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Il segmento testuale Stalin è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 603Analitici , di cui in selezione 25 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Analitici)


da (Nove domande sullo stalinismo) Palmiro Togliatti in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: PALMIRO TOGLIATTI
1. — La condanna del culto della personalità pronunciata dai comunisti dell'Unione sovietica e le critiche all'opera di Stalin significano esattamente, secondo me, quello che dai dirigenti comunisti sovietici è stato detto e viene ripetuto: né più né meno di questo. In guardia, dunque, contro due dirizzoni sbagliati.
Il primo, il più grossolano e persino ridicolo, è di ritenere —
o fingere di ritenere — che formulando quella condanna e queste critiche i comunisti sovietici siano passati alle posizioni, se non dell'anticomunismo per lo meno di chi non ha mai né approvato né capito la loro azione. Voglio dire ch'essi abbiano buttato a mare,
o si accingano a buttare a mare tutte le loro posizioni di principio
e prat[...]

[...]XX Congresso danno gli alfieri dell'anticomunismo, ma non c'è motivo per cui dobbiamo dar loro retta oggi, più di quanto non l'abbiamo data ieri. E del resto, essi scoprono il loro giuoco, forzandolo sino alla esasperazione, come sempre, e mettendo così in mostra la mala fede. Non escludo, per:, e lo voglio dire apertamente, che vi sia anche chi in perfetta buona fede scivoli su quella posizione e incominci a domandare se, date quelle critiche a Stalin, e dato che fu Stalin il principale esponente della politica comunista per un intiero periodo, non sia oggi da mettere in dubbio la giustezza di tutti i principali momenti di quella politica, a partire, poniamo, dalla opposizione decisa ai piani dell'imperialismo in questo dopoguerra, risalendo su su, attraverso Yalta e Teheran, al patto di non aggressione con la Germania del 1939, alla guerra di Spagna, ecc. ecc. ecc. e, in altro campo, alle direttive per la costruzione economica socialista e alla lotta contro chi la ostacolava e infine, una volta preso l'avvio — perché no? — sino agli atti decisivi della
PALMIR[...]

[...]iunti alla conquista del potere e alla creazione dell'attuale loro ordinamento sociale é sempre possibile si discuta e per molto tempo si discuterà, senza dubbio, allo scopo di precisarne il carattere, il contenuto e le conseguenze, allo scopo di valutarli storicamente nel modo più esatto. I compagni sovietici stanno aggi liberando la loro storiografia da errori ed esagerazioni che vi si erano introdotti per esaltare oltre il merito la figura di Stalin e questo consentirà un giudizio storico sempre più esatto. Non é esclusa, anzi é facilmente prevedibile che vengano corretti molti giudizi, che vengano precisate le critiche a determinate debolezze, errori, aspetti negativi dell'azione svolta in momenti determinati. Sarebbe per() un grave errore ritenere che questa particolare revisione, la quale tende a collocare tutti gli uomini e tutti gli avvenimenti nella loro giusta luce, comporti, da parte dei comunisti sovietici, una radicale ripulsa o una critica radicale, distruttiva dell'azione loro, così come si è sviluppata per oramai più che mez[...]

[...]ritica radicale, distruttiva dell'azione loro, così come si è sviluppata per oramai più che mezzo secolo. Quest'azione rimane, nella linea del suo sviluppo attraverso le successive tappe che tutti conoscono, il primo grande modello storico di conseguente attività rivoluzionaria per l'avvento della classe operaia alla direzione della società e per la costruzione di una società socialista.
Il secondo sbaglio consiste nel considerare le critiche a Stalin e la denuncia del culto della sua persona episodi di una lotta personale o di gruppi, che si svilupperebbe tra i dirigenti del partito comunista e dello Stato sovietico, e che sarebbe, in sostanza, solo una lotta per il potere. La grande stampa dei paesi capitalistici si é particolarmente dedicata a questo genere di interpretazione, che estende a tutto ci() che avviene nell'Unione sovietica. Essa ha per questo i suoi specialisti, capaci, per qualsiasi spostamento di responsabile dell'uno o dell'altro dicastero, dell'una o dell'altra organizzazione, di pesare esattamente quanti grammi di influ[...]

[...]bbe, in sostanza, solo una lotta per il potere. La grande stampa dei paesi capitalistici si é particolarmente dedicata a questo genere di interpretazione, che estende a tutto ci() che avviene nell'Unione sovietica. Essa ha per questo i suoi specialisti, capaci, per qualsiasi spostamento di responsabile dell'uno o dell'altro dicastero, dell'una o dell'altra organizzazione, di pesare esattamente quanti grammi di influenza poli
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tica vi abbia perduto questo o quel dirigente, quanti metri abbia avanzato verso il potere esclusivo questo o quel gruppo di uomini,
e così via. Le più grandi sciocchezze, poi, vengono dette quando da queste sottili valutazioni ipotetiche si vuole risalire al contrasto,
e persino alla lotta, tra civili e militari, per esempio, tra tecnici e uomini di partito, ecc. ecc. Il tecnico e l'uomo di partita molto spesso, nell'Unione sovietica, coincidono. Quanto ai militari, tutti sanno che in tutte le lotte interne di partito che si ebbero dalla rivoluzione in poi non vi fu mai una posizione [...]

[...]itici dei dirigenti sovietici vi siano stati, tra di loro, punti di divergenza, dibattiti, discussioni anche vivaci. Così deve fun zionare un organismo politico vivente, la cui attività interna non sia soffocata dal culto di una sola persona. Non esiste però nessun fatto e non esistono nemmeno indizi che possano in qualsiasi modo dare un valore alla rappresentazione di una tenebrosa lotta per il potere che si svolgerebbe attraverso le critiche a Stalin e al culto della sua persona. Anzi, a questo proposito si può andare anche più in là. Basta aver conosciuto superficialmente quale fosse la parte che Stalin aveva non solo nell'animo dei quadri del partito
e dei suoi membri, ma delle grandi masse popolari, per comprendere quanto difficile fosse la situazione che si presentò dopo la sua scomparsa, e soprattutto quanto fosse grave, irto di pericoli, il compito di correggere gli errori da lui compiuti, di denunciare questi errori e di muoversi su una strada per molti aspetti nuova. Questa evidente difficoltà spiega perché la denuncia aperta degli errori precedentemente commessi non poté farsi subito dopo la morte di Stalin. Non solo non sarebbe stata capita, ma avrebbe forse provocato reazioni nega[...]

[...]i, ma delle grandi masse popolari, per comprendere quanto difficile fosse la situazione che si presentò dopo la sua scomparsa, e soprattutto quanto fosse grave, irto di pericoli, il compito di correggere gli errori da lui compiuti, di denunciare questi errori e di muoversi su una strada per molti aspetti nuova. Questa evidente difficoltà spiega perché la denuncia aperta degli errori precedentemente commessi non poté farsi subito dopo la morte di Stalin. Non solo non sarebbe stata capita, ma avrebbe forse provocato reazioni negative, pericolose e non controllabili. La correzione di fatto degli errori, invece, prima per ciò che si riferisce al metodo di direzione e poi negli altri campi, è evidente che incominciò subito. Altrettanto evidente è però che questa correzione non avrebbe potuto compierla un gruppo dirigente nel quale si fosse svolta una tenebrosa lotta di persone o di gruppi per il po
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tere. La stessa eliminazione di Beria, uno dei principali responsabili delle sanguinose conseguenze dei più gravi tra gli err[...]

[...]risce al metodo di direzione e poi negli altri campi, è evidente che incominciò subito. Altrettanto evidente è però che questa correzione non avrebbe potuto compierla un gruppo dirigente nel quale si fosse svolta una tenebrosa lotta di persone o di gruppi per il po
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tere. La stessa eliminazione di Beria, uno dei principali responsabili delle sanguinose conseguenze dei più gravi tra gli errori commessi sotto la direzione di Stalin, lo dimostra. Poté infatti aver luogo rapidamente, senza scosse nel gruppo dirigente e senza alcun conflitto tra differenti settori della pubblica amministrazione.
Bisogna dunque, per concludere su questo punto, abituarsi a pensare che le critiche a Stalin e al culto della sua persona significano per i compagni sovietici esattamente ciò che essi sinora hanno detto. E che cosa, precisamente ? Che in conseguenza degli errori di Stalin e del culto della sua persona si erano accumulati elementi negativi, si erano create situazioni sfavorevoli e anche nettamente cattive in differenti settori della vita e della società sovietica, in differenti parti dell'attività del partito e dello Stato. Non è però semplice ridurre tutti questi momenti negativi sotto un solo concetto generale, perché anche in questo caso si corre il rischio della eccessiva, arbitraria e falsa generalizzazione, cioè il rischio di giudicare cattiva, da respingersi, da criticarsi, tutta la realtà economica, sociale e culturale sovietica, il che è un ritorno all[...]

[...]on è però semplice ridurre tutti questi momenti negativi sotto un solo concetto generale, perché anche in questo caso si corre il rischio della eccessiva, arbitraria e falsa generalizzazione, cioè il rischio di giudicare cattiva, da respingersi, da criticarsi, tutta la realtà economica, sociale e culturale sovietica, il che è un ritorno alle consuete idiozie reazionarie. La meno arbitraria delle generalizzazioni é quella che vede negli errori di Stalin il progressivo sovrapporsi di un potere personale alle istanze collettive di origine 'e natura democratica e, come conseguenza di questo, l'accumularsi di fenomeni di burocratizzazione, di violazione della legalità, di stagnazione e anche, parzialmente, di degenerazione, in differenti punti dell'organismo sociale. Si deve però subito aggiungere che questa sovrapposizione é stata parziale ed ha probabilmente avuto le più gravi manifestazioni alla sommità degli organi direttivi dello Stato e del partito. Di qui é partita una tendenza alla restrizione della vita democratica, della iniziativa e d[...]

[...]sviluppo tecnico ed eco nomico, attività culturale, letteratura, arte, ecc.), ma di qui non si può assolutamente dire che sia derivata la distruzione di quei fondamentali lineamenti della società sovietica, da cui deriva il suo carattere democratico e socialista e che rendono questa società superiore, per la sua qualità, alle moderne società capitalistiche. La società sovietica non poteva adagiarsi in simili errori, come può
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invece adagiarsi in errori e situazioni assai più gravi il regime borghese, capitalistico. Quegli errori non potevano diventare elemento stabile e generale della vita civile, economica, politica. Se fossero durati più a lungo, forse si sarebbe giunti a una rottura, benché anche questa ipotesi sia da accogliersi con cautela, perché una rottura avrebbe certamente portato alle masse popolari e a tutto il movimento socialista più danno che vantaggi e di questo erano consapevoli non soltanto gli uomini che della rottura avrebbero potuto essere gli autori, ma erano consapevoli strati assai vas[...]

[...], forse si sarebbe giunti a una rottura, benché anche questa ipotesi sia da accogliersi con cautela, perché una rottura avrebbe certamente portato alle masse popolari e a tutto il movimento socialista più danno che vantaggi e di questo erano consapevoli non soltanto gli uomini che della rottura avrebbero potuto essere gli autori, ma erano consapevoli strati assai vasti della società.
Con questo non voglio dire che le conseguenze degli errori di Stalin non siano state molto gravi. Sono state molto gravi, si sono estese a molti campi e il superarle non credo sarà cosa semplice, né che potrà farsi molto rapidamente. In sostanza, si pile, dire che una grande parte dei quadri dirigenti della società sovietica (partito, Stato, economia, cultura, ecc.) si era, nel culto di. Stalin, intorpidita, perdendo o avendo ridotta la propria capacità critica e creativa, nel pensiero e nell'azione. Per questo era assolutamente necessario che la denuncia degli errori di Stalin venisse fatta, e venisse fatta in modo tale che scuotesse le menti e riattivasse tutta la vita degli organismi su cui poggia il complesso sistema della società socialista. Si avrà così un nuovo progresso democratico di questa società, e questo sarà un potente contributo alla migliore comprensione fra tutti i popoli, alla distensione interna zionale, all'avanzata del socialismo e alla pace.
2. 3. — Mi potrò sbagliare, ma la mia opinione é che non siano oggi da prevedersi, nell'U. S., cambiamenti istituzionali, né che simili cambiamenti debbano derivare dalle critiche formulate in modo aperto [...]

[...]e sono propri di questi regimi. Posto così il problema, la mia risposta è negativa.
E partiamo pure, se si vuole, dall'esame della legittimità del potere e della sua fonte, ma cerchiamo di liberarci dal formalismo ipocrita col quale trattano questa questione gli apologeti della «civiltà occidentale ». Abbiamo letto Stato e rivoluzione, né abbiamo dimenticato la sostanza di quell'insegnamento, per fortuna nostra! Non è la critica degli errori di Stalin che ce la farà dimenticare. Nella realtà delle cosiddette civiltà occidentali la fonte della legittimità del potere non è affatto la volontà popolare. La volontà popolare è, nel migliore dei casi, uno dei fattori che contribuiscono, esprimendosi periodicamente con le elezioni, a determinare una parte degli indirizzi governativi. Nelle elezioni, però, (e valga pure l'esempio dell'Italia, tipico, per alcuni aspetti), entra in azione un molteplice sistema di pressioni, intimidazioni, coartazioni, falsificazioni, artifici legali e illegali, per cui la espressione della volontà popolare viene ad e[...]

[...]iamo sul terreno democratico e senza uscire da questo terreno riteniamo possibili sempre nuovi sviluppi. Ciò non vuol dire, però, che non vediamo le cose come sono e che del modo come si svolge la vita democratica nel mondo occidentale (guai, poi, a spingersi un po' troppo in là, in questo mondo, sino a trovarvi la Spagna, o la Turchia, o il Sud America, o il Portogallo, o il sistema elettorale discriminato degli Stati Uniti
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d'America, ecc. ecc.!) noi ci dobbiamo fare un feticcio, il modello universale e assoluto della democrazia! Anzi, noi continuiamo a' pensare che la democrazia di tipo occidentale è una democrazia limitata, imperfetta, per molte cose falsa, che richiede di essere sviluppata e perfezionata, attraverso una serie di riforme economiche e politiche. Anche se, dunque, giungeremo alla conclusione che il XX Congresso apre un nuovo processo di sviluppo democratico nell'Unione sovietica, siamo ben lontani dal pensare e riteniamo sia errato pensare che questo sviluppo possa e debba compiersi con un [...]

[...]etica di oggi, per), pensare a una pluralità di partiti ci sembra impossibile. Da che parte verrebbero fuori ? Per decisione dall'alto ? Sarebbe un bel processo democratico! Bisogna riconoscere che non solo esiste una omogeneità sociale dovuta alla scomparsa delle classi capitalistiche, non solo esiste una omogeneità politica che si esprime con la alleanza tra gli operai e i contadini, ma esiste una forma di unità della vita
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civile e della direzione politica che è sconosciuta e forse nemmeno capita, qui, nel mondo «occidentale ». La stessa nozione di partito é, nella Unione sovietica, qualcosa di diverso da ciò che noi intendiamo sotto questo termine. Il partito lavora e combatte per realizzare e sviluppare il socialismo, ma la sua opera é essenzialmente di natura positiva e costruttiva, non di natura polemica contro un ipotetico oppositore politico interno. L'« oppositore » contro cui si batte è la difficoltà oggettiva da superare, il contrasto da risolvere lavorando; la realtà da dominare, la sopravvivenza[...]

[...]ale per lo sviluppo della società non si esprime più nella competizione tra diversi partiti, di governo o di opposizione, perché non esiste piú né una base oggettiva (nelle cose), né una base soggettiva (nell'animo degli uomini) per una competizione simile. Si esprime all'interno stesso del sistema unitario che comprende tutta una serie di organizzazioni coordinate le une alle altre (partito, soviet, sindacati, ecc. ecc.). La critica che si fa a Stalin è di aver impedito questa manifestazione all'interno del sistema. La correzione consiste nel restaurare la normalità, non già nel negare il sistema o nel farlo saltare.
Ma se ritengo assurdo che il sistema possa esser fatto saltare per ritornare indietro, credo però che all'interno di esso possono e dovranno essere introdotte modificazioni, anche profonde, sulla base dell'esperienza che è stata compiuta, sulla base dei successi ottenuti in tutti i campi, e sulla base stessa della necessità di avere più efficaci garanzie contro errori come quelli di Stalin. Su questo punto é da concentrare la[...]

[...] normalità, non già nel negare il sistema o nel farlo saltare.
Ma se ritengo assurdo che il sistema possa esser fatto saltare per ritornare indietro, credo però che all'interno di esso possono e dovranno essere introdotte modificazioni, anche profonde, sulla base dell'esperienza che è stata compiuta, sulla base dei successi ottenuti in tutti i campi, e sulla base stessa della necessità di avere più efficaci garanzie contro errori come quelli di Stalin. Su questo punto é da concentrare la attenzione, e perciò devono essere seguite e studiate le misure nuove che via via nell'Unione sovietica si stanno prendendo, sia dal partito che dal governo. Le più interessanti, sino ad ora, e di più vasta portata, sono quelle che stabiliscono un decentramento sempre più esteso della direzione economica. La centralizzazione, anche in forme estreme, fu una necessità dei periodi in cui si dovevano operare rapidamente profondissimi cambiamenti, distruggere le basi del capitalismo, gettare le fondamenta della economia socialista, far fronte a necessità eco
P[...]

[...]ione di tutto l'organismo economico e sociale sono i veri segni della democrazia. Da noi, in regime di pluralità di partiti, di dialettica fra governo e opposizione, ecc. ecc. questa attività delle masse non esiste in nessuna forma e in nessuna misura, oppure solo in forme e misure limitatissime e del tutto indirette. Per questo diciamo che questa non è ancora una vera democrazia e non comprendiamo perché, per correggere le cattive cose fatte da Stalin, i popoli sovietici dovrebbero ricaderci.
Alcune cose ancora vorrei dire a proposito di garanzie efficaci contro il ripetersi di errori come quelli fatti da Stalin. Qui so che viene avanzata l'idea della (( indipendenza della magistratura » (della divisione dei poteri, cioè) come rimedio sicuro contra qualsiasi violazione della legalità. Io a questo rimedio, sinceramente, non credo. Il giudice deve avere una sua posizione di indipendenza, e la Costituzione sovietica gliela garantisce, come molte altre Costituzioni. Ma la violazione di questa norma avviene sempre in linea di fatto, non di diritto. Il giudice, inoltre, non é e non può essere un cittadino che viva fuori della società, dei suoi contrasti, delle correnti che la percorrono e la dominano. Ness[...]

[...] capo partigiano, cui si é fatto colpa della soppressione, in situazione di guerra, di chi gli veniva segnalato come spia. Oggi questo é stato fatto. Da giudici ((indipendenti))? Formalmente, con tutta probabilità, indipendenti da ingiunzioni ministeriali dirette, ma non indipendenti dalla cam pagna che per dieci anni, da De Gasperi e da tutti gli altri, venne condotta per diffamare il movimento partigiano, metterlo in stato
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d'accusa e farne condannare gli esponenti. I giudici fanno parte della classe dominante e non si sottraggono alle correnti di opinione, giuste o non giuste, che in questa si determinano. Ci dicono, ora, che nell'U. S. vi furono, al tempo di Stalin, processi che si conclusero con condanne illegali e ingiuste. I giudici che emisero quelle condanne non erano, assai probabilmente, cittadini che tradissero la loro coscienza: erano cittadini convinti che le errate dottrine di Stalin, allora diffuse in tutto il popolo, circa la presenza dappertutto di «nemici del popolo» da distruggere, fossero giuste. Perciò, pur essendo formalmente «indipendenti », giudicarono in quel modo. Una vera garanzia può consistere soltanto nella giustezza degli indirizzi politici del partito e del governo, e questa si assicura con una retta vita democratica sia nel partito che nello Stato e con un permanente e stretto contatto con le masse popolari, in tutti i gradi della vita pubblica. Anche il giudice, sarà sempre tanto più giusto quanto più legato col popolo..
4. — Questa affermazione della[...]

[...] ma i gruppi sociali incapaci non solo di approvare, ma persino di comprendere le profonde trasformazioni sociali e politiche che si stanno compiendo e cui sono ostili, vorrebbero creare tra le diverse parti del mondo, e a danno della parte che progredisce, abissi di incomprensione. Ma non ci riescono.
Il linguaggio politico è, tra Oriente e Occidente, assolutamente comune. Tirannide vuole dire, qui e là, la stessa cosa. Nel regime istaurato da Stalin in determinati periodi vi erano elementi di tirannide, e furono commessi, dal potere, atti delittuosi e moralmente repugnanti. Nessuno lo nega. Lo stesso significato ha, qui e là, la parola democrazia, cioè governo del popolo nell'interesse del popolo, eguaglianza dei cittadini, ecc. Quando i comunisti russi, nelle prime loro Costituzioni, stabilirono una marcata diversità tra il peso del voto degli operai e quello dei contadini, sapevano benissimo che quella non era una norma formalmente democratica. Ma la adottarono perché volevano che fosse anche legalmente garantita alla classe operaia la[...]

[...]nel famoso Occidente, aspetto mi si chiarisca che rapporto possa mai avere con la democrazia la discriminazione politica tra i cittadini, che un governo di democristiani e socialdemocratici tentò di porre alla base, in Italia, di tutta l'attività governativa, e che è tuttora norma generale di condotta della maggior parte delle autorità dello Stato, dei padroni, degli istituti di assistenza, degli Uffici del lavoro, ecc. ecc.
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Non è assolutamente vero che « in Oriente » l'opposizione si chiami tradimento, la discussione deviazione, ecc. In una discussione possono essere espresse posizioni non conciliabili con la linea politica che viene seguita, in contrasto con essa, e questa può essere chiamata una deviazione, perché lo è. Da noi, l'esprimere idee politiche diverse da quelle dei partiti dominanti viene chiamato, invece, « terrorismo ideologico ». Quanto all'opposizione, ne ho già parlato, e non coincide né può coincidere col tradimento. Senza dubbio, vi sono stati casi e momenti in cui la opposizione assunse[...]

[...]empo in cui la classe operaia, che aveva preso il potere con la rivoluzione, e il partito che la dirigeva, si trovarono di fronte a situazioni così gravi, a tali strettezze, a tali e tante difficoltà e a tali e tanti nemici esterni ed interni, da sconfiggersi ad ogni costo, che l'unità della direzione politica e dell'azione dovette essere mantenuta e fu mantenuta con mezzi eccezionali. Guai se non si fosse fatto cosí! Il grave errore commesso da Stalin fu di avere illecitamente esteso questo sistema (peggiorandolo, anzi, perché il rispetto della legalità rivoluzionaria era sempre stato richiesto, nei primi tempi, da Lenin, anche se allora i limiti di questa legalità erano forzatamente assai ristretti), alle situazioni successive, quando non era più necessario e diventava quindi soltanto la base di un potere personale. E l'errore dei suoi collaboratori fu di non essersene accorti a tempo, di averlo lasciato fare sino al punto in cui la correzione non era più possibile senza danno per tutti.
5. 6. — A queste due domande risponderò assieme pe[...]

[...]to di questa corresponsabilità, due spiegazioni sono state avanzate. Una è la più evidente ed è stata affacciata da noi stessi, nelle discussioni che hanno avuto luogo nel nostro partito. E stata formulata anche dal compagno Courtade, in una serie di articoli sulla Humanité (1), ed ora, se si deve credere a ciò che riferiscono i giornalisti, pure dal compagno Khrustcióv, rispondendo a una domanda rivoltagli in un ricevimento. L'allontanamento di Stalin dal potere, quando apparve la gravità degli errori ch'egli stava compiendo, era «giuridicamente possibile », ma impossibile in pratica, perché se la questione fosse stata posta ne sarebbe risultato un conflitto, e questo conflitto avrebbe probabilmente compromesso le sorti della rivoluzione e dello Stato, contro il quale erano puntate le armi da tutte le parti del mondo. Basta aver avuto un contatto . anche superficiale con l'opinione pubblica sovietica negli anni in cui Stalin era alla testa del paese e aver seguito la situazione internazionale di quegli anni, per essere in grado di riconosc[...]

[...] la gravità degli errori ch'egli stava compiendo, era «giuridicamente possibile », ma impossibile in pratica, perché se la questione fosse stata posta ne sarebbe risultato un conflitto, e questo conflitto avrebbe probabilmente compromesso le sorti della rivoluzione e dello Stato, contro il quale erano puntate le armi da tutte le parti del mondo. Basta aver avuto un contatto . anche superficiale con l'opinione pubblica sovietica negli anni in cui Stalin era alla testa del paese e aver seguito la situazione internazionale di quegli anni, per essere in grado di riconoscere che la costatazione é verissima. Oggi, per esempio, i dirigenti sovietici denunciano precisi errori e un momento di scoraggiamento di Stalin all'inizio della guerra. Ma in quei giorni chi, nell'U. S., avrebbe compreso e accettato, non dico un allontanamento di Stalin, ma anche solo una limitazione del suo potere ? Sarebbe stato un crollo, se si fosse vista o intuita una cosa simile. E lo stesso in altri momenti. La costatazione fatta da
(1) « ...Dans les années 19341941, lorsque les impérialistes préparaient de plus en plus intensément leur agression contre l'U.R.S.S., une intervention contre Staline pouvait provoquer des troubles que les ennemis du communisme n'auraient pas manqué d'exploiter. Une telle intervention n'auraitelle pas ouvert la voie á l'agression? Fallaitil courir un tel risque? Aucun communiste honnête n'oserait l'affirmer. Pratiquement, il n'était guère possible de faire autre chose que ce qui fut fait. Il fallait serrer les dents ' et travailler á l'édification du socialisme, au renforcement de l'U.R.S.S., au renforcement des partis communistes dans le monde entier, et cela malgré les tragédies engendrées par le culte de la personnalité de Staline u. L'Humanité, 26 apr[...]

[...]n'auraitelle pas ouvert la voie á l'agression? Fallaitil courir un tel risque? Aucun communiste honnête n'oserait l'affirmer. Pratiquement, il n'était guère possible de faire autre chose que ce qui fut fait. Il fallait serrer les dents ' et travailler á l'édification du socialisme, au renforcement de l'U.R.S.S., au renforcement des partis communistes dans le monde entier, et cela malgré les tragédies engendrées par le culte de la personnalité de Staline u. L'Humanité, 26 aprile 1956.
124 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
Khrustciòv dunque, spiega si, lo stato di necessità in cui si trovarono coloro che avrebbero voluto correggere la situazione che si era creata, ma è, nello stesso tempo, un costatazione che complica il quadro, e in sostanza lo aggrava. Si è costretti ad ammettere che gli errori che Stalin commetteva, o erano ignorati dalla grande massa dei quadri dirigenti del paese e quindi dal popolo, e questo non pare verosimile, oppure non erano considerati errori da questa massa di quadri e quindi dalla opinione pubblica, da essi orientata e diretta. Come si vede, io escludo la spiegazione della impossibilità di un cambiamento causata solo dalla presenza di un apparato militare, poliziesco, terroristico che controllasse la situazione con i suoi mezzi. Questo stesso apparato era composto e diretto da uomini, che in un momento grave come quello dell'attacco di Hitler, per esempio, sarebbero[...]

[...]n cambiamento causata solo dalla presenza di un apparato militare, poliziesco, terroristico che controllasse la situazione con i suoi mezzi. Questo stesso apparato era composto e diretto da uomini, che in un momento grave come quello dell'attacco di Hitler, per esempio, sarebbero stati dominati anch'essi da reazioni elementari, se si fosse aperta una crisi profonda. Molto più giusto mi pare riconoscere che, non ostante gli errori che commetteva, Stalin aveva il consenso di una grandissima parte del paese e prima di tutto dei suoi quadri dirigenti e anche delle masse. Era questa la conseguenza del fatto che Stalin non commise solo degli errori, ma fece anche molte cose buone, «fece moltissimo per PU. S. », «era il più convinto dei marxisti e saldo nella sua fiducia nel popolo » ? Ha riconosciuto questo lo stesso compagno Khrustciòv, nelle dichiarazioni riferite sopra, correggendo così lo strano ma comprensibile sbaglio che venne fatto, secondo me, al XX Congresso, di tacere questi meriti di Stalin. Ma questo non spiega tutto, e non spiega tutto appunto per la gravità degli errori che oggi vengono denunciati. La spiegazione non si può trovare se non in una attenta indagine del modo come al sistema caratterizzato dagli errori di Stalin si giunse. Solo così si potrà comprendere come questi errori non fossero soltanto qualcosa di personale, ma investissero in modo profondo la realtà della vita sovietica.
Un'altra spiegazione del perché non si poté giungere prima alle necessarie correzioni è stata data, se non erro, dallo stesso Khrustciòv, affermando che se queste correzioni non poterono farsi è perché la posizione dei dirigenti del partito e dello Stato verso gli errori di Stalin non fu eguale in tutti i periodi. Vi furo
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no dunque dei momenti in cui attorno a Stalin, vi fu una ampia solidarietà degli altri, e questa solidarietà era l'espressione, precisamente, di quel consenso di cui sopra parlavamo.
E qui bisogna riconoscere, apertamente e senza esitazione, che, mentre il XX Congresso ha dato un contributo enorme alla impostazione e soluzione di molti, seri e nuovi problemi del movimento democratico e socialista, mentre segna una tappa importantissima nello sviluppo della società sovietica, non può invece venir considerata soddisfacente la posizione che "é stata presa al Congresso e che oggi viene ampiamente sviluppata nella stampa sovietica per quanto[...]

[...]nte e senza esitazione, che, mentre il XX Congresso ha dato un contributo enorme alla impostazione e soluzione di molti, seri e nuovi problemi del movimento democratico e socialista, mentre segna una tappa importantissima nello sviluppo della società sovietica, non può invece venir considerata soddisfacente la posizione che "é stata presa al Congresso e che oggi viene ampiamente sviluppata nella stampa sovietica per quanto riguarda gli errori di Stalin e le cause e condizioni che li resero possibili. La causa di tutto starebbe nel « culto della personalità », e nel culto di una persona che aveva determinati e gravi difetti, mancava di modestia, tendeva al potere personale e alle volte sbagliava per incompetenza, non era leale nelle relazioni con gli altri dirigenti, aveva una smania di grandezza e un eccessivo amore di se stesso, era sospettoso sino all'estremo, e alla fine, attraverso l'esercizio del potere personale, giunse a distaccarsi dal popolo, a trascurare il suo lavoro e soggiacere persino a una forma evidente di mania di persecuzi[...]

[...]va al potere personale e alle volte sbagliava per incompetenza, non era leale nelle relazioni con gli altri dirigenti, aveva una smania di grandezza e un eccessivo amore di se stesso, era sospettoso sino all'estremo, e alla fine, attraverso l'esercizio del potere personale, giunse a distaccarsi dal popolo, a trascurare il suo lavoro e soggiacere persino a una forma evidente di mania di persecuzione. I dirigenti sovietici attuali hanno conosciuto Stalin assai più di noi, (di alcuni contatti avuti con lui avrò forse modo di parlare in altra occasione), e noi quindi dobbiamo loro credere quando a questo modo oggi ce lo descrivono. Possiamo soltanto pensare, tra di noi, che, poiché era così, "a parte la impossibilità di fare un cambio a tempo, di cui già si è parlato, avrebbero per lo meno potuto essere più prudenti in quella esaltazione pubblica e solenne delle qualità di quest'uomo, cui ci avevano abituato. È vero che oggi si criticano, ed é il loro grande merito, ma in questa critica un poco del loro prestigio va senza dubbio perduto. Ma a p[...]

[...]ibilità di fare un cambio a tempo, di cui già si è parlato, avrebbero per lo meno potuto essere più prudenti in quella esaltazione pubblica e solenne delle qualità di quest'uomo, cui ci avevano abituato. È vero che oggi si criticano, ed é il loro grande merito, ma in questa critica un poco del loro prestigio va senza dubbio perduto. Ma a parte questo, sino a che ci si limita, in sostanza, a denunciare, come causa di tutto, i difetti personali di Stalin, si rimane nell'ambito del
culto della personalità ». Prima, tutto il bene era dovuto alle sovrumane qualità positive di un uomo; ora, tutto il male viene attribuito agli altrettanto eccezionali e persino sbalorditivi suoi difetti. Tanto in un caso quanto nell'altro siamo fuori del criterio
126 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
di giudizio che è proprio del marxismo. Sfuggono i problemi veri, che sono del modo e del perché la società sovietica poté giungere
a certe forme di allontanamento dalla via democratica e dalla
legalità che si era tracciata, e persino di degenerazione. Lo studio dovrà essere fatto seguendo le diverse tappe di sviluppo di que
sta società, e sono prima di tutti i compagni sovietici che debbono farlo, perché conoscono le cose meglio di noi, che possiamo sbagliare per parziale o errata conoscenza dei fatti.
A noi torna a mente, anzitutto, che Lenin, negli ultimi suoi discorsi e scritti, [...]

[...]re fatto seguendo le diverse tappe di sviluppo di que
sta società, e sono prima di tutti i compagni sovietici che debbono farlo, perché conoscono le cose meglio di noi, che possiamo sbagliare per parziale o errata conoscenza dei fatti.
A noi torna a mente, anzitutto, che Lenin, negli ultimi suoi discorsi e scritti, aveva posto l'accento sul pericolo di burocratizzazione che minacciava la nuova società. Ci sembra fuori dtibbio che gli errori di Stalin furono legati a un eccessivo aumento del peso degli apparati burocratici nella vita economica e politica sovietica, e forse prima di tutto nella vita del partito. E qui è assai difficile dire quale fosse la causa, quale la conseguenza. L'una cosa venne ad essere, a poco a poco, la espressione dell'altra. Questo peso eccessivo della burocrazia è anche da riferirsi a una tradizione, proveniente dalle forme di organizzaziòne politica e dal costume della vecchia Russia ? Forse non lo si può escludere e credo vi siano accenni di Lenin in questo senso; si tenga però presente che dopo la rivoluzione[...]

