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Il segmento testuale Stato è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 2079Analitici , di cui in selezione 79 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Theodor Wiesengrand Adorno, Aldous Huxley e l'utopia [traduzione di Elèmire Zolla] in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]tomaticamente dal progresso inarrestabile e sdegna i conforti tanto cari all'esiliato: che gli aspetti angosciosi della civiltà americana siano effimeri resti della sua primitività oppure salde garanzie della sua giovinezza. Non si concede alcun dubbio su questo punto: quegli aspetti non sono frammenti rimasti nella scia della cultura europea, ma piuttosto precorrimenti del futuro che l'aspetta: il vecchio mondo imita diligentemente il nuovo. Lo Stato universale di Brave New World non conosce differenze che non siano artificiosamente preservate fra i campi del golf e i laboratori di ricerche biologiche di Mombasa, di Londra o del polo nord, é simile al mondo che soggiace all'americanismo parodiato. Il mondo dovrebbe, secondo il motto di Berdiaev, adeguarsi all'utopia che si può intravedere a partire dallo stadio
ALDOUS HUXLEY E L UTOPIA 99
attuale della . tecnica. Invece, se si completano i suoi tratti, esso diventa un inferno: le osservazioni sullo stadio attuale della civiltà vengono spinte dalla sua teologia immanente fino all'evidenz[...]

[...]tà vengono spinte dalla sua teologia immanente fino all'evidenza diretta del suo disordine. Non sono tanto degli elementi tecnici o istituzionali a ribadire il quadro quanto la visione di ciò che sarebbe degli uomini qualora non conoscessero piú il bisogno. La sfera economicopolitica come tale diventa di minor peso e importanza: resta sicuro che si tratta di un sistema classista iperrazionalizzato di proporzioni planetarie, di un capita lismo di Stato pianificato fino al particolare; resta certa che la collettivizzazione totale corrisponde alla tirannide assoluta, che l'economia monetaria e l'incentivo del profitto perdurano.
Invece delle tre parole d'ordine della rivoluzione francese si proclama: Community, Identity e Stability. Community definisce una condizione della società in cui ogni singolo é sottoposto incondizionatamente al funzionamento del tutto, sul senso del quale non dovrebbe più essere possibile nel brave new world alcun interrogativo. Identity significa la sparizione delle differenze individuali, la standardizzazione spint[...]

[...]cizione sociali in misura assai superiore a quella conosciuta dal protestantesimo: li uomi
ni si rassegnano ad. amare ciò, .che debbono fare, senza neanc e più sapere di rassegnarsi. Così la loro felicità viene rafforzata soggettivamente e viene mantenuto l'ordine. Tutte le rappresentazioni di un'influenza esteriore della società sul singolo, per il tramite di agenti come la famiglia o la psicologia, appaiono superate. Cie) che alla famiglia é stato già fatto, viene perpetrato ai suoi danni ancora una volta nel brave new world. Come figli della società nel senso più letterale gli uomini non si trovano in un rapporto dialettico ma coincidono con essa. Esponenti volontari della Totalità collettiva nella quale é stata assorbita ogni antitesi, essi sono in senso non metaforico « socialmente condizionati » e non già adattati al sistema sociale attraverso un loro « sviluppo ».
Il rapporto di classe viene eternato biologicamente, perché i direttori della riproduzione razziale decidono fin dalla fase embrionale dell'appartenenza a questa o quel[...]

[...]ducendoli a mezzo, a essereperaltri, cioè, nel senso huxleyano, a nullità. Huxley nella prefazione alla edizione americana, aggiunta dopo la guerra, ha scoperto l'affinità di quel principio con l'affermazione di Sade, che fra i diritti dell'uomo esiste anche l'assoluta disponibilità sessuale di tutti per tutti. In ciò egli ravvisa la completa follia della ragione consequenziaria, ma gli sfugge l'incompatibilita della massima malfamata con il suo Stato universale dell'avvenire. Tutte le dittature hanno diffamato il libertinaggio, e gli stabilimenti di monta umana S.S. " di Himmler ne furono l'esatto contrario virtuosamente statalista. Il potere andrebbe definito come diritto di disporre di altre persone da parte di una persona, non come diritto di disporre di tutti da parte . di tutti. Un potere di questo genere non sarebbe concepibile nel quadro di qualsiasi ordinamento totalitario. Sarebbe affine, piuttosto che ad uno stato di anarchia sessuale, al rapporto di lavoro. Gli uomini esclusiva
mente perl'altro, l'assoluto toX!v, x6v, sarebber[...]

[...]utte le dittature hanno diffamato il libertinaggio, e gli stabilimenti di monta umana S.S. " di Himmler ne furono l'esatto contrario virtuosamente statalista. Il potere andrebbe definito come diritto di disporre di altre persone da parte di una persona, non come diritto di disporre di tutti da parte . di tutti. Un potere di questo genere non sarebbe concepibile nel quadro di qualsiasi ordinamento totalitario. Sarebbe affine, piuttosto che ad uno stato di anarchia sessuale, al rapporto di lavoro. Gli uomini esclusiva
mente perl'altro, l'assoluto toX!v, x6v, sarebbero si estraniati_ da se medesimi, ma anche sciolti dalla maledizione della utoconservazione, che il brave new world al pari del vecchio mono, mantiene intatta. La fungibilità pura e assoluta farebbe esplo+ ere il nocciolo dei potere e prometterebbe la libertà. La debolezza della complessiva concezione di Huxley deriva dal fatto che egli dimmi zá senza esitazione tutti i suoi concetti, ma impedendo angosciosamente che si rovescino nel loro opposto.
La scène à faire del ,romanzo è[...]

[...]to lasciamo. alla teologia luterana, ma perchè essa aiuta a far si che gli uomini ricevano troppo poco e cose troppo cattive, che interi strati vivano in una miseria interiore ed esterna spaventosa, che gli uomini si adattino all'ingiustizia, perchè essa tiene fermo il mondo in una situazione in cui si è costretti ad aspettare da un verso catastrofi gigantesche, dall'altro la congiura di élites astutissime per mantenere un precario e discutibile stato di pace ».
Huxley contrappone a correttivo della sfera dei soddisfacimenti di bisogni un'altra che la guarda con sospetto e che la borghesia chiama l'alta cultura, stando ferma ad un concetto
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112 THEODOR WIESENGRUND ADORNO
invariante e biologico del bisogno. Ma ogni bisogno umano é nella sua configurazione concreta, mediato dalla storia. La statica che oggi sembra propria dei bisogni, il loro fissarsi nella riproduzione del sempreuguale, é soltanto il riflesso della produzione materiale, che con l'eliminazione del mercato e della concorrenza e dato il contemporaneo perdurare dei rappor[...]

[...] é stata tanto pratica quanto irrazionale. Un ordinamento che abolisca l'irrazionalità nella quale é stata in
ALDOUS HUXLEY E L'UTOPIA 113
vischiata la produzione delle merci, ma appaghi i bisogni, potrà anche abolire lo spirito pratico che si rispecchia nell'assenza di finalità dell'art pour l'art borghese. Supererà non soltanto l'antagonismo della produzione e del consumo, ma anche la loro ultimissima unificazione da parte del capitalismo di Stato, convergendo verso l'idea che, nelle parole di Karl Kraus « Dio non fece l'uomo come produttore o consumatore, ma come uomo ». A tal punto non sarà vergognoso che qualcosa non sia utile, l'adattamento sociale non avrà senso, la produzione agirà sui bisogni in modo reale e non distorto: non perché placherà il bisogno con cose inutili, ma perché il sazio potrà orientarsi nel mondo senza ricorrere al criterio dell'utilità universale.
Nella critica del falso bisogno Huxley tiene ferma l'idea dell'oggettività della felicità. L'ottusa ripetizione della proposizione everybody's happy now diventa il[...]

[...]ore rovente, per sperimentare le sensazioni di un crocifisso. Alle richieste di spiegazione, dà la curiosa risposta: « Because I feel I aught to. If Jesus could stand it. And then, if one has done something wrong... Besides, I was unhappy, that was the other reason ». Se il « selvaggio » non riesce a trovare altra giustificazione per la sua avventura religiosa e per la scelta del dolore se non l'aver sofferto, non può certo opporsi al suo intervistatore, il quale pensa sia più ragionevole prendere la droga che tutto risana, il Soma, per curarsi delle depressioni. Irrazia nalmente ipostatizzato, quindi ridotto a mero dato esistenziale, il mondo delle idee esige ancora una giustificazione attraverso il meramente esistente: viene coordinato cioè in vista della felicità empirica che esso dovrebbe negare.
La grezza alternativa di ..senso . oggettivo e . felicità soggettiva, la__ tesi__dell'incompatibilità, è il fondamento_ filosnfico__clella conclusione reazionaria del romanzo, che suona: si deve decidere—tra la barbarie della felicità e la c[...]

[...]ità ontologiche. L'alternativa deriva dal fatto che l'umanità non si deve ricavare dal male. Eppure essa viene posta dinanzi alla scelta tra la ricaduta in una mitologia che a Huxley stesso appare discutibile ed un progresso verso una illibertà senza lacune. Non resta nessuno spazio per un concetto dell'uomo che non si esaurisca né nella coercizione del sistema collettivistico né nella contingenza singolare. La prospettiva per cui si denuncia lo Stato universale totalitario mentre si esalta retrospettivamente l'individualismo che vi portò, é totalitaria essa stessa. Essa non lascia vie d'uscita e implica la liquidazione di tutto quanto non si lasci eguagliare, liquidazione che a ragione fa rabbrividire Huxley. La conseguenza pratica del « non c'é niente da fare » borghese, che echeggia nel romanzo, é il perfido « devi inserirti » nel brave nera world totalitario. L'univocità della tendenza, la linearità del concetto di progresso quale viene usato nel romanzo, deriva dalla limitatezza delle forze produttive nella «preistoria ». L'inevitabil[...]

[...]lla empiricamente l'individuo attraverso lo psicologismo. In seguito ad una tradizione la cui strapotenza esige piuttosto la resistenza che non il rispetto, l'individuo come idea viene sollevato nell'incommensurabile mentre d'altro canto ogni singolo uomo viene ridotto ad appendice del romanticismo della delusione e della bancarotta morale. La conoscenza della nullità dell'individuo, socialmente vera, si ribalta sull'individuo che privatamente é stato inflazionato. Non solo questo libro ma tutta l'opera di Huxley incolpa l'individuo, trasformato in un assoluto, di essere fungibile, non veramente se stesso sibbene una « maschera di carattere » della società, facendone una ragione di inautenticità e menzogna, di ristretto egoismo, motivo di intervento per una psicologia dell'io sottilmente descrittiva. Secondo lo spirito borghese, per Huxley il singolo é tutto (perché forni a suo tempo il principio dell'ordinamento della proprietà) e nulla (perfettamente sostituibile come mero portatore della proprietà). Ecco il prezzo che l'ideologia dell'i[...]

[...]scituri non colpisce il romanzo, che si rivela inadeguato per la fragilità di uno schema generale vuoto sovente agghindato con trovate grandiose. Poiché il mutamento dell'uomo non si lascia calcolare e si sottrae all'immaginazione preconizzatrice, viene sostituito dalla caricatura degli uomini d'oggi, secondo l'antichissimo e abusato procedimento della satira. La finzione del futuro si piega all'assoluto potere del presente: ciò che ancora non é stato diventa comico attraverso l'effetto di bassa lega che lo eguaglia a ciò che già é, come gli déi nelle operette di Offenbach. Alla visione delle cose lontanissime é sostituita quella delle vicine guardate con cannocchiale rovesciato. Il trucco formale di riferire di case future come fossero passate presta al contenuto un'aria di complicità irritante. Il grottesco che colpisce il presente attraverso il confronto con la sua prosecuzione nel futuro, gode del favore dello stesso pubblico che si diverte alle raffigurazioni veristiche con teste ingrandite. Il concetto patetico dell'uomo eterno viene[...]

[...]dite. Il concetto patetico dell'uomo eterno viene scontato con la riduzione all'indegnità umana della normalità di ieri
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oggi e domani. Non il momento contemplativo come tale, che il romanzo ha in comune con ogni filosofia e figurazione, dev'essergli rimproverato, ma che esso non includa nella riflessione il momento di una prassi che spezzi il continuum scellerato. L'umanità non è costretta a scegliere tra lo Stato universale totalitario e l'individualismo. Se la grande prospettiva storica é qualcosa di più della fata morgana dello sguardo ordinatore, allora deve condurre alla domanda se la società potrà autodeterminarsi o se provocherà la catastrofe tellurica.
THEODOR WIESENGRUND ADORNO
(Trad. Elémire Zolla)



da Taylan Ozgur, Turchia. Il terrorismo dei generali. [sottotitolo: Soppresse tutte le libertà. Il gruppo militare che ha operato a marzo il colpo di Stato mostra sempre più la sua natura di intermediario della penetrazione neocoloniale. La repressione dilaga colpendo tutta la sinistra nelle sue varie componenti, ma la partita è ancora aperta] in KBD-Periodici: Rinascita 1971 - 6 - 11 - numero 24

Brano: TURCHIA
Il
terrorismo
dei
generali
Manifestazione di studenti ad Ankara
Soppresse tutte le libertà. Il gruppo militare che ha operato a marzo il colpo di Stato mostra sempre più la sua natura di intermediario della penetrazione neocoloniale. La repressione dilaga colpendo tutta la sinistra nelle sue varie coinponenti, ma la partita è ancora aperta
di Taylan Ozgur
Ankara, giugno. — Qui c'è il terrore. Arrivano alle tre, alle quattro del mattino e portano via la gente. Le perquisizioni domiciliari si infittiscono, e si spara a chi, durante il coprifuoco, non si fermi immediatamente all'alt delle pattuglie (è stato ucciso un ragazzo di sedici anni). I militari colpiscono ovunque e in ogni modo, per opinioni politiche presenti o passate. In un mese so[...]

