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Il segmento testuale Stalin è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 603Analitici , di cui in selezione 25 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da Jacques Howlett, I comunisti e la lotta contro il colonialismo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 5 - 1 - numero 8

Brano: [...]o da parte delle maggiori potenze capitaliste.
Ma il capitalismo generatore dell'imperialismo « agonizza », poiché, attraverso il sistema dei trusts, esso conduce alla socializzazione della produzione. A questa necessaria « agonia » del capitalismo la pratica marxista contribuisce incitando alla liberazione politica dei popoli colonizzati. In « Il socialismo e la guerra », Lenin difende il diritto dei popoli arretrati a disporre di se stessi; e Stalin, nel 1913, precisa questa politica di liberazione : « La rivoluzione d'ottobre — egli scrive (8) — ha scosso l'imperialismo non soltanto nei territori metropolitani, ma anche nei paesi coloniali e dipendenti, minando colà la sua dominazione. La liberazione del proletariato è per sua essenza universalista, e il proletariato non pub liberarsi senza con ciò stesso liberare i popoli oppressi ». V'è del resto, continua Stalin, più di un'analogia tra il proletario e il colonizzato : l'uno e l'altro si trovano in una posizione di dipendenza, l'uno e l'altro producono ricchezza senza tuttavia goderne, l'uno e l'altro appartengono alla classe oppressa.
Così « la Rivoluzione d'ottobre inaugurato un'epoca nuova,
l'epoca delle rivoluzioni coloniali nei paesi oppressi del mondo, in alleanza con il proletariato, sotto la direzione del proletariato ». La leggenda secondo cui il mondo sarebbe diviso in razze inferiori e razze superiori, in neri sfruttati e in bianchi sfruttatori, questa leggenda é rifiutata in blocco. La t[...]

[...]za tuttavia goderne, l'uno e l'altro appartengono alla classe oppressa.
Così « la Rivoluzione d'ottobre inaugurato un'epoca nuova,
l'epoca delle rivoluzioni coloniali nei paesi oppressi del mondo, in alleanza con il proletariato, sotto la direzione del proletariato ». La leggenda secondo cui il mondo sarebbe diviso in razze inferiori e razze superiori, in neri sfruttati e in bianchi sfruttatori, questa leggenda é rifiutata in blocco. La teoria staliniana afferma che « i popoli non europei affrancati, tratti sulla via dello sviluppo sovietico, non sono meno atti dei popoli europei a far progredire la cul
(8) 11 carattere internazionale della Rivoluzione d'Ottobre, Pravda 5, 7 novembre 1927.
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tura e la civiltà in ciò che la cultura e la civiltà hanno di veramente progressivo ».
Qual é il processo di liberazione dei popoli oppressi? Bisogna partire dalle due tesi seguenti (9). Da una parte, la lotta rivoluzionaria condotta dai popoli oppressi contro l'imperialismo è il solo mezzo che essi hanno per liberarsi dall'oppres[...]

[...]ione da parte del proletariato metropolitano. Quest'appoggio deve consistere nella rivendicazione, nella difesa e nell'applicazione di quella parola d'ordine che è data dal diritto delle nazioni a separarsi e ad esistere come stati indipendenti. Altri~tnenti, sarebbe impossibile di organizzare l'unione e la collaborazione delle nazioni in una economia mondiale, unica base materiale della vittoria del socialismo.
Partendo da questa base teorica, Stalin denuncia due errori politici : da un lato « lo sciovinismo metropolitano » di coloro (i socialisti) che non vogliono appoggiare la lotta condotta dai popoli colonizzati per darsi uno stato; e dall'altro la tendenza, presso i popoli colonizzati stessi, a confinarsi nel loro quadro strettamente nazionale, nel loro particolarismo. Lenin — citato a questo proposito da Stalin — aveva ben visto il legame dialettico che unisce queste due posizioni apparentemente contradittorie : nei paesi oppressori, gli operai difenderanno la libertà di separazione dei
paesi colonizzati, ché «senza di ciò non v'è internazionalismo )); nei paesi colonizzati, per contro, bisogna lottare « per l'indipen
denza politica della nazione e per la sua unione con gli altri stati ». In ogni caso, bisogna lottare contro i ristretti punti di vista nazio
(9) STALIN, Conferenze sui Principi del leninismo fatte all'Università di Sverdlov (aprile 1924).
I COMUNISTI E LA LOTTA CONTRO IL COLONIALI[...]

[...]visto il legame dialettico che unisce queste due posizioni apparentemente contradittorie : nei paesi oppressori, gli operai difenderanno la libertà di separazione dei
paesi colonizzati, ché «senza di ciò non v'è internazionalismo )); nei paesi colonizzati, per contro, bisogna lottare « per l'indipen
denza politica della nazione e per la sua unione con gli altri stati ». In ogni caso, bisogna lottare contro i ristretti punti di vista nazio
(9) STALIN, Conferenze sui Principi del leninismo fatte all'Università di Sverdlov (aprile 1924).
I COMUNISTI E LA LOTTA CONTRO IL COLONIALISMO 67
nalistici, contro l'isolamento e « per la subordinazione dell'interesse particolare all'interesse generale ». Per gli uni, dunque, lotta per la libertà di separazione; per gli altri, lotta per la libertà d'unione. «Nella situazione qual è, non può esservi altra via verso l'internazionalismo e la fusione delle nazioni » (10).
Stalin fissa con precisione e buon senso gli obbiettivi da perseguire per condurre i paesi colonizzati all'eguaglianza; bisognerà stu[...]

[...]Principi del leninismo fatte all'Università di Sverdlov (aprile 1924).
I COMUNISTI E LA LOTTA CONTRO IL COLONIALISMO 67
nalistici, contro l'isolamento e « per la subordinazione dell'interesse particolare all'interesse generale ». Per gli uni, dunque, lotta per la libertà di separazione; per gli altri, lotta per la libertà d'unione. «Nella situazione qual è, non può esservi altra via verso l'internazionalismo e la fusione delle nazioni » (10).
Stalin fissa con precisione e buon senso gli obbiettivi da perseguire per condurre i paesi colonizzati all'eguaglianza; bisognerà studiare la situazione economica e la cultura, sviluppare questa cultura, sviluppare l'educazione politica e associare quei popoli alle forme superiori dell'economia; bisognerà infine, organizzare la collaborazione economica tra i lavoratori delle nazioni arretrate e quelli delle nazioni progredite (11). Nel 1925, Stalin lancia la parola d'ordine : « Bisogna proletarizzare le regioni coloniali », cioè svilupparne l'industria, creatrice d'un proletariato forte e cosciente, capace di trascinare le masse. Nelle zone d'influenza capitalista, gli stessi imperialisti sono condotti a sviluppare l'industria dei paesi da essi dominati, avviando così la liquidazione delle antiche strutture sociali e aiutando, loro malgrado, l'ascesa del proletariato. Così la crisi rivoluzionaria guadagna terreno nelle colonie.
Quali che siano i processi che hanno condotto a queste crisi nei vari paesi colonizzati, non si pub dire che,[...]

[...]a rivoluzione comunista. Attualmente, nei paesi colonizzati (sia d'Africa che d'Asia), noi stiamo infatti assistendo non già soltanto a un risveglio dei nazionalismi, ma alla loro violenta affermazione. V'è un'idea, d'altra parte, che s'è ormai bene affermata, ed è quella della fine dell'epoca coloniale almeno nella sua forma classica. Come osserva
(10) LENIN, Bilan de la discussion sur le droit des nations d disposer d'ellesmêmes, citato da J. STALIN, in Le Marxisme et la question nationale et coloniale, p. 187. Editions Sociales, Paris 1950. V. anche, STALIN, Des taches politiques de l'université des peuples d'Orient, dove si denunciano due deviazioni possibili per quanto concerne la questione coloniale: 1) il semplicismo che non tiene conto delle particolarità proprie a ciascun popolo; 2) il nazionalismo che le esagera.
(11) De la façon de poser la question nationale, 1921.
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uno scrittore che non pub esser sospettato d'obbedienza comunista (12) : « Non è più il tempo in cui si poteva discutere dei meriti o dei demeriti degli imperialismi. Quali che siano le nostre idee su questo argomento, siamo obbligati a riconoscere che l[...]

[...]ndente ha i colori temperati dell'IledeFrance), il bianco europeo ha per troppo tempo votato il negro al prelogismo, alla mentalità primitiva. Di questo atteggiamento resta ancora qualcosa : l'uomo bianco colto non sa che condiscendere. Quanto all'uomo della strada, esso conosce il negro attraverso una iconografia tramontata ma vivace
(17) V. PAUL VERGES, La question culturelle dans les pays coloniaux, «La Nouvelle critique », marzo 1950.
(18) Stalin, nel 1929, dichiarava che: « la politica di assimilazione é assolutamente esclusa dall'arsenale del marxismoleninismo, in quanto politica antipopolare e controrivoluzionaria, in quanto politica funesta ». Le Marxisme et la question nationale et coloniale, Editions Sociales, 1950, p. 260.
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che fa del Noir l'emblema sognato delle colazioni al cioccolato (« Y a bon Banania! ») o l'archetipo della sentinelladicolorefedelissima (« N'avancez pas, y en a sauvages! »), o ancora il buon figlio sottomesso del missionario barbuto. A questo proposito, basta sfogliare i numerosi « boll[...]