[...] parte di ciò che avrebbe dovuto venire modificato o abbandonato. In questo momento, poi, si scatenò la lotta dei gruppi che contestavano la possibilità di una edificazione economica socialista e questo non poté non avere una estesa influenza su tutta la vita sovietica. Anche questa lotta ebbe il carattere di un vero combattimento, dal cui esito dipendevano le sorti del potere e che si doveva quindi vincere ad ogni costo. È in questo periodo che Stalin ebbe una parte positiva, e attorno a lui si unirono le forze sane del partito. Ora si potrà osservare che si unirono attorno a lui in modo tale, e guidati da lui accettarono tali modificazioni nel funzionamento del partito e dei suoi organi dirigenti, tale nuova funzione degli apparati diretti dall'alto, per cui o non poterono più opporsi quando incominciarono a venire alla luce le cose cattive, oppure non compresero nemmeno bene, all'inizio, che si trattasse di cose cattive. Forse non si sbaglia affermando che è dal partito che ebbero inizio le dannose limitazioni del regime democratico e il[...]

[...] sociale delle campagne: I risultati ottenuti erano qualcosa che mai al mondo era stata veduta, che fuori dell'Unione sovietica pochi avevano creduto possibile. Furono una conferma clamorosa della vittoria rivoluzionaria dell'Ottobre, e della giusta linea politica sostenuta contro oppositori e nemici d'ogni sorta. Furono però anche l'inizio di alcuni orientamenti sbagliati, e che dovevano avere, in seguito, gravi conseguenze
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cattive. Nella esaltazione dei successi ottenuti, prevalse, soprattutto nella propaganda corrente, ma anche nelle impostazioni generali, una tendenza alla esagerazione, a considerare oramai risolti tutti i problemi, superate le contraddizioni oggettive, le difficoltà, i contrasti che pure sono sempre inerenti alla costruzione di una società socialista. Queste contraddizioni oggettive, queste difficoltà, questi contrasti, sono spesso, nel corso della costruzione di una società socialista, molto gravi, e non possono venire superati se non vengono riconosciuti in modo aperto, chiamando le s[...]

[...]etati, pronti a ricorrere a tutti i mezzi per recarle danno e frenarne l'ascesa; ma quell'errato indirizzo nei giudizi sulla situazione oggettiva fece perdere il senso del limite, fece smarrire la nozione della frontiera che separa il buono dal cattivo, l'amico dal nemico, la incapacità o la debolezza dalla ostilità consapevole e dal tradimento, il contrasto e le difficoltà che sgorgano dalle cose, dall'atto ostile di chi congiura per rovinarti. Stalin dette una formulazione pseudoscientifica di questa paurosa confusione, con la sua tesi errata dell'accrescimento necessario dei nemici e dell'inasprirsi della lotta delle classi col progresso della costruzione socialista. Questo rese permanente e aggravò la confusione stessa; questo fu all'origine delle inaudite violazioni della legalità socialista che oggi sono state denunciate pubblicamente. Bisogna però cercare più in profondo per comprendere come queste posizioni potessero venire accettate e diventar popolari, e una delle direzioni della ricerca dovrà essere quella da noi indicata, se si [...]

[...]e classi col progresso della costruzione socialista. Questo rese permanente e aggravò la confusione stessa; questo fu all'origine delle inaudite violazioni della legalità socialista che oggi sono state denunciate pubblicamente. Bisogna però cercare più in profondo per comprendere come queste posizioni potessero venire accettate e diventar popolari, e una delle direzioni della ricerca dovrà essere quella da noi indicata, se si vuole capire tutto. Stalin fu ad un tempo espressione e autore di una situazione, e lo fu tanto perché dimostratosi il più esperto organizzatore e dirigente di un apparato di tipo burocratico nel momento in cui questo prese il sopravvento sulle forme di vita democratica, quanto per avere dato una giu
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stificazione dottrinale di quello che in realtà era un indirizzo errato e sul quale poi si resse, fino ad assumere forme degenerative, il suo potere personale. Tutto questo spiega quel consenso che vi fu attorno a lui, che durò sino alla sua scomparsa e forse tuttora conserva qualche efficacia.
Non si dimentichi, poi, che anche . quando si stabili questo suo potere, i successi della società sovietica non mancarono. Vi furono nel campo economico, in quello politico, in quello culturale, in quello militare, in quello dei rapporti internazionali. Nessuno potrà negare che l'Unione sovietica[...]

[...], più solida all'interno e più autorevole di fronte all'estero di quanto non fosse, per esempio, all'epoca del primo piano quinquennale. Come mai tanti errori non impedirono tanti successi ? Anche qui, sono i dirigenti sovietici che debbono dare la risposta, comprendendo che questo é oggi uno dei problemi che assillano i militanti sinceri del movimento operaio internazionale. Fino a che punto, da quale momento ed entro quali limiti gli errori di Stalin compra misero la linea politica del partito, crearono difficoltà sussidiarie e quale peso ebbero queste difficoltà, e come si riuscì, non ostante quegli errori, a progredire ? Sulla base di ciò che conosciamo, noi possiamo fare solo alcune affermazioni generali, disposti a rivederle se necessario. Ci sembra debba essere riconosciuto che la linea seguita nella costruzione socialista continuò a essere giusta, anche se gli errori che vengono denunciati sono tali che non possono non avere seriamente limitato i successi nella sua applicazione. Questo é però uno dei punti su cui saranno necessarie [...]

[...] stanno ancora ricercando. Si può essere senz'altro d'accordo che i! problema centrale é della salvaguardia delle caratteristiche democratiche della società socialista, ma come si colleghino le questioni della democrazia política e di quella economica, della democrazia interna e della funzione dirigente del partito con il funzionamento democratico dello Stato,
e come lo sbaglio intervenuto in uno di questi campi possa riper
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cuotersi su tutto il sistema, — questo, é ció che bisogna studiare a fondo e chiarire.
7. — I comunisti di tutto il mondo ebbero sempre una fiducia senza limiti nel partito comunista sovietico e nei suoi dirigenti. Donde sgorgasse questa fiducia è più che evidente. Nei momenti decisivi della storia e sulle questioni decisive del movimento operaio e della politica internazionale la posizione dei comunisti sovietici fu quella giusta. La rivoluzione del 1917, in cui essi presero il potere, suscitò l'entusiasmo. La giustezza della politica da essi affermata, difesa e seguita dopo la rivoluz[...]

[...]sti dibattiti, che toccarono i più importanti temi della nostra ideologia e della nostra politica. Attraverso di essi il nostro movimento si avviò verso la sua maturità.
In seguito, delle questioni che si ponevano ai compagni sovietici nella costruzione di una società socialista si parlò nei nostri partiti sempre di meno, anche perché i compagni sovietici non ce le presentarono più in modo problematico, come facevano prima,
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ma quasi come tappe di un progresso oramai avviato e il cui corso non sollevava profondi temi nuovi. Eravamo del resto giunti al momento in cui il movimento comunista fuori dell'Unione sovietica si era così rafforzato che poteva uscire dal campo della semplice agitazione e propaganda, correggere molti degli sbagli commessi prima dell'avvento al potere di Hitler e svolgere un'ampia azione politica positiva, nella lotta contro il fascismo, contro la guerra che si preparava, per tentar di salvare la Repubblica spagnuola, per l'unità del movimento operaio e democratico, ecc. Si stavano crean[...]

[...] di quello che ho ricordato. La denuncia di esasperazioni nell'impiego di mezzi repressivi straordinari e la decisione di correggerle vi erano già state, del resto, in una assemblea nazionale del Partito comunista dell'U. S., e avevano trovato tutti consenzienti. Il brutto é che quella decisione non venne rispettata, anzi,
PALMIRO TOGLIATTI 135
per alcuni aspetti le cose in seguito peggiorarono, e qui vi fu una imperdonabile colpa personale di Stalin.
Ripeto, per i processi iniziali, quelli di cui noi avemmo modo dì occuparci, perché quelli successivi per lo più non furono pubblici, la mia opinione, oggi, é che esistessero assieme entrambi gli elementi, i tentativi degli oppositori di cospirare contro il regime e compiere atti terroristici e l'applicazione di metodi istruttori illegali, moralmente condannabili. La prima cosa non attenua la gravità della seconda, naturalmente.
8. — I giudizi che dò e che sostanzialmente ho esposto mi portano a ritenere inevitabile che la correzione e la critica degli errori di Stalin partissero dall'alto[...]

[...]ono pubblici, la mia opinione, oggi, é che esistessero assieme entrambi gli elementi, i tentativi degli oppositori di cospirare contro il regime e compiere atti terroristici e l'applicazione di metodi istruttori illegali, moralmente condannabili. La prima cosa non attenua la gravità della seconda, naturalmente.
8. — I giudizi che dò e che sostanzialmente ho esposto mi portano a ritenere inevitabile che la correzione e la critica degli errori di Stalin partissero dall'alto. La stessa restrizione della vita democratica nel partito e nello Stato, contenuto e conseguenza di questi errori, e i consensi di cui Stalin era stato circondato, facevano si che una critica dal basso si sarebbe potuta avere solo con lentezza e si sarebbe sviluppata in modo confuso, non privo di rotture pericolose. La cosa può apparire spiacevole, ma deriva da tutto ciò che era avvenuto prima. Era compito del gruppo dirigente, convinto che si dovesse liquidare il cattivo e cambiare corso, aprire la strada al nuovo corso con una energica critica dall'alto, oltre che con una prima correzione, di fatto, delle storture più gravi. Rieducare a una normale vita democratica, secondo il modello che era stato stabilito da Lenin nei primi an[...]

[...]artito e attraverso il partito tutto uno sterminato paese, dove le condizioni della vita civile sono ancora molto diverse da regione a regione, è compito di enorme peso, che non si assolve né con tre anni di lavoro né con un congresso. Credo sia persino esagerato dire che sia tutto soltanto questione di tempo, di elaborare un nuovo indirizzo e realizzarlo. Non mi pare si possa escludere che si inseriscano in questo nuovo cor
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so della vita sovietica dibattiti importanti e nuovi, che ben precisino la portata degli errori compiuti e delle indispensabili correzioni, che conducano a una esatta valutazione di principio, politica e pratica, sia degli uni che delle altre. Mi pare, insomma, che gli errori di Stalin debbano essere corretti, attraverso questo ampio sviluppo, con un metodo profondamente diverso da quello che Stalin stesso segui in quel periodo della sua vita in cui aveva abbandonato le rette norme di funzionamento del partito e dello Stato. Quanto più avverrà così, tanto più grande sarà il profitto. Ciò che noi auguriamo è che le correzioni vengano fatte, senza esitazioni, con coraggio, e che da esse esca, come deve uscire, un nuovo slancio in avanti della società socialista in tutte le direzioni, sopra una base democratica ampia, sana, piena di nuove e ricche pulsazioni vitali.
9. — Spero non esista più nessuno, in Italia, per lo meno, che ancora presti fede alla balorda leggenda dei partiti comunisti[...]

[...]ostra politica in riunioni internazionali. Tutte le iniziative da noi prese dopo la guerra furono opera esclusivamente nostra, dai compagni dirigenti di altri partiti comunisti forse nemmeno sempre pienamente comprese, perché dettate dalle condizioni in cui lavoriamo noi, in Italia, e che sono del tutto particolari. Oggi, poi, anche l'Ufficio di informazione é stato sciolto, per i motivi che sono stati ampiamente esposti.
Gli errori compiuti da Stalin nella direzione del partito comunista sovietico contribuirono certamente, poiché limitavano i dibattiti e la vita democratica alla sommità di quel partito, a rendere alquanto esteriori e formali anche i rapporti tra i comunisti sovietici e quelli degli altri paesi, a creare tra di loro un certo distacco, senza però diminuire la reciproca fiducia, perché dei fatti che oggi vengono dénunciati noi non avevamo e non potevamo avere nozione alcuna. Questo almeno per ciò che ci riguar
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da. In altri partiti, soprattutto nei paesi di democrazia popolare, alcuni degli er[...]

[...]buirono certamente, poiché limitavano i dibattiti e la vita democratica alla sommità di quel partito, a rendere alquanto esteriori e formali anche i rapporti tra i comunisti sovietici e quelli degli altri paesi, a creare tra di loro un certo distacco, senza però diminuire la reciproca fiducia, perché dei fatti che oggi vengono dénunciati noi non avevamo e non potevamo avere nozione alcuna. Questo almeno per ciò che ci riguar
138 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
da. In altri partiti, soprattutto nei paesi di democrazia popolare, alcuni degli errori di Stalin vennero dopo la guerra ripetuti in modo meccanico, così come, probabilmente, in modo meccanico si ebbe la tendenza a trasferire e applicare in questi paesi tutta l'esperienza e tutta la pratica sovietiche, senza tenere sempre il necessario conto delle particolari condizioni che in ogni paese imponevano e impongono particolari vie di sviluppo, correzioni e adattamenti dell'esperienza sovietica.
Le critiche a Stalin fatte al XX Congresso, giunte per la maggior parte inattese, hanno certamente colpito il quadro del movimento comunista internazionale e anche, in misura minore, le sue masse. Il modo come i nemici si sono buttati su queste critiche per farne strumento di lotta contro di noi ha stretto attorno al partito i suoi militanti. A parte ciò, si deve dire che non vi é stata tra di essi soltanto sorpresa. Vi é stato dolore, qua e là smarrimento. Sono sorti dubbi circa il passato, e così via. Queste cose non erano evitabili, data la gravità dei fatti che sono stati denunciati e il modo della denuncia; [...]

[...] partito dirigente. In altri paesi ancora, la marcia verso il socialismo è un obiettivo per il quale si concentrano sforzi che partono da movimenti diversi, che però spesso non hanno ancora raggiunto né un accordo né una comprensione reciproca. Il complesso del sistema diventa policentrico e nello stesso movimento comunista non si può parlare di una guida unica, bensì di un progresso che si compie seguendo strade spesso diverse. Dalle critiche a Stalin risulta un problema generale, comune a tutto il movimento, — il problema dei pericoli di degenerazione burocratica, di soffocamento della vita democratica, di confusione tra la forza rivoluzionaria costruttiva e la distruzione della legalità rivoluzionaria, di distacco della direzione economica e politica dalla vita, dalla iniziativa, dalla critica
e dall'attività creativa delle masse. Noi saluteremo il fatto che tra i partiti comunisti che sono al potere si stabilisca una emulazione circa il modo migliore di evitare per sempre questo pericolo. E a noi toccherà elaborare il metodo e la via n[...]



da (Nove domande sullo stalinismo) Giuseppe Chiarante in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: GIUSEPPE CHIARANTE
Fino ad oggi tre diverse tesi sul periodo staliniano hanno diviso la storiografia occidentale.
La prima — di cui un esempio significativo e quasi divertente ci é fornito dal libro di Wolfe .<c I tre artefici della rivoluzione d'ottobre » — viene comunemente sostenuta dai pubblicisti più ostili all'esperienza politica sovietica. Essa consiste nel giudicare lo stalinismo come una degenerazione dittatoriale della rivoluzione socialista, una forma asiatica di governo bonapartista, una organizzazione personale del potere per molti aspetti analoga a quella hitleriana.
La seconda, più seria e meditata — e di cui Isaac Deutcher é forse il più noto e qualificato esponente — raccoglie invece le correnti di sinistra della socialdemocrazia e del radicalismo. L'epoca di Stalin viene da tali correnti considerata come una dolorosa, se pur forse inevitabile, fase di arresto e di deviazione rispetto alla linea e alla ideologia leninista: arresto e deviazione imposti dalle necessità di un paese arretrato, avente alle sue spalle secolari tradizioni storiche di tipo autocratico. Una simile tesi, ovviamente, conduce ad un atteggiamento di attesa: l'attesa che la fine dei pressanti condizionamenti storici permetta all'Unione Sovietica e al proletariato mondiale di riprendere costruttivamente il proprio discorso là dove esso si era interrotto, e cioè all'irrisolta opposizion[...]

[...] conduce ad un atteggiamento di attesa: l'attesa che la fine dei pressanti condizionamenti storici permetta all'Unione Sovietica e al proletariato mondiale di riprendere costruttivamente il proprio discorso là dove esso si era interrotto, e cioè all'irrisolta opposizione fra la Seconda Internazionale e il leninismo.
La terza tesi, infine, che é stata sino agli ultimi tempi soste
nuta dai partiti e dagli uomini di cultura comunisti — giudica lo stalinismo nulla di più che un fedele sviluppo e una laboriosa continuazione della rivoluzione d'Ottobre, minacciata in tutto il trentennio staliniano dalla pressione internazionale della borghesia e dalle deviazioni di destra e di sinistra.
16 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
Il XX congresso del PCUS ha, a dire il vero, del tutto sconvolto questo schieramento. Se da un lato infatti, denunciando gli aspetti più autoritari del sistema di governo staliniano, esso ha posto in luce la debolezza di ogni posizione rigidamente conformista e dogmatica; d'altro lato, per il fatto di porsi come continuatore ed erede dell'opera staliniana, ha pure indicato l'insufficienza delle posizioni acriticamente e indiscriminatamente polemiche. In tal modo oggi, liberatasi la ricerca dalle pressioni dei 'più immediati interessi di parte, sembra aprirsi la via per un reale approfondimento storiografico intorno a quel periodo.
Questo ripensamento, però, non accenna ancora ad avvenire: anzi per molti aspetti la pubblicistica politica e culturale sulla questione sembra, dopo il XX congresso, avere più regredito che avanzato.
Innanzitutto, infatti, appare oggi molto forte la tentazione dei giudizi moralistici, rivolti a soppesare con il[...]

[...] giudicato fenomeno transitorio, naturale e temporaneo contraccolpo di una polemica che durava da anni.
Ma su questa base si va pure facendo luce, e sembra prevalere, una ben più pericolosa tendenza, tutta ,ossuta di empirismo e di « buon senso », indifferente all'unità del //i~segno interpretativo, fondata su di una serie di approssimative e Assurde « distinzioni ». Viene così talora proposta una « distinzione » fra i fondamenti della politica staliniana e i suoi strumenti di realizzazione, quasi che questi nascessero dalle intemperanze personali del loro ispiratore; viene azzardata una « distinzione » fra il periodo della lotta contro le deviazioni e quello dei processi, quasi che questi non abbiano rappresentato il necessario se pur doloroso proseguimento di quella; viene addirittura affermata una distinzione fra Stalin e il regime, quasi che per mera coincidenza egli ne sia rimasto il leader per un tren
GIUSEPPE CHIARANTE 17
tenno guidandone la costruzione e il consolidamento. Su questa via, ovviamente, si giunge ben presto all'assurdo scientifico di considerare l'ultimo ventennio di politica sovietica una parentesi priva di significanza storica, se non per il fatto di aver in via pratica consolidato lo stato socialista e di averne salvaguardato l'esistenza; e si finisce col vagheggiare una sorta di scolastico e astratto « ritorno al leninismo ». Diviene quasi naturale, se questa fosse la strada sulla qua[...]

[...]raggiosamente coerenti giudizi del passato.
Permetta quindi — caro Carocci che, temendo le secche del « buon .senso » e dei « distinguo », eviti di rispondere singolarmente alle numerose e interessanti questioni che lei pone; e cerchi invece, per comodità di metodo, di ridurle (riferendomi soprattutto a quelle indicate al terzo, al quarto, al quinto e al sesto punto), a questi tre essenziali quesiti, così da tentare un giudizio d'assieme sullo stalinismo:
1) Lo stalinismo, nel suo complesso, rappresenta un momento essenziale e necessario della rivoluzione socialista in Unione Sovietica ?
2) La rivoluzione sovietica e lo stalinismo in particolare rappresentano una esperienza politica collegata in modo esclusivo alle condizioni di arretratezza della società russa ovvero costituiscono un decisivo passo avanti teorico e pratico per lo sviluppo 'del sistema mondiale?
3) Quale significato ha e quali problemi investe l'attuale tentativo di superamento degli schemi staliniani ?
I
L ormai generale, fra gli uomini di cultura di ogni parte politica, l'accordo nell'individuare le caratteristiche distintive dell'opera di Stalin: da un lato la tesi della possibilità di una compiuta edificazione del socialismo in un solo paese; dall'altro la forma particolarmente rigida di direzione politica. Lo stalinismo, quindi, può essere considerato nel suo complesso un momento necessario della rivolu
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zione sovietica solo nella misura in cui si riesca a dimostrare: 1) che la tesi sull'edificazione socialista in un solo paese era una verità scientificamente accertabile; 2) che da essa derivava, in via di stretta necessità, un grave irrigidimento nel sistema di gestione del potere.
Il primo punto di questa dimostrazione non parrebbe, in sé, molto arduo e complesso. Gran parte degli stessi avversari di Stalin, infatti, pressati dall'eloquenza dei successi sovietici, non possono ormai evitare un riconoscimento dell'esattezza della posizione staliniana sull'edificazione del socialismo in un solo paese. Ma, anche a voler trascurare l'obiezione classica dei trotskisti (i quali insistono nel sostenere che la rivoluzione non si è trasmessa all'Occidente perché con troppa tepidezza e troppi errori si è perseguito tale obiettivo), rimane di fatto che se non si approfondisce l'analisi sulla natura e sulle implicazioni di questa tesi di Stalin, non si può neppure cogliere il significato complessivo della sua politica e tanto meno storicamente comprendere gli aspetti più coercitivi e autoritari della sua gestione del potere.
Tutti coloro infatti — fra i critici del grande rivoluzionario, socialdemocratici o radicali di sinistra che fossero — che pur hanno ammesso l'esattezza del principio dell'edificazione del socialismo in un solo Stato, hanno però sempre considerato tale linea una semplice scelta politica suggerita dalle circost ‘ize, che, come tale, non mutava i termini sostanziali dei proble _1 rivoluzionari. Diveniva.
allora [...]

[...]e.
Tutti coloro infatti — fra i critici del grande rivoluzionario, socialdemocratici o radicali di sinistra che fossero — che pur hanno ammesso l'esattezza del principio dell'edificazione del socialismo in un solo Stato, hanno però sempre considerato tale linea una semplice scelta politica suggerita dalle circost ‘ize, che, come tale, non mutava i termini sostanziali dei proble _1 rivoluzionari. Diveniva.
allora logico che, nella misura in cui stalinismo si allontanava
dagli schemi di direzione politica consueti al marxismoleninismo, se ne denunciasse la degenerazione, la involuzione illiberale.
Ma, a mio avviso, così non é. La tesi staliniana sull'edificazione del socialismo rappresenta — almeno a me pare — l'accertamento scientifico di una situazione storica per molti aspetti non prevista da Marx o da Lenin, e che era tale, per le sue concrete condizioni,. da comportare una forma molto rigida di gestione del potere.
Certo questa « novità » della posizione staliniana viene faticosamente in luce, oscurata come é dagli sforzi di Stalin stesso e di
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tutta la cultura sovietica, che ha teso per lunghi anni a negare ogni soluzione di continuità, sia pure formale, fra la linea e la dottrina di Lenin e quelle del suo continuatore. Ma ove si sbarazzino gli scritti dello statista georgiano dalle necessità tattiche e formali che la dura lotta contro le deviazioni ha loro imposto, non é difficile cogliervi la grande innovazione che egli ha portato all'interno della dottrina marxistaleninista.
E a tutti nota (e Stalin stesso fu sempre costretto a riconoscerlo) la posizione marxiana sul carattere internazionale [...]

[...]tura sovietica, che ha teso per lunghi anni a negare ogni soluzione di continuità, sia pure formale, fra la linea e la dottrina di Lenin e quelle del suo continuatore. Ma ove si sbarazzino gli scritti dello statista georgiano dalle necessità tattiche e formali che la dura lotta contro le deviazioni ha loro imposto, non é difficile cogliervi la grande innovazione che egli ha portato all'interno della dottrina marxistaleninista.
E a tutti nota (e Stalin stesso fu sempre costretto a riconoscerlo) la posizione marxiana sul carattere internazionale della rivoluzione.
«Ecco la questione difficile per noi: sul continente la rivoluzione è imminente e prenderà anche subito un carattere socialista. Non sarà necessariamente battuta, in questo piccolo angolo di mon do, dato che il movimento della società borghese è ancora ascendente su un'area molto maggiore? » (1). Questa posizione, del resto, fu ripresa infinite volte ed anche accentuata da Engels.
Cosa mai è poi sopravvenuto a confutarla ? Lo stesso Stalin ce lo chiarisce con precisione: « Zinovi[...]

[...]voluzione.
«Ecco la questione difficile per noi: sul continente la rivoluzione è imminente e prenderà anche subito un carattere socialista. Non sarà necessariamente battuta, in questo piccolo angolo di mon do, dato che il movimento della società borghese è ancora ascendente su un'area molto maggiore? » (1). Questa posizione, del resto, fu ripresa infinite volte ed anche accentuata da Engels.
Cosa mai è poi sopravvenuto a confutarla ? Lo stesso Stalin ce lo chiarisce con precisione: « Zinoviev dimentica che la citazione di Marx si riferisce al periodo del capitalismo monopolistico quando il capitalismo nel suo insieme si sviluppava secondo una linea ascendente... Altra cosa è il capitalismo imperialistico, quando il mondo è già stato spartito tra i gruppi capitalistici, quando lo sviluppo a sbalzi del capitalismo esige nuove ripartizioni del mondo già spartito, mediante conflitti militari, quando i conflitti e le guerre tra i gruppi imperialistici che sorgono su questo terreno indeboliscouo il fronte mondiale del capitalismo, lo rendono fa[...]

[...]a breccia in singoli paesi » (2).
In altri termini, la dottrina leninista sul passaggio del capitalismo alla sua « fase suprema », mentre costituiva la teoria sulla quale si fondava la rivoluzione socialista in un paese arretrato (in quanto punto più debole del fronte imperialistico mondiale), era altresì sufficiente a superare il preconcetto della « simultaneità mondiale » della rivoluzione.
(1) MarxEngels, Carteggio, vol. III, pag. 241.
(2) Stalin, Opere, rol. IX, pag. 107108.
20 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
Pur tuttavia, ed è qui l'elemento decisivo, che significato veniva ad assure la tesi sulla rivoluzione socialista in un solo paese, oltretutto arretrato, all'interno del sistema concettuale leninista?
Essa rappresentava, è facile convenirne, il superamento di una concezione ancora per molti versi astratta e mitica del processo rivoluzionario; ne precisava cioè scientificamente il punto d'avvio e le forme iniziali. Lenin per) non andò oltre questi termini; e del resto la situazione stessa cui si trovava di fronte non gli proponeva certo altri problemi né gli forniva i mezzi per risolverl[...]

[...]a di fronte non gli proponeva certo altri problemi né gli forniva i mezzi per risolverli. Per lui quindi la rivoluzione sovietica rimaneva pur sempre il punto di inizio di un processo sostanzialmente continuo che avrebbe dovuto, necessariamente e a breve scadenza, investire l'Occidente capitalistico e trovarvi il suo reale epicentro. Anche nel brano famoso dello scritto «Sulla parola d'ordine degli Stati Uniti d'Europa », più volte utilizzato da Stalin, non è difficile avvertire questa ambivalenza nella sua posizione: «L'ineguaglianza dello sviluppo economico e politico è una legge assoluta del capitalismo. Ne risulta che è possibile la vittoria del socialismo, all'inizio, in alcuni paesi capitalistici o anche sn un solo paese capitalistico preso separatamente. Il proletariato vittorioso di questo paese, espropriati i capitalisti e organizzata la produzione socialista, si solleverebbe contro il resto del mondo capitalista, attirando a sé le classi oppresse degli altri paesi, spingendole a insorgere contro i capitalisti, intervenendo, in cas[...]

[...]pere, vol. XXXII pag. 302303.
GIUSEPPE CHIARANTE 21

questione accademica e astratta. In tal modo le frasi degli ultimi suoi scritti (ad es. Sulla Cooperazione) rappresentano forse assai più la risposta alle incertezze immediate della politica sovietica che l'inizio di una seria revisione o tanto meno la già avvenuta elaborazione di una nuova posizione di principio.
***
Rispetto a tutfe queste posizioni profonda appare invece l'innovazione staliniana: così sul piano politico come su quello teorico e metodologico.
Stalin fondò infatti la sua politica — mi pare sia legittimo affermarlo — su di un giudizio del tutto nuovo e arrovesciato rispetto alla situazione dei sistemi sociali dell'occidente capitalistico. In quei paesi — egli sostenne — non era dato ancora ravvisare (allora e probabilmente per lungo tempo) le condizioni necessarie ad una rivoluzione socialista. In tal modo l'URSS non era più semplicemente il punto di avvio di un processo che subito avrebbe trovato al di fuori delle sue frontiere il proprio principale sostegno, ma rappresentava un'esperienza rivoluzionaria autonoma, il naturale punto di app[...]

[...]ki) e sotto la pressione di uno schieramento imperialistico ricostituito nella sua unità e nella sua forza.
Da quel momento la tesi marxiana secondo la quale la rivolu' zione rappresentava il punto conclusivo del naturale sviluppo capitalistico e doveva quindi combattere la sua prima e decisiva battaglia entro l'ambito dei paesi economicamente progrediti veniva definitivamente superata. E, su questa base, è facile comprendere come l'innovazione staliniana, al di là del suo contenuto specifico, rappresentasse anche un importante e difficile passo in avanti del movimento operaio nel senso di liberare la sua dottrina così dalle eredità metafisicheggianti della sua origine hegeliana come dalle interpolazioni meccanicistiche che, in quando ideologia di una
22 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
classe subalterna, essa non aveva potuto in un primo periodo non subire.
Cosa distingue infatti la posizione di Stalin da quella, ad esempio, di un Trotzki se non proprio la primaria importanza che il primo attribuisce agli elementi forniti dall'indagine obiettiva e scientifica, in contraposto al procedimento ideologistico e astratto, letterale e scolastico del secondo ? Non é questa, metodologicamente, una nuova e ancor più decisiva battaglia (anche se simile a quella condotta da Lenin sul problema della pace di BrestLitowsk contro l'astrattismo dottrinario di un Bukarin) per ridurre realmente il marxismo alla sua esatta funzione di c scienza dello sviluppo della società » ?
Analoga considerazione può rifer[...]

[...]tura.
Quella frase di Lenin, che fu più volte utilizzata da Zinoviev, e Ho già avuto occasione di dire: per i russi, in confronto ai paesi avanzati, é stato più facile iniziare la grande rivoluzione proletaria; ma sarà per essi più difficile continuarla e condurla sino alla vittoria definitiva, nel senso della completa organizzazione della società .socialista» (5), anzi che divenire occasione per il disfattismo e la rinuncia, diveniva così, per Stalin, un drammatico incitamento alla lotta e al sacrificio rivolto ai proletari e ai contadini sovietici.
***
Posizione profondamente rinnovata, quindi, quella staliniana.
Ma era anche l'unica posizione esatta ?
Dimostrarlo sulla base dei testi di Stalin sarebbe forse un'im
(5) Lenin, Opere, vol. XXIX pag. 284.
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presa complessa e difficile. Il fatto é che la scelta staliniana fu, in primo luogo e sovrattutto, scelta di un politico, intuizione di un uomo di Stato. Non sempre e non del tutto, perciò, il suo stesso autore riuscì a difenderla con chiarezza e persuasività di argomenti teorici.
Altro però diviene il discorso potendo usare, come noi possiamo, gli strumenti dei posteri: avendo cioè a disposizione la conoscenza dell'ulteriore sviluppo storico e i più elaborati strumenti concettuali che la situazione attuale obiettivamente ci offre.
Tutta la storia più recente sta infatti a dimostrare — mi sembra — che nei paesi capitalistici non sono esistite per qua[...]

[...]rla con chiarezza e persuasività di argomenti teorici.
Altro però diviene il discorso potendo usare, come noi possiamo, gli strumenti dei posteri: avendo cioè a disposizione la conoscenza dell'ulteriore sviluppo storico e i più elaborati strumenti concettuali che la situazione attuale obiettivamente ci offre.
Tutta la storia più recente sta infatti a dimostrare — mi sembra — che nei paesi capitalistici non sono esistite per quasi tutta l'epoca staliniana (fino cioè, più o meno, alla guerra antifascista e alla rivoluzione cinese) quelle condizioni obiettive necessarie alla rivoluzione, che già Lenin aveva con precisione indicato. Vediamo, brevemente, di verificarlo.
In primo luogo dopo la prima guerra mondiale, non si ripeté più una generale crisi politica del sistema borghese (e tale non fu certo neppure la crisi del '29, che ebbe caratteri essenzialmente economici e non giunse a scuotere le basi politiche dell'assetto statuale) di fronte alla quale il movimento proletario potesse assumere, come nella guerra '1418, una posizione di mera [...]

[...]vimento proletario. Diveniva in tale situazione necessario alle forze rivoluzionarie inserirsi attivamente nella crisi mondiale, per correggerne la logica; e questo difficilmente sarebbe stato possibile, se non disponendo dello strumento di urì ormai compiuto e consolidato sistema statuale.
In secondo luogo il fascismo fece chiaramente intendere che una semplice alleanza operaicontadini contrapposta in modo rigido

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ad ogni altro gruppo sociale non è sufficiente ad esprimere e organizzare la « grande maggioranza della popolazione » nei paesi occidentali; e ciò per l'esistenza in tali paesi di grandi masse di medio ceto facilmente egemonizzabili dalla borghesia di fronte alla prospettiva di una rivoluzione meramente proletariacontadina. E d'altra parte tutti i tentativi per risolvere questo problema avrebbero condotto, prima delle condizioni nuove create dall'ultimo conflitto, a cedimenti e deviazioni opportunistiche: la borghesia ancora forte, unita ed egemone, poteva facilmente corromper[...]

[...]one politica e sociale dei paesi dell'Occidente, i partiti comunisti, non potendo disporre di uno schema statuale altrettanto adeguato ai sistemi sociali di tali paesi quanto lo era stato quello sovietico per la Russia, finirono col pregiudicare la loro intesa coi ceti medi e talvolta col compromettere l'alleanza stessa tra operai e contadini. Ogni aspetto, insomma, dello sviluppo storico ulteriore non può che confermare l'esattezza del giudizio staliniano.
Ma c'è di piú: non solo le condizioni rivoluzionarie obiettivamente mancavano in Occidente; ma esse anche in linea di principio non potevano esistere, e quindi era assurdo sollecitarne con impazienza lo sviluppo. Non solo la tesi staliniana era la più prudente e realistica ma anche l'unica scientificamente esatta.
Noi oggi possiamo infatti verificare come, sulla base dello sviluppo storico obiettivo e di una matura coscienza teorica del movimento operaio, venga correttamente a porsi ii problema della rivoluzione nei paesi capitalistici avanzati. Già Stalin, nel suo ultimo scritto aveva notato: «Questa forza [la forza rivoluzionaria] si è

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trovata nel nostro paese sotto la forma di una alleanza della classe operaia e dei contadini. Questa forza non la si è ancora trovata per gli altri paesi, per i paesi capitalistici». (6). Il XX congresso del PCUS ha poi precisato su quale linea questa ricerca debba essere condotta: sulla linea di un progressivo allargamento delle forme del potere operaio così da permettere un più compiuto rispetto delle conquiste teoriche e istituzionali del liberalismo.
Simili afferm[...]