[...] sempre più la sua natura di intermediario della penetrazione neocoloniale. La repressione dilaga colpendo tutta la sinistra nelle sue varie coinponenti, ma la partita è ancora aperta
di Taylan Ozgur
Ankara, giugno. — Qui c'è il terrore. Arrivano alle tre, alle quattro del mattino e portano via la gente. Le perquisizioni domiciliari si infittiscono, e si spara a chi, durante il coprifuoco, non si fermi immediatamente all'alt delle pattuglie (è stato ucciso un ragazzo di sedici anni). I militari colpiscono ovunque e in ogni modo, per opinioni politiche presenti o passate. In un mese sono state arrestate e deportate circa 4000 persone, senza che di esse si abbiano più notizie e senza che, nella stragrande maggioranza dei casi, sia stato aperto a loro carico un procedimento penale. Qualcuno è stato incriminato per articoli scritti quattro o cinque anni fa. Gli arresti hanno colpito studenti universitari, professori, giornalisti, ufficiali dell'esercito, funzionari,
operai. La definizione sovversivo » è
stata dilatata all'infinito, toccando persino i socialdemocratici, la cui Unione è stata sciolta proprio in questi giorni. E non si tratta solo di semplici arresti. Il più delle volte c'è la deportazione, in molti casi, la morte.
Accade in questo senso qualcosa che agghiaccia. Morta, ovviamente uccisa, la libertà d'informazione, i giornali della giunta stanno montando un clima atroce c[...]

[...] gauchistes, al Partito del Lavoro, ai sindacati. Giù, giù, sino alle stesse ali riformiste piccoloborghesi: si è incriminato persino, per « vilipendio » il segretario generale del Partito repubblicano, Ecevit, che ufficialmente sostiene il governo.
Viene perciò da chiedersi, a questo punto: in Turchia siamo al fascismo? Una prima risposta ci dice che sì, ci siamo. Vi poteva forse essere qualche dubbio in proposito nei primi giorni del colpo di Stato militare. Giocavano in questo senso una certa ambiguità della collocazione dei militari nella società turca,
funzione ch'essi ebbero nel 1960 contribuendo al rovesciamento del dittatore Menderes, l'idea che nell'esercito fosse ancora solida la tradizione kemalista, tutte cose che potevano corrispondere a connotati storici realmente esistenti. Oggi tuttavia il quadro è più nitido e si può cercare di dipanare meglio la matassa degli avvenimenti del marzo scorso.
Fino ad allora il sistema di potere in Turchia era fondato, sul piano politico, su una democrazia formale, duramente repressiva di o[...]

[...]e, non agisce più come deterrente delle tensioni sociali, non è più in grado di egemonizzare una società in ebollizione. Il fossato tra paese reale e paese legale diviene enorme e. rende inefficace lo stesso apparato di repressione e di corruzione.
E' a questo punto che entrano in ballo i militari. Il credito di cui essi dispongono è enorme: non hanno forse rappresentato nella storia della Turchia moderna « la coscienza della nazione »? non era stato Kemal Ataturk un soldato che si era battuto per la. salvezza della patria, fondando nel lontano 1923 la repubblica e lo Stato sulle rovine dell'impero ottomano? In effetti la tradizione kemalista è ancora assai forte nell'esercito, ma è questa la componente essenziale del colpo di Stato?
La risposta, ora possiamo darla con certezza, è. negativa. In primo luogo perché la risposta kemalista è divenuta insufficiente per problemi del paese. La realtà impone oreintamenti che vadano oltre una impostazione puramente modernista e nazionalista, .per aggredire direttamente il tessuto sociale turco. Ciò che poteva apparire rivoluzionario negli anni '20, è oggi solo impotenza riformista, incapacità di mobilitare le forze sociali e politiche in un progetto veramente rinnovatore. Ciò fa sì che l'ala kemalista dell'esercito non abbia né il potere né la forza per assumere essa il controllo[...]

[...] impone oreintamenti che vadano oltre una impostazione puramente modernista e nazionalista, .per aggredire direttamente il tessuto sociale turco. Ciò che poteva apparire rivoluzionario negli anni '20, è oggi solo impotenza riformista, incapacità di mobilitare le forze sociali e politiche in un progetto veramente rinnovatore. Ciò fa sì che l'ala kemalista dell'esercito non abbia né il potere né la forza per assumere essa il controllo del colpo di Stato. Anzi viene rapidamente emarginata. D'altro canto, a questo punto, tutti possono richiamarsi a Ataturk, tanto fragile, lontana e evasiva appare la linea nazionale modernista. Ma vi è una seconda ragione che appare più importante.
L'esercito in questi decenni è venuto secernendo una sua casta particolare, ancorata più ai trattati internazionali che alla tradizione nazionale, educata più allo spirito delle alleanze occidentali che al culto del kemalismo. Per mentalità, costume, preparazione è maturato un gruppo militare che ha le sue radici nella NATO più che in Turchia. E non solo mentalità, [...]

[...]ci nella NATO più che in Turchia. E non solo mentalità, ma anche interessi e privilegi economicosociali. Bisognerà arrivare a una analisi più completa di questo gruppocasta, anche nel quadro del problema più generale che concerne il ruolo e il peso dei militari in tutta un'area del mondo. Quel che però si può, sin d'ora, dire è che, non si tratta di una componente arcaica e arretrata della società turca.
I militari che hanno diretto il colpo di Stato sono anzi una componente « moderna » di quella società, sono una casta che è « moderna » anche in senso culturale e ideologico: nulla quindi di paragonabile al vecchio gorilla sud americano degli anni '40. Ancora si può aggiungere qualche dato circa la loro collocazione sociale. E' chiaro che essi non sono. neutri socialmente, disponibili a questa o quella gestione della società in un quadro di
ordine ». Sono invece socialmente schierati: nel senso .che sono i. più fermi,.portatori della ideologia e della prassi. neocoloniale, i garanti insomma di un preciso rapporto con gli Stati Uniti, e p[...]



da [I Documenti del convegno. Appunti per le relazioni e Comunicazioni] R. Zangheri, La mancata rivoluzione agraria nel Risorgimento e i problemi economici dell'unità in Studi gramsciani

Brano: [...]ui gli elementi essenziali dell’unità nazionale si unificano e diventano una forza sufficiente per raggiungere lo scopo, ciò che mi pare avvenga solo dopo il ’48 » \ Dove è evidente che l’indagine è orientata sugli aspetti non negativi, ma positivi e risolutivi del movimento nazionale. Nel quadro di una situazione internazionale favorevole, ed a partire dalla sconfitta della destra e del centro politico piemontese e dall’avvento dei moderati, lo Stato piemontese e la dinastia dei Savoia furono le fondamentali forze motrici delFUnità. Al centro dell’analisi sono i moderati, il metodo e le forme della loro egemonia politica ed intellettuale, la rottura, da essi operata, dello schieramento antiunitario. Il Risorgimento, riconosce Gramsci, fu un « miracolo », non alla maniera retorica e mitica della agiografia patriottica, ma nel senso più concreto che un movimento di debole consistenza intima andò a segno per il concorso di circostanze esterne, sfruttate da uomini di eccezione.

Un quesito che può sorgere, oggi, è se le forze unitarie ebber[...]

[...]egionali.

Al centro dell’indagine gramsciana è appunto il momento della direzione politica, e pare strano che ciò sia sfuggito a storici eticopolitici : sono i moderati, la validità della loro azione, la dialettica della rivoluzione passiva. Il limite dei liberali cavourriani è che essi « non sono dei giacobini nazionali: essi in realtà superano la Destra del Solaro, ma non qualitativamente, perché concepiscono l’unità come allargamento dello Stato piemontese e del patrimonio della dinastia, non come movimento nazionale dal basso, ma come conquista regia » 2. A questo punto, e in termini di esame dei caratteri e dei limiti della forza dirigente nazionale, si inserisce il problema dei rapporti fra città e campagna, del contenuto di classe della politica agraria dei moderati.

Esisteva nel corso del Risorgimento la reale possibilità di una riforma agraria? Tutta la tesi di Gramsci, a giudizio del Romeo, presuppone l’esistenza « di una “ oggettiva ” possibilità rivoluzionaria, che il partito d’azione, a differenza dei giacobini francesi,[...]

[...] come vedremo, non gli sono chiare le condizioni economiche e sociali entro cui l'accumulazione si rende possibile. Si deve dire infine che il Romeo è nel vero quando afferma che, salvo il lavoro del Sereni, gli studiosi marxisti hanno lasciato in ombra la fondamentale problematica del processo di sviluppo capitalistico nell’Italia unita.

Quali dunque le probabili conseguenze sull’economia italiana di una rivoluzione agraria? Essa avrebbe arrestato, a mente del Romeo, l’incipiente sviluppo del capitalismo nelle campagne del nord, colpendo inevitabilmente « anche le forme di più avanzata economia agraria », cioè, se bene intendo, le medie e grandi aziende a salariati, « per sostituirvi un regime di piccola proprietà indipendente » 1. A questo modo si sarebbe contratto « il profitto agrario, che da noi agisce come la molla principale di tutto il processo » dell’accumulazione. Una simile opinione ha due punti d’appoggio: l’uno relativo alle condizioni dell’economia agraria nel Risorgimento, l’altro consistente in un confronto con lo svilup[...]

[...] proprietà contadina, che ne è un caso particolare; mentre non è poi affatto certo che le leggi del capitalismo, rendendosi più ampiamente operanti nelle campagne, si sarebbero astenute dal sottoporre la nuova proprietà contadina al normale processo capitalistico di differenziazione e di « selezione ».

Certo, fra i molti casi possibili, il più improbabile è quello immaginato dal Romeo, che la trasformazione del rapporto mezzadrile avrebbe arrestato lo sviluppo delle zone capitalisticamente evolute. Lo stesso può dirsi per una soluzione del problema della terra nel Mezzogiorno. Ma in proposito bisogna aggiungere che la difficoltà, prospettata dal Romeo, e secondo cui una piccola proprietà coltivatrice non avrebbe trovato nel Mezzogiorno i mezzi finanziari per sopravvivere, nasce da un evidente difetto di ragionamento. Il Romeo ricorda il cattivo esito delle censuazioni del secolo scorso; ma le censuazioni furono un surrogato mediocre della riforma agraria. Per essere coerente, avrebbe dovuto far l’ipotesi di una riforma vittoriosa; di co[...]

[...]o? dove le obbligazioni delle nostre ferrovie e specialmente delle meridionali? in gran parte si collocano in Francia; dunque i capitali francesi vengono qui ». Dove il Pepoli, uomo di modeste qualità e di orientamento politico certo meno avanzato, mostra di valutare la situazione in modo indubbiamente più realistico del Cattaneo. Cfr. Annali della Società agraria di Bologna, III (1863), p. 69.Renato Zangheri

òli

la spesa pubblica, cui lo Stato fa fronte con l’inasprimento del prelievo fiscale e l’emissione di cartelle della rendita pubblica. Agli inizi del ’900 Nitti osservava che in Italia, a differenza degli altri paesi, « la rendita sovrasta per importanza tutti gli altri valori mobiliari uniti insieme » \ In questo quadro, è palese la funzione decisiva del capitale straniero, che detiene, secondo le valutazioni più caute, più d’un terzo dei titoli di Stato2. A questa partecipazione imponente vanno aggiunti gli investimenti diretti in alcuni settori chiave deireconomia italiana, come quello delle concessioni ferroviarie, e in genere dei servìzi pubblici, e della banca. Secondo il Lanza, il capitale straniero impiegato in imprese di trasporto, industriali e commerciali italiane raggiungeva il miliardo di lire3, la quale cifra risulta meglio significativa se si pensa che essa è quasi doppia dei depositi per risparmio compiuti in Italia alla fine del periodo 187274 4. « Per molti anni — scrive Nitti, riferendosi particolarmente al primo ventennio u[...]

[...] imprese di trasporto, industriali e commerciali italiane raggiungeva il miliardo di lire3, la quale cifra risulta meglio significativa se si pensa che essa è quasi doppia dei depositi per risparmio compiuti in Italia alla fine del periodo 187274 4. « Per molti anni — scrive Nitti, riferendosi particolarmente al primo ventennio unitario — il capitale straniero in Italia ha avuto una importanza prevalente: non solo per il gran numero di titoli di Stato collocati all’estero, ma perché tutte le grandi imprese di traffico, di comunicazione, di trasporto erano straniere o prevalentemente straniere. La borsa di Parigi ha regolato per molti anni tutte le borse italiane » 5. Come il Romeo possa pensare che « rendite e profitti agrari danno vita a una corrente che irrora tutta l’economia urbana » 6, è difficile capire, tanto questo è lontano da ogni ragionevole interpretazione dei dati disponibili.

