strada lunghissima fino alla scuola e tutta la gente che diceva: — Povarin, povarin, daghe un pezo de pan, una gota de vino —. Che cosa ci avevano di educatori quelli là non si sa: se il primo lasciava tutto alla legge dell'anarchia, quell'altro voleva fare andare dritto tutto e invece andava tutto storto. Non si sa se andava peggio prima o peggio dopo.
Li ho incominciato dalla terza, per finire alla sesta elementare: mi han portato li[...]
[...] e io scrivevo — virgola —; e poi: — Tu fosti buona ma parlar non sai, punto —, e io scrivevo — punto —.
Avevo diciott'anni quando frequentavo la sesta; e perché anda vamo a baciarci in mezzo le aiole, vicino la scuola, con la nipote del Podestà, mi cacciarono dall'istituto. Non ho appreso così nessun mestiere, tranne un pa' di agricoltura li: a me cittadino 'mi insegnavano cose di terra. Andavo a piantare citrioli a piazza San Pietro?
Poi son stato tre anni a Roma. E li imparai a fare il barbiere. Non mi ero dimenticato le vecchie amicizie, ma già incominciavo _a cercare una via nuova. La questura voleva che io stessi a Palermo, io invece volevo stare a Roma, dove il Tribunale mi aveva dato una madre adottiva. E la questura di Palermo, per risolvere ia difficoltà dell'avanti e indietro, mi infilò per due anni all'isola, al confino a Pantelleria. Anche di questa esperienza meglio non dire: era una corruzione continua. Come si salva un cristianu docu? Come si salva? Basti dire che certi bambini del paese venivano a dire: — Ti fazzu nescer[...]
[...]tuna. Pochi giorni dopo trovai lavoro in un barbiere napoletano guadagnando 25 lire la settimana oltre le mance dei quali il padrone teneva conto, altrimenti avrebbe dovuto darmi 35 lire. Mi sentivo finalmente felice.
Poi mia moglie usci dall'ospedale e siamo andati ad abitare alla Marinella, in casa di una mia cugina. Ogni tanto andavo a trovare la mamma adottiva e, ora che lavoravo e avevo qualche soldo, cercavo di aiutarla ché suo marito era stato facchino di quelli numerati alla stazione e adesso viveva con una percentuale che gli davano i vecchi compagni di lavoro. Non aveva nemmeno la soddisfazione di un sigaro o di un bicchier di vino, la vita gli era diventata un tormento, ed io in riconoscenza di quanto avevano fatto per me, cercavo di accontentarlo
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e, qualche volta, quando litigavano lei e lui, perché lui si era trattenuto qualche coserella di nascosto, cercavo di metter pace: a settant'anni ancora costretto a fare le marachelle. Durante la settimana raschiava tutto il tartume che c'era intorno a la pipa per m[...]
[...]ada), venni senza niente, solo biancheria. Fui costretto ad andare a parlare a mio padre. Siccome avevo avuto pochi contatti, non lo sentivo questo affetto di padre: ma la necessità mi costrinse a parlarci. Egli permise che io e mia moglie andassimo ad abitare in casa sua. Egli era sposato, con figli. La moglie non ci accolse con entusiasmo ma, siccome comandava il marito, dovette per forza accondiscendere.
Mio padre viveva una vita misera. Era stato cacciato fuori dal Municipio perché era socialista costituzionale. Nei primi giorni, siccome avevo qualche risparmio che mi avevo portato da Roma, ero io che davo da mangiare a tutti. Faceva anche lui lo sbrigapratiche siccome là in municipio aveva gli amici.
Ricordo che una sera, io ancora non ero rincasato, le mie sorelle brontolavano perché non c'era niente da mangiare, quando arrivai io. Mia sorella mi disse: — Gino, u papà have i piccioli e nun vole accattare u mangiare —. Allora mi rivolsi a mio padre per accertarmi. Mio padre mi confermò si di avere i soldi, ma erano relativi ai docum[...]