[...]i nel passato avrebbero dato immediatamente l'avvio a degenerazioni opportunistiche. Come possono rappresentare oggi la via corretta per lo sviluppo politico del proletariato occidentale ? Evidentemente per una decisiva novità intervenuta nella situazione storica: la rottura dell'egemonia mondiale capitalistica, la frattura ormai avviata fra tradizione liberale e dominio borghese di classe, il consolidamento di un sistema socialista.
La formula staliniana viene in questa luce ad assumere, da un punto di vista teorico, un valore ancora più profondo di quanto forse mai il suo stesso autore avrebbe potuto pensare e ammettere. Essa infatti pare fornire il primo accenno storico di un concetto del tutto nuovo per l'ideologia marxista: la rivoluzione occidentale, proprio nella misura in cui esigeva forme istituzionali e alleanze di potere più vaste e comprensive che non quelle sovietiche, proprio perché non poteva fondarsi su una mera contrapposizione dialettica alla cultura liberale, postulava il pieno compimento di una fase storica precedente n[...]

[...]mento di una fase storica precedente nel corso della quale il proletariato, giunto in alcuni paesi arretrati a piena maturazione statuale, era chiamato a sollecitare la rottura dell'egemonia liberalborghese e insieme a correggere la logica catastrofica del processo capitalistico.
Da quanto sono venuto fin qui esponendo penso si possa, ragionevolmente, dedurre una spiegazione e una giustificazione storica delle stesse forme di direzione politica staliniana.
Quali erano, infatti, sul piano dei concreti problemi di politica
(6) Stalin, I problemi economici del socialismo in URSS, pag. 9.
GIUSEPPE CHIARANTE
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interna le dirette, gravissime conseguenze che derivano dalla necessità di edificare, con le sole forze sovietiche, una integrale società socialista ? Analizziamole cercando di seguire a grandi linee lo sviluppo cronologico della politica di Stalin.
In primo luogo la rinuncia alla rivoluzione mondiale comportava necessariamente una fiera lotta all'interno del partito bolscevico. Non dobbiamo infatti dimenticare, da un lato, quanto quella tesi suonasse nuova alla sensibilità ideologica dei quadri leninisti e, dall'altro, come il partito bolscevico si fosse sviluppato, avesse formato i propri dirigenti in Occidente, relativamente lontano dalla politica concreta e dalle grandi masse della popolazione. Certo tutte queste naturali resistenze avrebbero in via del tutto astratta potuto essere vinte attraverso una lotta ideologica corretta, se[...]

[...]me il partito bolscevico si fosse sviluppato, avesse formato i propri dirigenti in Occidente, relativamente lontano dalla politica concreta e dalle grandi masse della popolazione. Certo tutte queste naturali resistenze avrebbero in via del tutto astratta potuto essere vinte attraverso una lotta ideologica corretta, senza ricorrere agli strumenti meno democratici della burocratizzazione del partito. Ma era questa una reale carta a disposizione di Stalin ? Realisticamente bisogna convenire di no. In primo luogo, lo abbiamo già detto, l'elaborazione della sua tesi avvenne soprattutto attraverso concrete intuizioni politiche, assai difficili da imporre con persuasivi ed organici argomenti teorici; in secondo luogo, fatto ancor più decisivo, per elaborare teoricamente, e non solo sul piano della mera scelta politica, la tesi della edificazione socialista in un solo paese sarebbero stati necessari degli sviluppi ideologici e filosofici (ad esempio un ripensamento sulla dialettica marxista) che nel 1925 non erano certo storicamente maturi. In sost[...]

[...] imporre con persuasivi ed organici argomenti teorici; in secondo luogo, fatto ancor più decisivo, per elaborare teoricamente, e non solo sul piano della mera scelta politica, la tesi della edificazione socialista in un solo paese sarebbero stati necessari degli sviluppi ideologici e filosofici (ad esempio un ripensamento sulla dialettica marxista) che nel 1925 non erano certo storicamente maturi. In sostanza per battere il blocco di opposizione Stalin non aveva altro mezzo se non quello di integrare la sua battaglia teorica attraverso l'impiego degli strumenti di pressione organizzativa che la sua carica di segretario generale gli offriva. Recriminare su quella prassi significa di fatto, anche se quest'affermazione può parere brutale, rimpiangere la sconfitta di Trotzki.
In secondo luogo, la costruzione di un'economia socialista in un solo paese, per di più arretrato, comportava sacrifici, errori, battaglie durissime. Era necessario mantenere un livello di consumi necessariamente molto basso, contenere la pressione dei «nepmans» e dei kul[...]

[...] evidentemente spingeva ad accelerare, con ogni mezzo, la costruzione e il consolidamento del sistema economico e politico, e quindi a battere l'opposizione di destra e di sinistra, ormai di fatto concorde nel frenare l'opera di edificazione. Ma c'è di piú: non si può infatti dimenticare l'affermazione, più volte fatta da Trotzki, della famosa « tesi Clemenceau », secondo la quale l'opposizione avrebbe atteso la guerra per rovesciare la macchina staliniana di potere. È pensabile che l'Unione Sovietica potesse avviarsi a subire l'aggressione capitalista minacciata al suo interno dalle forze dell'opposizione politica obiettivamente sovversiva ? Chi ha l'animo di sostenere che lo Stato sovietico avrebbe retto alle prime disfatte belliche, se non fosse stata con le tristi vicende dell'epurazione del '36 e del '38 del tutto eliminata l'opposizione interna ?
Troppi. dimenticano — a me pare — che senza il realismo e il coraggio con cui Stalin seppe affrontare scelte tanto drammatiche
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e dolorose (scelte, anzi, contr[...]

[...]ne Sovietica potesse avviarsi a subire l'aggressione capitalista minacciata al suo interno dalle forze dell'opposizione politica obiettivamente sovversiva ? Chi ha l'animo di sostenere che lo Stato sovietico avrebbe retto alle prime disfatte belliche, se non fosse stata con le tristi vicende dell'epurazione del '36 e del '38 del tutto eliminata l'opposizione interna ?
Troppi. dimenticano — a me pare — che senza il realismo e il coraggio con cui Stalin seppe affrontare scelte tanto drammatiche
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e dolorose (scelte, anzi, contro le quali un primo moto d'orrore è quasi istintivo), con ogni probabilità i liberali e i socialdemocratici non avrebbero oggi che da rimpiangere il loro « stato di diritto » in una Europa fascista.
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Il secondo problema che mi pare vada esaminato, per giungere ad un compiuto giudizio sull'opera di Stalin, si collega in linea immediata a una obiezione che potrebbe venire avanzata contro il ragionamento sin qui svolto e che in effetti nell'ultimo ventennio è stata a più riprese formulata da diverse correnti politiche e culturali,
e in particolare dalla socialdemocrazia di sinistra. Si può infatti obiettare: ammettiamo pure che l'opera di Stalin rappresenti la necessaria linea di sviluppo, nelle concrete condizioni in cui si trovava l'Unione Sovietica, della rivoluzione leninista del 1917. Ciò non toglie che essa rappresenti una via di edificazione del socialismo adeguata soltanto alla situazione di un paese arretrato quale era la Russia, e perciò di gran lunga inferiore alla via, gradualistica nei suoi metodi e rispettosa nella sua sostanza dei classici istituti dello Stato liberale, indicata già da tempo dall'interpretazione socialdemocratica del marxismo.
E chiaro qual è il corollario che discende da questa tesi: la rivoluzione s[...]

[...]zione socialdemocratica del marxismo.
E chiaro qual è il corollario che discende da questa tesi: la rivoluzione sovietica non è in alcun modo un fatto di' valore mondiale
e perciò da essa ben poco ha da apprendere l'evoluto socialismo europeo; anzi la Russia stessa, colmato il distacco che la separava nel grado di sviluppo economico dalle più progredite nazioni dell'Occidente, è a sua volta destinata, per uscire dall'ancor barbarica autocrazia staliniana, ad assumere le più « civili » strutture politiche delle moderne democrazie occidentali.
Quest'obiezione, che conduce, necessariamente, a misconoscere il grande valore della rottura storica operata dalla Rivoluzione d'Ottobre e a patrocinare una sbrigativa liquidazione di tutta l'esperienza politica staliniana (e al fondo anche di quella leninista), è stata variamente formulata nel corso degli ultimi venti anni; ed
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anche oggi, dopo il congresso di Mosca, torna a ripresentarsi nella mente di molti critici ed osservatori, sia pure sotto una veste più raffinata e scaltrita di quella tradizionale.
Nel periodo fra le due guerre, infatti, una simile valutazione della rivoluzione sovietica portava fatalmente, date le difficoltà in cui ancora questa si dibatteva, a considerarla quasi esclusivamente come un fatto « asiatico », da cui nessun contributo neppure indiretto poteva ve[...]

[...]e ora a riconoscere che l'Unione Sovietica può svolgere, a determinate condizioni, un ruolo positivo sul piano internazionale, e che anche talune esperienze di politica economica interna possono essere vantaggiosamente utilizzate da parte di altri paesi; rimane però immutato il giudizio di fondo, e quindi l'affermazione della decisa inferiorità, dovuta all'estrema arretratezza delle condizioni di partenza del processo rivoluzionario, dello Stato stalinista rispetto all'assetto statuale proposto dalla socialdemocrazia più avanzata.
A dimostrare l'estrema debolezza di questa obiezione potrebbe anche esser sufficiente — mi pare — il richiamo a quanta si é detto in precedenza riguardo al problema dell'edificazione del socialismo in un solo Stato. Si é visto infatti come tale dottrina rappresenti non già il frutto.di una scelta empirica, per ciò stesso teoricamente non più valida di altre possibili scelte, ma sia il logico punto d'arrivo della costruzione di una teoria politica scientificamente determinata (e quindi non più genericamente ideolo[...]

[...]appresenti non già il frutto.di una scelta empirica, per ciò stesso teoricamente non più valida di altre possibili scelte, ma sia il logico punto d'arrivo della costruzione di una teoria politica scientificamente determinata (e quindi non più genericamente ideologica) sulla rivoluzione socialista e sulle sue condizioni obiettive in una particolare fase storica. E si è pure visto come, fra le concrete condizioni che hanno portato in URSS nell'era staliniana all'adozione di metodi di governo di
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accentuata repressione, quella rappresentata dall'arretratezza del sistema economicosociale russo non abbia avuto, in sede logica, che un valore secondario (così che da essa si può far dipendere solamente un'accentuazione quantitativa e non una variazione qualitativa del processo); mentre tutte le condizioni decisive — resistenza delle vecchie classi dominanti, accerchiamento capitalistico e pressione della borghesia internazionale sino alla minaccia di guerra, isolamento dal mercato mondiale, realizzazione ex novo della prima
esperienza di economia socialista sono logicamente collegate[...]

[...]ti di libertà, non implica un prezzo troppo alto perché si possa essere disposti ad accettarlo? Non conviene invece ricercare una diversa via di sviluppo, in cui la libertà si congiunga alla giustizia, in cui le necessarie trasformazioni economicosociali non entrino in opposizione con i classici ordinamenti democratici ?
La conseguenza di una tale obiezione è evidentemente questa: che si riconosce in certa misura l'importanza storica dell'opera staliniana, specie in considerazione delle caratteristiche die paese premoderno proprio della vecchia Russia zarista; ma che si stabilisce un bilancio fra evolute democrazie occidentali e regime sovietico di dittatura del proletariato che può chiudersi, valutati gli elementi positivi e negativi presenti nell'uno e nell'altro assetto, tutt'al più in pareggio.
Dare una compiuta risposta a questa posizione richiederebbe evidentemente un discorso molto ampio: è chiaro infatti che per
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qúesta via rientra in gioco anche tutta la polemica leninista con la Seconda Internazionale sull[...]

[...]in gioco anche tutta la polemica leninista con la Seconda Internazionale sulla dottrina della dittatura del proletariato. Mi pare tuttavia, pur senza alcuna pretesa di dar fondo in poche righe al problema, che anche in questa sede sia possibile portare su tale argomento alcune non inutili precisazioni: o meglio ancora suggerire alcuni temi, il cui approfondimento — almeno così io penso — può condurre a vedere come lo Stato socialista forgiato da Stalin, nonostante le profonde insufficienze che in esso certamente esistevano ed esistono, rappresenti comunque un decisivo passo avanti rispetto a qualsivoglia assetto, sia pure il più evoluto, di tipo democraticoborghese.
Credo che proprio il problema della libertà possa costituire a questo riguardo un utile punto di partenza. Ciò non certo nel senso di voler vedere nella rivoluzione proletaria, secondo gli schemi ormai troppo abusati di `un generico e superficiale storicismo, solo un momento del grande processo di liberazione che si vien svolgendo attraverso la storia, e con ciò giustificare tu[...]

[...]stinati a costituire altrettante garanzie di libertà per i cittadini. Nello Stato borghese, però, tali istituti, (e le corrispondenti formulazioni scientifiche) sono viziati — e nel mettere in luce questa situazione sta l'aspetto di validità della dottrina leninista sul carattere dittatoriale di ogni stato a base classista — dal fatto che nell'assetto sociale che tale Stato garantisce le libertà si dipongono in funzioni della
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classe dominante, in quanto risultano limitate, in profondità ed estensione, del meccanismo esclusivo della proprietà privata.
Come é posibile spezzare tale meccanismo e determinare un allargamento della sfera della libertà? In ordine a tale problema la questione della dittatura del proletariato (e vedremo poi meglio come questo concetto debba essere inteso, al di là delle immagini di terrore e di violenza che esso quasi naturalmente ma troppo semplicisticamente richiama) si pone, a ben vedere, in questi termini: é essa essenzialmente una forma di sollecitazione violenta del processo, c[...]

[...]ità di pervenire al medesimo risultato per altre vie, ovvero essa rappresenta la necessaria fase di trapasso perché si possa giungere, attraverso la sottrazione della proprietà alla fruizione esclusiva di un ceto determinato e quindi l'instaurazione di una società senza classi, a far si che i diritti di libertà possano venire disposti in modo pieno e concreto in funzione di tutti i cittadini ?
Vediamo innanzitutto qual è la dottrina leninista e staliniana. sull'argomento. La dittatura del proletariato non va confusa — affermano preliminarmente Lenin e Stalin — con la conquista violenta del potere. «La rivoluzione può vincere la borghesia, abbatterne il potere anche senza la dittatura del proletariato — scrive Stalin nei Principii del leninismo —, ma la rivoluzione non può schiacciare la resistenza borghese, salvaguardare la vittoria e procedere oltre verso la vittoria definitiva del socialismo se a un certo momento del suo sviluppo non si crea un organo speciale: la dittatura del proletariato, suo appoggio fondamentale » (7).
La dittatura non é dunque necessaria al proletariato per conquistare il potere, ma piuttosto perché, una volta compiuta tale conquista, sia possibile procedere alla demolizione delle basi economicosociali della divisione della società in classi e così aprire la strada ad una più am[...]

[...]ntale » (7).
La dittatura non é dunque necessaria al proletariato per conquistare il potere, ma piuttosto perché, una volta compiuta tale conquista, sia possibile procedere alla demolizione delle basi economicosociali della divisione della società in classi e così aprire la strada ad una più ampia libertà. I motivi su cui tale necessità si fonda possono cosí essere sintetizzati (mi attengo, per ora, alle formulazioni date al problema da Lenin e Stalin in,relazione alla situazione sovietica):
(7) Stalin, Opere, vol. VI, pag. 137.
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a) anche dopo la conquista del potere politico da parte del proletariato, la borghesia, rimane, ancora per un certo tempo, la classe più forte sul piano dei rapporti economicosociali, in quanto in tale sfera essa può disporre di strumenti di cui il proletariato é privo. Perciò il rovesciamento del nuovo assetto politico diviene inevitabile se il proletariato non fa un uso autoritario del potere di cui é venuto a disporre (cfr.: Lenin, La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky: «Ancora per lungo tempo dopo la rivoluzione gli sfruttatori[...]

[...]n, Discorso agli operai ungheresi: «Lo scopo [della dittatura del proletariato] é di creare il socialismo, di eliminare la divisione sociale della società in classi, di fare di tutti i membri della società dei lavoratori, di togliere la base ad ogni sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo. Questo scopo non può essere raggiunto di colpo: esso esige un periodo abbastanza lungo di transi
(8) Lenin, Opere, vol. XXIII pag. 354.
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zione dal capitalismo al socialismo, perché la riorganizzazione della produzione è cosa difficile, perché occorre del tempo per operare delle trasformazioni radicali in tutti i campi della vita, perché la forza enorme dei costumi economici piccoloborghesi può essere superata soltanto attraverso una lotta lunga e accanita » (9).
e) Infine, non va dimenticato che lo Stato socialista si viene edificando sotto la pressione della borghesia internazionale che fa gravare su di esso una continua minaccia di guerra; e ciò comporta inevitabilmente restrizioni e sacrifici.
Questo lungo richiamo a[...]

[...]i in tutti i campi della vita, perché la forza enorme dei costumi economici piccoloborghesi può essere superata soltanto attraverso una lotta lunga e accanita » (9).
e) Infine, non va dimenticato che lo Stato socialista si viene edificando sotto la pressione della borghesia internazionale che fa gravare su di esso una continua minaccia di guerra; e ciò comporta inevitabilmente restrizioni e sacrifici.
Questo lungo richiamo alle tesi di Lenin e Stalin sulla dittatura del proletariato mi è parso necessario perché ritengo che esso ponga bene in luce come, nello sviluppo della rivoluzione sovietica, tale forma di gestione del potere non sia stata il frutto di una scelta empirica, ma abbia rappresentato scientificamente ii necessario passaggio per il superamento della società classista e l'edificazione del socialismo: e abbia segnato quindi, sotto questo aspetto e nel senso indicato, anche un decisivo passo avanti sulla strada della libertà. E del resto, la teoria leninista sull'estinzione dello Stato, anche da Stalin mai ripudiata, non sta pr[...]

[...]o della rivoluzione sovietica, tale forma di gestione del potere non sia stata il frutto di una scelta empirica, ma abbia rappresentato scientificamente ii necessario passaggio per il superamento della società classista e l'edificazione del socialismo: e abbia segnato quindi, sotto questo aspetto e nel senso indicato, anche un decisivo passo avanti sulla strada della libertà. E del resto, la teoria leninista sull'estinzione dello Stato, anche da Stalin mai ripudiata, non sta proprio a rappresentare, pur con i suoi evidenti limiti di sapore anarchicheggiante, come la meta cui necessariamente tende quel processo rivoluzionario che ha la dittatura del proletario come suo momento, sia proprio la crescita della libertà ?
D'altra parte, il decisivo significato che ha avuto, anche sul piano mondiale (nel senso di render possibile l'uscita dall'assetto borghese), la rottura rivoluzionaria operatasi in URSS attraverso la dittatura del proletariato, mi pare sia pure dimostrata, in linea indiretta ma non confutabile, dall'inevitabile fallimento della[...]

[...]ag. 358.
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condotto in Francia ad una progressiva decadenza nazionale. In altri termini tale tentativo, anziché consentire di superare la dialettica delle contraddizioni borghesi, non ha fatto che sollecitarle sino al loro sbocco catastrofico: laddove invece l'esperienza sovietica ha stabilito un punto fermo da cui é oggi possibile muovere per un ordinato sviluppo dell'assetto mondiale.
É per questo che la vicenda politica staliniana, anziché essere considerata come un fenomeno tipico di un paese arretrato, va storicamente collocata come un fatto di indubbio valore universale. Certamente oggi, spezzatosi l'accerchiamento capitalista e superata la fase del socialismo in un solo Stato, anche il concetto di dittatura del proletariato può essere, non solo nella teoria ma anche nella pratica, progressivamente depurato dei suoi caratteri oppressivi e violenti, e venire inteso soprattutto come la dottrina della necessaria egemonia del proletariato all'interno di un fronte di alleanza che fornisca una base stabile per l'edifi[...]

[...]chiamento capitalista e superata la fase del socialismo in un solo Stato, anche il concetto di dittatura del proletariato può essere, non solo nella teoria ma anche nella pratica, progressivamente depurato dei suoi caratteri oppressivi e violenti, e venire inteso soprattutto come la dottrina della necessaria egemonia del proletariato all'interno di un fronte di alleanza che fornisca una base stabile per l'edificazione del socialismo. E del resto Stalin stesso, nei Principi del leninismo, scriveva già nel 1924: u Certo in un avvenire lontano, se il proletariato vincerà nei principali paesi capitalistici e se l'attuale accerchiamento capitalistico sarà sostituito da un accerchiamento socialista, una via pacifica di sviluppo sarà del tutto possibile per alcuni paesi capitalistici, in cui i capitalisti, di fronte a una situazione internazionale sfavorevole, giudicheranno opportuno fare essi stessi delle concessioni serie al proletariato» (10).
Ma ciò che anche nella nuova situazione rimane valido é il nucleo essenziale della dottrina della dit[...]

[...]otto la piena e stabile egemonia di una forza quale "quella proletaria, che ha conquistato una completa autonomia rispetto alla classe borghese e non è disposta ad alcun compromesso con l'assetto privatistico della proprietà, é possibile il superamento delle contraddizioni capitalistiche e dei progressivi sacrifici di libertà che queste fatalmente comportano. É vero che lo sviluppo dello assetto mondiale rende oggi non' più utopistico, nei
(10) Stalin, Opere, vol. VI pag. 147.
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paesi d'occidente, cercare di far si che l'egemonia proletaria possa attuarsi in modo pieno senza comportare l'istituzionalizzazione di metodi autoritari e violenti di governo. E ciò può realizzarsi ricercando una vasta alleanza di forze politiche (distinte dal partito proletario essenzialmente per i loro fondamenti ideali, come può essere il caso dei cattolici o dei quadri tecnici e intellettuali eredi della migliore tradizione liberale), che siano disposte a collaborare col proletariato nella lotta a fondo contro la borghesia per l'abbattimento della struttura capitalistica, ma che al [...]

[...]al rispetto dell'autonomia delle diverse dimensioni in cui si viene svolgendo la vita della società civile). Ma una cosa non va dimenticata: ed è che se oggi un tale allargamento di respiro del movimento proletario é possibile, senza che questo significhi corrompimento opportunistico o cedimento all'egemonia borghese, ciò é solo perché esiste ormai un saldo punto d'appoggio costituito da quel mondo socialista che proprio la gigantesca tenacia di Stalin ha consentito di edificare.
Ma se così stanno le cose, non diviene del tutto retorico e letterario vedere nell'opera staliniana solo la dittatura contrapposta alla democrazia, il terrore che conculca la legalità, l'inclinazione autocratica del capo che soffoca la libera manifestazione della volontà popolare ? Non si tratta — torno a ripeterlo — di edulcorare tutti i problemi in una troppo sbrigativa visione storicisticá: che particolari errori possano essere ravvisati nella politica di Stalin, che anzi si possa giungere a stabilire che in determinate circostanze si sia da parte sua accentuato oltre il necessario il ricorso a metodi di repressione, non è certo mia intenzione negarlo (e al riguardo utili precisazioni potranno venire da una ricerca storica condotta in modo analitico). Ma ciò che credo non vada dimenticato è che finché la lotta di classe non sarà superata con l'instaurazione di una società aclassista, la lotta politica assume inevitabilmente una
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veste drammatica che comporta in taluni momenti scene molto dolorose ma forse inevitabili.
Un ulti[...]

[...]co). Ma ciò che credo non vada dimenticato è che finché la lotta di classe non sarà superata con l'instaurazione di una società aclassista, la lotta politica assume inevitabilmente una
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veste drammatica che comporta in taluni momenti scene molto dolorose ma forse inevitabili.
Un ultimo punto, sempre riguardo a questo secondo problema, mi pare importante mettere in luce: ed é che, nonostante le contrarie apparenze, proprio Stalin ha posto con la sua politica alcune importanti basi teoriche per uno sviluppo in senso sempre più liberale del concetto di dittatura del proletariato. Tale è infatti il significato obiettivo della lotta contro Trotzki per la difesa dell'alleanza operaicontadini, come formula di base della dittatura.
Che cosa comporta, in effetti, la formula staliniana ? Essa sta a indicare due cose:
a) che la dittatura del proletariato non può essere concepita come l'oppressione di una minoranza sul resto della popolazione, ma deve trovare la sua giustificazione nel fatto di esprimere gli interessi della grande maggioranza del popolo;
b) che la dittatura del proletariato non é il dominio esclusivo di una sola classe, ma é essenzialmente una formula di alleanza, in cui il proletariato é egemone, tra forze distinte (forze che possono essere semplicemente classi sociali diverse, come é stato il caso della Russia, ma che possono essere anche, in una situ[...]

[...]cultura e patrimonio ideale, e tuttavia convergono in una comune lotta per l'uscita dall'assetto borghese).
Non mi pare sia necessario sottolineare l'importanza di entrambi questi motivi ai fini di uno sviluppo non più rigorosamente dialettico, ma sempre più ampio e comprensivo della rivoluzione proletaria.
III
Mi rendo conto che quanto ho scritto sinora può suonare, sostanzialmente, come un panegirico quasi incondizionato dell'opera politica staliniana: e in effetti io sono convinto che l'analisi storica, una volta acquetato il tumulto delle passioni, non potrà non rico
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noscere il contributo decisivo, portato alla soluzione di tanti fondamentali problemi politici del nostro tempo, dallo statista georgiano che per così lungo periodo di anni ha diretto dal Cremlino le sorti del movimento proletario internazionale.
Ma sostenere questa tesi significa forse, come affrettatamente si potrebbe ritenere, negare la necessità di _ una qualsiasi revisione critica della posizione staliniana ? A mio avviso, certamente no. E ciò non tanto nel senso che determinati errori, concretamente evitabili, possono essere ravvisati (come più sopra ho accennato) anche all'interno di una linea di cui pur si riconosce la fondamentale esattezza; quanto perché è questa linea stessa che diviene radicalmente insufficiente, e perciò pericolosa ed erronea, se continuata meccanicamente in una fase storica diversa da quella per cui é stata elaborata.
Sotto questo profilo, anche il tono accentuatamente polemico (che a un primo esame può parere addirittura antistorico) con cui da parte degli attuali[...]

[...]le esattezza; quanto perché è questa linea stessa che diviene radicalmente insufficiente, e perciò pericolosa ed erronea, se continuata meccanicamente in una fase storica diversa da quella per cui é stata elaborata.
Sotto questo profilo, anche il tono accentuatamente polemico (che a un primo esame può parere addirittura antistorico) con cui da parte degli attuali dirigenti sovietici é stata sviluppata al Congresso di Mosca la critica alle forme staliniane di gestione del potere, si rivela pienamente giustificato: é chiaro infatti che un sistema politico durato per tanti anni lascia dietro di sé cristallizzazioni e bardature che, anche quando si rivelano non più adeguate al nuovo stato di cose, non possono essere demolite senza contrasti e senza lotte.
Qual é il motivo che rede oggi necessaria una revisione della politica staliniana ? Essenzialmente il fatto che il periodo storico cui tale politica rispondeva, e cioè la fase dell'edificazione del socialismo all'interno di un solo Stato é oggi definitivamente chiusa. Logicamente tale fase è terminata sin dal momento della conclusione vittoriosa della guerra antifascista; su un piano storico più empiricamente determinato, é stato il successo della rivoluzione in Cina che ha sanzionato in modo non piú rifiutabile la rottura del mercato mondiale capitalistico e il consolidamento di un mondo socialista ormai in grado di porre la sua candidatura a forza egemone dello svilu[...]

[...]a guerra antifascista; su un piano storico più empiricamente determinato, é stato il successo della rivoluzione in Cina che ha sanzionato in modo non piú rifiutabile la rottura del mercato mondiale capitalistico e il consolidamento di un mondo socialista ormai in grado di porre la sua candidatura a forza egemone dello sviluppo politico.
In questa situazione i metodi di governo accentuatamente
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rigidi e autoritari usati da Stalin si rivelano non più necessari; ed anzi essi, in quanto comportano un massimo di conservazione nella teoria e nella prassi, un massimo di imbrigliamento allo sviluppo di nuove energie politiche e culturali, divengono obiettivamente un soffocante impaccio per la soluzione dei nuovi problemi cui il movimento proletario russo ed internazionale si trova di fronte.
Appunto per questi motivi, per l'ultimissima fase della politica di Stalin può forse essere in parte legittimo quel giudizio più accentuatamente negativo di cui ho cercato di mostrare l'infondatezza in riferimento ai periodi precedenti. Il suo naturale pessimismo, le abitudini mentali e pratiche create da lunghi anni di potere, la difficoltà di innovare in profondità formulazioni culturali ormai da tanto tempo assimilate, sembrano infatti aver condotto Stalin, anche dopo il successo della rivoluzione cinese, a non riconoscere con sufficiente prontezza l'assoluta novità della situazione e quindi i nuovi compiti cui venivano a trovarsi di fronte l'Unione Sovietica e il movimento proletario internazionale. E' per questo che la politica di Stalin negli ultimi anni ha finito col trovarsi prigioniera, mi sembra, di una sorta di circolo vizioso: da un lato egli riteneva non fossero ancora maturate le condizioni per uno sviluppo rivoluzionario in Occidente, e ciò lo portava a sostenere la necessità di una rigida conservazione delle tradizionali posizioni teoriche e pratiche del movimento operaio; ma d'altra parte proprio questo atteggiamento chiusamente conservatore finiva col costituire il massimo ostacolo così ad uno sviluppo più disteso e dinamico della situazione mondiale come alla scoperta di nuove prospettive teoriche che in questa [...]

[...]a col costituire il massimo ostacolo così ad uno sviluppo più disteso e dinamico della situazione mondiale come alla scoperta di nuove prospettive teoriche che in questa potessero inserirsi e fecondamente operare.
Il XX Congresso ha tentato di operare la rottura di questo circolo vizioso. Ma le novità in esso venute in luce — ci si può domandare — rappresentano una sufficiente soluzione di tutti i problemi impliciti in una seria revisione dello stalinismo ? A mio avviso dare una risposta recisa, in senso affermativo o negativo, a questa domanda, sarebbe probabilmente molto azzardato.
Ci si può ad esempio chiedere se la critica del mito della personalità e il ripristino della direzione collegiale, possano essere,
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senza una maggiore circolazione di libertà, una sufficiente via di superamento delle forme staliniane di gestione del potere; e in tal caso si può agevolmente rispondere che ulteriori passi avanti sono evidentemente necessari. Così pure si può senza troppo azzardo ipotizzare che anche dei cambiamenti istituzionali si renderanno, in un futuro più o meno lontano, necessari in URSS.
Ma quando da queste indicazioni tendenziali si cerca di passare a fomulazioni più precise e concrete, non si possono dimenticare due avvertimenti che sono — io credo — fondamentali. Innanzitutto un processo di sviluppo quale quello che si vorrebbe delineare non può realizzarsi positivamente attraverso clamorosi [...]

[...]redo — fondamentali. Innanzitutto un processo di sviluppo quale quello che si vorrebbe delineare non può realizzarsi positivamente attraverso clamorosi e azzardati rovesciamenti di scena, ma richiede approfonditi ripensamenti e responsabile cautela: il che significa che sarebbe errato richiedere miracolistiche ed improvvise soluzioni agli attualidirigenti moscoviti. In secondo luogo — ed é questa l'avvertenza decisiva — una seria revisione dello stalinismo deve essere concepita, per quanto sin qui si é detto, come sviluppo (sia pure con profonde innovazioni) dell'opera staliniana, e non come una messa in soffitta di questa. Mentre alla messa in soffitta, e quindi a un sostanziale passo indie tro, condurebbe inevitabilmente ogni frettoloso tentativo di risolvere tutti i problemi impasticciando la nuova realtà sovietica con vecchie formule di sapore socialdemocraticheggiante, che sono, rispetto ad essa, infinitamente inferiori.
Nelle prime due parti di questa mia ormai troppo lunga risposta, ho cercato di vedere, innanzitutto come la linea seguita da Stalin (considerata nel suo complesso e senza empiriche distinzioni fra «bene» e «male») abbia rappresentato la nece[...]

[...]itta di questa. Mentre alla messa in soffitta, e quindi a un sostanziale passo indie tro, condurebbe inevitabilmente ogni frettoloso tentativo di risolvere tutti i problemi impasticciando la nuova realtà sovietica con vecchie formule di sapore socialdemocraticheggiante, che sono, rispetto ad essa, infinitamente inferiori.
Nelle prime due parti di questa mia ormai troppo lunga risposta, ho cercato di vedere, innanzitutto come la linea seguita da Stalin (considerata nel suo complesso e senza empiriche distinzioni fra «bene» e «male») abbia rappresentato la necessaria via di sviluppo, nelle concrete condizioni storiche della sua epoca, della rivoluzione proletaria; e successivamente come questa, pur con tutti gli immensi sacrifici che ha comportato, segni, anche sotto il profilo della libertà, un decisivo passo avanti rispetto al cosidetto « ordinamento democratico tradizionale D. Se, come io spero, queste tesi non sono azzardate ed erronee, ne discende logicamente che solo salvando nella sua interezza il grande patrimonio così conquistato
l[...]

[...]tato, segni, anche sotto il profilo della libertà, un decisivo passo avanti rispetto al cosidetto « ordinamento democratico tradizionale D. Se, come io spero, queste tesi non sono azzardate ed erronee, ne discende logicamente che solo salvando nella sua interezza il grande patrimonio così conquistato
lit V S trrY; t:ri¡AKANTY. 41
è possibile superare in positivo e senza secche perdite gli aspetti ormai storicamente insostenibili della politica staliniana.
Ma come si pone, di conseguenza, il problema del superamento dello stalinismo? A mio avviso esso si configura in questi termini: mantenere salda, senza alcun compromesso con la borghesia, la conquista sostanziale della rivoluzione proletaria, e cioè la fondazione di un nuovo assetto sociale che è ormai al di là di quello borghese e tende per sua natura alla società senza classi; e insieme condurre avanti, come è consentito dalle nuove condizioni, lo sforzo già iniziato da Lenin e da Stalin per liberare la dottrina su cui il proletariato ha fondato le sue fortune da ogni implicazione metafisicheggiante e così portarla al suo esatto significato di scienza della politica e dello Stato. Solo infatti depurando la politica dai vizi ideologici, e cioè dalla tentazione di porsi metafisicamente come scienza di tutta la realtà, è possibile pervenire a un pieno riconoscimento dell'autonomia dei diversi momenti in cui si organizza la vita complessa della società umana (dalla dimensione del privato e dall'individuale alla cultura e alla religione) e così dare concretezza alle più ricche pos[...]