[...]947) una nota di cronaca sugli « evoluti », ornava l'articolo con una fotografia rappresentante una decina di giovani negri su uno sfondo di piante grasse, e sotto la dicitura : « Un bel gruppo di evoluti di Léopoldville ».
C'è un mito del negro che ossessiona le coscienze dei borghesi francesi. Io non credo che, tra costoro, l'idea del negro susciti aggressività; essa non scatena tempeste affettive simili a quelle suscitate dagli ebrei e dagli staliniani; ma questi ultimi, almeno, sono presi sul serio : li si teme, li si invidia, e se alcuni vorrebbero vederli morti ciò significa che essi esistono. Il negro, ed è questa la sua maggiore disgrazia, non esiste veramente; come le cose sensibili dell'universo platonico, le quali non esistono che in quanto partecipi delle idee, sole reali, così il negro non ha che un'esistenza relativa alla bianca Idea. Ê un'ombra, e noi siamo il sole. Ne segue che, se il comportamento del negro non s'inquadra nelle categorie del nostro intendimento, non si tratterà d'impotenza nostra, ma di assurdità sua : non[...]

[...]ppressi contro gli oppressori » (22). Da parte dei marxisti, la teoria in questione é evidentemente combattuta nella misura in. cui essa pub avere un'influenza pratica, nella misura in cui certuni possono servirsene per giustificare i loro atti politici.
In via generale, i comunisti affermano che la liberazione culturale dei popoli coloniali dev'essere realizzata nel quadro generale della loro liberazione nazionale, la quale a sua volta secondo Stalin, é « una parte del problema generale della rivoluzione proletaria, una parte del problema della dittatura del proletariato ». La questione culturale deve « essere considerata nel quadro della lotta antimperialista », e per conseguenza la cultura dei popoli colonizzati dovrà essere « una cultura nazionale quanto alla sua forma, antiinperialista e democratica quanto al suo contenuto » (23).
Per quanto riguarda la questione dell'insegnamento nell'Africa Nera, i comunisti denunciano la politica seguita dal governo, che nel lontano 1906, per bocca del Congrès des Colons Algériens, già si precisav[...]



da Giancarlo Bergami, Partito e prospettiva della rivoluzione comunista in Bordiga in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - maggio - 31 - numero 3

Brano: [...]e con il leninismo, è costituito dalla conferenza Lenin nel cammino della rivoluzione, pronunciata da Bordiga per mandato del partito comunista il 24 febbraio 1924 alla Casa del popolo di Roma. Essa segna, per la sua impostazione generale e per taluni giudizi che vi sono contenuti sulla figura e le tesi di Trotsky, un avvicinamento all'Opposizione russa che negli stessi mesi subiva l'attacco della maggioranza capeggiata nel partito bolscevico da Stalin; e in questo spirito la conferenza sarà letta e pubblicata nel 1928, col titolo: Lénine sur le chemin de la révolution, nella rivista diretta da Pierre Naville n. Bordiga vi esalta la polemica leniniana contro le correnti gradualistiche, le falsificazioni del programma rivoluzionario tentate dai partiti opportunisti.
La restaurazione dei fondamenti della dottrina marxista si deve compiere, in Russia e nelle cittadelle avanzate del capitalismo europeo, sui due fronti della critica radicale al « marxismo » borghese dei socialdemocratici e all'economismo, che distoglie il proletariato dai compi[...]

[...] notazioni di Alfonso Leonetti, « soprattutto l'unificatore; l'uomo che sa unire non solo gli operai tra loro, che è primordiale, ma unire gli operai con i loro alleati naturali e cioè i contadini e i popoli dei paesi oppressi e infine non disdegna affatto gli intellettuali » (in A. Bordiga, Lenin, cit., p. 9).
Ï limiti nella comprensione del ruolo di Lenin non inficiano il merito bordighiano di denunciare con prontezza e lucidità l'involuzione staliniana e i pericoli della bolscevizzazione zinovievista, intesa quale subordinazione delle sezioni dell'Internazionale alla logica e agli interessi dello stato sovietico, con la conseguente paralisi di qualsiasi alternativa rivoluzionaria al burocratismo. Quella bordighiana si qualificherà sempre meglio come una battaglia per la rigenerazione dell'Internazionale, presentando, a paragone con le incertezze e l'atteggiamento talvolta ambiguo e contraddittorio dello stesso Trotsky, connotati di maggiore coerenza, sia per i contenuti e il terreno di scontro prescelto, sia per la rivendicazione all'in[...]

[...]idono per caso con il piano immutabile dello schema astratto che si sforza di imporre alla realtà ». In conclusione, Bordiga « opera fuori del campo della dialettica materialista, che è il fondamento del marxismo; è imprigionato nelle sue concezioni filosofiche idealistiche, e si sperde in speculazioni e ragionamenti astratti completamente estranei allo spirito del marxismo ».".
Bordiga riprende, intanto, le sue argomentazioni nello scontro con Stalin avvenuto al vi Plenum dell'Esecutivo allargato (Mosca, febbraio 1926), in cui senza rispettare la richiesta ufficiale del Comitato centrale del partito russo alle varie sezioni dell'Internazionale (richiesta avanzata in seguito al xiv Congresso del PCR) di non occuparsi della questione russa egli entra in medias res, interrogando: « Dove va la Russia? Quali sono i caratteri e gli sviluppi della sua economia? » l'. Il 22 febbraio 1926 Bordiga ha modo di domandare al « compagno Stalin » se ritenga che nel determinare la politica del partito russo sia necessaria la collaborazione degli altri par[...]

[...]utivo allargato (Mosca, febbraio 1926), in cui senza rispettare la richiesta ufficiale del Comitato centrale del partito russo alle varie sezioni dell'Internazionale (richiesta avanzata in seguito al xiv Congresso del PCR) di non occuparsi della questione russa egli entra in medias res, interrogando: « Dove va la Russia? Quali sono i caratteri e gli sviluppi della sua economia? » l'. Il 22 febbraio 1926 Bordiga ha modo di domandare al « compagno Stalin » se ritenga che nel determinare la politica del partito russo sia necessaria la collaborazione degli altri partiti comunisti; e che « se si voleva non discutere delle questioni russe a questo Allargato, doveva essere l'Allargato stesso a decidere in questo senso ». Stalin invita, nella risposta, a badare alla sostanza delle cose e alla posizione privilegiata che il partito russo ha nell'Internazionale, posizione tale che « non si può pensare sia possibile risolvere con la procedura i problemi che toccano i rapporti fra il Partito russo stesso e la Internazionale e gli altri Partiti »18.
Intervenendo il 25 febbraio 1926 alla 9a seduta dell'Esecutivo allargato, ove si discute delle lotte all'interno del partito russo dominato ora dal bloc
16 ERCOLI [P. TOGLIATTI], Les bases idéalistes du bordiguisme, « L'Internationale Communiste », Paris, n. 10, avril 1926, p[...]

[...]
16 ERCOLI [P. TOGLIATTI], Les bases idéalistes du bordiguisme, « L'Internationale Communiste », Paris, n. 10, avril 1926, p. 321; poi in P. TOGLIATTI, Opere, a cura di E. Ragionieri, II. 19261929, Roma, Editori Riuniti, 1972, p. 26 e p. 27.
v Cfr. il verbale della riunione del 21 febbraio 1926 della delegazione italiana al vi Plenum dell'Esecutivo Allargato dell'Internazionale comunista, in APC 1926, 272/6; citaz. in F. ORMEA, Le origini dello Stalinismo nel PCI. Storia della « svolta » comunista degli anni Trenta, Milano, Feltrinelli, 1978, p. 86.
18 Cfr. il verbale della riunione del 22 febbraio 1926 della delegazione italiana — con gli interventi di Stalin —, in « Annali », VIII, 1966, Istituto Giangiacomo Feltrinelli di Milano, Milano, Feltrinelli, 1966, pp. 26370.
278 GIANCARLO BERGAMI
co StalinBucharin, Bordiga è colpito dallo spettacolo di ortodossia forzata, e dall'umiliazione che viene riservata agli oppositori:
Io penso che la caccia al frazionismo continuerà e darà i risultati che già ha dato sin qui. Noi lo vediamo bene nel partito tedesco. Devo dire che questo metodo di umiliazione è un metodo deplorevole, anche quando è applicato a taluni elementi politici che io ho duramente combattuto nel passato. Non riesco a capire come questo sistema di umiliazione possa essere considerato rivoluzionario, tanto piú che gli esempi recenti mostrano come si sia voluto tentarlo contro comp[...]

