Brano: [...]stino rimasto privo di alimento per quattro giorni) malgrado la mancanza di suppellettili, che man mano venivano comprati, con qualche piccolo risparmio: tantoppiú che mio padre, per il suo carattere buono, e per la sua onestà e attaccamento al lavoro, dal Capo reparto, (che Doi divenne nostro compare, perché un figlio suo fu tenuto a battesimo da mio padre) ebbe un posto di fiducia, e la paga salì a lire 4,30 giornaliera, e con 10 straordinario spesse volte toccava le lire 5, somma favolosa per quei tempi.
Eravamo felici, raccolti nella nostra famiglia, senza rimpianto della vita beata di Benevento, insomma eravamo allegri nella nostra miseria. Dimenticavo raccontarvi la funzione del battesimo di un figlio del Capo reparto. Esso venne celebrato in una piccola chiesetta di campagna, perché noi vivevamo quasi alla periferia, e il nostro rione abbondava, o meglio era una colonia di atripaldesi e salernitani, quest'ultimi ogn'uno possedeva un carretto, e faceva il commercio di frutta e verdura. Uscito dalla chiesa, mio padre ebbe cura (dopo i[...]
[...]mi rivolsi a lui, ed a titolo di prestito mi feci anticipare lire 15 che spesi per tutto l'occorrente, con una cassetta vecchia che mia madre si fece dare [d]al droghiere dove facevamo la spesa, e così con quella cassetta costruii alla meglio il famoso bancariello di ciabattino. Ebbe inizio il lavoro, il mio propagandista fu il nostro portiere, un vecchio, con la moglie piú vecchia di lui: poveretto, viveva anche lui nella piú squallida miseria, spesse volte mia madre gli scendeva qualche residuo, e così facemmo che o rutto porta o sano (1).
Il primo mio lavoro fu di riparare gratis un paio di ciabatte vecchie della portiera, che non sapevo da che punto incominciare, però la propaganda fece il suo effetto, ed i clienti aumentavano giorno per giorno, e i guadagni con soddisfazione venivano consegnati a mia madre, che mi baciava con tanta effusione, e si rallegrava di aver un figlio d'oro, come lei diceva. Alla domenica non mancava mai un bel pezzo di carne in abbondanza e un buon ragù. Restituii al parente le lire 15, e gli anticipai lire 2[...]
[...]inito per imparare a memoria:
Dor, dor, bellange d'amour
Jusqua tombò jei te sairè fidele (').
Povera frase francese, ma dopo cinquantaquattro anni è ancora troppo!
La clientela del giovane ciabattino cresceva giorno per giorno, ma dovetti mio malgrado rinunziare. Ero molto occupato la mattina per fare l'apprendista; ma che apprendevo? solo di fare la balia, e cantare la ninnananna, e nel pomeriggio a fare scuola con una passione violenta, e spesse volte il canzonettista di fortuna. Passarono i tre mesi, ed il maestro era molto soddisfatto di me, e dopo pochi giorni ricevetti il certificato di terza classe elementare francese, che conservavo gelosamente ma dopo il bombardamento del 17 settembre 1943 ho trovato e conservo il libretto del lavoro (2). Era tanto felice come se avessi conseguito una Laurea Universitaria. Conversando con i padroni, con i clienti, e cal maestro tatt cui frequentavo spesso la sua casa, in poco tempo imparai a parlare la lingua francese, mista col pattuà, ossia il dialetto marsigliese. Dimenticavo dire che la pa[...]
[...]mente quei bassi che attualmente è il magazinetto di Santomauro alla Ferrovia. Preparai dei bei scaffali, con un vetrinone che si girava (unico superstite del magazzino di Benevento). Avevo visto nei grandi depositi di Ginori e Frigerio tutti i campioni degli articoli, col prezzo incollato su ogni articolo. Avevo la mania nel mio piccolo di fare altrettanto, e per ogni articolo che compravo, ne compravo un pezzo in piú, ed appiccicavo il prezzo, spesse volte la merce finiva e il campione rimaneva. Il cliente protestava, io dicevo prontamente che tale articolo era finito quella mattina.
Eravamo al maggio del 1896, e piú che io, il mio povero padre era soddisfatto di aver ripigliato il suo mestiere, e che rendeva abbastanza. Questo rendimento fece balenare l'idea a mio zio Sabino, marito di zia Angelarosa, sorella di papà, di mettersi in socio con noi; società, se cosí vogliamo chiamarla, che mio padre non potette rifiu. tarsi, perché i primi soccorsi l'avevamo avuto da lui. Il guaio lo passai io, perché questo zio era anche analfabeta, e no[...]
[...]uesta zia Lena, che era una bella e simpatica donna.
Tutte le domeniche (io avevo tredici anni) e per la cupa (1) di S. Lorenzo (perché questa nutrice zia abitava al bivio della cupa, sulla strada che da Pianodardine porta ad Atripalda: abitazione caratteristica, perché aveva esternamente una scalinata) andavo da questa zia, perché aveva cura di conservarmi sempre un piatto di maccheroni di zita che io nell'ora di merenda, mangiavo con avidità. Spesse volte per riscaldarmi i maccheroni, mi affibiava in braccia questa piccola Amelia, che cresceva bellissima e che io divoravo con baci innocenti. Passato il periodo di allattamento, il padre ritirò questa bambina, con gran dispiacere di mia zia, vuoi per la morte della figlia, vuoi perché gli aveva dato latte, tanto si era affezionata.