[...]figlia della mia stessa madre, di sette anni più grande di me. E, per trovarla, ho dovuto fingermi uno che portava notizie di un suo zio da Roma. Per quella preoccupazione della società borghese, la quale non trova la forza di assumere le proprie responsabilità, e quindi cerca di camuffare tutto, anche gli affetti della famiglia (se mio padre avesse avuto il coraggio di dire subito: — Questo é mio figlio —, cosi come fece mia madre, io non sarei stato eccetera e eccetera), ho dovuto avere un appuntamento con mia sorella in una altra casa e non in quella di mio zio, dove lei stava. Non appena entrato, mio cugino ci presentò. Ci sedemmo in un sofà e restammo lì alcuni minuti senza parlare. Io mi trovavo impacciato: dovevo incominciare io a parlare o lei? Poi mi incoraggiai e le dissi: — Ma perché stai dallo zio e non da papà? — Perché lo zio é senza figli e mi vuol bene e mi ha fatto studiare come papà. Ma perché sei stato tanto lontano? Papà mi ha detto che avevo un fratello ma non mi aveva detto mai dove si trovasse questo fratello —. E an[...]
[...]o dovuto avere un appuntamento con mia sorella in una altra casa e non in quella di mio zio, dove lei stava. Non appena entrato, mio cugino ci presentò. Ci sedemmo in un sofà e restammo lì alcuni minuti senza parlare. Io mi trovavo impacciato: dovevo incominciare io a parlare o lei? Poi mi incoraggiai e le dissi: — Ma perché stai dallo zio e non da papà? — Perché lo zio é senza figli e mi vuol bene e mi ha fatto studiare come papà. Ma perché sei stato tanto lontano? Papà mi ha detto che avevo un fratello ma non mi aveva detto mai dove si trovasse questo fratello —. E anch'io ho saputo, diventato
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grande, d'avere una sorella. Poi mi chiese che scuola avessi fatto, che religione praticavo, se ero fascista, ché allora c'era il fascismo. Io risposi che avevo fatto la sesta, e che non avevo mai approfondito il problema religioso e politico. E mi fece alcuni discorsi sulla religione e sul fascismo, e si meravigliava che non fossi cattolico e fascista. Lei era laureata in lettere. Io alla sua meraviglia risposi che, se avessi av[...]
[...]eoccupata mi disse di mettermi in disparte per non farmi vedere. Io me ne sono andato e non ci sono tornato piú.
La prima ragione, perché ero diventato comunista, stava racchiusa nelle sofferenze che avevo passato: comunismo voleva dire, per me, vita nuova e per tutti, lavoro per tutti e redenzione, quindi non più Sciabbica, perché se c'é lavora, non c'é ladri, tranne che per i cleptomani. Questo nell'idea, ora ti dico il contatto fisico come è stato. Io avevo il salone, si viveva d'intrallazzo, io vendevo le sigarette di contrabband che mi venivano fornite direttamente da una guardia di finanza. Io la cosa la facevo senza scrupoli perché si può dire che la facevano tutti i saloni. Mangiavo bene così, mentre intorno c'era fame. Un giorno volevo organizzare una dimostrazione contra l'affamamento: l'ho organizzata. Mi appartai nel retrobottega, scrissi MI manifesto nel quale finivo: — Viva Stalin, viva Roosvelt, viva il Comunismo siciliano.
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Raccolsi soldi per stamparlo, comprai la colla, e fécimo per[...]
[...]. E mi hanno inviato al tribunale militare, il quale mi ha dato un anno con la condizionale.