[...]li », viii, cit., p. 517).
Risaltano la correttezza e l'onestà bordighiane nel tentativo di ridare respiro alla dialettica politica necessaria e vitale in un partito comunista rivoluzionario, insieme alla constatata impossibilità di mantenere quel minimo spazio che consenta a ogni opposizione di svolgere un ruolo appena significativo di stimolo e di confronto. Le critiche esplicite mosse alla pratica della bolscevizzazione — zinovievista prima, stalinista poi — e alla leadership del partito russo nel Komintern, nel momento in cui tali sistemi ottenevano le approvazioni pressoché generali dei gruppi dirigenti dei diversi partiti comunisti, meritano a Bordiga l'attenta considerazione di quanti ricercano origini e cause della degenerazione burocratica della autonoma iniziativa delle masse proletarie.
Dopo le condanne settarie caratteristiche del passato stalinista del movimento comunista italiano, ci si va convincendo, sia pure con lentezza e tra contraddizioni politicoideologiche irrisolte, dell'impossibilità di dare una seria valutazione del complesso fenomeno che fu il bordighismo, se non si risalga alla formazione del socialista napoletano e non si riesamini il tipo di azione e di strumenti propagandistici e organizzativi con cui Bordiga diffonde principi di rigore classista e di netta differenziazione rispetto alle demagogiche enunciazioni del socialismo tradeunionista. Si tratta ora di verificare alla luce di questo approccio il significato e[...]



da Giovanni Mari, Ritratti critici contemporanei. Louis Althusser in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - luglio - 31 - numero 4

Brano: [...]1).
408 GIOVANNI MARI
ser, con la denuncia del « culto della personalità » e delle « violazioni » della « legalità socialista » compiute dal xx Congresso del Pcus (1956), nonché con la scissione del movimento comunista internazionale degli anni immediatamente seguenti.
Per Althusser ciò che caratterizza questa congiuntura è, per un verso, la lotta tuttora in corso tra una « critica di destra » (prevalente) ed una « critica di sinistra » dello stalinismo, e, per l'altro, l'effettiva sopravvivenza nel movimento operaio dello stalinismo a causa dell'assenza di una vera spiegazione, di una spiegazione marxista, di esso. Il problema teorico e politico dello stalinismo, e quindi della crisi che la sua denuncia ha determinato nel comunismo internazionale, è in altre parole ciò che domina la « congiuntura teorica e ideologica » del movimento comunista in cui Althusser interviene con i suoi scritti filosofici. Questi « interventi filosofici » hanno avuto essenzialmente il carattere, durante gli anni Sessanta, di una « difesa » della « specificità » e della « novità » del marxismo nei confronti dell'assalto delle varie forme dell'« ideologia borghese » sviluppatosi nel quadro delle « critiche di destra » dello stalinismo. Una difesa, come vedremo, che ha co[...]

[...]parole ciò che domina la « congiuntura teorica e ideologica » del movimento comunista in cui Althusser interviene con i suoi scritti filosofici. Questi « interventi filosofici » hanno avuto essenzialmente il carattere, durante gli anni Sessanta, di una « difesa » della « specificità » e della « novità » del marxismo nei confronti dell'assalto delle varie forme dell'« ideologia borghese » sviluppatosi nel quadro delle « critiche di destra » dello stalinismo. Una difesa, come vedremo, che ha comportato un « ritorno alle fonti », ai classici, e che Althusser ha portato avanti, spesso da solo, non in nome dell'ortodossia (come da piú parti si è creduto di poter affermare), ma in nome di una « comprensione » e di una « intelligenza » di Marx da conquistare mediante la scoperta e lo sviluppo della « filosofia marxista ».
La Prefazione (1965) agli scritti raccolti nel Per Marx si apre con queste considerazioni: « Pur avendo tutti preso spunto da occasioni particolari, questi testi sono tuttavia il prodotto di una medesima epoca e di una medesima [...]

[...]er uscire dal vicolo cieco teorico in cui la storia ci aveva cacciati » (PM, p. 5).
Il periodo in cui la ricerca di Althusser si svolge presenta tuttavia un avvenimento, il « Maggio '68 » (« il piú grande avvenimento della storia occidentale, dopo la Resistenza e la vittoria sul nazismo, Lettere, p. 361), che coincide con una fase di iniziativa della lotta delle masse e che determina una svolta nel carattere difensivo prevalente del periodo poststaliniano del movimento comunista. Questo « avvenimento », naturalmente, non cancella affatto il problema dello stalinismo, anzi lo rende ancora più complesso, urgente, e contribuisce inoltre a far esplodere quella che recentemente Althusser ha definito la « crisi generale del marxismo ». Negli anni successivi al 1968 egli individua infatti una doppia crisi. Quella del movimento comunista, che appare in grave difficoltà e ritardo di fronte alla duplice esigenza di fare i conti in maniera scientifica con la propria storia e di
LOUIS ALTH'USSER 409
trovare una risposta strategica ai problemi posti dalla nuova iniziativa di massa, la quale ha gettato nella lotta di classe nuovi strati sociali e determinato nuo[...]

[...]a successiva agli avvenimenti del 1956 (che comprendono anche i fatti di Ungheria), dopo il 1968 il movimento comunista occidentale è caduto in una sorta di impasse per non aver trovato sbocchi politici ed indicazioni strategiche adeguate ai nuovi livelli della mobilitazione delle masse (« Ora e piú che mai le masse sono in movimento, anche se nelle peggiori condizioni », Mio, p. 126). I limiti teorici e politici emersi nell'analisi del passato (stalinismo), non sono qualcosa di diverso dai ritardi e dalle incomprensioni nell'analisi del presente. Ma per Althusser non ci si può fermare qui: occorre avere il coraggio di andare anche alla radice teorica di questi ritardi e di queste difficoltà. La definizione a cui egli attualmente lavora di un'idea marxista di « crisi generale del marxismo » appare come il risultato di una riflessione teorica che per il rigore con cui negli anni Sessanta ha « fatto ritorno `alle fonti' » ha dovuto in seguito arrendersi all'evidenza che la tradizione teorica marxista « non è `pura' ». Che il marxismo, « contr[...]

[...]re con cui negli anni Sessanta ha « fatto ritorno `alle fonti' » ha dovuto in seguito arrendersi all'evidenza che la tradizione teorica marxista « non è `pura' ». Che il marxismo, « contrariamente alla frettolosa definizione di Lenin », non è « `un blocco d'acciaio', ma comporta difficoltà, contraddizioni e lacune » che hanno un loro preciso ruolo nella crisi attuale (« Non possiamo infatti contentarci di risolvere tutto con la responsabilità di Stalin », Finalmente, p. 225).
Nel 1978 i punti di maggior debolezza del pensiero di Marx gli appaiono i seguenti: la sopravvivenza in esso dell'« idea di una filosofia della storia » che, come l'« unità fittizia » imposta al Capitale dall'esigenza di dover partire dall'« astrazione del valore », rileva un'insufficiente resa dei conti filosofica con l'hegelismo; le ben scarse indicazioni circa la natura e la funzione della « sovrastruttura » (« il diritto, lo Stato, le forme ideologiche »); l'assenza di una riflessione teorica sul problema dell'organizzazione (mo, pp. 113120). L'idea di una crisi d[...]

[...]osofica con l'hegelismo; le ben scarse indicazioni circa la natura e la funzione della « sovrastruttura » (« il diritto, lo Stato, le forme ideologiche »); l'assenza di una riflessione teorica sul problema dell'organizzazione (mo, pp. 113120). L'idea di una crisi del marxismo permette infine una nuova consapevolezza storica: questa crisi non può essere considerata un mero fatto recente ed improvviso, essa appare piuttosto come qualcosa di cui lo stalinismo aveva « bloccato » l'esplosione mediante una sorta di suo congelamento dogmatico e difensivo (« Era, dunque, una crisi che veniva bloccata sotto l'abito dell'ortodossia da parte di un impressionante apparato politico e ideologico », Finalmente, p. 225). Quella di « crisi generale del marxismo » non è, quindi, soltanto una nozione filosofica o politica, è anche un concetto storiografico, almeno per quanto riguarda la storia del movimento
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operaio che essa permette di periodizzare. Nel senso che Althusser in fondo sostiene che è esistito un lungo e determinato periodo [...]

[...]terpretazioni umanistiche del pensiero di Marx elaborate a partire dai suoi scritti giovanili, sono espressione di una medesima ideologia. Dell'« ideologia giuridica e filosofia borghese », la cui struttura è caratterizzata dall'« opposizione della Persona (Libertà = Volontà = Diritto) e della Cosa » (EA, p. 16). Il xx Congresso, in altre parole, avrebbe favorito, con le proprie « pseudospiegazioni » interamente sovrastrutturali della deviazione staliniana, la diffusione nel movimento operaio delle interpretazioni ideologiche e filosofiche umanistiche del marxismo (umanesimo marxista, filosofia marxista dell'uomo, umanesimo socialista, umanesimo reale, ecc.). « Dopo il xx Congresso, un'ondata apertamente di destra si diffuse... Si strappò nuovamente ai socialdemocratici e ai preti... lo sfruttamento delle opere giovanili di Marx, per ricavarne una ideologia dell'Uomo, della Libertà, dell'Alienazione, della Trascendenza, ecc.... L'ortodossia, come dice J. Lewis, ne fu quasi sommersa: non il `pensiero' di Stalin, che continuò, e continua da p[...]

[...]o (umanesimo marxista, filosofia marxista dell'uomo, umanesimo socialista, umanesimo reale, ecc.). « Dopo il xx Congresso, un'ondata apertamente di destra si diffuse... Si strappò nuovamente ai socialdemocratici e ai preti... lo sfruttamento delle opere giovanili di Marx, per ricavarne una ideologia dell'Uomo, della Libertà, dell'Alienazione, della Trascendenza, ecc.... L'ortodossia, come dice J. Lewis, ne fu quasi sommersa: non il `pensiero' di Stalin, che continuò, e continua da parecchio tempo, ad andare avanti indisturbato, nelle sue basi, nella sua `linea' e in alcune delle sue pratiche — ma proprio la teoria di Marx e di Lenin » (RJL, p. 103).
Che Althusser possa stabilire questo tipo di connessione tra due aspetti essenziali della congiuntura politica (il xx Congresso e la questione del « giovane Marx »), connessione in cui tra l'altro già opera evidentemente l'idea di un primato della pratica sulla teoria, si spiega con due elementi, uno politico ed uno teorico. Quello politico, su cui non ci soffermeremo, riguarda il tipo di criti[...]