Nel periodo in esame la rendita è indubbiamente una parte cospicua del reddito nazionale. Ma qui si tratta, come evidente, dell’accrescimento e dell’[...]

[...]3 G. LUZZATTO, « L’economia italiana nel primo decennio dell’Unità », c., p. 272.

4 S. GOLZIO, Sulla misura delle variazioni del reddito Torino, 1951, p. 58.

s NITTI, Il capitale finanziario in Italia, Bari, 1915, p. 17.

6 Romeo, l. c., p. 24.378

I documenti del convegno

Mezzogiorno, grande o meno che ne sia il volume, stenti a trasformarsi in capitale produttivo. È da tener presente, naturalmente, il rastrellamento operato dallo Stato dei capitali monetari formatisi nel Mezzogiorno. Si deve tuttavia considerare, in proposito, che la rendita pubblica posseduta nell'Italia meridionale e insulare non tocca alia fine deH’800 il 18 % del totale, mentre la proporzione del risparmio appena raggiunge il 15 % nei primi anni del ’900 \ E quanto ad « irrorare » l’economia urbana, un esperto osservatore nota che il Banco di Napoli, il massimo istituto di credito meridionale, « non giunge... ad impiegare neanche le forze naturali delle quali dispone » : esso « lascia inerte » il denaro depositato2. Quel che manca è la fiducia, lamentan[...]

[...] più basso di quanto ci si sarebbe potuto aspettare ». L’industria svedese registrò fra il 1888 e il 1906 un saggio annuale di incremento di quasi il 12%; quella giapponese fra il 1907 e il 1913 dell’8,5%; quella russa fra il 1880 e il 1890 di più dell’8%. D’altronde lo sviluppo industriale italiano, « mentre fu immune da gravi flessioni, — nota il Gerschenkron — sembra aver proceduto in modo meno uniforme e più a “ stratti ” denotando forse uno stato delicato nella fiducia del pubblico e maggiori incertezze ed esitazioni da parte degli imprenditori ». È opinione del Gerschenkron che la causa di ciò sia da ricercare principalmente nella « inettitudine degli indirizzi governativi di industrializzazione », di cui la tariffa doganale del 1887 sarebbe, con la sua incongruenza, la prova più persuasiva. A proposito in particolare del dazio sull’importazione del grano, che per aumenti successivi divenne nel 1895 il più alto fra quelli dei maggiori paesi europei, egli nota che l’Italia « non avrebbe mai dovuto esporre la tenera pianta del suo svil[...]

[...] (1957), fase. IV, particolarmente alle pp. 5045, dove il Romeo osserva che la signoria milanese dei Della Torre non portò a fondo la lotta antifeudale nel contado, per concludere : « La mancanza di un concreto sostegno nel contado — che non si seppe o non si volle trovare nei rustici — rende assai più difficile alla pur potente città il controllo effettivo del dominio ». Che è, nella sostanza, niente di diverso, metodologicamente, da quel che è stato definito come il « mancato giacobinismo » della borghesia risorgimentale.



da senza firma, Un "golpe" per Cipro in KBD-Periodici: Rinascita 1967 - 6 - 30 - numero 26

Brano: Un " golpe "
per Cipro
Sono tre anni che gli americani (Dipartimento di Stato e centrale di spionaggio CIA) pensano al modo di attuare un piano che assicuri loro, in forma permanente, la piena disponibilità dell'isola di Cipro di fronte a qualsiasi evenienza; e soprattutto in vista dei ogni eventuale nuova manifestazione di crisi nell'area del Medio Oriente. Con una spregiudicatezza che ha da far meditare gli alleati atlantici degli Stati Uniti, il Dipartimento di Stato e la CIA sono passati negli ultimi tre anni dai ben noti, per quanto sotterranei, tentativi di arrivare a una spartizione dell'isola (per «venire incontro » all'alleato turco: che fino a qualche tempo addietro era, com'è noto, « più vicino » della Grecia al cuore di Washington) alla serie attuale di prese di posizione in favore dell'annessione di Cipro alla Grecia. (Ed è altrettanto noto che ara l'alleato atlantico « più caro all'America » è il governo di Atene, non soltanto perché con il colpo di Stato del 21 aprile la Grecia e diventata uno Stato fascista; ma anche perché la Turchia ha, a1 [...]

[...]oti, per quanto sotterranei, tentativi di arrivare a una spartizione dell'isola (per «venire incontro » all'alleato turco: che fino a qualche tempo addietro era, com'è noto, « più vicino » della Grecia al cuore di Washington) alla serie attuale di prese di posizione in favore dell'annessione di Cipro alla Grecia. (Ed è altrettanto noto che ara l'alleato atlantico « più caro all'America » è il governo di Atene, non soltanto perché con il colpo di Stato del 21 aprile la Grecia e diventata uno Stato fascista; ma anche perché la Turchia ha, a1 contrario, cercato di distinguersi dagli Stati Uniti nella valutazione della crisi del Medio Oriente e ha recentemente impegnato con Washington un'aspra polemica per la revisione degli status che regolano la vita amministrativa e giuridica delle numerose basi statunitensi in territorio turco. La polemica antiUSA della Turehia e addirittura esplosa questo mercoledì, quando it presidente Sunay, ospite di De Gaulle, ha convenuto con il generale che nel Vietnam come altrove ogni popolo dovrebbe disporre di se stesso).
Così ara, dicevamo, i piani contro[...]

[...]ietnam come altrove ogni popolo dovrebbe disporre di se stesso).
Così ara, dicevamo, i piani contro Cipro sono « in favore » della Grecia e vengono elaborati in Grecia. Questi piani sono stati rivelati, appena qualche giorno fa, da fonti dell'opposizione clandestina greca. Ovviamente le rivelazioni non mostrano Washington in primo piano, ma — come sempre — dietro le quinte. E' pero provato che, come furono gli americani all'origine del colpo di Stato in Grecia due mesi e mezzo fa, così essi tirano ora i fili dei preparativi del golpe, che — secondo i loro piani — dovrebbe rovesciare Makarios, portare all'annessione pura e semplice dell'isola alla Grecia e quindi alla totale integrazione della « portaerei naturale » del Medio Oriente nell'Alleanza atlantica.
Si conosce anche id nome del piano: esso si chiama « Astrapi » (cioè fulmine). E' stato messo a punto dal generale Grivas e dal colonnello Papadopulos. Una serie di disordini dovrebbero essere fomentati nell'isola ad opera delle truppe greche che stazionano in diversi villaggi e città; il pretesto sarebbe che do schieramento democratico e di sinistra dell'isola minaccia le istituzioni cipriote. Per questo, il piano e Fulmine » prevede l'arresto non solo di quasi tutti i membri del governo cipriota ma anche dei dirigenti dei movimenti sindacali, del Partito comunista e delle associazioni popolari. Grivas, noto esponente di destra greco e già capo delle forze elleniche nell'isola,[...]

[...]villaggi e città; il pretesto sarebbe che do schieramento democratico e di sinistra dell'isola minaccia le istituzioni cipriote. Per questo, il piano e Fulmine » prevede l'arresto non solo di quasi tutti i membri del governo cipriota ma anche dei dirigenti dei movimenti sindacali, del Partito comunista e delle associazioni popolari. Grivas, noto esponente di destra greco e già capo delle forze elleniche nell'isola, dovrebbe diventare, a colpo di Stato avvenuto, ministro del governo di Atene incaricato di dirigere la vita politica di Cipro, diventata ormai — con l'annessione — la punta più avanzata dell'atlantismo e dell'imperialismo USA ,nel Medio Oriente.
CIPRO
¡op,



da (Nove domande sullo stalinismo) Carlo Cassola in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: CARLO CASSOLA
Risposta alla prima domanda — L'espressione (( condanna del culto della personalità », contenuta nella domanda, mi sembra inadeguata. Io parlerei piuttosto di « condanna dello stalinismo »: il culto della personalità é infatti solo uno degli aspetti dello stalinismo, che sono stati tutti più o meno esplicitamente condannati (teoria dello stato guida, teoria del partito guida, direzione personale, soffocamento della democrazia interna di partito, regime poliziesco, violazioni della legalità, asservimento della cultura ecc.).
Quali dunque le cause della clamorosa condanna dello stalinismo avvenuta nel ventesimo congresso del PCUS, ma già preparata da tutta una serie di atti, quali la riabilitazione dei medici, l'incriminazione di Beria, il disgelo culturale, letterario e artistico, la volontà distensiva in campo internazionale, la riabilitazione di Tito ? Sarà bene distinguere le cause di ordine interno da quelle di ordine internazi[...]

[...]nno prontamente approfittato per evitare che Stalin avesse un successore.
CARLO CASSOLA 11
Questa spiegazione semplicistica può far sorridere gli storicisti. Accontentiamoli dunque, con una spiegazione che peraltro non esclude la precedente, ma solo la integra e approfondisce sul piano storico.
Dopo la paralisi di Lenin (1922), la lotta per il potere si svolse esclusivamente nell'ambito del Partito. E non poteva essere diversamente, perché lo Stato sovietico era ancora da costruire. Stalin si rese padrone del Partito in parte grazie alla propria abilità manovriera e in parte perché patrocinava in modo coerente la sola politica giusta: quella della costruzione del socialismo in un paese solo. Egli ebbe buon gioco nel dimostrare l'incoerenza degli avversari, che volevano l'edificazione socialista senza rinunciare alle avventure internazionali (Trotskij) o senza procedere alla collettivizzazione dell'agricoltura (Bukarin). Divenuto padrone del Partito a partire dal 1928, Stalin poteva considerare il proprio potere come ormai saldo; e forse[...]

[...]928, Stalin poteva considerare il proprio potere come ormai saldo; e forse fu più che altro la sua natura diffidente a spingerlo alle purghe del '3438 (che lo stesso Krusciov avrebbe definito in gran parte inutili, e quindi dannose, nel 'suo famoso rapporto segreto).
Tuttavia, gli stessi successi dello stalinismo nell'edificazione del socialismo dovevano finire per mettere in crisi il regime. Accanto al Partito veniva infatti a prender forma lo Stato, con suoi organi, la sua burocrazia, i suoi corpi sociali (pianificatori, tecnici, ufficiali ecc.) permeati, com'è naturale, da uno spirito di corpo analogo a quello.che legava tra loro i funzionari di partita. Tra organi del Partito e organi dello Stàto non potevano non verificarsi attriti: è evidente, per esempio, che ai pianificatori e ai tecnici non poteva far piacere che i politici si attribuissero tutto il merito dell'industralizzazione, così come ai generali non poteva far piacere che Stalin si attribuisse tutto il merito della vittoria contra i nazisti. Attriti destinati a pervenire a un punto critico nei periodi in cui il Partito esercitava il potere in modo terroristico (come nel periodo '3438 e in quello successivo al 1948). E chiaro che pianificatori, tecnici, generali ecc. dovevano aspirare a porre fine al terrorismo stalinista, [...]

[...] (come nel periodo '3438 e in quello successivo al 1948). E chiaro che pianificatori, tecnici, generali ecc. dovevano aspirare a porre fine al terrorismo stalinista, che prima della guerra aveva falciato largamente le loro file e dopo la guerra accennava a riprendere in modo
sempre più preoccupante. Questa loro aspirazione venne a un certo punto a coincidere con quella di una parte dei dirigenti del Partito, e tosi poté realizzarsi quello che é stato chiamato « il 25 luglio sovietico »: espressione ingiuriosa, ma in certa misura illu minante. Non vi é dubbio comunque che il concorso dell'esercito sia stato decisivo per neutralizzare le velleità staliniste della potentissima polizia.
Anche nel campo internazionale, sono stati gli stessi successi a mettere in crisi lo stalinismo (come la vittoria di Fleurus mise in crisi il robespierrismo). L'instaurazione dei regimi di democrazia popolare e la vittoria dei comunisti cinsi (cioè l'allargamento del sistema a buona parte dell'Europa e dell'Asia) rendevano sempre più problematica la funzione di Statoguida e di Partitoguida che l'Urss e il Pcus si erano fino ad allora arrogata. Nel '48, la ribellione jugoslava fu un chiarissimo campanello di allarme. La corda troppo tesa si spezzava. L'alleato di ieri minacciava di diventare il nemico irriducibile di domani. Krusciov e i compagni hanno valutato il pericolo in tutta la sua gravità: e si sono decisi con coraggio e prontezza a liquidare il sistema dello Statoguida e del Partitoguida, cioè a liquidare l'aspetto più caratteristico dello stalinismo nel campo dei rapporti tra l'Urss e i paesi e i partiti comunisti.
Anche la politica estera staliniana nei confronti dei paesi capitalistici, pur essendo improntata a un sincero desiderio di pace, si era dimostrata troppo rigida. Atti come il blocco di Berlino o come le rappresaglie economiche contro la Jugoslavia non potevano non contribuire all'aggravamento della tensione internazionale. Anche qui, si rendeva necessario un buon colpo di timone. Anche qui, bisognava farla finita con lo stalinismo.
Rispo[...]