[...]rtà dell'individuo, ecc.); e con ciò porre le basi per un incontro fra il proletariato e altre forze che non sono organicamente collegate con l'assetto borghese ma sono tuttavia rimaste sinora diffidenti nei confronti del comunismo, in quanta comprensibilmente temono che da questo possa venir compromesso il patrimonio culturale filosofico o religioso cui si richiamano.
E evidente che queste innovazioni di sostanza comportano
42 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
anche profonde innovazioni di metodo: in particolare diviene necessario un progressivo passaggio a una forma non più rigida di gestione del potere, che consenta quella libera circolazione delle idee che é condizione di una nuova elaborazione teorica e pratica. Ma ciò che più importa rilevare è che questo sviluppo richiede dei considerevoli passi avanti teorici non solo rispetto a Stalin ma anche rispetto al leninismo nel suo complesso.
Dei passi avanti, tuttavia, che, appunto in quanto tali, non possono verificarsi — torno a ripeterlo — se non sulla base di una piena comprensione del valore dell'opera di Lenin e di Stalin. Ed è per questo che la politica staliniana, che è stata per tanti anni il segno di contraddizione intorno a cui si è intrecciato il dibattito fra la libertà « nuova » e la libertà « antica », fra la dittatura del proletariato e la democrazia borghese, non potrà prima o poi non configurarsi, ad una analisi spassionata, sotto una veste nuova: e cioè — io credo — come un momento essenziale di un processo che condurrà a far si che la rivoluzione non appaia più in contraddizione con la libertà, ma si riveli, secondo la sua più valida sostanza, come la matrice di un ulteriore allargamento della sfera di questa.
GIUSEPPE CHIARANTE



da Mario Montagnana, Il maresciallo Giuseppe Stalin in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 1 - giugno

Brano: LA RINASCITA 11
II Maresciallo
Giuseppe. Stalin
Un nome riempie in questo momento il mondo, un nome che sarà ripetuto nell'avvenire, nei decenni
e nei secoli, con ammirazione, con affetto, con entusiasmo, da un estremo all'altro della terra, da tutti i popoli, — il nome di Giuseppe Stalin.
Infelici ,quei combattenti che non possonq marciare, senaa un dubbio e senza una vacil)azione, verso i più gravi rischi e verso i più duri sacrifici, con la certezza di essere guidati da un uomo del quale, per anni ed anni, gli avvenimenti hanno dimostrato la fedeltà al proprio ideale, la capacità, il genio ! In questo momento, proletari e borghesi, rivoluzionari e conservatori, amici e nemici, con gioia o con rabbia, con amore o con odio, riconoscono, tutti, in Giuseppe Stalin uno dei più grandi uomini della storia, l' uomo che più di ogni altro ha contribuito e contribuisce alla vittoria [...]

[...] che non possonq marciare, senaa un dubbio e senza una vacil)azione, verso i più gravi rischi e verso i più duri sacrifici, con la certezza di essere guidati da un uomo del quale, per anni ed anni, gli avvenimenti hanno dimostrato la fedeltà al proprio ideale, la capacità, il genio ! In questo momento, proletari e borghesi, rivoluzionari e conservatori, amici e nemici, con gioia o con rabbia, con amore o con odio, riconoscono, tutti, in Giuseppe Stalin uno dei più grandi uomini della storia, l' uomo che più di ogni altro ha contribuito e contribuisce alla vittoria della civiltà sulla barbarie, della luce sulle tenebre, degli uomini sulle belve. Domani, quando la civiltà, la luce, gli nomini avranno vinto per sempre, Stalin sarà, per sempre, il maggior simbolo, la più alta espressione di questa vittoria.
Che orgoglio per noi, proletari ; che orgoglio per noi rivoluzionari di tutti i paesi, il poter affermare : abbiamo creduto in lui, nel suo partito e nel suo popolo, e non lo abbiamo taciuto, quando la voce dei suoi innumerevoli nemici copriva, nei giornali
e nei libri, dalle tribune e dalle radio, qualsiasi altra voce. Abbiamo creduto in lui, e lo abbiamo gridato ben forte, quando pronunciare il suo nome con simpatia e con affetto significava affrontare il disprezzo e l' isolamento, il carcere e l'esilio. Abb[...]

[...]rcere, per anni
e per lustri, ed ora, nella tempesta che scuote il mondo, nell' uragano che sconvolge la terra, milioni
e milioni di esseri vedono in lui, come noi tutfi, la maggior garanzia della vittoria, la maggior garanzia che l'avvenire compenserà le sofferenze del presente e che. dal sangue e dalle rovine, sorgerà un mondo più giusto, più bello, più felice.
Non è solo in questa guerra che le qualità eccezionali, che il genio di Giuseppe Stalin si sono rivelati.
La sua attività, immensa e decisiva, in questa guerra non è, per così dire, 'che la continuazione logica e naturale di tutta la sua attività di rivoluzionario, di marxi,sla, dal giorno in cui; 45 anni or sono, egli iniziò la sua vita di combattente nelle file dei primi gruppi socialisti della sua Georgia nativa.
La sua azione, come dirigente, nel Partito socialista operaio della Georgia ; la sua partecipazione nella rivoluzione del 1905 ; i suoi scritti politici e teorici dello stesso periodo ; le persecuzioni di cui egli fu vittima fin dall'adolescenza, e le sue numerose,[...]

[...]oluzione del 1905 ; i suoi scritti politici e teorici dello stesso periodo ; le persecuzioni di cui egli fu vittima fin dall'adolescenza, e le sue numerose, audacissime fughe dalla .lantana, deserta Siberia ; la sua opera infaticabile per costruire e ricostruire il movimento rivoluzionario e per mantenerlo immune da ogni infiltrazione antimarxista nei cupi anni della reazione zarista ; tutte queste e le malte altre attività giovanili di Giuseppe Stalin sa
rebbero state sufficienti per fare di lui un gran capo della classe operaia.
Ma è soprattutto dopo la pubblicazione del suo studio — il più profondo, il più esauriente, il migliore che sia stato scritto finora — sopra ( La questione nazionale ,; dopo i suoi primi contatti con Lenin (che lo chiamava allora c un maraviglioso georgiano ,) e dopo la sua inclusione nel Comitato Centrale del Partito bolscevico — 31 anno or sono—che la personalità di Stalin passa al primo piano, eome dirigente del partito all'interno del paese, in tutta la Russia.
Durante i moltissimi anni in cui Stalin militò[...]

[...]
rebbero state sufficienti per fare di lui un gran capo della classe operaia.
Ma è soprattutto dopo la pubblicazione del suo studio — il più profondo, il più esauriente, il migliore che sia stato scritto finora — sopra ( La questione nazionale ,; dopo i suoi primi contatti con Lenin (che lo chiamava allora c un maraviglioso georgiano ,) e dopo la sua inclusione nel Comitato Centrale del Partito bolscevico — 31 anno or sono—che la personalità di Stalin passa al primo piano, eome dirigente del partito all'interno del paese, in tutta la Russia.
Durante i moltissimi anni in cui Stalin militò e lavorò sotto la direzione di Lenin, non vi ebbe mai, tra di loro, la benchè minima divergenza politica. Da quando Lenin conobbe Stalin, questi fu sempre il più fedele, il più capace, il miglior collaboratore del capo della Rivoluzione russa.
Fu Stalin infatti che diresse il partito, sotto la guida di Lenin, nel periodo in cui Lenin fu obbligato a vivere illegalmente dopo le giernate del luglio 1917. Fu Stalin che diresse il Comitato militare rivoluzionario ohe organizzò e fece trionfare l'insurrezione nei giorni d'Ottobre e che, dopo quei giorni, venne chiamato ad occupare il pasto — eccezionalmente importante e di enorme responsabilità nella nuova Russia sovietica — di Commissario delle Nazionalità, nel primo Commissariato del Popolo presieduto da Lenin. Fu Stalin quegli che Lenin inviava, durante i tre anni di guerra civile e di guerra contro il mondo della reazione capitalista coalizzato, nei punti del fronte dove la situazione appariva più grave, al sud e al nord, all'est e all'ovest, per eliminare i traditori e gli incapaci, per imporre le sue geniali concezioni politiche e militari, strategiche e tattiche, e per assicurare, ovunque,
12 LA RINASCITA
la vittoria dell'Esercitq rosso. Fu Stalin, infine, il Segretario generale del) Partito bolscevico quando ancora Lenin era vivente, e il .braccio destro di Lenin nella soluzione di tutti i gravi problemi che si presentavano in quegli anni terribili.
I nemici di Stalin fingevano di ignorare tutto questo, ma tutto questo era ben conosciuto dai comunisti, dagli operai, dai lavoratori di tutto il mondo.
E quando la malattia e la morte ci tolsero per sempre Lenin, immediatamente i bolscevichi, gli operai, i lavoratori dell' Unione Sovietica, così come i comunisti, gli operai e i lavoratori di tutti i paesi riconobbero in Stalin l'uomo, l'unico uomo che poteva sostituire pienamente il caro e grande capo scómparso.
Giuseppe Stalin rappresenta, in sè stesso e nella sua opera, la più alta prova dei valore inestimabile e della assoluta superiorità della teoria marxistaleninista su qualsiasi" altra teoria filosofica, politica e sociale.
c La teoria marxistaleninista non è un dogma, ma una guida per l'azione v. Grazie a questa guida Giuseppe Stalin potè prevedere, preparare e realizzare la sua opera grandiosa, la sua opera decisiva per le sorti dell'Unione Sovietica e del mondo.
Chi esamina con attenzione gli scritti, i discorsi e gli atti di Giuseppe Stalin in questi ultimi venti anni non può non rimanere stupefatto dalla forza di previsione che essi rivelano.
Che sarebbero oggi l' U.R.S.S. ed il mondo se Stalin non avesse lottato, durante molti anni, con un 'ardore e una tenacia bolsceviche — fino a schiacciarli e a eliminarli per sempre — contro i traditori trotzkisti e i destristi che tentavano di portare all' interno del partito la ideologia e la politica delle classi nemiche, di indebolire il potere sovietico e di impedire la vittoria della politica stalinista tendente a preparare, fin d' allora, le premesse e le basi delle attuali vittorie ?
Che sarebbero oggi l' U.R.S.S. e il mondo se Stalin non avesse dimostrato, nella teoria e nella pratica, lottando accanitamente contro i traditori trotzkisti e i destristi, la giustezza della tesi leninista circa la possibilità di costruire il socialismo nell'Unione Sovietica, anche nel caso di un ritardo della rivoluzione proletaria negli altri paesi ?
Che sarebbero oggi l' U.R.S.S. e il mondo se Stalin non avesse convinto gli operai e tutto il popolo sovietico della necessità di fare i più grandi sforzi e i maggiori sacrifici per trasformare rapidamente, in pochi anni, attraverso la realizzazione grandiosa dei piani quinquennali staliniani, la vec chia Russia, povera, arretrata, quasi senza industria, in uno dei paesi più avanzati e industrializzati del mondo ?
Che sarebbero oggi l' U.R.S.S. e il mondo se Stalin non avesse previsto la necessità di creare una seconda potentissima base dell' industria pesante al di là degli Urali, nel cuore stesso dell'Asia, o se non avesse lottato per sviluppare con un ritmo rapidissimo l'agricoltura sovietica, facendo di essa, attraverso allo sviluppo delle grandi aziende agricole
collettive, l'agricoltura più progredita del mondo?
Che sarebbero oggi i' U.R.S.S. e il mondo se, Stalin, îl Partito bolscevico e lo Stato sovietico non avessero schiacciato con una mano di ferro, nel 193538, la banda di agenti della c quinta colonna , che voleva vendere la patria ai suoi peggiori
nemici ?
Che sarebbero oggi l' U.R.S.S. e il mondo se Stalin non avesse riconosciuto e sottolineato che c il rafforzamento dell'Esercito Rosso e il suo perfezionamento sono uno dei compiti essenziali ,, e se con una politica audace, abile ed agile egli non avesse operato, sul terreno politico, diplomatico e militare in modo da difendere sino all' ultimo la pace, da ritardare il momento della vile aggressione tedesca al paese del socialismo e da trovarsi, nel momento in cui questa si realizzò, in condizione di poter resistere vittoriosamente alle enormi forze degli eserciti nazisti e, in un secondo tempo, di sconfiggerli ?
Che sarebbero oggi, infine, .[...]

[...]ile ed agile egli non avesse operato, sul terreno politico, diplomatico e militare in modo da difendere sino all' ultimo la pace, da ritardare il momento della vile aggressione tedesca al paese del socialismo e da trovarsi, nel momento in cui questa si realizzò, in condizione di poter resistere vittoriosamente alle enormi forze degli eserciti nazisti e, in un secondo tempo, di sconfiggerli ?
Che sarebbero oggi, infine, .1'U.R.S.S. e íl mondo se Stalin, con il suo esempio e con la sua opera di capo internazionalista non avesse contribuito, in modo decisivo, a sviluppare negli operai e nei lavoratori di tutto il mondo l'amore per la libertà, l'odio contro i tiranni e gli oppressori e l'affetto verso il paese del socialismo
Vi è qualcosa che può sembrare quasi inspiegabile in tutta l'opera di Stalin per chi, non essendo marxista, la esamini riel suo complesso e in tutti i suoi particolari. Ma per noi marxisti non vi è in questo nulla di soprannaturale e nulla di inspiegabile. La spiegazione consiste, semplicemente, nel fatto che Stalin è la più alta espressione della classe più avanzata della società attuale e che egli possiede, Meglio che ogni altro, la teoria marxistaleninista nel senso che ha saputo, c far propria la sostanza di questa teoria e imparar a servirsene per la direzione della lotta di classe del proletariato ,; nel senso che egli ha saputo c arricchire questa teoria della nuova esperienza del movimento operaio, arricchirla di nuove tesi e conclusioni, svilupparla e farla progredire senza esitazioni e, ispirandòsi alla sostauza della teoria, sostituire alcune sue tesi e conclusioni invecchiate con nuove tesi e[...]

[...]e conclusioni invecchiate con nuove tesi e conclusioni conformi alla nuova situazione storica ».
« La forza della teoria marxista leninista — infatti — sta in ciò che essa permette ai partito di orientarsi in una data situazione, di comprendere l'intimo legame degli avvenimenti e di discernere non solo come e in quale direzione si sviluppano gli avvenimenti oggi, ma anche come e in quale direzione si svolgeranno in futuro
Questo spiega perchè Stalin, organizzatore e capo del Partito bolscevico e della grande Rivoluzione socialista d'Ottobre, fondatore dello Stato sovietico, teorico e realizzatore dell' opera gigantesca di costruzione della società socialista, si è rivelato al mondo ammirato come il più grande capo militare dei tempi nostri, come l'uomo che ha saputo, non soltanto determinare in modo esatto le condizioni del successo in una grande guerra moderna, ma guidare concretamente l'Esercito rosso, attraverso una resistenza eroica prima e poi attraverso una serie di operazioni offensive genialmente concepite e realizzate, a fare ci[...]

[...] guidare concretamente l'Esercito rosso, attraverso una resistenza eroica prima e poi attraverso una serie di operazioni offensive genialmente concepite e realizzate, a fare ciò che sinora non era ancora mai stato fatto, cioè a sconfiggere e spingere sull'orlo dell'abisso, con le sole proprie forze, la più grande potenza militarista e aggressiva d'Europa, la Germania hitleriana.
Si rileggano i principi della strategia marxista e leninista, come Stalin stesso li ha formulati :
Primo : concentrare' contro il punto più vulnerabile del nemico le forze principali nel momento decisivo ,.
Secondo : scegliere bene il momento decisivo
i Terzo: portare alla pratica con fermezza l'orientamento adottaio, al di sopra di tutte e di ognuna delle difficoltà e complicazioni che si interpongano nel cammino verso il fine perseguito '.
i Quarto : saper manovrare con le riserve in vista di una saggia ritirata, quando il nemico è forte, quando la ritirata è inevitabile, quando si sa in anticipo che è svantaggioso accettare il combattimento che intende impor[...]

[...]ettare il combattimento che intende imporre l'avversario, quando, tenendo in conto i rapporti di forza esistenti, la ritirata si converte per l'avanguardia nell'unico mezzo di evitare il colpo e di conservare le riserve al proprio lato. Il fine di questa strategia consiste nel guadagnar. tempo, demoralizzare l'avversario ed accumulare forze per poi passare all'offensiva ,.
Non vi è forse in queste parole quasi un riassunto di tutta la strategia stalinista durante questi mesi di guerra contro un nemico eccezionalmente forte, contro un nemico che molti consideravano invincibile ?
Tuttavia queste parole non vennero scritte durante questa guerra, nè alla sua vigilia, ma furono pronunciate da Stalin 19 anni or sono, all' inizio dell' aprile 1924, parlando della strategia e della tattica come scienza della direzione della lotta di classe dei proletariato.
Non è dunque un caso che il più grande stratega di questa guerra sia. — come lo riconoscono tutti i capi militari della coalizione antihitleriana—il bolscevico Giuseppe Stalin. 11 trionfo a cui egli ha portato i popoli dell'Unione Sovietica e l'Esercito rosso è il trionfo del marxismo, della dottrina più avanzata e progressiva che l'umanità abbia elaborato nella sua lotta per la libertà, la verità, la giustizia.
Perchè egli riunisce in sè le più alte qualità di capo militare e di capo politico proletario; perchè tutta la sua vita è un esempio luminoso di devozione illimitata alla causa, non solo della classe operaia e del popolo .sovietico, ma di tutti i popoli del mondo, i popoli di tutto il 'mondo vedono in Giuseppe Stalin la massima garanzia che le loro speran[...]

[...]xismo, della dottrina più avanzata e progressiva che l'umanità abbia elaborato nella sua lotta per la libertà, la verità, la giustizia.
Perchè egli riunisce in sè le più alte qualità di capo militare e di capo politico proletario; perchè tutta la sua vita è un esempio luminoso di devozione illimitata alla causa, non solo della classe operaia e del popolo .sovietico, ma di tutti i popoli del mondo, i popoli di tutto il 'mondo vedono in Giuseppe Stalin la massima garanzia che le loro speranze e le loro aspirazioni troveranno, nella vittoria e nella pace, una realizzazione completa e de finitiva.
Perchè in questa guerra la personalità di Giuseppe Stalin supera qualsiasi altra personalità, anche la più prominente, i combattenti antihitleriani e antifascisti di tutti i paesi possono lottare, e lottano, non 'solo con la certezza di combattere per una causa sacra, ma con la certezza che questa causa non può non trionfare.
MARIO MONTAGNANA



da N. Talenskii (Maggior generale dell'esercito rosso), La battaglia di Stalingrado (parte prima) in KBD-Periodici: Rinascita - Mensile ('44/'62) 1944 - numero 1 - giugno

Brano: 22 LA RINASCITA
La battaglia
di Stalingrado
Il piano di Hitler, quando, egli nel giugno del 1941 attaccò a tradimento l'Unione Sovietica, era di condurre questa guerra
e di finirla come una e guerra lampo s ; — sbaragliare l'Esercito rosso in un mese e mezzo o due, conquistare i centri più importanti del paese, e in questo modo costringere il governo sovietico a capitolare completamente. Gli avvenimenti non si svolsero però come Hitler aveva s prestabilito s. Quantunque la potente e accuratamente preparata macchina di guerra del fascismo tedesco ai gettasse sull'Esercito rosso all'improvviso
e a tradimento, le eroiche truppe so[...]

[...] luogo per la conquista delle risorse di prodotti alimentari e di materie prime, e della nafta del Caucaso. Se il piano fosse riuscito, i tedeschi si sarebbero create le basi necessarie Per le più grandi operazioni strategiche contro l'India.
Documenti caduti in mano del Comando sovietico attestano che le operazioni tedesche avrebbero dovuto svilupparsi con un ritmo impetuoso. Il 10 luglio era prevista la presa di Borissoglebsk, il 25 luglio di Stalingrado, il 10 agosto di Saratov, il 15 agosto di Kuibiscev, il 20 settembre di Arsamas, il 25 settembre di Baku. In ottobrenovembre avrebbero dovuto svolgersi le operazioni decisive contro la capitale sovietica.
Il compito più difficile per i tedeschi fu il concentramento delle forze e dei mezzi necessari per condurre queste enormi operazioni offensive. La soluzione venne trovata dal Comando hitleriano gettando sul fronte sovietico tutte le sue riserve strategiche. Su 256 divisioni tedesche, ne vennero concentrate su questo fronte 179, cioè il 70 Ve delle forze della Germania, con l'aggiunta d[...]

[...]condurre queste enormi operazioni offensive. La soluzione venne trovata dal Comando hitleriano gettando sul fronte sovietico tutte le sue riserve strategiche. Su 256 divisioni tedesche, ne vennero concentrate su questo fronte 179, cioè il 70 Ve delle forze della Germania, con l'aggiunta di 11 divisioni dei paesi vassalli : in tutto 240 divisioni, di cui la massa principale, fu ammassata nella direzione di sudest, su un fronte di 600 chilometri.
Stalin, Maresciallo dell'Unione sovietica e Comandante in capo dell' Esercito rosso, nel suo storico rapporto del 6 novembre 1942 ha definito le caratteristiche di questo piano strategico del nemico. Esse erano le seguenti : — calcolo basato sul!' assenza del secondo fronte in Europa, tentativo di vincere la guerra nel più breve tempo possibile e insufficienza di forze a questo scopo.
Le operazioni offensive dell'esercito tedesco incominciarono nelle zone di Kharkov, di IsiumBarvencovo e di KurskVoronesg, dirigendo lo sforzo principale su Voronesg, allo scopo di aprirsi immediatamente la strada ver[...]

[...]ito tedesco incominciarono nelle zone di Kharkov, di IsiumBarvencovo e di KurskVoronesg, dirigendo lo sforzo principale su Voronesg, allo scopo di aprirsi immediatamente la strada verso le retrovie di Mosca e così guadagnar tempo. Le truppe fasciste arrivarono fino a Voronesg, ma qui furono arrestate dall'accanita, resistenza sovietica e costrette a passare alla difensiva. Allora il Comando tedesco spostò il suo sforzo principale in direzione di Stalingrado, e grazie a un notevole sopravvento di forze, soprattutto d'aviazione, riuscì, all'inizio d'agosto, a portare le sue truppe sino alla riva occidentale del Don, pure tra montagne di cadaveri. Le unità dell'Esercito rosso sostennero l'accanita pressione nemica sulla riva occidentale e nell'ansa del Don, guadagnando un tempo prezioso, che fu sfruttato per rafforzare le difese di Stalingrado.
A metà agosto 1942 però, dopo lotte accanite, le truppe sovietiche furono costrette a' ritirarsi sulla riva orientale del Don, ad abbandonare la zona di Kotielnicovo. e prendere posizione lungo il fiume Niscovca e lungo i laghi a sud di Stalingrado. Da questo momento il comando tedesco cercò di
LA RINASCITA 23
spezzare la difesa sovietica cond ue cunei : — il primo a nord, con un gruppo d'attacco di due divisioni carrate, due moto
rizzate e sei di fanteria, in direzione di Vertiaci e dei sobborghi settentrionali di Stalingrado ; il secondo a sud, con un gruppo d'attacco di due divisioni carrate, una motqrizzata e tre di fanteria dalla zona a occidente di Abganerovo in direzione dei sobborghi meridionali. Tra questi due grandi cunei, uno più piccolo doveva avanzare da Kalatc direttamente sulla città (tre divisioni di fanteria). Negli altri settori del fronte di Stalingrado dovevano operare quindici divisioni di fanteria. Il piano era costruito secondo il solito schema applicato dai tedeschi dall'inizio della guerra.
Le forze sovietiche erano allora, su tutto il settore, relativamente limitate. Esse si riducevano all'eroica G2.ma Armata
e ad una serie di altre unità poco numerose. Queste forze avevano però dalla loro l' esperienza di molte lotte offensive
e difensive ; il loro armamento era in via di miglioramento continuo e da poco si era arricchito di un ottimo fucile anticarro. Dalla parte dell'Esercito rosso vi era, inoltre, l'eroismo impareggiabile [...]

[...]ll'eroica G2.ma Armata
e ad una serie di altre unità poco numerose. Queste forze avevano però dalla loro l' esperienza di molte lotte offensive
e difensive ; il loro armamento era in via di miglioramento continuo e da poco si era arricchito di un ottimo fucile anticarro. Dalla parte dell'Esercito rosso vi era, inoltre, l'eroismo impareggiabile e la incrollabile volontà dei suoi soldati, decisi a morire pur di assolvere il compito posto loro da Stalin : — difendere Stalingrado e schiacciare il nemico.
Il 17 agosto incominciò il combattimento difensivo sulla riva orientale del Don. Il gruppo tedesco settentrionale riuscì, con l'appoggio di numerosa aviazione, e a prezzo di gravi perdite, a forzare il Don e a spezzare la linea di difesa sovietica nella zona di Vertiaci. Il 23 agosto, dopo lotte accanite, i tedeschi arrivarono sul Volga tra Rinok e Iersovca. Questo ingente successo tattico del nemico rese più complicata la difesa di Stalingrado, essendo costretto il Comando sovietico a rifornire la città e il suo fronte esclusivamente da oriente, attraverso il V[...]

[...] il nemico.
Il 17 agosto incominciò il combattimento difensivo sulla riva orientale del Don. Il gruppo tedesco settentrionale riuscì, con l'appoggio di numerosa aviazione, e a prezzo di gravi perdite, a forzare il Don e a spezzare la linea di difesa sovietica nella zona di Vertiaci. Il 23 agosto, dopo lotte accanite, i tedeschi arrivarono sul Volga tra Rinok e Iersovca. Questo ingente successo tattico del nemico rese più complicata la difesa di Stalingrado, essendo costretto il Comando sovietico a rifornire la città e il suo fronte esclusivamente da oriente, attraverso il Volga. In pari tempo continuavano senza interruzione gli attacchi del gruppo tedesco di Kalatc, tanto che, nella seconda metà d'agosto, si riteneva inopportuno e pericoloso continuare la difesa sulle linee precedentemente stabilite e il 3l agosto le truppe sovietiche erano ritirate su una nuova linea di difesa lungo i fumi Rossosca e Cervliona. La difesa settentrionale di Stalingrado si stabilizzava lungo la linea SpartacovezOrlovcaNovaia Nadiesda.
L'attacco dei tedeschi[...]

[...]ifornire la città e il suo fronte esclusivamente da oriente, attraverso il Volga. In pari tempo continuavano senza interruzione gli attacchi del gruppo tedesco di Kalatc, tanto che, nella seconda metà d'agosto, si riteneva inopportuno e pericoloso continuare la difesa sulle linee precedentemente stabilite e il 3l agosto le truppe sovietiche erano ritirate su una nuova linea di difesa lungo i fumi Rossosca e Cervliona. La difesa settentrionale di Stalingrado si stabilizzava lungo la linea SpartacovezOrlovcaNovaia Nadiesda.
L'attacco dei tedeschi, che conservavano in questo momento la superiorità delle forze, si sviluppò in direzione della stazione di Bassarghino. Essi riuscirono a spezzare il fronte sovietico, il che costrinse le truppe sovietiche a ritirarsi su una nuova linea, negli accessi immediati di Stalingrado. Il 3 settembre la lotta si riaccese su questa linea e da questo giorno incominciò, si pub dire, la battaglia per la città.
Il Comando tedesco aveva bisogno, a ogni costo, di occupare Stalingrado. Questo era, infatti, il centro di gravità di tutto il suo piano strategico. Se la città non veniva occupata diventava impossibile sviluppare l'offensiva verso il nord. Per questo i tedeschi gettarono all'attacco divisione su divisione centinaia e centinaia di areoplani. Migliaia di granate si abbattevano ininterrottamente sulle posizioni sovietiche. I combattimenti aerei erano continui.
I1 14 settembre i tedeschi riuscirono a raggiungere il Volga nella zona di Elscianca e la posizione dei difensori ai fece ancora più difficile. Ma quanto più aumentavano le difficoltà tanto più aumentav[...]

[...]quartiere industriale si combattè reparto per reparto, macchina per macchina, per giornate e settimane intiere.
Tutta la 62.ma Armata, dal comandante in capo e dagli stati maggiori fino all'ultimo combattente, decise di rimanere nella città e di morire piuttosto che ritirarsi al di là del Volga. +Il tiratore scelto Saitsev espresse questa volontà comune quando, nel ricevere la decorazione conferitagli, dichiarò : c Chiedo a riferito al compagno Stalin, che per noi, combattenti e co mandanti della 62.ma Armata, al di là del Volga non vi è più territorio. Noi siamo rimasti e rimarremo qui fino alla
morte P.
Il 27 settembre la c New York Herald Tribune s così descriveva i combattimenti a Stalingrado : c In un caos indescrivibile di incendi che infuriano, di fumo soffocante, di edifici che crollano, di bombe che scoppiano senza interruzione, di fuoco e di cadaveri, i difensori della città resistono, decisi non solo a morire, se occorre, non solo a resistere a ogni attacco, ma a passare continuamente al contrattacco, senza tener conto delle perdite. Qui si combatte in modo che non si presta più al calcolo strategico ; qui si lotta con un odio,
con una passione che Londra non ha mai conosciuto Ma è proprio combattendo in questo modo che si vincono le guerre a.
Infiniti gli atti di er[...]

[...]ccorre, non solo a resistere a ogni attacco, ma a passare continuamente al contrattacco, senza tener conto delle perdite. Qui si combatte in modo che non si presta più al calcolo strategico ; qui si lotta con un odio,
con una passione che Londra non ha mai conosciuto Ma è proprio combattendo in questo modo che si vincono le guerre a.
Infiniti gli atti di eroismo compiuti dai combattenti sovietici in queste epiche giornate. L' eroismo diventò a Stalingrado non piú un fatto individuale, ma di massa.
Durante i combattimenti alle porte della città, a una unità venne posto il compito di conquistare una biforcazione ferroviaria. Essa venne conquistata solo dopo il terzo attacco, nel corso del quale trovò la morte il minatore del Bacino del Doniez soldato Liachov. Egli lascio ai suoi compagni una nota scritta del seguente contenuto : c Per la terza volta riceviamo l' ordine di prender d' assalto la biforcazione ferroviaria. Questa volta la prendiamo o moriremo. Se muoio, vogliate considerarmi membro del Partito comunista. Fate sapere al compagn[...]

[...]biforcazione ferroviaria. Essa venne conquistata solo dopo il terzo attacco, nel corso del quale trovò la morte il minatore del Bacino del Doniez soldato Liachov. Egli lascio ai suoi compagni una nota scritta del seguente contenuto : c Per la terza volta riceviamo l' ordine di prender d' assalto la biforcazione ferroviaria. Questa volta la prendiamo o moriremo. Se muoio, vogliate considerarmi membro del Partito comunista. Fate sapere al compagna Stalin, che dò la mia vita per la nostra causa e che la db con gioia. Se avessi cinque vite, tutte e cinque gliele offrirei senza esitare. Tanto egli mi è caro s.
L' ammirazione di tutto il popolo suscitarono trentatre combattenti della 62.ma Armata. Sulla posizione difesa da loro ai getto la fanteria tedesca appoggiata da decine di tank. Essi non tremarono. Col fuoco delle loro armi anticarro, con granate e bottiglie incendiarie misero fuori combattimento 27 tank nemici, e uccisero dia di 150 hitleriani. Il nemico fu costretto a indietreggiare davanti a questo pugno di eroi.
Quattro combattenti d[...]

[...]continuavano l'attacco. I mortatsti sovietici ave vano esaurite le munizioni. Essi non avevano però ricevuto l'ordine di indietreggiare, e fedeli al loro giuramento si gettarono all'attacco alla baionetta. Tutti furono falciati dal fuoco nemico, ma il giuramento di non indietreggiare venne mantenuto.
n geniere Kasaimbek Estaiev, ferito, si rifiutò di lasciarsi trasportare all'ospedale da campo dichiarando : ( Fino a che posso sparare non lascio Stalingrado s. Ferito una seconda volta, una seconda volta volle tornare al suo posto di combattimento e vi rimase fino all'ultimo.
L' istruttore politico Gorodilov, segretario dell'organizzazione di partito di un reggimento, fu circondato dal nemico a distan= di pochi passi. Presso di lui era l'apparecchio della radio da campo. Con esso egli diresse il fuocg.dell'artiglieria sovietica sopro di sè, e cadde in mezzo ai nemici che avanzavano contro di lui.
Il tenente d'artiglieria Solodkov, fu circondato dai tank e da mitragliatrici tedeschi mentre si trovava nel suo posto di osservazione. La situaz[...]

[...]ne alla sua batteria di far fuoco sul posto d'osservazione. Il comandante della divisione gli domandò se non s'era sbagliato, e il tenente ripetè l'ordine. La batteria fece fuoco. Due tank tedeschi furono distrutti, venti mitraglieri nemici furono uccisi; e il tenente riuscì a salvarsi.
E all'esercito si unì, animata dalla stessa volontà di vincere o di morire, tutta la popolazione della città, rinnovando le gesta del 1918, quando Zarizin (oggi Stalingrado) sotto la guida diretta "di Stalin respinse l' attacco degli eserciti controrivoluzionari, e salvò la giovane Repubblica dei Soviet.
Il 23 agosto 1942 la città fu bombardata per la prima volta, mentre i carri armati nemici si avvicinavano ai suoi sobborghi. Il Comitato cittadino di difesa, diretto dal segretario della organizzazione di partito compagno Ciuianov, si rivolse alla popolazione con questo appello
( Compagni, amici stalingradesi! Di nuovo, come 24 anni fa, la nostra città attraversa giornate dure. I sanguinari hitleriani si precipitano sulla nostra soleggiata Stalingrado, vogliono arrivare al grande fiume russo, — al Volga. Stalingra desi ! Non lasciamo che la nostra cara città sia insozzata dai tedeschi. Sorgiamo tutti, come un sol uomo, in difesa della città che amiamo, della nostra casa. della aestra.famiehs. Co priamo tutte le strade di barricate iasorrnontahili. Facciamo di ogni casa, di ogni quartiere, di ogni strada, una fortezz$ inespugnabile. Tutu a costruire le barricare ! Nessuna 30044 senza barricate Nel 1918 i nostri padri difesero Zarizin. P'. fendiamo noi nel 1942 Stalingrado. Chiunque è capace di par tare un' arma accorra alla difesa della sua città e della stie casa!,
Tutta la popolazione rispose a qu[...]