I rapporti tra il Capotreno Recine e mio zio Sabino non solo rimasero cordiali, ma si cementarono fraternamente. Si era alla fine di giugno del 1896. Mio zio Sabino, malgrado i miei diciannove anni, voleva che io sposassi, sapendo che questo Capotreno aveva una[...]
[...]locale pagando una lauta buonuscita, sia per attrezzarlo bene, continuava a spendere a larghe mani, ritirando da Modena i migliori salami e zamboni, da Codogno, Parma e Milano le forme intere di formaggi di tutte le specie.
Tralascio per i1 momento l'andamento dell'esercizio del buffet. Malgrado le mie nuove occupazioni, vi era la gestione amministrativa dello sviluppato e crescente lavoro dei cristalli e porcellane,
e danaro di questa azienda spesse volte veniva impiegato per otturare le falle della trattoria, che con l'apertura del buffet, era diventata passiva. Di questo caos ne avevano tratto profitto i clienti ferrovieri che erano centinaia al giorno, e che venivano da Napoli (perché ad Avellino allora non vi era nessun deposito). E costoro mangiavano a credito, ordinando dei pranzi luculliani, e per la bontà di mio zio, che andava a Napoli per riscuotere tutti i mesi, erano piú quelli che non pagavano, che quelli che pagavano, ed i morosi ritornavano a venire a mangiare ed alle rimostranze di mia zia Angelarosa, sua moglie, che lavo[...]
[...] una camera con quattro letti per uso di albergo. Trattoria che per ventisei anni lavorava benino con i ferrovieri ed anche privati, e che poi si decisero lasciare, per esercitare insieme a me il buffet per economie di spese. Passarono cosí tre anni di matrimonio, ed ero già padre di due figli Amato e Sabino, lavoravo come non avevo mai lavorato in vita mia, notte e giorno, coadiuvato da mia moglie Vinoenzina, che era animata di tanta volontà, e spesse volte per forza maggiore in cucina toccava lavare anche i piatti (perché delle volte in poche ore dovevano essere servite centinaia di persone). Io che servivo a tavola insieme ad una cameriera col sudare che mi colava sulla fronte, guardavo con umiliazione mia moglie Vincenzina, la quale, poveretta, a prescindere di essere di buona famiglia, non aveva in casa sua mai mossa una sedia da un punto all'altro, ed ora la vedevo lavare i piatti. Credetemi, non esagero, correvo nella latrina della ferrovia, e sfocavo a pianto tutta l'umiliazione: avrei voluto centuplicare il mio lavoro, pur di non a[...]
[...]provincia, e partivano. Naturalmente occorreva stimolare i nuovi clienti, e su ogni listino settimanale vi era segnato qualche articolo di largo consumo, un prezzo quasi al di sotto del costo: naturalmente tale perdita veniva compensata su altri articoli oscuri, o di lusso.
Ero felice, mi complimentavo con me stesso, lavoravo, smistavo la merce in arrivo, con le spedizioni in partenza, pulivo i vetri, i scaffali, cantando le canzoni dell'epoca, spesse volte la mia povera Amelia mi coadiuvava nelle canzoni e nel lavoro. Come eravamo f elici, pareva che tale felicità non dovesse avere mai tramonto. Lavoravo da solo, sempre tenacemente, ma ero pure coadiuvato dal piccolo Sabino, che a quindici anni pare che era piú incline al commercio, che alla studio.
Mi fu ordinato dall'Ente Autonomo di gestire uno spaccio per la vendita dei generi tesserati, cosa che dovetti accettare per forza, per non perdere il diritto di esonero al servizio militare, ma fu un grande guaio ed un forte lavoro, poiché oltre il lavoro della mia azienda già molto bene avv[...]
[...]he dovetti accettare per forza, per non perdere il diritto di esonero al servizio militare, ma fu un grande guaio ed un forte lavoro, poiché oltre il lavoro della mia azienda già molto bene avviato, dovevo occuparmi della fornitura di quasi 600 famiglie, ed alla sera dovevo prepararmi ogni cosa, e cioè pacchi di pasta da 123 chili e così per lo zucchero. Però la sera ero aiutato dalle figlie del controllore Venturi, che eravamo più che parenti e spesse volte la sera a mezzanotte si finiva a maccheroni aglio ed olio cucinati sapientemente da mia suocera o, meglio, zia Cristina.
102 ANGELO MUSCETTA
Si andò avanti cosí fino al 1916, venne il richiamo di mio figlio Amato, e fu per me un grande dispiacere, sia perché esso veniva tolto dagli studii, sia perché aveva solo diciassette anni, e fino a quella età non aveva conosciuto privazione, disagi. Fu destinato al 3° Genio telegrafista con destinazione a Firenze, perché io, prevedendo il suo richiamo, gli avevo fatto apprendere in ferrovia l'esercitazione all'ufficio telegrafico. Dolorosamente [...]