[...]erò proprio a rispondere a quest'ultima. Non vi è dubbio che la condanna e la liquidazione dello stalinismo siano avvenute in gran parte con metodi staliniani. Basta pensare all'incriminazione di Beria, accusato di essere un agente del capitalismo fin dal 1919 ecc. Basta porre mente al fatto che le critiche sono state formulate dall'alto
CARLO CASSOLA 13
e imposte d'autorità. Ma poteva avvenire diversamente ? Per cominciare, le strutture dello Stato sovietico e del Partito comunista sovietico non avrebbero permesso l'adozione di un metodo diverso. Inoltre è evidente che una mentalità consolidata attraverso un trentennio non si muta in un giorno. Ma a Krusciov e compagni va attribuito l'enorme merito di aver inferto un colpo mortale al totalitarismo, anche se metodi usati sono stati totalitari, anche se alla morte del totalitarismo non ha fatto seguito la nascita della democrazia.
Almeno sul piano psicologico, un ritorno allo stalinismo è impossibile. Certo, strutture e metodi sono rimasti in gran parte quelli di prima. Rimarranno probab[...]

[...]ne psicologica, nata da una precisa esperienza storica. Se Mussolini e Bombacci, Bonomi e Saragat hanno tradito, perché non dovrebbero aver tradito anche i Trotskij e i Kamenev, i Tito e i Rajk ?
Ciò che gli operai non hanno invece digerito sono state le versioni ufficiali sulle riabilitazioni; mentre gl'intellettuali hanno bevuto anche quelle.
Risposta alla Nona domanda. — Ho già risposto implicitamente a questa domanda. La liquidazione dello Statoguida e del Partitoguida non possono non avere enormi ripercussioni nei rapnorti tra l'Urss e i paesi e i partiti comunisi. Sempre per fare il coito parallf'o storico, siamo alla fine del periodo «'iarobino» e all'apr`,ii di una fase completamente nuova. In Italia, ouesta face nuc a si chiama «via italiana del socialismo », cioè schieramento della classe operaia italiana sotto una bandiera inconfutabilmente democratica (che non è, evidentemente. oue'la della soyiaidernnrra_ zia: il giudizio che gli operai danno di Saragat e compagni è anche il nostro).
22 aprile
CARLO CASSOLA



da Roberto Guiducci, Pamphlet sul disgelo e sulla cultura di sinistra in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1955 - 11 - 1 - numero 17

Brano: [...]stica non aveva più senso, e la
84 ROBERTO CUIDUCCI
protesta neppure, ma occorreva materializzare il problema della cultura in cultura di fatto, cominciare ad operare, anche in questo campo, la realizzazione del proprio pensiero.
Insomma, si trattava di gettar via la scala di cui (pur con la vecchia terminologia e con il vecchio modo individualistico) ci si era serviti per salire al piano superiore.
Se dunque si può dire che il primo passo é stato fatto, che le intenzioni si stanno avviando ad una traduzione in atto, che l'organizzazione della cultura di sinistra sta uscendo in qualche primo tentativo dalle affermazioni di principio di qualche intellettuale singolo per proporsi un lavoro collettivo, facciamo attenzione. Non scambiamo ancora una volta il da farsi con il già fatto, la buona volontà con il risultato, lo stimolo con il conseguimento, l'allontanarsi o il rallentarsi di ostacoli con l'averli superati. Di qui appunto prendono le mosse le pagine che seguono, che non sono altro che un « collage » di tesi sostenute in discussion[...]

[...]e al fine di cooperare ad un continuo aggiornamento ideologico, liberamente dialettizzando con le posizioni politiche, già molti avanzano dubbi, parlano di unità del partito, di non distinzione fra intellettuale e dirigente, ecc., che sono poi tutti vecchi discorsi conservativi e giustificativi. E ben pochi intellettuali alla fine (ma esistono) sono disposti a cominciare a riconoscere a se stessi che se il lavoro di rinnovamento ideologico non é stato effettuato fino ad oggi che in misura molto modesta é anche perché molti uomini di cultura di sinistra, rimanendo ancora chiusi nell'atomismo tipico della tradizione borghese, non hanno saputo affrontarlo con strumenti nuovi. Cosicché essendo la loro attività rimasta (malgrado l'acquisizione di un metodo nuovo di ricerca, quello marxista) nonostante tutto astratta, e quindi relativamente sradicata ed inefficace, gli organi culturali di sinistra si sono trovati di conseguenza in posizione di inferiorità oggettiva nei confronti degli organi politici, attivi e mordenti nella realtà sociale.
Ins[...]

[...]e di sinistra vedremmo che si é sempre andati dicendo nei nostri partiti che le vecchie forme della cultura dovevano essere abbandonate per altre nuove e (a differenza di quanto ora si comincia, come abbiamo visto sopra, a denunciare) che queste nuove forme erano state in definitiva realizzate, che il problema era ridotto, se mai, a rendere il lavoro culturale più efficiente, a trattare alcuni temi piuttosto che altri, ecc.
Il discorso è sempre stato dunque discorso sui contenuti particolari, ben raramente, e mai a fondo, discorso sulle forme, cioè sulla organizzazione della cultura, soprattutto nei confronti dell'organizzazione politica (1).
(1) Qui conviene forse ripetere che, nel corso dello scritto, per politica e cultura di sinistra non si intendono due fatti diversi, ma due aspetti diversi di quell'unità che è l'ideologia. La differenziazione non è per contenuto od oggetto che è sempre il medesimo: la realtà economicosociale, ma per dinamica di ricerca, per modo di procedere nel proprio lavoro specifico. Se infatti per la politica [...]

[...]evetti; e, soprattutto, di ricominciare a pensare « in proprio » con il coraggio della novità, dell'invenzione, della scoperta.
Dieci anni di dispersione e di mediocrità sono una grave perdita per il pensiero che„è, per sua natura, lento e faticoso. E il tempo stringe. Per questo con alcuni amici andavamo proponendo, prima del disgelo, la formazione di un gruppo di intellettuali marxisti che iniziassero questo lavoro. Individualmente qualcosa è stato fatto. Ma poco. Non è del resto possibile affrontare atomisticamente o a cerchio ristretto il lavoro necessario, nella sua vastità.
Poiché allora i Partiti di sinistra non sembravano accorgersi della urgenza di questo lavoro, pensavamo che l'iniziativa, purché fosse, potesse nascere all'esterno, benché accanto ad essi. Il « fuori » ci sembrava un modo più facile per aiutare il « dentro » ancora raggomitolato e incerto. Precisammo del resto fin da allora che il « dentrofuori » era solo una questione provvisoria. Oggi, il « dentro » ci sembra del tutto possibile. Ma la questione veramente impo[...]

[...]ole in quanto tali) che se non è possibile portare tutto il marxismo ad ogni pranzo diplomatico, è indispensabile riprendere alcuni spinosi problemi, come quello della distinzione fra piano tattico (nelle sue articolazioni sindacali, parlamentari e politiche particolari) e piano politico generale (di classe, di movimento operaio, di Partito). 'Il secondo piano (politico generale) non è che il luogo, chiarito con tanta esattezza da Gramsci, dello Stato operaio e contadino in nuce, dove si esercita nel profondo la fatica rinnovatrice, dove ogni atto presente é anche costruzione di una civiltà futura. Il primo piano (tattico) può essere viceversa inteso come il luogo della diplomazia dello Stato in nuce, della sua politica estera, del suo rapportarsi con le altre classi, con gli altri partiti, con gli altri Stati, in una complessa rete di relazione (4).
dei Ministri, e il Presidente Eisenhower sono stati grandi artefici della causa della pace. Ora, cari fratelli e sorelle, preghiamo per la guarigione del Presidente Eisenhower, affinché egli possa continuare il suo grande lavoro a favore della causa della pace ». Dove, come si vede,, la colomba della pace leninista rischia addirittura di assimilarsi alla simbologia paleocristiana in un sapiente gioco caleidoscopico. Molto opportuno c[...]

[...] (in cui un accordo è possibile su questioni particolari).
(4) Estremamente importante a questo proposito ci è parso il grande discorso di Nenni in morte di Rodolfo Morandi (Avanti!, 15 novembre 1955), in cui, partendo da una concezione engelsiana della tattica, mentre si definisce da un lato la politica contingente come politica degli « acconti », si dichiara dall'altro, in modo apertissimo, il
92 ROBERTO GUIDUCCI
Ma é precisamente dentro lo Stato operaio in nuce che può cominciare un discorso non diplomatico sulla cultura di sinistra, collocarsi una dialettica feconda fra l'aspetto d'intervento (politico) e quello di elaborazione (culturale) di quell'unico complesso che é l'ideologia marxista. Senza aver affrontato, anche per linee grandissime e problema tiche, questi quesiti di fondo, crediamo che non abbia certamente ormai senso parlare di una « questione » della cultura di sinistra.
Questi quesiti vanno dunque, come stiamo vedendo, più in là dei vizî di costume degli intellettuali di sinistra dentro e fuori il partito, vanno ben a[...]

[...]ario, fedele alla pratica della lotta di classe, fedele ai principii dell'internazionalismo proletario a. E se le vie che conducono al socialismo possono essere tanto quella dell'« evoluzione a che quella della « rivoluzione a, rimane tuttavia fermo che l'« obbiettivo del socialismo e delle democrazia proletaria è unico: la socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio, l'abolizione delle classi, e in prospettiva l'abolizione stessa dello Stato che nelle sue forme attuali, o in quelle che assume in periodo rivoluzionario, é un limite alla libertà ». Ora appunto il tradurre organizzativamente questa compresenza, questa doppia via parallela degli « acconti » e della « contabilità generale » in una articolata e contemporanea pratica politicoculturale, ci sembra il centro del problema che questi presupposti ideologici indicano, confermandone la necessità realizzativa nella vita quotidiana del movimento operaio.
PAMPHLET SUL DISGELO E SULLA CULTURA DI SINISTRA 93
l'insieme e per capire che non è male fermarsi a qualche ripiano per osse[...]

[...]di capire il proprio pezzo di mondo é elemento insostituibile e indispensabile ad una visione del mondo. E per questo che non é piú possibile che la propria umanità venga portata su e giù per l'Europa nelle valigie diplomatiche. In questi ultimi dieci anni abbiamo tutti perfettamente capito che la politica internazionale non é che una parte di quella parte della politica che é la strategia. Quel che le é dovuto è in proporzione.
Un amico, che é stato recentemente in Unione Sovietica, fece una domanda di estrema acutezza ad un gruppo di giovani_ intellettuali :
PAMPHLET SUL DISGELO E SULLA CULTURA DI SINISTRA 99'
Voi credete ancora alle mete finali? Si crede in URSS al raggiungimento delle mete finali? ». Ci credevano, credevano ogni giorno ai loro sogni.
Anche noi crediamo ai nostri sogni, al raggiungimento della societa. socialista e, in essa, della libertà di pensiero, della democrazia diretta, della fine della burocrazia, dell'estinzione dello Stato, del suo tradursi in comportamento responsabile dei cittadini, del fare ciascuno sec[...]

[...]ma acutezza ad un gruppo di giovani_ intellettuali :
PAMPHLET SUL DISGELO E SULLA CULTURA DI SINISTRA 99'
Voi credete ancora alle mete finali? Si crede in URSS al raggiungimento delle mete finali? ». Ci credevano, credevano ogni giorno ai loro sogni.
Anche noi crediamo ai nostri sogni, al raggiungimento della societa. socialista e, in essa, della libertà di pensiero, della democrazia diretta, della fine della burocrazia, dell'estinzione dello Stato, del suo tradursi in comportamento responsabile dei cittadini, del fare ciascuno secondo le proprie possibilità e del ricevere secondo i propri bisogni, della liberazione dall'alienazione dell'uomo, della costruzione di rapporti umani liberi e organici.
E se nell'Unione Sovietica la previsione e le prospettive marxiste si fanno società, se la filosofia può realizzarsi, da noi, che dobbiamo attendere, Gramsci ha insegnato come ci si può anticipare uomini pur nell'alienazione, come si può essere Stato operaio in nuce, come si può, cominciare a vivere una vita nuova nella vecchia, una vita vera[...]