[...]enin » (RJL, p. 103).
Che Althusser possa stabilire questo tipo di connessione tra due aspetti essenziali della congiuntura politica (il xx Congresso e la questione del « giovane Marx »), connessione in cui tra l'altro già opera evidentemente l'idea di un primato della pratica sulla teoria, si spiega con due elementi, uno politico ed uno teorico. Quello politico, su cui non ci soffermeremo, riguarda il tipo di critica che Althusser compie dello stalinismo: perché se per un verso egli non esita a denunciare l'« ammorbante e implacabile sistema di governo e di pensiero » di Stalin, per l'altro non intende ridurre né Stalin né la III Internazionale alla « deviazione staliniana », ed ammette l'esistenza di « meriti » storici di Stalin. Una posizione, in altre parole, che non intende fare, come invece fanno certi umanisti marxisti, tabula rasa di una complessa esperienza del movimento operaio, e che per molti versi si può ricondurre a certe posizioni del Pcc. Quello teorico è rappresentato dalla tesi dell'« antiumanesimo teorico di Marx », del rifiuto, cioè, di Marx della « pretesa teorica » della concezione umanistica (radicata nella tradizione della « grande filosofia classica ») di spiegare la storia e la politica a partire da un'« Essenza dell'Uomo ». Marx non parte dall'uomo e dal Soggetto (soggetto razionale, economic[...]

[...]in nome dell'Uomo. Ebbene questo gruppo di tesi che qui abbiamo assai schematicamente ricordato, e che si presentano sostanzialmente identiche in tutta la prima fase della ricerca di Althusser, sono elaborate dal filosofo francese proprio a partire dai suoi interventi sul giovane Marx. I quali, quindi, si presentano, da un lato, come rivolti contro le pseudospiegazioni del xx Congresso ed i fondamenti ideologici della « critica di destra » dello stalinismo, e, dall'altro, come una « difesa » della « specificità » e della « radicale diversità » del marxismo nei confronti delle forme essenziali della ideologia e della filosofia borghese, nonché, a partire dal 1970, anche nei confronti della scienza (tesi della specificità del marxismo come scienza rivoluzionaria). Tali interventi, oltre ad aprire una riflessione sulla ideologia in generale, ed in particolare sulla struttura di quella borghese sorretta dalla « filosofia classica » su cui dovremo ritornare, approdano a due ordini di risultati specifici, di carattere storiografico e teorico, di [...]

[...]u cui dovremo ritornare, approdano a due ordini di risultati specifici, di carattere storiografico e teorico, di grande importanza: 1) la periodizzazione dell'evoluzione del giovane Marx e la spiegazione del significato teorico della fondamentale tappa di questa evoluzione rappresentata dagli scritti del 1845 (Tesi su Feuerbach e Ideologia tedesca) mediante la categoria filosofica di « rottura epistemologica »; 2) la definizione della deviazione staliniana come « recrudescenza » e « vendetta postuma » della tendenza fondamentale della ii Internazionale, l'economicismo, affermatasi nuovamente nel movimento operaio a partire dagli anni Trenta sotto la « copertura obbligata » dell'umanesimo. Lo stalinismo cioè come espressione nel movimento operaio della « coppia economicismo/umanesimo » che caratterizza nella sua intima essenza l'ideologia borghese dominante.
A questo punto si possono fare due osservazioni. La prima per sottolineare che nella interpretazione del giovane Marx compiuta da Althusser si riflettono la svolta della congiuntura politica e la svolta della stessa ricerca dello studioso francese. In altre parole che si hanno due interpretazioni della storia di Marx e della « rottura epistemologica », le quali contribuiscono, a loro volta ed in modo profondo, a caratterizzare i due[...]

[...]due interpretazioni della storia di Marx e della « rottura epistemologica », le quali contribuiscono, a loro volta ed in modo profondo, a caratterizzare i due periodi principali in cui è divisa dall'« autocritica » la ricerca althusseriana: all'inizio di ognuno di questi due periodi si trovano infatti due interpretazioni diverse della storia di Marx (e di Engels). La seconda per segnalare che la definizione della
LOUIS ALTHUSSER 415
deviazione staliniana come economicismo coperto dall'umanismo è conquistata da Althusser solamente nel secondo periodo della propria ricerca, precisamente nel 1972 (Réponse à J. Lewis). Mi soffermerò soltanto sulla prima questione. Althusser mantiene ferme nei due periodi della propria ricerca, sia la periodizzazione dell'itinerario politico teorico del giovane Marx (momento liberale e razionalistico hegeliano fino al 1842; momento umanistico comunitario di stampo feuerbachiano fino al 1845; passaggio al comunismo ed al materialismo rivoluzionario a partire dal 1845). Sia il concetto di
« rottura epistemologi[...]

[...]untura politica e teorica apertasi col xx Congresso. Qui vorrei tentare, molto brevemente, di avanzare una risposta al problema posto nel secondo paragrafo del presente scritto circa il nesso che può intercorrere tra la « deviazione teoricista » della filosofia della prima fase della ricerca di Althusser e la congiuntura, in cui è venuto a trovarsi il movimento comunista dopo le « pseudospiegazioni » del xx Congresso, dominata dal problema dello stalinismo e delle sue « sopravvivenze » teoriche
e politiche. A questo fine mi sembra indispensabile rifarsi alla forma filosofica in cui il dogmatismo staliniano si è costituito ed è stato assimilato nell'esperienza storica del movimento comunista internazionale, cioè al « materialismo dialettico »: il programma filosofico e politico in cui la visione unitaria e totalizzante del marxismo del periodo stalinista trova la sua espressione ed i propri titoli teorici piú elevati ed efficaci. Ebbene mi pare che i limiti di speculativismo che Althusser individua nella propria ricerca debbano anche essere fatti risalire proprio ad un suo iniziale insufficiente distacco da questo « materialismo dialettico », una delle « sopravvivenze » piú tenaci e diffuse dello stalinismo. Piú precisamente, proprio al tentativo
420 GIOVANNI MARI
che Althusser compie, al fine di rinnovarlo, di iscrivere la propria ricerca della filosofia di Marx all'interno del programma del « materialismo dialettico ». Di questo programma egli non mantiene soltanto la distinzione tra filosofia marxista e scienza della storia marxista, ciò che gli facilita, tra l'altro, la ricerca della filosofia di Marx. Ne mantiene inizialmente, pur rinnovandoli profondamente, alcuni obiettivi di fondo che influenzano in senso speculativo la sua ricerca, ed i quali rispondono tutti alla medesima esigenz[...]

[...]of Marx's Scientific Discovery. On the New Definition of Philosophy (1970),
« Theoretical Practice », 1973, n. 7/8, pp. 411 (tr. it. in n. 60). 53. Réponse à
John Lewis, Paris, Maspero, 1973, pp. 99, che oltre al n. 51 comprende un Avertissement, p. 7; una Note sur « la critique du culte de la personnalité » (1972), pp. 6990; una Remarque sur une catégorie: « procès sans Sujet ni Fin(s) » (1973), pp. 9198 (tr. it. di F. Papa, L.A., Umanesimo e stalinismo, Bari, De Donato, 1973).
54. Intervento nella discussione su « I comunisti, gli intellettuali e la cultura », Festa dell'Humanité (Settembre 1973), ripreso in « France Nouvelle », 1973, n. 1453,
p. 11. 55. Prefazione a DOMINIQUE LECOURT, Une crise et son enjeu, Paris,
Maspero, 1973 (tr. it. D.L., Lenin e la crisi delle scienze, Roma, Editori Riuniti,
1974). 56. Testo ciclostilato del 1' maggio 1970, pubblicato in S. Karsz, op. cit.,
pp. 321323 (tr. it. cit., pp. 340343). 57. Lettera a Régis Debray a proposito
di Révolution dans la Révolution, del 1° marzo 1967, in R.D., La critique [...]

[...]ritica del marxismo di Althusser, Milano, 1973; AA.VV., Contre Althusser, Paris, 1974; S. KARSZ, Théorie et politique: L. Althusser, Paris, 1974 (tr. it., Bari, 1976); M. GLUCKSMANN, Structuralist analysis in contemporary social thougth. A comparison of the theories of C. LéviStrauss and L. Althusser, London and Boston, 1974; MACINTYRE TRISE, Althusser and Marxist theory, London, 1975; PROJEKT KLASSENANALYSE, L. Althusser, Marxistische Kritik am Stalinismus?, West Berlin, 1975; A. CALLINICOS, Althusser's marxism, London, 1976; P. FOUGEYROLLAS, Contre LévyStrauss, Lacan et Althusser. Trois essais sur l'obscurantisme contemporain, Paris, 1976; AA.VV., Discutere lo Stato, Bari, 1978; E. MANDEL, Réponse à L. Althusser et J. Elleinstein, Paris, 1979; COTTEN, La pensée d'Althusser, Paris, 1979; A. SÁNCHEZ VAZQUEZ, Ciencia y revolución, Mexico, 1979.



da Roberto Guiducci, Pamphlet sul disgelo e sulla cultura di sinistra in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1955 - 11 - 1 - numero 17

Brano: [...]i criteri tecnici.
La vera cultura di sinistra in Italia é stata nella quasi totalità quella elaborata da Togliatti, Nenni, Longo, Morandi, ecc.; quella degli storici, degli scienziati, dei filosofi marxisti é stata prevalentemente cultura alleata, cultura di sinistra verso la cultura borghese di destra, battaglia delle idee, non idee per la battaglia in corso.
Del resto lo schema non era diverso da quello adottato nell'URSS durante il periodo staliniano. I veri filosofi, gli uomini di cultura com pleti, erano considerati Lenin e Stalin. Il contributo dell'Accademia delle Scienze non era nelle sue linee generali che il contributo di un'alleanza, spesso era semplicemente un autorevole appoggio. Il lustro che veniva concesso agli intellettuali ritornava spesso come conferma, e non si traduceva in potere critico, in proposta inedita. I premi Stalin erano in. ultima analisi dei premi a Stalin.
A questo punto occorre decidere: se la cultura di Lenin, di Stalin, di Togliatti ecc., anche valutandola, senza dubbio alcuno, essenziale, fosse in realtà tutta la cultura marxista, allora per rinnovare la cultura dovremmo affrettarci tutti ad operare maggiormente nel partito, ma, si badi, non per esserne, come vorremmo, degli intellettuali efficienti, ma dei politici. E dovremmo dire a tutti di fare così, cercare che tutti gli intellettuali iscritti al partito e quelli indipendenti di sinistra diventino dei politici, assorbendo questa curiosa anomalia di una cultura borghese non borghese, questa piccolissima compagnia di ufficiali alleati, integrandoli nell[...]