[...] ! Non lasciamo che la nostra cara città sia insozzata dai tedeschi. Sorgiamo tutti, come un sol uomo, in difesa della città che amiamo, della nostra casa. della aestra.famiehs. Co priamo tutte le strade di barricate iasorrnontahili. Facciamo di ogni casa, di ogni quartiere, di ogni strada, una fortezz$ inespugnabile. Tutu a costruire le barricare ! Nessuna 30044 senza barricate Nel 1918 i nostri padri difesero Zarizin. P'. fendiamo noi nel 1942 Stalingrado. Chiunque è capace di par tare un' arma accorra alla difesa della sua città e della stie casa!,
Tutta la popolazione rispose a quest'appello. Decine di migliaia di lavoratori, uomini e donne, giovani e adulti, Senza sosta e senza ripose, di giorno t di notte, costruirono trincee, fosse, barricate, sotte i bombardamenti incessanti d'aviazione
e d'artiglieria. Le fabbriche lavorarono senza interruzione, abbandonando ogni altro genere di produzione, solo per il fronte ;
e quando il fronte giunse alla città, cittadini ed esercito si unirono in un sol blocco per abarrare la strada al nemic[...]

[...] officine vi arena, in riparazione, 60 tank, e gli operai, saliti su di essi insieme ai tankisti, passarono all'attacco. L'infiltrazione tedesca venne arginata.
E così la lotta continuo, senza posa, eroica, sulla scarsa striscia di territorio lungo il Volga dove è costruita la città, mentre giorno e notte, sotto il fuoco continuo, drappelli di eroici marinai c genieri assicuravano i rifornimenti, attraverso il fiume, ai valorosi che, difendendo Stalingrado, decidevano delle sorti di questa guerra.
Si arrivò al male di novembre. Le acque del Volga incominciarono a trascinare ghiacci nel loro corso lento e maestoso. Tutte le date prestabilite dai tedeschi erano passate. La battaglia per il tempo era stata guadagnata. Gli accessi a Stalingrado erano coperti da montagne di cadaveri tedeschi. Il 14 novembre 1942 la (Berliner Boersen Zeitung s scriveva : ( La lotta d' importanza mondiale, svoltasi attorno a Stalingrado, è stata una battaglia enorme, decisiva... I combattenti di questa battaglia non ne conoscono che i singoli particolari orribili, ma non possono giudicarlá in tutta la sua ampiezza
e prevederne la fine... Chi sopravviverà a questa battaglia, conserverà questo inferno in eterno nella memoria, come se fosse impresso in casa con un marchio rovente Le tracce di questa lotta non spariranno più. Solo più tardi ai registreranno i suoi lineamenti caratteristici, senza precedenti nella storia delle guerre, e si creerà la dottrina tattica di una battaglia di strada che non si era mai svolta con t[...]

[...]uo muro. Bruxelles e Parigi hanno capitolato. Persino Varsavia ha consentito alla resa. Ma qui il nemico non ha esitato a sacrificare la sua città... La nostra offensiva, non ostante la nostra superiorità numerica, non ha successo s.
Così pensava il nemico, mentre nelle file delle sue truppe si spargevano la sfiducia, la delusione, la stanchezza. Nelle file sovietiche, invece, si rafforzava di giorno in giorno la volonté di vincere. La città di Stalin non cedeva. Essa preparava la tomba al nemico che si era gettato su di essa.
Il sette novembre 1943 si diffondevano da Mosca le parole sicure e minacciose di Stalin : ( Il nemico é stato arrestato sotto Stalingrado.,. Esso ha già provato sulla sea pelle la forza di resistenza dell'Esercito rosso. Esso deve ancora conoscere la forza dei suoi colpi distruttivi s.
Stalingrado si preparava al decisivo contrattacco.
N. Twtzwsnt
Maggior generale dell'Esercito rosso
(Continuazione e fine al prossimo numero)



da George Lukacs, La mia via al marxismo [traduzione di Ugo Gimelli] in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1958 - 7 - 1 - numero 33

Brano: [...]o può ben vedere, in uno stato di estrema tensione che non era dovuto solo al fatto che io dopo tante avventure intellettuali finalmente sentivo, quasi cinquantenne, il terreno fermo sotto i miei piedi: anche gli avvenimenti del quindicennio precedente contribuivano fortemente a tale stato d'animo. Dei primi anni della rivoluzione ho già parlato, non così degli anni che seguirono alla morte di Lenin. Come compagno di lotta ho vissuto l'azione di Stalin per salvare la vera eredità di Lenin contra Trozki, Zinoviev ecc., e ho veduto che con essa furono salvate e rese adatte a ulteriore sviluppo proprio quelle conquiste che Lenin ci ha trasmesso. (A questo giudizio sul periodo dal '24 al '30 gli anni frattanto trascorsi e le esperienze che li accompagnarono non hanno mutato nulla di essenziale). A questo si aggiunge che la discussione filosofica dal '29 al '30 mi dette la speranza che il chiarimento di rapporti HegelMarx, FeuerbachMarx, MarxLenin e la liberazione da una cosiddetta ortodossia plechanovista avrebbero dischiuso nuovi orizzonti all[...]

[...]re queste speranze. Da principio credevo, e con me non
pochi altri, di trovarmi davanti agli avanzi di un passato non superato del tutto: Rappisti, sociologi volgari ecc. Più tardi capimmo
che tutte queste tendenze contrarie al progresso del pensiero avevano solidi appoggi burocratici. Tuttavia per un certo tempo credemmo a un carattere, dopo tutto, casuale di questo sistema difen sivo del dogmatismo; molti di noi talora sospiravano pensando a Stalin: « Ah, si le roi le savait ». Un tale stato di case non poteva. naturalmente durare indefinitamente. Si dové riconoscere che la fonte del contrasto fra le correnti progressive che arricchivano la cultura marxista e l'oppressione dogmatica di una burocrazia tirannica su ogni pensiero autonomo era da ricercarsi nel regime stesso di Stalin e pertanto anche nella sua persona.
Tuttavia quando si trattava di prender posizione rispetto a questi fatti, ogni persona riflessiva doveva partire dalla situazione storica del momento, che era quella dell'ascesa di Hitler e della preparazione della sua guerra di annientamento contro il socialismo. Mi è sempre stato ovvio che ad ogni decisione che tale situazione imponeva dovesse subordinarsi incondizionatamente tutto, anche ciò che a. me personalmente era più caro, anche l'opera stessa della mia vita. Io ritenevo che il compito principale della mia vita consistesse nel bene impiegare la co[...]

[...]. Nello stesso tempo non dubitavo che non soltanto un'opposizione era allora fisicamente impossibile, ma che essa avrebbe molto fa
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cilmente potuto divenire un aiuto intellettuale e morale per il nemico mortale, per l'annientatore di ogni civiltà.
Perciò io fui costretto a condurre una specie di guerriglia partigiana per le mie idee scientifiche, cioè a render possibile la pubblicazione dei miei lavori per mezzo di citazioni da Stalin ecc. e di esprimere in essi con la necessaria cautela la mia opinione dissidente tanto apertamente quanto lo permetteva il margine di respiro dato di volta in volta dal momento storico. Ne conseguiva talora l'imperativo di tacere. E' noto per esempio, come durante la guerra fosse deciso di dichiarare Hegel ideologo della reazione feudale contro la rivoluzione francese; perciò io non potei allora naturalmente pubblicare il mio libro sul giovane Hegel. Si può certamente vincere la guerra, pensavo, anche senza ricorrere a simili sciocchezze senza basi scientifiche ma, una volta che la propaganda[...]

[...] occuparsi proprio di questo, è più importante per il momento vincere la guerra che questionare sulla giusta concezione di Hegel. E' noto che questa tesi errata si è mantenuta a lungo anche dopo la guerra, ma è altrettanto noto che io ho poi pubblicato il libro su Hegel senza cambiarvi una riga.
Si trattava tuttavia anche di problemi sociali assai più gravi di questo, i quali mettevano allora sempre più in evidenza l'aspetto negativo dei metodi staliniani. Mi riferisco naturalmente ai grandi processi, la cui legalità io fin da principio giudicai con scetticismo, non molto diversamente per esempio da quella dei processi contro i girondini, i dantoniani ecc. nella grande rivolu zione francese, cioè io riconoscevo la loro necessità storica senza preoccuparmi troppo della questione della loro legalità. (Oggi ritengo che Krusciov abbia ragione quando ne rileva energicamente la superfluità politica). La mia posizione mutò radicalmente allorché fu diffusa la parola d'ordine di estirpare fin dalle radici il trozkismo ecc. Compresi fin dal principi[...]

[...]sse perché io non presi pubblicamente posizione contraria, non metterei in primo piano neanche questa volta l'impossibilità fisica (vivevo
LA MIA VIA AI. MARXISMO
nell'Unione Sovietica come emigrato politico) ma quella morale: l'Unione Sovietica si trovava nell'imminenza della lotta decisiva contro il fascismo. Un comunista convinto poteva dire soltanto: "right or wrong, my party". Qualunque cosa faccia in tale situazione il partito guidato da Stalin — pensavo con molti altri compagni — bisogna restare incondizionatamente solidali con esso in questa lotta, porre questa solidarietà al di sopra di tutto.
La guerra finita vittoriosamente cambiò in modo radicale tutta quanta la situazione. Io, dopo un esilio di ventisei anni, potei ritornare in patria. Mi sembrava si fosse entrati in un nuovo periodo nel quale fosse divemita sibiTe,. come durárite la guer ra, un alleanza di tutte le forze democratiche, socialiste e borghesi, contro la reazione. Il mio discorso alle « Rencontres Internationales » di Ginevra nel '46 esprimeva chiaramente ques[...]

[...]onvinto seguace. E' sintomatico che l'argomento da me trattato a Wroclaw fu l'unità e la distinzione dialettica dell'avversario di ieri e di oggi, cioè la reazione imperialistica.
L'anno 1948 rappresentò forse la più importante svolta della storia a partire dal 1917: intendo la vittoria della rivoluzione proletaria in Cina. Appunto in seguito ad essa vennero in evidenza
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le contraddizioni decisive nella teoria e nella prassi di Stalin. Giacché oggettivamente questa vittoria significava che il periodo del socialismo in un solo paese — quale Stalin l'aveva difeso a ragione contro Trozki — apparteneva definitivamente al passato; il sorgere delle democrazie popolari nell'Europa Centrale aveva già rappresentato un passaggio alla nuova realtà. Ma soggettivamente fu evidente che Stalin e i suoi seguaci non volevano né potevano trarre dalla situazione internazionale radicalmente mutata le conseguenze teoriche e quindi pratiche. Stalin stesso, da uomo assai accorto, ha, nella sua azione, colto certamente sintomi e momenti della nuova situazione. Tuttavia mai veramente con coerenza, giacché l'idea che essa potesse significare una rottura coi metodi dell'epoca del socialismo in un solo paese, coi metodi cioé oggettivamente derivati dal continuo stato di pericolo di una Russia industrialmente arretrata, che per() proprio lui aveva spinto ben al di là di questa esigenza, tale idea, dicevo, era del tutto al di fuori della sua cerchia visiva Avvenne allora che il nuovo assetto mondiale, che richiedeva categoricamente una nuova st[...]

[...]mo grande vantaggio che mi arrecò questa discussione e la ritirata tattica che vi compiei (si era al tempo del processo Rajk) fu di poter abbandonare la mia complessa attività di funzionario e di concentrarmi esclusivamente nel lavoro intellettuale. Questa circostanza, l'esperienza della discussione, quella dei grandi avvenimenti di allora mi giovarono nel riesame approfondito che feci dei problemi del marxismoleninismo in relazione ai metodi di Stalin e dei suoi seguaci. La convinzione sempre crescente che Stalin non avesse capito quello che c'era di decisamente nuovo nella situazione era resa più larga e più generale da una più profonda coscienza del passato. Mi fu evidente come, mentre nella seconda metà degli anni venti la lotta contro il fascismo era divenuta il problema centrale, Stalin non ne avesse capito il significato se non circa un decennio più tardi. In una epoca in cui la formazione di un fronte unitario dei lavoratori, anzi di tutti gli elementi democratici, era divenuta una questione vitale per la civiltà umana, la tesi di Stalin della socialdemocrazia come « fratello gemello » del fascismo rese impossibile questo fronte. Egli rimase dunque attaccato a una strategia e a una tattica che erano giustificate nella tempesta rivoluzionaria del 1917 e subito dopo, ma che, col placarsi di quella, dopo lo spiegarsi della grande offensiva del capitalismo monopolistico più reazionario, erano oggettivamente del tutto invecchiate. Ciò che accadde dopo il 1948 cominciai a considerarlo come ripetizione storica dell'errore fondamentale degli anni venti.
In questo scritto, ove l'argomento vero e proprio é formato. dall'intimo svilupp[...]

[...]eazionario, erano oggettivamente del tutto invecchiate. Ciò che accadde dopo il 1948 cominciai a considerarlo come ripetizione storica dell'errore fondamentale degli anni venti.
In questo scritto, ove l'argomento vero e proprio é formato. dall'intimo sviluppo delle mie idee, é impossibile anche solo accennare al sistema di pensiero che sta all'origine di tali concezioni errate; sia notato soltanto questo, che il tragico dissidio nel pensiero di Stalin mi divenne sempre più evidente. Lenin, all'inizio del periodo imperialistico, ha messo in luce, partendo dalla dottrina dei classici, l'importanza del fattore soggettivo. Stalin ne ha fatto un sistema di dogmi soggettivistici. Il tragico dissidio
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consiste nel fatto che le sue grandi qualità di ingegno, le sue ricche esperienze, la sua notevole acutezza, lo condussero non di rado a rompere il cerchio magico del soggettivismo, anzi ad accorgersi chiaramente dell'erroneità di esso. Pertanto mi appare tragico che la sua ultima opera cominci con una giusta critica del soggettivismo economico senza che in lui affiori mai il minima sospetto di esserne stato lui stesso il padre spirituale e l'assiduo promotore. D'altra parte in un tale sistema di pensier[...]

[...]i di classe continui e necessariamente esasperantisi insieme alla presenza tangibile del comunismo, secondo e superiore stadio del socialismo. Dall'accoppiamento di queste affermazioni reciprocamente escludentisi é nata la sua visione da incubo di una società comunista in cui il principio liberatore « Ciascuno secondo la sua capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni » si realizza in uno stato di polizia regolato in forma autocratica ecc. ecc,
Stalin, al quale si deve riconoscere il grande merito di avere difeso contro Trozki il principio leninista del socialismo in un solo paese e di aver così salvato il socialismo in un periodo di crisi interne, ebbe per il periodo iniziatosi col 1948 quasi la stessa incomprensione che aveva ai suoi tempi Trozki per le necessità di sviluppo dell'Unione Sovietica. Che questa arretratezza e incomprensione di Stalin abbia facilitato la condotta della guerra fredda agli avversari imperialistici é cosa che ormai non pochi oggi riconoscono.
Ripeto, qui si doveva descrivere solo lo sviluppo delle mie idee, e anche queste soprattutto in rapporta ai problemi del marxismo. Quanto finora é stato detto di Stalin serviva solo a creare sfondo e atmosfera per una giusta impostazione dei problemi. Se si pensa all'entusiasmo di una parte considerevole degli intellettuali nei primi anni della grande rivoluzione socialista, bisogna riconoscere che fra le sue cause fondamentali c'era la geniale, duplice opera di riforma al marxismo da parte di Lenin. Da un lato Lenin ha spazzato via pregiudizi, rigogliosi durante decenni, re
LA MIA VIA AL MARXISMO 13
lativi ai classici del marxismo; e in questo lavoro di epurazione apparve quanto l'opera di Marx e di Engels fosse ricca di nozioni che fino ad allora non era[...]

[...] cavarsela da soli ». —
Come qui ho già detto, nei primi anni dopo la morte di Lenin io nutrivo delle speranze in una edificazione leninista del marxismo. Ho anche descritto esaurientemente la successiva, crescente delusione. Come conclusione di queste considerazioni importa riassumere brevemente ciò che in questa situazione è essenziale dal punto di vista della teoria della scienza. Avvenne dunque che, man mano che il predominio spirituale di Stalin si rafforzò e si irrigidì in culto della personalità, la ricerca marxistica degenerò largamente in un'esposizione, applicazione e diffusione di « verità definitive ». La .ris sta e
d lla vita e della scienza era, secondo l'insegnamento dominante, dep iitata nelle_ o eres dei classici, pr
soattútt& in qúéllé di RStalin. Da principio Marx ed Engels furono spinti sempre più energicamente in secondo piano da Lenin e poi Lenin da Stalin. Ricordo bene, per esempio, il caso di un filosofo che fu ripreso perché trattava le determinazioni della dialettica secondo i Quaderni filosofici di Lenin. Stalin, gli si fece presente, aveva enumerato nel quarto capitolo della Storia del partito meno distinzioni della dialettica e così aveva fissato definitivamente il loro numero e la loro natura. Perciò interessava soltanto trovare per ogni problema trattato la citazione da Stalin appropriata. « Che cos'è una idea ? » domandò una volta un compagno tedesco. « Un'idea è il collegamento fra due citazioni ». Sarebbe veramente ingiusto negare il fatto che la porta per un ulteriore sviluppo del marxismoleninismo non era stata
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serrata del tutto. Stalin possedeva il privilegio di arricchire il tesoro delle verità eterne con verità nuove e di mettere fuori circolazione una verità considerata fino ad allora come inconfutabile.
Che con tale sistema la vita scientifica soffrisse gravemente non occorre che venga dimostrato. Basti solo accennare che le scienze più importanti dal punto di ,vista teoretico per lo sviluppo de"TA marxismo, l'economia politica e la filosofia, furono quasi completamente paralizzate. Lo sviluppo delle scienze naturali poteva essere ostacolato assai meno; sebbene anche qui vi siano stati conflitti o addirittura crisi il [...]

[...]almente vitale che non si poteva in alcun modo ostacolarlo, anzi, nel campo della mera applicazione, veniva perfino energicamente promosso. Per quelle discipline le pericolose conse guenze della sterile « citatologia », nei problemi di metodologia o nei concetti base, si manifestavano più marginalmente.
Io non era affatto il solo che conducesse una lotta partigiana ininterrotta contro questo spirito di irrigidimento. Ma a partire dalla morte di Stalin e specialmente dal ventesimo congresso questo complesso di problemi entrò in uno stadio qualitativamente nuovo; finalmente tutti questi problemi furono discussi apertamente, l'opinione pubblica della scienza cominciò ad esprimersi più o meno chiaramente. Anche a questo proposito é impossibile, nel presente abbozzo di autobiografia intellettuale, anche solo accennare a quelle discussioni e alle tendenze che vi si manifestavano; devo perciò limitarmi a riassumere brevemente la mia propria opinione. Io credo che oggi ii pericolo più grande per il marxismo sia rappresentato dalle tendenze alla su[...]

[...]della scienza cominciò ad esprimersi più o meno chiaramente. Anche a questo proposito é impossibile, nel presente abbozzo di autobiografia intellettuale, anche solo accennare a quelle discussioni e alle tendenze che vi si manifestavano; devo perciò limitarmi a riassumere brevemente la mia propria opinione. Io credo che oggi ii pericolo più grande per il marxismo sia rappresentato dalle tendenze alla sua revisione. Poiché per decenni tutto quanta Stalin affermava veniva. idéritificato col marxismo e anzi veniva addirittura proclamato il coronamento di esso, gli ideologi borghesi si sono affannati a utilizzare l'erroneità, divenuta evidente, di alcune tesi di Stalin, di. momenti essenziali della sua metodologia, allo scopo di promuovere la revisione anche dei risultati dei classici del marxismo, messi alla pari con Stalin. E poiché questa direzione di pensiero trascina con sé più di un comunista, intellettualmente disarmato per
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la sua educazione schematica e dogmatica, é il caso di parlare di un pericolo molto serio. Fintanto però che i dogmatici rimangono attaccati all'identità sostanziale di Stalin coi classici del marxismo, si troveranno altrettanto disarmati intellettualmente davanti a quelle correnti (con segno contrario) quanto i revisionisti in buona fede. Per la conservazione e il progresso del marxismoleninismo deve trovarsi un « tertium datur » come uscita da questo vicolo cieco; si deve cioè estirpare il dogmatismo per combattere il revisionismo.
Lenin ha indicato per primo e chiaramente il punto archimedico d'appoggio della presa di posizione qui necessaria. Soltanto se saremo coscienti che il marxismo ci ha lasciato un metodo sicuro, uno straordinario numero di verità salde,[...]



da (Nove domande sullo stalinismo) Arturo Carlo Jemolo in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: ROBERTO GUIDUCCI
1.) Dittatura del proletariato e democrazia organica (*).
Usare il termine « culto della personalità » per definire i modi del governo staliniano ha un curioso sapore moralistico. Altri termini, più aderentemente politici, si sarebbero potuti usare, ad es. «dittatura personale ». E ciò anche a costo di prestare il fianco ad una provvisoria soddisfazione dei sociologhi descrittivi alla Monnerot, i quali potrebbero pensare di aver finalmente trovata una verifica a qualcuna delle loro astoricistiche e vuote equazioni di uguaglianza fra tutte le dittature. Del resto il termine « dittatura », come ognuno sa, non ha mai spaventato il forse duro, ma reali stico, linguaggio marxista. La « dittatura del proletariato » fu, dal marxismo, pron[...]

[...]ione della società in dominio di classe ha un estremo bisogno di un ultimo dominio di classe capovolto: gli oppressi governano gli oppressori. Un male alla rovescia e, perciò, in definitiva, un bene, purché sappia, a sua volta, raddrizzarsi, per essere finalmente un bene autentico e senza residui.
(*) Nota; La numerazione dei capitoli non ê progressiva, ma corrisponde a quella delle domande cui ciascun capitolo si riferisce.
44 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
Tuttavia non si potrebbe, credo, sostenere che il termine « dittatura del proletariato » chiarisca limpidamente la coincidenza dei mezzi e dei fini e che lo Stato di dittatura, come si é realizzato in URSS, sia possibile intenderlo alla maniera gramsciana di Stato futuro « in nuce », anticipazione sostanziale dello Stato autenti camente socialista. Rimane, inutile negarlo, e la sincerità del termine ci aiuta, nella « dittatura del proletariato » sovietica una « contradictio in adjecto » in una certa misura irreparabile. Contraddizione, che nel leninismo e nel primo stalinismo prese forma[...]

[...]enza dei mezzi e dei fini e che lo Stato di dittatura, come si é realizzato in URSS, sia possibile intenderlo alla maniera gramsciana di Stato futuro « in nuce », anticipazione sostanziale dello Stato autenti camente socialista. Rimane, inutile negarlo, e la sincerità del termine ci aiuta, nella « dittatura del proletariato » sovietica una « contradictio in adjecto » in una certa misura irreparabile. Contraddizione, che nel leninismo e nel primo stalinismo prese forma nella teoria: mano a mano che il potere dittatoriale della classe operaia si sarebbe andato affermando, tanto più violenta sarebbe diventata la resistenza della classe exdominante, ora oppressa.
Dice Lenin: « La dittatura del proletariato é la guerra più eroica e più implacabile della classe nuova contro un nemico più potente, contro la borghesia, la cui resistenza é decuplicata dal fatto di essere stata rovesciata » (« La malattia infantile »). E Stalin nel 1924, citando il pezzo, conferma: « La borghesia ha le sue ragioni per fare dei tentativi di restaurazione, perché, dop[...]

[...]la teoria: mano a mano che il potere dittatoriale della classe operaia si sarebbe andato affermando, tanto più violenta sarebbe diventata la resistenza della classe exdominante, ora oppressa.
Dice Lenin: « La dittatura del proletariato é la guerra più eroica e più implacabile della classe nuova contro un nemico più potente, contro la borghesia, la cui resistenza é decuplicata dal fatto di essere stata rovesciata » (« La malattia infantile »). E Stalin nel 1924, citando il pezzo, conferma: « La borghesia ha le sue ragioni per fare dei tentativi di restaurazione, perché, dopo esser stata rovesciata, essa resta ancora a lungo più forte del proletariato che l'ha rovesciata » (« Questioni del leninismo », vol. I, pag. 40, Ed. « L'Unità », 1945).
Dunque, la dittatura del proletariato non ha ancora all'inizio tutto il potere, né la maggior parte di esso (se la « maggioranza » del proletariato é ancora una « minoranza » nel rapporto di forza di uno a dieci). Ne discende che la dittatura del proletariato é, ancora, uno strumento negativo di guerra[...]

[...]tariato é, ancora, uno strumento negativo di guerra, e che non gli é quindi insita quella strutturazione potenziale che può portarla 'direttamente al nuovo Stato.
Ma il fatto più importante da rilevare é che tale teoria della necessità del perdurare delle forme violente del « salto dialettico », date le particolari condizioni oggettive, divenne poi una teoria del « salto in lungo » quando, esauritasi completamente la resistenza della borghesia, Stalin teorizzò il problema dell'« accerchia
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mento capitalistico », facendone la base anche per la politica interna.
Stalin, nel Rapporto al XVIII Congresso del Partito (1939) si chiede: «Non è forse sorprendente che dell'attività spionistica e dei complotti del gruppetto dirigente dei trotskisti e dei bukhariniani siamo venuti a conoscenza soltanto in questi ultimi tempi, nel 193738, mentre, come attestano i documenti, questi signori erano agenti dei servizi di spionaggio stranieri e complottavano fin nei primi giorni della Rivoluzione di ottobre ? ». « Come si spiega questo abbaglio ? Si spiega con una sottovalutazione delle forze e dell'importanza del meccanismo degli Stati borghesi che ci circondano e dei loro[...]

[...]unque, niente affatto accentuarsi della resistenza delle antiche classi, niente ultimi, e perché ultimi, disperati e pericolosissimi guizzi della borghesia per tornare nellle vecchie acque privilegiate, ma estinzione graduale, persuasione, assorbimento nelle acque comuni, pacificate. Il proletariato, liberando se stesso, libera l'intero genere umano dalla macchina capitalistica che lo ha dimidiato e irrazionalmente assillato.
46 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
La dittatura del proletariato in Cina porta al limite minimo la sua contraddizione interna, è già per la massima parte anticipazione, durante il processo, del risultato; propone, mentre si afferma, la democraticità del fine; tende alla corrispondenza di « mezzo » a « risultato ». In Mao la dialettica è addolcita (ne fa testo la sua teorica della contraddizione), è uno strumento di graduale evoluzione progressiva. In Stalin la dialettica degli opposti fu considerata l'essenza della storia: le cose si fanno contro gli avversari, costruire è combattere, non si danno passi avanti se non demolendo una resistenza nemica.
E qui forse la radice più sottile dello stalinismo, che si manifesta nella sua deformazione estrema: se gli avversari non ci sono più, si inventano. Per Stalin la verità si afferma sul suo « contrario ». La dialettica non può essere mai pacifica risoluzione di un contrasto interno, ma lotta esterna. Esterne sono tutte le posizioni che non coincidono con la « linea », e perciò nemici, « altri », stranieri, coloro che non le corrispondono appieno. Non esistono differenze, ma neppure sfumature fra il nemico o l'obbiettore o il proponitore di varianti. Ma decidere la « linea » netta non è cosa di poco momento, bisogna accentrarla, non lasciare margini o frange alla sua forza aguzza, alla sua potenza unidirezionale.Nel partito come avanguardia ideologica[...]

[...]ttono le prede belliche, Io Stato è l'oggettivazione del già fatto, dell'acquisito.
Il Partito va avanti, apre sempre, la sua intransigenza è la garanzia del fine. Il Partito è attivo, lo Stato passivo. Il Partito anticipatore, lo Stato muro alle spalle. Il Partito è il massimo, lo Stato è il minimo.
Sotto questo schema di ferro l'URSS ha realizzato la costruzione di una nuova incredibilmente grandiosa società. Ma ad un nodo doveva arrivare lo stalinismo, e cioè al punto in cui, ottenuto lo sviluppo quantitativo e risolti i problemi strutturali, la stessa effi
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cienza produttiva sarebbe stata condizionata da maggiori libertà; al momento, in breve, in cui la dittatura del proletariato, otte nuto il ricupero storico dell'arretratezza in cui versava la vecchia Russia, si sarebbe trovata di fronte alla necessità, per continuare il suo cammino, di produrre, nella nuova Russia, una democrazia organica come strumento di lavoro e di progresso.
Ma, per ottenere questo, occorreva spezzare la macchina degli opposti su cui si re[...]

[...]polizia segreta si stava ormai rivelando come un inutile bagaglio. Le spie americane, posto che fossero arrivate a Mosca, potevano essere consegnate da attivi boysscouts ai vigili urbani. L'enorme apparato di pressione comincia a girare a vuoto. Non c'è ormai proporzione fra lo sforzo ed il numero di t< pud » di grano che si producono in più. Anzi, essi diminuiscono. Le leve della storia sono ormai altre, più indirette, dal braccio più lungo. Lo stalinismo si esaurisce nella morte fisica di Stalin ed ha inizio il « nuovo corso ». Sarà la competizione pacifica, l'emulazione autentica basata sui verificabili risultati del lavoro a produrre una « selezione » naturale delle iniziative e dei dirigenti. E così per la politica estera: una impostazione di impegno all'interno non è determinabile unicamente dallo stato di « vigilia » bellica. Non bisogna riuscire soltanto perché ci si deve poter difendere bene. Si deve riuscir bene per non aver bisogno di difendersi o perché la possibilità della difesa sia implicita nella forza del sistema. La vittoria può consistere semplicemente nelle realizza[...]

[...]o di difendersi o perché la possibilità della difesa sia implicita nella forza del sistema. La vittoria può consistere semplicemente nelle realizzazioni esemplari, nell'oggettivare la propria superiorità in fatti insieme sovrastrutturali (civiltà) e strutturali (preminenza economicoorganizzativa).
Se c'è sempre il rischio che l'avversario competitivocoesistente si vesta da Marte proprio nel momento in cui si accorgerà di soc
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combere nella gara pacifica, questo rischio non è maggiore di quello di averlo continuamente di fronte uguale e contrario. Proprio il momento in cui l'avversario dovesse decidersi alle vie di fatto sarebbe anche il momento in cui è minore, più debole, più incerto. Sarebbe già perduto di « diritto », prima che di « fatto ».
Detto questo, la critica del XX Congresso al « culto della personalità » non appare che il corollario moralistico di una ben precisa concezione politica. Si è affermato molte volte, a giustificazione, che il « culto » era la manifestazione tattica dell'unità del parti[...]

[...]questo senso provvisorio andava considerato. Grave errore: occorreva invece sospettare che il culto fosse il necessario prodotto di una determinata politica e di una determinata impostazione ideologica. La tattica non è una appendice, una concessione relativamente responsabile di una politica, ma una sua precisa manifestazione. Per cui se si può dire che si è la tattica che si fa, si può aggiungere che il « culto » era essenziale alla pa litica staliniana. Il che ci riporta ancora a vedere il legame stretto fra una concezione monolitica, unidirezionale e acritica del potere politico, basata su una rozzamente intesa funzione della dialettica, e le sue conseguenze.
Solo che, se la denuncia è oggi moralistica (attacco al « culto »), occorre ideologizzarla a fondo. Altrimenti si rischia di usarla ancora una volta tatticamente (la tattica anticulto, iconoclasta) senza che essa dia tutti i frutti che può dare.
La morale può essere la spia (non americana) della politica comunista. La tattica del « culto », nel quadro di una morale marxista, dov[...]

[...]"del socialismo, quello che per noi poteva apparire un « culto religioso » era autentico amore per un uomo cui tanto ogni sovietico corrispondeva.
Capzioso gioco, se il corrispondere non può avere ovviamente per un socialista che il senso della pariteticità, una volta rotti i rapporti di soggezione e di alienazione. Per cui se certamente molto c'era da ammirare nell'uomo sovietico, il molto era appunto
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nell'uomo minuscolo (Stalin = un cittadino qualunque), nel cittadino ignoto, vivo per, e soprattutto, nella collettività. Dunque, morale sì, per il socialismo, anzi affermazione decisiva che la morale marxista esiste e deve corrispondere esattamente ai principi cui nessuna tattica può far concessioni di sorta, ma morale che non si ferma alla moralistica e pretende la scienza (morale politica, non astratta), cioè la traduzione storicistica della denuncia e, di più, l'adeguamento esplicito di una politica e delle sue forme all'istanza morale pronunciata.
2) Stato e Partito.
La concezione della «dittatura del proletariat[...]

[...]i « dittatura del proletariato » e con quello di « centralismo democratico ». Il Partito è l'organo supremo di direzione della classe operaia che, attraverso di esso, instaura la sua dittatura impadronendosi dello Stato come strumento coercitivo sulle vecchie classi in dissoluzione. Corrisponde questo schema alla realtà sovietica di oggi ? Il XX Congresso critica in questo schema la degenerazione della direzione collegiale
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in direzione personale. E sta bene. Ma il concetto di collegialità fin dove si deve estendere ? Quale é il grado di compartecipazione direzionale che si intende raggiungere ? In breve, come devono essere considerati i 193 milioni di sovietici che rientrano genericamente nel gruppo dei « senza partito » ? Se di fatto i termini dell'antagonismo di classe sono superati, quale senso ha la. preminenza partitica sullo Stato? Non deve tendere, viceversa, lo Stato ad oggettivare, appunto, questa assenza di suddivisione di classe in un « corpus » omogeneo ed egualitario di cittadini, i quali nei [...]