[...]i cittadini, del fare ciascuno secondo le proprie possibilità e del ricevere secondo i propri bisogni, della liberazione dall'alienazione dell'uomo, della costruzione di rapporti umani liberi e organici.
E se nell'Unione Sovietica la previsione e le prospettive marxiste si fanno società, se la filosofia può realizzarsi, da noi, che dobbiamo attendere, Gramsci ha insegnato come ci si può anticipare uomini pur nell'alienazione, come si può essere Stato operaio in nuce, come si può, cominciare a vivere una vita nuova nella vecchia, una vita vera nella falsa.
.Per questo l'emancipazione della cultura da un politicismo limitativo é la condizione stessa del marxismo come pensiero vivente, come pratica liberatoria. E se un risultato c'è, non ovvio, a questi dieci, tristi. anni di cultura di sinistra in Italia, esso é proprio nel non aver perso i. propri sogni, nel coraggio rimasto a riproporli.
Cosl si deduce facilmente che la cultura di sinistra non può essere soltanto una Sezione Culturale di un comitato centrale di partito. La cultura è il [...]



da Antonello Trombadori, Le fonti della storia d'Italia sono ancora in fondo a un lago in KBD-Periodici: l'Unità - Nuova serie - Edizione nazionale 1966 - - novembre - 11

Brano: [...]re dare il cambio ai « volontari » stremati dal lavoro Le tremende conseguenze del fatto che troppo a lungo l'acqua ha gravato sui monumenti Un più pronto impiego dei mezzi di emergenza deve fin da ora collegarsi con una revisione generale della politica programmata in questo campo
Dal nostro inviato
FIRENZE. 10
Mi trovo a lume di candela nell'Ufficio di Gabinetto della Amministrazione provinciale di Firenze in Palazzo Medici Riecardi. Vi è stato costituito uno dei provvisori centri di raccolta delle notizie sugli sviluppi della situazione nelle istituzioni culturali colpite dalla alluvione. Gruppi di studenti fanno da staffetta. Ma siamo ben lontani dal momento in cui potranno cominciare ad affluire dati che consentano di dare inizio alla stesura di un elenco particolareggiato delle perdite e dei salvataggi. Numerosi sono i centri per l'invio dei soccorsi nello specifico settore delle strutture culturali: ma anche a questo improvvisatosi presso gli uffici della Prorincia continuano a giungere pressantemente richieste di aiuti materia[...]

[...]incia continuano a giungere pressantemente richieste di aiuti materiali. E siamo al settimo giorno della catastrofe.
Dalla Biblioteca Nazionale, dove pure molti aiuti sono già stati concentrati, chiedono pinze per sbullonare, guanti. medicinali. aghi da siringa. riverì. Dal Gabinetto Vieucseur chiedono pasticche antitifiche, guanti, maschere di garza igienica. filo zincalo per stendere i libri. rireri, stracci. segature, stufe. Dall'Archivio di Stato chiedono iniezioni antitetaniche, cotone idrofilo. alcool. guanti di gomma, disinfettanti. pile elettriche. viveri. secchi e pale. Riferisco questo episodio perché immagino che ogni lettore si stia già domandando e con ragione, quando finalmente i giornalisti di tutta Italia inizieranno le loro corrispondenze annunciando che a Firenze l'opera di soc corso è stata radicalmente arriata a compimento. Proprio tale obiettivo sembra via ria che passano i giorni allontanarsi net tempo. E non solo per quanto riguarda le opere d'arte. il patrimonio librario. ma per la intera situazione della città. Pe[...]

[...]o che la decisione. tardiva ma salutare, di attribuire il massimo dei poteri alle amministrazioni locali. Comune e Provincia. in modo che tutto renga centralizzato al loro livello, senza dubbio il più competente ed efficace, e che ogni altra autorità debba subordinare la propria azione al controllo degli organismi democratici, sia la sola giusta e dalla quale ci si potrà attendere una svolta. Ammesso sempre che da parte dei poteri centrali dello Stato l'impiego di mezzi, di materiali e di uomini sia pari alla colossale impresa.
Abbiamo già ieri sottolineato come il numeroso corpo dei rolontari sia stato sottoposto ad un logorio non oltre sopportabile. Occorrono nuovi contingenti di soldati. occorrono nuove fresche braccia lavorative. Ora cominciano le conseguenze del lungo permanere dell'acqua e del fango negli scantinati delle case. degli edifici pubblici, delle chiese. Ro vista il pavimento di Santa Croce muoversi fra tomba e tomba in gobbe e avrallamenti. che rischiano di aprire irreparabili haratri. Ho visto le platee devastate dei teatri e Comunale s. e La Pergola s, e Verdi s. n e Verdi s dà su ria Ghibellina che. come nella canzone del mio indimenticabile amico Ottone Rasai è davvero [...]

[...]antinati delle case. degli edifici pubblici, delle chiese. Ro vista il pavimento di Santa Croce muoversi fra tomba e tomba in gobbe e avrallamenti. che rischiano di aprire irreparabili haratri. Ho visto le platee devastate dei teatri e Comunale s. e La Pergola s, e Verdi s. n e Verdi s dà su ria Ghibellina che. come nella canzone del mio indimenticabile amico Ottone Rasai è davvero diventata peggio di una c sepoltura s.
No visto all'Archivio di Stato, unico in Europa per lo studio della storia dello Stato toscano fino aI 1859 e il più importante in ordine dopo quello dei Frari a Venezia, le mute distese d'acqua dalle quali si stanno estraendo senza posa sfilze di preziosi documenti nella speranza di salvarne almeno unn parte. Giacciono ancora sotto quell'acqua tutti gli atti dei cosidetti e Conventi soppressi s, vale a dire le basi stesste per la ricostruzione di gran parte della storia civile e sociale della Toscana; gli atti cosidetti del e Buongoverno s fonte fondamentale per la storia politica del Risorgimento; gli atti cosidetti dei e Benefici vacanti s relativi alla fine della feudalità [...]

[...]isperazione offerto dalla vita rira di Firenze che lotta disperatamente per non perire. Ma anche in questi frangenti. anche nell'imminenza di un pericolo di epidemie e di infezioni che può sprigionarsi dallo scoppio improrriso delle fogne infezioni che può sprigionarsi daIcienza di disinfezione. è doveroso non smarrire l'intiera dimensio ne della esistenza umana. Allora anche i lembi di storia che stanno marcendo nei sotterranei dell'Archivio di Stato di Firenze diventano motivo per una più accorata richiesta di aiuti e per uno più severa condanna delle strutture stesse di uno Stato che fa davvero acqua da tutte le parti.
Non sembri dunque che noi si voglia anticipare con troppa fretta un discorso che andrà affrontato con ben altra forza e decisione nell'immediato futuro, se fin d'ora colleghiamo la urgenza di un pili massiccio impiego di mezzi per la difesa del patrimonio artistico e culturale fiorentino alla necessità di una profonda modificazione del Piano Pieraccini per quanto appunto riguarda pli investimenti della pubblica spesa in quella direzione su scala nazionale. Questa è del resto oggi opinione comune a tutti gli uomini di cultura che stanno in questi giorni[...]



da [Gli interventi] Giorgio Candeloro in Studi gramsciani

Brano: [...]ali della discussione provocata tra gli storici dall’opera di Gramsci.

Di fronte a queste critiche si deve dire anzitutto che il pensiero storiografico di Gramsci è indubbiamente un aspetto del suo pensiero politico e al tempo stesso della sua azione politica. Ma si deve anche dire che questa azione fu essenzialmente azione rivoluzionaria, rivolta a mobilitare e a dirigere le forze capaci di risolvere i problemi di fondo della società e dello Stato in Italia. Questi problemi, giunti ad un grado estremamente critico nel primo dopoguerra, hanno però le loro radici in tutta la precedente storia d’Italia, in particolare nella storia dell’Italia unitaria e nel Risorgimento. Gramsci perciò condusse un’indagine storica marxista sul problema della nascita e dello sviluppo della società e dello Stato borghese in Italia cercando di fissarne con chiarezza i caratteri distintivi nell’ambito dello sviluppo generale della borghesia in Europa e nel mondo. Nasce di qui necessariamente il paragone con la Rivoluzione francese, il quale del resto si può ricollegare ad una tendenza tipica del pensiero politico ottocentesco in Italia e in tutta l’Europa. Gran parte del pensiero politico liberale, democratico e in una certa misura anche socialista, del secolo passato, si sviluppò infatti sulla base di determinate e tra loro contrastanti interpretazioni della Rivoluzione francese; per non parlare del p[...]

[...]e era su posizioni moderate, ma rimasero sempre nell’ambito di una rivoluzione boghese. Il giudizio gramsciano si avvicina qui a quello dato in modo più ampio e documentato da alcuni storici della Rivoluzione francese, principalmente dal Mathiez. È impossibile però stabilire fino a che punto la concezione gramsciana sia stata influenzata dall’opera del Mathiez che Gramsci mi pare citi due sole volte nei Quaderni2.

Ora, secondo Gramsci, non ce stato nel Risorgimento un movimento giacobino, inteso in questo senso, perché nessun partito politico risorgimentale volle far leva sulle masse popolari e trascinarle nel movimento nazionale in vista di una trasformazione radicale della situazione

1 R., p. 75.

2 Mach., pp. 44 n. 2, 48.518

Gli interventi

esistente. Questa trasformazione avrebbe dovuto consistere essenzialmente (ma non esclusivamente) in una rivoluzione agraria. In Francia i giacobini, che avevano nella capitale la loro base principale, poterono assicurarsi con la loro politica agraria l’appoggio delle masse contadine. E[...]

[...].518

Gli interventi

esistente. Questa trasformazione avrebbe dovuto consistere essenzialmente (ma non esclusivamente) in una rivoluzione agraria. In Francia i giacobini, che avevano nella capitale la loro base principale, poterono assicurarsi con la loro politica agraria l’appoggio delle masse contadine. Essi perciò non solo « organizzarono un governo borghese, cioè fecero della borghesia la classe dominante, ma fecero di più, crearono lo Stato borghese, fecero della borghesia la classe nazionale dirigente, egemone, cioè dettero allo Stato nuovo una base permanente, crearono la compatta nazione moderna francese» \ La loro caduta si dovette essenzialmente alla necessità in cui si trovarono, per restare sul terreno della rivoluzione borghese, di rompere il fronte urbano di Parigi e di perdere l’appoggio delle masse popolari, sicché il Termidoro li travolse. In Italia invece mancò una forza democratica che sapesse essere giacobina e svolgere una politica agraria rivoluzionaria, sicché nei momenti decisivi del Risorgimento prevalse il movimento moderato.

Gramsci giunge cosi ad una visione molto chiara dei caratteri e della funzi[...]

[...]o su pregiudizi moralistici, o sul mito di una conoscenza storica concepita come fine a se stessa, ma nasce dall’esigenza di conoscere scientificamente la realtà per trasformarla. Se si tiene presente questo essenziale carattere marxista dell’indagine gramsciana, allora appare anche pienamente legittimo l’uso della comparazione storica nella forma adottata da Gramsci a proposito del giacobinismo. Infatti per comprendere ciò che il Risorgimento è stato effettivamente è necessario vederne con chiarezza i limiti, vedere quali problemi esso lasciò insoluti; è necessario cioè, in un certo senso, tener conto anche di quello che esso non è stato. Perciò occorre studiarlo tenendo presente sia lo sviluppo successivo della storia italiana, che è condizionato dall risultato del Risorgimento, sia lo sviluppo generale della borghesia in Europa e nel mondo. Quindi la comparazione tra il processo storico con cui la borghesia conquistò il potere in Italia e i vari processi storici con 1 quali essa conquistò il potere in Francia, in Inghilterra o in altri paesi, serve appunto a fissare le caratteristiche dello sviluppo storico che portò in Italia alla formazione di un determinato Stato e di una determinata situazione politicosociale.

D’altr[...]

[...]aliana, che è condizionato dall risultato del Risorgimento, sia lo sviluppo generale della borghesia in Europa e nel mondo. Quindi la comparazione tra il processo storico con cui la borghesia conquistò il potere in Italia e i vari processi storici con 1 quali essa conquistò il potere in Francia, in Inghilterra o in altri paesi, serve appunto a fissare le caratteristiche dello sviluppo storico che portò in Italia alla formazione di un determinato Stato e di una determinata situazione politicosociale.

D’altra parte, per ritornare al concetto di giacobinismo, mi pare che Gramsci, se da un lato fu probabilmente stimolato alla definizione comprensiva di questo fenomeno storico prima citata dallesempio contemporaneo del bolscevismo e dalla dottrina leninista del partito comunista, dall’altro volle anche affermare che un certo tipo di azione giacobina, o cosidetta giacobina, tendente ad esaurirsi in una prassiGiorgio Candeloro

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insurrezionale, è tipico della rivoluzione borghese e non di quella proletaria. Vi sono nei Quaderni alcuni[...]



da relazione di Costantino Lazzari sotto presidenza Azimonti, Discorso Lazzari in Resoconto stenografico del 17. congresso nazionale del Partito socialista italiano : Livorno, 15-20 gennaio 1921 : con l'aggiunta di documenti sulla fondazione del Partito comunista d'Italia

Brano: [...]ositi e di sentimenti i quali sono in contrasto con quella che dovrebbe essere la giusta e ragionevole spinta che deve animare tutti i compagni che si iscrivono al Partito socialista italiano. Io non esito a dichiarare che se la situazione, che il Partito ha affrontato l'anno scorso nel Congresso di Bologna, era già una situazione intricata e difficile, oggi essa è diventata ancora piú grave perché appunto il risultato del Congresso di Bologna è stato quello di introdurre negli usi, nelle abitudini, nei programmi del nostro Partito, come mezzo di azione, il mezzo della violenza: il mezzo della violenza che è ripugnante in un Partito sorto, come il nostro, per reazione contro il vecchio culto ed il vecchio fanatismo di credere che le questioni sociali possano essere risolte col mezzo della violenza.
Nel 1892 il Partito socialista in Italia è sorto appunto spogliandosi di tutte queste vecchie fantasie che ci erano lasciate in eredità da tutto
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quell'atavismo delle generazioni passate, che aveva consumato se stesso per poter dare alla n[...]