[...]O. GUIDUCCI
fanno ciascuno il proprio lavoro e costruiscono la loro propria vita si realizza democraticamente al più alto livello possibile.
Ma ciò non pue) avvenire per semplice buona volontà, buonsensismo, tranquilla tolleranza.
Le nuove prospettive vanno allontanando la primordiale figura del condottiero, sintesi della forza e dell'intelligenza. La sua monolitïcità si frammenta, si articola, assume proporzioni più modeste.
La grandezza in Stalin chiude definitivamente un'epoca. E il suo atteggiamento appare già quello di un epigono. Malenkov e Bulganin non sono « totali », non sono filosofi (e la filosofia sovietica riprende il suo ruolo specifico). Hanno bisogno di altri.. Si costruiscono tavole rotonde. Inizia il lavoro collettivo. Politica e cultura cominciano a dialettizzare. E dialettizzano come figure separate non perché siano due cose diverse, due provincie, due corporazioni, ma perché la cultura sta guadagnando il suo riconoscimento, sta conquistando la sua pariteticità.
E la lenta e faticosa rivoluzione della cultura non pu[...]



da (Nove domande sullo stalinismo) Ignazio Silone in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: IGNAZIO SILONE
1. La condanna di alcuni aspetti della politica di Stalin, e più particolarmente del suo metodo di direzione politica, da parte degli attuali dirigenti sovietici, rappresenta, a mio parere, solo una concessione al crescente malcontento delle grandi masse operaie e contadine e dei popoli federati dell'Unione. Nell'Unione Sovietica é indubbiamente in atto una profonda crisi politica, che esprime il contrasto sempre più aspro tra lo sviluppo grandioso delle forze produttive e le forme arretrate dello Stato dittatoriale, del tutto insufficiente ad esprimere i bisogni della società. E insomma una crisi del regime totalitario nelle sue strutture fondament[...]

[...]poli federati dell'Unione. Nell'Unione Sovietica é indubbiamente in atto una profonda crisi politica, che esprime il contrasto sempre più aspro tra lo sviluppo grandioso delle forze produttive e le forme arretrate dello Stato dittatoriale, del tutto insufficiente ad esprimere i bisogni della società. E insomma una crisi del regime totalitario nelle sue strutture fondamentali.
2. Di fronte a questa crisi, i dirigenti sovietici si sono serviti di Stalin come di un grosso capro espiatorio. Ma, né la condanna del culto della personalità, né la riabilitazione di migliaia di innocenti, «liquidati» come traditori e nemici del popolo, né l'abbandono delle forme più grossolane dell'oppressione politica e culturale in auge nell'epoca staliniana, possono naturalmente risolvere il problema politico di fondo che sta all'origine della crisi dello Stato russo. Si tratta di palliativi di scarsa portata reale, anche se annunziati con grande arte demagogica. Che la dittatura russa abbia una direzione politica personale o collegiale, non sarà certo questo che ne modificherà il suo carattere anacronistico. Assisteremo dunque, presto o tardi, a nuovi clamorosi episodi della crisi rimasta sostanzialmente insoluta.
3. Non penso che la sola forma politica da considerarsi legittima, dal punto di vista democratico, sia quella parlamentare di t[...]

[...]ne pseudomarxista che non possa esservi diversità d'opinione e scelta politica ove non sussistano contrasti di classi sociali, é un ridicolo sofisma di cui tutti i termini sono falsi. È appunto la forzata mancanza di giornali d'opposizione nel paese, di correnti d'opposizione nel seno del PCUS e di liste avverse nelle consultazioni elettorali, che dà un carattere fittizio a tutte le formulazioni « democratiche » che si leggono nella Costituzione staliniana del 1936.
4. Esiste una diversità di linguaggio politico non solo tra Occidente e Oriente, ma anche tra cittadini della stessa città, secondo il loro diverso concetto della politica, o della vita associata in genere. Così, com'è noto, anche per i fascisti nostrani e i nazisti, benché occidentali, l'opposizione era tradimento e la discussione, deviazione; come per la Chiesa cattolica questa si chiama eresia. La diversità di linguaggio politico, dunque, non ha origini razziali, o etnografiche, o climatiche, ma é la diversità tra società chiuse e società aperte. Ci si può naturalmente chied[...]

[...]siero laico indipendente (non ha avuto un San Tommaso, un Machiavelli, un Galileo). Sono mancati in Russia i Comuni e Città libere, salvo nella limitata zona del Baltico. La Russia non ha mai avuto un parlamento eletto liberamente e un governo parlamentare (la Duma aveva solo carattere consultivo), né liberi sindacati di lavoratori, né cooperative amministrate dai propri soci. Il movimento socialista vi fu quasi sempre clan
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destino. Una simile tradizione, senza dubbio, rende particolarmente difficile il germoglio e la fioritura di forma democratiche; ma quello che non si capisce é perché, un esponente tipico di una situazione culturale così arretrata, come lo Zdanov, fosse accettato quale guida e censore anche da scrittori e artisti occidentali.
6. Non credo, malgrado tutto, al Fato, ancor meno alla fatalità del terrore. Non credo che vi siano situazioni con una sola via d'uscita. Non credo alla santità dei fatti compiuti. Se posso anche ammettere che, in date circostanze, il terrore sia indispensabile [...]

[...]cidentali.
6. Non credo, malgrado tutto, al Fato, ancor meno alla fatalità del terrore. Non credo che vi siano situazioni con una sola via d'uscita. Non credo alla santità dei fatti compiuti. Se posso anche ammettere che, in date circostanze, il terrore sia indispensabile al piano politico del tiranno, escludo che esso sia necessario alle sue vittime.
7. Il fatto che i comunisti di tutto il mondo abbiano creduto, a suo tempo, alla versione staliniana sui processi e le cospirazioni, allo stesso modo come oggi essi credono alla condanna ufficiale, da parte dei successori di Stalin, di quei fatti mostruosi, é una delle tante irrefutabili prove che i comunisti di tutto il mondo, nei riguardi dei dirigenti di Mosca, sono tenuti alla più cieca obbedienza. La cosidetta u via italiana del comunismo », praticata dal PCI dopo la Liberazione, e di cui si attribuisce il merito a Palmiro Togliatti, sembra contraddire quest'asserzione così cruda, ma solo in apparenza. Basta ricordare che il destino dei singoli paesi europei dopo la Liberazione, fu sancito a Yalta e a Potsdam, negli incontri dei Quattro Grandi. L'Italia, assieme agli altri paesi d'Occidente, fu allora abbandonata d[...]

[...] più cieca obbedienza. La cosidetta u via italiana del comunismo », praticata dal PCI dopo la Liberazione, e di cui si attribuisce il merito a Palmiro Togliatti, sembra contraddire quest'asserzione così cruda, ma solo in apparenza. Basta ricordare che il destino dei singoli paesi europei dopo la Liberazione, fu sancito a Yalta e a Potsdam, negli incontri dei Quattro Grandi. L'Italia, assieme agli altri paesi d'Occidente, fu allora abbandonata da Stalin all'influenza occidentale, in cambio del disinteresse di Churchill e di Roosevelt per la sorte dei paesi dell'Europa orientale. Il PCI e il PCF dovettero fare di necessità virtù; ogni velleità in senso contrario (la cosidetta prospettiva greca) vi fu tempestivamente repressa per ordine di Mosca così come lo stesso Stalin relegò in Siberia il ribelle Markos. La « via italiana del comunismo » era dunque anch'essa una via staliniana.
8. Che in Russia vi sia attualmente una distensione interna, molte notizie lo lasciano suppore; ma è forse prematuro affer

IGNAZIO SILONE 109
mare che si sia aperta una fase politica nuova. Una svolta decisiva potrà aversi soltanto allorché un dissenso politico importante, sorto nel seno della direzione collegiale, verrà reso pubblicamente noto e sarà posto in discussione sulla stampa comunista, prima di essere risolto in un'assemblea del partito e dello Stato, senza che sulla minoranza incomba la minaccia dello sterminio.
9. Il vasto spazio che nei mappamondi geopolitici dell[...]