[...]uno secondo le sue capacità, ad ognuno secondo il suo lavoro), superabili solo nella società comunista teorizzata da tutti i classici del marxismo (da ciascuno secondo le sue capacità, ad ognuno secondo i suoi bisogni). E probabile che, appunto per evitare le possibilità del formarsi di correnti interessate nel proprio « particulare » (ad esempio, questione dei contadini rispetto agli operai), nell'URSS si tenga così fermo il
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principio del Partito unico, come depositario di una solidarietà generale senza concessioni. In questo senso l'unicità del Partito supera appunto la pluralità esistente nella società borghese, che esprime una gamma di precisi interessi e li rappresenta. Caso nel quale non si può certo affermare che la volontà generale si possa esprimere perché esiste la pluralità dei partiti. Al contrario, la pluralità non esprime che la rottura delle volontà, degli interessi antagonistici e di classe. Sgomberato perciò il campo dalla trappola parlamentaristica con tutti i corollari della libertà apparen[...]

[...] rinnovati particolarismi, pur in una società senza classi, ma autentiche e diverse alternative costruttive.
Qualche marxista ortodosso potrebbe, a questo punto, obiettare che il marxismo è scienza e quindi la sua determinazione, nascendo da un piano di scientificità, esclude le alternative, risolte ogni volta in una determinazione oggettivamente fondata. Occorre rispondere subito che qui affiora uno degli aspetti più sottili e pericolosi dello stalinismo ideologico: la scienza è una ed é quella che si fa, così che le altre alternative vanno eliminate perché non possono essere scientifiche. Da cui il ben fondato sospetto che l'eliminazione delle altre possibilità non derivi tanto dalla loro inutilità (in ogni caso lo spreco vaviloviano sarebbe stato ben piccolo rispetto alle preminenze lysenkiane), ma dal fatto che solo in questo modo si rende non verificabile e quindi non dubitabile l'asserzione dell'unicità della scienza.
Non avendo a suo tempo né difeso la scienza economica staliniana, né la genetica lysenkiana, possiamo oggi con tranq[...]

[...]anno eliminate perché non possono essere scientifiche. Da cui il ben fondato sospetto che l'eliminazione delle altre possibilità non derivi tanto dalla loro inutilità (in ogni caso lo spreco vaviloviano sarebbe stato ben piccolo rispetto alle preminenze lysenkiane), ma dal fatto che solo in questo modo si rende non verificabile e quindi non dubitabile l'asserzione dell'unicità della scienza.
Non avendo a suo tempo né difeso la scienza economica staliniana, né la genetica lysenkiana, possiamo oggi con tranquillità dire che a nostro avviso entrambe non erano « ascientifiche », ma semplicemente alternative « scientifiche », e sarebbe certo difficile oggi negare a tutte due un determinato vigore ed anche una giusta misura di fecondità relativa.
Dal feticcio ideologico dell'unicità scientifica scende la giustificazione dell'unicità delle decisioni (e, detto per inciso, in questo quadro giustificativo rientrano le concezioni della teoria del riflesso, l'ontologizzazione metafisica della dialettica, l'indistinzio
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ne fra evo[...]

[...]a misura di fecondità relativa.
Dal feticcio ideologico dell'unicità scientifica scende la giustificazione dell'unicità delle decisioni (e, detto per inciso, in questo quadro giustificativo rientrano le concezioni della teoria del riflesso, l'ontologizzazione metafisica della dialettica, l'indistinzio
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ne fra evoluzione naturale e progresso controllato, di cui si trovano ancora ampie tracce alla base degli ultimi scritti di Stalin, in particolare nei a Problemi economici del socialismo nell'URSS del 1952).
Viceversa proprio il mondo socialista che, operando il passaggio dal piano della necessità a quello della libertà, attraverso la risoluzione radicale dei conflitti di classe, si può concedere una concezione possibilistica della scienza. Se in gran parte le regole della libertà sono in una società borghese ben delimitate dalla pressione degli interessi, é nel mondo socialista che può nascere un autentico gioco di interessi diversi per la libertà.
Vediamo, quindi, per la società socialista prospettarsi una possibilit[...]

[...] come strumentalità pluralistica.
Si giunge così immediatamente al concetto di sviluppo democratico come può essere concepito nel socialismo: non piú come composizione di forze strutturali precise, di cui quella economicamente dominante è anche necessariamente la risultante e la vincitrice (società borghese), né come forza unica, solidale e disinteressata, in ogni caso, appunto perché unica (solidarietà nel positivo e nell'errore), tipica dello stalinismo, ma come sviluppo in cooperazione, disinteressato perché solidale, ma pluralistico nelle iniziative e nell'esperimentazione consentita (purché fondata su ricerche di fatto e scientificamente documentate) fra cui trascegliere via via il meglio e generalizzarlo (mediazione fra autonomia e pianificazione).
Dunque, forse, non pluralità partitica, né gioco fra governo e opposizione, quanto pluralità di iniziative, nel quadro di una
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pianificazione funzionale, nella costruzionedissoluzione dello Stato socialista (1).
(1) Leggendo questo saggio inI bozze l'amico [...]

[...]a come sviluppo in cooperazione, disinteressato perché solidale, ma pluralistico nelle iniziative e nell'esperimentazione consentita (purché fondata su ricerche di fatto e scientificamente documentate) fra cui trascegliere via via il meglio e generalizzarlo (mediazione fra autonomia e pianificazione).
Dunque, forse, non pluralità partitica, né gioco fra governo e opposizione, quanto pluralità di iniziative, nel quadro di una
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pianificazione funzionale, nella costruzionedissoluzione dello Stato socialista (1).
(1) Leggendo questo saggio inI bozze l'amico Fortini mi ha dato la seguente nota che ottimamente contribuisce ad approfondire il punto in questione:
Invece di ripetere le tesi puerili di chi afferma la inevitabilità e la necessità di tutto quel che è accaduto nell'età stalinista come di chi, negan dole, non pub più arrestarsi sulla via delle ipotesi retroattive, è meglio domandarsi (come ha fatto recentemente un giovane filosofo marxista, A. Mazzone) quale sia oggi ii senso, alla luce delle esperienze sovietiche e nostre, del « fondamento obiettivo dell'accordo tendenzialmente unanime di un gruppo sociale omogeneo dal punto di vista di classe » e del « principio regolativo della produzione di decisioni universalmente valide ». Infatti lo stalinismo è meno un regime, un costume, una 'tirannia' che una accelerazione (parzialmente erronea: origine pratica dell'error[...]

[...] dole, non pub più arrestarsi sulla via delle ipotesi retroattive, è meglio domandarsi (come ha fatto recentemente un giovane filosofo marxista, A. Mazzone) quale sia oggi ii senso, alla luce delle esperienze sovietiche e nostre, del « fondamento obiettivo dell'accordo tendenzialmente unanime di un gruppo sociale omogeneo dal punto di vista di classe » e del « principio regolativo della produzione di decisioni universalmente valide ». Infatti lo stalinismo è meno un regime, un costume, una 'tirannia' che una accelerazione (parzialmente erronea: origine pratica dell'errore) della teoria della necessità
o meglio della 'tendenziale unanimità' che è di Marx e di Lenin. Anzi è probabilmente da spiegarsi, tale accelerazione, col non risolto meccanicismo sempre latente nel marxismo. Dalla pretesa marxista di rendere razionale
e verificabile, cioè scientifica, la dottrina della società (o economia politica) discende la nozione di Partito secondo Lenin, cioè di un organismo qualificato a farsi interprete scientifico della realtà e quindi quella d[...]

[...]limite; e il rifiuto di riconoscere che proprio quel margine doveva invece essere previsto per stabilire il rendimento reale della macchina, altre il quale cominciava l'errore
e l'usura; proprio quella illusione e quel rifiuto traspaiono ancora nelle dichiarazioni rese dallo scarcerato London ai giornalisti: essersi rassegnato a confessare colpe non commesse, per non diminuire nelle masse la persuasione della infallibilità del partito. L'errore stalinista è dunque di carattere a un tempo meccanicistico e metafisico; ma non tocca l'esigenza prima, quella della razionalità della scienza sociale. Dimenticarne la drammatica serietà, vuol dire precludersi la comprensione di un secolo di comunismo. Bisogna ripetere ancora l'irriducibilità della differenza tra la dottrina liberale che, proprio perché nacque storicamente quale mediatrice fra conflitti insolubili, lì rese istituzionali, e quella marxista, che in nome della dialettica e del salto qualitativo, afferma la trasformabilità qualitativa dei conflitti dopo averli identificati, nelle societ[...]

[...]ili, lì rese istituzionali, e quella marxista, che in nome della dialettica e del salto qualitativo, afferma la trasformabilità qualitativa dei conflitti dopo averli identificati, nelle società classiste, come conflitti di classe. Si che la 'volontà generale' liberale è sintesi astratta (le souverain) mentre quella marxista è, almeno tendenzialmente, concreta, cioè tendenzialmente unanime. Questa pretesa marxista sembra uscire sconfitta dall'età stalinista; l'unani
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4) Per un linguaggio (e un'ideologia) socialista.
Purtroppo gli Atti del XX Congresso del PCUS non offrono un discorso chiaro sui pur tanto cruciali punti toccati, e diremmo, anzi, che se tutto il Congresso rappresenta un termine di passaggio che codifica, come vedremo meglio più avanti, tutta una serie di provvedimenti empirici, esso sottintende sempre una nuova impostazione ideologica, ma non la esplicita o non vuole esplicitarla.
Il vizio rilevato, in quasi tutti gli interventi, di giustificare posizioni nuove con citazioni vecchie é, viceversa, ancora [...]

[...] sui pur tanto cruciali punti toccati, e diremmo, anzi, che se tutto il Congresso rappresenta un termine di passaggio che codifica, come vedremo meglio più avanti, tutta una serie di provvedimenti empirici, esso sottintende sempre una nuova impostazione ideologica, ma non la esplicita o non vuole esplicitarla.
Il vizio rilevato, in quasi tutti gli interventi, di giustificare posizioni nuove con citazioni vecchie é, viceversa, ancora prati
mità stalinista era infatti una caricatura e le elezioni al 99,99% una cerimonia mistificata; ma sembra soltanto, ché il dominio dell'uomo sulla natura e la società, o regno dell'uomo, esige la risoluzione dei conflitti alla radice, trasformandoli in conflitti prima quantitativamente poi qualitativamente diversi. La societa sovietica ed il movimento operaio internazionale hanno pagato con gli errori dell'età stalinista, ad esempio, la fretta con la quale si è dato per risolto il conflitto fra città e campagna; ma è confrontabile tale conflitto attuale con quello che opponeva contadini e cittadini russi durante la guerra civile o la liquidazione dei kulaki? Anche per questo è improprio impiegare termini eguali come 'partito', 'opposizione', 'parlamento' per indicare cose diverse (e, fra parentesi, che v'è di comune fra la nozione di partito in Francia o in Italia e quella in USA o in India?).
Si vuol dire che la società socialista non ha trovato o ha trovato imperfettamente le forme istituzionali per l'[...]

[...]ni neoilluminismo fondato sull'uomo come singe malfaisant non potrà che arretrare di fronte alle note, hegeliane, conseguenze di ogni illuminismo del genere, e farsi conservatore; e d'altra parte l'ottimismo marxista fallisce nella misura in cui ignora tutta la microscopica complessità dei conflitti umani, e affrontando meccanicamente il rapporto fra strutture e sovrastrutture dimentica il carattere universale della contraddi
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cato senza esclusioni. La ripresa leninista, oltre che un valore sentimentale, è un modo di ottenere una autorevole e insindacabile conferma dei passi in avanti, delle aperture effettuate.
Così l'effettiva battaglia delle idee ( e dei fatti) non trova una sua chiarificazione moderna. Sopra il duello fra novatori ed eventuali resistenti sta la ben più fragorosa battaglia celeste fra le figure mitiche di Lenin e di Stalin. Ed in questo senso, accanto alla denuncia degli errori d'ortodossia, sta una serie di premurose raccomandazioni a non ideologizzare, a non staccare la teoria dalla pratica, ad occuparsi del concreto. Questo fatto da un lato apre una possibilità positiva: il far cessare l'uso confermativo dell'ideologia ortodossa e classica, come copertura di una realtà tattica, mobile, eterodossa che non le corrisponde, ma dall'altro rischia il ripiegamento empiristico, minuto, contingentistico, ancora tanto poco libero da aver bisogno di altri, anche se diversi, e più ampi, aiuti classici. Così di volta in [...]

[...]ificazione positiva: che l'elaborazione di fondo sia rimandata in sede opportuna agli Istituti di storia e di filosofia, nuovamente aperti alla critica, all'attività creativa. Determinandosi scientificamente, il linguaggio potrà tornare ad avere un senso univoco e preciso e l'ideologia riprenderà fiato e potrà modellarsi senza equivoci ed ambivalenze.
Diciamo costruirsi e non semplicemente ricostruirsi sia del linguaggio, sia dell'ideologia. Lo stalinismo presenta uno iato nell'elaborazione dell'ideologia socialista; la sua identificazione dell'avversario con tutti gli avversari (con il peggiore degli avversari), visti come statici, sagome fisse e nere tutte uguali nell'uguaglianza dell'essere per « essere colpite », non gli consenti lo sviluppo di una dialettica « sublimata » all'interno, che desse una nuova dimensione alle contrapposizioni, una nuova « teoria dell'errore », una diversa verifica della verità. Per questo il suo linguaggio è rimasto un linguaggio bellico, alle volte da trincea (ed anche alcuni suoi atti). Per noi marxisti o[...]

[...]nizioni di queste azioni) abbiano trovato una, anche se solo formale, rispondenza di verità nei commenti di allora del « Corriere della Sera ». Che cioè il comunismo sia sceso per qualche momento ad un punto tale da poter essere giudicato, con una certa verosimiglianza, dal peggiore anticomunismo.
Come è possibile che il giudizio su alcuni processi delittuosi che oggi danno le pubblicazioni sovietiche, concordi, almeno nella
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forma, ai giudizi (non della migliore), ma della, ancor fresca di fascismo, nostra democrazia borghese apparente ? È che l'ideologia e la prassi socialiste erano, in alcune loro parti, scadute al livello dell'avversario, che contavano, con falsa astuzia, di eliminare usando le sue stesse armi. Ma per l'ideologia e per la prassi marxista ogni uomo è infinitamente recuperabile, non esiste limite al rifarsi una vita, alla riabilitazione. Per il marxismo è esclusa la pena di morte e la punizione detentiva, il processo persecutorio, l'estorsione della verità e la confessione della menzogna, p[...]

[...]del salto qualitativo.
Un lavoro per noi e per altri (anche per i sovietici) dacché crediamo che, oggi, solo una ripresa panoramica, una risistemazione dei valori, una reinterpretazione del « nuovo mondo » per mutarlo di « nuovo », potrà consentire quel radicale passo avanti che speriamo, che ci occorre.
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56) Stato dei Soviet come Stato funzionale e democrazia socialista come pianificazione organica.
Il potere personale di Stalin non è semplicisticamente riducibile né ad un fatto . geografico, né ad uno etnografico. Il caso « Cina », cosi diverso dal russo, potrebbe essere prova sufficiente per sfrondare le ipotesi sociologiche « orientalistiche » sul « fenomeno » sovietico adottate spesso dal Deutscher. La verità è naturalmente ancora una volta strutturale e sovrastrutturale insieme: ' economia e ideologia. Ed è secondo questi parametri che occorre esaminare le vicende sovietiche in tutte le loro particolarità (tradizione, ambiente, ecc., inclusi). Leggendo attentamente le diverse interpretazioni di parti diversissim[...]

[...]rre esaminare le vicende sovietiche in tutte le loro particolarità (tradizione, ambiente, ecc., inclusi). Leggendo attentamente le diverse interpretazioni di parti diversissime sulla situazione determinatasi nel '17 in Russia, è difficile pensare che non fosse necessario un punto di trapasso rivoluzionario, una strumentazione dittatoriale per operare il salto, per avviare la macchina, tradizioni storiche russe ed educazione « orientalistica » di Stalin a parte.
della macchina che interessa parlare, e non ci sembra di dover spaventare gli storici dicendo che lo stalinismo fu « una delle vie del socialismo» in URSS, che una serie di circostanze determinò, e non la dialettica assoluta della storia, ma la dialettica appunto, relativa all'Unione Sovietica di allora, con gli uomini di cui disponeva, con le sue condizioni strutturali, con il suo grado di capacità e preparazione scientifica ed ideologica di affrontare i problemi. I veri dubbi che ci assillano (e ci interessano perché li sentiamo suscettibili di sviluppo per noi) sono quelli che derivano dall'aver constatato lo stato di permanenza di un regime di trapasso, quando non solo le prime vittorie furono [...]

[...]orse conclusive, quando, cioè, venne a cessare nell'URSS lo stato oggettivo di lotta di classe.
E ciò ci rimanda a quanto accennavamo sopra (ed ancora ci limitiamo ad accennare), alla funzione dei vari istituti agenti nell'URSS e soprattutto dei due assolutamente preminenti: il Partito e lo Stato.
Si ha l'impressione che ancor oggi il Partito sia in perenne gestazione, che il suo sforzo sia una infinita e interminabile crea
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zione dello Stato. Ma che la nascita non abbia o non possa o non debba aver luogo. La Costituzione ci dice il contrario, ma la realtà é evidente. Il Partito indica la politica dello Stato, il Partito stabilisce i termini e i programmi della pianificazione, il Partito svolge la politica interna ed estera, ecc. Non appena lo Stato non realizza, o non realizza secondo le quantità stabilite, o si inceppa o rallenta, il Partito interviene, sollecita, ridimensiona, controlla.
Ecco la parola: il Partito non solo governa, ma controlla. Nello stalinismo le due funzioni essenziali erano assorbite[...]

[...]tuzione ci dice il contrario, ma la realtà é evidente. Il Partito indica la politica dello Stato, il Partito stabilisce i termini e i programmi della pianificazione, il Partito svolge la politica interna ed estera, ecc. Non appena lo Stato non realizza, o non realizza secondo le quantità stabilite, o si inceppa o rallenta, il Partito interviene, sollecita, ridimensiona, controlla.
Ecco la parola: il Partito non solo governa, ma controlla. Nello stalinismo le due funzioni essenziali erano assorbite in una sola persona: governo autoritario, controllo autoritario. Esiste una ragione in questa « reductio ad unum » ? Esisteva. Fra le possibili vie di una « dittatura di classe » necessaria nel periodo di trapasso, si era scelta la più breve e tradizionale: quella del potere concentrato. L'idea della scientificità, data per implicita e scontata nel marxismo, oscurò la possibile visione di una organizzazione scientifica da costruirsi. Oggi, di fronte al quesito di come possa accadere che in una fabbrica sovietica, diretta da tecnici eccellenti, so[...]

[...]ano. Sollecitatore della macchina era il Partito. Ed i funzionari di Partito, come oggi rileva chiaramente Krusciov, non erano certo dei competenti in tecnica organizzativa specifica (Krusciov li rimanda addirittura allo studio elementare dell'economia). E poiché l'organizzazione scientifica é l'unica possibilità di risolvere il problema degli incentivi senza ricorrere all'immediata pressione od al timore di rappresaglie o punizioni, la macchina staliniana, interpretando pessimisticamente il mondo produttivo, anziché mutarlo scientificamente, prese la strada dell'incentivo di pressione. Cosicché il Partito premeva sullo Stato e lo Stato sulle singole unità dipendenti. Pressione come strumento.
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E l'apparato di Partito e soprattutto dello Stato come « cinghie di trasmissione », si appesantiva di funzionari (oggi ne sono stati allontanati come primo provvedimento 750.000), anziché consolidare, come richiede appunto una organizzazione scientifica del lavoro, la équipe dirigente specifica di ogni unità produttiva, per disim[...]

[...]oveva giungere (Mikoian lo afferma a proposito dell'agricoltura), allorché la giustificazione della lotta, intesa ancora come eliminazione di un nemico incombente o nascosto nelle file, si sarebbe svuotata di significato. Ciò non poteva accadere che quando, ormai esaurite le differenze di classe, la società sovietica, raggiunto un maggior benessere materiale ed una elevazione culturale, si fosse fatta cosciente della sua nuova misura.
Finito lo stalinismo, gli eredi hanno preso non poche contromisure che già stanno dando (le statistiche confermano) i loro frutti:
1) Dalle forme di « controllo » meramente sollecitativoautoritario si sta passando a forme di « controllo operativo». Dice, ad esempio, Krusciov a proposito dell'agricoltura: «Nel nostro Stato socialista tutto é determinato dai piani, che i colcos e i sovcos attuano in tempo, senza aspettare che gli addetti agli ammassi li sollecitino ». « Il controllo operativo degli ammassi deve essere invece affidato alle SMT e le centinaia di migliaia di addetti agli ammassi devono essere imp[...]

[...]dai piani, che i colcos e i sovcos attuano in tempo, senza aspettare che gli addetti agli ammassi li sollecitino ». « Il controllo operativo degli ammassi deve essere invece affidato alle SMT e le centinaia di migliaia di addetti agli ammassi devono essere impiegati nella produzione » (« XX Congresso del PCUS », Atti, pag. 116). Il controllo sarà dunque affidato ad organi già impegnati nel processo tecnico. D'ora innanzi sarà
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chiaro che se il « controllo operativo » darà indici di produzione più bassi del previsto o dell'auspicato, non vorrà dire che c'é un vizio nella volontà costruttiva (da punire, liquidare, ecc.), ma un vizio tecnicoorganizzativo che occorrerà correggere.
2) Si stanno affacciando, pur nella conferma del sistema cen tralistico, le prime misure decentrative. Si é cercato di dare maggiori compiti ai ministeri delle repubbliche federate. « L'esperienza é stata indubbiamente positiva: la direzione delle imprese é diventata più concreta, più operativa, l'iniziativa delle organizzazioni delle r[...]

[...]rimunerazione dei funzionari di Partito sarà legata in una certa misura ai risultati ottenuti nella realizzazione del piano produttivo.
Questi punti, certo essenziali, esposti dal Congresso in un modo che può sembrare addirittura volutamente trasandato, possono dar luogo alle seguenti rispettive considerazioni:
1) Il passaggio dal « controllo autoritario » al « controllo operativo » segna il cessare del sistema meramente coercitivo del periodo staliniano. Ma il « controllo operativo » non può essere, a sua volta, che un termine di passaggio al raggiungimento del « controllo democratico » che sta alle origini del pensiero marxista e che oggi può assumere una configurazione tecnicoorganizzativa ben più ampia e concreta. Il « controllo autoritario » era, se si può usare l'espressione, esattamente il contrario del « controllo democratico », il suo rovescio. Esso é naturalmente collegato alle forme della « dittatura del proletariato », dove é la classe operaia al potere, attraverso il Partito, che regola e verifica la produzione, volente o nol[...]

[...] dei cittadini, o appartenenti alla vecchia classe dominante o ancora impreparati ad un autogoverno.
Nel momento attuale il rapporto dovrebbe tendere a raddrizzarsi: dal controllo dello Stato sul cittadino al controllo del cittadino sullo Stato; e precisamente grazie alla risoluzione del problema delle garanzie per il rispetto del piano attraverso le forme di un « controllo operativo » anticipante forme complete di « autocon
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trollo tecnico » nel quadro dell'organizzazione scientifica generale. (E val la pena forse di aggiungere qui, a scanso di possibili equivoci, che quando parliamo di scienza o di tecnica o di organizzazione scientifica o di strumenti tecnici intendiamo questi termini all'interno del concetto marxista secondo il quale la scienza e la tecnica, come del resto tutta la cultura, non sono fatti « neutri » o « neutrali », ma sempre politicamente determinati, anche se aperti a diverse alternative).
2) L'autocontrollo ha la sua essenza e la sua intrinseca possibilità di funzionamento a patto che [...]

[...]sto esame avrà già origine il nuovo piano. Così che le scelte individuali di primo grado (« protocollari ») non saranno, dunque, come si sarebbe potuto sospettare, arbitrarie o bizzarre, ma già rese coscienti dei termini complessivi che il piano tende a includere e mediare.
In tal modo il piano può essere contemporaneamente lo strumento di determinazione della « volontà generale » e l'attuazione responsabile di essa nell'autogoverno civile.
Lo stalinismo, nato e formatosi nel periodo primo e più aspro 'dell'instaurazione dall'alto della pianificazione, non aveva forse sufficientemente avvertita la maturità del cittadino sovietico, non aveva calcolato, o saputo calcolare, o giustamente misurare, il livello di capacità dell'uomo comune che egli stesso aveva portato a questo nuovo stadio. I primi risultati positivi del decentramento ed i primi esperimenti di studio del piano dal basso indicano viceversa che in URSS si è già raggiunto un punto in cui può essere adottato gradualmente il sistema di determinazione democratica della pianificazion[...]

[...]uò essere adottato gradualmente il sistema di determinazione democratica della pianificazione. E già ci si sta avviando concretamente in questa direzione (si veda il rapporto Bulganin: pagg. 105110).
3) L'autocontrollo ed il decentramento, oltre alla possibilità di una pianificazione organica, portano con sé' un nuovo rapporto fra piano e autonomia. Anche qui ci si può avvicinare tendenzialmente al rovesciamento del sistema praticato nell'epoca staliniana. La più grande preoccupazione (e la ragione dell'accentramento) era quella di poter determinare per ragioni politiche generali la parte che competeva alla produzione di beni strumentali e quella che riguardava i beni di consumo. Bisognava evitare la tendenza
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« spontaneistica » dell'aumento dei secondi, per tener conto degli obbiettivi di fondo che solo i primi consentono di realizzare.
Il cittadino sovietico ha certamente ormai compreso quali sono. le necessità dei beni strumentali anche nel consentire un sostanziale e duraturo aumento di quelli di consumo, e avverte certamente le opportunità dei servizi generali. La pianificazione dunque, anche perdendo la determinazione dall'alto ed avviandosi ad assumere il suo autentico posto, e cioè un posto funzionale e operativo, non cesserebbe per questo di possedere i requisiti generali necessari u[...]

[...]onale e operativo, non cesserebbe per questo di possedere i requisiti generali necessari una volta che sapesse valersi degli strumenti statuali fondamentali: i Soviet. E appunto nei Soviet, organismi di potere diretto, ma già collettivo, che potrà realizzarsi la decisiva mediazione fra piano e autonomia.
4) Ciò dà una nuova figura al Soviet, coopera alla sua ricostruzione da semplice associazione fra le altre, controllata dal Partito nell'epoca staliniana, a forma di autogoverno. Il Soviet si fa, come abbiamo visto, centro dell'autocontrollo, dell'autonomia collegata ad una pianificazione democratica ed operativa. Il Soviet ritorna a governare non più come mezzo originario della rivoluzione, ma come fine di essa, sua realizzazione completa.
5) E, nello stesso tempo in cui il Soviet ritorna a governare su scala diretta, forte della strumentalità pianificatrice generale acquisita responsabilmente, lo Stato dei Soviet, come alto apparato, come apparato funzionariale, si assottiglia. Il Soviet ha bisogno di tecnici vicini, non di burocrati lo[...]

[...]ssottiglia. Il Soviet ha bisogno di tecnici vicini, non di burocrati lontani. Il decentramento è anche qualificazione, capacità specifica, conoscenza scientifica. Il funzionario a questo livello è direttamente controllabile e revocabile. La misura del pane di tutti deve essere la misura del suo pane, secondo quanto, anche per il suo esplicito contributo, si riesce a fare. Scompare la figura giudicante e insieme irresponsabile. La grande piramide staliniana sta per rovesciarsi. In alto, i Soviet. In basso, le apparecchiature coordinatrici, funzionali, operative, del piano a servizio dei Soviet.
6) Si può parlare dell'inizio dell'estinzione dello Stato ? Di primo passaggio dalla fase inferiore alla superiore ? Dal socialismo
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al comunismo ? La concezione staliniana era, come abbiamo prima accennato, basata su due cardini. Necessità del sistema centralistico della dittatura del proletariato per far fronte alla « latta di classe » prima, all'«accerchiamento capitalistico » poi.
Fin dal 1936 Stalin stesso chiariva essersi estinta ogni lotta di classe nell'URSS (e la Costituzione era la codificazione di questa vittoria), oggi Krusciov afferma: «si é formata sull'arena internazionale una vasta ' zona della pace ' che comprende, oltre i paesi socialisti, gli Stati non socialisti, europei e asiatici, amanti della pace. Questa zona abbraccia vaste estensioni del globo terrestre, sulle quali oggi vive un miliardo e mezzo di persone, vale a dire la maggior parte della popolazione del nostro pianeta » (Krusciov, pag. 30). Se non si può parlare ancora della fine dell'« accerchiamento capitalisti[...]

[...]la condizione essenziale per il rinnovamento democratico dello Stato sovietico sta essenzialmente nella capacità organizzativa generale che esso saprà studiare e concretare; il che significa operare uno sforzo ideologico e tecnico che ancora è in gran parte da effettuare e di cui vediamo oggi solo i primi segni.
Qui ci importava osservare soltanto che le condizioni oggettive liberano il niarxismo dai due vincoli fondamentali di origine leninianastaliniana, sciolti i quali ci si avvia alla condizione favorevole per l'autonomizzazione dello Stato o per una sua nuova impostazione democratica.
« Solo la forma sovietica di Stato », ci dice lo stesso Stalin, «facendo partecipare in modo continuo e incondizionato le organizzazioni di massa dei lavoratori e degli sfruttati al governo dello Stato, é in grado di preparare quella estinzione dello Stato, che é
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uno degli elementi essenziali della futura società senza Stato, della società comunista » (Q.d.L. pag. 49, vol. II). Lo Stato, estinguendosi, non annulla se stesso come organizzazione, ma come istituto coercitivo. Lo Stato autoritario della dittatura del proletariato si scioglie (non si liberalizza) in uno « Stato funzionale », in una nuova forma organizzativa, operativa e quindi democratica senza residui. « Invece del governo sugli uomini, si avrà l'amministrazione delle cose e la direzione dei processi di produzione » commenta Engels nell'« An.tidühring ».
L'antica concezione roussoia[...]

[...]duzione » commenta Engels nell'« An.tidühring ».
L'antica concezione roussoiana della <« volontà generale », passata attraverso il marxismo, trova finalmente la sua incarnazione reale nella pianificazione organica, dove l'esercizio della sovranità e l'educazione alla libertà convergono e coincidono.
6) Passato e futuro del Partito
Il « Partito » concepito, secondo Lenin, come « forma suprema dell'unione di classe del proletariato » e, secondo Stalin, come « corpo politico della classe operaia », « stato maggiore di lotta del proletariato », « parte inseparabile della classe » e, insieme, « reparto organizzato di essa », « necessario al proletariato per conquistare e mantenere la dittatura », « strumento della dittatura » (Q.d.L., pag. 8492), sede, dunque, direttiva e ideologica della rivoluzione, viene ad assumere nelle circostanze attuali un aspetto diverso. Con lo sciogliersi dello Stato coercitivo in Stato amministrativofunzionale il compito del Partito inteso come creatore, ordinatore, sollecitatore dello Stato viene ad attenuarsi. I[...]

[...] ordinatore, sollecitatore dello Stato viene ad attenuarsi. Il criterio di determinazione e di scelta del proprio destino si spartisce nelle infinite volontà del cittadino sovietico, educato per quasi mezzo secolo al socialismo, ed ormai adulto.
L'evoluzione del socialismo non può più essere una evoluzione guidata e tutelata dall'alto. Il nemico interno, l'avversario oggettivo, forte della forza inerziale ed oppósitiva delle cose, è scomparso.
Stalin diceva già nel rapporto al XVII Congresso del Partito: « Invocare le cosiddette condizioni oggettive non è più ammissi
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bile ». « Dopo che la giustezza della linea del Partito é stata confermata dall'esperienza di molti anni, e la volontà degli operai e dei contadini di appoggiare questa linea non lascia più dubbio, la funzione della cosidetta condizione oggettiva si è ridotta al minimo, mentre la funzione delle nostre organizzazioni e dei loro dirigenti é diventata decisiva, eccezionale. Che cosa significa questo ? Significa che oggi la responsabilità per le nostre lacun[...]

[...]nizzazione nella edificazione economica e culturale », pag. 195) sono dovute non più alla forza delle cose o dell'avversario, ma ad una ancora non completa organizzazione generale.
Ed il Partito ha ancora, come elemento dirigente, da assolvere per intero a questo compito. Ma non più sotto la forma sollecitativa, attivizzante, più o meno generica, (oggi decisamente condannata), ma in senso tecnico specifico. Il peso e l'insufficienza del Partito staliniano si rivelano qui: nell'essere strumento autoritario, di tutela e di controllo, anziché essere strumento tecnicoscientifico di una organizzazione socialista, modernamente concepita.
Staccato dai diretti compiti produttivi, il Partito aveva corso il rischio di girare a vuoto, di assumere una figura astratta, sovrastrutturale. Ma il Partito, inserendosi, come oggi viene stabilito, nell'organizzazione diretta, non può neppure essere il doppio dello Stato, la sua controfigura.
Il suo portarsi a livello operativo deve comportare anche una sua diversa concezione dei rapporti con lo Stato: ridur[...]

[...]livello operativo deve comportare anche una sua diversa concezione dei rapporti con lo Stato: ridurre la sua tutela in esso per aver modo di parteciparvi concretamente. Non sovrapporsi ai Soviet, ma entrarvi « costituzionalmente ».
Se lo Stato sta smobilitando gli apparati centrali, non sarà più possibile agendo su di essi agire su tutta la nazione. Lo Stato sta andando nei Soviet bassi, decentrati, sempre più autonomi. Ë là
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che deve andare il Partita. Se la pianificazione non si dovrà più determinare nelle alte sfere, ma nei luoghi di decisione democratica della base, é ancora là che il Partito dovrà essere presente.
Il che significa che il superamento dei difetti del Partito é in questo percorso. Se la risoluzione di essi sta in una nuova organizzazione questa non potrà dar luogo ad un'altra operazione autoritaria, storicamente superata, che condurebbe oggi certamente a gravi insuccessi pratici.
Superata la lotta di classe e allentato l'accerchiamento capitalistico, l'evoluzione dell'URSS sta superando a[...]

[...]ne stessa (compito ideologico).
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La figura del Partito potrà spezzare la monoliticità da cui nasceva la sua antica forza, e la nuova forza sarà nelle correnti di pensiero libero, nelle proposte diverse di possibili soluzioni, nelle capacità di discussione scientifica per determinare le scelte o mantenere le differenze. All'estremo del suo ciclo, risolte le condizioni strutturali dei contrasti, l'elemento unitario leninista e stalinista produrrà precisamente il suo contrario: la pluralità oggettivamente libera delle opinioni e delle proposte. La « dittatura del proletariato », terminando il suo compito, riscatta il suo paradosso: lascia in eredità la realizzazione, per la prima volta autentica, della democrazia concreta.
Il decentramento dei funzionari nei luoghi di produzione é oggi un sintomo positivo in questo senso. Qui il Partito potrà vedere e preparare ciò che non avrebbe potuto vedere e preparare premendo dall'alto: l'organizzazione democratica dal basso. Nella terza rivoluzione industriale in atto ci avviamo ve[...]