Dopo alcuni giorni é venuto al salone un maestro di scuola, il quale mi ha invitato, per quello che avevo fatto, ad andarlo a trovare dove avevano sede le riunioni dei socialisti. Perché ancora non avevano il permesso di organizzarsi pubblicamente. Ho frequentato alcune riunioni. Un giorno si doveva votare un ordine del giorno che non condividevo e sono stato rimproverato per il mio modo di esprimermi. Avevo presentato la domanda d'iscrizione, ma siccome mi ero stufato, perché si facevano sempre discussioni e io volevo agire, non sono andato più alle riunioni. Poi ci fu l'autorizzazione e aprirono la sede. E rifrequentai. Organizzai una dimostrazione dei barbieri e in questa occasione conobbi un comunista il quale mi disse che il mio posto era nel partito comunista. Io non trovai nessuna difficoltà e mi iscrissi al partito: 1943. Ho cominciato subito ad essere responsabile di una cellula di strada. Poi di una sezione. Leggevo con piacere, perché o[...]
[...]evo e quale impegno mettevo nello studio, perché avevo coscienza che più mi sarei educato politicamente, piú avrei dato al partito. E ` in questo studio, ricordavo ancora una volta un detto di Gramsci il quale in un suo libro dice: Istruitevi, perché la rivoluzione é rivoluzione di uomini. La società ha bisogno di uomini nuovi, consapevoli —. Studiavo alla luce di un lumina, per risparmiare Ila luce. E un giorno mi venne il dubbio che non sarei stato buono a niente, e che il mio studio non avrebbe approdato a niente, anche perché, per lo studio che facevo, incominciavo ad avere una forma di esaurimento nervosa. Scrissi alla direzione della scuola, a Roma al Partito, per chiedere un consiglio se valesse la pena di continuare, e avevo anche il dubbio che la rivoluzione non sarebbe venuta entro il termine della mia vita. Mi hanno risposto che il solo fatto che io studiassi in quelle condizioni era un fatto positivo, e che la storia non si doveva misurare con la vita di un uomo. Un giorno mi sentii congratulato da un compagno perché avevo ris[...]
[...]d arrestarli.
Non so con precisione come siano andate a finire le cose perche la sera, stessa, tornato da li, andai a Montelepre, per l'occupazione del feudo vicino e poi li mi misero in galera.
Nello stesso tempo anche i contadini di Cinisi, Carini, Partinico,. Terrasini e Montelepre si agitavano per avere le terre del Piano degli Aranci. Si stabili che io dovevo andare a visitare questi comuni per rendermi conto di cosa avveniva. Intanto era stato organizzato un comizio a Carini dove avrei dovuto parlare io. Siccome nella piazza v'era la festa del Santo Patrono, si decise che avrei parlato dentro i locali della Camera del lavoro che trovai affollatissima. I pressi della Camera del lavoro e le vie vicine erano perlustrati dai gruppi di carabinieri, tra questi anche quelli della C.F.R.B. (Comando Forze Repressione Banditismo). Seppi che si voleva a qualunque costo evitare l'occupazione del feudo. Partii per Terrasini, visitai Partinico e da qui a Montelepre. Ovunque mi portavo, ovunque leggevo chiaramente nel volto dei contadini la loro [...]
[...]ruppi di carabinieri, tra questi anche quelli della C.F.R.B. (Comando Forze Repressione Banditismo). Seppi che si voleva a qualunque costo evitare l'occupazione del feudo. Partii per Terrasini, visitai Partinico e da qui a Montelepre. Ovunque mi portavo, ovunque leggevo chiaramente nel volto dei contadini la loro contentezza per l'approssimarsi della realizzazione di un loro sogno secolare: « un pizzuddu di terra ». È difficile descrivere il mio stato d'animo di quei momenti. Montelepre era a quel tempo al centro dell'attenzione internazionale ed &a mi trovavo a Montelepre, centro del banditismo.
Alcune volte pensavo che trentasei capi contadini, in Sicilia, erano già caduti sotto il piombo dei sicari. Chissà... Eppure avevo commesso delle imprudenze: da Montelepre ero andato a Carini, assieme a un contadino, a piedi, prendendo in mezzo le trazzere. Una volta da Partinico a Montelepre. Tu capisci? Neanche durante la guerra di liberazione avevo pensato a questo, forse perché li il nemico lo avevo di fronte; qui invece da un momento all'alt[...]