[...]iale, verrà reso pubblicamente noto e sarà posto in discussione sulla stampa comunista, prima di essere risolto in un'assemblea del partito e dello Stato, senza che sulla minoranza incomba la minaccia dello sterminio.
9. Il vasto spazio che nei mappamondi geopolitici della propaganda elettorale, per qualificarlo socialista, viene colorato di rosa, col suo miliardo e passa di abitanti, é un'immagine infantile, una tipica sopravvivenza dell'epoca staliniana. Tra i paesi europei di democrazia popolare, e tra essi e i popoli confratelli situati più in là, verso Est, dall'Ucraina alla Corea del Nord, le differenze e le contraddizioni non sono meno profonde che tra i paesi dell'emisfero occidentale. Non è ancora possibile prevedere fino a che punto il disgelo sovietico e la distensione internazionale consentiranno ai singoli paesi dei due blocchi mondiali di ricuperare la propria indipendenza. Ma si può sentire il dovere di affermare che questo è molto desiderabile nell'interesse della pace e della democrazia.
IGNAZIO SILONE
27 aprile 1956



da Nicola Chiaromonte, Inchiesta sull'arte e il comunismo. Arte e comunismo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1953 - 3 - 1 - numero 1

Brano: ARTE E COMUNISMO
Stalin, agl'inizi del suo potere, enunciò quella sua famigerata definizione dell'artista: «ingegnere delle anime », cioè funzionario propagandista specializzato, tecnico soggetto come gli altri agli ordini e alle ordinazioni dello Stato. La questione dell'arte comunista era esaurita. Il «realismo socialista» era nato, insieme al totalitarismo assoluto.
Quando si discute di questo problema a dir vero insussistente: il rapporta fra la creazione artistica e l'ideologia comunista, si dimenticano molte cose, fra cui che il problema nasce da un atto preliminare: l'accettazione del fatto compiuto bolscevi[...]

[...]bile della verità ufficiale è il canone della sua etica come della sua estetica.
Dice Hegel che, nel Medio Evo, anche un pittore miscredente avrebbe potuto dipingere una Madonna; tanto irrefutabile per la mente, tanto chiara, tanto obbiettivamente vera per tutti e, si direbbe, tanto desiderosa di nuovi aspetti, era, nella comunità e per la comunità, l'immagine della Madre di Dio. Ma il pittore sovietico che si cimenta a dipingere le parvenze di Stalin dipinge nell'evidente irrefragabile terrore di dipingere altro che la piega dei suoi baffi e quella dei suoi pantaloni, nella cura infinita di evitare ogni accenno a uno Stalin comunque vero. Onnipresente attorno a lui, il Sommo Gerarca non é presente alla sua mente ma la occupa, come un esercito occupa un paese. Così, quello sciagurato facente funzione di artista ci obbliga visibilmente a constatare due fatti: la sua totale incapacità di credere all'esistenza reale dell'uomo Stalin e l'indifferenza non solo, ma l'altissimo inesorabile sospetto di Stalin lui medesimo per la sua propria figura e natura di uomo, nonché per la natura umana in genere. Tali sono le vie del o realismo socialista ».
***
Naturalmente, queste considerazioni sembreranno non solo eccessive, ma anche fanaticamente ostili, ai molti che, in Occi dente, credono ancora possibile conciliare l'ideocrazia comunista con quella libertà interiore, intrinseca e sostanziale senza la quale nesuna opera umana (tranne quelle del tutto meccaniche e servili) è concepibile e la quale può in teoria persistere anche nell'assenza di ogni libertà pubblica e formalmente riconosciuta.
N. CHI[...]



da (Nove domande sullo stalinismo) Lelio Basso in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: LELIO BASSO
Caro Direttore,
le domande del questionario investono problemi di così vasta portata che non è possibile rispondervi in breve spazio. Preferisco perciò rispondere solo ad alcune, e precisamente a quelle che si riferiscono al presente, cioè alle ragioni del processo di destalinizzazione, piuttosto che al futuro, cioè agli sviluppi del processo: a queste ultime, e in modo particolare ai possibili futuri sviluppi della democrazia e della libertà nell'Urss, vorrei dedicare più ampio spazio in apposita trattazione, lieto se la Sua Rivista vorrà ospitarla.
Ma anche per rispondere intorno al presente, cioè alle ragioni e al significato della destalinizzazione, occorre premettere qualche considerazione, che d'altra parte costituirà risposta a qualcuna delle nove domande. Quello che é stato eufemisticamente chiamato « culto della personalità » fu in realtà una forma di dittatura personale. Come si è giunti a questa dittatura ?
La rivoluzione russa si é svolta in un paese terribilmente arretrato rispetto allo sviluppo dell'Europa occidentale. Se non fosse stato per l'immensità della sua superficie, la Russia rivoluzionaria sarebbe stata facilmente schiacciata dalle potenze capitalistiche come fu schiacciata l'Ungheria rivoluzionaria. Tuttav[...]

[...]nario, nella forma sia di aggressione armata diretta che di guerra civile alimentata da aiuti stranieri, l'Urss senti pesare sempre su di sé la stessa minaccia, e l'aggressione nazista del 1941 mostrò che non era pericolo immaginario.
Per non soccombere a questo pericolo, non v'era che una soluzione: bruciare le tappe dello sviluppo economico, raggiungere in pochi anni un livello industriale che la portasse alla pari delle po
4 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
tenne capitalistiche, imprimere un ritmo eccezionale alla propria marcia in avanti. Compito quasi sovrumano quando si pensi che la Russia, al momento della rivoluzione, era popolata ancora in grandissima parte di contadini analfabeti, schiacciati da una secolare oppressione, usciti da pochi decenni dalla medievale servitù della gleba, quasi senza contatto con la civiltà moderna. Imprimere un ritmo eccezionale allo sviluppo economico significava trasformare in pochi anni decine di milioni di contadini analfabeti in operai specializzati dell'industria moderna, abituare degli uomini vissuti[...]

[...]fici imposti con la forza alle masse.
Anche l'asprezza delle lotte interne in seno al partito bolscevico ha la sua radice storica nella gravità della posta in gioco: una risoluzione sbagliata, l'adozione tardiva di un determinato indirizzo potevano rappresentare una catastrofe nel processo di sviluppo e quindi in definitiva la sconfitta della rivoluzione.
Questa spiegazione della genesi della dittatura non vuol essere tuttavia una difesa dello stalinismo contro la recente condanna pronunciata al XX Congresso. Riconoscere che a un determinato momento dello sviluppo storico la dittatura é stata un fenomeno necessario non esclude che essa sia successivamente divenuta un ostacolo per l'ulteriore sviluppo. Sarebbe poco marxista non riconoscere questa intima dialettica del processo storico e attribuire alla dittatura staliniana tutto il bene o tutto il male. Senza la dittatura in appoggio alla tesi staliniana della costruzione del socialismo nel solo paese sovietico, la rivoluzione sarebbe stata probabilmente travolta (l'altra soluzione — quella cioè di esportare la rivoluzione nel mondo capitalistico — era già stata condannata dalla storia);
6 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
tuttavia proprio la marcia al socialismo esigeva che, a un certo momento, fosse travolta la dittatura.
Se infatti la spiegazione che io ho dato è fondata, la concentrazione di volontà e di potenza diventava superflua, o perlomeno non doveva essere più così stretta, dal momento in cui non solo eran debellati gli avversari di classe, ma in luogo delle decine e decine di milioni di contadini analfabeti da spingere quasi a forza sulla via del rapido progresso, vi era ormai un popolo progredito, non più assillato dall'ansia di bruciare le tappe di uno sviluppo eco nomico di cui aveva raggiun[...]

[...]ativo negli intellettuali conformisti, esaltazione parossistica e tendenza all'abuso del potere nei dirigenti, via libera al carrierismo e al servilismo: queste sono conseguenze a cui difficilmente sfugge a lungo andare una dittatura. Credo che siano ben pochi nella storia gli esempi di persone portate dagli avvenimenti alle vette del potere e che abbiano ciononostante conservato un giudizio equilibrato delle cose e un superiore controllo di sé. Stalin ad ogni modo non fu fra questi ed è anzi probabile che egli sia giunto a degli eccessi di brutalità che meritano la più severa condanna. Ma — lo ripeto — sarebbe una polemica superficiale quella che pretendesse di trarre da ciò motivo di condanna di tutto il periodo stalinia
LELIO BASSO 7
no, dimenticando che è impossibile, almeno nel nostro mondo, che una luce splenda senza che si proiettino delle ombre. E la rivoluzione fu indubbiamente una luce.
Diranno gli storici di domani quanto fosche siano state queste ombre e quanto, anche nella fase della dittatura necessaria, vi sia stato di eccessivo o inutilmente brutale. Quel che è certo però è che da un certo momento in avanti Stalin divenne un ostacolo alla marcia della rivoluzione e al progresso del popolo sovietico: dal momento cioè in cui ad un popolo ormai progredito e capace di governarsi con metodi piú civili e democratici pretese di continuare ad imporre delle forme di governo superate. Giocarono in suo favore anche tradizioni storiche e politiche di un popolo che non aveva mai conosciuto un reggimento democratico? Credo che sarebbe difficile negarlo.
Se mi sembra puerile e antistorico spiegare la dittatura 'staliniana (che è un portato della situazione rivoluzionaria come la dittatura di Robespierre e SaintJust [...]

[...]uzione e al progresso del popolo sovietico: dal momento cioè in cui ad un popolo ormai progredito e capace di governarsi con metodi piú civili e democratici pretese di continuare ad imporre delle forme di governo superate. Giocarono in suo favore anche tradizioni storiche e politiche di un popolo che non aveva mai conosciuto un reggimento democratico? Credo che sarebbe difficile negarlo.
Se mi sembra puerile e antistorico spiegare la dittatura 'staliniana (che è un portato della situazione rivoluzionaria come la dittatura di Robespierre e SaintJust durante la rivoluzione francese), come se fosse semplicemente la continuazione di precedenti forme di tirannia, credo tuttavia che essa sia stata agevolata dal fatto che al popolo russo mancava l'esperienza della rivoluzione borghese, di una rivoluzione cioè che attraverso lo sviluppo della ricchezza mobiliare, dei commerci e dei viaggi, aveva sradicato l'individuo dall'ambiente medievale, lo aveva dotato di una coscienza della personalità e lo aveva educato alla secolare battaglia del principio[...]