[...]ei luoghi di produzione é oggi un sintomo positivo in questo senso. Qui il Partito potrà vedere e preparare ciò che non avrebbe potuto vedere e preparare premendo dall'alto: l'organizzazione democratica dal basso. Nella terza rivoluzione industriale in atto ci avviamo verso forme più sottili e raffinate di organizzazione. Molti sono i metodi che il Partito potrà adottare, studiare, creare in questo senso, ricordando anche il vecchio consiglio di Stalin quando, non ancora all'apice del potere, insegnava nell'Università di Sverdlov, all'inizio dell'aprile 1924, i nuovi «Principi del leninismo » definendone lo stile: « In che cosa consistono i tratti caratteristici di questo stile ? Quali sono le sue particolarità? Queste particolarità sono due: a) lo slancio rivoluzionario russo e b) lo spirito pratico americano. Lo stile del leninismo consiste nell'unione di queste due particolarità nel lavoro di Partito e di Stato » (Q.d.L. pag. 96). Cioè ideologia rivoluzionaria più organizzazione scientifica. E, nello stesso corso, Stalin insegnava: « Il [...]

[...] del leninismo » definendone lo stile: « In che cosa consistono i tratti caratteristici di questo stile ? Quali sono le sue particolarità? Queste particolarità sono due: a) lo slancio rivoluzionario russo e b) lo spirito pratico americano. Lo stile del leninismo consiste nell'unione di queste due particolarità nel lavoro di Partito e di Stato » (Q.d.L. pag. 96). Cioè ideologia rivoluzionaria più organizzazione scientifica. E, nello stesso corso, Stalin insegnava: « Il Partito é lo strumento della dittatura del proletariato. Da questo deriva che, con la scomparsa delle classi, con l'estinguersi della dittatura del proletariato, deve estinguersi anche il Partito » (Q.d.L. pag. 92).
8) Evoluzione discontinua ed evoluzione lineare.
Non c'é alcun dubbio che il XX Congresso segni una svolta brusca e che abbia l'apparenza di un « colpo di Stato » anche se,
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curiosamente, solo su un dominio « postumo ». Sotto l'apparenza, c'è anche una precisa e innegabile realtà: l'evoluzione sovietica avviene ancora per sbalzi, per urti, per conflagrazioni.
Di qui il fatto che il «salto» sia stato diretto dall'alto, in certo modo a sorpresa. La « verità » sul cammino, che ha compiuto e sta compiendo, tutto il popolo sovietico é ancora costretto a chiarirsela definitivamente, a trovarla oggettivata sulle « edizioni straordinarie » della notte. D'altra parte, però, il colpo di scena consiste, a nostro avviso, solo nell'enunciazione della verità, non nella v[...]

[...]ia venivano presi per sottoporre a critica istituzioni e modi di lavoro del passato.
Tutto questo processo critico (che arrivava, ad es., nella richiesta di revisione del codice penale, a proporre nuove forme di « legalità socialista ») non poteva non comportare un « processo storico » verso chi aveva creato, sostenuto, edificato precisamente quelle forme e quegli istituti che si andavano demolendo e ricostruendo in altro modo.
Il « processo a Stalin » era implicito nella revisione dei suoi modi di condurre la politica interna ed estera. E si potrebbe aggiungere che il « processo critico » era a sua volta basato su un «processo reale », di modifiche sostanziali, di fatto, il quale, dalla morte di Stalin, ormai si estendeva all'intera Unione Sovietica. Prima che dal Congresso, il processo al « culto della personalità » era stato condotto e verificato dall'attività del paese. Ma se il modo dell'annuncio del nuovo corso (ed il suo linguaggio) è an
cora un modo in certo senso « staliniano » come si può pensare che lo superi di fatto ? Occorre ricordare che una verità che cerca
di esprimersi d'un tratto, per la prima volta, tende a manifestarsi con il linguaggio della vecchia, e perciò non è ancora interamente la nuova verità, ma l'esplicazione della sua potenzialità, il suo
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primo passo, l'antitesi, la negazione. Se i discorsi del XX Congresso ed i dialoghi in corso in URSS non sono l'espressione di una forma, seppur diversa, di stalinismo, ma una prima codificazione di una realtà di fatto, oggettiva, di una nuova impostazione sociale e di civiltà, Kr[...]

[...] che lo superi di fatto ? Occorre ricordare che una verità che cerca
di esprimersi d'un tratto, per la prima volta, tende a manifestarsi con il linguaggio della vecchia, e perciò non è ancora interamente la nuova verità, ma l'esplicazione della sua potenzialità, il suo
ROBERTO GUIDUCCI 73
primo passo, l'antitesi, la negazione. Se i discorsi del XX Congresso ed i dialoghi in corso in URSS non sono l'espressione di una forma, seppur diversa, di stalinismo, ma una prima codificazione di una realtà di fatto, oggettiva, di una nuova impostazione sociale e di civiltà, Krusciov non ne è ancora il Platone, sebbene per qualche aspetto tenda ad esserlo, perché il nuovo assestamento della società sovietica deve passare oltre Krusciov ed il Comitato Centrale, ed essere una « costituzione collettiva » che si formuli dalla collaborazione generale degli operai, dei contadini, dei tecnici e dei filosofi dell'Unione Sovietica.
Allora anche i modi e il linguaggio della nuova verità socialista saranno diversi e sarà stato un diverso costume a nutrirli, a [...]

[...]costituzione collettiva » che si formuli dalla collaborazione generale degli operai, dei contadini, dei tecnici e dei filosofi dell'Unione Sovietica.
Allora anche i modi e il linguaggio della nuova verità socialista saranno diversi e sarà stato un diverso costume a nutrirli, a coltivarli.
L'ipotesi della posizione del XX Congresso codificatrice di una nuova realtà in movimento positivo scarta sia l'ipotesi del perdurare sotto altra veste dello stalinismo, sia quella secondo la quale il XX Congresso rivelerebbe bruscamente ed esprimerebbe la presenza di una situazione conflittuale di fondo fra varie forze che nell'URSS si contenderebbero il potere. Siamo persuasi che nell'URSS sia veramente cessata la latta di classe e che quindi non esista materia economica per conflitti strutturali (le cause «oggettive» di cui parlava Stalin, nella citazione sopra riportata, riponendo le cause delle deficienze e degli errori « in noi stessi »). Ora proprio la scomparsa delle cause oggettive rende oggettiva la possibilità di una evoluzione lineare nell'URSS, cioè di una evoluzione storica che superi via via le difficoltà organizzativamente, e non per la pressione delle cose. Tuttavia, se l'adeguamento organizzativo per qualche ragione non avviene, se le necessità non vengono rilevate e risolte, é possibile che si ricreino le condizioni conflittuali oggettive anche se, per così dire, trasposte sul piano del potere politico e non su[...]

[...]le condizioni conflittuali oggettive anche se, per così dire, trasposte sul piano del potere politico e non su quello direttamente economico. Il cittadino sovietico, insomma, che ha dato prova di perfetta adesione allo sforzo collettivo con sacrifici enormi, sia nella costruzione industriale ed agricola, sia nella guerra, sia nella ricostruzione recente, potrà rifiutarsi di produrre « nonostante tutto » tanti « pud » di grano
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o tanti pezzi meccanici se, avvertendo un errore nell'impostazione del lavoro o un problema su cui non è sufficientemente persuaso, non avrà altra via di manifestare il suo disaccordo e la sua critica se non quella di agire sulla produzione. La concezione staliniana non ammetteva questo tipo di protesta, che considerava un sabotaggio (anche se c'é un errore, bisogna continuare il lavoro, correggere l'errore senza interromperlo, alla peggio é meglio sbagliare insieme disciplinatamente, che creare una soluzione di continuità) e agiva sulla base con provvedimenti disciplinari e sui responsabili alti con l'allontanamento o l'epurazione. Tanto più se un alto responsabile si faceva in qualche modo rappresentante della protesta di base e proponeva una modifica sostanziale, che avrebbe dovuto comportare una revisione generale della « linea unitaria » stabili[...]

[...]ica liberalità, ma su una completa, cosciente e responsabile tecnica organizzativa. Ê il traguardo della democrazia come scientificità generale.
7) Sul dogmatismo e sui processi.
Può servire come « reattivo » di partenza per qualche successiva osservazione anche sui legami fra politica del Partito comunista sovietico (e di conseguenza URSS) e politica delle democrazie popolari e dei partiti comunisti occidentali la domanda,
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che spesso si va facendo in questi ultimi tempi: «a cosa si attribuisce il fatto che i comunisti di tutto il mondo abbiano creduto alla versione staliniana ufficiale sui processi e le cospirazioni ».
Il curioso della domanda è che non si chiede « se » i comunisti di tutto il mondo abbiano creduto alla versione ufficiale sovietica delle epurazioni, ma, dato per scontato che i comunisti vi abbiano creduto, ci si meraviglia e si chiede il come mai, il perché.
Ebbene, noi non crediamo assolutamente che i comunisti abbiano creduto alla versione ufficiale dei processi epurativi. E ciò per la ragione, apparentemente semplicissima, in realtà la più seria e la più sostanziale, che non potevano crederci pena il vanificare, dentro di sé e fuori di sé[...]

[...]ito, una vittoria della sua direzione collegiale ». Al contrario. Pensiamo che Beria può aver commesso determinati errori politici, od anche colpe, ma dubitiamo di quella per cui sarebbe stato da sempre agente dell'imperialismo se, per tutta la guerra mondiale, egli fu il responsabile della sicurezza interna dell'URSS e, nell'URSS, finora nessuno aveva rilevato di non aver goduto pienamente di questa sicurezza. Pensiamo che i metodi epurativi di Stalin, che oggi gli si rimproverano, non possano essere riscattati sostituendo, all'arbitrio dell'uno, un non docu
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mentato operare di una direzione collegiale, sia pure teso ad abolire precisamente gli arbitrii passati. E un'altra considerazione ci sembra utile fare sul problema generale. I riabilitati in URSS non solo sono stati riconosciuti innocenti degli addebiti penali a suo tempo loro attribuiti, ma addirittura non responsabili neppure di errori politici che, anche se commessi, avrebbero potuto comportare come pena non certo la morte o una lunga detenzione, ma la semplice perdita delle cariche o la diminuzione del grado.
Da questi fatti si può concludere che anche la loro «politica », poiché u[...]

[...]erale. I riabilitati in URSS non solo sono stati riconosciuti innocenti degli addebiti penali a suo tempo loro attribuiti, ma addirittura non responsabili neppure di errori politici che, anche se commessi, avrebbero potuto comportare come pena non certo la morte o una lunga detenzione, ma la semplice perdita delle cariche o la diminuzione del grado.
Da questi fatti si può concludere che anche la loro «politica », poiché una ne conducevano e non staliniana, é stata riconosciuta come una possibilità positiva. Il che ci chiarisce ancora una volta come la corn presenza di diverse teorie, autenticamente basate e documentate, sarebbe stata possibile per i singoli casi e problemi. Di conseguenza, poiché non ci sentiamo certo di affermare che, nel suo complesso, la politica staliniana non abbia dato risultati estremamente importanti e costruttivi, come ieri non pensavamo che la politica di Stalin escludesse quella di Rajk, oggi non pensiamo che la riabilitazione della politica di Rajk neghi in blocco quella di Stalin.
9) Sulla politica estera e sull'internazionalismo.
La compresenza di ipotesi e di sforzi può, in un razionale coordinamento e in una unitarietà di intenti, cooperare ed anche accelerare il processo cui si vuol tendere, anche piú di una unitarietà forzata e costretta. È quanto, dopotutto, accadde nella « politica estera » del periodo staliniano in cui, pur essendo preminente la linea della conservazione e dell'irrobustimento della « politica interna » (« socialismo in un solo paese »), l'URSS concorse e cooperò alla conservazione della democrazia e alla estensione delle rivoluzioni comuniste negli altri paesi, anche se questo le poté costare di fatto la « guerra mondiale » prima e la « guerra fredda » poi. E la « ricerca della sicurezza », che rimase il carattere saliente di tutta la politica estera staliniana, non si può far ricadere, come fa ad es. volentieri il Deutscher, in una forma di « egoismo » russo via via sacrificante[...]

[...]sendo preminente la linea della conservazione e dell'irrobustimento della « politica interna » (« socialismo in un solo paese »), l'URSS concorse e cooperò alla conservazione della democrazia e alla estensione delle rivoluzioni comuniste negli altri paesi, anche se questo le poté costare di fatto la « guerra mondiale » prima e la « guerra fredda » poi. E la « ricerca della sicurezza », che rimase il carattere saliente di tutta la politica estera staliniana, non si può far ricadere, come fa ad es. volentieri il Deutscher, in una forma di « egoismo » russo via via sacrificante ogni rivoluzione altrui per la con
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servazione della propria. Anche il pur riservatissimo Beloff ammette che « i capi sovietici... mai hanno operato durante tali periodi di collaborazione con potenze non sovietiche in maniera tale da sacrificare vantaggi a lunga scadenza. La lavagna ideologica é stata mantenuta incontaminata, e non é stata abbandonata la costruzione dei quadri per l'azione internazionale » (« La politica estera della Russia sovietic[...]

[...]Vallecchi, vol. II, pag. 774, 1955). Certo che occorre veder chiaro e senza timori nell'atteggiamento preso dall'URSS verso il partito comunista cinese nel 192527, verso i partiti comunisti francese e spagnolo nel 193639, verso la Germania nel 193941, ed il duplice rapporto tenuto nel primo dopoguerra verso gli « Alleati » da una parte e verso le attuali democrazie popolari, la Grecia, la Cina, la Jugoslavia, ecc., dall'altra. La politica estera staliniana del primo dopoguerra fu certamente, per così dire, un « doppio gioco », apparentemente favorevole al mantenimento dello « status quo » e sfavorevole allo sviluppo di altre rivoluzioni. Ma occorre anche vedere quanto, ricostruendo e consolidando se stessa, l'URSS costruiva e consolidava le possibilità concrete degli altri paesi comunisti, evitando anche che essi risolvessero in una avventura, con perdita generale, i loro slanci. È forse chiaro oggi che la politica staliniana, prevalentemente introversa, e tesa alla propria stabilizzazione fino a raggiungere il livello produttivo « sommato [...]

[...]ra fu certamente, per così dire, un « doppio gioco », apparentemente favorevole al mantenimento dello « status quo » e sfavorevole allo sviluppo di altre rivoluzioni. Ma occorre anche vedere quanto, ricostruendo e consolidando se stessa, l'URSS costruiva e consolidava le possibilità concrete degli altri paesi comunisti, evitando anche che essi risolvessero in una avventura, con perdita generale, i loro slanci. È forse chiaro oggi che la politica staliniana, prevalentemente introversa, e tesa alla propria stabilizzazione fino a raggiungere il livello produttivo « sommato » dei paesi capitalistici, fu molto, probabilmente troppo, prudente verso i movimenti altrui. Ma quando questi giocarono le loro carte vincendo la partita (come la Cina), l'URSS diede loro aiuto anche sacrificando gravi interessi diplomatici con l'Occidente.
È stato un destino dell'URSS di essere stata, nonostante tutto, costretta a dare in anticipo quello che sarebbe stata disposta ad offrire spontaneamente ad un certo traguardo di potenza economica interna pienamente cons[...]

[...] prudente verso i movimenti altrui. Ma quando questi giocarono le loro carte vincendo la partita (come la Cina), l'URSS diede loro aiuto anche sacrificando gravi interessi diplomatici con l'Occidente.
È stato un destino dell'URSS di essere stata, nonostante tutto, costretta a dare in anticipo quello che sarebbe stata disposta ad offrire spontaneamente ad un certo traguardo di potenza economica interna pienamente conseguita. Malgrado la prudenza staliniana, un'imprudenza rivoluzionaria di fatto accompagnò la politica estera dell'URSS. Tale imprudenza oggi si ribalta in sicurezza e se il più diretto « accerchiamento socialista », la zona « neutrale », l'alleanza pacifica della « maggioranza » mondiale
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sono un fatto compiuto dalle rivoluzioni negli altri paesi, ciò giova all'URSS più che un maggior livello economico ed una maggiore facilità diplomatica. E la politica delle « vie nazionali » al socialismo e lo scioglimento « tattico » del « Cominform », che, per un certo aspetto, la liberano di fronte all'Occidente da dirette responsabilità nelle rivoluzioni altrui, ancora una volta la vincolano ad una « internazionale socialista », oggettivamente reale e paritetica, dalla quale non avrebbe senso che si esentasse, perché tale esenzione sarebbe anche la negazione della sua forza interna [...]

[...]r essendo all'interno del socialismo).
Ai primi ci permettiamo ricordare che é ormai verificabile scientificamente nella storia che se la cultura non è necessariamente partitaria, essa é sempre politica e quindi impegnata; ai secondi che, se la cultura é sempre politica, il marxismo non é e non deve essere necessariamente partitario.
Per i secondi aggiungiamo, per quanto riguarda il contenuto di questo e di altri scritti critici marxisti sullo stalinismo, che non pensiamo assolutamente che siano privi di errori, di valutazioni parziali, ecc. Anzi, pensiamo che errori ci siano e che solo un lungo discorso, qui appena iniziato, possa gradualmente scioglierli se condotto collettivamente.
E per i primi ed i secondi notiamo infine che, se per noi la fine del periodo staliniano è la chiusura di un'epoca oggettivamente costruttiva, non intaccata dai suoi errori che in misura particolare e ristretta, tuttavia l'esperimento che da questi errori possiamo trarre e non dobbiamo perdere é che se la verità non può, in un mondo diviso ed ancora oppresso, essere neutrale e anonima, essa non può neppure essere anonima e neutralizzata perché oppressa. E che per il socialismo unicamente un suo svolgersi in una « storia critica » é la sostanziale garanzia di una sua autentica e risolutiva « critica della storia ».
ROBERTO GUIDUCCI
ARTURO CARLO JEMOLO
Cari amici,
non sono [...]

[...]Mi pare si debba appunto osservare che la crisi del liberalismo ai nostri giorni é contrassegnata in gran parte d'Europa da questo culto delle personalità. Luigi Salvatorelli ha indicato come una delle caratteristiche della vita della Chiesa negli ultimi cento anni l'introdursi del culto per la persona del Pontefice regnante, che per l'innanzi era ignorato.
Direi che occorra rilevare tutto questo prima di affermare che la dittatura personale di Stalin s'inserisca nella tradizione russa, pensando ad una continuazione della figura degli zar.
5. Dubito che i comunisti di tutto il mondo (od almeno gli intellettuali comunisti) abbiano veramente creduto alla versione ufficiale staliniana sui processi e le cospirazioni, abbiano potuto credere alle autoaccuse.
Penso piuttosto ad una terribile disciplina impostasi, alla necessità per loro di non screditare lo Statoguida.
6. Non so se la critica al culto della personalità porterà ad un mutamento di rapporti tra l'URSS e le cosiddette democrazie popolari. Ciò dipenderà soprattutto dal dato se si accompagni o
84 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
meno a questa critica l'abbandono della idea dello Statoguida, la accettazione di una sostanziale parità di posizione di tutti i partiti comunisti.
7. Penso comunque che non recherà di per sé alcun sensibile mutamento nei rapporti con l'occidente.
Questi rapporti sono segnati: da uno spirito di proselitismo che indubbiamente il comunismo ha e contro cui l'occidente non comunista è deciso a difendersi con ogni mezzo; dalla profonda fede che l'America nutre nella iniziativa privata, nella economia della impresa privata, ch'essa idealizza ed in cui crede di scorgere la base delle libertà.[...]



da Armanda Guiducci, La morte grande in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1960 - 1 - 1 - numero 42

Brano: [...]alazzo, con la sua fisionomia ottocentesca, il doppio rango di finestre.
È vero : a volte più ti avvicini alla realtà, più l'hai a portata di mano, più ti sembra irreale. Il Grande Palazzo é sotto i tuoi occhi. Guardalo, da tutte le parti; arriva fin sul ponte che attraversa la Moskva, dietro il Beato Basilio, per scoprirne la lunga ordinata facciata giallina che affaccia al fiume; osservane tutti i particolari — é vertiginosamente lontano. Qui Stalin si adirava contro i suoi « gattini ». Qui, si raduna il Soviet Supremo delle repubbliche socialiste sovietiche.
Dentro le mura di cinta del Cremlino sono state calcinate le ceneri dei grandi comunisti caduti per la Rivoluzione. Nonostante il loro carico umano, intorno al Gran Palazzo le mura si drizzano aggressive, ritornano ad essere quello che sono sempre state: la cinta difensiva e minacciante d'una cittadella del potere.
In un punto delle mura, verso Sud, sì apre un passaggio. È la porta del Salvatore, vi passavano gli Zar. La custodiscono una sentinella dell'Armata Rossa, e un semaforo[...]

[...] la muta e dominante preoccupazione che le governa.
Mentre l'esistenza pratica incalza su questo lato della piazza, sull'altro, opposto, si svolge un pellegrinaggio alla morte.
Dal mattino inoltrato alle cinque della sera, ora in cui la morte vien restituita alla morte, si snoda, risalendo dalla Piazza Manejnaïa, sottostante, la serpentina ininterrotta di coloro che attendono pazientemente di accedere alla visione dei due grandi corpi: Lenin e Stalin.
Se la folla che si riversa al Gum non conosce altro rituale all'infuori dell'urto, della pressione, altra regola all'infuori di quella dello scambio immediato fra denaro e merce, la folla ancor più composita dei pellegrini al Mausoleo sottostà a un rituale prestabilito, a una vera e propria regia della morte.
Lo scopo é quello — alquanto mistico — dell'esaltazione e consacrazione della grandezza sovietica. La suggestione drammatica, infinita, che la morte esercita sui viventi, viene spesso sfruttata per questo fine sottilmente deviante. Il fascino delle «grandi tombe » é equivoco, quando i[...]

[...]sarcofaghi, sopraelevati. Per passarvi davanti occorrerà salire una breve scala, discenderne una uguale per guadagnare l'uscita. Nella stanza, di proporzioni rispettose, una penombra rossa, una luce che vi gela le dita. Vi rendete conto che siete in una cella frigorifera.
« Fine; / fine, / fine. / Chi / convincere? / Un vetro, / e sotto vedete...» fino al petto, parallele a pochi metri di distanza, le statue di carne in cui abitarono gli uomini Stalin e Lenin. Due busti, piú precisamente. Dal ventre in giù, una coltre di bronzo copre, con pieghe pietose, le loro figure spezzate.
La luce rossa li lambisce e, sfiorando con un raggio rosato la testa e le mani scolpite in quella cera opaca in cui si blocca, con la morte, la nostra materia organica, trucca il pallore cadaverico.
La mano sinistra di Lenin poggia tesa sul massiccio lenzuolo. La destra è serrata a pugno, all'altezza del cuore, su una giacca simile a camiciotto, con il colletto alto chiuso e due tasche ai lati del petto.
Sono due mani piccole ma affusolate, con le nocche lunghe [...]

[...]rucca il pallore cadaverico.
La mano sinistra di Lenin poggia tesa sul massiccio lenzuolo. La destra è serrata a pugno, all'altezza del cuore, su una giacca simile a camiciotto, con il colletto alto chiuso e due tasche ai lati del petto.
Sono due mani piccole ma affusolate, con le nocche lunghe come hanno gli intellettuali: mani che hanno scritto, che hanno pensato, ricordarlo non fa fatica, da sole parlano del loro tempo trascorso. Le mani di Stalin ricadono pesanti sul bronzo, grandi, con le dita nocchiute, la palma spessa. La giubba militare cachi le taglia al polso.
La faccia di Lenin, minuta, stempiata, gli zigomi alti, è appuntita in una serietà indifferente. La morte marchia proprio sul viso di coloro che amarono la vita come un caldo continuo progetto, quest'impronta — di uomo che ha declinato, ormai, tutte le responsabilità.
La morte, che noi avvertiamo angosciosamente soprattutto come cessazione, è un crudele processo di metamorfosi. Qualcosa viene fissato per sempre, qualcosa viene cancellato per sempre sul volto dell'uomo ch[...]

[...]i tratti somatici più grossolani o evidenti, il medesimo viso che l'uomo condusse in giro da vivo. E qualcosa di meno, e di più: è un volto, compiuto e rivelatore come una parola scritta; tragico, nella misura che gli spetta. Intanto, evade stranamente dal tempo: nonostante ogni segno, ogni piega dell'età, la propria stessa età non lo riguarda piú. A quale eta risale questa paralisi che colpisce tutto il corpo visibile di Lenin e tutto quello di Stalin? Lenin sembra vagamente più giovane, perché i capelli folti di Stalin sono brizzolati. Ma il viso di Stalin non è perciò più vecchio. In una maschera, é semplicemente assente l'angoscia del volto umano, di essere macinato dalla mola del tempo. E anche i volti di Stalin e di Lenin danno nella maschera — voi potreste semplicemente dire: un intellettuale russo, ricordandovi improvvisamente di qualche effigie di Dostoevsky tosi tipicamente slavo e somigliante, negli zigomi alti, nella fronte convessa, nelle mascelle che intenagliano il mento appuntito; un uomo da esercito e da cannoni, un generale, balenandovi irresistibilmente una qualche analogia visiva, chissà quando e dove afferrata, con un Pancho Villa o con un virulento capo militare da Americhe del Sud.
La chioma folta spazzolata all'indietro, i baffi imperiosi, il naso come un pugno in mezzo alla facci[...]

[...]rresistibilmente una qualche analogia visiva, chissà quando e dove afferrata, con un Pancho Villa o con un virulento capo militare da Americhe del Sud.
La chioma folta spazzolata all'indietro, i baffi imperiosi, il naso come un pugno in mezzo alla faccia, le guance che tradiscono il grande apoplettico, una grossa verruca immobile su quella di destra, e le labbra sensuali su cui aleggia il ricordo stupefacente di un sorriso, la testa di Giuseppe Stalin giace riversa in un altro emisfero, pur stando così vicina e parallela a quella di Vladimir Ilijc Lenin.
Donde gli viene quell'incredibile sorriso?
Ricordo il ritratto di Barbusse, che lo vide da vivo: « Sono gli occhi dal taglio esotico leggermente asiatico, che imprimono alla sua maschera di rude lavoratore un'aria ironica. C'è qualche cosa nello sguardo e nella espressione del viso che lo fanno apparire sempre sorridente. O meglio, si direbbe che egli stia sempre per sorridere. Così pure Lenin ».
Eppure, con la sua giustizia ironica, la metamorfosi irrimediabile ha cancellato ogni ricor[...]

[...] cosa nello sguardo e nella espressione del viso che lo fanno apparire sempre sorridente. O meglio, si direbbe che egli stia sempre per sorridere. Così pure Lenin ».
Eppure, con la sua giustizia ironica, la metamorfosi irrimediabile ha cancellato ogni ricordo di sorriso dal piccolo volto d'avorio di Lenin, infinitamente più asiatico e più ironico nel taglio; lo ha mantenuto — una traccia beffarda e sconvolgente — su quello grezzo e sanguigno di Stalin.
L,
LA MORTE GRANDE 65
Un sorriso impercettibile, chissà come fissatosi agli angoli delle labbra, che riesce peri a diffondersi, per tutta la faccia; un sorriso dominatore, di chi ce l'ha fatta, e che impone la presenza del terribile. La tenace indefettibilitá di tutti i dolori sofferti nei luoghi di esecuzione, nelle camere di tortura, urta contro quel sorriso — uno scontro silenzioso e pauroso di masse di energie invisibili.
« Basterà che io muova il mignolo ed egli non esisterà più ». « Basterà che io muova il mignolo e Tito non esisterà più. Egli cadrà ». « Muoverò il mignolo e Kossio[...]

[...]verò ancora il mignolo e Voznesenski, Kuznezov e molti altri spariranno ».
Per quanto stranamente la morte si sia alleata alla propaganda, riproducendo quello stesso viso forte, ottimistico e sorridente che fu innalzato su migliaia e migliaia di cartelloni, é possibile dimenticare?
Disperata é la forza di sussistenza del dolore. La nostra medicina é la dimenticanza, la giustificazione. Riascoltatele solo un momento, davanti al letto bronzeo di Stalin, le parole che uno dei molti, a nome Eiche, scrisse per sé e per tutti gli altri:
« Le cose stanno nel modo seguente: non essendo in grado di sopportare le torture alle quali sono stato sottoposto da Usciakov e da Nikolaiev, e particolarmente dal primo — i quali hanno sfruttato il fatto che le mie costole fratturate non sono guarite e mi hanno fatto molto soffrire — sono stato costretto ad accusare me stesso ed altri ».
Una serietà terribile, pallida, sta rappresa sul volto di Lenin. Il suo pugno è contratto.
Il mignolo di Stalin è sigillato nell'indifferenza (le unghie serbano una traccia[...]

[...]
« Le cose stanno nel modo seguente: non essendo in grado di sopportare le torture alle quali sono stato sottoposto da Usciakov e da Nikolaiev, e particolarmente dal primo — i quali hanno sfruttato il fatto che le mie costole fratturate non sono guarite e mi hanno fatto molto soffrire — sono stato costretto ad accusare me stesso ed altri ».
Una serietà terribile, pallida, sta rappresa sul volto di Lenin. Il suo pugno è contratto.
Il mignolo di Stalin è sigillato nell'indifferenza (le unghie serbano una traccia di nicotina).
Invano pensate che, a un certo momento, anche la morte ha alzato il suo mignolo — e Giuseppe Stalin è caduto fulminato. Una sproporzione fra i destini umani sussiste.
Sui pochi metri di distanza che separano queste due salme si ha l'impressione di misurare l'abisso. Allinearli così vicini...
Vicini e lontani, lontani ma vicini, se si è presi con forza da questa sensazione, ecco, almeno ora un tratto comune, un che di somigliante, qualcosa che li conforma, si riesce a scoprire. E una certa assenza. Una curiosa assenza, non di vita, come ci si potrebbe aspettare, ma di morte.
Passando la sua spugna nera sopra un volto umano, la morte, allorché sopraggiunge, sembra preoccuparsi della sua ec[...]

[...]a l'operazione, il viso — quali ne siano stati i tratti volitivi — é conformato a una maschera. Ma a una maschera tragica. Mentre rimangono rispettate proprio le parti più anonime, più disabitate dall'intelligenza (« La morte / non sa chiedere scusa »), la deformazione di ogni altro tratto tradisce il grado della lotta avvenuta: l'accanimento dell'uomo a rimanere uomo; della morte a disfarlo.
Ora, fissando le maschere a cui sono ridotti Lenin e Stalin, due lottatori di tempra, colpisce l'assenza di conflitto. Somigliano troppo a un'iconografia, con una pretesa anticipata di eternità. Si penserebbe quasi a un intervento della mano dell'uomo, perché soltanto l'uomo cerca, in una maschera, di conservare la somiglianza con la vita.
Mi sovviene il dubbio terribile espresso da Emanuelli quando rivide, sette anni or sono, il corpo di Lenin, che aveva già veduto imbalsamato diciotto anni prima. A Emanuelli venne il sospetto che il volto non fosse più quello vero, ma una maschera di cera dipinta alla perfezione. Espresse questo suo timore, e gli d[...]

[...]a guerra, quando Mosca sembra minacciata dall'invasione, il corpo di Lenin venne segretamente murato in una stazione della metropolitana. Più tardi, trovarono che si era incenerito.
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« La sostituzione con la maschera di cera colorata é particolare che, riferisco senza dargli nessuna importanza, e infatti non ne ha dal momento che i suoi fedeli lo ignorano ».
Fosse pur vero, il particolare, infatti, non ha nessuna importanza. Stalin, non incenerito, appare colato nella stessa cera sonnolenta, non tormentata, in cui sono modellati i tratti di Lenin.
La mano dell'uomo é certamente passata su di loro — non fosse altro che per il macabro rito assurdo dell'imbalsamazione. E vi ha lasciato la sua traccia illusoria e pietosa.
Un'imitazione, assai abile, di sopravvivenza, ci permette dunque di ammirare oggi nel Mausoleo sovietico quanto costituisce il vanto di non poche basiliche cattoliche: delle salme eccezionalmente intatte, levigate per l'eternità.
Ad Assisi, è naturale, vogliono che si ammiri la tecnica del miracolo. A M[...]



da (Nove domande sullo stalinismo) Gabriele Pepe in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: [...]erso una sanguinosa dittatura. A uomini che lottavano contro forze economiche, militari, culturali, a uomini che vedevano però tradursi in realtà quelli che sembravano sogni utopistici, si impose per la forza stessa delle cose un'ammirazione e una fiducia per i creatori della nuova società. Tale fiducia trascinava nell'azione a un'ubbidienza assoluta a pochi uomini.
La seconda rivoluzione, quella che coincide con la seconda
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guerra mondiale, portò al culto di Stalin. Possiamo noi dire in coscienza che ai mille e mille partigiani che in tutto il mondo combattevano contro il nazismo, venisse imposto il culto di Stalin? Furono le circostanze, cioè la Storia a significarlo come la più completa figura di liberatore. Sbagliarono questi partigiani. Certamente no; a essi Stalin appariva come l'anima della Resistenza, cosí come ai pubblicisti democratici apparivano idealizzate le figure indubbiamente colossali di Roosevelt e di Churchill.
Tenuto conto quindi del fatto che il culto della personalità pericoloso nella storiografia è invece suscitatore di energia nella vita politica; tenuto conto che l'opera di Stalin fu degna di o evemerizzazione », c'è da rispondere al quesito del perché si sia cosí bruscamente passati alla «damnatio memoriae ». Veramente, prima di pronunciare un giudizio su questa damnatio sarebbe opportuna una raccolta di fonti più ricca e più genuina di quella che possediamo. Inoltre la propaganda antirussa ha saputo sfruttare l'episodio creando equivoci e confusioni. Sarebbe interessante rievocare ciò che dissero i giornali borghesi quando Lenin inaugurò la NEP per rendersi conto come sia tendenziosa ogni interpretazione dei grandi eventi politici sovietici.
Sgombrato l'animo nostro[...]