[...]Erano arrivati con degli autocarri. Poi ci presero tutti e ci fecero entrare in un cortile grande, dove c'era una vecchia galera dei Borboni. Il maresciallo si mise su un tavolino (che li avevano il loro comando), e ci fecero mettere in fila, per comune, e mi dissero a me: — Lei in quale comune si mette? — Io ci dissi: — Io essendo dirigente, mi metto da parte, li rappresento tutti. — Cominciarono coi nomi, la paternità,
lit DANILO DOLCI
lei è stato denunziato, stia attento per un'altra volta. Poi ci portarono tutti nel piazzale antistante alla caserma e li l'ufficiale improvvisò una specie di comizio dicendo di stare attenti che queste cose la legge non le permette. Lo interrompemmo dicendogli di fare il carabiniere e non i comizi.
Intanto i contadini non se ne volevano andare che avevano visto che noi, tutti i dirigenti, non ci lasciavano andare, e capirono che eravamo arrestati. Intanto tutta la polizia li cacciava coi mitra: — Via. Avanti. Andatevene. — Allora perché non nascessero provocazioni, noi stessi dicevamo ai contadini: — A[...]
[...]A PALERMO 173
qualificandosi come deputato regionale, cercava di dissuadere la polizia ad arrestare quella donna. Si è gridato: — Viva la Sicilia. Viva il Parlamento Siciliano — credendo che stessero arrestando Colajanni. E successo un parapiglia. Cominciò la solita girandola della celere e mi sono sentito afferrare per il collo da un scelbino. Pur mostrando il mio distintivo (lo porto «abusivamente », la galera c'è, perché è un mio diritto: lo Stato mi passa la pensione di guerra ma l'Associazione mutilati non mi vuole iscrivere perché ero pregiudicato: e adesso, a dir questo, voglio vedere se sono anche capaci di levarmi la pensione), mi hanno bastonato
buttato sulla camionetta e ci condussero alla Faletta dove trovai uomini e donne arrestate, provenienti da Piana dei Greci dove era stato ammazzato Damiano Lo Greco, un contadino che dimostrava pure per la pace.
Sono stato undici giorni in camera di sicurezza, poi portato al carcere e deferito alla commissione per il confino di polizia. Nel carcere appresi il valore che aveva « l'Unità » che, malgrado la galera, mi teneva in contatto col partito. Anzi, un giorno, aprendo la pagina, vedo che c'era un articolo sotto forma di lettera aperta, sottoscritta da tutti gli organismi di massa e da alcuni deputati, nel quale si diceva: — Chi è Gino O.? —E li la mia biografia e il maturarsi della mia lunga redenzione alla testa delle lotte per la libertà e per la pace. Se non ci fossero stati i compagni a difendermi, sarei[...]
[...]o mi tenesse a quel posto per un senso di solidarietà, perché non mi perdessi). Cercavo continuamente di sfuggire il passato
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e loro insistevano invece per inchiodarmici. Quando tu arrivi li, loro cercano di reclutare il loro cliente: spie, confidenti.
A me capitò che continuamente venivo chiamato al Mandamento, ora per una scusa, ora per l'altra. Una volta il Commissario mi disse: — Tu (ero ,già padre di cinque figli) mai sei stato in carcere? — gli risposi: — No. — Allora lui mi promise che mi avrebbe fatto togliere l'ammonizione. Poi mi mandò a richiamare, e aveva sul tavolo il mio incartamento: — Come, mi dicesti che non c'eri stato mai carcerato e invece... Ma io ci dissi a Vossia che non ero mai stato carcerato politico. — Prese una posizione paternalistica: — Ma perché non ti fai l'affari tuoi. Tu non sei nato per la politica. Ognuno nasce per la sua strada. Cercati tin lavoro... — Me lu dicesse Vossia soccu avissi a fare. — Mettiti qualche posto di fichurinni, di... — Ma se mancu mi vulite dare la licenza perché sono pregiudicato! E m'ammunistivu. — Ma tu la vuoi l'ammonizione. Se fai una vita tranquilla, e mi porti qualche notizia... A me solo direttamente... Senza parlare con nuddu...