[...]ceva ritornare alla stessa sensazione etica e morale della civiltà mosaica, anche prima del diluvio universale, io allora avevo preparato un articolo che ho avuto sempre scrupolo di pubblicare. Ed in questo articolo io ricordavo le memorabili e grandi parole che sono state espresse in principio della rivoluzione russa dal nostro compagno Krilenko, un umile ufficiale diventato commissario del popolo per la guerra, il quale, ritornando dall'essere stato a sciogliere lo Stato maggiore dell'esercito russo, ha dovuto assistere impotente all'assassinio del generale Zakunine, che egli conduceva con sé dinanzi al Tribunale di Pietrogrado. Il compagno Krilenko ha pubblicato un proclama, che ho avuto il piacere di tradurre, che è stato pubblicato sull'Avanti! del 17, in cui richiamava i compa
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gni soldati di terra e di mare, a considerare la inutilità della violenza e della crudeltà. Ebbene, noi abbiamo adottato, voi avete adottato, nel Congresso dell'anno scorso, questo mezzo di azione, il quale confonde l'inutilità e l'utilità della violenza e la mette semplicemente a disposizione dei nostri volontaristi, o dei nostri compagni impazienti e insofferenti come un mezzo per la liberazione o per l'espressione della loro volontà e del loro diritto. Questo è quello che ci ha portati alla situazione in cui ci troviamo: che s[...]

[...]vane compagno, io ti dico: Noi per quarant'anni abbiamo apprezzato i benefici della unità di tutti quegli elementi militanti, i quali, rinunciando a tutte le vecchie ideologie dei vecchi Partiti borghesi, hanno dichiarato, in base al nostro programma, di dedicarsi per la causa della giustizia e dell'uguaglianza, col proposito della espropriazione economica e politica delle classi dirigenti su un terreno e su una base chiaramente socialista. Ed è stato il secondo che si è espresso, dai primi tentativi e conati che venivano da tutta una predicazione idealistica che è stata fatta allora fino dai tempi subito dopo la Comune di Parigi. Ebbene, noi per quarant'anni abbiamo apprezzato i beni della unità: voi, in pochi anni, caro giovinetto, constatate gli inconvenienti della unità. Noi abbiamo sempre saputo che in mezzo ad ogni cosa di
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questo mondo, vi è la parte utile e vi é la zavorra, la parte dannosa. Siamo qui tutti per rimediare ai difetti dell'unità. Anche l'unità ha i suoi difetti. Sono tutti inconvenienti della vita e dell'azione d[...]

[...]hi anni, caro giovinetto, constatate gli inconvenienti della unità. Noi abbiamo sempre saputo che in mezzo ad ogni cosa di
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questo mondo, vi è la parte utile e vi é la zavorra, la parte dannosa. Siamo qui tutti per rimediare ai difetti dell'unità. Anche l'unità ha i suoi difetti. Sono tutti inconvenienti della vita e dell'azione degli uomini. Siamo qui per cercare di rimediare. Ma voi per rimediare chiamate e fantoccio » quello che è sempre stato il nostro culto, il nostra bisogno, verso il quale abbiamo fatto tutti i sacrifici. E voi avete portato un dolore a noi proprio all'inizio di questa discussione. Oggi i giovinetti pero dicono: Cosa importa se i vecchi hanno dei dolori? Noi andiamo avanti per la nostra strada.
Allora, o compagni, è necessario richiamarvi ad un'altra considerazione di carattere etico e morale, che io credo non debba mai sfuggire dai nostri propositi e dalla nostra azione, e nemmeno dalle nostre riunioni. Voi sapete che noi vecchi del Partita, abbiamo passato tanti dispiaceri, tanti fastidi, tanti, di tutte le [...]

[...]he
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sono le esigenze del movimento internazionale, a quelle che sono le esigenze del nostro movimento nazionale. In verità il compagno Graziadei ha creduto necessario, dopo il suo primo discorso di ieri mattina, di venire alla tribuna a fare una specie, non dico di atto di contrizione, ma una specie di spiegazione che poteva parere una giustificazione perché comunemente viene ritenuto che il suo atteggiamento di fronte alla guerra non fosse stato realmente un atteggiamento contro la guerra. E difatti noi ricordiamo benissimo che quando nelle nostre manifestazioni di fronte a questo grave fatto politico della guerra, noi eravamo considerati come degli elementi pericolosi e siamo stati incolpati appunto per questo, anche il compagno Graziadei faceva le sue osservazioni in proposito, ma ricordiamoci che le sue osservazioni, i suoi scritti, i suoi commenti andavano sulle colonne del Giornale d'Italia e servivano come strumento contro di noi. (Applausi). Perché il torto del compagno Graziadei e di parecchi altri — qualcuno di essi appartie[...]

[...]la situazione. Il popolo di Grecia, il quale è uno dei popoli dell'antica civiltà, piú ancora, avanti di noi, che nella psicologia sua ha già liquidato questo vecchio culto verso l'eroismo degli altri, che anche per noi è roba vecchia e consumata che non risponde piú alla nostra vitalità. Ebbene, é successo questo: contro Venizelos le varie frazioni della borghesia che gli contrastavano il potere avevano armato la violenza dell'attentato. Egli è stato colpito da una palla di revolver. Ma questo non ha servito a niente. Cosa ha servito per liquidare Venizelos e la sua cricca imperialista? Ha servito semplicemente il suffragio universale ed il libero voto. Il successo elettorale della Grecia è stato quello che ha servito... (proteste dei comunisti) a liquidare Venizelos piú di quello che non abbiano fatto i mezzi violenti dei suoi rivali. (Rumori e interruzioni).
Questo dunque prova come in noi il culto dell'eroismo personale ed i propositi delle frazioni sono condannati a non avere possibilità di
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esercitare, su tutto lo spirito e su tutto l'insieme del sentimento del nostro popolo, quella forza di attrazione e di coesione che è pure necessaria perché la nostra azione di Partito possa servire a creare quella grande società in cui l'interesse del popolo italiano debba avere la poss[...]

[...]ediare a questa condizione si dovesse allontanare la frazione riformista dal nostro Partito.
La frazione riformista 1 Io vorrei domandare a quattr'occhi al compagno Graziadei se egli crede proprio che quando noi avremo allontanato quei nostri compagni che si sono riuniti pochi mesi fa a Reggio Emilia ed hanno concluso la loro riunione con una deliberazione collettiva, se quando noi avremo allontanati questi compagni, il nostro Partito avrà acquistato una maggiore potenza rivoluzionaria. Io sono convinto che non sarebbe avvenuto nessun cambiamento sostanziale nella forma e nella capacità rivoluzionaria del nostro Partita. Sono convinto di questo, specialmente quando, osservando le deliberazioni di Reggio. Emilia, noi troviamo che questi nostri vecchi compagni legati al loro metodo ideale, al loro metodo riformista, sono già stati costretti ad ammettere questo concetto, che prima avevano continuamente rifiutato come dannoso alla vita del Partito, il concetto cioè dello sciopero generale, il concetto della dittatura del proletariato.
Noi, c[...]

[...] vero che il compagno Graziadei dice che adesso questa massima non è piú utile, che noi ci troviamo di fronte ad esigenze speciali... Ah 1 no, compagno Graziadei. Quando tu riconosci la bontà e la forza di questa massima del passato e vieni a negarla nel presente, tu stesso sei vittima di
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un opportunismo che noi crediamo non debba essere ammesso nel sistema col quale noi affrontiamo le nostre diverse situazioni. Opportunismo politico che è stato colpito dalle deliberazioni della Terza Internazionale che ha pure vincoli e legami con questo opportunismo locale col quale si crede di sistemare in modo utile al nostro movimento. gli interni rapporti fra militanti dello stesso Partito. Io mi rifiuto di adottare questo sistema di opportunismo morale. Se c'è una massima la quale rappresenti, realmente, nella grande conquista della libertà di pensiero, la possibilità di tutta la coscienza e di tutta l'anima di coloro che sono raccolti in base al programma comune e debba citare continuamente il tesoro della propria competenza attraverso il nos[...]

[...]o mi rifiuto di adottare questo sistema di opportunismo morale. Se c'è una massima la quale rappresenti, realmente, nella grande conquista della libertà di pensiero, la possibilità di tutta la coscienza e di tutta l'anima di coloro che sono raccolti in base al programma comune e debba citare continuamente il tesoro della propria competenza attraverso il nostro movimento, è appunto questa libertà di pensiero che è il patrimonio piú grande che sia stato conquistato dalla nostra civiltà italiana. Ora, sacrificare questa per le esigenze di un popolo di nuova civiltà, il quale si è trovato in circostanze favorevoli di compiere prima degli altri la propria rivoluzione proletaria non è giusto. Noi siamo qui a battere le mani e a dare tutta la solidarietà, e non soltanto solidarietà apparente, ma efficace, al movimento dei nostri compagni russi, ma siamo qui anche a rivendicare la dignità del nostro movimento, la necessità della sua libertà ed a prendere le nostre deliberazioni. (Applausi). E la nostra adesione alla Terza Internazionale non sia deliberazione [...]

[...], ma di uomini di spirito libero che hanno coscienza della situazione nella quale ci troviamo e vogliono portare alla Terza Internazionale una forza compatta e cosciente e non una debolezza. (Applausi).
Il compagno Graziadei diceva che noi, per i meriti che abbiamo nel passato, intendiamo ottenere delle eccezioni dai compagni della Terza Internazionale. No, noi non crediamo di avere meriti speciali:. noi crediamo, semplicemente — ed io che sono stato uno degli artefici responsabili dell'andamento del Partito durante la guerra — di avere sempre fatto il nostro dovere, tutto quel dovere che potevamo fare di fronte al dilemma della compagine socialista nazionale ed internazionale. Tutto quello che dovevamo, che potevamo fare, abbiamo cercato di farlo e quindi domandiamo ai nostri compagni di Russia non un riconoscimento dei nostri meriti, ma la valutazione chiara della situazione nella quale noi ci troviamo. Ecco perché noi non domandiamo eccezioni, ma facciamo semplicemente appello alle stesse deliberazioni della Terza Internazionale, un ap[...]

[...]o affatto, il loro dovere nazionale ed internazionale (bravo !) durante la guerra. Noi comprendiamo. E c'è qui scritto, nelle «Tesi e Statuto dell'Internazionale comunista », quel luminoso documento che è il « manifesto », ove si legge, nella prima parte, il primo documento portato. Troverete ivi espresso, in modo indiretto, questo concetto che io esprimo. Nell'orribile conflitto degli interessi capitalistici del mondo, che per 4 o 5 anni ha devastato tutta la vita morale e materiale della civiltà attuale, l'Italia non ha contato che come un accessorio, come una appendice, ed è stata trattata come una appendicite da potere risolvere e tagliare. La borghesia italiana, il capitalismo italiano, allo scoppio della guerra non era ancora arrivato ad una sufficiente potenza onde potere essere considerato nei destini della civiltà moderna borghese come una forza reale ed effettiva; quindi nella determinazione dei rapporti internazionali fra gli Stati, l'Italia, come ha contato poco prima della guerra, come ha contato poco durante la guerra, conta [...]

[...]cere quello che noi abbiamo fatto per la nostra vita ed anche a favore dei Partiti di tutto il mondo.
Vi ricordate nel 1912 quando il nostro Partito ha liquidato i socialpatrioti e i socialdemocratici che esistevano nel nostro Partito? I Bono mi, i Cabrini, i Podrecca, i Bissolati sono stati espulsi dal nostro Partito appunto perché erano la espressione di quella corrente, che cosí si è tolta dallo inceppare la vita del Partito. Tutto ciò non è stato mai fatto da nessun altro dei Partiti socialisti del mondo. Né Millerand, né Briand in Francia sono stati mai considerati fuori delle file del loro Partito per liquidare con questo atto la corrente di azione politica che loro rappresentavano. E noi abbiamo quindi pieno diritto di volere che si tenga conto di questi avvenimenti storici che hanno il loro valore. Ed è questo che nella nostra mozione, quando voi, all'art. 17, ci dite di romperla con la politica del riformismo, noi vi diciamo « Grazie,
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cari compagni, del consiglio: noi questo lo abbiamo già fatto nel 1912 ». (Approvazioni, a[...]

[...]do noi avremo illuminato la mente e la coscienza di coloro che maneggiano gli strumenti della violenza, avremo fatta la piú grande conquista. (Applausi della maggioranza, interruzioni dei comunisti).
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Purtroppo voi vedete come anche il nostro Partito, che può anche orgogliosamente guardare i successi elettorali di questi ultimi tempi, del 1919 e del 1920, purtroppo noi siamo costretti a considerare come siamo lontani ancora dall'avere conquistato con la nostra lotta e propaganda l'anima di questo povero proletariato italiano. Pensate alla situazione in cui si sono trovati con l'esito delle elezioni politiche del 1919. Ci avete mai pensato? Non siamo nemmeno raddoppiati come forza elettorale, e siamo quadruplicati di forza parlamentare. C'è una sproporzione evidente in questo successo elettorale politico che deve insegnare qualche cosa. Ma come? Noi abbiamo continuato per tutto il periodo della guerra nel nostro atteggiamento, nella nostra propaganda, nella nostra influenza; noi dopo la guerra abbiamo cercato di rendere sempre piú perf[...]