[...]autorità. Ma ritornerò su quest'argomento parlando del problema della libertà.
Il progresso economico e culturale del popolo sovietico ad ogni modo, mentre da un lato rendeva superflua anzi dannosa la dittatura, dall'altro creava precisamente le condizioni per renderla ostica alla parte più cosciente del popolo. Chi ha seguite le manifestazioni del pensiero e della letteratùra sovietica in questi ultimi anni si è reso conto che il processo di destalinizzazione non é scoppiato improvviso al XX Congresso, ma era in atto già da tempo. Esso è stato condotto avanti per tre anni in una forma piuttosto timida perché in un trentennio la dittatura staliniana aveva posto così profonde radici; non solo, come è naturale, in molti dirigenti e quadri
di partito fedeli a quel regime e ai suoi metodi, ma nella stessa mentalità popolare, che sarebbe stato difficile affrontare di colpo il cc culto della personalità ». Tuttavia, proprio perché queste radici erano profonde, diventava necessario a un certo momento strapparle per toglier di mezzo l'ostacolo che esse rappresentavano all'ulteriore marcia del popolo sovietico.
Coloro che dicono che nulla é cambiato o che parlano di mera tattica per addormentare la vigilanza degli occidentali, e coloro che [...]

[...]talità popolare, che sarebbe stato difficile affrontare di colpo il cc culto della personalità ». Tuttavia, proprio perché queste radici erano profonde, diventava necessario a un certo momento strapparle per toglier di mezzo l'ostacolo che esse rappresentavano all'ulteriore marcia del popolo sovietico.
Coloro che dicono che nulla é cambiato o che parlano di mera tattica per addormentare la vigilanza degli occidentali, e coloro che spiegano la destalinizzazione con ragioni di politica internazionale soltanto, sono fuori di strada. Basta leggere attentamente il rapporto introduttivo di Krus'ciáv, e in genere i discorsi tenuti dai dirigenti al XX Congresso, per rendersi conto che la lotta da essi impegnata é soprattutto una lotta contro quei formidabili nemici del progresso che sono il conformismo e il burocratismo, il caporalismo e la paura della responsabilità, il dogmatismo e l'assenza di spirito critico. Non una polemica storica contro le colpe passate di Stalin hanno condotto i dirigenti sovietici, ma una battaglia politica contro le sop[...]

[...]ori di strada. Basta leggere attentamente il rapporto introduttivo di Krus'ciáv, e in genere i discorsi tenuti dai dirigenti al XX Congresso, per rendersi conto che la lotta da essi impegnata é soprattutto una lotta contro quei formidabili nemici del progresso che sono il conformismo e il burocratismo, il caporalismo e la paura della responsabilità, il dogmatismo e l'assenza di spirito critico. Non una polemica storica contro le colpe passate di Stalin hanno condotto i dirigenti sovietici, ma una battaglia politica contro le sopravvivenze dello stalinismo; non contro Stalin morto ma contro lo stalinismo vivo, o perlomeno contro i suoi aspetti deteriori che gli sono sopravvissuti, hanno impegnato tuttte le loro energie. Certo, per condurre con estrema decisione questa battaglia, essi hanno dovuto infrangere il mito che sta dietro alla mentalità che si sono proposti di distruggere: solo riducendo Stalin alle sue reali proporzioni umane é possibile sbarazzarsi del dogmatismo, solo dimostrandone gli errori é possibile ridare una spinta allo spirito critico. E d'altra parte senza questa battaglia, senza questa decisa volontà di rianimare tutte le sopite energie del pensiero e dell'intelligenza creatrici, senza riaccendere il libero confronto delle idee, senza fare appello al senso di responsabilità individuale, non é seriamente pensabile di condurre a termine vittoriosamente la grande sfida che il XX Congresso ha lanciato al mondo capitalistico. Io credo fermamente che il mondo socialista vince[...]

[...]eatrici, senza riaccendere il libero confronto delle idee, senza fare appello al senso di responsabilità individuale, non é seriamente pensabile di condurre a termine vittoriosamente la grande sfida che il XX Congresso ha lanciato al mondo capitalistico. Io credo fermamente che il mondo socialista vincerà questa sfida se si libererà tempestivamente della zavorra che gli appesantisce le ali.
Un aspetto di questa zavorra lasciata in eredità dallo stalinismo era costituito dallo spirito e dai modi con cui erano regolati
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LELIO BASSO 9
i rapporti tra l'Urss e gli altri « paesi del socialismo n o gli altri partiti comunisti. Anche qui la dittatura aveva sostituito ad una molteplicità elastica e aderente alle situazioni nazionali, e perciò viva e creatrice, una macchina rigida e pesante che doveva essere spezzata. Questo, a mio parere, è il senso della destalinizzazione, che io ho salutato come un fatto eminentemente positivo per le sorti future del socialismo, e ricco di immense possibilità. Di fronte a ciò tutti gli altri problemi che sono stati sollevati, di modo e di tempo, mi sembrano di secondaria importanza. Non ho elementi sufficienti per valutare la tempestività, ma penso che da un lato fosse difficile affrontare questa battaglia senza un certo periodo di preparazione (e tre anni di fronte ai decenni della dittatura non sono certo troppi), e che dall'altro fosse necessario a un certo momento sferrare un colpo decisivo. Quanto al fatto che i[...]

[...]elementi sufficienti per valutare la tempestività, ma penso che da un lato fosse difficile affrontare questa battaglia senza un certo periodo di preparazione (e tre anni di fronte ai decenni della dittatura non sono certo troppi), e che dall'altro fosse necessario a un certo momento sferrare un colpo decisivo. Quanto al fatto che il processo sia venuto dall'alto, mi sembra facile rispondere che non poteva accadere diversamente: proprio perché lo stalinismo aveva avuto queste conseguenze negative — in primo luogo il conformismo così diffuso che tutti abbiamo deplorato — era difficile pensare che l'attacco venisse dal basso, o perlomeno sarebbe stato necessario un periodo lunghissimo. Ma che esso rispondesse anche a stati d'animo, e prese di coscienze e in definitiva all'attesa almeno di alcuni strati della popolazione non sembra dubitabile, anche se questi stati d'animo non avevano possibilità di esprimersi in modo palese. Non è del resto compito dei dirigenti di aprire la strada .?
Un elogio meritano sicuramente i dirigenti sovietici: quel[...]



da Sebastiano Timpanaro, Il Marchesi di Antonio La Penna in KBD-Periodici: Belfagor 1980 - novembre - 30 - numero 6

Brano: [...]e fu in effetti: socialista (e poi comunista) con una sincera esigenza di giustizia e di elevazione culturale per i diseredati e gli oppressi, eppure legato a una concezione aristocratica della vita e a un senso dell'arte come creazione assolutamente individuale; angosciato dal dubbio esistenziale, dal « mistero », da un bisogno di fede religiosa sempre insoddisfatto e sempre perdurante, eppure non toccato da alcun dubbio di fronte alle atrocità staliniane, nemmeno quando esse, troppo tardi e troppo poco, furono sconfessate dal comunismo « ufficiale »; ostile all'aridità del « filologismo », eppure, quando si dedicava a lavori filologici, seguace proprio di una filologia « arida », senza ricerca di connessioni con la storia politicoculturale e la critica letteraria. Giustamente il La Penna ritiene (p. 93 s.) che queste ed altre contraddizioni, se devono essere francamente messe in rilievo e criticate, non per questo inducano a un giudizio svalutativo su Marchesi:
Ci sono personalità coerenti, in cui la coerenza è facilitata dalla povertà s[...]

[...] (Umanesimo e comunismo, p. 81), di contro alla tirannia di Mussolini e di Franco tornava a esaltare la tirannia di Cesare, certo con ragione quanto all'abissale distanza, ma senza esprimere su Cesare nemmeno l'ombra di una riserva, anzi attribuendogli il merito di esser riuscito « a realizzare esigenze democratiche spietatamente combattute e a dilatare civilmente i confini di un impero dentro un tessuto barbarico ». Ma l'anno dopo, commemorando Stalin (ivi, p. 258), lo contrapponeva agli uomini come Cesare che « hanno creato sulla morte e per la morte »!
650 SEBASTIANO TIMPANARO
vano e dicevano che per opera dei Romani la terra era divenuta patria comune ».
Certo, sarebbe non troppo difficile raccogliere dalle pagine di Marchesi un controflorilegio di passi di condanna del dispotismo, di rivendicazioni libertarie e vagamente sociali. Ma in complesso prevalse in lui l'idea che la creazione di questa « patria comune » valesse il prezzo del dispotismo piú o meno illuminato, perché ciò che si era perduto in libertà politica si era guadagnat[...]

[...]ra i parlamentari del PCI, a favore del famigerato art. 7 della Costituzione; insisté piú volte, senza far nomi ma con un tono abbastanza marcatamente polemico (cfr. Umanesimo e comunismo, passim), sulla necessità di non degradare la cultura a propaganda di partito (la cultura, s'intende, era per lui l'espressione dell'« umanità eterna »; ma quella polemica aveva pure un suo valore difensivo non disprezzabile); la sua stessa passionale difesa di Stalin all'viiz Congresso del Pci nel 1956, politicamente aberrante, non mancò di una certa dignità di fronte ai destalinizzatori italiani dell'ultima ora (e destalinizzatori solo in superficie), i quali, a cominciare da Togliatti, avevano pronunciato all'indirizzo di Stalin vivo e potente, o appena morto, le piú vergognose piaggerie. Ciò forse andava ricordato a p. 87 del libro del La Penna, pur tenendo fermo che non è attraverso le nostalgie staliniste (o stalinisteumaniste) che si può ricreare una prospettiva socialista. Ma certo il suo prestigio di grande umanista dovette, con ragione, apparire prezioso a Togliatti: di qui quelle parole troppo ditirambiche (in un uomo intelligente e, al tempo stesso, freddo e privo di senso dell'amicizia) per essere sincere.
7. Marchesi socialista nel primo Novecento. — Avendo accennato al Marchesi politico, siamo ancora una volta (l'ultima) ricondotti al clima tardoottocentesco della sua formazione. In quegli intellettuali a cui lo abbiamo accostato (Rapisardi, Graf, Pascoli) il « positivismo bisognoso di religio[...]