A Palermo dicono: — A tia pensu! piuttosto mi sarei ammazzato, piuttosto che fare il cioccolattaro.
[...]
[...]cana », non potrebbero farlo, pubblicamente come lo fanno, se non fossero confidenti della polizia. Fanno anche i giochi con le carte (« chistu perde e chistu vince »); e i ditali con la pallina.
Quasi ogni rione ha suoi cioccolattari. C'é qualche ex malandrino che era il terrore del Capo e dell'Albergheria che oggi é al servizio della Questura. Le autorità invece di aiutare questi uomini nel lavoro e nell'elevazione loro, approfittano del loro stato di soggezione, di quello — come lo chiami tu — complesso di colpa di quello che son stati nel passato, e buttano piú sotto. Almeno quando sono così detti « uomini d'onore », hanno un certo prestigio, sia pure nella malavita; dopo, divenuti pure dei traditori, perdono anche il legame con le vecchie amicizie, schifati da tutti.
Il rapporto fra le autorità e tutta la gente che campa e non campa, é l'elemosina, il paternalismo : quando c'é. Chi ci ha bisogno, per esempio i venditori di mussu o milza, di avere per forza la merce da uno, perché ce n'é poca, lo considerano come un loro piccolo Dio:[...]
[...] Fino a pochi giorni fa abitavo in un locale al terzo piano: in quattro metri per due e mezzo ci stavamo in otto persone. Poi la casa si é lesionata e ci hanno portato qui in queste scuole, con altre diciotto famiglie; le altre sono andate alla Feliciuzza. Adesso tra cinque giorni devono incominciare le scuole e non sappiamo dove andare a finire.
Mensilmente vado a revisionare il tesserino della disoccupazione: in nove anni precisi non sono mai stato chiamato da questo ufficio a fare un giorno di lavoro. E pensare che dipendo dall'ufficio collocamento dei mutilati, che c'è una legge obbligatoria dell'assunzione.
Ieri sono andato a revisionare il tesserino: scena come le altre volte. Ho consegnato il mio tesserino all'agente addetto a questo servizio. Questo, poveraccio, fa come un forsennato: deve da solo esplicare il servizio per il quale occorrerebbero, al giudizio di tutti, da quattro a sei agenti, Il lavoro massacrante lo rende esasperato, ha i nervi a fior di pelle. (Quando io ero bambino ero considerato un essere pericoloso e quell[...]
[...]ennato: deve da solo esplicare il servizio per il quale occorrerebbero, al giudizio di tutti, da quattro a sei agenti, Il lavoro massacrante lo rende esasperato, ha i nervi a fior di pelle. (Quando io ero bambino ero considerato un essere pericoloso e quelli della polizia mi scacciavano, mi perseguitavano senza nessuna comprensione: ora mi accorgo che io, diventato adulto, comprendo il loro dramma, li considero dei lavoratori sfruttati da questo Stato. Quando ero piccolo e vedevo le guardie, ero come il coniglio di fronte ai fari dell'automobile; oggi invece quando l'incontro mi fanno pieta : sono ancora allo stesso punto, non hanno fatto nessun passo in avanti: hanno la stessa mentalita).
Confusione immensa, la gente è accalcata talmente da dare l'impressione d'essere l'uno sopra l'altro. — Zitti, per favore! — L'agente chiama: — Mazzola, Ganci, Di Maggio. — Presente! — Non c'è. —
Tenga, la passi giù in fondo. — Scusi, é il mio? No. — Intanto in
mezzo la folla si brontola: — Che schifo, ma che razza d'ordine c'è? — Ci vorrebbe una bomb[...]