[...] abbiano dovuto accettare questa distinzione, abbiano dovuto chiamarsi « comunisti » invece di socialisti di fronte alla confusione, alla mistificazione avvenuta nel campo socialista internazionale. Poiché bisogna pensare che in Russia anche i « riformisti » si chiamano « rivoluzionari ». Qui, in Italia, i nostri compagni sarebbero spaventati solo a chiamarsi « rivoluzionari ». In Russia la nuova organizzazione ha portato a questa distinzione; è stato necessario opporre come mezzo di selezione e di distinzione per le direttive che debbono seguire i proletari, di opporre la concezione comunista a quella che era la concezione generica, perché quelli che si chiamano comunemente « socialisti » erano tutti dei transigenti, degli accomodanti, della gente collaborazionista con le classi dominanti ed hanno dovuto scegliere questo precipitato, questo termine di distinzione, nel Comunismo, il quale rappresenta appunto il futuro ordinamento economico della società comunista. E stato necessario adottarlo in Germania, in Svizzera, in Inghilterra, in Fr[...]

[...]e che debbono seguire i proletari, di opporre la concezione comunista a quella che era la concezione generica, perché quelli che si chiamano comunemente « socialisti » erano tutti dei transigenti, degli accomodanti, della gente collaborazionista con le classi dominanti ed hanno dovuto scegliere questo precipitato, questo termine di distinzione, nel Comunismo, il quale rappresenta appunto il futuro ordinamento economico della società comunista. E stato necessario adottarlo in Germania, in Svizzera, in Inghilterra, in Francia, dappertutto dove c'è stata questa confusione. Da noi in Italia, adottare questo nuovo nome sarebbe un fare credere che il Comunismo é qualche cosa di diverso dal Socialismo.
Guardate a che acciecamento si arriva ! C'è stato un buon compagno del nostro Partita, un mio consanguineo, il quale mi scriveva che egli aveva accettato di fare parte della frazione comunista perché «piú avanzata » e che si è trovato poi espulso dalla frazione comunista perché non ha voluto accettare il mezzo di azione della violenza, ed egli aveva creduto, appartenendo alla frazione comunista di essere piú avanzato ! Quando si viene a mettere la questione in questo modo, e l'Ordine Nuovo viene a dire « Siamo la parte piú avanzata e cosciente... » allora si capisce che viene a determinarsi una situazione tale che un uomo di buona volontà di[...]

[...]mente mobile, movimentata, e quindi nella loro mente pare di mancare al loro compito ed al loro dovere se non vanno continuamente ad elaborare teorie nuove, dottrine nuove, punti di vista nuovi. C'é della gente a cui pare mancare al loro scopo, alla loro mente pare di mancare al loro compito ed al loro dovere se altri invece i quali hanno altre qualità, e in generale siamo noi, vecchi proletari, noi che abbiamo sempre combattuto (io non sono mai stato giovane socialista) e siamo diventati socialisti quando abbiamo scoperto che il segreto dell'ingiustizia era rivelato dalla scienza socialista comunista dei nostri compagni che ci hanno preceduto nello studio della situazione sociale. Siamo diventati socialisti col nostro pensiero fisso di raggiungere quello scopo che stava scritto nel nostro programma. Il solo mezzo di azione era la lotta implacabile, continua, inflessibile, intransigente contro i nemici dell'umanità. Una volta stabilitaquesta base di azione e questo punto di arrivo ci siamo dedicati tutti,
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con ogni sforzo, per raccogl[...]

[...]lla proprietà privata passata attraverso i millenni della storia, ebbene fino a che dura la divisione delle nazioni, i popoli sono costretti a vivere in quella stretta collaborazione che è imposta dalla forza, dalla possibilità del regime capitalista che ha in mano la forza degli Stati, dei popoli e delle nazioni. La forza della legalità e dell'illegalità é in mano dei nostri oppressori. Attraverso i secoli essi hanno congegnato un meccanismo di Stato perfetto contro il quale noi lottiamo continuamente. Io che vi parlo, quante bastonate ho ricevuto dall'organismo giuridico dello Stato ! Noi siamo sorti di fronte a questo Stato enunciando le nostre ragioni, in nome dell'ideale nostro ed in nome del nostro coraggio, non per i mezzi della violenza. Sparare una revolverata contro un poliziotto e contra un re è un atto straordinario, ma non risolve niente della situazione sociale. Siamo sorti contro lo Stato, in nome del nostro diritto imprescindibile, e in Parlamento quando io, ultimo venuto dopo 34 anni di fiaschi elettorali, ho potuto presentarmi, oh ! quanti vecchi parlamentari e vecchi ministri, mentre io parlavo, abbassavano gli occhi e si stringevano nelle spalle e mi lasciavano parlare e non mi facevano oggetto di tanta cagnara.
Tutto questo vale qualche cosa, ed é dunque per questo che io dico che non dobbiamo lasciarci trascinare dalla illusione che creando questa scissione, creando questo Partito comunista possiamo fare realmente uno sforzo maggiore, piú perfetto, piú violento, piú ca[...]

[...]nta cagnara.
Tutto questo vale qualche cosa, ed é dunque per questo che io dico che non dobbiamo lasciarci trascinare dalla illusione che creando questa scissione, creando questo Partito comunista possiamo fare realmente uno sforzo maggiore, piú perfetto, piú violento, piú capace di quello che é necessario sia fatto anche col concorso dei nostri compagni che vogliono distinguersi col loro comunismo e che non è che una parte del patrimonio che è stato sempre voluto da noi, che non vogliamo lasciarci defraudare ma che vogliamo sia con noi. (Applausi). Anche essi colla loro forza e col loro sacrificio, col sentimento della solidarietà e della fraternità devono essere con noi che ci sentiamo uguali ad essi in capacità, in devozione alla nostra causa. (Applausi).
Io ho assistito tre volte al cambiamento di nome del nostro Partito. L'articolo 17 delle condizioni per l'adesione alla Terza Internazionale dice chiaramente che, se vogliamo servire la causa della rivoluzione mondiale, dobbiamo spogliarci della giacchetta portata fino adesso e diven[...]

[...]quale ne sarebbe la conseguenza? La conseguenza sarebbe questa. Nella storia di questi quaranta anni di lotta socialista noi abbiamo distrutto attorno a noi una quantità di idoli e di altari; noi abbiamo fatto una grande rovina intorno a noi per fare sorgere questa nostra bandiera, questo nostro albero del Partito socialista italiano. Ebbene, attorno a noi si aspetta che cambiamo di nome perché allora tutti i vari gruppi dei mistificatori, dei mestatori della politica operaia debbano approfittarne per farsi mettere questa divisa che solo noi abbiamo portato onoratamente. (Applausi della maggioranza, approvazioni). E cercare 'osí di fare passare le loro mistificazioni.
È per questo, cari compagni Serrati e Baratono, che noi affermiamo che neppure l'aggiunta di quell'aggettivo qualificativo ci può servire e ci può salvare da questo pericolo, perché il giorno che noi adottassimo questo sistema di mettere un aggettivo qualificativo di « comunista » al nostro Partito socialista, daremmo il diritto a tutte le emulazioni di mettere un aggettivo [...]

[...]zione é quella di esercitare una ta
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le azione politica nel nostro paese perché si debbano maturare le situazioni rivoluzionarie. Tutto lavoro questo che noi, nelle nostre lotte in Parlamento ed in paese, cerchiamo di fare per impedire al potere esecutivo della classe dominante di compiere le sue imprese. Noi abbiamo la convinzione di servire in questo modo la causa della rivoluzione sul terreno politico ove noi ci troviamo. Qualche fatto è stato compiuto, ma noi cerchiamo di maturare la situazione favorevole, perché la rivoluzione, che non pub essere un'ondata, ma un preparativo come una miscela fatta nei gabinetti di chimica, sia il prodotto di una azione continua, sviluppata contro l'interesse della proprietà e del capitale. Noi crediamo che se anche non saremo gli esecutori della rivoluzione, abbiamo l'onore e la gloria di essere stati i preparatori ed i difensori. In questo modo intendiamo servire la causa della rivoluzione e tutti gli altri modi che vengono presentati come un rimedio non possono portare che all'impotenza. Cosí è[...]

[...]fino a ieri nelle file della democrazia cristiana... (Rumori vivaci, interruzioni dei comunisti, applausi da altre parti). È venuto al nostro Partito trascinato e sedotto dal buon esempio che abbiamo dato noi durante la guerra. Noi ci felicitiamo della sua conversione, ma io mi credo in diritto di ricordare l'alto insegnamento che ci ha dato, in quel tempo, la conversione del compagno Edmondo De Amicis il quale, entrato nelle nostre file, vi è restato semplicemente, non col proposito di diventare un ispiratore di scissioni o di divisioni, ma semplicemente per essere un buon milite e fare anche lui la sua coscienza e la sua esperienza, (approvazioni), quella coscienza che tutti possono farsi. Ed in nome di questa io dico: andiamo adagio in queste voltate se non vogliamo correre il rischio di danneggiare maggiormente la compagine del nostro Partito.
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Il nostro Partito è aumentato vertiginosamente. Era giusto. Lo avevamo preveduto. Ma ricordo che nelle ultime riunioni della Direzione durante la guerra, prima di essere arrestato, si preve[...]

[...]fare anche lui la sua coscienza e la sua esperienza, (approvazioni), quella coscienza che tutti possono farsi. Ed in nome di questa io dico: andiamo adagio in queste voltate se non vogliamo correre il rischio di danneggiare maggiormente la compagine del nostro Partito.
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Il nostro Partito è aumentato vertiginosamente. Era giusto. Lo avevamo preveduto. Ma ricordo che nelle ultime riunioni della Direzione durante la guerra, prima di essere arrestato, si prevedeva e si faceva già un quadro preventivo di quello che si doveva stabilire sui prevedibili successi dell'organizzazione del nostro Partito per la condotta ehe si teneva durante la guerra. Però chi ha facilitato in modo eccessivo l'andamento delle nostre forze è stata appunto la deliberazione di Bologna dell'anno scorso, la quale ha aperto il varco a tutti i fanatici della violenza i quali credevano che si potesse facilmente servire questa ,causa colla preparazione e l'esecuzione della violenza armata. Le discussioni avvenute l'anno scorso a Bologna hanno chiaramente espresso quali e[...]

[...]la violenza i quali credevano che si potesse facilmente servire questa ,causa colla preparazione e l'esecuzione della violenza armata. Le discussioni avvenute l'anno scorso a Bologna hanno chiaramente espresso quali erano i propositi della Direzione del Partito che allora trionfava. Attraverso questa seduzione, attraverso la credenza nella forza e nella potenza di una violenza che possiamo preparare per opporre alla violenza dei nostri nemici, è stato facile raccogliere tanti elementi che nella loro passione hanno il desiderio di potere manifestare per mezzo della violenza la forza della loro convinzione e della loro volontà. Pare ad essi che la causa della rivoluzione sociale non si possa servire che in questo modo, e purtroppo noi vediamo come essi sono costretti a mettersi sullo stesso terreno spiacevole nel quale si trovano i nostri avversari, i quali possono comandare solamente con la forza della violenza brutale che è affidata ad incoscienti che servono da mercenari e da sicari.
Si capisce che il giorno che voi nelle vostre delibera[...]

[...]ostro Partito !
LAZZARI: Io vi ricordo che queste discussioni non sono nuove nei nostri Congressi. Vi ricordo la terribile polemica degli anni passati che era agitata tra Marx e Bakunin che rappresentavano due poli di una
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azione che si contrastava allora per il dominio di questa forza ugualitaria che si andava presentando nel mondo. Allora non c'era stata la. guerra. La guerra mondiale non vi era stata. Vi era però la guerra del. '70. È stato necessario ancora allora separare, dividere le responsabilità e purtroppo molte cose abbiamo visto. Vi sono state diverse fasi attra verso le quali è passato anche l'anarchismo. Esso però è rimasto come una forza filosofica dell'avvenire, non pratica; un sistema che non ha forza per liberáre dalla catena della schiavitú moderna. Per questo noi diciamo: Pensate a quello che fate.
Voce: Non siamo anarchici noi ! (Rumori).
LAZZARI: Questa scissione viene consigliata nell'interesse della Terza Internazionale. E veniamo a decidere su questa scissione. Il compagno Graziadei vi ha richiamati alla [...]



da Taylan Ozgur, Una strage per i generali [sopratitolo: Verso la dittatura aperta in Turchia] [sottotitolo: La tragedia di Kizildere non ha ancora una sua versione credibile. Sospese le attività politiche di tutti i partiti e si annuncia una nuova «costituzione». Le tre fasi della repressione dal marzo 1971 a oggi. Crisi economico-sociale e instabilità politica] in KBD-Periodici: Rinascita 1972 - 4 - 7 - numero 14

Brano: [...]ipario è calato anche sulla commedia delle ultime apparenti « libertà » che la Turchia mostrava come facciata di comodo al mondo. Ai deputati non sono state sufficienti la vergogna e l'umiliazione della seduta del 31 marzo quando hanno recitato orrore e indignazione per il resoconto da mattinale di questura che il ministro degli Interni Serit Kubat forniva loro sulla strage dei dieci guerriglieri e dei loro tre ostaggi inglesi e canadesi. Né è bastato invocare a gran voce la morte « rapida e esemplare » degli oppositori in carcere. Quest'ultima prova di servilismo non ha retto alla temperie che i militari volevano creare. E così deputati e partiti sono stati mandati a casa, con l'accusa di aver favorito — loro con la finzione di un potere parlamentare inesistente — la « anarchia e la violenza ». Il presidente turco, generale Sunay, li ha licenziati, licenziando « la politica », questo « male che corrompe la Turchia »: è il colpo di Stato all'interno di un colpo di Stato già avvenuto circa un anno e mezzo fa, o meglio il punto terminale di [...]