[...] » e un odiotimore fisico. Parla (riportando, con forzature, espressioni oraziane, e condividendole, e andando al di là di Orazio) di « schifo della folla », di « puzzo di gregge e di becco » che da essa emana; afferma che « dov'è un popolo, là è una turba di ladri, di avventurieri, di ruffiani » (p. 546). Afferma sarcasticamente (ibid.) che « nessun liber uomo del popolo » si è mai battuto per la tutela dei « diritti individuali » (quando, poi, Stalin fece quel che fece dei « diritti individuali », Marchesi plaudi).
Passata la fase violenta della rivoluzione, sarà la « moltitudine » capace di creare una nuova civiltà? Marchesi sembra negarlo: « Niuno può raddrizzare le gambe agli storpi »; volere « far migliore » la moltitudine è pazzia; e ciò vale per la società in assoluto, « tutta quella che fu e sarà sempre » (p. 555). Il finale dell'articolo accenna vagamente ad una maggiore giustizia sociale (molto vagamente, perché la nozione stessa di giustizia sociale svanisce se si ritiene che il proletariato sia una marmaglia inguaribilmente in[...]



da Franco Cagnetta, Inchiesta su Orgosolo. Parte terza: Orgosolo moderna in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1954 - 9 - 1 - numero 10

Brano: [...]rando
non c'è nessuno che per lui pensa
Passa la vita sempre lacrimando
ma se ne ride la Grande Eccellenza.
Che ministri di dio e che coscienza!
ora visto lo abbiam con la sperienza:
fra loro non c'è tanta differenza
rr INCHIESTA SU ORGOSOLO 233

preti e borghesi fanno l'alleanza.
Al popolo tortura e penitenza
e calci e arresti e sempre la violenza!
Ma dalla Russia parte l'uragano:
ad ,Orgosolo togliere il Confino!
viene fatto da Stalin il piano
per schiacciare il mostro serpentino.
Cina e Indocina pur con le armi in mano
sono contro il partito papalino
che vuole qui accendere un vulcano
per potere ammazzare il popolino
e rimanere lui come sovrano. Ma per lui la tempesta è vicina non si creda di andare lontano. Insieme col governo americano è una vera figura di Caino: è venuto fin qui con l'areoplano per mitragliarci tutti un bel mattino. Ma Stalin dice: tien la mano che ora metto io lo zampino. Mao tse tung ed il governo cino sono scesi pure a mano a mano per ammazzare il pesce delfino dell'ottava armata americana. Mao disse a Scelba: sei cretino combattere con me speranza vana. E all'America: cedi il tuo bottino se no rimetti la pelle e la lana. La Russia è scesa tutta Partigiana la stessa cosa fece la Cina ora sta la sorte Italiana con la Francia nostra sorellina. S'aspetta solo un suono di campana ed il popolo accenderà la mina: Scelba e America sotto la frana: si è distrutta la razza caina! Scomparsi sono infine dalla vista il gran[...]

[...]a mina: Scelba e America sotto la frana: si è distrutta la razza caina! Scomparsi sono infine dalla vista il gran borghese e l'alto feudalista. Se qualche altro scenderà a duello lo mangeremo a carne di macello. Tremano tutti di falce e martello
o Truman tu sei un vero somarello. E Scelba se non eri pappagallo
234 FRANCO CAGNETTA
non lo mettevi il mondo a bordello.
Il tuo scopo è andato a male
non sarà più tu capo drappello.
Nel mondo sarà Stalin il gallo
capo comandante di battello
e se qualcuno non vuol stare al ballo
da Stalin si fa rompere il cervello.
Il Comunismo l'è il partito bello
il mondo tutto lo deve salvare
sta combattendo proprio per quello
e l'operaio da schiavo levare
perché il mondo cosí l'è un macello
nemmeno Cristo lo poté salvare.
Capitalista, tu uccidi il fratello
e l'operaio si deve rispettare.
Abbasso l'ingiustizia sociale
che regna qui nel mondo universale.
Verrà nel mondo uguaglianza feroce
se no guerra e rivolta sociale.
L'operaio non si tratta male
perché il Comunismo non vuole.
La Legge deve essere uguale
come sono le bimbe nelle scuole.
Essere analfabeta, o quanta male:
è[...]



da (Nove domande sullo stalinismo) Domande in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: NUOVI ARGOMENTI
N. 20 MaggioGiugno 1956
9 DOMANDE SULLO STALINISMO
1) Che cosa significa, secondo voi, la condanna del culto della personalità in URSS? Quali ne sono i motivi interni, esterni, politici, sociali, economici, psicologici, storici?
2) Credete che le critiche al culto della personalità in URSS debbano portare a cambiamenti istituzionali? Se sì, quali?
3) La legittimità del potere è il grande problema del diritto pubblico; e il pensiero politico moderno tende ad indicare la fonte della legittimità nella volontà popolare.
Le democrazie parlamentari di tipo occidentale ritengono che la volontà popolare abbia bisogno, per esprimersi, della pl[...]

[...]ervato che tra Occidente e Oriente non c'è cornunità di linguaggio politico.
Il culto della personalità in Occidente viene chiamato tirannide; gli errori che portano alle purghe, ai processi, alle condanne,
delitti.
Per converso l'Oriente chiama l'opposizione, tradimento; la di scussione, deviazione; e così via. Un linguaggio diverso denota sempre diversità sostanziali. A che cosa attribuire questa diversità di linguaggio?
2 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
5) Ritenete che la dittatura personale di Stalin si sia verificata contro e fuori delle tradizioni storiche e politiche russe o sia invece uno sviluppo di tali tradizioni? Se sì, perché? Se no, perché?
6) La dittatura personale di Stalin si giovò, per affermarsi e per mantenersi, di un insieme di misure coercitive che in Occidente, a partire dalla rivoluzione francese, viene chiamato « terrore ». Ritenete che questo « terrore » fosse una necessità?
Ritenete che esso sia cessato con le critiche al culto della personalità? Se sì, perché? Se no, perché?
7) A che cosa attribuite il fatto che i comunisti di tutto il mondo abb ano creduto alla versione staliniana ufficiale sui processi e le cospirazioni?
8) La critica del culto della personalità è stata formulata dall'alto, senza previa consultazione popolare, d'autorità.
Considerate ciò una prova che lo stalinismo non è morto, come molti affermano? Se sì, perché? Se no, perché?
9) Credete che la critica al culto della personalità porterà ad un camb:'amento di rapporti tra l'URSS e le democrazie popolari, tra il partito cómunista russo e i partiti comunisti degli altri paesi, e in genere tra l'URSS e il movimento operai internaz: onale?
Se sì, quale?
Abbiamo rivolto queste nove domande a un certo numero di scrittori e studiosi di problemi politici. Pubblichiamo qui di seguito le loro risposte.


precedenti successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Stalin, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
<---Storia <---comunisti <---socialista <---comunista <---siano <---marxista <---socialismo <---Pratica <---ideologia <---Ciò <---comunismo <---Dialettica <---abbiano <---marxismo <---socialisti <---Logica <---Lenin <---Stato <---fascismo <---Diritto <---Russia <---ideologico <---italiana <---leninista <---staliniana <---Così <---Filosofia <---capitalismo <---ideologica <---imperialismo <---italiano <---marxisti <---socialiste <---Sulla <---ideologici <---ideologie <---leninismo <---Marx <---Mosca <---dell'Unione <---idealismo <---ideologiche <---materialismo <---nell'Unione <---stalinismo <---Basta <---Dogmatica <---Fisica <---Francia <--- <---URSS <---comuniste <---liberalismo <---staliniano <---stalinista <---storicismo <---Beria <---Dei <---Del resto <---Gramsci <---La lotta <---Partito <---Perché <---Più <---Quale <---Scienze <---Sociologia <---Storiografia <---burocratismo <---capitalisti <---cristianesimo <---cristiano <---d'Ottobre <---fascista <---internazionalismo <---italiani <---marxiste <---riformista <---sociologia <---zarista <---Chiesa <---Ecco <---Il lavoro <---Meccanica <---PCUS <---Scienze naturali <---Sistematica <---capitalista <---centralismo <---colonialismo <---cristiana <---d'Europa <---dell'Europa <---dogmatismo <---empirismo <---gnoseologico <---hegeliana <---imperialista <---italiane <---lista <---materialista <---meccanicismo <---realismo <---relativismo <---revisionismo <---staliniani <---Agraria <---Cosa <---Diplomatica <---Discipline <---Editori Riuniti <---Engels <---Estetica <---Filosofia della storia <---Giappone <---Già <---Hegel <---Hitler <---Linguistica <---Meglio <---Metafisica <---Mi pare <---NEP <---Nenni <---PCI <---Poetica <---Principi del leninismo <---Psicologia <---Retorica <---Storia contemporanea <---Togliatti <---Trotzki <---Unione Sovietica <---Viene <---Zinoviev <---anticomunismo <---antifascista <---antihitleriana <---attivismo <---biologica <---bolscevismo <---classista <---dell'Internazionale 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