[...]e sia tendenziosa ogni interpretazione dei grandi eventi politici sovietici.
Sgombrato l'animo nostro da ogni sentimento di preconcetta ostilità, ci sembra che la causa prima della condanna del culto della personalità sia da ricercare in un cambiamento di politica estera. Se Parigi valse bene una messa per Enrico IV, il riavvicinamento dell'URSS alla Jugoslavia e per il suo tramite alla grande fascia di stati neutrali, vale bene una condanna di Stalin. Se si riflette che gli ultimi due scritti di Stalin per il problema del linguaggio e quello sulle questioni del socialismo indicavano chiaramente nell'ultimo Stalin una impostazione aperta verso uno storicismo meno rigido e consequenziale del suo tradizionale, si deve concludere che della damnatio siano stati esclusivi i motivi politici. Non si nega la dittatura del proletariato, ma si attenua la diffidenza che ebbe la Russia di Stalin per il mondo occidentale. La politica e la propaganda staliniana erano state troppo potenti per
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ché altrettanto potente e sbalorditiva non ne dovesse essere la condanna.
Al secondo quesito non saprei cosa rispondere perché non sono troppo informato sulle correnti esistenti in URSS circa le istituzioni che regolano la grande federazione di Stati in URSS.
Al terzo quesito occorrerebbe una risposta troppo più impegnativa di quanto non lo siano le mie capacità, come quello che concerne la fonte della legittimità del potere. Per me la legittimità coincide con l'esercizio stesso del potere che legalizza le sue origini. Comunque la volon[...]

[...]ini politici che i termini etici o religiosi. Ciò porta a una certa reazione degli stati occidentali più abituati al linguaggio farisaico. Così piglio ad esempio il caso Beria: che egli fosse condannato a morte per tradimento politico è un triste evento, ma per nulla diverso dall'esecuzione dei Rosenberg. Come i Russi trovarono buone ragioni per giustificare la esecuzione di Beria, cosí gli USA trovarono buone ragioni per la
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esecuzione dei Rosenberg. Ma la coscienza degli uomini non politici ha reagito in ambedue i casi, perché ha sentito immediatamente che l'una e l'altra esecuzione avevano ubbidito a sole esigenze politiche.
Al quinto quesito non so rispondere perché mi sembra più metafisico che storicopolitico il concetto di tradizione russa in una classe dirigente che ha fatto sua la tradizione, se mai, del Robespierre, del Machiavelli, di Marx. Ho l'impressione che si parli un po' a casaccio di tradizione, dimenticando che la politica é fatta non del passato, ma del presente.
Sesto quesito. Indubbiame[...]

[...]le esigenze politiche.
Al quinto quesito non so rispondere perché mi sembra più metafisico che storicopolitico il concetto di tradizione russa in una classe dirigente che ha fatto sua la tradizione, se mai, del Robespierre, del Machiavelli, di Marx. Ho l'impressione che si parli un po' a casaccio di tradizione, dimenticando che la politica é fatta non del passato, ma del presente.
Sesto quesito. Indubbiamente non solo la dittatura personale di Stalin, ma tutta la quarantennale dittatura del proletariato ha tenuto presente l'esperienza Robesperriana, che aveva inaugurato una razionalità di misure eccezionali che col nome di terrore portò per la prima volta alla luce della storia il quarto stato. Ma quando si parla di terrore si dimentica che in confronto al terrore di Robespierre il terrore bianco della Jeunesse dorée teimidoriana fu assai più sanguinoso e crudele. La rivoluzione russa é stata anche essa sanguinosa; ha conosciuto guerre, fame, torbidi interni; ma tutto ha superato con il suo «terrore ». Se di un errore si può parlare nella[...]

[...]orée teimidoriana fu assai più sanguinoso e crudele. La rivoluzione russa é stata anche essa sanguinosa; ha conosciuto guerre, fame, torbidi interni; ma tutto ha superato con il suo «terrore ». Se di un errore si può parlare nella rivoluzione russa, esso non consiste nella difesa armata della rivoluzione fino al 1945, ma nell'aver prolungato uno stato di sospetto e di persecuzione che non si confaceva ai tempi mutati. Questo forse fu l'errare di Stalin, il quale però aveva non poche ragioni di temere che ancora la rivoluzione dovesse difendersi.
Settimo quesito. A questo quesito credo che si possa rispondere solo considerando il fascino che l'opera di Stalin esercitava sui comunisti di tutto il mondo.
Ottavo quesito. Mi sembra che questo quesito sia imperfettamente formulato, come quello che presuppone la «consultazione popolare » su un problema di carattere ideologico. La consultazione popolare concerne solo la politica: un voto solo di maggioranza obbliga a una data politica; ma anche il 99% di voti non serve a definire o a mutare un problema di carattere culturale come quello del culto della personalità.
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Quesito nono. Non solo la critica del culto della personalità, ma tutto il nuovo corso della politica russa porterà a un[...]

[...]BRIELE PEPE 105
Quesito nono. Non solo la critica del culto della personalità, ma tutto il nuovo corso della politica russa porterà a un cambiamento di rapporti tra l'URSS e le democrazie popolari e forse tra il P. C. russo e gli altri partiti comunisti. Credo che meno sensibile sarà il mutamento dei rapporti tra l'URSS e il movimento operaio internazionale: l'URSS può rinnegare, anche se non l'ha fatto esplicitamente, l'opera tutta dell'ultimo Stalin, ma non può rinunziare alla direzione del movimento operaio internazionale.
GABRIELE PEPE



da (Nove domande sullo stalinismo) Alberto Moravia in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: [...]a del demiurgo, dell'uomo della provvidenza, del dittatore, che é stato un fenomeno europeo prim'ancora che russo e ha dominato la storia d'Europa negli ultimi cinquant'anni. Il crollo di questa idolatria a suo tempo voluta e imposta dalle masse meno educate politicamente del nostro continente (Germania, Russia, Italia) può forse anche significare che queste masse hanno finalmente raggiunto una relativa stabilità e maturità politica. Nel caso di Stalin il fenomeno fu tanto più grave in quanto si trattava di un'idolatria innestata sul tronco di un'autentica rivoluzione; ossia di un'abnorme deviazione individuale, di carattere psicologico piuttosto che politico, che tentò e per qualche tempo riuscì ad imporsi come fatto storico. Le critiche al culto della personalità tendono a ricomporre in parte l'accordo della politica con la morale e con la verità che il culto stesso aveva compromesso quasi irreparabilmente. D'altra parte non bisogna dimenticare che le critiche al culto della personalità rappresentano una parziale accettazione di critiche [...]

[...]ziale accettazione di critiche analoghe mosse durante l'ultimo ventennio dall'opinione pubblica occidentale. Niente di tutto ciò si era verificato invece in Asia. Le critiche al culto della personalità potrebbero essere, insomma, almeno per ora, una riconferma dell'interdipendenza e ideale unità della civiltà europea e delle sue tradizioni etiche e politiche.
Quanto ai motivi ce ne saranno certamente molti come é ovvio, trattandosi, nel caso di Stalin, di una personalità che aveva voluto esercitare il suo potere in tutti i campi, ossia di una personalità totalitaria; ma il principale e che li riassume tutti fu certamente il desiderio di spezzare la dura crosta di un mito dogmatico che minacciava di soffocare gli sviluppi della società sovietica. In
altri termini il mito staliniano era ormai un impaccio e per questo é stato spazzato via.
2. — Non è possibile prevedere se le critiche al culto della personalità porteranno a cambiamenti istituzionali o meno. Logicamente, dovrebbero. Nella storia, dopo dittature del genere di quella di Stalin, si ebbero spesso cambiamenti profondi o restaurazioni. Basta pensare a ciò che avvenne in Inghilterra dopo la dittatura di Cromwell, in Francia dopo quella di Robespierre. Se non vi saranno cambiamenti istituzionali, é chiaro che la porta resterà aperta per una nuova dittatura, appena le condizioni interne ed esterne dell' URSS la renderanno possibile. Ma é probabile che i nuovi dirigenti dell'Unione Sovietica cerchino di garantirsi con appositi istituti e leggi contro il ritorno della dittatura.
3. — Penso che effettivamente nessun potere sia legittimo, oggi, se non è fondato sulla volontà[...]

[...]tempo in cui il crisma dell'infallibilità si è trasferito dalla religione alla scienza. Penso dunque che in simili condizioni é molto difficile se non impossibile che si crei nell' URSS una dialettica di opposizione e governo simile a quella dei paesi occidentali. Tutt'al più tale dialettica sarà sostituita, in maniera però tutta empirica, da quella delle varie correnti interne del partito comunista e della società sovietica.
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4. — È vero, non c'é comunità di linguaggio tra occidente e oriente. E questo si è potuto vedere anche recentemente in occasione del crollo del mito di Stalin. La formula « critiche al culta della personalità » è un eufemismo bello e buono o, se si preferisce, un esempio di più della riluttanza estrema dei capi sovietici ad adottare il linguaggio tradizionale, anche quando, come è il caso, la sostanza della formula non sia in contraddizione con il pensiero politico occidentale. Ma che cosa sta ad indicare questo divario di linguaggio? Secondo me, esso denota che la rivoluzione in URSS è ancora in corso o per lo meno non ha ancora trovato la sua forma definitiva. Tutte le rivoluzioni e le religioni aspirano a creare un linguaggio nuovo, loro proprio[...]

[...]ota che la rivoluzione in URSS è ancora in corso o per lo meno non ha ancora trovato la sua forma definitiva. Tutte le rivoluzioni e le religioni aspirano a creare un linguaggio nuovo, loro proprio, originale. Quest'aspirazione é naturale: il cambiamento del linguaggio è la controprova di un cambiamento della realtà; un linguaggio immutato pa trebbe far pensare che anche la realtà sia rimasta immutata.
5. Indubbiamente, come è stato già detto, Stalin é stato. il più «russo» dei capi della rivoluzione comunista. Per molti aspetti, la sua figura e la sua opera rassomigliano alla figura e all'opera del primo innovatore della Russia, Pietro il Grande. Diremo per questo che lo stalinismo non rappresenta alcuna novità nella storia della Russia che esso non è che il logico sviluppo di certe tradizioni storiche e politiche ? No, diremo piuttosto che le tradizioni storiche e politiche della Russia spiegano gli aspetti nazionali dello stalinismo e ne costituiscono al tempo stesso il limite insuperabile. La formula staliniana fu quella della rivoluzione socialista in un paese solo; che lo stalinismo sia stato quello che è stato, dimostra soprattutto che le tradizioni storiche e politiche della Russia non potevano fornire alla rivoluzione socialista che determinate componenti e non altre.
6. — Le misure coercitive adottate da Stalin per affermare e mantenere la sua dittatura non erano probabilmente necessarie che in piccola parte. In altri termini la dittatura poteva benissimo poggiare sul consenso popolare e su un minimo di misure di sicurezza. Nelle misure coercitive adottate da Stalin c'è un «eccesso» e un' «originalità» che non si possono spiegare.né con l'opposizione dei vecchi comunisti, né con la situazione interna della Russia, né
con la volontà di portare a termine i piani quinquennali. Esse derivano dal carattere individuale di Stalin, dalla sua personalità fortemente determinata da fattori ancestrali e locali. Tutte le dittature adottano misure coercitive; ma, tanto per non citare che gli episodi oggi deplorati dalla nuova direzione collegiale, l'affare dei medici, la confessione di Raik, la scomunica a Tito, sono affatto caratteristici della mentalità staliniana. Per questo penso che questo particolare terrore sia cessato con la morte di Stalin, pur non essendo del tutto scomparsi i mezzi di cui egli si servi per alimentarlo e mantenerlo.
7. — I comunisti di tutto il mondo hanno creduto o hanno finto di credere alle versioni staliniane dei processi e delle cospirazioni. In ambedue i casi ci troviamo di fronte alla posizione psicologica fideistica che è propria alla mentalità di massa e che é un prodotto storico dell'avvento appunto delle masse sulla scena politica del mondo, da cinquant'anni in qua. Indubbiamente la critica e l'autocritica che nelle intenzioni dei partiti comunisti dovrebbero evitare simili «errori », in questi casi non hanno funzionato affatto; ma questo non é il punto più importante. Secondo me, il punto più importante é il fatto che l'atteggiamento fideistico dei comunisti di tutto il mondo di fronte[...]

[...]n prodotto storico dell'avvento appunto delle masse sulla scena politica del mondo, da cinquant'anni in qua. Indubbiamente la critica e l'autocritica che nelle intenzioni dei partiti comunisti dovrebbero evitare simili «errori », in questi casi non hanno funzionato affatto; ma questo non é il punto più importante. Secondo me, il punto più importante é il fatto che l'atteggiamento fideistico dei comunisti di tutto il mondo di fronte alle versioni staliniane dei processi e delle cospirazioni, rivela un divario tra i valori del senso comune e quelli del comunismo. Per coloro che credettero alle versioni staliniane, e sono il maggior numero, il processo di trasmutazione dei valori é già avvenuto: non c'é verità né bene all'infuori del comunismo; per gli altri che finsero di credere, interviene l'operazione mentale ben nota della colpa oggettiva. Ossia Raik e i medici erano oggettivamente colpevoli di tradimento in quanto deviazionisti e in quanto la loro condanna giovava oggettivamente alla causa in quel determinato momento. Tutto questo, naturalmente, potrebbe essere detto e spiegato in termini psicologici e politici tradizionali (come, infatti, si é fatto da parte dei commentatori occidentali): St[...]

[...]tri che finsero di credere, interviene l'operazione mentale ben nota della colpa oggettiva. Ossia Raik e i medici erano oggettivamente colpevoli di tradimento in quanto deviazionisti e in quanto la loro condanna giovava oggettivamente alla causa in quel determinato momento. Tutto questo, naturalmente, potrebbe essere detto e spiegato in termini psicologici e politici tradizionali (come, infatti, si é fatto da parte dei commentatori occidentali): Stalin non si fidava di alcuni gruppi di cornu nisti in Russia e fuori, e volle dare un giro di vite; il comunismo, nonostante la sua apparente unità, non é esente da lotte interne di correnti; etc. etc. Ma, come ho già osservato, tradurre il linguag
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gio comunista in quello tradizionale non serve a gran ché, dal momento che la rivoluzione è tuttora in corso e la diversità di linguaggio sta a indicare la volontà persistente di creare una realtà diversa. A riprova; la condanna di Stalin è stata contenuta nei limiti del linguaggio comunista: Stalin ha commesso degli « errori » non ha dedicato sufficiente « attenzione » ai problemi dell'agricoltura o della guerra; ha mancato di «modestia ». E evidente che questa terminologia eufemistica, tra le altre cose, serve ad alleviare il disagio di tutti coloro che avevano creduto o voluto credere alle versioni staliniane dei processi e delle cospirazioni. Es sa permette infatti di scartare ogni sospetto di credulità o di malafede; di gettare un ponte tra le condanne di ieri e le riabilitazioni di oggi; di dare a tutta la storia degli anni recenti il carattere di uno sviluppo necessario, naturale e coerente.
8. — Credo che lo stalinismo sia morto, benché la critica al culto della personalità sia stata formulata dall'alto, senza previa consultazione popolare. Lo stalinismo è morto perché era una dittatura personale, un'interpretazione personale del potere. Ma la dittatura del proletariato continua. In altri termini il fatto che la critica al culto della personalità sia stata pronunziata dall'alto dimostra ancora una volta che la legittimità del potere in URSS deriva dall'ideologia. Il culto della personalità, infatti, è stato condannato in base all'ideologia di cui esso sarebbe stato una deviazione e un'infrazione.
9. — E troppo presto per dire quali cambiamenti la critica del culto della personalità porterà nei rapporti dell' URSS con le de
mocrazie popo[...]

[...] legittimità del potere in URSS deriva dall'ideologia. Il culto della personalità, infatti, è stato condannato in base all'ideologia di cui esso sarebbe stato una deviazione e un'infrazione.
9. — E troppo presto per dire quali cambiamenti la critica del culto della personalità porterà nei rapporti dell' URSS con le de
mocrazie popolari, i partiti comunisti di tutto il mondo e il movimento operaio internazionale. Si può per) affermare che se lo stalinismo stava ad indicare una ferrea concentrazione, subordinazione e unità, la critica al culto della personalità potrà dar luogo ad una maggiore fluidità, autonomia, e indipendenza.
ALBERTO Molt vrA



da (Nove domande sullo stalinismo) Valdo Magnani in KBD-Periodici: Nuovi Argomenti 1956 - 5 - 1 - numero 20

Brano: VALDO MAGNANI
1. Nel secondo dopoguerra, malgrado l'immenso e legittimo prestigio dell'Unione Sovietica per il suo decisivo concorso alla vittoria, le conseguenze funeste dei metodi di Stalin apparivano sempre più gravi. La rottura della solidarietà pur viva durante la guerra — tra comunismo sovietico e socialismo occidentale, il conflitto con la Jugoslavia rivoluzionaria, la necessità di ripetuti processi terroristici nei paesi di democrazia popolare, la guerra di Corea e il conseguente riarmo dell'Occidènte sotto il . comando americano, questi ed altri fatti, come l'arretratezza di alcuni settori tecnici e culturali sovietici, erano sintomi allarmanti di una situazione che poteva volgere al peggio. Gli attuali dirigenti del PCUS, dopo la morte di Stalin, in ragione della loro o[...]

[...]alismo occidentale, il conflitto con la Jugoslavia rivoluzionaria, la necessità di ripetuti processi terroristici nei paesi di democrazia popolare, la guerra di Corea e il conseguente riarmo dell'Occidènte sotto il . comando americano, questi ed altri fatti, come l'arretratezza di alcuni settori tecnici e culturali sovietici, erano sintomi allarmanti di una situazione che poteva volgere al peggio. Gli attuali dirigenti del PCUS, dopo la morte di Stalin, in ragione della loro ormai scoperta e diretta responsabilità, hanno presa più viva coscienza della necessità di rivedere impostazioni ormai superate e dannose. Non si sono infatti limitati a denunciare i lati negativi e persino deleteri dell'attività di Stalin, aprendo il problema storico della valutazione complessiva di uno dei più importanti personaggi del nostro tempo ma hanno denunciato la necessità di sradicare un metodo che era consolidato da una lunga prassi. Questo, mi sembra, è il significato della condanna del a culto della personalità)): la demolizione del mito di Stalin diventa il pretesto, abbastanza clamoroso da costringere i militanti a una profonda revisione delle abitudini più inveterate, per aprire una fase nuova nella vita della società sovietica.
L'offensiva intrapresa si identifica, intanto, con la richiesta di una discussione aperta nel partito e nella società in generale, discussione che deve sostituire la meccanica ripetizione dei u sacri» giudizi della personalità dominante. Una discussione seria può svolgersi solo se coloro che esprimono un'opinione diversa da quella dei dirigenti sono certi di non essere in alcun modo perseguitati per tale fa[...]

[...] intanto, con la richiesta di una discussione aperta nel partito e nella società in generale, discussione che deve sostituire la meccanica ripetizione dei u sacri» giudizi della personalità dominante. Una discussione seria può svolgersi solo se coloro che esprimono un'opinione diversa da quella dei dirigenti sono certi di non essere in alcun modo perseguitati per tale fatto. L'istanza. di discussione democratica sarebbe stata
86 9 DOMANDE SULLO STALINISMO
illusoria e demagogica se non fosse stata accompagnata dalla riabilitazione di coloro che erano stati condannati nel passato per aver avuto opinioni politiche diverse da quelle . del gruppo dirigente capeggiato da Stalin. L'abolizione dei procedimenti giudiziari di carattere eccezionale — senza le guarentigie fondamentali di un processo regolare — ne consegue logicamente. Ma ciò non tocca ancora il fondo delle questioni connesse col metodo staliniano che si intende colpire. Il Partito comunista, lo Stato sovietico sono fondati su dichiarazioni di democrazia sostanziale che intendono rendere concreti i principi dell'89. I singoli membri del popolo eguali — in regime borghese — secondo note espressioni di Marx, nel cielo del loro mondo politico (democrazia formale) e ineguali nell'esistenza terrestre della società divisa in classi, sono, nella società sovietica, proclamati eguali in senso pieno, nei diritti formali e nella concreta possibilità di pesare sulla gestione della società intesa nel senso piú ampio. Espropriata la classe capit[...]

[...]ibile, nel mondo sovietico, condannare dei cittadini per divergenze politiche poiché si sarebbero negati quei principi sui quali tutta la rivoluzione era fondata. Di qui la riduzione all'impotenza di chi contrastava le tesi del governo o in linea di fatto, mediante interventi polizieschi e amministrativi, o mediante processi, fondati su falsificazioni che dovevano documentare un tradimento, cioè la connivenza col nemico. Uno dei caratteri dello «stalinismo» consiste proprio nel ritenere necessario il potere poliziesco di fatto e la falsificazione per giungere alla fine, superati tutti gli ostacoli contingenti, ad una società aderente ai principi socialisti. L'eliminazione del (( culto della personalità », ripristinando il valore creativo delle opinioni liberamente espresse ed insistendo sulla loro necessità in opposizione alla verità indiscussa burocraticamente discendente dall'alto, si estrinseca in una necessaria eliminazione del potere arbitrario della polizia (lotta contro Beria) e in un rifiuto del metodo della falsificazione (revision[...]

[...]e creativo delle opinioni liberamente espresse ed insistendo sulla loro necessità in opposizione alla verità indiscussa burocraticamente discendente dall'alto, si estrinseca in una necessaria eliminazione del potere arbitrario della polizia (lotta contro Beria) e in un rifiuto del metodo della falsificazione (revisione dei processi, revisione della storia, fine del mito della pregiudiziale superiorità sovietica in ogni settore).
L'offensiva antistaliniana appare dunque ad un primo esame un movimento di fondo scaturito dalla stessa società sovietica e
VALDO MAGNANI 87
tendente a ripristinare la normale funzionalità delle istituzioni esistenti, sottraendole ad un arbitrario potere concresciuto in esse — il burocratismo staliniano — attraverso alcune scosse violente partite dall'alto e l'accoglimento delle sollecitazioni democratiche f ermentanti in basso in tutti i settori, dall'agricoltura colcosiana alla tecnica e alla scienza, dalla letteratura alla vita di partito e di fabbrica. La parola d'ordine del ritorno alla legalità e all'antidogmatismo leninista permette di immettere questa ventata di aria nuova nel mondo sovietico senza violente ed impossibili soluzioni di con tinuità.
II. La prima questione che si pone é la seguente: come é stato possibile che la dottrina e le istituzioni rivoluzionarie si risolvess[...]

[...]one di Nenni che ora sta per chiudersi il periodo del « comunismo di guerra » corrisponde a questa tesi. Essa é certo valida per l'impostazione del problema, ma, mi sembra che l'analisi debba essere ampliata almeno in due direzioni.
Quali sono intanto le caratteristiche della società che si é formata in quelle condizioni ? Non basta dire che si tratta di una società socialista in quanto la proprietà dei mezzi di produzione e
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di scambio é statale o collettiva. La dottrina marxista ci invita ad individuare le tensioni o le contraddizioni tra le forze materiali di produzione in continuo sviluppo e le forme di organizzazione (istituzioni) in cui la società sovietica via via si è fissata, e tensioni e contraddizioni diverse da quelle di una società capitalistica ma tuttavia esistenti. Un esame serio che esca dalla comoda identificazione del contingente con la necessità storica potrà mettere in luce come gli indirizzi politici che hanno ostacolato l'espansione della democrazia abbiano avuto il loro presupposto neg[...]

[...]enerali della società sovietica. Così si spiega, in termini non fatalistici ma tali da contenere l'indicazione di una lotta positiva da condurre, il prevalere di tesi erronee in alcuni settori, ivi compresa la politica estera. (Ad esempio la tesi tipicamente cominformista, che identificava, dopo la seconda guerra mondiale, la vittoria del socialismo nel mondo con l'estensione del potere statale e militare sovietico. Come é noto questa concezione staliniana sta all'origine del conflitto con la Jugoslavia socialista). Nel passaggio dal comunismo di guerra alla NEP, alle forme di centralizzazione burocratica esasperata, alla ricerca, ora intrapresa, di forme decentrate con accentuazione delle autonomie vi è l'indicazione di una problematica nuova, la problematica di una società socialista in quelle particolari condizioni.
In secondo luogo occorre vedere le forme particolari, russe, in cui si è espresso il tentativo di conciliare i principi — tenuti costantemente fermi nell'adorazione dei testi — con la realtà con cui. si aveva a che fare. Il [...]

[...]etazione dei testi per giustificare le contingenti necessità dello sviluppo sovietico ha corrisposto forse alla necessità di non rischiare la perdita
di un ancoraggio indispensabile in una società che chiedeva troppe compressioni e sacrifici in nome di una vita più felice di quella
dei paesi capitalistici. Le tradizioni russe probabilmente hanno aiutato ad incanalare in un certo modo la soluzione di questa antinomia. L'autocrazia e il culto di Stalin come elementi di coesione in un mondo che stava ricreando le sue strutture non sono certo. estranei a precedenti forme di dedizione delle masse russe, nei mo
VALDO MAGNANI 89
menti di supremo pericolo o di rinnovato slancio, ad una persona che rappresentasse la certezza della vittoria che giustifica ogni sacrificio. La personalità di Stalin proprio per avere quelle caratteristiche che gli hanno permesso di esprimere le necessità della rivoluzione in Russia conteneva la possibilità, che si è purtroppo ampiamente realizzata, di applicarsi ad un dominio tirannico e, nella gloria raggiunta, delirante fino ad un sogno di potere mondiale. Ma ciò in fondo è l'accidentale in un corso di cose che ha altrove le sue ragioni profonde.
La caduta dello stalinismo rompe con la pretesa dell'assenza di una problematica sostanziale del mondo sovietico (il paese degli uomini felici), mette a nudo, sia pure con cautela, i nodi reali di questo mondo in immenso sviluppo, lo ricongiunge, cancellando l'immobilismo dogmatico, con la dottrina marxista vivente che é fame di realtà in sarcastica polemica con tutte le apologie, ristabilisce i contatti dialettici e fecondi con tutto il movimento socialista e democratico mondiale. Il carattere particolare dello sviluppo sovietico viene così affermato e valutato come esperienza drammatica e irripetibile, ma di ines[...]

[...] l'immobilismo dogmatico, con la dottrina marxista vivente che é fame di realtà in sarcastica polemica con tutte le apologie, ristabilisce i contatti dialettici e fecondi con tutto il movimento socialista e democratico mondiale. Il carattere particolare dello sviluppo sovietico viene così affermato e valutato come esperienza drammatica e irripetibile, ma di inestimabile valore nel cammino dell'umanità verso il socialismo.
III. Non è la morte di Stalin la caduta dello stalinismo. Nessuno ha tentato di sostituirsi a Stalin cercando di eliminare i concorrenti per riprendere le tradizioni metodologiche e politiche del dittatore. La scomparsa dell'autocrate é stata il catalizzatore di un movimento di fondo che lentamente montava. I successori se ne sono fatti portatori proclamando appunto non la fine del «culto di Stalin » ma la fine del « culto della personalità » e determinando quella svolta del cui significato stiamo discutendo. L'analisi delle condizioni nelle quali lo « stalinismo » si è affermato contiene implicitamente anche l'indicazione delle condizioni nuove che han reso possibile la svolta. Le mutate condizioni, proprio perché sono un fatto nuovo non consistono però soltanto nella rimozione delle difficoltà iniziali della rivoluzione socialista. Ci si può forse rendere conto del carattere del periodo che ora si apre accennando al significato e alle difficoltà dell' « antistalinismo» come tendenza operante nell'ambito del movimento operario. Una
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prima opposizione di carattere morale si è manifestata continua mente nel periodo stalinista tra gli stessi comunisti. Sono note le opposizioni alle purghe e ai processi non solo in quanto sopprimevano o riducevano all'impotenza sostenitori di tendenze diverse ma in quanto pretendevano di imporre la falsa accusa di tradimento, di spionaggio ecc. Tuttavia — ecco la tragedia dell'antistalinismo nel mondo sovietico e in quello comunista sinceramente convinto della necessità preliminare di difendere lo. Statoguida — era possibile tradurre in una politica, cioè in una azione efficiente a favore del socialismo la rivolta moralmente giusta ? Per avere chiari i termini dell'angosciosa alternativa si può pensare all'opposizione morale, nella sfera capitalistica, alla disumana ferocia delle forme di sfruttamento delle donne dei bambini degli operai nei decenni dell'industrialismo nascente. La maggior parte di coloro che erano sensibili al richiamo morale si limitavano a cercare di esser[...]

[...]richiamo morale si limitavano a cercare di essere più buoni nell'ambito del sistema, i pochi che tentavano un'opposizione politica erano per lo più giudicati traditori, delinquenti e così via. L'analogia, poiché solo di questo si tratta, sta ad indicare che se il problema morale per la persona esiste ed esisterà sempre, non sempre le condizioni sono tali da trasformarlo in un problema politico. Forse il dramma delle false autoaccuse nei processi stalinisti ha le sue origini proprio in questa coscienza dell'impassibilità di trasformare la propria testimonianza di verità (moralmente non solo ineccepibile, ma eroica) in un atto politico positivo ai fini della rivoluzione socialista in cui si crede e a cui si è dedicata la vita. Nel conflitto la persona soccombe in un martirio che è il simbolo del travaglio di una società alle doglie del parto.
Dopo la seconda guerra mondiale finisce la fase della costruzione del socialismo in un solo paese. Parecchi stati sono sulla via del socialismo, in una serie di altri la necessità e la possibilità di tr[...]

[...]imento socialista e popolare nel inondo, dai paesi socialisiti ai territori coloniali già indipendenti o in via di diventarlo, ai movimenti socialisti o progressisti dei paesi più evoluti. La sicurezza, per l'URSS, si profila possibile non più appellandosi allo Statoguida con tutto il suo armamentario (divisione del mondo in due blocchi contrapposti, partiti comunisti che difendono dogmaticamente il mito sovietico e tendono a ripetere il modello staliniano ecc.) ma diventando essa stessa un elemento — assai importante ma un elemento — dello schieramento solidale dei popoli e via via degli Stati, sempre più modellati dal movimento delle masse, per la pace, la smobilitazione dei blocchi militari e la coesistenza competitiva, nel rispetto dell'indipendenza di ognuno. La svolta politica è in questi tratti che si stanno delineando. L'opposizione allo stalinismo nel quadro del movimento operaio si trasforma in una politica che non divide il movimento comunista nel suo interno ma segna il passaggio ad una fase di più facile permanente collaborazione tra i vari settori del movimento operaio, socialista e democratico di tutto il mondo. Il problema morale a cui si accennava sopra é diventato problema politico, un problema la cui soluzione dialettica é già definita nei suoi contorni. 11 dilemma stalinismoantistalinismo segna l'origine storica della problematica nuova ma perde ogni rilievo proprio con la caduta dello stalinismo. I termini della soluzione stanno invece nella necessaria diversità delle vie percorribili da ogni paese per giungere al socialismo mentre viene mantenuta la solidarietà generale tra i movimenti popolari e democratici di tutto il mondo (problema della pace).
A questa nuova fase si é passati non senza lotte, momenti di estrema tensione e di rischio. Il momento o stalinista » dell'URSS, superato dalla guerra vittoriosa e dai nuovi rapporti di forza stabilitisi nel mondo, aveva aumentato perciò stesso il suo carattere coercitivo. Il divario con la nuova realtà andava crescendo e lo stalini
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smo si imponeva verso l'esterno come elemento deformatore del corso rivoluzionario in atto nelle democrazie popolari. I processi, oggi sconfessati, indicavano che la politica stalinista sfiorava il limite di un atteggiamento imperialistico nei rapporti tra Stati socialisti o avviati al socialismo. Il conflitto russojugoslavo segnava la maturità politica del problema, indicandone i termini e la possibile soluzione. I partiti comunisti italiano e francese, rinvigoriti e inseriti nella storia del loro paese attraverso la guerra popolare di liberazione si vengono a trovare in una posizione ambigua poiché mentre sono sospinti a diventare l'elemento indispensabile —e forse principale — di un sistema di alleanze socialiste e democratiche la vecchia impostazione li impaccia fino[...]

[...]» é dunque la conseguenza di profondi mutamenti, cui han concorso tutte le forze popolari entrate in movimento su un larghissimo fronte con la guerra antifascista. L'elemento essenziale del panorama nuovo che abbiamo davanti é l'inizio di nuovi rapporti tra i partiti comunisti, quelli socialisti, socialdemocratici e progressivi in generale. La necessità di tali rapporti anche per la sicurezza e lo sviluppo dell'URSS é la causa della caduta dello stalinismo. L' « antistalinismo » dalle sue tragiche punte estreme iniziali di impotente rivolta morale nell'interno dell'URSS — «gli allori del semplice volere sono foglie secche che mai verdeggiarono» ricorda Hegel — é pervenuto in questo dopoguerra attraverso una lotta politica creativa che si é svolta dentro e fuori dei partiti comunisti e che ha abbracciato tutto il movimento socialista e popolare, a dar vita ad una dialettica di rinnovamento che lascia dietro le sue spalle i vecchi schemi. Sul piano ideologico esso é valso ad impedire che la concezione marxista fosse ridotta ad uno schema fatalistico della storia,[...]

[...]interni di un paese e taglia alla radice le pretese imperialistiche. Esso è anche a mio parere il presupposto necessario per prendere in esame la diversità delle istituzioni nel quadro delle quali si può concretare la marcia verso il socialismo e lo stesso sviluppo di una società socialista (una società dove i capitalisti in linea generale sono stati espropriati).
Per definizione un regime socialista deve essere democratico:
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la fonte del potere deve essere la volontà popolare e l'esercizio del potere deve avvenire con la partecipazione più larga possibile dei cittadini.
Le caratteristiche di sviluppo del regime sovietico dall'affermarsi dello stalinismo alla condanna del culto della personalità hanno messo in luce che ciò non avviene automaticamente con l'espropriazione dei capitalisti, ma costituisce un problema, tanto più difficile in quanto è un problema nuovo che si presenta, nei suoi termini di libertà, democrazia e collettivismo per la prima volta nella storia. Credere che la soluzione debba stare soltanto nella pluralità dei partiti e nel tipo di regime parlamentare che ne consegue mi sembra semplicistico tanto più che si applicano istituti definitisi nella società divisa in classi ad una società senza classi, almeno nel senso di [...]


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Stalin, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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