[...] esemplare » degli oppositori in carcere. Quest'ultima prova di servilismo non ha retto alla temperie che i militari volevano creare. E così deputati e partiti sono stati mandati a casa, con l'accusa di aver favorito — loro con la finzione di un potere parlamentare inesistente — la « anarchia e la violenza ». Il presidente turco, generale Sunay, li ha licenziati, licenziando « la politica », questo « male che corrompe la Turchia »: è il colpo di Stato all'interno di un colpo di Stato già avvenuto circa un anno e mezzo fa, o meglio il punto terminale di un processo dittatoriale che ha trasformato anche la Turchia, dopo la Grecia e a fianco del Portogallo, in un paese fascista della NATO.
Alla luce di questi sviluppi la strage di Kizildere — il paesino montano in cui hanno trovato la morte i dieci guerriglieri del Gev Donc e i tre tecnici della NATO tenuti in ostaggio — assume un sinistro significato. Era necessario arrivare al massacro? L'interrogativo è stato presente da sempre, sin dalle prime notizie sui fatti. Vi erano state troppe versioni governative tra il 29 e il [...]

[...]ezzo fa, o meglio il punto terminale di un processo dittatoriale che ha trasformato anche la Turchia, dopo la Grecia e a fianco del Portogallo, in un paese fascista della NATO.
Alla luce di questi sviluppi la strage di Kizildere — il paesino montano in cui hanno trovato la morte i dieci guerriglieri del Gev Donc e i tre tecnici della NATO tenuti in ostaggio — assume un sinistro significato. Era necessario arrivare al massacro? L'interrogativo è stato presente da sempre, sin dalle prime notizie sui fatti. Vi erano state troppe versioni governative tra il 29 e il 30 marzo. Prima si era diffusa una nota in cui si affermava che la piccola casa in cui si erano asserragliati i guerriglieri era stata da loro stessi fatta saltare, come se si celebrasse un orrendo suicidio collettivo. Poi si era detto che lè truppe e la polizia, non appena accortesi che i tre ostaggi erano stati uccisi dai guerriglieri, avevano assalito la casa uccidendo questi ultimi. Poi, terza versione, che vi erano stati combattimenti ravvicinati e che la casa era stata occupa[...]

[...]nda ritorna in termini drammatici: chi ha voluto il massacro di Kizildere? chi aveva interesse a provocare un. fatto di sangue destinato a sollecitare forti emozioni e utili turbamenti? La risposta è semplice, adesso; e non è difficile comprendere che guerriglieri e tecnici siano morti sotto l'intenso bombardamento delle artiglierie governative. Non è difficile comprendere che la vita dei tre tecnici della NATO poteva, essere salvata, ma nulla è stato tentato in questo senso. Si voleva un fatto drammatizzante, si voleva una di quelle occasioni clamorose (e in questo caso sanguinose) che fornissero alibi e consensi al nuovo progetto che si approntava per imprimere alla Turchia un nuovo giro di vite.
Adesso anche altre cose appaiono più chiare. Solo tre settimane fa il primo ministro Nihat Erim si era recato a Washington, e vi era stato ricevuto con particolari onori da Nixon. Il tema dell'incontro era stato la crisi cipriota, ma vi era stato anche un altro particolare tema che aveva, allora, un po' stupito. Erim aveva parlato di un complotto co munista appena stroncato e su questa base aveva ricevuto lodi per la strenua difesa delle libertà in Turchia e soprattutto nuove armi per l'esercito.
Si sa: in paesi come la Turchia tutto ciò che è opposizione democratica viene ricondotto al comunismo. Tuttavia il parlare di complotto organizzato aveva suscitato una certa sorpresa. Perché ci si chiedeva, proprio ora? a quale fine? La risposta è giunta ora. Si stava preparando — in questo caso sì, un complotto concordato con gli Stati Unit[...]

[...]a strenua difesa delle libertà in Turchia e soprattutto nuove armi per l'esercito.
Si sa: in paesi come la Turchia tutto ciò che è opposizione democratica viene ricondotto al comunismo. Tuttavia il parlare di complotto organizzato aveva suscitato una certa sorpresa. Perché ci si chiedeva, proprio ora? a quale fine? La risposta è giunta ora. Si stava preparando — in questo caso sì, un complotto concordato con gli Stati Uniti
— il nuovo colpo di Stato. E Kizildere doveva esserne la scena madre.
Vista di qui la sequenza degli avvenimenti ha una sua logica inesorabile. Il massacro non si era ancora compiuto in quello sperduto villaggio di montagna, che già si passava a una nuova fase della repressione contro tutte le opposizioni: una « fase decisiva » come ha annunciato il governo, con l'obiettivo di « schiacciare » il malcontento e ristabilire una volta per tutte « l'or
dine ».
E' la terza delle ondate repressive. La prima fu quella che seguì immediatamente l'intervento dei militari nel marzo 1971. Quattromila furono gli oppositori di s[...]

[...]itari nel marzo 1971. Quattromila furono gli oppositori di sinistra gettati nelle carceri, alcune centinaia scomparvero senza processi. La seconda seguì di qualche mese. Furono i « grandi processi antiterroristici » che coinvolsero non solo quanto era rimasto dei quadri della sinistra, ma anche il centro e oltre. Intellettuali, giornalisti, professionisti, studenti sfilarono davanti ai tribunali prendendo decine di anni di carcere per aver manifestato, per aver rivendicato la libertà, persino per cose fatte, dette e scritte prima ancora dell'intervento dei militari.
Particolare interessante. Tutti i processi furono istruiti partendo dalla tesi degli « opposti estremismi ». Estremismo venne considerato tutto ciò che era antiamericano, democratico, liberale o comunque legato ai princip; costituzionali. Scrittori e artisti come Azra Erhat, Magdalena Rufer, Yaschar Kemal, economisti come Kucukomer, intellettuali di fama come Erdal Inonu, rettore dell'università americana
— tutta l'élite del vecchio regime liberale — conobbero gli arresti e l[...]

[...]ioni di disoccupati e sottoccupati, con i prezzi che aumentano a un ritmo galoppante (10% al mese) e soprattutto col dilagare di acuti fenomeni di .instabilità sociale. Di qui una permanente instabilità politica, una disgregazione inarrestabile della vita politica. Un punto importante di questa crisi fu la fine dell'ottobre dello scorso anno quando Nihat Erim presentò le sue dimissioni rivelando la fragilità dei risultati conseguiti col colpo di Stato del marzo.
Da allora le cose hanno camminato ancora più in fretta di quanto gli stessi governanti pensassero. Il disagio sociale si è trasformato in esplosioni di collera che vanno da scioperi improvvisi e selvaggi ai momenti di rivolta armata di gruppi quali il Gev Donc, frutto di una esasperazione che ha radici profonde nella società turca. Il disagio politico si è tradotto in un allargamento dell'opposizione a strati e gruppi finora lontani da tutto ciò che potesse suonare offesa all'ordine costituito, e soprattutto si è tradotto nel risorgere, al di là dell'epurazione, di un'ala kemalist[...]

[...]a armata di gruppi quali il Gev Donc, frutto di una esasperazione che ha radici profonde nella società turca. Il disagio politico si è tradotto in un allargamento dell'opposizione a strati e gruppi finora lontani da tutto ciò che potesse suonare offesa all'ordine costituito, e soprattutto si è tradotto nel risorgere, al di là dell'epurazione, di un'ala kemalista, del resto tradizionale, nell'esercito. Infine. La stessa composita formazione dello Stato turco ha cominciato a dar segni di crisi profonda con l'esplosione della gestione curda (10 milioni di curdi abitano la Turchia) e di altre minoranze etniche.
E' di fronte a questo dissesto economico, politico, statale e sociale che il gruppo dei militari più reazionari e più legati agli americani ha deciso per la terza volta di riprendere in modo più diretto le redini del potere. 11 paese è in effetti ingovernabile essendo arrivato al punto in cui tutte le sue contraddizioni giungono a un punto esplosivo. Per governarlo ci vorrebbero riforme profonde in tutti i settori della vita politica e[...]


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Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Stato, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Storia <---socialista <---italiano <---siano <---italiana <---comunista <---Pratica <---Diritto <---Ciò <---comunisti <---socialismo <---marxista <---socialisti <---fascismo <---ideologia <---italiani <---marxismo <---Dialettica <---Logica <---abbiano <---capitalismo <---ideologico <---Così <---Filosofia <---Francia <---comunismo <---imperialismo <---leninista <---Partito <---Gramsci <---fascista <---Lenin <---Marx <---ideologica <---Ecco <---Perché <---leninismo <---marxisti <---materialismo <--- <---Turchia <---Agraria <---italiane <---Russia <---d'Italia <---realismo <---storicismo <---Stalin <---Storiografia <---dell'Europa <---idealismo <---ideologici <---socialiste <---Del resto <---Scienze <---Sociologia <---Sulla <---fascisti <---gramsciano <---ideologie <---liberalismo <---riformismo <---sociologia <---Fisica <---Grecia <---Più <---capitalista <---capitalisti <---cristiana <---gramsciana <---riformista <---riformisti <---Chiesa <---Dio <---Engels <---NATO <---Quale <---Sistematica <---cristianesimo <---cristiano <---dell'Italia <---dell'Unione <---hegeliana <---ideologiche <---imperialista <---nazionalista <---Dinamica <---Diplomatica <---Il lavoro <---La lotta <---Meccanica <---Metafisica <---Mi pare <---Trotzki <---USA <---d'Europa <---dell'Asia <---dinamismo <---filologica <---individualismo <---lasciano <---nazionalismo <---progressisti <---terrorismo <---Ankara <---Basta <---Cipro <---Dogmatica <---Medio Oriente <---Mosca <---Ordine Nuovo <---Retorica <---Scienze naturali <---dell'Impero <---economisti <---lista <---marxiana <---nell'Unione <---opportunismo <---ottimismo <---progressista <---psicologico <---sindacalismo <---sindacalisti <---stalinista <---umanesimo <---Cosa <---Dei <---Etica <---Già <---Gli <---Noi <---Però <---Pochi <---Poetica <---Psicologia <---Repubblica <---Senato <---Togliatti <---Viene <---antifascista <---colonialismo <---comuniste <---conformismo <---conservatorismo <---dell'Ordine <---estremismo <---filologico <---giacobinismo <---gnoseologico <---hegeliano <---meccanicismo <---metodologia <---metodologica <---metodologico <---mitologia <---nazionalisti <---psicologia <---psicologica <---siciliani <---staliniana <---staliniano <---stalinismo <---zarista <---Antonio Gramsci <---Antonio Labriola <---Bibliografia <---Bologna <---Capitale <---Carlo Marx <---Feuerbach <---Filologia <---Il Capitale <---Inghilterra <---Jugoslavia <---La guerra <---Linguistica <---Mussolini <---PCUS <---Risorgimento <---Scienza politica <---URSS <---anarchismo <---antagonismo <---artigiani <---banditismo <---cattolicesimo <---centralismo <---cristiane <---cristiani <---dell'America <---dell'Esercito <---determinismo <---dogmatismo <---fanatismo <---filologia <---gramsciane <---gramsciani <---immobilismo <---lismo <---liste <---nell'Europa <---radicalismo <---relativismo <---volontarismo <---Agli <---Belfagor <---Bulent Ecevit <---Come <---D.C. <---Discipline <---Ecevit <---Entro <---Filosofia della storia 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Papandreu <---André Daspre <---André Fontaine <---André Malraux <---André Matstia <---Angelo Paccagnini <---Angioy <---Angius <---Angleterre <---Ango <---Angot <---Angriff <---Anima <---Anmerkung <---Anna Karenina di Tolátoi <---Anna Kuliscioff <---Anna Maria Mozzoni <---Anna di Cipro <---Annals Amer <---Annexe <---Anonimi <---Anonimo <---Ansaldo T C <---Ansano Giannarelli <---Anta <---Antara <---Anticomunista <---Antifone <---Antiles <---Antoine Busnois <---Antoine Vérard <---Antonello Trombadori <---Antonio Banfi <---Antonio Brotzu <---Antonio La Penna <---Antonio Sanna <---Antonio Solaro <---Antonio Squarcialupi <---Antropogenia <---Antropologia <---Anzi <---Apapocuva <---Apapocuva-Guarani <---Apologetico <---Appare <---Appendice <---Approvvigionamenl <---Appunto <---Aragona <---Arbeiterbewegung <---Arborea <---Archiv <---Archiv Produktion <---Archiv XXIII <---Archives de Social <---Archives de Sociol <---Archives de Sociologie <---Archivio <---Archivio Storico Sardo 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